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Messaggi - green demetr

#2416
Tematiche Spirituali / Re:Dubbio << mentale >>
09 Febbraio 2018, 19:21:17 PM
Citazione di: Sariputra il 04 Febbraio 2018, 17:13:37 PM
Seconda parte...

Si può arrivare ad essere attaccati ad uno dei legami più 'pericolosi', quello alla 'divinità', oppure all'idea della 'buddhità'. Ossia allo stato d'essere "assoluto" che nel Theravada viene definito come "l'estremo positivo della metafisica". Quello in cui si tenta di 'trascendere'  le nozioni di base, elementari, quali quelle di uomo, donna, società, cultura, ecc.
Bisogna essere consapevoli di questa possibilità d'attaccamento pernicioso insita in ogni cammino che comunemente viene definito come 'spirituale'. Si rischia di costruire un 'fantasma' che immaginiamo come puro, ineffabile, eterno...Si arriva a concepire una sorta di 'coscienza primordiale', coscienza "tout court" trascendente, senza oggetto, senza proprietà, attributi e stato. Qualcosa di "elevato".
Questo attaccamento all'idea di divinità arriva all'ossessione dell'identificazione diretta con la divinità stessa, la fusione in essa...
Non sto dicendo che non esiste divinità. Sto dicendo semplicemente che l'attaccamento tende a costruirsela in modo da 'provarne piacere'...


Non sai quanto sono d'accordo amico mio!  :)

Certo che però qua passiamo veramente ad un livello di consapevolezza a cui pochi arrivano.
Il nostro giovane Apeiron, si è avvicinato con il 3d sulla nevrosi della filosofia.
(anzi nella sua intuizione essenziale, è andato oltre credo, posso solo augurargli di continuare a snocciolare bene la questione, a cui sono giunto mica nei 20 piuttosto nei 30).

Quindi lascerei la questione in queste tue parole preziose. Gli altri non si spaventino.
Diciamo che si può soprassedere su questo punto.

"Se incontri il Buddha per la strada uccidilo"


Citazione di: Sariputra il 04 Febbraio 2018, 17:13:37 PM
......... No, egli dice:" vi è la cessazione dell'ignoranza", poiché, giustamente, appare l'interruzione del fenomeno. E se questo non si mostra più, come lo si può conoscere? Il concetto non è di acquisire i fenomeni che ci circondano sulla base della consapevolezza. Ma, che questi fenomeni apparenti cessano di mostrarsi, poiché, di conseguenza, la coscienza che si esprime con essi si interrompe. Per Buddha, è la conclusione dell'ignoranza. E' un fatto così stupido, che, nel sentirlo, si potrebbe dire che si tratta di una cosa da sempliciotti! E, invece, ci parlano di conoscenza trascendente, di modi di conoscenza, della coscienza che non sa, quando si trova nel samsāra, mentre, invece, esiste quella soprannaturale, che sa...

Certo



Citazione di: Sariputra il 04 Febbraio 2018, 17:13:37 PM
L'esperienza vissuta da Siddharta è sconcertante, incredibile. D'altronde questa questione non si può porre in termini di 'credenza'. La cessazione dell'ignoranza accompagna anche quella della conoscenza. E' proprio quando non c'è più nulla da conoscere che paradossalmente cessa l'ignoranza, o quel che Buddha chiama ignoranza.
Nel momento in cui la coscienza appare si manifesta, si mostra con il suo oggetto, c'è come una falla, un'increspatura...da qualche parte c'è un 'buco', perché c'è dell'ignoranza ( avidya). Buddha ha fatto l'esperienza della Cessazione della coscienza conoscitiva e del suo oggetto. Così, egli dice, si arriva alla fine dell'ignoranza. E' un concetto...un pò radicale! Però...però...c'è un però...non si tratta di annichilimento, di annientamento completo. Semplicemente la coscienza che appare incatenata con il suo oggetto, in funzione di un ciclo ben definito di successioni e che in seguito sperimenta ogni sorta di brama, odio e illusione, non si manifesta più.

Ma infatti credo che il vero nichilismo buddista sia più a monte per come dire.

Nel caso della cessazione, o della contemplazione del fiume che scorre, si tratta a mio parere di una tecnica di purificazione mentale.

Proprio nella maniera di come Bluemax ce ne ha parlato.
Ossia della cessazione dell'inquietudine.

Non mi pare una posizione nichilista. Ma su questo sentiremo, se avrà pazienza di leggere tutte queste parole, e se ne avrà voglia, Apeiron, che mi pare, ci tiene di più a questi "specimen".





Citazione di: Sariputra il 04 Febbraio 2018, 17:13:37 PM

Tuttavia, nel momento in cui la coscienza cessa di mostrarsi con il suo oggetto, essa ne assume comunque un altro, che è il Nibbana/Nirvana.Questo è un fatto molto particolare, direi quasi incredibile. La coscienza non può impedirsi di fare vedere; anche quando non ha più alcun oggetto da 'afferrare' essa esprime la sua tendenza che è tanto forte che, anche quando non ha più un qualcosa di 'prendibile', allora assume il Nibbana come oggetto, si radica nel Nibbana si potrebbe dire.
E' qui che il Buddha ha fatto una scoperta importante (quella decisiva direi...). Ha realizzato  non soltanto Nirodha, cioè la cessazione dell'apparizione della coscienza e dei suoi oggetti, ma pure che, quando tutto ciò cessa, sparisce...rimane ancora qualche cosa. Non è il nulla, nè IL NULLA. La coscienza /vinnana non può che seguire la sua 'natura' e allora prende come oggetto il Nibbana. Questa coscienza che prende come oggetto il Nibbana però funziona sempre nel ciclo di paticcasamuppada .
Così, quando il bhikkhu raggiunge il Nibbana, contempla il nibbana, Buddha sostiene che questa coscienza che prende per oggetto il Nibbana è ancora una fabbricazione insoddisfacente, impermanente. E tuttavia, se Buddha non avesse toccato il Nibbana come avrebbe potuto sapere che esiste?E' molto particolare il Nibbana...Sarebbe una cosa perfettamente vana cercare di dargli una descrizione definitiva.
Perché è particolare? Perché il Nibbana "non appare". Malgrado questo la coscienza può assumerlo come oggetto, anche se quello non offre nessun appiglio. La particolarità dell'elemento Nibbana è che può venire conosciuto dalla coscienza/vinnana.
Quando la coscienza che può prenderlo come oggetto può totalmente svanire e sparire nel  Nibbana c'è quello che viene definito come Parinibbana.
C'è un'altra differenza importante da rimarcare:  quando la coscienza prende come oggetto il Nibbana, tale oggetto non è legato al paticcasamuppada. Non è un oggetto che appare, dispare ed ha una forma. Non possiede qualità ed attributi intrinsechi ( e neppure estrinsechi...). Non possiede una forma, non ha una 'pietra angolare', è senza asperità. E' molto particolare perché Siddhartha ci dice che è vuoto. Ma non è IL vuoto; è semplicemente vuoto. Finchè esiste la coscienza non può che avere una certa 'forma', una sua certa proprietà. La coscienza senza proprietà...semplicemente non esiste. Così, quando la coscienza prende ad oggetto nibbāna, a causa dell'assenza di 'legame', di natura, di definizione; per il fatto che esso non appare, la medesima coscienza non ne risente per nulla. Non ha nulla da risentire. Poiché, non è né buono, né cattivo; e neppure neutro.
Si adopera , per tale coscienza che prende come oggetto il Nibbana, una definizione che ,spesso, è mal compresa: santi sukha, che significa 'piacere' dovuto ad uno 'stato pacifico'.
Però chi conosce il Nibbana non prova alcun 'piacere'. Proprio perché non vi nulla da vedere in Nibbāna, nulla da conoscere, nulla da ascoltare e per definizione è inconcepibile che possa esistervi una reazione, una collera, un pensiero, una parola, oppure un movimento.
Proprio perché non esistono sensazioni...appare la beatitudine; questo famoso santi sukha.
Questa esperienza di Nibbana Buddha l'ha fatta , quella della coscienza che prende il Nibbana come oggetto e prova beatitudine. Per sette giorni ne è rimasto assorbito. Assorbito nella conoscenza del Nibbana. Così, egli ha compreso che la coscienza che assume ad oggetto nibbāna, se è, beninteso, calma, sta, tuttavia, ancora... là.
Poi, per altri sette giorni narra la tradizione, ha avuto un'altra esperienza: è pervenuto alla Cessazione di paticcasamuppada , del ciclo di sorgere della coscienza e dei suoi oggetti ed è riuscito a far sì che la coscienza non riapparisse prendendo come oggetto il Nibbana. Ha sperimentato cioè il Nibbana senza alcuna coscienza residua.
Evidentemente non se n'è potuto accorgere...non essendoci più coscienza con oggetto il nibbana ma solamente Presenza dell'elemento Nibbana.
Per avere fatto questa esperienza, Siddhartha è giunto alla conclusione che il Nibbana è proprio la Liberazione definitiva, irreversibile. E' proprio quando è giunto a questa esperienza di Nibbāna, stavolta definitiva, senza alcuna coscienza residua, che ha compreso che Nibbāna è proprio la fine definitiva del 'processo' del paticcasamuppada e della sofferenza insita in questo. Assenza totale di sofferenza, attraverso l'assenza totale di infelicità, di collera, di odio, di desiderio, di gioia, di amore, o di qualunque cos'altro; attraverso l'assenza totale di proprietà, di coscienza, di sensazione, di oggetto, di colorazione, di forma...

Se siete arrivati a leggere tutto questo ...avete buone possibilità di aver svilupppato la mente chiamata "paziente sopportazione del non-creato". ;D  ;D  ;D

P.S.  A proposito della ricerca continua di ciò che ci dà piacere. Eccola qua in azione: il piacere di scrivere!... ::)  ::)



Diciamo che questa ultima parte è la più difficile da accettare per me.

Perchè parla di uno stato di coscienza, che percepisce ancora qualcosa.

Siccome è una cosa che come ho detto più volte, ho sperimentato, io rifiuto di credere che sia una cosa.

Invece nella PAT, si parla chiaramente di oggetto, che ha la proprietà di essere niente.

E che nella sua versione materiale, e cioè para-nirvana, si manifesta come vuoto.

Devo dire che dottrinariamente è una distinzione interessante.

Negli stati di meditazione iniziali, infatti la condizione da raggiungere al più presto è quello dell'ascolto.

Per poter "ascoltare" bisogna prima ripulirsi delle percezioni che ci fanno rimanere nel ciclo della vita.

Questa pratica ha il merito indubitabile di calmare la mente, e devo dire che effettivamente la fase in cui siamo pronti a ricevere le percezioni "per come sono", coincide con questa predisposizione, che chiamerei anch'io di mancanza, di svuotamento, di purificazione (termini che oggi per me significano veramente poco).

Ma quando la meditazione si fa più profonda, le percezioni cessano, ed è allora che si percepisce la trascendenza.

La trascendenza, è una sorta di gravitazione al contrario. Anche nella mia esperienza è coincisa con una sensazione di levitazione.

Sono anche abbastanza convinto che questa sensazione sia indagabile a livello di TAC, in maniera scientifica.

Perchè ti rendi conto che è una cosa che avviene all'interno del mondo materiale.

La cosa che più mi interessa è però che quella modalità della coscienza, se di coscienza si tratta, a livello buddista, mi par di capire sia proprio così, sia l'origine di tutte le intuizioni che scaturiscono dentro di me.

E' come una fonte di illuminazione.

Ma le intuzioni, non nascono come se fossero esterne a me, esse nascono dentro di me.

Quindi dire che è una fonte di illuminazione è scorretto in effetti.

Credo che la considerazione di Nietzche sia quella corretta, perchè l'ho sperimentata.

Che noi siamo una corda sopra l'abisso.

L'abisso NON è avidya, non è il diavolo, non è un oggetto.

Se lo fosse non cadremmo caro Sari proprio in ciò che da principio avevi detto che potrebbe succedere.

E che io liquido dicendo, che staremmo feticizzando Dio.

In fin dei conti, l'ebraismo è più preciso, perchè il diavolo è il 2.

Ma il due, il dualismo esiste solo con l'uno.

Il delirio religioso è quello di credere che l'uno sia DIO.

Quando invece per me l'uno è l'uomo, mentre il due è DIO.

Ossia Dio viene percepito da noi, non come oggetto, ma come trascendenza rispetto a noi.

E' interessante come questa trascendenza assuma i colori del mito.

In poche parole quale è la legge, in termini buddisti, la psicologia, in termini psicoanalitici, che ci informa?

Che Dio sia l'uno, è mito.

Vuol dire che esiste una funzione psicologica tra soggetto e ciò che lo trascende.

Di solito DIO è qualcosa, ci viene presentato come bene.

Ma proprio per tutto quello che abbiamo detto prima.

E' invece "niente". Non potrebbe essere altrimenti!

E' necessario che sia niente.

Se fosse qualcosa vuol dire che la funzione psicologica che ci lega a lui, sarebbe sempre una.

E invece per esempio, le religioni sono molte.

Certamente vi è una funzione, che possiamo chiamare legame.

Ma questo legame testimonia di un qualcosa, di un risultanza, fra ciò che non può essere conosciuto, e per questo è niente. E ciò che invece conosciamo, che è poi la nostra esperienza di fede, o di vita, qual si voglia.


Il nichilismo sotteso al buddismo e a tutte le religioni è invece più proriamente la negazione che si tratti di cose umane.


Il Buddismo però ha una chance in più però.

Proprio perchè nel riconoscere che esiste la mancanza, non ha bisogno come la teologia contemporanea di desumerla dalla storia, risparmia chilometri di viaggio spirituale.

Tra l'altro la PAT mi sembra che non risponda proprio a nulla.

Infatti io propongo questo errore logico.

Che abbia fatto la solita inversione logica.

Che per spiegare la vuotezza, presuma il nulla.

E invece dovrebbe essere il contrario, che presunta (a buona ragione, per praticantato, per esperienze personali, che tutti possono sperimentare) la vuotezza, debba dimostare perchè il nulla anzichè qualcosa.

Tra l'altro come dici tu la PAT è il tipico serpentone agnostico, sta lì a guardarci negli occhi, a incantarci, e ci consegna al depansamento e alle mistificazioni di ogni religione.


Proprio lei, la PAT, (a meno che le considerazioni iniziali sono solo del SARi, che si dimostrerebbe più saggio della PAT, e scommetto che è così!  ;)  ) che aveva proprio posto il problema dell'uscire dagli errori mentali!!!!


Spero non ti sia offeso, comunque è stata per me una quantomeno utilissima full immersion nel mondo buddhista.
Ovviamente sono aperto ad ulteriori approfondimenti.
E anzi caldeggio una rilettura delle parti più interessanti riguardanti il rapporto mente-oggetto.
#2417
Tematiche Spirituali / Re:Dubbio << mentale >>
09 Febbraio 2018, 18:27:08 PM
Citazione di: Sariputra il 04 Febbraio 2018, 17:10:17 PM
Direi un cosa. sembra che l'intera problematica ruoti attorno alla comprensione corretta di paticcasamuppada (pratityasmutpada in sanscrito per Bluemax...) che è oggettivamente uno degli insegnamenti più profondi, difficile e 'sottili' da afferrare di Siddhartha, detto il Buddha ,o l'asceta Gotama...
Ora mi accingo ( con sommo sprezzo del pericolo, di farci la mia classica figura di... :-[ ) a darne una mia interpretazione, facendomi aiutare da un testo 'segreto' che tiene un posto particolare nella polverosa biblioteca di Villa Sariputra. Così, se il mitico nicciano  Green, non intenzionato a leggersi la Mulamadhyamakakarika del grande Nagarjuna per il momento, ne è ancora un poco interessato,potrà farsene una parziale opinione...

Grazie  ;) 


Citazione di: Sariputra il 04 Febbraio 2018, 17:10:17 PM
....
Buddha espose ripetutamente in molti sutra la teoria della Pat., di questa genesi da produzione condizionata. Una volta un tale gli chiese:" Voi affermate che non esiste reincarnazione; però, malgrado questo, parlate di vite passate, di vite future, di rinascite."
Al che Gotama , per tutta risposta, con un leggero sorriso sulle labbra, gli dette esattamente la lista dei dodici elementi che formano la catena di Pat., che formano questo processo, in ordine logico ma inverso. Ecco in cosa il Buddha riassume la sua concezione, la sua visione del ciclo delle rinascite, proprio in Pat.
Pat. è un 'processo' ( senza imputati... :) ); cioè si tratta di una successione di avvenimenti che sorgono senza l'intervento di alcun agente, o "essere". E' un susseguirsi del tutto incontrollabile, ineluttabile e irreversibile ( salvo quando il 'processo' termina il suo ciclo...).
Per il Buddhismo questo processo gestisce l'evoluzione della materia, dei suoi fenomeni ma anche l'evoluzione della mente stessa, con tutti i suoi attributi e proprietà.
Tutti gli eventi che la coscienza può seguire sono contenuti in questo processo. Di più, direi, la coscienza stessa ne è contenuta. La "legge fondamentale", iniziale, che si manifesta nel processo è "anatta ( anatman)". Secondo il Buddhismo delle origini la coscienza è suddivisa in unità elementari , così come la materia, per es., è composta da atomi e questi si raccolgono in molecole e poi in cellula, in organo, ecc. così le unità elementari di coscienza hanno una durata di vita infinitesimale (un miliardesimo di secondo? Boh!... :-\ ).

Certo, per quel che mi riguarda non ho mai prestato particolare attenzione alla spiegazione cosmologica.

Riassumo quindi questa prima parte con il fatto compiuto che l'anatma, è la forza che costituisce la cosmogonia del PAT.

Poichè asserisci, ma non mi è molto chiaro, che la cosmogonia del PAT è materiale, dunque il principio anatman è all'interno di un mondo materiale. (presumo che sia un principio, mi viene da pensarlo così).
Le leggi sono costituite da questo principio (e vengono chiamate concause? mi chiedo)
Ma questo principio è niente. (sarebbe da capire qui caro Sari, se con "niente" si intende "non materiale" o come "materiale").
Perchè nello schemino del punto 2 risulterebbe se Apeiron ci segua o meno. (se il niente è immateriale, allora Apeiron non ci segue, e mi sembra un ipotesi più convincente).
Per me non fa molto differenza comunque. Ripeto io parto sempre dal fatto compiuto. Che siamo nella materia.


Citazione di: Sariputra il 04 Febbraio 2018, 17:10:17 PM
...... che pertanto ogni concetto di 'essenza' è completamente assente . Assente addirittura dall'universo intero...

Questo deporrebbe a favore dell'ipotesi antimaterialista, ma non è detto, perchè "essenza" è un termine molto generico (e come sappiamo poichè è un concetto piuttosto complesso del canone occidentale, lo prendo "con le molle").



Citazione di: Sariputra il 04 Febbraio 2018, 17:10:17 PM
Proviamo a pensare una situazione concreta: Un tizio che ci pesta un piede in metropolitana o sull'autobus, inavvertitamente. Cosa proviamo? Un dolore violento al piedone. Che succede? Per la maggior parte di noi questo dolore fisico si accompagna ad un impeto di collera  >:( . E' molto raro che compaia immediatamente uno stato di compassione, d'amore per il calpestatore, uno spirito bello tranquillo e accomodante. Quasi sempre sorge invece un senso di avversione, di irritazione e , a volte, pure di odio. Così prorompiamo in una parola dura o in un gestaccio . Qui osserviamo in azione paticcasamuppada , come avviene, schematizzando e semplificando il 'processo'. C'è una consapevolezza dolorosa e, immediatamente, sorge una sensazione spiacevolissima che l'accompagna. Non sappiamo perché, né come, ma probabilmente tutti ne abbiamo fatto l'esperienza. Sembra una cosa del tutto automatica. A seguito poi di questa collera nasce un'intenzione poco edificante ( che a volte, per fortuna , si ferma lì...), spesso malvagia: "Stai attento, scemo!", oppure:"Pezzo di imbecille!" o altro di poetico...
La situazione può andare avanti e arrivare alla 'vendetta', così affibiamo un bel calcione nella tibia al malcapitato, anche se non l'ha fatto apposta.
Ecco esposto, in modo molto stringato, questo processo: vi è l'apparizione della coscienza (esempio: coscienza dolorosa), che farà rapidamente nascere un fenomeno materiale (esempio: movimento della mano, emissione di un suono, sotto forma di una parola offensiva). E' così che tutto funziona in quel che noi chiamiamo universo, mondo cosciente. E per ogni essere, in ogni momento. Però tutto quello che noi possiamo pensare, dire o fare è solo la fase finale di un 'processo' iniziato prima, semplicemente attraverso un impulso cosciente, una percezione sensoriale.

Certo, ti seguo.



Citazione di: Sariputra il 04 Febbraio 2018, 17:10:17 PM
Discutiamo di filosofia e di spiritualità sul forum, di cose esistenziali, del tran tran giornaliero, del tempo che fa, di politica...tutte queste chiacchere interiori ed esteriori, con altri, sono solo la fase finale, in larga misura, del 'processo' . Di solito la parte con cui passiamo la maggior parte del nostro tempo è quella del discorso dialettico, del parlare dentro di noi, a cui dedichiamo indagini e riflessioni. Assai raramente, soprattutto se non pratichiamo  la meditazione, riusciamo ad osservare i momenti precedenti . Diciamo, a volte:" Sono consapevole che la vita è proprio questa, sono consapevole della sofferenza, spesso ci penso...". Però di solito manchiamo per inavvertenza, per disattenzione e diamo importanza solo alla fase finale, alla riflessione e ai discorsi , banali o intellettuali e filosofici.
Quando mai siamo consapevoli della mascella che si muove o dell'aria che respiriamo?
Non diamo alcuna importanza alle fasi anteriori del processo. Non lo osserviamo, ci fermiamo, invece, nei nostri discorsi...oscilliamo costantemente tra una situazione di pensieri basati su idee negative ad altri su idee positive, per tutto il tempo.
Se riflettiamo un po', potremo giungere a capire, a percepire che, quando, nella giornata, abbiamo degli attimi di riflessione sull'esistenza ,nel senso che essa è insoddisfacente, piena di problemi... vi sono anche dei momenti in cui non si pensa affatto a tutto questo, visto che ci troviamo occupati ad assaporare una deliziosa bevanda, un piatto squisito. A quel punto, ci gettiamo, piuttosto, su delle considerazioni, tipo "la fortuna che abbiamo di essere nati in italia, che è il paese dell'arte culinaria". Sfortunatamente, passiamo da una situazione di pensieri, basati piuttosto su delle idee negative, ad un'altra, fondata su idee positive; ed oscilliamo dall'una all'altra, per tutto il tempo.

Certo, a parte la considerazione ottimistica, che ci poniamo dialetticamente  ;D , comunque sia, siamo nel mondo materiale.




Citazione di: Sariputra il 04 Febbraio 2018, 17:10:17 PM
Nella vita sembra esistere soltanto l'"appetito": cioè desiderio, tendenza verso qualcosa.
In pali viene chiamata tanha. Tanha è quella cosa che fa proiettare la nostra coscienza sul proprio oggetto, o su altro.

Non esiste alcun tanha per me. Mi sa tanto di "diavolo".
Comunque condivido che il desiderio tende a farci gravitare sull'oggetto desiderato. Se questo è il senso morale che vogliamo dargli. (ovviamente la cura del desiderio, equivale alla filosofia più alta. Ma è solo un inciso il mio).




Citazione di: Sariputra il 04 Febbraio 2018, 17:10:17 PM
....chiamata upadana, che significa appunto 'fissarsi'..... Taṇhā è il termine impiegato per sintetizzare, in senso lato, l'avidità, il desiderio e la propensione. Così, alla partenza, vi è l'ignoranza, la mancanza di conoscenza, l'incapacità di sapere cosa è, per esempio, quel dolore che appare e la coscienza che lo accompagna. Poiché esiste questa incapacità, vi è, di conseguenza, l'ignoranza che produce il processo che si chiama formazione. La formazione, che accompagna la coscienza è, da una parte, la sensazione (piacevole, o spiacevole) e, dall'altra, la necessità che abbiamo di esprimere, in tale momento, un'azione.

upadana....nel libro della Bibbia, viene detto da Satana: "noi siamo moltitudine".

Speriamo che dopo tanha siamo risparmiati da altri diavolacci.

Un "piccolo" approfondimento.
E' tipico del discorso schizoide la proiezioni di infinite divisioni, che sono sempre proiezioni a cascata del primigenio errore.


Se vogliamo intendere che l'uomo è formato dai suoi oggetti, possiamo tranquillamente dire che la sapienza buddista, anticipa il marx del feticismo. (ma ovviamente non è così, in quanto il buddismo è mistificazione, il buddismo è feticismo! mi viene subito in mente l'armadietto dei namiore nghenchiò!).

Dunque ragionevolmente mi pare di poter essere d'accordo.


Citazione di: Sariputra il 04 Febbraio 2018, 17:10:17 PM
"Naturalmente non è facile da spiegare a parole perché il paticcasamuppada è una specie di serpente che si morde la coda." 

Un "piccolo" approfondimento.
La figura del serpente che si morde la coda, è a livello psicologico-analitico, il discorso paranoide.
Che sta alla base di quello schizoide. (quello dei diavolacci).



Citazione di: Sariputra il 04 Febbraio 2018, 17:10:17 PM
.....Semplificando, si può dire che, all'inizio esiste una ignoranza di quanto sta per capitarci, sino al momento in cui sopraggiunge la consapevolezza. dalla consapevolezza appare una sensazione, piacevole o spiacevole,; poi sorge una reazione, cioè il nascere di un'intenzione, di un progetto motivato dal desiderio di soddisfare qualcosa. Acquisito l'oggetto, nasce l'attaccamento ad esso. Lo si accaparra e si crea un legame..

Un "piccolo" approfondimento.
Si crea il feticcio. Il totem.

Si sono d'accordo.

Citazione di: Sariputra il 04 Febbraio 2018, 17:10:17 PM
All'inizio dunque ci proiettiamo su qualcosa, però arriva il momento che l'impulso che ci ha spinti, che è diventato abitudine...svanisce. Non sappiamo nemmeno dire perché. Fa parte dell'attaccamento che è , in sostanza, la facoltà che ci trattiene sugli oggetti o sui nostri ragionamenti, discorsi, ecc..
Esiste l'attaccamento alle nostre opinioni e punti di vista. Un buddhista, un cristiano o un ateo possono essere molto attaccati ai loro punti di vista, per esempio. Spesso non ne sappiamo nemmeno il perché. E' una sorta di rinnovo dell'appetito alla vita...
Aderiamo, ci attacchiamo ovviamente anche a questa idea del 'divenire', ossia di 'vivere'. Crediamo nell'"essere" e siamo molto avvinti da questo. Non soltanto all'idea: sono Sari, sono Piero, sono un uomo, sono una donna, sono buddhista, sono cristiano , sono ateo, ma semplicemente al fatto. Questo attaccamento alle opinioni fa sorgere numerosi momenti di tanha  e iniziamo ad attivare di nuovo progetti futuri, iniziative, ecc.

Fine prima parte...


Un "piccolo" approfondimento.
Come sappiamo dal totem deriva il tabù. Perciò l'appetito, presunto, per la vita, si trasforma nel suo esatto contrario, ossia nel sacrificio, dell'altro di solito, ma anche e direi sopratutto di se stessi.

Nel discorso, psicoanalitico dopo Lacan, si parla del fantasma di morte.

Quindi unendo quanto giustamente detto da te, con i dovuti approfondimenti, la sete di vita, si trasforma in sete di morte.

Ci sarebbe da chiedere come la saggezza del PAT. risponde a queste tue, necessarie, premesse.

Perchè benchè è assai arduo che la saggezza antica, fosse consapevole dei propri demoni, dei suoi errori psicologici, è comunque vero, che, come insegna freud, la fine della traversata dell'incubo, era di solito la fissazione di una grande legge morale. Ovvero per conto mio, la fissazione di un mito, è una regola psicologica.
#2418
Tematiche Spirituali / Re:Dubbio << mentale >>
09 Febbraio 2018, 17:33:39 PM
Citazione di: bluemax il 09 Febbraio 2018, 13:03:27 PM


Ciao. Grazie per il tuo intervento :)
Per quanto ne so (E probabilmente Sariputra ne sa piu' di me quindi spero di non commettere troppi Orrori :D ) Il karma (mentale inteso come effetto che ogni pensiero genera in quello successovo e cosi' via all'infinito) si riferisce agli impulsi mentali che ci portano ad agire, parlare, pensare in modo spesso compulsivo.
Mettendo in atto questi "impulsi", semplicemente rinforziamo le nostre (rabbia, rancore, gioia, invidia, ecc... ecc...) abitudini.
Come risultato, proviamo che il nostro "umore" ha alti e bassi e ripetiamo incontrollabilmente i nostri schemi comportamentali.
Tuttavia questi "risultati karmici" non sono predeterminati, non sono fissi: possiamo (sforzandoci prima e naturalmnete dopo) influenzare ciò che sperimentiamo.
Possiamo renderli più "leggeri" o addirittura eliminarli dal momento che la loro intensità dipende da molti fattori, i quali rientrano nella nostra sfera di influenza e mai dal mondo esterno.



Certo  :)  la volontà, suppongo, o la mente stessa, possono decidere se ospitare alcune leggi karmiche o meno.
Ovviamente se alcune leggi karmiche ci rendono agitati, se non vogliamo esserlo, lavoreremo sul riconoscimento di queste con-cause, e una volta riconosciute come tali, e cioè come fattori di agitazione, gli impediamo di albergare nella nostra mente. Stessa cosa fa uno psicologo.

Citazione di: bluemax il 09 Febbraio 2018, 13:03:27 PM
Citazione di: green demetr il 08 Febbraio 2018, 19:55:02 PM
Non ho idea di cosa sia questa vacuità, me ne sto facendo una idea.
Ma non capisco come possa la vacuità essere inter-dipendente. (dipendente da ogni cosa)
I casi sono 2, o vi è un errore di battitura e semplicemente la vacuità non è dipendente, quindi è indipendente da ogni cosa.
Oppure caso più complesso, bisogna decifrare come possa qualcosa che è vacante, che è in vacanza, essere dipendente con ogni cosa.
Si presume infatti che ogni cosa sia presente a noi, nel qui e ora. Come possiamo unire 2 concetti così antitetici?

Come sopra, sperando di non sbagliare troppo, provo a darti una spiegazione. (almeno per come l'ho compresa io).
Ogni fenomeno possiede due distinti modi di essere: Quello ultimo e quello convenzionale "apparente".
La Vacuità, per un praticante buddista, è il suo modo ultimo, definitivo di esistere, è il modo in cui i fenomeni esistono realmente.
Tutto cio' che esiste, ogni fenomeno, ha una qualità ESSENZIALE: quella di essere un evento che sorge ed esiste in modo dipendente da qualcos'altro, cioè di essere il PRODOTTO dell'interdipendenza.
Del resto questo discorso è perfettamente assimiliabile ed inopinabile da chiunque abbia fatto un minimo di studi scientifici.
Il problema, a mio avviso è che il cervello (non la mente) funziona in modo particolare. Necessita di "mappe mentali" che si costruisce durante la crescita dell'individuo.
Il classico esempio (ma si potrebbe andare molto piu' a fondo) che ci hanno fatto durante gli insegnamenti sulla mente e' la prova della "M".
Prima di andare a scuola e farti COMPRENDERE che le 4 stanghette messe in quella posizione costituiscono la "M" tu percepivi tramite la coscienza visiva semplicemente le 4 stanghette. Da quando hai costruito la "convenzione" di "M" per te è IMPOSSIBILE vedere i 4 segmenti, ma vedi "IMMEDIATAMENTE" la "M" (ma stiamo divagando, ammetto, e scusami :) )


Ti seguo. E' ok.


Citazione di: bluemax il 09 Febbraio 2018, 13:03:27 PM
Citazione di: green demetr il 08 Febbraio 2018, 19:55:02 PM
Il buddismo chiude subito quel problema, perchè il mondo con le sue leggi è prevaricazione.
Ovviamente lo chiude solo per arrivare alla sua etica mistificatoria, che invece che affrontare il problema, lo fugge.

Per cui entrambe le religioni giungono ad una visione demistificante dell'uomo visto come malvagio. A cui si edifica il tempio (la sacralità)  della pace (presunta) delle proprie comunità sia esso di una chiesa o di un tempio (nel senso di edificio) che siano.

Sempre per quanto ho "compreso" il buddismo non GIUDICA qualcosa come "MALE" (questo lo lasciamo fare allo sperimentatore del fenomeno che giudica un qualcosa come BENE o MALE a seconda che abbia un tornaconto o meno). Il buddismo invece si limita a stabilire che è MATURATO un evento grazie a cause e condizioni. Non esiste il "MALE" ne il "BENE" ma sono semplici etichette date da una mente grossolana.
Il buddismo si è limitato a dire una cosa semplicissima (le 4 nobili verità) ossia che ESISTE (nelle menti non addestrate) DUKKA che si puo' generalmente traddure come "inquietezza" ossia la costante, continua, perpetua ricerca di benessere in cose che non possono risolvere il problema di fondo ossia la "felicità" o "tranquillità" se vogliamo.
Quindi semplicemente DUKKA esiste... non c'è nulla da fare per questo... è la nostra CONDIZIONE.
Praticamente è una analisi dello stato attuale di ognuno di noi... ossia hai la malattia. :)

L'uomo non è visto come "MALVAGIO" ne come "BUONO" (concetto di equanimità) per una "mente" realizzata, ma semplicemente come una persona "AFFLITTA" da veleni mentali.
Del resto chi compie azioni dettate dalla propria ERRATA VISIONE (uccidere, rubare, stuprare, ecc... ecc...) andrebbe AIUTATO non combattuto :)

Se per il buddismo esistesse "SATANA" questo andrebbe aiutato a "CAPIRE" non UCCISO perchè SATANA è in uno stato di ESTREMA SOFFERENZA.
(e qui ammetto si pone un problema :D )


ciao ;)

Non metto in discussione dukka, come fenomenologia, come apparenza, la metto in discussione come mistificazione, per cui ho già detto che non mi soffermerò in questo 3d.

Non mi interessa cosa pensi del male e del bene il Buddismo nella sua forma etica.

Di certo se non fosse una mistificazione (ma lo è come tutte le religioni), e seguisse quello che lei stessa teorizza (Come tutte le religioni) sono d'accordo che le cose come uccidere stuprare etc... sono solo forme karmiche e in quanto tali, e come tali, vanno se non si vuol essere preda di quelle forme, snobbate. (molto semplicemente). Penso quindi che siamo ragionevolmente vicini nelle posizioni.

Ma seguendo i vari maestri, invece, in verità ti dico, che di quelle forme se ne sta sempre a parlare!
E parlare delle forme karmike che ci agitano, di solito è rendere agitata la gente.(oltre che la mente)
Di modo che la gente si saldi fermamente con la propria chiesa o tempio, etc....

Non posso che augurarti di non pensare alle cose brutte, e di concentrarti sulle cose belle.
Solo allora deciderai se la chiesa e il tempio porta cosa belle o brutte.


#2419
Citazione di: viator il 08 Febbraio 2018, 22:35:08 PM
Salve. Per Green Demetr : carissimo (se mi permetti una simile confidenza) Green Demetr, vedo che sia i nostri linguaggi che le nostre teste sono abbastanza diversi. Dal tuo linguaggio infatti non capisco cosa rimproveri a me ed agli altri, a parte una qualche generica limitatezza (tutti siamo più o meno limitati, vero?).

Personalmente non credo nell'introspezione. Dovrei usare il mio cervello per capire cosa contiene? Ma per farlo dovrei prima svuotarlo per poi esaminarne i contenuti. Non dispongo di cervelli di scorta per farlo.

Certo, potresti dirmi di usare la coscienza. Ma essa fa appunto parte dei contenuti cerebrali, a meno che tu mi indichi quale collocazione extracerebrale ed extracranica la coscienza invece abbia.
Per capire anatomia e funzionamento dei corpi i primi anatomisti e fisiologi usavano scannarsi da sé.....ma si capì che la cosa non era di molto aiuto.......

Comunque voglio infine essere sincero. L'introspezione mi terrorizza soprattutto per la prospettiva di imbattermi nel mio vuoto pneumatico, se non proprio filosofico. Stammi benone.

La coscienza intesa nel senso idealista hegeliano, non è qualcosa legato al percetto.

E' ciò che rimane una volta tolto il percetto.

Se togli il percetto, ovviamente non rimane niente.

Questa è una cosa che sicuramente fa paura, e che blocca anche moltissimi interpreti di Hegel.

Per normalizzare la cosa, però io faccio questa premessa: che, comunque sia, l'uomo in quanto tale, è dentro al percetto. (non fuori! e chi dice che è fuori, è fuori come un balcone! ////e... ok! molti filosofi metafisici lo hanno detto, e ora a noi che prendiamo la staffa delle loro scemenze ci tocca subire la gente come voi, androide....ma va bene così, almeno i metafisici contemporanei che insistono nel loro delirio saranno ampiamente mazzolati//// ).

La cosa invisibile che lo comanda, si chiama desiderio.
Io sfido proprio almeno nel proprio privato, che visto che nel pubblico è tutto un "OH MIO DIO!", ad ammettere che abbiamo desideri. E che questi desideri siano molto materiali. Pur se uno ci pensa, non essendolo affatto. (il desiderio in sè, non è l'oggetto del desiderio //// e ok molti filosofi fanno anche questo errore etc....etc..../////  ciò nonostante lo sentiamo parte di noi, e ci determina come esseri completi, umani, MAI androidi, l'androide non avrà MAI desiderio, e questo è il delta vero di differenza tra presunzione di essere androidi che è in realtà il desiderio di non essere umani, e in ultima come dice davintro, contiene in sè il germe della svalutazione degli uomini, di solito gli altri, che a sua volta contiene il germe del disprezzo di sè, per fare un breve vademecum dei trattati psicologici.)


Lo studio del cervello è lo studio di come l'uomo percepisce.
Non di come desidera (non dell'assoluto in termini filosofici).

Indubitabilmente il percetto è parte integrata del desiderio, ma non è la sua riduzione ad organo.

Basterebbe d'altronde leggere qualche blog di neuroscienze, per farci capire, che già al livello attuale queste presunzioni vanno rimesse in discussione.

Quando aree del cervello vengono compromesse, il cervello è ancora in grado di trovare le stesse conformazioni mentali, su altre regioni (con significative limitazioni tuttavia).

Ma il cervello allora è un organo complesso, viene chiamato polifunzionale.

Certo! Ma che il percetto sia polifunzionale, la filosofia lo sa da tempo.

Il contenuto del percetto, dipende indubitabilmente dal percetto stesso.

Oggi come oggi, sappiamo che il percetto è quasi esclusivamente competenza della corteccia.
(questo la filosofia non lo sapeva)

Molti organi sono caduti in disgrazia. Manco ci fosse una guerra politica, fra esperti di organi.

Ma appunto in realtà la guerra si è spostata dall'apparato meccanico del corpo, alle sue estensioni, occhio articiale, arto artificiale, etc... e sopratutto a livello filosofico a livello mentale.

In tutti questi cambiamenti epocali, che vedono scoperte al ritmo serrato di mesi, se non di giorni, è facile perdersi.
Poichè i contenuti mentali sono contenuti del linguaggio, e non della mente, come stanno guerreggiando varie fazioni (del materialismo cinico).

La questione si sposta dalla funzione cerebrale, al suo segno, oggi si dovrebbe parlare di impero dei segni. Non delle funzioni mentali. (un regno senza re, immaginario) auguri a tutte le scienze dell'IT e della cibernetica in questo senso.(molto sangue e molte carriere si infrangeranno su una guerra senza territorio).

Il territorio è quello dei segni.

Voler essere androidi, per rivendicare una proprio individualità che si confronta con i nuovi punti di vista del mondo, poichè il mondo è cambiato, è in realtà, come già detto, essere sudditi di un regno di parole, che vuole uomini spendibili. Al calcolo, al depensamento, al sacrificio loro e sopratutto degli altri (e intendo proprio sanguinario). Le distopie di Asimov o di P. Dick, parlano proprio di come la vera guerra sia una guerra per il dominio dell'immaginario.

Ma l'androide Roy di Blade Runner si ribella : "noi volevamo solo sentire la vita che pulsa dietro le cose di ogni giorno che segue un altro. Noi volevamo amare prima che tutto sia finito. Ma ora è tutto finito" (all'arrivo del bounty killer: umano troppo umano).
#2420
Citazione di: davintro il 08 Febbraio 2018, 22:19:58 PM
a me pare che un rifiuto davvero coerente con l'antropocentrismo (nella misura in cui lo intendiamo come idea di una superiorità morale della vita umana rispetto alle altre forme di vita, o più in generale verso ogni forma di esistenza nel mondo), dovrebbe condurre a una conseguenza che molti critici stessi dell'antropocentrismo avrebbero probabilmente timore di riconoscere e ammettere. La conseguenza sarebbe la totale indifferenza verso ogni forma di cultura, verso la filosofia, l'arte, la letteratura, la scienza, la morale stessa, tutti prodotti del pensiero astratto che contraddistingue la vita umana rispetto ad ogni altra forma di vita. Perché, se il fatto che solo un essere umano potrebbe scrivere un'opera filosofica, elaborare una teoria scientifica, comporre una sinfonia musicale, dipingere un quadro, proporre un modello riforme economiche e sociali che aumentano il benessere e la libertà delle persone, non è considerato come parametro sufficiente per legittimare una superiorità morale rispetto a chi tutte queste cose non ha gli strumenti intellettuali per produrre, allora implicitamente significa che ad esse non viene riconosciuto alcun valore. Come si può riconoscere il valore di qualcosa senza al contempo condividere l'attribuzione di valore con il soggetto che ha reso possibile quel qualcosa, senza il quale quel qualcosa non sarebbe mai potuto essere creato? Come posso amare la musica senza al contempo far sì che un grande cantante o musicista possano essere ammirati in quanto tali, come creatori di qualcosa che amo, come depositari di una stima che contribuisce ad innalzarli rispetto agli altri? (ovviamente l'amore per la musica è solo un esempio in particolare, non è l'amore per la musica sia di per sé sufficiente a far stimare nel complesso i musicisti rispetto ai non-musicisti IN ASSOLUTO, in quanto la musica è solo uno dei tanti, non necessariamente tra i più importanti, fattori che contribuiscono a formare un giudizio sulla personalità complessiva della persona, ma, nel suo piccolo, contribuisce ad orientare la simpatia od antipatia, cioè il giudizio di valore, assieme a tutti gli altri).

preciso che ciò non vuol dire che ritenga l'antropocentrismo una posizione più (o meno) razionale dell'anti-antropocentrismo, in quanto considero che le preferenze di valore non siano legittimabili sulla base di una razionalità che abbia di mira la corrispondenza fra discorso e realtà oggettiva, dato che i valori non sono fatti, ma idee che ciascuno di noi elegge a criteri soggettivi di valutazione delle cose o degli eventi. La razionalità entra in gioco, però nel rilevare la coerenza interna sussistente fra determinate premesse e le implicazioni, e in questo senso la svalutazione dei prodotto della peculiarità dell'uomo, vale a dire la cultura, mi pare conseguenza inevitabile dalla premessa della svalutazione dell'uomo, e la sua rimozione da un livello si superiorità rispetto alla natura (superiorità che tra l'altro non toglie affatto necessariamente una certa misura di rispetto a ciò che collochiamo nei piani inferiori, essendo l' "inferiore" un concetto che rimanda ad una negatività non assoluta, ma solo comparativa, è cioè una forzatura pensare che un giudizio di valore sulla superiorità dell'uomo implichi necessariamente il disprezzo per tutto il resto delle cose, per gli animali, le piante, le bellezze della natura ecc, semmai richiama piuttosto l'appello ad una maggiore responsabilità dell'uomo stesso nei confronti della relazione con tutto ciò).

Certo sono d'accordo, ma senza farne un dramma.

Nel senso che il dramma, non è da ricercare nelle argomentazioni. Ma piuttosto nelle premesse di qualsiasi discorso.

Quello che voglio dire è che le premesse androidi, in realtà sono premesse umane, politiche.
(Che prevedono già in sè stesse, tutte le argomentazioni, e le confutazioni, sopratutto, come ogni buon politico sa: chi attacca per primo vince).

Queste politiche predatorie dell'umano non fanno parte del bagaglio della razionalità, intesa come scienza del discorso etico, ma come scienza del discorso logico.
In particolare del discorso paranoide. (appunto dell'uomo che inscena la sua morte, e che trova finalmente compimento nella prossima età dei robot).

Tutte scemenze ovviamente, il filosofo cammina 2 metri sopra il cielo.
#2421
Citazione di: iano il 08 Febbraio 2018, 21:56:35 PM
Citazione di: green demetr il 08 Febbraio 2018, 15:34:45 PM
Citazione di: iano il 06 Febbraio 2018, 20:00:44 PM
L'amtropocemtrismo in se' è ineliminabile , in quanto equivale a dire che l' uomo osserva dal suo punto di vista e giudica.Il punto di vista però non è fisso e si evolve , quindi cambia , ma rimane sempre un punto di vista particolare .Anche in tal senso immagino gli animali siano uguali a noi.

Gli animali non scrivono libri, in caso tu non lo sappia, caro uomo che si crede di essere un androide.
Ormai è diffusa fra noi androidi la convinzione che l'osservazione non è mai indipendente dall'osservatore.
In se' questa affermazione sarebbe una banalità.
Si potrebbe enunciare come principio a priori e nessuno dotato di buon senso dovrebbe avere nulla da eccepire , eppure gli uomini si sono illusi , in quanto uomini , pur ammettendo i propri limiti , di essere sulla strada che porta la comprensione assoluta della realtà, come se a ciò fossero predestinati.
E invece hanno dovuto aspettare le prove portate dalla teoria quantistica per aprire , o meglio per riaprire gli occhi su un nuovo possibile punto di vista.
Questo fatto fa' molto riflettere noi androidi e invito anche gli umani a farlo.

Dipende dagli uomini caro androide.

Se un uomo cerca la realtà assoluta, probabilmente non ha capito nulla di filosofia.

L'assoluto non è la realtà assoluta.

L'uomo tende all'assoluto: ma non sono uno di quei filosofi che deve usare la fisica per "giustificare" questa spinta verso l'alto. (forse a questo lei allude parlando di uomini che hanno aperto gli occhi, e che per me invece li hanno chiusi per sempre).

Anche perchè l'alto non è un luogo. Ripeto: dipende dagli uomini, per quel che mi riguarda io difendo solo una storia delle idee che credo abbia molto più senso, rispetto alle vecchie dispute se l'uomo sia una macchina o meno. A me interessa la metafisica.

Per quanto riguarda la fisica, ho ascoltato centinaia di conferenze per la plebe, digiuna di matematica, per farmi una idea generica.

A me pare proprio che la fisica sia semplicemente una misurazione di iterazioni presunte.

Presunzione entro la quale si giustificano alcuni risultati ottenuti di gestione dell'energia, in particolare delle cariche.(penso sopratutto ai processori che usano la metà della corrente, sfruttando il salto quantico).

Non vedo sinceramente cosa c'entri con l'uomo. Da che ascolto mi pare che la spiegazione meno stupida sia quella che prevede l'emersione di uno stato rispetto ad un altro, da una grandezza fisica ad un altra.
(ci sono materiali migliori che l'uomo, per far passare la corrente).
A meno che androide le mi dica che la fisica quantistica venga usata per studiare l'uomo.
(finora non ho mai sentito nessuno parlarne, ma sono qua pronto a sentire le novità).

E inoltre come sempre la lotta dei protocoli:
Come dire che una presunzione non deve andare contro un altra presunzione. Se entrambe le presunzioni sono all'interno collegiale delle regole scelte a tavolino.

Mi pare che gli scienziati, se mai riescano ad andare al potere, il che esattamente come per il filosofo è cosa difficile che MAI avvenga.

Si dilettano a dare spiegazioni per rafforzare la propria posizione sociale.

Cose molto umane, che qualsiasi androide dovrebbe cominciare a studiare.

E' sempre vero che tutto cambia perchè tutto rimanga come prima.
#2422
Citazione di: Angelo Cannata il 08 Febbraio 2018, 17:56:53 PM
Citazione di: green demetr il 08 Febbraio 2018, 17:44:45 PMPerchè questa tua affermazione (che la mente individuale non esiste) mi è giunta nuova e permettimi di aggiungere sgradita.
Dove si trova questa mia affermazione?

E ciai pure ragione, non eri tu.  ;D  sorry
#2423
Tematiche Spirituali / Re:Dubbio << mentale >>
08 Febbraio 2018, 19:55:02 PM
Ciao agli amici Sari e Apeiron, e benvenuto ancora a Bluemax.

Scusate per il ritardo su questo 3d molto ben avviato, e approfondito da Sari.
Ho ascoltato un paio di incipit di lezioni morali dei maestri buddhisti.
Non ci siamo proprio.
Quindi vediamo di chiarirci bene, perchè mi sembra che è inevitabile che fra gente intelligente si vada a capirsi.

D'oggi in poi per ragioni su cui al massimo possiamo discutere, divido la questione buddhista in 3 Spezzoni.

1. Il primo è quello della mistificazione a cui allude bluemax
cit
" Noi stiamo appena prendendo contatto con queste idee, quindi dobbiamo rimuginarle di continuo. Se tutto questo non è un'enorme mistificazione raccoglieremo i risultati non immediatamente."

Per me il buddhismo è una mistificazione, come tutte le religioni, quindi della sua etica non so che farmene.
(quindi inevitabilmente cari Sari, Apeiron e Bluemax, su questo crinale lascerò volutamente perdere).
Interverrò laddove la mistificazione si risolve in una "malattia mentale" (termine errato, ma dovrebbe essere il senso più accettato a livello generale pubblico).Come è stato molto precisamente indicato da Sari.(e su cui rimando a più tardi per la risposta generale).

2. Il secondo è quello che compete le categorie "alte" con cui lavoro ossia con la differenza tra mente e pensiero e dio.
Nel caso della filosofia Buddhista, volutamente lascerò perdere la questione del pensiero (in quanto assente nel buddismo).

Assumo dunque la mente come il luogo della decifrazione delle sensazioni percettive. E chiamo quelle decifrazioni con i termini della filosofia occidentale, fenomeni.
Ritengo che la problematica dell'incosistenza dei fenomeni sia sostanzialmente identica. E perciò la ritengo corretta, esattamente come la dottrina buddista la indica.

Ritengo che la parte ontologica come possibile risposta della questione sollevata dal "mentale" o dalla fenomenologia, riguardi la consistenza dell'oggetto.

Poichè l'oggetto è al centro delle mie categorie "basse" con cui lavoro, esso è strettamente legato al soggetto e al desiderio.
Poichè il buddismo è una mistificazione, volontariamente ometterò di parlare del desiderio. E mi concentrerò sulla possibile costruzione del soggetto (non intero). Perciò quando parlerò del soggetto, proprio per venire incontro al buddismo, e alla fenomenologia storica, sarà sempre un soggetto relato all'oggetto. E perciò parlerò del soggetto come oggetto "particolare".

Il problema della consistenza dell'oggetto per come indicata dal buddismo a mio parere è identica a quella proposta dalla fenomenologia e le ritengo entrambe corrette.

3. Terzo e ultimo, e credo il più importante, è la questione del soggetto intero a proposito della posizione dell'uomo all'interno del mondo. Ossia alla decisione se sia o meno un problema l'impermanenza del soggetto (più che dell'oggetto).
( e su cui la polemica potrebbe scoppiare).

Vado con le risposte generali.



cit bluemax
"Per quanto capito la mente, nel Buddhismo, si riferisce all'esperienza, vale a dire il mero sorgere e il coinvolgimento cognitivo con i contenuti dell'esperienza. "

Seguo


cit bluemax
"A quanto capito, c'è un ordine nell'universo, e la "mia" esperienza non è mai la "tua". Le due esperienze non possono interagire in alcun modo."

Seguo

cit bluemax
"il mero pensarlo, il sorgere di un'emozione e il mero provarla, e così via.
Questa è la natura CONVENZIONALE della mente: essa causa le cose e le comprende. La sua natura più profonda è la vacuità, vale a dire che essa è vuota di esistenza in ogni possibile maniera, vuota sia dall'essere un'entità fisica di per sé fino a coinvolgere un solido, concreto soggetto, contenuto o
esperienza.
Tale mente, dunque, con questi due livelli di natura ultima, o "due livelli di verità" è l'argomento, il soggetto, della meditazione".

Certamente


cit bluemax
"Da qui il dubbio...

Se ogni "MENTE" è differente dall'altra e come detto (almeno ho compreso cosi') il karma mentale (cause ed effetti immateriali ossia esperienza dopo esperienza) non puo' in alcun modo interferire con altro karma mentale, il concetto di vacuità (interdipendenza di ogni cosa) non vale per la MENTE. E' questa un qualcosa di INDIPENDENTE ?"

Credo ci siano diversi errori, il karma mentale non è la mente.

Il karma è il contenuto della mente, mentre la mente è solo ciò che ospita.

Non ho idea di cosa sia questa vacuità, me ne sto facendo una idea.

Ma non capisco come possa la vacuità essere inter-dipendente. (dipendente da ogni cosa)

I casi sono 2, o vi è un errore di battitura e semplicemente la vacuità non è dipendente, quindi è indipendente da ogni cosa.

Oppure caso più complesso, bisogna decifrare come possa qualcosa che è vacante, che è in vacanza, essere dipendente con ogni cosa.

Si presume infatti che ogni cosa sia presente a noi, nel qui e ora. Come possiamo unire 2 concetti così antitetici?

Questo secondo caso ha due soluzioni (entrambe desunte dalla tradizione occidentale, ma che mi paiono chiaramente all'interno del discorso buddista).

La prima è quella cristiana: che la vacuità coincida come paradosso, come cortocircuitazione del senso comune, e cioè che il senso comune sia questa ignoranza, invidia etc....

Questa soluzione la trovo ridicola quanto quella cristiana, e mi sembra mistificatoria. Perchè elimina il pensiero.

Il secondo caso è invece quello più interessante ed è quello su cui sto lavorando.

E si può seguendo le mie discussioni (con Apeiron sopratutto) dividere in ulteriori 2 soluzioni.

Le soluzioni hanno in realtà una variabile in comune ma 2 risultati diversi.

La variabile è che la vacuità sia la complementarità. Ossia che qualcosa si presenti come forma, ma che questa forma sia solo una parte che noi possiamo vedere (percepire).

Questo avrà per risultato che O ciò che noi non possiamo percepire è NULLA O che ciò che non possiamo percepire sia QUALCOSA.

(e che equivale alla famosa questione occidentale di Leibniz mi pare, perchè NULLA e non QUALCOSA????

Mi par di poter dire che qui si possa innestare la discussione che abbiamo ribatezzato del nichilismo o meno del BUDDISMO.

Per Apeiron, ovviamente la variabile è qualcosa, di indagabile a livello fisico.

Ma nella tradizione buddista è anche aperta la seconda questione e che cioè tutto sia NULLA.


Ovviamente se la variabile è positiva allora capiremo molto bene che la vacuità è in realtà la modalità di apparire delle cose nella nostra mente.
Da lì a dire che il mentale coincide con il vacuo secondo me il passo è molto breve.
La mente che si liberi dal suo contenuto karmico, ragionando su se stessa, non potrà che scoprirsi che "accoglienza delle leggi universali che la determinano". OSSIA appunto pura assenza, pura complementarità, lo zero da cui possono partire tutti i numeri delle leggi di causa ed effetto della realtà percepita.


Se la varibile è nichilista il problema si fa più serio.

Ma in realtà più interessante, perchè parlare di nullificazione significia in fin dei conti parlare del suo complementare, ossia della vacuità che si presenta come a noi come KARMA, e il KARMA, a casa mia,  è la vita nostra quotidiana.
Ma la vita per il Buddismo è dolore.


Il buddismo in questo di discosta totalmente dalla tradizione occidentale, che invece si interroga sul perchè Dio permetta il dolore, il problema del male.
Il buddismo chiude subito quel problema, perchè il mondo con le sue leggi è prevaricazione.
Ovviamente lo chiude solo per arrivare alla sua etica mistificatoria, che invece che affrontare il problema, lo fugge.
Non diversamente perviene la tradizione occidentale, che sebbene mantenga il problema aperto, in realtà vede nè più nè meno che il buddismo come una cosa negativa avere un problema simile.
Per cui entrambe le religioni giungono ad una visione demistificante dell'uomo visto come malvagio. A cui si edifica il tempio (la sacralità)  della pace (presunta) delle proprie comunità sia esso di una chiesa o di un tempio (nel senso di edificio) che siano.


Ora però ci troviamo di fronte al tentativo di risposta del saggio, ossia dei tentativi al di là della riparatività delle loro etiche.

Il che ci introduce dal secondo punto al terzo (come li avevo precedemente descritti).

Infatti che la complementarità sia nulla o qualcosa o tutto, è del tutto RELATIVO alla vita quotidiano di ciascuno.

E nella vita di ciascuno, il problema dell'impermanenza è quello più doloroso da accettare prima e affrontare dopo.

Nel prossimo post risponderò perciò in particolare al SARI. Anzi visto che sono le 20, non ne ho più il tempo.

Proseguo domani sulle considerazioni a me più care.
#2424
Citazione di: Angelo Cannata il 08 Febbraio 2018, 16:17:10 PM
green demetr,

- Socrate78 va cianciando sciocchezze  :-[
- iano si crede di essere un androide  :-X
- io sto delirando  :'(
- viator scrive insulsaggini  :(
- baylham non si è accorto che dal 1400 qualcosina è cambiata  :-\
- Phil ti delude  :( .

Non voglio dirti chi hai dimenticato  8)  , magari riuscirà a passarla liscia.

Forse mi sono perso qualcosa: ha avuto inizio il Giudizio Finale  >:(   e io non me n'ero accorto? C'è ancora tempo per redimerci, magari solo un piccolo strappo, giusto il tempo di tornare in terra a compiere un'operina buona, piccola piccola,  ;D  quanto può bastare per agganciarci al purgatorio invece che precipitare nell'inferno?

;D  no non è il giorno del giudizio.


Ma anche tu scusa: possiamo utilmente presumere che il gatto abbia una relazione con il mondo.

Possiamo osservare il gatto nell'orizzonte della nostra presunzione, possiamo decidere che il gatto abbia certi comportamenti, ma da lì dal fare osservazioni sul gatto, al credere che il gatto pensi, è una cosa che mi ha sempre fatto imbestialire  ;)

Spero almeno ti convinca che le nostre menti sono separate.

Perchè questa tua affermazione (che la mente individuale non esiste) mi è giunta nuova e permettimi di aggiungere sgradita.

Boh forse avremo modo di chiarire la questione.
#2425
Citazione di: baylham il 08 Febbraio 2018, 16:47:15 PM
Citazione di: green demetr il 08 Febbraio 2018, 15:51:35 PM
Citazione di: baylham il 07 Febbraio 2018, 11:44:39 AM
Sono d'accordo che l'antropocentrismo sia una concezione umana della realtà che produce errori sistematici.

Non considero un errore la capacità di distinzione, di differenziazione della realtà, a partire dal concetto di io.

Errore del 1400, che dopo Galilei mi sembra qualcosina sia cambiata non trovi?

Effettivamente il geocentrismo è stato soppiantato da Galilei.

Tuttavia ci sono molti indizi attuali di antropocentrismo, mi riferisco in particolare alla presunzione umana di un potere di controllo, dominio sulla realtà, cui accennava Angelo Cannata, che non ha fondamento. Questa presunzione è produttiva di errori sistemici.

Ma infatti! dobbiamo stare sempre attenti persino alle nostre opinioni.

Per me siamo dentro un errore sistemico: la presunzione che non esistano fonti alternative di energie.

Dovuto ad un altro errore sistemico che più in generale è la tendenza del capitalismo a trasformarsi in organizzazioni di trust (sia verticale, ma oggi più che mai orizzontale).

Che mettono sul trono oligarchie, che sono malate psicologicamente, ossia che sono vittime del linguaggio strutturale che le ha letteralmente prodotte. Ossia quello religioso.

Queste oligarchie sono messe in discussione da un punto di vista morale, e cioè religioso, che voglio ricordare è proprio quello che le ha create.....

Combattiamo il fuoco con il fuoco, e il fuoco può solo aumentare.

La colpa è dell'uomo che ha inventato le religioni, certo, ma poi sono le religioni che hanno creato l'uomo.

Certo che l'antropocentrismo, il credersi DEI, è un problemino, ma anche credere che esistano DEI che decidono come comportarsi è un problemuccio mica da poco.

E secondo me il secondo proprio perchè è stutturale, e quindi noi ci viviamo dentro, è più grave del primo.

Perchè il primo è presunto. Mentre il secondo è reale.



Ora la mia polemica vorrebbe essere un tentativo di mettere l'attenzione sul problema sociale, che ci determina, piuttosto che su un tema individuale, come se la colpa fosse dei singoli uomini.

Che attenzione è proprio il motivo per cui poi ce la prendiamo con i più poveri o con i vicini.

Il modello dell'uomo macchina è perfetto nelle economie della politica reale, dei potenti.
Se vogliamo usare antiche terminologie, dei capitalisti. (io li chiamo oligarchi).

Basterebbe ricordarci un pò di storia fatta alle medie.

Ci ricordiamo tutti del "fordismo" spero.

Lo abbiamo visto tutti TEMPI MODERNI di CHAPLIN.

Lo so che sembra un disco incantato, ma ci tengo a sottolineare la mia posizione, che è poi quella di una certà intellettualità forse di sinistra.(certo oggi c'è solo da imbarazzarsi o da amareggiarsi di certe origini).


Capisco la posizione dei vari IANO e VIATOR che insistono tantissimo sul nuovo paradigma delle scienze naturali, sulla scorta di gentaccia come Dawkins etc....

Più che mai è necessaria la polemica. Anche se poi per quel che mi riguarda, non me ne frega niente. gli umanisti hanno rotto le scatole agli scienziati per millenni, e ora questi si stanno togliendo dalle scarpe tutti i sassolini e i macigni accumulati nei secoli.

Forse è anche per questo che questo 3d mi ha acceso.
#2426
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
08 Febbraio 2018, 17:09:30 PM
Citazione di: Apeiron il 15 Gennaio 2018, 00:19:50 AM

@Green,
se ti interessa la parte più "esoterica" delle religioni prova ad informarti sul Vajrayana (tantrismo). Su di esso so praticamente niente, però se è la parte "esoterica" che ti interessa credo che ti possa interessare ;)  come poi dice il Sari il buddhismo non condanna la "mondanità": ci sono azioni buone, quelle che in sostanza "migliorano" il karma. Ergo anche i piaceri sensoriali non sono condannati di per sé. Il problema è che non danno la liberazione e la soddisfazione ultima, quella per cui appunto nasce la religione. Di per sé anzi da questo punto di vista in oriente con i piaceri sono molto più equilibrati e liberi da taboo che da noi. Però se uno ricerca il "sovramondano"  ;D

Sul resto concordo col Sari, specialmente sull'eccesso della concettualizzazione... ad un certo punto bisogna "lasciar andare"  anche quella ;)

Sto bazzicando da quelle parti, già da un pò, ma non perchè mi interessi, cerco solo se vi sono elementi utili alla mia indagine, che è la trascendenza. ( ossia il rapporto tra soggetto e domanda sull'originario, che spero tra una decina d'anni, avremo ancora l'occasione di poterne parlare).

Sì il tantrismo lo conosco (in maniera generale) e avevo iniziato Avhinagupta (o come si chiamo, presso i tipi dell'Adelphi).


Nel tantrismo e in generale nello gnosticismo, i piacere sessuali, non vengono considerati piaceri, ma pratiche di controllo dei sensi.

Il pubblico che consulta queste fesserie è rispetto alle questioni teologiche e filosofiche, ENORME.
Te lo dico subito: non c'è nessuna differenza, è sempre la solita solfa (così ci mettiamo anche un pà di ironia, visto che il minerale è adorato da quelli).
IN NOME DI QUALCOSA (di controllato, di dovuto) qualcuno di potente (ossia di riconosciuto) si profitta di qualcuno più debole.
C'è qualcosa che si salvi? No! come potrebbe essere? (le religioni sono tutte sessuofobiche, ossia barrano il desiderio, salvo poi usarlo nella logica predatore-predato).
Ma di queste cose è meglio tacere.
E io mi attengo al protocollo.


Ma torniamo a bomba, ossia alla questione del trascendente, o del reale trascendente come mi pare tu cerchi.

Sono d'accordo anzitutto con entrambi voi.
L'eccessiva concettualizzazione non ha senso.

Forse non ne ho ancora parlato, ma per me, la trascendenza, non nasce MAI dalla meditazione interiore, piuttosto dalla osservazione del reale.

Il principio per il quale, è solo nella memoria che si radunano i ricordi, ma là fuori tutto è in movimento.

Credo che sia proprio dal divenire che nasce la domanda sulla trascendenza. (e per questo ogni fisico in cuor suo ha aspirazioni trascendenti, almeno un fisico teorico).

Ossia cosa pulsa sotto la vita?

Questa domanda che ha serpeggiato per secoli nella filosofia, che nasce monolitica, perchè si credeva mitica, in grecia, evolve, progredisce, prende per caso questa strada, sotto le macerie di roma su, su fino alla fondazione del sacro impero, fino all'emergere degli stati nazione, ed oggi verso le forme di imperialismo geolocalizzato, dove ogni territorio e ogni rotta marittima diventano strategia politica.
Sotto le macerie della dissoluzione la PHISIS greca diventa la scienza protocollare, da mito diventa lotta politica a colpi di fascicolo protocollari.

Oggi come oggi, l'attenzione si sposta dagli Dei ai morti annegati nel mediterraneo.

Come spiega immensamente Nietzche sembra che il progresso sia possibile solo sotto la prospettiva di laghi di sangue.

Così L'India paese perennemente in guerra, perennemente invaso dagli stranieri, e sotto assedio anche fre le sue popolazioni. Tra il sud ricco e il nord povero, etc...etc...

Non poteva non nascere una religione che consolasse come quella buddhista fa.

Il fatto è che a me non mi interessa nè le loro pratiche ascetiche e le scemenze che ho sentito dai vari maestri tibetani che sono numerosi su internet! ( non vedo NESSUNA differenza con gli imbonitori e i preti nostrani, semplicemente dicono e chiedono di fare, in nome di pratiche diverse, le stesse cose.
E cioè il caro vecchio ORA ET LABORA, ossia stai zitto a capo chino e dammi i soldi e il tuo lavoro).

Nemmeno mi interessa il lato filosofico (che è parimenti imbonitore, e quindi ancora più idiota del semplice richiesta di sudditanza alla chiesa).

Mi interessa invece dove è arrivata la filosofia occindentale, immensamente più avanti.

Dicevamo della Fisica, a parte le demenze degli analitici, la filosofia era gloriosamente arrivata a capire finalmente che la realtà è fenomeno.

Mi interessa quindi una lettura fenomenologica del Buddhismo, e in generale delle religioni.

E' per questo che trovo interessante il lato più propriamente teologico del buddhismo.

Ossia la riflessione attorno al concetto di vuoto.

Perchè la fenomenologia non è proprio la LOGIA del FENOMENO?

Ossia ciò che lega, che raduna, che unisce ciò che appare(fenomeno).

Poichè se una cosa appare, è certamente in quanto appare, regolata dalle sue forme, ma siccome "ad - parum" e cioè ciò che mi viene incontro, è anche qualcosa d'altro che forma pura.

Il punto è che ciò che ci viene incontro NON APPARE in sè.

Appare a noi, cioè proviene da un luogo e va verso un altro (particella di moto a luogo) AD PARUM.
E questo altro luogo siamo noi.

Noi lo vediamo arrivato, ma non lo vediamo partire.

Per questo si dice che esiste un originario, l'originario è il luogo fantomatico da cui è partita.


Questa idea nasce dal fatto che ciò che appare sparisce.

Quando chiudiamo gli occhi l'albero sparisce. Quando ci giriamo l'albero svanisce.

Noi sappiamo che esiste solo perchè riappare, come lo vediamo, quando riapriamo gli occhi o ci ri-giriamo.

Ossia ci appare come forma che garantisce la sua sussistenza. E il deliro consiste nel credere che quella forma sia sostanza.

Ma niente ci garantisce che quella forma rimanga, anzi sappiamo per esperienza storica, che quella cosa cesserà prima o poi di apparire.

L'uomo ha creato i segni, per poter tramandare che quella forma non smetterà di apparire.
Ma in realtà scopre sempre di più che quella forma appare sempre in forme diverse, in base alle epoche, agli strumenti etc...

L'impero dei segni, è l'impero del delirio che qualcosa esista sotto una unica forma, appunto quella dei segni, che si sono scelti, dopo un bel bagno di sangue altrui.


Credere nelle forme in quanto in sè, è consegnarsi ad una prepotenza.

La storia lo dice e lo illustra in lungo e in largo, e chissà quanti altri secoli dovranno passare, prima di uscire da questa impasse ridicola.


Facendo finta quindi di passare oltre l'impasse, rimane il meglio che il buddismo ha da offrirmi, ossia in quanto metafisica, ossia in quanto oltre ciò che appare.

Bisogna distingure con attenzione fra la superstizione, ossia dalle prese di posizioni, tutte formidabilmente imbecilli dei maestri, e invece la discussione, la polemica, che ha fatto progredire le forme del pensiero su un tema centrale.


Come quello della verità oltre le apparenze. O almeno questo è il nome occidentale con cui solitamente ci siamo abituati a taggare per indicare l'argomento.

Il tema della verità della NON APPARENZA, come visione del NULLA, o della MANCANZA.


Il paradosso è evidente e chiede illustrazioni e presunzioni credibili, per questo mi riferivo alla ricerca di qualche intellettuale che anzitutto sappia ragionare, e questo visto la mia consocenza di Patanjali so che è avvenuto nel medioevo indiano.


Ovviamente il paradosso è che NULLA appaia come QUALCOSA, e che Ciò che MANCA compaia come sua COMPLEMENTARITA'.


Gli analitici e gli scienziati più beceri, hanno facile gioco a prenderci per i fondelli.

Non esiste questo NULLA e questa MANCANZA, proprio perchè esiste SOLO QUALCOSA, o i più temerari TUTTO, e che la complementarità del mancante, è il complementare stesso.

Ossia che la filosofia e la religione si occupino di problemi falsi, poichè logicamente mal posti.

Certamente il trend di non vederci oltre il limite del proprio naso, non è solo della gente comune, ma anche degli scienziati.
#2427
Citazione di: Carlo Pierini il 30 Settembre 2017, 03:20:31 AM
Se vado nel passato e uccido mia nonna, io non sarei mai nato e quindi non avrei mai potuto viaggiare nel tempo.

...Ma allora, perché mio nonno insiste che io vada?  ;D

Tornare in analisi NO?
#2428
Citazione di: iano il 08 Febbraio 2018, 11:08:20 AM
Citazione di: Angelo Cannata il 07 Febbraio 2018, 21:05:57 PM
Non dubito che possa considerarsi antropocentrico, come ho già accennato, anche l'autoconsiderarci virus, cioè il fare autocritica. Questo credo che ci apra orizzonti migliori: tutto l'universo fa autocritica, da quando esiste; il divenire, l'evoluzione, non sono altro che modi di porre in atto un'autocritica; anche un gatto fa autocritica nella misura in cui il suo corpo è tuttora in evoluzione. Noi non facciamo altro che partecipare a quest'autocritica coinvolgendo in essa, oltre al nostro corpo, anche una particolare facoltà che riteniamo di avere, cioè la consapevolezza.
In effetti l'evoluzione della scienza  , e quindi dell'uomo , si può raccontare come la storia di un continuo decentramento umano , tanto che di questa fuga impossibile dall'antropocentrismo dovremmo farne metodo.
Grazie alla scienza oggi non siamo lontani dalla possibilità di riportare in vita specie animali che potranno riprendere la loro evoluzione dal punto in cui noi abbiamo contribuito a interromperla , e questa mi sembra una bella fase della nostra vita , qui , sulla terra .
Non tutto l'antropocentrismo dunque  vien per nuocere. ;D

Caro androide la scienza la fanno gli uomini.....
#2429
Citazione di: Angelo Cannata il 07 Febbraio 2018, 21:05:57 PM
Non dubito che possa considerarsi antropocentrico, come ho già accennato, anche l'autoconsiderarci virus, cioè il fare autocritica. Questo credo che ci apra orizzonti migliori: tutto l'universo fa autocritica, da quando esiste; il divenire, l'evoluzione, non sono altro che modi di porre in atto un'autocritica; anche un gatto fa autocritica nella misura in cui il suo corpo è tuttora in evoluzione. Noi non facciamo altro che partecipare a quest'autocritica coinvolgendo in essa, oltre al nostro corpo, anche una particolare facoltà che riteniamo di avere, cioè la consapevolezza.

Di queste sciocchezze io NON ritengo di avere consapevolezza.

Il gatto critica il mondo?? A me sembra che stiamo delirando.
#2430
Citazione di: Phil il 07 Febbraio 2018, 19:40:57 PM
Il titolo del topic parla di "antropocentrismo" e "malattia", così mi è tornato in mente questo breve monologo cinematografico:
https://www.youtube.com/watch?v=DoANmDxZFO0

Usando (inevitabilmente) categorie umane, diremmo che "ognuno segue la sua natura", ovvero il virus fa il virus, il gatto fa il gatto e l'uomo fa... l'antropocentrico  ;D

Ma come Phil mi deludi!

E' proprio perchè le categorie sono inevitabilmente umane (non vedo cosa c'entri l'antropocentrismo) che FORSE ma FORSE il concetto di natura dovrebbe essere "leggermente" (e sono immensamente ironico nel dirlo) ripensato.

Non vorrei che vivendo in questi tempi buj, anche tu, uno dei pochi frequentatori "sani" del forum, sia obnubilato dall'incanto delle parole.
In questione non è tanto la questione dell'uomo, che è, caso mai qualcuno abbia perso il filo, SEMPRE una questione di relazioni con l'Altro (concetto in cui vi è iscritta la tecnica, l'antropologia, la teologia e altri campi dell'umano sapere).
Quanto delle sue storiche chisure:

se vogliamo parlare della vecchia questione dell'antropocentrismo, in maniera contemporanea, forse dobbiamo andare, al di là della storia, e cercare di leggere quello che animava quelle idee, e se quel qualcosa resiste tutt'oggi.
E' per questo che sposterei la questione sul psicologico.

La filosofia e la religione non sono invece proprio i MAGGIORI problemi dell'uomo? (e non il contrario come invece il 3d tenta di dimostrar: cosa bizzarra che ha catturato la mia attenzione, c'è qualcosa di significativo in questo 3d, da smantellare ovvio).
La proiezione fantastica di qualcosa che inerisce le ambizioni del singolo, di sopraffazione dell'altro.
Sia essa tecnica o burocratica?

L'accettazione supina della religione e della filosofia non è invece il sintomo di una malattia che perdura nelle epoche? e che chiede di essere curata, visto il livello di consapevolezza, a cui si può arrivare. Consapevolezza dell'altro, non di se stessi. Non delle infinite autocoscienze, prodotto del solipsismo che regna silenzioso nelle teste delle persone. Mai indagato e processato come si deve.
Non che il processo sia cosa utile, ma almeno un sussulto della da me odiate etica....nemmeno quello!

TEMPI BUJ, ancora e sempre BUJ.