E se la Verità non fosse altro che il simulacro laico della Divinità, o slittando un po' la prospettiva, ciò che la metafisica ha posto come suo idolo e, nel caso di aletheia, definisce con una sorta di "teologia negativa"? Entrambe, Verità e Divinità sono postulate come uniche, trascendenti, assolute. etc. e l'impervia ricerca di Verità non resta forse chiusa nel circolo vizioso, "sisifico", del "rincorro la mia ombra cercando di afferrarla"? L'aporia del non riuscire a (com)prenderla è causata da me, che ho scelto di provare a prendere ciò che ho posto io stesso come inafferrabile... talvolta si resta prigionieri della narrazione metaforica in cui la Verità viene personificata o intesa attivamente, per cui è Lei a ritrarsi, è Lei a velarsi, è Lei a darsi, etc. ma ciò pone per necessariamente ovvio che ci sia, la ritrosa e suadente damigella che per pudore si nasconde dietro il velo... ma per saperlo dovremmo averla già almeno avvistata (altrimenti è solo la proiezione di un desiderio), soprattutto se ci spingiamo fino a descriverne le intime caratteristiche e le languide movenze.
In fondo, ogni ricerca onesta presuppone anche la possibilità del suo fallimento, da intendere come ammissione della non esistenza del "cercato", mentre se si è dentro una tautologia, come per la Divinità o la Verità, il fallimento non è contemplato, oppure inteso solo come incapacità del cercatore (perché altrimenti verrebbe falsificato il presupposto dogmatico di partenza: "la Verità esiste, per certo; il problema è trovarla"). Direi che il '900 è stato proprio la presa di coscienza che forse si stava cercando solo qualcosa di sognato nell'epoca dei miti metafisici, la Verità, ma anche che il suo residuo fenomenologico, "il vero", mantiene comunque la sua utilità pragmatica come esisto possibile della corrispondenza fra la descrizione e il descritto (per cui l'anelata donzella si dimostra semplicemente una adaequatio rei intellectus, confinata nella semiologia più che nell'ontologia, e con tanto di iniziale minuscola...).
In fondo, ogni ricerca onesta presuppone anche la possibilità del suo fallimento, da intendere come ammissione della non esistenza del "cercato", mentre se si è dentro una tautologia, come per la Divinità o la Verità, il fallimento non è contemplato, oppure inteso solo come incapacità del cercatore (perché altrimenti verrebbe falsificato il presupposto dogmatico di partenza: "la Verità esiste, per certo; il problema è trovarla"). Direi che il '900 è stato proprio la presa di coscienza che forse si stava cercando solo qualcosa di sognato nell'epoca dei miti metafisici, la Verità, ma anche che il suo residuo fenomenologico, "il vero", mantiene comunque la sua utilità pragmatica come esisto possibile della corrispondenza fra la descrizione e il descritto (per cui l'anelata donzella si dimostra semplicemente una adaequatio rei intellectus, confinata nella semiologia più che nell'ontologia, e con tanto di iniziale minuscola...).