Invece di assimilare a vanvera nazifascismo -esperienza squisitamente alto borghese ed europea- a dispotismo asiatico, interrogatevi sul concetto vero e verosimile di democrazia al di là della rappresentazione e della rappresentanza...
Vi può essere democrazia senza riscaldamento, ad esempio nelle alpi, e senza cibo accessibile a un prezzo dignitoso?
La verità è che il socialismo novecentesco ha preso storicamente il testimone della democrazia e ne ha incarnato il massimo sviluppo reale, non-ideologico, e quindi la risposta a questa mia semplice domanda è no.
No, no, no, e poi no.
Se di fatto noi patiamo il freddo e la fame, noi non siamo liberi neanche se, per compenso narcisistico del freddo e della fame che ogni giorno ci toccano, votiamo in elezioni non truccate una volta all'anno.
Libertà è libertà dalla necessità. Dal giogo di ananke. Da una natura ostile e impersonale degenerata in una società ostile e impersonale. Libertà non è teologia, libertà non è fuffa. Libertà non è libertà di fare il bene.
No, no, no e poi no, è dunque anche quello che oggigiorno bisogna rispondere a dei governanti impostori che vengono a proporci una politica di sacrifici, con il falso ricatto della perdita della perdita di un qualche stato di salute, o di democrazia, o di più o meno pubblica sicurezza a priori inesistente e impossibile nel capitalismo degli ultimi due secoli (fai X, se no perdi Y... quante volte abbiamo sentito questa voce...), e quindi non perdibile.
Il giochetto propagandistico ed ideologico di quella che Ipazia chiama la banda Davos, è come il giochetto di continuare a ricattare la famiglia di un sequestrato -ovvero noi comuni mortali, il cosiddetto popolo- dopo che il sequestrato -ovvero la democrazia, la salute, un equilibrio decente con l'ambiente eccetera- è morto.
Il sequestrato è morto, e, sapendolo, nessuno, in nessun thriller decente, pagherebbe il riscatto.
Si tratta solo di saperlo. Di avere il giusto, cioè sano, grado di nichilismo.
E quindi, se li mettessero in quel posto, i sacrifici.
Il senso dell'ottobre rosso e della questione sociale.
L'umanità ha già storicamente rifiutato la democrazia dei pezzenti, la democrazia di quelli che non hanno il gas e pagano il pane con mezzo stipendio causa inflazione, e non ci ricascherà per le chiacchiere di quattro intellettuali borghesi da salotto.
Molto più facile che ricada nel fascismo, ma non per le fantomatiche "influenze asiatiche", ma per le nostre stesse dinamiche interne e soprattutto mediatiche e formative, che abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni.
In questo senso la funzione del nemico, del nemico, esterno ed estero è paradigmatica.
Dobbiamo odiare il cattivone straniero, perché se ci rendessimo conto dei veri problemi, assumeremmo la giusta prospettiva.
Vi può essere democrazia senza riscaldamento, ad esempio nelle alpi, e senza cibo accessibile a un prezzo dignitoso?
La verità è che il socialismo novecentesco ha preso storicamente il testimone della democrazia e ne ha incarnato il massimo sviluppo reale, non-ideologico, e quindi la risposta a questa mia semplice domanda è no.
No, no, no, e poi no.
Se di fatto noi patiamo il freddo e la fame, noi non siamo liberi neanche se, per compenso narcisistico del freddo e della fame che ogni giorno ci toccano, votiamo in elezioni non truccate una volta all'anno.
Libertà è libertà dalla necessità. Dal giogo di ananke. Da una natura ostile e impersonale degenerata in una società ostile e impersonale. Libertà non è teologia, libertà non è fuffa. Libertà non è libertà di fare il bene.
No, no, no e poi no, è dunque anche quello che oggigiorno bisogna rispondere a dei governanti impostori che vengono a proporci una politica di sacrifici, con il falso ricatto della perdita della perdita di un qualche stato di salute, o di democrazia, o di più o meno pubblica sicurezza a priori inesistente e impossibile nel capitalismo degli ultimi due secoli (fai X, se no perdi Y... quante volte abbiamo sentito questa voce...), e quindi non perdibile.
Il giochetto propagandistico ed ideologico di quella che Ipazia chiama la banda Davos, è come il giochetto di continuare a ricattare la famiglia di un sequestrato -ovvero noi comuni mortali, il cosiddetto popolo- dopo che il sequestrato -ovvero la democrazia, la salute, un equilibrio decente con l'ambiente eccetera- è morto.
Il sequestrato è morto, e, sapendolo, nessuno, in nessun thriller decente, pagherebbe il riscatto.
Si tratta solo di saperlo. Di avere il giusto, cioè sano, grado di nichilismo.
E quindi, se li mettessero in quel posto, i sacrifici.
Il senso dell'ottobre rosso e della questione sociale.
L'umanità ha già storicamente rifiutato la democrazia dei pezzenti, la democrazia di quelli che non hanno il gas e pagano il pane con mezzo stipendio causa inflazione, e non ci ricascherà per le chiacchiere di quattro intellettuali borghesi da salotto.
Molto più facile che ricada nel fascismo, ma non per le fantomatiche "influenze asiatiche", ma per le nostre stesse dinamiche interne e soprattutto mediatiche e formative, che abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni.
In questo senso la funzione del nemico, del nemico, esterno ed estero è paradigmatica.
Dobbiamo odiare il cattivone straniero, perché se ci rendessimo conto dei veri problemi, assumeremmo la giusta prospettiva.



