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Messaggi - sgiombo

#2416
Citazione di: epicurus il 26 Settembre 2017, 14:47:03 PM


Mantenendo le mie obiezioni espresse nel mio post precedente alla tesi "il creato deve necessariamente essere inferiore al creatore", effettivamente c'è anche la questione delle ai che si evolvono, cioè di fatto modificando la propria programmazione in base agli stimoli ambientali.

Mario, tu dici che l'ai non può raggiungere un livello d'intelligenza superiore a quanto immesso dal creatore. Ma ciò è banalmente falso. Ci sono ai stupidissime con un grado di intelligenza che potremmo dire tendente allo zero, ma poi con sessioni di addestramento evolvono e raggiungono vari livelli di intelligenza, aumentando sempre di più tale livello.

Ne è un esempio anche AlphaGo, il programma di cui ho parlato precedentemente che gioco al gioco del Go. Col passare del tempo diventa sempre più forte: ogni partita che gioca impara cose nuove, cose non insegnate dall'uomo, perché neppure l'uomo conosce. Ora è un livello tale che probabilmente per imparare cose nuovo non può che giocare contro se stesso... e infatti sembra che ora il miglior insegnante per AlphaGo sia proprio AlphaGo: in pratica fanno giocare ad AlphaGo milioni di partite contro se stesso.
CitazioneE d' altra parte se ci si pone (come me) in una prospettiva naturalistica, allora si deve gioco forza pensare che nulla di soprannaturale avviene in natura.

Nemmeno l' esistenza e l' attività umana.

E sebbene per parte mia sia decisamente "pessimista" circa un' eventuale realizzabilità di fatto (o forse sono piuttosto "ottimista in generale", se consideriamo i non improbabili e tutt' altro che facili problemi etici e politici -in senso decisamente "lato": allargato all' "animale politico artificiale", non solo limitato all' uomo "naturale"- che ciò comporterebbe*), tuttavia in linea di principio, rispettando rigorosamente (e comunque inderogabilmente) ed applicando "appropriatamente" le leggi di natura (ammesso e non necessariamente concesso che si disponga di conoscenze e di mezzi materiali adeguati), tutto ciò che accade spontaneamente in natura é riproducibile artificialmente.

Anche l' intelligenza (e perfino i sentimenti, la creatività artistica, ecc., in linea puramente teorica, di principio) umana.

(Considerazione propriamente filosofica sulla questione, almeno a mio parere):
Non é comunque detto che ciò comporterebbe, oltre all' ipotetica riproduzione del comportamento umano (apparentemente) cosciente, anche la realizzazione di un' (autentica) esperienza fenomenica cosciente che lo accompagnasse: non é possibile dirimere i dubbi sulla "realizzabilità multipla" (né in natura, né artificiale) della coscienza: potrebbe darsi che qualsiasi macchina che si comporti come un animale cosciente, fosse pure fatta di "formaggio svizzero" (ma personalmente preferisco gli italiani Grana Padano, Parmigiano-Reggiano, Provolone piccante, Gorgonzola piccante...), sia cosciente; ma altrettanto plausibilmente potrebbe darsi che invece soltanto una realizzazione "neuronale naturale" non costituisca un mero zombi privo di coscienza e vi corrisponda invece effettivamente un' esperienza fenomenica cosciente (e per l' appunto da qui sorgerebbero problemi etici e politici estremamente ardui).
 

_______
* Chiedo scusa, in particolare ad Epicurus che se ne é già giustamete lamentato, per l' involuzione dei ragionamenti, "fitti" di proposizioni sintatticamente subordinate e di interpolazioni fra parentesi e fra "trattini": é più forte di me!
#2417
Citazione di: davintro il 25 Settembre 2017, 20:52:22 PM
"finitezza", "diversità" sono concetti intelligibili, anche se sono proprietà di enti fisici, che conosciamo tramite l'esperienza sensibile. Conoscere, e dunque concettualizzare un ente, non  implica la conoscenza di tutte le sue proprietà, motivo per cui io posso conoscere un albero, formare per astrazione il concetto di albero, senza necessariamente conoscere e concettualizzare le sue proprietà, la sua finitezza.

CitazionePer conoscere (limitatamente, parzialmente) un ente o un evento non è necessario disporre delle nozioni della totalità delle sue possibili determinazioni, ma di almeno qualcuna sì, altrimenti non se ne sa alcunché, non lo si conosce per nulla (per definizione).



Cioè un conto è conoscere cose finite, un'altra l'idea di finitezza.

CitazioneL' idea di finitezza è semplicemente un' astrazione: di ciò che accomuna enti ed eventi finiti (da ciò che reciprocamente li diversifica).



Gli strumenti della percezione sensibile, i campi sensitivi del corpo entrano in funzione quando vengono in contatto con degli oggetti fisici, dei contenuti sensibili che poi ("poi" non da intendersi nel senso di un prima-dopo cronologico), l'intelletto pone come contenuto di un concetto generale, mentre le idee riferite a contenuti intelligibili non avendo un corrispettivo fisico non possono essere appresi dai sensi del corpo, ma sono da sempre presenti nella componente spirituale, o immateriale, dell'intelletto, la cui immaterialità è adeguata all'immaterialità del senso di tali concetti.

CitazioneInnanzitutto anche le idee (i concetti) derivate da sensazioni (dagli "oggetti fisici"; ed anche da quelli mentali, di pensiero) sono intelligibili (non sono qualcosa di incomprensibile, bensì qualcosa di cui si parla "con cognizione di causa").

Inoltre quelle di esse che non si riferiscono a un corrispettivo fenomenico (fisico-materiale, o anche mentale-di pensiero) non sono affatto "da sempre presenti nella componente spirituale, o immateriale, dell'intelletto, la cui immaterialità è adeguata all'immaterialità del senso di tali concetti": fino a prova contraria è del tutto evidente che nessun neonato o bambino di tre anni (che sa parlare) possiede la nozione di "nulla assoluto" o di "noumeno" (e nemmeno alcun bambino delle scuole elementari, per lo meno per quanto riguarda la seconda"); che invece si acquisiscono (alla "debita" età) del tutto "adeguatamente" per ragionamento, applicando concetti astratti come "diverso" o "contrario" ad altri concetti astratti come "qualcosa (di realmente esistente)" o rispettivamente "apparente", fenomenico", "cosciente", ecc.. Dunque a posteriori, dopo avere esperito in generale non pochi oggetti (enti o eventi; materiali o anche mentali) particolari-concreti fenomenici, ovvero apparenti, ovvero coscienti, e in particolare non pochi oggetti (enti o eventi; materiali o mentali) particolari-concreti reciprocamente diversi o contrari.



La conoscenza implica sempre l'adeguatezza del soggetto alla natura dell'oggetto, un soggetto materiale non può adeguarsi a qualcosa di qualitativamente distinto come un'oggettualità immateriale. Per questi motivi trovo inappropriato mettere  la formazione sintetica dei concetti riferibili a realtà fisiche (anche se non esistenti), come l'ippogrifo sullo stesso piano della formazione dei concetti intelligibili come l'infinito. L'ippogrifo, qualora esistesse, sarebbe una realtà materiale, cioè occupante uno spazio, divisibile in parti, quindi ha senso che la formazione di tale idea nella nostra mente sia il frutto della sintesi immaginativa, che unisce un corpo di cavallo con delle ali ( tutte immagini apprese nell'esperienza sensibile). Invece l'idea di infinito non può essere la somma di "finito" e "negazione" come se queste fossero delle ripartizioni spaziali, come nel caso delle parti che uniscono l'ippogrifo. L'infinito ha un senso immateriale, non ha spazialità, e quindi non ha parti che possano formarlo e delimitarlo, e la sua immaterialità lo rende una nozione semplice, primitiva, originaria, un'unità qualitativa sempre presente alla nostra mente. In breve, considero innati i concetti aventi un significato intelligibile come "infinito", "libertà", "giustizia", e come derivati dall'esperienza sensibile quei concetti riferibili a realtà materiali, che in quanto tali entrano in contatto con i sensi corporei, "albero", "tavolo" ecc.

CitazioneNon è vero che "La conoscenza implica sempre l'adeguatezza del soggetto alla natura dell'oggetto";per esempio un soggetto del tutto incapace di nuotare può benissimo avere una più che adeguata comprensione del concetto di "nuoto" o uno che non abbia mai ballato può benissimo avere una più che adeguata comprensione del concetto di "walzer" o di "tango"; nessun critico d' arte che io sappia sa scolpire, ovvero è minimamente "adeguato alla natura delle sculture", ma ciò non impedisce loro di parlare a ragion veduta dei bronzi di Riace o del Mosè di Michelangelo. La conoscenza (teorica), ben diversa dall' operare pratico, non implica necessariamente la capacità pratica di realizzare ciò che si conosce (teoricamente; avverbio pleonastico).

Come ho mostrato nell' obiezione appena più sopra, semplicissime operazioni mentali di astrazione e di "messa in relazione" o "applicazione", "riferimento" reciproco (non di banale "somma" quantitativa -che sarebbe effettivamente senza senso- ma invece di stabilimento di rapporti per così dire "qualitativi") fra concetti consentono benissimo l' acquisizione a posteriori di qualsiasi nuovo concetto, compresi quelli di "nulla", di "infinito", di "Dio", "soprannaturale", "noumeno" e chi più ne ha più ne metta.
Per i concetti di "immateriale" o "mentale" o "pensato", invece, basta semplicemente l' astrazione dalle particolari-concrete sensazioni interiori comunemente esperite. E così pure per i concetti di "libertà" e di "giustizia".



E il fatto che non tutti arrivino a rendersene conto della presenza in noi di concetti a-priori è un'obiezione che avrebbe una logica proprio non tenendo conto della distinzione tra "coscienza" e "rendersi conto", cioè tra coscienza e attenzione che ho provato a spiegare prima. La psiche è una realtà complessa e stratificata, di cui non possiamo in ogni momento avere una coscienza piena, la nostra attenzione si dirige un momento su un contenuto psichico, ora su un altro, lasciando sempre dei contenuti in ombra provvisoria, ma non per questo interiormente assenti. Quante volte ci capita, anche attraverso un richiamo sensibile esterno, di sentire riemergere alla nostra attenzione un problema, un'idea che avevamo dimenticato, o creduto di aver rimosso completamente? Eppure non ha senso pensare che tale contenuto mentale sia creato ex novo dallo stimolo esterno. Quest'ultimo è solo l'occasione in cui l'Io è stato stimolato a rivolgere l'attenzione su idee che però riconosciamo come già presenti nella nostra coscienza. Questo mostra la non coincidenza fra coscienza e "rendersi conto",

CitazioneProva a convincere un neonato o anche solo un bambino di tre anni che sa parlare di rendersi conto che conosce i concetti di cui sopra ma semplicemente non ci sta facendo caso; ovviamente non: insegnandogli a posteriori quale ne sia il significato, ma solo dicendogli di fare bere attenzione a ciò che, sia pure un po' distrattamente, di già conosce, ha già in mente (sia pure in uno stato di "ombra provvisoria", ma non per questo interiormente assenti); dicendogli. "pensaci bene!", come quando si cerca di fargli ricordare qualcosa che conosce ma al momento non riesce a rammentare, per esempio dove ha appoggiato il cappello che attualmente non si trova.
Al concetto di "infinito" (e a tutti gli altri), dopo che lo si è acquisito a posteriori, non si fa caso se, per esempio, si sta guidando in un traffico intenso e convulso che richiede grande attenzione e concentrazione nella conduzione del proprio veicolo; ma basta fermarsi e fare attenzione a ciò che si sa (avendolo imparato a posteriori), ai propri ricordi in proposito, per richiamarlo prontamente alla mente cosciente; se invece non lo si è previamente imparato a posteriori, allora non c' è attenzionamento, "spremitura delle meningi", per quanto poderosa, che tenga: non lo si ricorda. Se prima qualcuno non ce lo ha insegnato o non vi siamo arrivati autonomamente per astrazioni dalla e ragionamenti sulla nostra precedente esperienza (a posteriori!) non c' è alcun  modo di rendersi conto di conoscerlo.
La cosiddetta "maieutica socratica" che sarebbe in azione nei dialoghi di Platone in realtà non consiste affatto nel prestare attenzione a cose di già conosciute ma momentaneamente trascurate perché "non ci si fa caso", magari in quanto si sta pensando ad altro; è invece una forma di "insegnamento didatticamente non passivo" (cioè non di nozioni trasmesse verbalmente in quanto "già confezionate"), di "guida didatticamente attiva" all' elaborazione "in prima persona" a posteriori di nozioni e concetti attraverso il ragionamento su concetti astratti a partire da sensazioni particolari concrete (un far "ripercorrere" al discente il "cammino" dell' elaborazione dei concetti più astratti e "lontani" dall' esperienza quotidiana, anziché presentarglieli così come sono stati già in precedenza elaborati -sempre a posteriori- da altri prima di lui).

Ogni volta che "ci capita, anche attraverso un richiamo sensibile esterno, di sentire riemergere alla nostra attenzione un problema, un'idea che avevamo dimenticato, o creduto di aver rimosso completamente", allora contemporaneamente al "sovvenire" di tale idea, al rammentarla, all' esserne attualmente coscienti, inevitabilmente siamo coscienti anche del fatto che già la sapevamo, che già altre volte l' avevamo pensata: la "riconosciamo", non la "conosciamo"!
Non così quando leggendo un libro di filosofia o banalmente un vocabolario veniamo a conoscenza (per la prima volta: la conosciamo; e non: la riconosciamo) di un' idea (fosse pure quella di "infinito", di "Dio", di "nulla", ecc.); oppure quando qualcuno "con (pretesa) socratica maieutica" ci fa ripercorre il "cammino mentale", che a partire dai dati particolari concreti della nostra esperienza conduce all' elaborazione (a posteriori!) di essa: in questi casi ci rendiamo ben conto della novità di tale conoscenza, del fatto che essa è stata acquisita "ex novo" e (direttamente in prima persona o indirettamente per trasmissione linguistica da parte di altri) a partire da "stimoli esterni" (e da astrazioni, ragionamenti) a posteriori.



in quanto come potrei riconoscere le idee come riemergenti dal nostro interno se queste non fossero già da prima trattenuti dalla coscienza anche se non oggetto di attenzione riflessa?

CitazioneMa, come illustrato nelle precedenti obiezioni, esse non "riemergono affatto dal nostro interno" (nel quale non sono mai state), ma invece "vi si introducono" a posteriori.



Mostra cioè come il fatto che il "rendersi conto" di qualcosa accada in un certo momento della nostra esperienza non vuol dire che la sua presenza nella nostra mente si realizza in quel momento, ma che è già in atto in noi stessi precedentemente. Questa non è una petizione di principio che presuppone quel che dovrebbe spiegare, ma un dato fenomenologico che può normalmente manifestarsi nel corso dell'esperienza ordinaria, riconoscibile al di là delle varie opinioni che si possono avere sull'origine dei concetti, nelle varie rievocazioni di qualcosa che non ci appare provenire dall'esterno, anche quando si verifica un concomitante stimolo sensibile, ma da una profondità dei livelli psichici

CitazioneInvece ritengo che si tratti proprio di una petizione di principio, come argomentato nelle precedenti obiezioni.
#2418
Citazione di: Carlo Pierini il 22 Settembre 2017, 18:39:35 PM
Citazione di: Sariputra il 22 Settembre 2017, 17:21:13 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 22 Settembre 2017, 16:04:50 PMSariputra:
Non sono d'accordo. Penso che dobbiamo sempre vedere la persona che sta dietro le idee e capire che magari quella persona ha investito molto di sé nel formularle. Se non si fosse su un forum virtuale, coperti dall'anonimato, ma davanti a un caffè in un bar, viso a viso, non sarebbe oltremodo scortese e maleducato imbastire una discussione siffatta, dileggiando le altrui idee?  Non si finirebbe magari per litigare pesantemente, rompere delle amicizie o finire per mettersi le mani addosso?
Un conto è far notare e spiegare all'interlocutore dove si pensa stia sbagliando, un altro è apostrofare in malo modo le idee che va esponendo. Un'idea è sempre il prodotto di un essere umano che ci sta dietro e in cui spesso costui si identifica. Quasi sempre dileggiare un'idea finisce per essere percepito come un tentativo di sminuire l'altro interlocutore, ritenerlo inferiore a sé nella capacità di formularle. Quindi io sarei per la ferma e decisa difesa delle proprie senza arrivare a mortificare la sensibilità altrui.
Tutti noi abbiamo sensibilità e temperamenti diversi, a volte macroscopicamente diversi, ma essendo il forum un luogo comune si dovrebbe perlomeno trovare il modo di far convivere queste diverse sensibilità. Questo è un discorso a mio parere in generale e non solo riferito al caso particolare.


Io ti capisco, ma il tuo è solo uno dei due volti del nostro argomento. L'altro volto, come accennavo a Sgiombo, è il fatto che la verità è ...una divinità (La Veritas latina, la Aletheia greca, la Maat egizia, Gesù, ma anche il Dhamma buddhista, ecc.) e quindi non va sacrificata alla suscettibilità o alla vanità di questo o di quell'individuo particolare. E' il soggetto che deve sottomettersi alle regole della verità, non viceversa.

CitazioneBeh, non solo mi trovo in accordo con Carlo Pierini, ma perfino in disaccordo con Sariputra.

Non c' é più religione!

Credo che il difficile sia, nella pratica (dirlo é invece facilissimo), trovare il giusto equilibrio fra fermezza delle obiezioni, durezza delle critiche, se e quando necessario, da una parte e rispetto delle persone degli interlocutori dall' altra.

Spesso si arriva a "trascendere i giusti limiti" gradualmente, perché un' affermazione da parte di "A" é intesa come particolarmente malevola e magari come offensiva da "B" (contro le intenzioni di "A") e suscita una risposta ritenuta da "B" adeguata, e magari con l' aggiunta di un qualche "interesse legittimamente maturato" in fatto di sarcasmo", innescandosi così uno spiacevole circolo vizioso.

Personalmente se però dovessi scegliere quale rischio correre maggiormente, preferirei quello di essere troppo poco, piuttosto che troppo diplomatico; credo infatti che ci si possa comunque intendere "a posteriori", riconoscere di avere esagerato nell' urtare la sensibilità dell' interlocutore (e se é il caso chiedere scusa), mentre se ci si autocensura per "eccesso di delicatezza" possibili interessanti argomenti potrebbero "restare nel cassetto" e non é detto si presentino nuove occasioni di "tirarli fuori".
#2419
Citazione di: Carlo Pierini il 22 Settembre 2017, 16:04:50 PM

Vuoi dire che una volta tanto le nostre due linee parallele si incontrano?  ;)
Insomma, quella delle idee deve essere una guerra vera e propria, una lotta per la sopravvivenza di quelle più valide e per la morte di quelle ingannevoli, false, e distorte, perché è solo così che la conoscenza cresce, si evolve, si perfeziona. Sempreché si limiti solo ad una guerra tra idee e non diventi guerra anche tra i loro portatori, come spesso è accaduto in passato (vedi la "Santa" Inquisizione) e come, purtroppo, accade a volte ancora oggi. Insomma, l'ideale di una sana critica è più o meno: <<Ti stimo tanto, ma quello che dici è una vera chiavica, una immonda scemenza!!>>, ...e così si procede ...di gentilezza in gentilezza reciproche!  ;D
CitazioneSi, esatto (anche se un po' di buone maniere, pur non essendo strettamente necessario, non guasta; anzi, poiché non siamo "integralmente e unicamente razionali", ma anche in varia misura sentimentali, può di fatto essere di qualche giovamento ai fini dell' auspicabile reciproca intesa, e dunque anche all' "efficacia pratica" delle prprie argomentazioni).
#2420
Citazione di: Carlo Pierini il 22 Settembre 2017, 10:25:18 AM
Citazione di: sgiombo il 22 Settembre 2017, 08:53:48 AM
Citazione di: Carlo Pierini il 22 Settembre 2017, 00:52:46 AM
CitazioneAccogliendo il saggio suggerimento di Apeiron (e non sapendo cosa cavolo sia l' "emoticon") preciso che tutto questo interventino é (o almeno intende essere) ironico e scherzoso, e assolutamente non offensivo verso nessuno.

Vedo che qui si ha un concetto piuttosto improprio di ciò che è "offensivo". Se io maltratto una idea fasulla (o che ritengo tale), non solo non maltratto il suo portatore, ma è l'esatto contrario: lo faccio per il suo bene, perché, se l'idea è davvero fasulla libererò la sua mente da un ostacolo alla comprensione delle cose; e se, invece, l'idea non è fasulla, resisterà a qualunque maltrattamento, anzi, si rafforzerà e si approfondirà fino a maltrattare la mia e a liberare me da un abbaglio.
Insomma, essere gentili e rispettosi nel gioco della dama, o nel gioco del rugby, non significa né astenersi dall'"uccidere" una pedina o una dama dell'avversario quando se ne ha la possibilità, né astenersi dal placcare energicamente l'avversario che ha il possesso della palla per farlo cadere e per strappargliela via, facendogli anche un po' male. L'importante è non portare in campo una mazza da baseball e colpire alle gambe l'avversario con quella, né nel gioco della dama né nel gioco del rugby.   :-)
Dire a qualcuno che la sua idea è stupida, non vuol dire necessariamente: "tu sei uno stupido", ma potrebbe voler dire il contrario: "tu sei troppo intelligente per difendere un'idea così sciocca o così puerile o così ignobile". Come dicono saggiamente i medici: essere pietoso con la malattia può uccidere il malato. Se un medico ti apre la pancia e ti tira fuori un calcolo dal pancreas, non è un macellaio violento, ma è uno che ti salva la vita.
Per cui finiamola con questo piagnisteo del "mi hai offeso perché non rispetti le mie idee": in un confronto dialettico è mio dovere non rispettare delle idee che ritengo ambigue, false, o ignobili, proprio in nome del rispetto che ho per la persona che le professa nell'inconsapevolezza di questa loro natura maligna. Se poi mi sbaglio, vorrà dire che saranno le idee avversarie a rivoltarsi contro le mie e a dimostrare che sono io il portatore di idee fasulle e che me ne devo liberare per il mio bene.

CitazionePremesso che per parte mia non mi tiro certamente indietro dalla libagione di buon prosecco proposta dall' ottimo Sariputra, devo correggere un tuo errore di interpretazione (decisamente veniale rispetto a tanti altri su cui sono già intervenuto con la dovuta energia, anche se credo mai calcisticamente "a gamba tesa", o rugbysticamente "con spettacolari placcaggi ma mai con mazzate"):

Scrivere (ironicamente) che stavolta qualcuno ha "ben detto" in quanto la perfezione non esiste, nemmeno in negativo, non é semplicemente criticare un' idea (che si ritiene sbagliata; e naturalmente a tutto vantaggio anche dell' interlocutore, per lo meno nelle intenzioni di chi lo fa), ma é effettivamente qualcosa che può benissimo essere inteso come offensivo (e poiché di gente suscettibile nel forum ce n' é, credo di aver fatto bene a precisare che questo non era il mio intento) ma sostenere che l' interlocutore non ne imbrocca mai una che é una, salvo inevitabili eccezioni che confermano la regola, conseguenti l' imperfezione umana.
E questo, se preso alla lettera e senza cogliere l' ironia, mi sembra decisamente offrensivo.

Salvo questo malinteso, sono convintamente d' accordo con queste osservazioni, come mi pare dimostri ad libitum (...nei limiti insuperabili di incertezza in inea di principio propri dell' induzione!) il mio comportamento tutt' altro che buonistico (bontà d' animo =/= "buonismo"!) e tutt' altro che politicamente corretto nel forum.
#2421
Citazione di: Angelo Cannata il 22 Settembre 2017, 01:18:22 AM
Citazione di: Carlo Pierini il 22 Settembre 2017, 00:52:46 AMdevi pur mettere in conto qualche livido e qualche ammaccatura qua e là.
Questa è autorizzazione ufficializzata alla violenza con cui non posso scendere a compromessi.
Questo è il mio ultimo messaggio su Logos.
CitazioneMa per favore!

Se si eccede in suscettibilità, se non ci si sforza di applicare un minimo di elasticità mentale e si prendono alla lettera quelle che sono del tutto evidentissimamente ed inequivocabilmente delle metafore (e per me si tratta di una "bassezza dialettica") non si può proprio discutere!
#2422
Citazione di: Carlo Pierini il 22 Settembre 2017, 00:52:46 AM

CARLO PIERINI (AD ANGELO CANNATA)

Con te serve la pazienza di Giobbe!!!!!

CitazioneBeh, una volta tanto sono d' accordo con Carlo: é proprio vero che la perfezione non esiste, nemmeno in negativo (e credo che ciò valga reciprocamente)!

Accogliendo il saggio suggerimento di Apeiron (e non sapendo cosa cavolo sia l' "emoticon") preciso che tutto questo interventino é (o almeno intende essere) ironico e scherzoso, e assolutamente non offensivo verso nessuno.

#2423
Citazione di: Angelo Cannata il 21 Settembre 2017, 22:16:04 PM
Gli insulti ci sono, sì:

Citazione di: sgiombo il 21 Settembre 2017, 10:13:21 AM...é inutile cercare di fartela capire, la tua solita confusione...

...anche con te la mia pazienza ... ha raggiunto il suo limite

...confusione -anche questa costante da parte tua

Per lo meno Carlo Pierini non é mai ricorso a simili "bassezze dialettiche".
Citazione di: sgiombo il 21 Settembre 2017, 18:32:28 PMEh no, caro mio...

In base a queste tue parole, io sarei un "caro tuo", per dire tutt'altro che caro, visto che è inutile cercare di farmi capire le cose, uno che di conseguenza fa andare oltre i limiti della pazienza, fa confusione in maniera costante e ricorre nientemeno che a bassezze dialettiche.

Anche adesso non sei riuscito a fare a meno di ricorrere al tentativo di sminuire l'interlocutore: egli è talmente duro di mente che non è sufficiente neanche ripetergli all'infinito le stesse cose, parlare con lui ha un valore talmente basso che è il caso di dirgli che hai di meglio da fare.

C'è anche una contraddizione: lamentarti che dovresti ripetere all'infinito le stesse cose significa esattamente che non hai argomenti. Chi ha argomenti non si ripete, non ne ha bisogno; al contrario, trova le vie in grado di rendere sempre più evidente e sempre più stringente la sua obiezione; altrimenti può riconoscere di non avere il tempo di farlo, il che è molto diverso dal dire che hai di meglio da fare.

Tutto questo è comunque comprensibile: le indicazioni che ho suggerito nel mio messaggio precedente non sono cose da afferrare in un attimo col solo intelletto: sono frutto di un cammino di anni e decine di anni ed è necessario tempo per saperle apprezzare.
CitazioneSe confondi (ma guarda un po'; anche) la vivacità, l' ironia e il sarcasmo con le offese non so che farci.

Sei tu che non sai accettare un confronto animato ma leale (che é ben altra cosa che aggressivo e offensivo).
Affermare, argomentandolo,  il proprio disaccordo e ciò di cui si é convinti (per esempio che l' interlocutore fa spessissimo confusione fra concetti ben diversi) é inevitabile in una discussione franca e corretta; e se l' interlocutore se ne offende é lui a non essere in grado di discutere correttamente e proficuamente.

Contro le stesse identiche tesi ripetute pedissequamente tali e quali bastano e avanzano gli stessi argomenti (e casomai é qualcosa che ricorda un po' le tautologie, tutto il contrario di delle contraddizioni).

E ripeterli a un certo punto diventa altrettanto noioso della continua, pedissequa ripetizione delle tesi criticate.

Anche perché (e anche qui mi sto ripetendo, mio malgrado) non é che la verità o la certezza di un' opinione aumentino proporzionalmente al numero di volte che é ripetuta.

Non so per te, ma attribuire agli interlocutori inesistenti nervosismi e arrabbiature, come fanno nei talk show televisivi i politicanti da quattro soldi a corto di argomenti, per insinuare falsamente inesistenti difficoltà nella discussione da parte degli interlocutori stessi, per me é una "bassezza dialettica" (un trucco, una scorrettezza).

Comunque, dati i noti limiti della mia pazienza, anche in questo caso non risponderò a eventuali (probabili) ulteriori tue reiterazioni delle solite rimostranze, ovviamente -mi dispiace per te- precisando che non per questo vi acconsentirò affatto.
#2424
Citazione di: Angelo Cannata il 21 Settembre 2017, 21:28:42 PM
Quando una persona vuole e sa argomentare, non ha bisogno di nient'altro: argomenta.

Può darsi il caso che non abbia tempo di occuparsene e allora può dire serenamente: "Scusami se non ti rispondo, ma purtroppo non ho tempo di occuparmene". Io stesso a volte ho detto espressamente che non potevo rispondere, a causa dell'eccessiva lunghezza e complessità, anche di ricerche, che una risposta avrebbe richiesto. Si può anche rispondere: "Ci devo pensare"; oppure "La tua risposta non mi convince, ma dovrei trovare modi brevi e sintetici per spiegartelo, per ora però non ne ho il tempo".

Ci sono migliaia e milioni di modi di rispondere serenamente in una discussione. Non c'è alcun motivo di insultare, o sminuire l'interlocutore, o cambiare discorso, o usare toni di finta amicizia o confidenza, come avete dimostrato di fare tu e Pierini. Questi vostri metodi non sono altro che tentativi di deviare il discorso su un terreno che ritenete favorevole a voi: sminuire l'interlocutore, insultarlo, ha questo risultato: è il tentativo di ricreare un terreno favorevole a se stessi, una volta che l'andamento della discussione sembra invece aver formato un terreno sfavorevole.

Ma per creare un terreno favorevole a sé non c'è bisogno di questi metodi: è sufficiente fare come ho detto sopra. Provaci, vedrai che funziona.

Ho trovato interessanti anche i tuoi sforzi di far parlare perfino il tuo silenzio, gli avvisi che ogni tanto hai messo: "Attenzione, attenzione, non risponderò, ma il mio silenzio significherà questo...". Ma il silenzio e il futuro non possono essere dominati, per quanti sforzi tu possa fare: chiunque potrà sempre pensare che tu sia rimasto a corto di argomenti. È chiaro che intendete la discussione come se si trattasse di un'arena di gladiatori davanti a una platea, e c'è lo sforzo di dominare la platea. Ma la platea può essere dominata in modo costruttivo, aiutando tutti a crescere, e i metodi sono quelli che ho detto sopra. Ti assicuro che funzionano.
CitazioneContrariamente a Carlo Pierini non ho mai insultato nel forum.

Non posso certo ripetere all' infinito gli stessi argomenti contro le stesse tesi (ho di meglio da fare...) solo perché "qualcuno" (?) potrebbe confondere (e dai!) l' evitare inutili ripetizioni col (preteso e falso) fatto che non avrei argomenti.

P. S.: ho scritto questo in tutta tranquillità e serenità
#2425
Citazione di: Angelo Cannata il 21 Settembre 2017, 18:37:06 PM
Citazione di: sgiombo il 21 Settembre 2017, 18:32:28 PMRispondo solo perché...
Eh no, caro mio...
Angelo Cannata:
Continui a usare toni da persona innervosita. Quando ti dimostrerai sereno e corretto potremo riprendere la discussione.
CitazioneSgiombo:
La prima é una mera, pacatissima e tranquillissima precisazione (non contravvengo a quanto deciso).
Quanto alla seconda, beh confondi (non ti capita di rado...) questa volta il sarcasmo (a mio modesto parere brillante) con un presunto, inesistente "nervosismo" (ma se, in mancanza di meglio, ti serve a sentirti gratificato, ti dico in tutta tranquillità e serenità: fai pure).
#2426
Citazione di: Angelo Cannata il 21 Settembre 2017, 11:55:19 AM

Un relativista può affermare le stesse cose di un metafisico, con la sola differenza che il relativista si riserva di aggiornare qualsiasi aspetto di ciò che pensa, qualsiasi struttura, qualsiasi forma mentale, mentre invece il metafisico si chiude nelle sue certezze: ciò che è certezza infatti non può essere soggetto ad aggiornamento, altrimenti sarebbe solo certezza relativa.
Citazione di: Angelo Cannata il 21 Settembre 2017, 11:55:19 AM
CitazioneRispondo solo perché si tratta di altre affermazioni su un' altra questione e non delle solite ripetizioni):

Eh no, caro mio, questa non é la differenza fra un relativista e un metafisico, bensì la differenza fra un dogmatico (relativista oppure più o meno assolutista) e un critico (idem).
#2427
Citazione di: maral il 21 Settembre 2017, 09:53:08 AM
 lo sviluppo di nessuna tecnologia se funziona può essere arrestato
CitazioneL' amianto come copertura degli edifici funzionava.

Il DDT come insetticida funzionava.

I motori a due tempi per i veicoli funzionavano.

Eppure si tratta di tecnologie che sono state arrestate (e ragionevolmente si può presumere in via definitiva, nei limiti di prevedibilità del comportamento umano).

Eccezioni che confermano la regola?

Secondo me confermano la regola che sono gli assetti sociali dominanti e i rapporti di forza nella lotta di classe (in ultima analisi e solitamente attraverso complesse mediazioni) a condizionare l' uso (o meno; o più speso l' uso più o meno limitato) delle tecniche, e non demiurgicamente le tecniche stesse.
#2428
Citazione di: green demetr il 21 Settembre 2017, 11:20:13 AM
I dualisti Sgiombo e Pierini sono in realtà dei monisti materialisti.
Prova a leggerli così (al di là delle loro posizioni teoretiche: e tutto torna).
Citazione"Ma mi faccia il piacere!"
                              (Totò)

Ma al di là di queste questione etiche (e spirituali di converso),

(evidenziazione in grassetto mia, Sgiombo)
CitazioneIdem (come sopra)
#2429
Citazione di: Angelo Cannata il 21 Settembre 2017, 10:42:44 AM


E in effetti non sopporti proprio di ricevere obiezioni, ti nasce un nervosismo tale da non resistere al bisogno di insultare l'interlocutore, esattamente come Pierini, quindi è sicuramente meglio interrompere la discussione.
CitazionePer favore cerchiamo qui nel forum di non fare come come quegli scadenti politicanti che nei talk show attribuiscono indebitamente agli interlocutori pretese, insistenti incazzature al fine di millantare presso i gonzi (telespettatori) altrettanto pretese, inesistenti incapacità di rispondere alle proprie tesi -generalmente errate e false e non meglio sostenibili- da parte degli interlocutori stessi.

Per lo meno Carlo Pierini non é mai ricorso a simili "bassezze dialettiche".

Grazie.
#2430
Citazione di: Angelo Cannata il 20 Settembre 2017, 21:24:39 PM
Se dipendono da noi, come possiamo fidarci della nostra stessa idea che si tratti di giudizi veri? Quando ho la sensazione di aver pensato con correttezza un giudizio vero, per il fatto che è apriori, chi mi assicura che già gli stessi concetti di "vero", "giudizio", "analitico", ecc., non contengano improprietà, contraddizioni?
Ad esempio, se io provo a pensare "fuoco spento" o "acqua asciutta", il mio cervello mi avvisa che queste espressioni contengono contraddizione. Se ne accorge e mi avvisa. Ma quando non se accorge, chi mi avviserà? E quindi, su qualsiasi concetto, anche il più elementare, chi mi assicurerà che tale concetto non contiene già in se stesso, come semplice concetto, contraddizioni di cui il mio cervello non si accorge?
CitazioneQuando credo che ho pensato (correttamente) un giudizio analitico a priori sto formulando un giudizio sintetico a posteriori (espresso dalla precedenti parole evidenziate "in carattere obliquo").

I giudizi analitici a priori (se correttamente formulati; e se affermo che ciò sia accaduto di fatto, "nella realtà", allora anche questo é un giudizio sintetico a posteriori, ergo degno di dubbio) sono certamente veri per definizione proprio in quanto dipendono solo da noi (e non anche da come le cose stanno realmente, al contrario dei giudizi sintetici a posteriori).

Tralascio, perché con tutta evidenza é inutile cercare di fartela capire, la tua solita confusione fra mente e cervello (col quale tu credi di parlare, un po' come solitamente nelle rappresentazioni teatrali dell' Amleto costui pala con un teschio; io credo di parlare casomai con me stesso, ovvero con la mia mente).
A parte ciò, "mi potrà avvisare" (del fatto) che ho formulato correttamente (e non contradittoriamente) un giudizio analitico a priori (quindi certamente vero) unicamente un mio giudizio sintetico a posteriori (quindi "informativo circa la realtà", autentica conoscenza, ma incerto).

Come già precisato circa altre discussioni con Carlo Pierini, anche con te la mia pazienza (non certo "giobbesca"), ha raggiunto il suo limite.
Quindi, poiché non é che la verità o la certezza di una tesi sia proporzionale al numero di volte che viene pedissequamente ripetuta, non risponderò più alla prevedibile ripetizione da parte tua della solita obiezione, fondata sulla confusione -anche questa costante da parte tua- fra giudizi analitici a priori e giudizi sintetici a posteriori circa giudizi analitici a priori (ma casomai solo in caso di improbabilissime diverse e nuove argomentazioni).
Con l' ovvia precisazione che, anche in questo caso, chi tace non acconsente.