Schivando la domanda, duplice, fondante ma abissale, su cosa si intenda per "arte" e "scienza", metterei a fuoco i due ambiti così: la scienza spiega fatti, mentre l'arte dispiega senso (ed entrambe impiegano una loro tecnica); la prima studia e conosce, la seconda rappresenta e comunica; l'una si adopera, l'altra è opera... o, semplificando, la differenza sta nello statuto della "falsificazione": per la scienza, significa una teoria-ipotesi smentita o un paradigma superato, mentre per l'arte si tratta di una riproduzione spuria dell'irriproducibile gesto originale (e qui il discorso arriva al bivio con il tema dell'avvento del digitale-virtuale come sublimazione-distillazione del senso a discapito del medium che veicola il prodotto artistico; "prodotto", sia in senso poietico che in senso economico...).
Mi ricollego volentieri a questa distinzione:
per considerare come anche il comun denominatore della utilità, rispecchi l'essenziale divergenza: l'utile della scienza è fattuale-applicativo (o teoricamente operativo, come per la fisica), l'utile dell'arte è edonistico-economico (arte che, se intesa visivamente, ma è bene ricordare che questa è solo una delle sue declinazioni, è sempre meno raffigurativa e sempre più "Rorschach": la sua essenza è ancora "il bello"? L'idea di "bello" è solo un abbellimento per quella di "arte"? L'arte si può emancipare dal "bello"?). Parimenti, la ricerca-sperimentazione scientifica ha finalità operative-gnoseologiche, mentre quella dell'arte è "ricerca" solo, squisitamente, in senso metaforico (e, eloquentemente, un ricercatore scientifico può essere sostiuito senza dover reimpostare il progetto di ricerca, mentre la ricerca estetica è ineludibilmente individuale e indelegabile).
Meriterebbero approfondimenti anche :
- la "nuova" forma di arte (o, almeno di arte postmoderna) delle performance, solitamente tipiche della musica, ma attualmente anche contaminate dalle arti visive (sottotitolo: "oltre l'installazione"; parodia: i "flash mob"), in cui l'arte si mostra accadendo, rifugiandosi dalla possibilità del falso e del furto nell'immanenza passeggera dell'evento (con le ben note conseguenze filosofico-commerciali)
- la "vecchia" forma di arte orientale di influenza taoista-buddista, in cui l'artista non è sempre il "genio ribelle" o il "visionario innovatore", ma spesso colui che segue una "via", parola su cui non basterebbe una tesi ad indagarne le poliedriche implicazioni (l'arte della calligrafia, l'arte dei giardini zen, etc...).
P.s. La tecnologia, in quanto "tecnica strumentale", credo sia su un altro piano, estremamente pertinente, rispetto ai due poli del dibattito: non la vedo "paggetto" della Scienza più di quanto non lo sia, soprattutto attualmente, delle Arti (il plurale è ormai d'obbligo...).
Mi ricollego volentieri a questa distinzione:
Citazione di: maral il 15 Maggio 2016, 20:10:31 PM[...] direi più che altro che si tratta di una separazione che è venuta sempre più accentuandosi fino alla caricatura tra ricerca estetica e utilità tecnica, per cui l'arte è diventata puro ornamento e la scienza si è finalizzata al puro progetto tecnico funzionale. Per fortuna non sempre è così [...]
per considerare come anche il comun denominatore della utilità, rispecchi l'essenziale divergenza: l'utile della scienza è fattuale-applicativo (o teoricamente operativo, come per la fisica), l'utile dell'arte è edonistico-economico (arte che, se intesa visivamente, ma è bene ricordare che questa è solo una delle sue declinazioni, è sempre meno raffigurativa e sempre più "Rorschach": la sua essenza è ancora "il bello"? L'idea di "bello" è solo un abbellimento per quella di "arte"? L'arte si può emancipare dal "bello"?). Parimenti, la ricerca-sperimentazione scientifica ha finalità operative-gnoseologiche, mentre quella dell'arte è "ricerca" solo, squisitamente, in senso metaforico (e, eloquentemente, un ricercatore scientifico può essere sostiuito senza dover reimpostare il progetto di ricerca, mentre la ricerca estetica è ineludibilmente individuale e indelegabile).
Meriterebbero approfondimenti anche :
- la "nuova" forma di arte (o, almeno di arte postmoderna) delle performance, solitamente tipiche della musica, ma attualmente anche contaminate dalle arti visive (sottotitolo: "oltre l'installazione"; parodia: i "flash mob"), in cui l'arte si mostra accadendo, rifugiandosi dalla possibilità del falso e del furto nell'immanenza passeggera dell'evento (con le ben note conseguenze filosofico-commerciali)
- la "vecchia" forma di arte orientale di influenza taoista-buddista, in cui l'artista non è sempre il "genio ribelle" o il "visionario innovatore", ma spesso colui che segue una "via", parola su cui non basterebbe una tesi ad indagarne le poliedriche implicazioni (l'arte della calligrafia, l'arte dei giardini zen, etc...).
P.s. La tecnologia, in quanto "tecnica strumentale", credo sia su un altro piano, estremamente pertinente, rispetto ai due poli del dibattito: non la vedo "paggetto" della Scienza più di quanto non lo sia, soprattutto attualmente, delle Arti (il plurale è ormai d'obbligo...).