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Messaggi - Lou

#241
Tematiche Filosofiche / Re:L'Io e l'Altro
03 Aprile 2019, 18:29:36 PM
Citazione di: sgiombo il 03 Aprile 2019, 17:51:16 PM
E' inutile che la giri e rigiri e che tiri in ballo sempre la solita falsa pretesa da te per davvero continuamente ripetuta come una liturgia (e toglierei persino il "come"...), la stessa credenza (cioè lo stesso articolo di fede) senza tener minimamente in conto i rilievi che ti sono stati fatti (e a cui non hai mai risposto), secondo cui

"se Dio non esiste, allora tutto è lecito".

Resta il fatto che la Critica della ragion pratica é di Kant non meno della Critica della ragion pura e che Kant nella Critica della ragion pratica afferma convintamente, inequivocabilmente che Dio esiste (fa parte del noumeno).

Per davvero non credo che ci sia bisogno di aggiungere altro.
Scusami sgiombo, la posizione kantiana sull'esistenza di dio è agnostica. Non c'è dimostrazione nè indimostrazione in Kant dell'esistenza di dio (anzi semmaisi assiste a una decostruzione delle prove e dimostrazioni a suo carico) poichè manca, come ogni idea trascendentale, di una fondazione fattuale, sebbene dal punto di vista concettuale sia possibile, alla stregua del noumeno. Poi c'è da dire che in un certo qualmodo rientra dalla finestra, tuttavia il Kant epistemologo è e non può essere altrimenti che agnostico in merito all'esistenza di dio.
#242
Tematiche Filosofiche / Re:L'Io e l'Altro
02 Aprile 2019, 17:57:55 PM
Citazione di: Ipazia il 01 Aprile 2019, 22:49:44 PM
E con ciò liquidiamo il noumeno dal mondo sensibile e lo consegnamo al regno che gli compete delle astrazioni antropologiche. Teniamoci invece il fenomeno che è l'approdo umano all'esperienza sensibile. Degno di ontologicizzarsi in contesti in cui recita tutte le parti, comprese quelle metafisicamente e mitologicamente riservate alla "cosa in sè". Dei cui cultori comprendo l'imbarazzo, che non è scansabile declinandolo all'inconoscibile, ma piuttosto all'indefinibile, fantasma consegnato al tempo da un apeiron che rivela i suoi confini ontologici nell'ambito semantico del concetto. E da quella gabbia, fenomenologicamente metafisica seppur sublime, non può fuggire.

(1000 e non più 1000 ?....)
.
Ci sono idee, come l'idea di libertà, di mondo etc. che non sono oggetti sensibili, non si trovano tra la frutta del mercato che si mangia o le stelle del cielo, non sono consumabili, utilizzabili, la cui misurabilità e conoscenza non sono date al nostro intelletto eppure è in virtù di questi ideali regolativi che si muove la domanda inesausta e ricorsiva di conoscenza, di scienza per scoprire cosa possiamo conoscere  di poter conoscere, chi siamo e cosa siamo. E che si è fatta la storia. Quella di Kant è l'ennesima riproposizione, in chiave moderna, del conosci te stesso, in forma di possibilità. La filosofia trascendentale è una possibilità, nessuno è costretto.
#243
Tematiche Filosofiche / Re:L'Io e l'Altro
01 Aprile 2019, 17:38:45 PM
Citazione di: tersite il 01 Aprile 2019, 00:54:12 AM
Levinas (fatta salva la sua profondissima umanità e il valore incontestabile valore della sua etica) non fa altro che reintrodurre dio nella speculazione filosofica..è sufficiente leggerlo.
Su questo sono assai d'accordo, tant'è che ritengo la fenomenologia di Levinas una fenomenologia declinata in chiave religiosa.
#244
Tematiche Filosofiche / Re:L'Io e l'Altro
31 Marzo 2019, 21:20:12 PM
Citazione di: sgiombo il 31 Marzo 2019, 19:35:46 PM
In attesa della risposta dirimente di Lou, a me non pare proprio che ci sia questa unanimità di vedute.
Mi sembra che per Lou, come anche per me, fenomeni e noumeno non sono affatto concetti riferiti al medesimo oggetto; ovvero il noumeno "interpretato" (pensato, conosciuto, ecc.) o meno che sia, non é affatto esso stesso fenomeno, ma invece é realtà non apparente (= non fenomenica), non facente parte dell' esperienza cosciente.
Le idee non sono oggetti sensibili, pertanto l'oggetto "in" sè (noumeno) non è l'oggetto "per" me (fenomeno).
#245
Tematiche Filosofiche / Re:L'Io e l'Altro
31 Marzo 2019, 00:30:02 AM
Citazione di: tersite il 30 Marzo 2019, 18:52:21 PM

e quindi gli abitanti di ebla avrebbero dovuto vedere manifestarsi la ebla noumenica...c'è qualcosa che non funziona nell'analogia.
Quel che non "funziona" è che Ebla "non ancora conosciuta"  non è equivalente a noumeno, l'Ebla inconoscibilile. Da abitanti e posteri e archeologi. Noumeno non significa "non ancora conoscibile", ma "inconoscibile". C'è uno scarto epistemico, proprio di abitanti e non abitanti.
#246
Tematiche Filosofiche / Re:L'Io e l'Altro
29 Marzo 2019, 18:45:05 PM
Citazione di: sgiombo il 29 Marzo 2019, 18:24:00 PM
Ma infatti (e mi sembra di capire che anche Lou potrebbe essere d' accordo, salvo smentite da parte sua di miei eventuali fraintendimenti) per me (e credo, senza presunzione, si parva licet, per Kant) ciò che non appare attualmente alla coscienza e continua ad esistere non può essere fenomeni (che se lo fossero contraddittoriamente apparirebbero alla coscienza; i fenomeni continuando inevitabilmente ad apparire fintanto che che sono reali in quanto tali: non sono e non possono essere per definizione altro che apparenze coscienti): può essere solo cosa in sé o noumeno, pensabile razionalmente ma non percepibile sensibilmente, non apparente ovvero letteralmente non-fenomeno.


Aggiungo che questa (anche mia) accezione del "noumeno" mi sembra coerente con quanto ne afferma Tersite.
Appunto, ti sottoscrivo, sgiombo!, il noumeno non c'entra nulla con la coscienza, altrimenti sarebbe fenomeno!
#247
Tematiche Filosofiche / Re:L'Io e l'Altro
29 Marzo 2019, 17:47:17 PM
Citazione di: tersite il 29 Marzo 2019, 15:50:45 PM
@ tutti

Volesse una persona  concettualizzare il termine "noumeno" come "tutto quello che non cade all' interno della finestra percettiva" quanto sarebbe lontana dal vero?

Direi che aprirsi alla possibilità logica che la finestra percettiva non esaurisca "tutto" non sia un concetto contraddittorio. E qui mi fermo.
#248
Tematiche Filosofiche / Re:L'Io e l'Altro
29 Marzo 2019, 09:37:48 AM
"Tuttavia nel nostro concetto, quando denominiamo certi oggetti, come fenomeni, esseri sensibili (phaenomena), distinguendo il nostro modo di intuirli dalla loro natura in sé, c'è già che noi, per dir così, contrapponiamo ad essi o gli oggetti stessi in questa loro natura in sé (quantunque in essa noi non li intuia­mo), o anche altre cose possibili, ma che non sono punto oggetti dei nostri sensi, come oggetti pensati semplicemente dall'intelletto, e li chiamiamo esseri intelligibili (noumena). Ora, si domanda se i nostri concetti puri dell'intellettorispetto a questi ultimi non abbiano un valore, e se di essi non possano essere una specie di conoscenza.
Ma qui si presenta subito un equivoco, che può dare occasione a un grosso malinteso, e cioè: che poiché l'intelletto, quando chiama semplicemente feno­meno un oggetto che è in una relazione, si fa ad un tempo, fuori di questa relazione, ancora una rappresentazione di un oggetto in sé, e quindi si immagina di potersi parimenti far dei concetti di tali oggetti; e poiché l'intelletto non for­nisce altri concetti che le categorie, l'oggetto, nell'ultimo significato, si immagi­na che debba poter esser pensato almeno mediante codesti concetti puri dell'in­telletto; ma così è indotto a ritenere un concetto affatto indeterminato di un essere intelligibile, come qualcosa in generale al di là della nostra sensibilità, per un concetto determinato di un essere, che noi possiamo in qualche modo cono­scere mercé dell'intelletto. Se noi intendiamo per noumeno una cosa, in quanto essa non è oggetto della nostra intuizione sensibile, astraendo dal nostro modo d'intuirla, essa è un noumeno in senso negativo. Ma, se per esso invece intendia­mo l'oggetto d'una intuizione non sensibile, allora supponiamo una speciale maniera di intuizioni, cioè l'intellettuale, la quale però non è la nostra, e della quale non possiamo comprendere nemmeno la possibilità; e questo sarebbe il noumeno in senso positivo.

Se io sottraggo ogni pensiero (per categorie) da una conoscenza empirica, non resta più nessuna conoscenza di un qualsiasi oggetto; giacché con la sola intuizione nulla assolutamente vien pensato, e il fatto che c'è in me questa affezione della sensibilità, non costituisce relazione di sorta di tale rappresentazione con un qualsiasi oggetto. Se invece io sottraggo ogni intuizione, mi rimane an­cora la forma del pensiero, cioè la maniera di assegnare un oggetto al molteplice d`una intuizione possibile. Le categorie quindi si estendono più in là dell'intui­zione sensibile, poiché pensano oggetti in generale, senza ancora guardare alla speciale maniera (di sensibilità), nella quale gli oggetti possono esserci dati. Ma esse non determinano perciò una sfera di oggetti più grande, poiché non è am­missibile che tali oggetti possano esser dati senza presupporre come possibile una specie di intuizione diversa dalla sensibile; al che non siamo in nessun modo autorizzati.
Chiamo problematico un concetto che non contiene contraddizione, e che, come limitazione di concetti dati, si connette anche con altre conoscenze ma la cui verità oggettiva non può essere in alcun modo conosciuta. Il concetto di un noumeno, cioè di una cosa che deve esser pensata non come oggetto dei sensi, ma come cosa in sé (unicamente per l'intelletto puro), non è per niente contrad­dittorio; giacché non si può della sensibilità asserire che sia l'unico modo possi­bile di intuzione. Anzi, questo concetto è necessario, acciò l'intuizione sensibile non venga estesa fino alle cose in sé, e sia così limitata la validità oggettiva della conoscenza sensibile; (giacché le restanti cose, a cui quella non giunge, si chia­mano appunto per ciò noumeni, per indicare così che tale conoscenza non può estendere il suo dominio anche a ciò che pensa l'intelletto). Ma, in fine, nemme­no della possibilità di tali noumeni è possibile punto rendersi conto e il territorio di là dalla sfera dei fenomeni (per noi) è vuoto; cioè, noi abbiamo un intelletto, che si estende al di là problematicamente, ma non una intuizione, e neppure il concetto d'una possibile intuizione, onde possano esser dati oggetti fuori del campo della sensibilità, e l'intelletto possa essere usato al di là di essa in modo assertorio. Il concetto di noumeno è dunque solo un concetto limite (Grenzbe­griff), per circoscrivere le pretese della sensibilità, e di uso, perciò, puramente negativo.Ma esso tuttavia non è foggiato ad arbitrio, sibbene si connette colla limitazione della sensibilità, senza poter nondimeno porre alcunché di positivo al di fuori del dominio di essa. Non può dunque ammettersi punto in senso positivo la divisione degli oggetti in fenomeni e noumeni, e del mondo in sen­sibile e intelligibile, sebbene i concetti consentano sempre di esser divisi in sen­sibili e intellettuali; giacché a questi ultimi non si può assegnare nessun oggetto, né essi perciò possono valere oggettivamente. Se ci si allontana dai sensi come concepire che le nostre categorie (che sarebbero i soli concetti rimanenti per i noumeni) significhino ancora qualche cosa dal momento che per il loro rapporto ad un qualsiasi oggetto dovrebbe esser dato qualcosa più che la semplice unità nel pensiero e cioè inoltre una intuizione possibile, a cui applicarle? Il concetto di noumeno, preso solo problematicamente, rimane, ciò malgrado, non soltanto ammissibile, ma anzi inevitabile, come concetto che limita la sensibilità. Ma, al­lora, esso non è un particolare oggetto intelligibile per il nostro intelletto; ma un intelletto, al quale esso appartenesse, sarebbe già di per sé un problema, in quan­to intelletto capace di conoscere il proprio oggetto non discorsivamente, me­diante le categorie, ma in modo intuitivo, con una intuizione non sensibile; né della possibilità di tale oggetto noi possiamo farci la più piccola idea. Ora il no­stro intelletto riceve in tal modo una estensione negativa, cioè non viene limitato dalla sensibilità, ma piuttosto la limita, pel fatto che chiama le cose in sé (non considerate come fenomeni) noumeni." Cap 3. Analitica Trascendentale

(grassetto mio)

A me pare che si possa parlare correttamente di noumeno solo nel senso di non oggetto di intuizione sensibile.
#249
Tematiche Filosofiche / Re:L'Io e l'Altro
28 Marzo 2019, 20:57:31 PM
Citazione di: 0xdeadbeef il 28 Marzo 2019, 20:41:18 PM
Ciao Ipazia
Ma perchè mai non si potrebbe conoscere se "c'è" o se "non c'è"?
Se, come dici, la conoscenza fenomenica deve derivare da qualcosa che fenomeno non è (o, detta
nei termini della semiotica, al "segno" deve corrispondere la cosa che il segno indica), allora
perchè mai, secondo logica, la "cosa in sé" non sarebbe conoscibile nella sua mera esistenza?
Ovviamente l'"intuizione pura" di Kant non è quella degli Stoici o di Duns Scoto, ma da quella
"forma-mentis" proviene (chiaramente per l'influenza di Hume), per cui la "cosa in sé" è da
Kant intesa come un qualcosa che il "nous", l'intelletto, può "afferrare" (nota il concetto
di chiara dericazione stoica) fermo restando, ed è ovvio, l'inconoscibilità.
Ma il concetto diviene poi a mio avviso palese proprio nella semiotica, la quale afferma
un "oggetto primo" che è all'origine della catena segnica degli interpretanti. Alcuni semiologi,
come ad esempio C.Sini, arrivano a sostenere che l'oggetto primo non esiste, ma per dire questo
sono costretti ad attribuire al verbo "esistere" un significato particolare e, direi, molto
discutibile (in sostanza che una cosa "esiste" solo dopo essere stata interpretata).
Altri, come U.Eco, hanno invece al proposito sostenuto tesi molto interessanti (la conoscenza
"negativa" etc.)
saluti
io mi riferivo esclusivamente a Kant, poi tanta acqua è passata sotto i suoi ponti. Ripeto,la cosa in sè in Kant non è conoscibile per l'umano, se mi mostri dei passaggi dove afferma il contrario sono tutta orecchi.
#250
Citazione di: viator il 28 Marzo 2019, 19:25:54 PM
Salve. Per InVerno e Baylham. Vedete, secondo me il problema della democrazia è  in una sua intrinseca contraddizione : Vorrebbe essere egualitaria (tutte le teste valgono 1 voto) ma finisce per risultare dittatoriale e discriminatoria (è semplicemente la dittatura di una maggioranza sulle minoranze).

E poi, scusate, ma per quale motivo la maggioranza dovrebbe avere sempre ragione ? Anche nel caso di tratti di una maggioranza di semianalfabeti incapaci di vedere al di là dei propri desideri a breve raggio ?.

Sono queste le due tare del sistema democratico. Saluti.
Veramente a me pare che in democrazia, e non demagogia, esiste una tutela delle minoranze, che ad esempio, possono aver voce, essere riconosciute nei loro diritti e doveri, a differenza delle dittature.
#251
Tematiche Filosofiche / Re:L'Io e l'Altro
28 Marzo 2019, 18:59:32 PM
Citazione di: 0xdeadbeef il 28 Marzo 2019, 18:13:06 PM
Ciao Ipazia
Della "cosa in sé" kantiana si può dire di tutto (e specialmente che è un non-senso), ma
non che c'entri qualcosa con la metafisica.
Per Kant: "Dio non ha più realtà dell'idea che io abbia cento talleri in tasca" (te lo cito
integralmente in una celebre affermazione), quindi non può avere quel tipo di "oggettività
pura" (non l'idea dell'oggetto, ma l'oggetto) che è richiesta per avvalersi dell'appellativo
di "cosa in sè".
Ma mi chiedi: "se è inconoscibile (la cosa in sè) come può essere postulata?"
Per rispondere in maniera soddisfacente a questa domanda occorrerebbe fare la storia del
pensiero di diversi millenni...
Diciamo: con quella che viene definita (fin dallo Stoicismo, e poi nella Scolastica medievale
anglosassone per finire a Hume) "intuizione pura", cioè quel tipo di conoscenza "immediata"
che non è la conoscenza "intellettuale (come nella celebre distinzione di Duns Scoto).
Diciamo allora che della "cosa in sè" kantiana possiamo avere questo genere di conoscenza;
una conoscenza meramente intuitiva; un intuire che "c'è" (come mi pare di vedere ad esempio
anche in Levinas). E basta...
saluti
È implicito in Kant che la conoscenza fenomenica debba derivare da qualcosa che fenomeno non è. Nella seconda edizione il noumeno è una nozione limite, definibile "non fenomeno" che resta inconoscibile, poichè per esserlo dovrebbe cadere nelle intuizioni pure di spazio e tempo e unificata attraverso le categorie, pertanto si avrebbe non già la cosa in sè, ma un fenomeno, che è l'unico oggetto di conoscenza. Pertanto ritengo che in Kant, si approdi a una nozione limite unicamente definibile in termini negativi, appunto "non fenomeno".È la ragione che si spinge oltre questi limiti conoscitivi dell'intelletto puro avventurandosi in mari tempestosi, senza sapere perchè. Propriamente non si può conoscere se "c'è" o "non c'è". Non si da conoscenza della cosa in sè in Kant, in alcun modo. Non mi risulta esista una "intuizione pura" diversa dalle due forme della sensibilità che formano il fenomeno, che permetta di conoscere la cosa in sè, in Kant, una intuizione non sensibile che intuizione è per Kant?
#252
@terside
----->questa è una altra bella questione..
Certo. Mica la tiro fuori a casaccio.
----->è un interminabile lavorio di educazione al pensiero critico..pensa un po che bella prospettiva :-)
:-) pensa un po'.
#253
Citazione di: anthonyi il 27 Marzo 2019, 06:18:10 AM
Io non faccio obiezioni, richiamo quello che per me è un archetipo comune, quello del nemico che, una volta definito in un certo modo, spinge gli uomini ad essere uniti. Che poi quel nemico esista o sia una costruzione ideale, è un altro discorso.
Ti ho chiesto in merito poichè nella tesi espressa da Vittorio Sechi si escludeva una matrice comune di fascismo e antifascismo, mente dal tuo intervento si evinceva, cosa che hai esplicitato sopra, che, al contrario, sia possibile ricondurre i due fenomeni a una comune origine.
Ora, personalmente, ritengo molto difficile ammettere che per un antifascista non esista l'idea di ritenere il fascista nemico, tuttavia non penso che l'antifascismo trovi la sua origine e la sua forza nel substrato archetipico di questa antitesi (amico/nemico), al contrario lo vedo più, l'antifascismo, impegnato e votato proprio a decostruire questo tipo di dinamica, certamente arcaica, ma non l'unica attraverso cui sia possibile trovare tra uomini e donne la spinta all'unione, spinta a cui non serve necessariamente la radice nel trovare "un nemico" perchè si attui, ma può ben essere radicata in altro, la catalizzazione all'unione (sebbene, di sti tempi, noto con rammarico, che le creazioni di nemici più o meno immaginari siano potenti mezzi di catalizzazione per... consenso, tanto da indurre a pensare che in effetti senza nemico non sia possibile l'unione, ma è una immagine falsata a parer mio, il perno su cui si fonda la capacità e la realizzazione dell'unione tra noi è qualcosa di più profondo rispetto a issare spaventapasseri, siamo quasi nell'epoca dove anche il ruolo di nemico è surclassato a fantoccio, o, forse è sempre stato così, il che mi da assai da pensare.)
Ovviamente questo è un mio mero punto di vista e, per un verso, una sorta di obiezione.
#254
Citazione di: anthonyi il 26 Marzo 2019, 17:51:51 PM
Vittorio, mi sembra che nella tua rappresentazione del fascismo non è sufficientemente sottolineata una componente che è importante per spiegare l'antifascismo, cioè la distruzione di ogni dialettica politica. Per effetto di questa il fascismo produce una scissione politica con tutto ciò che non è fascismo, e che quindi è spinto a diventare antifascismo. Per questo l'antifascismo non necessità di un'ideologia e tante possono essere le ideologie (liberali, cattoliche, socialiste, anarchiche) che caratterizzano l'antifascismo.
In realtà nell'antifascismo si tende a realizzare quello stesso meccanismo sociale che è alla base sia del populismo, sia dello stesso fascismo, cioè l'unità contro il nemico comune. Purtroppo l'uomo è fatto così, con difficoltà trova l'unità dietro un'idea, ma con facilità quest'unità la trova contro il nemico comune.
Ricondurre  a una matrice comune, quale amico/nemico, l'antifascismo è l'obiezione che muovi, in sintesi? Per capire.
#255
Tematiche Filosofiche / Re:L'Io e l'Altro
25 Marzo 2019, 17:52:41 PM
Citazione di: 0xdeadbeef il 25 Marzo 2019, 13:14:36 PM
A Lou (e anche a Davintro...)
Quello che della Fenomenologia mi rende perplesso è il suo, diciamo, "prestarsi" con troppa facilità
ad azzardate conclusioni...
Non si può, a mio parere, far finta che non è possibile "disinteressarsi" del tutto ed ammirare la
cosa nella sua "nudità": questo è più un concetto teologico (l'estasi, nella quale il soggetto si
"perde" nell'oggetto) che filosofico.
Ora, un cavallo rimane un cavallo a prescindere dal soggetto che lo interpreta; ma alcune cose di
esso cambiano a seconda che, ad esempio, l'interpretante sia un macellaio foggiano o un "gentleman"
di Oxford, che se anche si sforzassero parecchio di ammirare l"essenza" di quel che stanno
ammirando rimarrebbero in ogni caso con un "fondo" (c'è anche l'inconscio, se vogliamo...)
importante di differenza.
A livello concettuale, dicevo, mi sembra francamente molto più rigoroso  l'"io penso" kantiano (e
la conoscenza "trascendentale" che ne deriva).
Diciamo che semmai è stata la teoria della relatività a rendere molto più facile allo
scetticismo quella base teoretica (come fece notare acutamente Cassirer), che di suo non trovo
avesse certo la necessità di un simile sbocco (non escludeva assolutamente la conoscenza "a priori",
cioè oggettiva).
saluti
Scusami Ox, variano i modi d'apparire, il nostro sguardo, non il cavallo.
Il fantino ha uno sguardo su questo cavallo che non è lo sguardo di un etologo ad esempio, ed entrambi vedranno questo cavallo in base alle loro intenzioni e interessi che faranno emergere modi dell'essere cavallo, variabili e cangianti ( come tu sostieni, agli occhi di x è mangiabile, ad occhi y no, per fare un esempio ). "Mi disseta" e "H2O" è lo stesso essere-acqua che, detto all'aristotele, si dice in molti modi, ma senza questo sostrato d'essere, in nessun modo può esser visto quel qualcosa che è acqua. Che è correlato, ma autonomo rispetto ai nostri sguardi.
Sul primo punto, dissento dal considerarlo uno sguardo "teologico" o "estatico", è uno sguardo in primis teoretico, in cui sicuramente ritengo giochi un trend contemplativo nelle intenzioni, perciò sul completo disinteresse nutro anch'io in questo, senso, alcuni dubbi. Per l'appunto trovo che uscir dall'inter-esse non sia proprio nemmeno della fenomenologia, sebbene la trovo un respiro al "tutto è un utilizzabile" tanto in voga, provarsi a fermare, contemplare e non farsene di niente è una boccata d'aria. Ma su ciò vorrei leggere con attenzione i post di davintro e alcuni chiarimenti a riguardo che trovo interessanti.
A me, della fenomenologia, piace invece, il carattere di ogni provvisorietà delle conclusioni, tant'è che si va a vedere e rivedere e ririvedere, e ammiro una certa vocazione razionalistica nel considerare la ricerca e i contributi un esercizio di integrazione d'aspetti più che di opposizioni e obiezioni. E personalmente credo che il ritorno alle cose stesse lanci una inesausta sfida di ricerca, forse gli occhiali a-priori kantiani non possiamo toglierli, ma la possibilità di una filosofia trascendentale non ci impedisce, per sua natura, di non poter almeno tentare di pulirli se li troviamo un po' appannati. O meglio, trovati appannamenti e occhiali, da un lato abbiamo modo di indagare chi siamo, e, dall'altro provare a veder quel che resta.