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Messaggi - green demetr

#2461
Tematiche Filosofiche / Re:Anima, Spirito, Mente
07 Gennaio 2018, 15:46:59 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 07 Gennaio 2018, 15:04:45 PM
Citazione di: green demetr il 07 Gennaio 2018, 14:23:14 PMAscolta Angelo, la presunzione che esista una relazione con la verità, è l'esistenza stessa del soggetto.
Non assumere come fai tu che esista, tale relazione, indica che tu elimini il soggetto dalla tua analisi, il che poi ti fa finire inevitabilmente in affermazioni assolutamente non logiche, sul fondamento degli oggetti in quanto tali.
Ma chi è che gli dà fondamento? O anche nella tua prospettiva, che nega infatti ogni fondamento, chi ha deciso che esiste una relazione linguistica, semiotica,che indica quel fantomatico (in quanto per te mai raggiungibile veramente) oggetto?
Infatti la relazione, nella spiegazione che ho dato, è soggettiva.

Ma credo che anche Sari voleva dire che la sua è una opinione soggettiva.
Vera nel senso, che soggettivamente esperita come tale.

Diciamo che lui e io, suppongo, ma se vorrà specificherà lui, tentiamo del nostro meglio per descrivere la nostra esperienza, che non può che essere tale per noi stessi, ossia vera, e i problemi che derivano dal confronto delle verità con gli altri.
La verità è sempre un opinione, come alla fine della sua vita capì anche Husserl.
Ossia è la somma delle "pratiche" delle verità, praticate da tutti, ossia dalla maggioranza.
In questo senso parlava di crisi delle scienze.
La verità è un concetto assolutamente obsoleto.
Come insegna Nietzche da subito è invece sulle falsità che bisogna ragionare, ovvero sulle bugie che ci raccontiamo in continuazione, che non aderiscono minimanete alla nostra verità, ossia alle effettive pratiche, alle azioni che facciamo.


Citazione di: Angelo Cannata il 07 Gennaio 2018, 15:04:45 PM
Allo stesso modo, tu pensi che una limitazione del relativismo sarebbe un atto di umiltà, di modestia da parte del relativismo:
Citazione di: green demetr il 07 Gennaio 2018, 14:35:36 PMEssere un intellettuale relativista, come lo sei tu, a mio avviso dovrebbe anche comportare l'intelligenza di non portare a esiti estremi, ossia a essere vittima di una srategia, di uno strumento, come è quello del pensare relativo.
Bisogna avere l'umiltà di fermarsi un attimo prima. La pretesa di voler scardinare completamente ogni certezza dell'umano non ne è forse una sua più ultima tiranneggiante conclusione, e cioè fare della volontò di dominio sulle cose, il suo esito naturale: la distruzione dell'oggetto stesso dell'indagine. (in questo caso della nostra capacità di orientarci nel mondo).
Questa cosa che ti sto dicendo è presente in Heidegger, in  Severino.
Ma la modestia e l'umiltà non si ottengono concedendo certezze. Ogni certezza è sempre una pretesa, non è mai innocente.

Qui si aprirebbe un altro discorso: io non pretendo affatto di vietare agli altri di credere nelle loro certezze. Il problema nasce quando pretendono di presentarle a me. A quel punto io dico loro: "Senti, io mi autodistruggo con i miei dubbi e il mio relativismo, ma non pensare che il relativismo funzioni solo su di me. Quindi non sognarti di approfittarne per propormi le tue certezze: te le distruggerei in men che non si dica, così come distruggo in continuazione le mie".

Quando ero prete, per risolvere questo problema dal punto di vista della fede, facevo il paragone della fidanzata. Uno che è perdutamente innamorato della sua fidanzata può anche chiedere ai suoi amici di concedergli, per un attimo, di esternare la sua passione e dire: "La mia fidanzata è la più bella, al confronto di lei tutte le altre sono streghe". Subito dopo, quest'innamorato dirà: "Grazie di avermi concesso questo spazio: ho voluto esprimermi dall'interno del mio cuore: infatti so benissimo che anche per ciascuno di voi la sua fidanzata è la più bella". Ecco la compresenza di prospettive. Chiunque può chiedere che gli si conceda un attimo di spazio in cui esprimersi dall'intimo del proprio cuore, per esempio riguardo alla fede in Dio: "Il mio Dio è l'unico vero". Poi dirà a quelli delle altre religioni: "Grazie di avermi concesso questo spazio: capisco benissimo che anche per ciascuno di voi il suo Dio è l'unico vero".
Cioè, c'è una prospettiva interna, in cui ognuno chiarisce che intende parlare dal profondo dei suoi attaccamenti, e poi ce n'è una esterna, in cui ognuno si pone nei panni degli altri e si rende conto che tutto è relativo.
Il problema è quando l'innamorato, nel dire che la sua ragazza è la più bella di tutte, avanza la pretesa di star parlando non dalla sua prospettiva interna, ma da un punto di vista oggettivo: è così perché è così e non perché lo penso io. Ecco la pretesa, la presunzione, destinata a creare violenza oppure essere demolita dalla critica, dal dubbio.

Con tutto questo voglio dire che la relazione fruttuosa con gli altri non si ottiene moderando il relativismo: è una cosa che non avrebbe senso, non servirebbe affatto allo scopo. Il modo per costruire relazioni fruttuose c'è ed è quello di far capire espressamente, quando si parla, se si vuole parlare da una prospettiva interna (nel qual caso si può dire tutto quello che si vuole senza prestare il fianco ad alcuna critica), oppure da una prospettiva che prova a tener conto di quelle altrui.
Prendi per esempio giona2068, oppure Domingo94 o SaraM: il loro modo di parlare non creerebbe alcun problema se lo presentassero come desiderio di far conoscere agli altri la loro prospettiva interna. Il problema è che invece lo presentano come prospettiva esterna, oggettiva, è così perché è così e non perché lo penso io.

Come già ti dicevo il pensiero debole è il parto da una delle notazioni abissali di Nietzche, che Dio è morto.

Figuriamoci se non sono d'accordo, sono infatti d'accordissimo.

Forse mi sto sbagliando, ma il tuo discorso a me pare volersi soffermare non tanto sul fatto che la pratica del continuo mettere in discussione (in discussione con gli altri e se stessi, visto che le pratiche portano esperienze che ci cambiano, se sappiamo ascoltarle e valorizzarle, sempre in ottica relativa, per il momento etc...) sia corretta o meno, ma sul fatto che noi tutti necessitiamo a livello filosofico di una sorta di metodo, che ci prevenga comunque dal credere alle nostra supposta innocenza.

Il che vuol dire che per te ascoltare le rondini, ascoltare il vento fra gli alberi, rimanere nel silenzio, non sia possibile.

E invece sebbene in determinate situzioni sociali, il silenzio, il rumore esterno, possono risultare sgradevoli, se non proprio percepiti come nocivi, NONDIMENO, io faccio esperienza del canto delle rondini, del fruscio delle fronde, e del silenzio, e lo percepisco come altamente spirituale.

Dipende dunque dal contesto e non dal metodo se ciò che è esperito è valido, o meno. (è vero, parola abusata, o meno).

Il metodo serve al massimo a non credere che SEMPRE valga come cosa buona il silenzio etc....

Quindi onore al metodo, ma la mancanza di umiltà è a mio avviso quando è lo stesso metodo ad avanzare (una pretesa di verità) in qualsiasi contesto, in qualsiasi "occasione".

Sempre a mio avviso questo modo di procedere non è filosofia.

Quindi non siamo lontanissimi come pensiero, e come volontà di orientamente nel mondo, ma formando comunità cerchiamo ognuno all'altro di fornire spunti di riflessione.

Del tuo discorso prendo per buono, la questione dei limiti del metafisico, e per errato, la volontà di voler fare dell'analisi il perno centrale della vita.

In fin dei conti quel credente continuerà a credere che Dio esiste, e che la sua ragazza è la più bella del mondo. E io nella vita dovrò fare i conti drammatici con le sue credenze.

Non ci trovo niente di male perciò a che uno provi a diminuire le fonti di attrito.
Non mi pare che decidere che esista un funtore extratestuale (extra contestuale) sia un buon viatico.

Rimane solo il prendersi cura l'un l'altro, in base ai momenti e ai contesti.

Perciò magari fare credere agli altri la necessità di mettere sempre tutto in discussione, per evitare di cadere in trappola delle proprie fantasie, al di là del fatto che di per sè vorrebbe ammettere questa necessità, ma sopratutto, magari non serve in un determinato contesto, tipo il Sari, perchè lui è già una persona spirituale.

E questa necessità che ti sei posto (seppure meritevole in altri contesti), come vedi ha mal funzionato (col Sari).

Propongo che invece tu accetti che vi sia un contesto. Prima di introdurre nella discussione un metodo. ( e credo per quel poco che posso capire, che ho imparato a capire di te, che in effetti, in fin dei conti già lo fai, e tutto questa ultima parte in fin dei conti sia una conseguenza dell'argomento che era troppo generico).

Se sei di fronte ad una persona spirituale, non è molto meglio discutere direttamente delle cose pratiche della spiritualità (come il valore del silenzio, come e dove praticarlo) piuttosto che speculare eccessivamente sul preambolo.

Non cadresti anche tu in quel iper-specialismo di cui Kobayashi parlava (in altro 3d) che dovremmo tutti noi tanto evitare come la peste?

Non dovremmo sì capire il metodo (relativista) ma quantomeno nello stesso tempo fare uno sforzo di capire il contesto?

Avere in mente il fine. La filosofia in quanto filosofia, in quanto metodo, in quanto ragione sconnessa con il reale, è la cosa che più aborro.

Per questo ho chiamato in ballo l'umiltà. (una umiltà verso la vita, già precaria e sofferente, e non solo verso il metodo).

Spero sia più chiara dove sia la mia critica, e dove invece ci intendiamo sui preamboli.
#2462
Tematiche Filosofiche / Re:Anima, Spirito, Mente
07 Gennaio 2018, 14:35:36 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 07 Gennaio 2018, 13:47:17 PM
Citazione di: Phil il 07 Gennaio 2018, 11:38:58 AM
Mi permetto un suggerimento per (auto)controllare se la (auto)risposta è esaustiva: prova a pensare se, fuori da questo nostro dialogo, qualcuno ti contattasse sul tuo sito e ti chiedesse: "hai la certezza che la tua proposta spirituale abbia una corretta impostazione etica e sia praticabile?". Se rispondi: "preferisco non usare la parola certezza, perché è troppo ancorata alla metafisica", sarai convinto di aver chiarito davvero le sue perplessità? Se rispondi "si, ne sono abbastanza certo" non si tratta forse di una momentanea certezza (qui difficilmente rimpiazzabile con i termini che proponi: bilancio, prova, tentativo, costrizione)?
Mi riferisco a:
Citazione di: Angelo Cannata il 05 Gennaio 2018, 21:57:30 PM
Quando possibile, io di certezze non voglio averne neanche di provvisorie. Non mi sembra che quello delle certezze come base, anche più o meno provvisoria, sia uno schema imprescindibile.
Se invece rispondi: "non lo so, è solo un'ipotesi, ognuno di noi può metterla alla prova in pratica e vedere che succede", non sarà come rispondere "no, non ne ho certezza", svalutando così alla radice le buone intenzioni della tua proposta?
Sì, in questi casi c'è un problema di comunicazione non facile da superare.
Mi sembra che la sua radice consista nel fatto che, tutte le volte che viene posta una domanda, la domanda stessa crea sempre un contesto, introduce un linguaggio, presenta delle coordinate entro cui chi la pone si sta muovendo e vorrebbe continuare a muoversi.
Questa situazione viene a scontrarsi col fatto che il relativismo è critica dei contesti, dei linguaggi, delle coordinate.
La difficoltà non è teorica, perché a livello teorico i linguaggi possono sempre confrontarsi, dialogare. Ad esempio, la matematica di per sé è perfettamente in grado di dialogare con l'arte e viceversa: entrambe sono in grado di criticare sé stesse, mettersi in questione, sperimentare parametri inesplorati, innovativi, destabilizzanti.
Io vedo il problema oggi piuttosto da un punto di vista pratico, sociale. Qualche giorno fa vedevo una trasmissione in cui si faceva osservare che la massa di oggi viene sempre di più abituata a confrontarsi con ciò che essa si aspetta. Google, facebook, le banche, il mercato, raccolgono dati sugli interessi della massa in maniera che la massa, quando ad esempio cerca una parola su Google, trovi ciò che si aspetta di trovare. In questo modo ognuno viene sempre più chiuso nella propria gabbia mentale e sempre più disabituato alla diversità, all'inaspettato, a ciò che fa parte di coordinate diverse, a ciò che per essere compreso richiederebbe l'adozione di schemi diversi da quelli abituali.
Lo sforzo mentale, le acrobazie concettuali, ciò che mette in crisi l'orientamento, diventano tutte cose bandite. Ciò che conta è il comfort. Si può osservare come tutte le volte che si parla di marziani, UFO, fantasmi, esoterismi, se ne parla in un modo tale che in realtà non hanno proprio niente di radicalmente diverso da noi e dal nostro mondo abituale, dalle coordinate tradizionali in cui intendiamo muoverci: riflettono proprio la nostra sempre maggiore incapacità mentale di immaginare cose che siano davvero diverse.
In queste condizioni non c'è spazio per il relativismo, perché esso non è rassicurante, non offre coordinate di riferimento confortevoli a cui appoggiarsi, a cui prestare fiducia.
Il grosso del grido "crocifiggilo" riguardo a Gesù non veniva dai Romani, né dai sacerdoti del tempio, ma dalle masse da loro manovrate. In quest'analogia i Romani e i sacerdoti del tempio sono Google, facebook, il mercato, cioè i burattinai, i manovratori.
Perciò sono consapevole che oggi, come d'altra parte i fatti mostrano, non c'è spazio per la spiritualità intesa in modo serio, critico, ben studiato. L'esigenza di spiritualità c'è, il desiderio, l'aspettativa, ci sono, ma si tratta di aspettative che, senza accorgersene, intendono anche dettare le coordinate. Il che non sarebbe neanche vietato, non sarebbe proprio un male, se non fosse che queste coordinate che vengono dettate consistono proprio nella richiesta di non essere messe in discussione.
Di conseguenza, di fronte alla domanda che hai proposto "hai la certezza che la tua proposta spirituale abbia una corretta impostazione etica e sia praticabile?", risponderei nella maniera più vera, più vicina alla radice della spiritualità, a rischio di essere frainteso: non ho la certezza, non ne ho la minima certezza, per me la certezza è il diavolo. Anche Gesù in diverse occasioni si espresse in maniere del cui sicuro fraintendimento non poteva non essere consapevole: disse di strapparsi e gettare via l'occhio che fa peccare; a Nicodemo disse che bisognava rinascere e difatti Nicodemo gli chiese come poteva essere possibile entrare di nuovo nell'utero; nei Giudei suscitò la curiosità di come avrebbe potuto dar loro la sua carne da mangiare.
Il relativismo è provocatorio, per sua natura, ma proprio questo me lo fa percepire irresistibilmente affascinante, poiché non si tratta di assurdità casuali di poco conto; si tratta di cose che toccano l'intimo di ciò che è umano.

Esatto, concordo il larga misura.

Sono d'accordo che avere la certezza di un indirizzo certo della spiritualità sia un errore.

Posso essere d'accordo anche con gli spunti generali del pensiero debole.

Ma lo posso essere solo nel dialogo nel rapporto con l'altro.

Altro tema su cui vorrei forzare la discussione.

Perchè invece portare il relativismo alle sue più radicali conseguenze?

E' un pensiero il relativismo e come ogni pensiero, è solo uno strumento, una intellezione, per unire appunto oggetti lontanti, non immediati.

Essere un intellettuale relativista, come lo sei tu, a mio avviso dovrebbe anche comportare l'intelligenza di non portare a esiti estremi, ossia a essere vittima di una srategia, di uno strumento, come è quello del pensare relativo.

Bisogna avere l'umiltà di fermarsi un attimo prima. La pretesa di voler scardinare completamente ogni certezza dell'umano non ne è forse una sua più ultima tiranneggiante conclusione, e cioè fare della volontò di dominio sulle cose, il suo esito naturale: la distruzione dell'oggetto stesso dell'indagine. (in questo caso della nostra capacità di orientarci nel mondo).
Questa cosa che ti sto dicendo è presente in Heidegger, in  Severino.

Per quel che mi riguarda puoi tranquillamente salire un milione di volte su quella bicicletta (metafora che ci accompagna dalla fine della primavera scorsa)  e ogni volta ributtarti a terra, nonostante avessi trovato un equilibrio, sebbene instabile forse.
Sul serio sono mesi che ci penso, ma non capisco proprio.  :(
#2463
Tematiche Filosofiche / Re:Anima, Spirito, Mente
07 Gennaio 2018, 14:23:14 PM
Ascolta Sgiombo il monismo neutro riguardo il noumeno è il tuo unicorno.
Infatti non riesci a dimostrarlo. Lo assumi senza nessun tipo di ragione.
(ed è il problema aperto, su questo posso convenire, lasciato da Kant).


Per quanto riguarda il dualismo dei fenomeni invece sono d'accordo con te.
(ma nel senso che là dove per te non si può dimostrare il trascendente (Ockam, Hume etc) , la res cogitans per me invece "esiste" solo in quanto coscienza, in termini trascendenti REALI, in quanto la conosco come reale: ossia appunto trascendente e non mentale.
A margine non rivolto a Sgiombo.
Il mentalista (duale o monista che sia) che invece presupponesse un trascendente "successivo" (al mentale) a mio avviso complica inutilmente le cose. Perchè è come se si cercasse quella forma materica (del mentale) su cui Dio incide, il che equivarrebbe allo step successivo (delirante) di trovare il Dio materico.


Phil ognuno ha il suo unicorno, non è solo di questo forum ahimè.
A mio avviso si crea un unicorno per via del fatto che Dio è morto, e la Tecnica inaridisce sempre di più il percetto, gli oggetti reali.
L'oggetto che non è più sacro, diviene oggetto reale: la mia previsione è che si va verso una scienza, e quindi una umanità il cui pensiero sarà monista.
E' per questo che negando gli unicorni delle persone, li vedo per quel che sono: gretti materialisti.(vabbè mi son fatto prendere dalla foga, ho messo tutti voi nel calderone, scusate) : O si torna al trascendente o si cade nel materialismo.
(necessità della metafisica).



Il tuo unicorno ovviamente è il fondamento, visto che hai detto che per te è molto importante, e fine della filosofia.
Il che mi ha lasciato piuttosto perplesso, perchè mi stavo convincendo che tu usassi la critica linguistica per indicare in complesso il problema dell'agire del soggetto, dell'agire cioè, e non  del soggetto (o oggetto) in sè.

Ma chi è che indica il fondamento (o il suo problema)? Non è forse il soggetto?
E' vero che rimane a tutt'oggi aperto lo "statuto" sull'oggetto, osso su cui gli analitici competono per chi lo azzannna meglio: non ha soluzione, come lo stesso Kant ha ampiamente dimostrato.
Rimane perciò l'unico fondamento nel soggetto, che però appunto non esiste in quanto tale. Il soggetto è la narrazione (e qui rientrano le tue critiche competenti) di ciò che si forma dal rapporto dualistico con gli oggetti (semiotizzati, nominati) in virtù di un punto di vista.
Che è poi il suono stesso, la parola stessa.
Infatti in neonato entra nel mondo semiotico nominato, sia come corpo che come fonte sonora. Ossia sia come sensibilità che come (più propriamente) linguaggio.
In particolare il MIO, il nostro linguaggio. Ossia quello del suono.
Il soggetto si evolve tramite questa "selva di segni".
Allora, e cioè moooolto dopo, arriva la domanda stessa del fondamento, che è dell'oggetto, per via del fatto che la nostra tradizione ahimè si domanda degli oggetti, ma originariamente è assai più remota, e più propriamente il fondamento è nel soggetto e in Dio.
Dallo sguardo della madre, allo sguardo di Dio, dalla presa della mano, al dolore del corpo.
Ma come si fa ad appiattire il tutto ad una mera considerazione linguistica???
Capisci quanto sono rimasto sorpreso e infastidito dalla tua domanda?
Capisci come mi pare un unicorno il cercare il fondamento dell'oggetto, come se non esistesse tutto quello detto prima.
Ma non è permettimi, che siccome il mondo è diventato un piatto freddo servito di utensili e balocchi, si cerchi in questa domanda qualcosa che si eviti di prendersi il piatto freddo, così com'è, e ci si aggiunga un pò di fantasticheria: ma sempre nei paraggi del piatto freddo siamo.

Per quanto riguarda la tua spiegazione riguardo i fondamenti dello zero, e dell'infinito, ne hai dato delle definizioni relazionali.

Ma la relazione non è il fondamento come Angelo ha ben spiegato.

Infinito è Dio (i greci avevano terrore dell'infinito).
Ossia l'infinito è il terrore stesso.
Zero è Dio, è l'originario, è ciò che viene prima di qualsiasi ordine di discorso (alchimia araba).



Ascolta Angelo, la presunzione che esista una relazione con la verità, è l'esistenza stessa del soggetto.
Non assumere come fai tu che esista, tale relazione, indica che tu elimini il soggetto dalla tua analisi, il che poi ti fa finire inevitabilmente in affermazioni assolutamente non logiche, sul fondamento degli oggetti in quanto tali.
Ma chi è che gli dà fondamento? O anche nella tua prospettiva, che nega infatti ogni fondamento, chi ha deciso che esiste una relazione linguistica, semiotica,che indica quel fantomatico (in quanto per te mai raggiungibile veramente) oggetto?

La tua mi sembra la ricerca di quell'oggetto, che hai da sempre davanti a te, ossia appunto te stesso.

La filosofia fondamentale, ossia quella metafisica, cerca l'originario come trascendenza. Capisco che la morte di Dio, abbia originato in te una forte spinta di senso, ma filosoficamente parlando i tuoi spunti sono errati.
#2464
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
05 Gennaio 2018, 23:03:21 PM
Citazione di: Apeiron il 05 Gennaio 2018, 22:45:00 PM
Ciao Green risposta flash (se ti va di leggerla prima di imbarcarti nell'impresa  ;D ),

direi che il paticca-samuppada è il "nucleo" del buddhismo (una sutta credo che faccia l'equazione Dhamma=paticca-samuppada). Ogni "fenomeno" è senza essenza perchè esiste a causa di condizioni ("nutrimento") e queste condizioni a loro volta esistono a causa di un nutrimento ulteriore, il quale a sua volta esiste se c'è nutrimento.... Se ci fosse un'essenza il nesso causale si bloccherebbe ad un certo punto (un po' come mettere un sasso in una corrente).

Mi ricorda Spinoza, anche se con le ovvie precisazioni. Secondo Spinoza (che però era determinista) da un lato c'era la catena di fenomeni ma dall'altro c'era la Sostanza che era la causa "ontologica" di questa catena.

Diverso è il discorso del buddhismo: similmente c'è la catena causale - questo dipende da quello, quello da quell'altro ecc ma non c'è un "principio ontologico" (senza il quale non esisterebbe nulla). La "liberazione" in fin dei conti è la "cessazione della catena". Quindi a questo punto la domanda è: cosa rimane?

Per Spinoza era semplice: la Sostanza stessa.

Per il buddhismo personalmente vedo un'ambiguità e non a caso ho parlato di 4 possibilità. 1) uno "stato indefinibile" "per il risvegliato non esiste alcuna misura ecc" 2) una "mente indefinibile"* 3) l'unica realtà incondizionata "esiste un non-nato..." 4) il nulla. La "4" secondo me nasce dall'utilizzo del riduzionismo: non siamo nient'altro che i condizionamenti.

Se il Sari ci porta 200 pagine di risposte... beh probabilmente farà azzittire la mia "mente di scimmia"  ;D



*Qui si capisce lo zen quando dice "tu sei già risvegliato, te ne devi solo rendere conto  ;D "


Ma secondo me con la metafora del fuoco il principio del patticca-samuppada è chiaro: la nostra "esistenza" (ovviamente parola da interpretare) è come una fiamma. Finché si nutre continua a bruciare, tolto il nutrimento si estingue. Ergo intuitivamente è chiaro: dove c'è la condizione del mantenimento del "divenire" (o "esistenza") questo continua, una volta tolta la condizione esso si estingue. Ovviamente una cosa è l'intuizione immediata, un'altra è l'interpretazione corretta (ovviamente la "4" volendo è la più intuitiva ma quella che è più sbagliata, secondo me  ;) )


Buona ricerca!


Leggere i testi sacri senza aiuto lo trovo impossibile, quando leggo i veda, non leggo niente, ho bisogno dei maestri che mi spieghino cosa ci vedono loro.
In poche parole ho bisogno di parole illumiate, che indichino Dio.

Ora il testo principale del buddismo parte dicendo che vi è una predisposizione alla sensazione, ovvero alla possibilità della stessa prima di tutto.

Che sia questa la nutrizione? Per quel che ne sò, e anche dentro di me, il fuoco, l'agni originario della religione indiana, è distruzione.

Ora bisogna vedere come dentro di te, si sviluppa questa immagine, e come possiamo alchimicamente commutarla in concetto all'interno di questo orizzonte misterioso che viene prima.

Ma questo venire prima è una pre-comprensione? (spero vivamente che lo sia perchè così la sento).
O è una pre-determinazione?  :(

Mi paiono domande tutte da sviluppare. Se prendiamo il testo alla lettera non mi convince, troppo sentenze e poca spiegazione.

(che ci sta in un libro che rivela antichi misteri, su cui l'umanità ha meditato, ma come già detto ho bisogno di maestri, perciò sebbene per via molto caotica, mi sto affidando anche a voi cari amici, per trovare questo maestro: non so se sia Nagarjuna come Sari mi ha consigliato. Ovviamente vi sarà sapere, solo per dire che questa lettura del canone pali non è nella mia lista principale, dove c'è già la bibbia, lo sarà invece quella del maestro/scuola che pazientemente aspetto si manifesterà)
#2465
Citazione di: InVerno il 05 Gennaio 2018, 10:26:31 AM
Citazione di: green demetr il 04 Gennaio 2018, 22:31:55 PMInverno attendo risposte!

Caro Green, hai divagato un po troppo, anche per colpa  mia che faccio troppe digressioni e tu giustamente vuoi approfondirle, permettimi di ritornare alla questione originale e ti lascio facoltà se vorrai di espandere in altri topic. Ora mi prendo un po di tempo e spiego ci tengo però a sottolineare che mi sento di dire ciò che ho detto solamente per Genesi, o comunque mi riferivo specialmente a Genesi in quanto mito appartente a una famiglia ben precisa (Cosmogonie medio-orientali), come mito di stato nascente coincidente con antropogonia, e come orizzonte cosmologico della tribù israelita. Ciò non si applica ai testi successivi  che hanno tutt'altro scopo e narrano e discettano su questioni ben diverse. Gli elementi in comune delle cosmogonie del medioriente di cui Genesi è il coccolattissimo esemplare meglio conservato lasciano supporre una memoria culturale* "originale" che poi si è frastagliata in varie versioni e dialetti. L'ispirazione a risalire la corrente di una memoria culturale* comune viene dal fatto che gli elementi e i simbolismi raccolti sembrano avere un unicità coincidente con il trascorso storico dell'area mesopotamica nel neolitico preceramico. L'enfasi che Cannata ha giustamente sottolineato sulla terra e sul lavoro dell'uomo (presente anche nel mito del monte Du-Ku sumero e altri) sembrerebbe indicare una memoria culturale della rivoluzione agricola apparsa ai piedi del Tauro. Prima di considerarla un analisi "impoverente" ti vorrei rammentare che l'antropologia negli ultimi dieci hanni ha portato alla luce una teoria che se se provata porterebbe degli importantissimi sviluppi riguardo alla conoscenza dell'essere umano. Mentre la teoria vittoriana vede la religione e la casta sacerdotale come una conseguenza di un surplus alimentare, il nuovo paradigma inverte i ruoli mettendo la casta sacerdotale e la creazione di una religione come causa della rivoluzione agricola, sedentarizzazzione e sviluppo sociale\statuale dell'uomo. Se antropologia e archemitologia arriveranno a "conferma" (in decenni) di questa nuova ipotesi dovremo concludere che l'uomo si è tolto dallo stato ferale\nomade ed ha sviluppato la società, a seguito di una necessità religiosa tribalmente organizzata (nemmeno spirituale\spiritista). Tale ipotesi potrebbe impattare come chiave di lettura della storia non solo prestatuale ma anche antica, perchè lo stesso tipo di dinamica non solo è accaduta, ma è anche continuata ad accadere, potenzialmente ben oltre l'invenzione della scrittura, potremmo rivedere il peso della "religione" nello sviluppo umano per tutto l'arco temporale avanti Cristo. Siamo lontani da ciò, ma questo non toglie che si tratti di un interessantissimo fronte esplorativo dell'uomo, e anche spirituale, non è questione se è nato prima l'uovo o la gallina, ma che cosa è stato il catalizzatore principale dello sviluppo
umano prescientifico anche in ambiti extraspirituali. Tutto ciò complimenta Genesi perchè la carica di una eredità culturale che essa stessa non si da (6mila anni contro 15). Per paradossale che sia, anche se in ambito non storico, Genesi fornisce elementi archeomitologici importantissimi per rispondere alla domanda fondamentale "come è cominciato tutto?"


*(capace di dare luogo a tradizioni funzionalmente-simbolicamente inalterate nei millenni nonostante molteplici mutamenti sociali. La memoria comunicativa soggiace invece a costrizioni biologiche e non collega in genere più di tre generazioni. La  memoria culturale, controintuitivamente si manterebbe inalterata più facilmente prima dell'invenzione della scrittura, come testimonia la "lunga vita" di alcuni simboli preistorici. Probabilmente a quel punto il mito era ancora legato ad utilità pratica (es. miti che memorizzano percorsi migratori\esodi) perciò seppur Genesi sia relativamente recente rispetto alla rivoluzione agricola, la memoria culturale preistorica sarebbe sopravvissuta con un grado di alterazione tale da mantenersi parzialmente integra, e comparendo quindi nei vari simboli, compreso l'idea che si sia trattato di un evoluzione sociale immediatamente negativa per la qualità della vita dell'uomo, una corruzione, questione che trova riscontro nell'etnologia moderna a differenza di quella ottocentesca. Va da se che se questo non fosse accaduto e Genesi fosse stata scritta "ex novo" 4mila anni AC, non v'è ragione per giustificare la negavità impressa all'agricoltura nel mito, essendo che a quel punto della storia la gran parte delle immediate conseguenze negative della rivoluzione erano state assorbite e dimenticate.

Offtopics:
1) cosmoteandria non è duale ma triale (cosmos-teos-andros) ed è semplicemente una chiave di lettura trinitaria (ove "spirito santo" risulta ostico da sempre) per rimarcare la natura di relazione della divinità trinitaria, spesso nella pratica sostituita da un biteismo padre-figlio o un triteismo padre-figlio-madonna anzichè un monoteismo trinitario come i neotestamentari vorrebbero. Una divinità di relazione anzichè di sostanza dovrebbe avere meno appeal per il miracolismo, ma si sa come vanno a finire le cose.
2) Cacciari ha ragione nel dire che le chiese si stanno trasformando in fabbriche di atei, è una situazione cosi paradossale da attirare le simpatie anche meno sospette (come la mia) perchè al giorno oggi andare contro la Chiesa equivale a sparare sulla croce rossa. Cacciari però dimentica che questo modello funziona ancora benissimo negli stati del terzo mondo, e la Chiesa deve interoggarsi se vuole rimanere un amenicolo per popolazioni a bassa scolarizzazzione o "riformarsi" come gli ebrei (specialmente americani) hanno imparato a fare.
3) Distinguo spesso "Fede" da "fede in" (nel senso di fede che trova l'oggetto anzichè essere un cammino di ricerca (caro a Cannata) e speme) non mi interesso granchè di fede organizzata, perchè li siamo già oltre al naufragio in attività museale di conservazione dei reperti. Penso alla Fede come a una spiritualità in divenire anzichè la "fede in" che è un ossessione parastoricista (ricordo che per una gigantesca fetta di popolazione cristiana, spesso protestante, i fatti di AT sono "realmente accaduti") ritualizzati.

Si proprio di recente ho ascoltato questa teoria che rovescia la questione, ossia non sono razziatori i nomadi, ma sono razziatori i sedentari.
La deducevano dal racconto biblico di Caino e Abele.
In cui il nomade, viene espulso dalla società, Dio preferisce Abele, in nome del sacrificio.
Ossia la comunità si forma tramite il rito di sangue, solo tramite l'espulsione, dove il sangue sacrificale animale, sostituisce quello reale umano, frutto della solita proiezione e castrazione psicologica.

In questo senso rileggo i contributi che tu porti di questo cambiamento di paradigma, dove a questo punto se è vero il primo, e se è vero il secondo, e mi pare conseguente che lo siano, allora effettivamente il sacro nasce da questo delirio di onnipotenza.

Per non impoverire la questione, è che ogni delirio ha una sua formazione e un suo senso tragico nelle prassi che ci precedono, e che provano drammaticamente a narrare, per poterne uscire.

Solo così, penso anche la tematica dell'amore, che mi pare sempre una barzelletta, comincia invece ad avere dei contenuti, poichè è una tentativo di risposta, per via coesiva (ampiamente fallito, o tutt'ora fallibile), a questa infamia preistorica che incredibilmente dura a tutt'oggi.

Difficile trovare risposte dentro di noi, se è proprio dentro di noi che il sacrificio, il sacro nasce.

Molto interessante: grazie Inverno. :)

#2466
Tematiche Filosofiche / Re:Anima, Spirito, Mente
05 Gennaio 2018, 22:24:36 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 05 Gennaio 2018, 02:21:17 AM
In effetti non è la prima volta che noto qualche tuo tentativo di piegare il discorso verso le tematiche che interessano a te. Tematiche senz'altro importanti, giuste, interessanti, necessarie, ma non mi sembra che il modo migliore di farle fruttare sia farle entrare in qualsiasi discorso.

O meglio, io in realtà sono interessatissimo a mettere in connessione le tematiche più distanti, però la connessione dev'essere individuata, studiata, cercata, altrimenti ci si riduce o a un semplice accostare tematiche sconnesse, oppure a piegare qualsiasi discorso verso chi riesce a far prevalere i propri interessi tematici; ma in entrambi i casi non si scoprono collegamenti, mi pare che non ne venga fuori nulla di produttivo.

Peraltro, questa che a me sembra una forzatura potrebbe anche essere vista come un tuo totale disinteresse verso il tipo di discorso che si sta facendo, come se a te interessasse solo e soltanto la possibilità di piegare gli altri discorsi al tuo, senza neanche curarti di quale discorso si stava facendo.

Prova a mostrare i legami tra il discorso che stavamo facendo e ciò che tu hai introdotto: se ci riuscirai, avrai dimostrato davvero che ero io a non averli saputi vedere; da parte mia, come ho detto, io sono sempre curioso di espandere le mie capacità di mettere in collegamento le tematiche più distanti. Però dev'essere collegamento, non un semplice piegare forzato o accostare fianco a fianco.

Hai ragione, non mi interessa il discorso più di tanto, troppo generico.

Avevo provato a fare delle domande molto generiche, ma nessuno mi ha risposto.

Non sono interessato all'aspetto epistemologico come lo sono Phil, Davintro, Sgiombo.

Ovviamente per me il problema del soggetto non è una forzatura ma una componente centrale del discorso, concetti contenitore come Anima, Spirito e Mente, sono indissolubilmente legati ad esso, d'altronde io continuo a professarmi un metafisico, e quindi ho l'orizzonte di Dio "in mente", ma per poter piegare l'intera questione, collegandola come tu chiedi a quanto vado dicendo-forzando io, ossia esclusivamente sul soggetto, con l'intera annosa problematica fra idealismo e realismo, richiederebbe un immissione di sottotematiche, ingestibile per una breve chiaccherata (motivo per cui, lascio stare).

Quando dico che Cartesio è un realista ribaltando la questione che di solito viene posta, ossia che lui fosse un mentalista, intendo dire che egli intendeva il numero come verità che decide del mondo.

Ma lo decide sempre in maniera determinata. E se qualcosa è determinato, al di là dei giochini linguistici di chi crede che gli unicorni esistano ( Phil Sgiombo Cannata), vuol dire che allora (poichè non esistono) che è vero il contrario, e cioè che ogni fondamento crede nella sua determinazione oggettiva reale.

E su uno mi dice che il Mondo, l'Anima sono Mente, e che Dio e lo Spirito sono Falsità, allora io mi permetto di chiamarli cervelli nella vasca, monisti riduzionisti.

Che è poi ESATTAMENTE quello che siete. Al di là dei vostri giochini linguistici e delle vostre illusioni rivoluzionarie.

Phil perchè scusa l'infinito che fondamento ha? e lo Zero? etc...etc...
#2467
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
05 Gennaio 2018, 22:09:05 PM
Ciao Sari e Apeiron

Passo molto velocemente:

Dunque il paticca-samuppada-vibhanga è un testo molto importante. Viste le reazioni immediate  ;)

Non ho ben capito perchè (sopratutto perchè sari ha minacciasto 200 pagine e passa di risposte...lol...fammelo leggere prima in toto allora) ma mi scuso subito.

Per carità, non vorrei fare l'elefante che entra nel negozio di cristalli.

alle prossime

#2468
Tematiche Filosofiche / Re:Anima, Spirito, Mente
05 Gennaio 2018, 02:07:25 AM
Citazione di: Angelo Cannata il 05 Gennaio 2018, 01:48:29 AM
Nel mio discorso non si presuppone né soggetto mentale, né res cogitans, né res extensa: sono tutte questioni che non c'entrano, almeno per quello che riesco a vedere io.
Ciò che hai aggiunto adesso mi pare proseguire ulteriormente su questioni che non hanno nulla a che vedere col discorso che stiamo facendo.
Non basta certo menzionare Cartesio e menzionare il soggetto per inserirsi nel discorso che stiamo facendo.
Ripeto: non ho nessuna intenzione di vietare che ognuno dica quello che gli pare. Io però da parte mia non riesco a vedere alcun nesso.

Non importa Angelo, sono intervenuto più che altro per vedere se Apeiron recepisce qualcosa del discorso generale riguardante il soggetto, che sia metafisico o meno per te, a me non interessa.

O meglio è appunto il solito tuo discorso che crede agli unicorni.
Ma non esistono gli unicorni  ::) ...esistono invece i massi e gli f-35.  8)

Non ci vedi un nesso? Non c'entra con la questione formale, che evita attentamente tutte le domande (da parte di tutti tra l'altro) che ho esposto nel mio primo post di risposta?

Bah contenti voi contenti tutti.  :'(

Ripeto non è certo il campo più fertile per la nostra comunione.  ;)

#2469
Tematiche Filosofiche / Re:Anima, Spirito, Mente
05 Gennaio 2018, 01:40:52 AM
Citazione di: Angelo Cannata il 05 Gennaio 2018, 01:28:25 AM
green demetr, non riesco a capire cosa c'entri ciò che hai scritto con la discussione in corso.

Scrivevi:

"A proposito, Cartesio ha trascurato il soggetto perché nel momento in cui ha ritenuto di averlo reso certo, l'ha oggettivato, l'ha reso oggetto, e in quell'istante ha perso di vista che tutti i ragionamenti che stava facendo erano condizionati dalla sua mente, cioè dal soggetto. Insomma, si mise a riflettere sul soggetto, ma ad un certo punto non si ricordò che il soggetto era sempre lui stesso. Non è possibile oggettivare il soggetto se non trascurandolo, perdendolo di vista, perdendo di vista che quel soggetto siamo noi stessi."

In cui ritieni che il soggetto sia mentale, quando invece è una narrazione.
(cosa tra l'altro ribadita più volte da Vattimo e Rovighi).

Non vi è errore in Cartesio, in quanto pensa che la res cogitans debba coincidere con la res extensa.
Ammettere che esista una res cogitans ma non una extensa, a patto che lo ha capito da subito lo stesso Cartesio, con il genio maligno, pone anche te nell'errore.

Ossia che noi siamo quella che ci diciamo di essere, e non quello che ci diciamo.

Infatti il delirio è credere che il soggetto sia la mente. Come se esistesse questa mente.
(e nessuno infatti ha risposto al mio primo intervento) cosa è la mente? (se non un altra narrazione fittizia di cosa sia il soggetto?).

Bisogna stare attenti al labirinto filosofico e a quello che punta.
Guardare il dito che punta la luna, e non la luna.



#2470
Tematiche Filosofiche / Re:Anima, Spirito, Mente
05 Gennaio 2018, 01:23:11 AM
Intervengo su spinta di Apeiron su altro 3d. (più in basso rispondo anche ad Apeiron)

Caro Angelo, vedo che ancora non hai capito il problema del soggetto.

Il soggetto è il frutto delle pratiche, non è una sua opposizione come continuamente ti ostini a credere.

Detto questo ti ricordo che il problema è come mai il soggetto si comporti come le pratiche gli ordinano di fare.

Cominciamo a capire questa cosa, che mi sembra la cosa principale rispetto a quello che vai dicendo..

Non vedi il problema dei big data, non vedi il problema del soggetto, non vedi il problema delle pratiche.

Eppure nella sezione religiosa vedi il problema dell'analfabetizzazione dei credenti.

Delle 2 l'una. Non puoi dire che le pratiche sono e non sono un problema. (o  meglio lo puoi dire ma almeno mostra i 2 pesi e le 2 misure).

Sul problema del soggetto gabbia aperto da Apeiron:

Ma certo può sembrare così,ma il soggetto non esiste, e dunque anche la gabbia è frutto di un errore di valutazione, poichè il soggetto è una narrazione.

Come fare a raggiungere l'altro? Per ora mi allineo alle istruzioni di Nietzche, ma andando al me giovane, potrei dirti a Montale.
Si tratta di stare sulle superfici, sugli sguardi, sulle cose in primo piano. (nietzche, auguri non potete capirlo ;D )

Direbbe Montale sugli amuleti, che forse testimoniano che esistiamo. (un filo flebile che ci possa dire: tu esisti!)
Immenso Montale  :-[
Meglio ancora seguendo la sua prima gloriosa e mai più superata collezione di poesie, gli ossi di seppia:

Cosa sono gli ossi di Seppia? sono ciò che rimane di un tempo antico, sono le spoglie dell'animale, slavato dal mare.

Ancora come dice il maestro Sini, sono la traccia.

Ecco cosa gli altri, sono ciò che rimane di loro in noi.

Capisci forse che si aprono territori inesplorati di indagine, con al primo posto il tema dell'accoglienza, dell'ospitalità.
Dell'Ebreo Errante.
Straniero in terra di stranieri. (non siamo "a casa"[la terra promessa] nè da noi, nè dagli altri)

E' vero che il soggetto si apre sull'oggetto, ma il soggetto, la persona, la maschera, semiologicamente puntano, simbolicamente puntano a ciò che esse (soggetto, persona, maschera) NON sono.

Ora aprire all'altro NON vuol dire puntare alle maschere di chi ci circonda o di chi crediamo di essere, ma puntare a ciò che esse ci comunicano veramente, appunto fuori dalle pratiche. Ci vuole un enorme sforzo di volontà, un enorme sacrificio, una umiltà divina, per svelare anzitutto la nostra maschera, quella sì, la nostra vera e unica gabbia. (ricordi il tuo amato platone vero?) Per capire che noi siamo ciò che in noi resta degli altri SENZA MASCHERA (entrambi dobbiamo SMASCHERARCI). (e su quel dobbiamo si innestano le polemiche amichevoli di Phil, ma anche ovviamente di Nietzche, perchè chi decide cosa sia maschera o meno? eh ma santo cielo è quello il vero problema della filosofia metafisica classica)
Solo allora i discorsi sulla comunità avranno un senso, un valore. Persino un etica (che sarà una ovvia conseguenza). Vedetevi l'ultimo capolavoro di Kubrik per entrare un pò nell'ottica. In un forum non è minimamente possibile farlo.

E di nuovo per essere un pò meno rassicurante, sempre che prima lo sia stato:
Non sarà mai come tu pensi, nella tua giovinezza innocente, una questione delle pratiche (delle etiche giuste), come si illude Angelo, lui per altro senza capire le assonanze che vi uniscono.
#2471
Citazione di: anthonyi il 14 Dicembre 2017, 07:11:16 AM
In questi giorni, anche a seguito dei fatti di Como, si parla di un ritorno del pericolo fascista.
Il riferimento al fascismo è molto usuale in tanti casi, si parla di fascismo per gli estremisti dell'Isis, si parla di metodi fascisti in generale in riferimento ad atti propri di sistemi dittatoriali, anche se magari questi sono ispirati ad ideologie comuniste.
Questa continua rinascita di un certo modello comportamentale mi sollecita a una domanda:
Il fascismo è un elemento culturale caratterizzante un periodo storico oppure in quel periodo storico si è concretizzato un elemento strutturale della nostra natura umana, un archetipo che ci portiamo dentro

Il fascismo storicamente riguarda i poteri particolari, perciò è una questione italiana, notarile. (ci ricordiamo il casino fatto dai taxisti all'epoca di Bersani? avete presente che in tutta europa i servizi del taxi on line, sono stati di fatto costretti a chiudere?roba del mese scorso)
Figlia della tradizione del diritto romano.
Fascismo deriva infatti dai fasci littori romani.

E' la grande eredità dell'impero romano. (e come detto sopra oooops il fascismo è ben presente nel tessuto nostrano ma a quanto sembra anche estero, roma ha fatto un buon lavoro)

A meno che non crediamo che l'impero romano sia una emanazione di Dio, come i partiti a destra credono che sia, io non lo riterrei un archetipo.

CVD
#2472
risposta breve:

Si ma la questione del governo come la risolvi?

risposta allargata  ;D :

Ma anzitutto i riferimenti base per stare nell'attualità.

La filosofia ci consegna una politica che può solo amministrare.

La politica si impegna invece a governare.

La democrazia è solo una forma della rappresentanza, che sia della amministrazione o del governo.

Il mito: alla lettera non c'è un mito della democrazia, forse si intende fare dell'ironia in questa sede, ipotizzando una rapprensentanza delle categorie. Ma ognuno di noi in fin dei conti è una categoria a se stante.
Ognuno di noi ha dei progetti dei sogni e delle aspettative, che inevitabilmente sono unici, non fosse che le materie prime non sono per tutti, e le donne non sono per tutti.

Totem e Tabù quindi più precisamente.

Lo scontro è inevitabile.
Con esso le violenze, per questo nasce dopo l'olocausto e le purghe maoiste e staliniane, la guerra civile americana e francese.
Un idea nuovo di governo, che si chiama appunto Stato Democratico (ossia possibilmente democratico).

Si trattava in fin dei conti da dopo la restaurazione del gran periodo della concertazione, quella che crea gli stati uniti d'america fino a quella che rimette in piedi la Germania con il piano Marshal.

La guerra fredda e infine l'imperialismo americano, che non avendo più nemici se li crea. Dalla guerra del golfo all'odierna Corea del Nord.

Insomma difficili amministrazioni frutto di politiche di governo quantomeno revisibili (si poteva fare meglio, dicono gli stessi protagonisti, durante il tour di accettazione del mandato di Trump).

Insomma ce li ricordiamo tutti i referendum che hanno aperto anche in Italia la fine della partitocrazia e delle sue infinite metamorfosi come il partito dell'amore della pornostar Cicciolina.

Perchè è avvenuto? ma perchè si poteva amministrare felicemente insieme fin quando non c'era la crisi, ora che c'è la crisi, la forma migliore è quella presidenziale. Perchè è necessario governare! E' questo il motivo del tutto assente nella tua analisi viator.
(forse per via della tua gioventù, o forse perchè il tuo è un discorso con il paraocchi. Oltre che delirante come tu stesso hai ammesso, io ci devo ancora pensare se è così, prima di dirti la mia anche sulla questione utopica aspetto di ricevere la risposta alla domanda che ti faccio in cima).
#2473
https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-spirituali/un-dio-infinitamente-buono-non-puo-prevedere-l'inferno/15/?action=post;quote=17190;last_msg=17699

Grazie jsebastianB! anche se con un ritardo assurdo!!!!

Non so come ho fatto a perdere il filo di questo 3d.

jsebastianB

"In effetti il Libro di Giosuè riporta la conquista della "fatidica"  Terra Promessa - Ma promessa  DA  chi ? "


Certo se vogliamo vedere l'A.T. come un testo meramente storico, che giustifica la storia, ci sta questa critica.

Però intanto leggendo la Bibbia commentata in una vecchia edizione del corriere della sera, di cui ho solo il primo libro, ho cominciato nella mia lunga (probabilmente non riuscirò a finirla, ma non importa) ricerca sul popole eletto.

Una storia che dunque nasce e si dipana sul mediterraneo. La terra mediorientale non era dunque solo babilonia e sumer.

Vi erano anche i fenici, e una incredibile ricchezza di popolazioni semitiche, che rende la ricostruzione assai più complessa di come  me la potevo aspettare.

Di fatto se leggiamo il tutto in chiave economica, era la lotta sullo sbocco al mediterraneo. Il ponte naturale tra L'egitto e le popolazioni semitiche su su, fino alla russia. (e comincio anche a capire che dunque l'ebraismo russo, non è un fenomeno collaterale, come all'inizio immaginavo, ha ragioni antiche, antichissime).

Va bene, ma a questi eventi storici che ancora hanno una rilevanza assolutamente principale nello scacchiere politico contemporaneo, come se la storia non riuscisse a venirne a capo, vi è legata una storia, e sopratutto un crogiolo mistico di cultura antica.

La terra promessa, non è forse la fine della minaccia della guerra? Le mie sono solo intuizioni.

Le grandi culture non sono forse il diamante che nasce dalla sofferenza dalla guerra etc???

Anche se fosse solo storia, io nego che lo sia: perchè la religione è lo sforzo di superare la storia.

Ovviamente non sono un ingenuo come può esserlo un fedele, che si arma della sola fede.(e non per questo deve essere una cosa negativa, sebbene per me lo sia).

jsebastianB

"I lati oscuri di Dio _ crudelta' e violenza nell' A.T. / editor Claudiana -"

Sicuramente lo metterò nel paniere dei libri da leggere assolutamente.

jsebastianB

"Per questi gestori del sacro molto piu' importante imparare a memoria il catechismo dell' ekklesia !"

Sciocchi presuntuosi, miserabili amministratori di scartoffie.


jsebastianB

"Non tanto dell' amore cristiano MA dell' amore del dioYahwè ! e chi puo' essere secondo te ? 
Ovvio quel simpaticone del Tarso. 
Egli infatti nella sua celeberrima Efesini (2.4) riporta che tanto fu l' amore del dioIsraelita per le sue creature / seppur peccaminose / a tal punto che avrebbe inviato quaggiu' nientemeno che il suo divinfiglio.. eccc..eccc.. Ora questa Efesini Non è stata scritta di suo pugno - 
Allora ti ricordo la sua autentica Romani (5.  8 ) - che comunque riporta lo stesso concetto ! 

Ma Anche il dioYahwè manifesto' il suo sconfinato amore per il popolo di sua proprieta' - tanto da donargli la Torah ( erroneamente tradotta come Legge / mentre la corretta definizione è:  - Insegnamento/Istruzione tramite la RI-velazione divina."

In effetti i miei primi interventi non mi sono piaciuti un gran che, rileggendoli a distanza.

Perchè era ovvio, che il Dio di cui parlano nel medioevo, ossia il periodo in cui nasce iconograficamente prima che normativamente l'inferno, era Gesù e non il Dio del Terrore (della guerra).

Grazie ovviamente della delucidazione, sempre ad una cellula impazzita del movimento illuminati ci si riferisce. Addirittura l'intero cristianesimo. WOW. Grazie Paolo.


jsebastianB

"Tu scrivi: ma poi chi l'ha detto che Dio è buono ?? 

Quanto all' assunto che l' IddioYahwè è buono - gli autori del Tanak lo rimarcano sovente nei loro passi: 
Il Libro di Geremia ( cap. 33 ) - Esdra (cap. 3 ) - Lamentaz. ( cap. 3 ).. e come non ricordare i Salmi: 
- ne cito alcuni / 90 - 101 - 103 - 106 - 107 ...eccc...ecccc.....  "

Grazie della dovizia di fonti. Non avevo mai sentito parlare del Tanak. (ok è semplicemente la bibbia ebraica, l'A.T. "originale").

Questo è un bel problema. Pensavo sinceramente che fosse solo questione del Gesù. Quindi riguardante la nostra sensibilità, totalmente  fuorviata dalla vera trascendenza. 
E invece c'è un idea di bene, (ma sommo immagino sia questione solo medioevale) che sarà tutta da capire e ricostruire.

Sempre che non abbia ragione tu jsebastiaB e che allora come ora, si usi il termine bene, come mezzo per ammansire gli animi, rendere docili gli animi, e sopratutto ubbidienti. (vedere il film BIRTH OF A NATION, e rabbrividire grazie!).

Uso però le stesse frasi del prete del film, per ogni parola che parla di ubbidienza ve ne è una che parla di rivoluzione.
Sarà interessante andare a testare queste cose. Nella mia visione grandeur riconoscere la matrice della saggezza e della vita.


jsebastianB che risponde ad AngeloCannata

"MA ancor prima del Gesu' storico.. una prospettiva del giudizio e corrispondente "condanna" per i malvagi,  la si trova nella seconda parte del Libro di Daniele. Il capitolo tratta il tempo della fine.. allorquando verrebbe aperto il famoso libro della vita. 
L' autore apocalittico riporta che sara' salvato solo chi in esso è iscritto / e da qui l' anticipazione di quello che "dovrebbe" avvenire: Un gran numero di quelli che quelli che sono polvere si dovrebbero RIS-vegliare, in quanto  
- i meritevoli godranno della vita eterna, 
- gli altri invece per il ludibrio e per l' infamia "perpetua" !"

Interessante la questione del libro della vita, che riprende il motivo della seconda genesi.

Ma non si parla di inferno e di demoni, poichè ormai siamo in argomento ricordi se si parla di demoni nell'A.T?

grazie ancora, so benissimo di stare abusando della tua pazienza. Ma è un tema a cui tengo.(in quanto non lo capisco).

jsebastianB

"Bisogna credere (ad occhi chiusi e naso tappato) quello che è scritto nei testi ????"

No ma esiste anche il vangelo di Giuda, da te non citato, dove l'apostolo dichiara di essere stato ordinato da Gesù, perchè il più forte di tutti. 
Sempre per suggellare il sacrificio.

Ovviamente sono solo storie, Ma ogni storia chiede di essere interpretata e capita.
Non ho ancora capito se per via di quello che ti è successo, o per via meramente intellettuale, sembri totalmente avulso alla questione cristiana in toto?

Mentre ricodo benissimo che apprezzi l'A.T. Osea in primis (che non vedo l'ora di leggere).
#2474
Citazione di: Sariputra il 03 Gennaio 2018, 14:47:20 PM
Adam ciondolava su un ramo d'albero del Giardino dell'Eden e si sentiva molto solo. Allora Dio gli chiese: "Cos'è che non va?". Rispose Adam : "Non ho nessuno con cui parlare".
Allora Dio disse che intendeva creargli una compagna che sarebbe stata donna.
"Non dirà mai di avere mal di testa e ti concederà amore e passione ogni qual volta glielo chiederai." E Aggiunse: "Questa bella donna metterà insieme il cibo per te e te lo cucinerà, e quando scoprirai i vestiti, lei imparerà a lavarteli. Ella sarà d'accordo con te su ogni tua decisione che tu voglia prendere. Non ti scoccerà mai e sarà sempre la prima ad ammettere che ha sbagliato, quando tu non sarai d'accordo con lei. Ti loderà ed alleverà i tuoi bambini; non ti chiederà di alzarti di notte per prenderti cura di loro."
Allora Adam chiese a Dio: "Ma quanto mi costa una donna siffatta?".
Dio rispose: "Un braccio e una gamba."
Adam restò pensieroso per un momento, poi chiese: " Che cosa posso avere per una costola?".
Il resto...è storia.

P.S. Visto cosa succede a voler spendere poco?  :(

Caro Sari, guarda che te lo leviamo il vino nelle riserve della cantina!  ;D

Inverno attendo risposte!
#2475
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
04 Gennaio 2018, 22:24:35 PM
Citazione di: Apeiron il 03 Gennaio 2018, 19:01:59 PM
@Green, anzitutto dico che in linea di massima concordo con te: la "pienezza" e la "vacuità" sono opposti inscindibili. In fin dei conti se uno è un completo egoista la sua vita sarà vuota, viceversa se uno è "senza-sé" (anatta) la sua vita paradossalmente sarà "piena" (da qui il messaggio di Zhuangzi: "dimentica gli anni, dimentica le distinzioni. Salta nell'infinito e rendilo la tua dimora" (capitolo 2)...). Curiosamente sto apprezzando molto di più anche il cristianesimo dopo aver studiato i testi buddhisti...


Secondo me bisogna anche considerare il contesto in cui Buddha ha insegnato. Come dicevo tempo fa a Pierini allora andava di moda la ricerca del nettare (amrita, ambrosia...) e l'idea era che si beveva tale "succo" trovandosi la cosa giusta con cui identificarsi. Buddha capì che questa strada era ancora in fin dei conti "egoistica" e quindi per "salvare" ha messo in risalto la "vacuità" e ha lasciato "implicita" la pienezza ("Il Tathagata è profondo...", "non riesci a capire il Tathagata nemmeno ora in questa vita", "non c'è alcun modo di misurare colui che è risvegliato", "monaci c'è un non-nato, non-formato"...). Il problema è che dire all'uomo occidentale moderno "il Buddhismo nega Dio e l'anima" fanno capire all'occidentale che il buddhismo è un'antica forma di epicureismo, cosa falsa. Ergo secondo me forse se Buddha esistesse ora probabilmente direbbe le stesse cose ma rimarcando di più l'aspetto positivo.

Un altro pensiero. Buddha non ha mai negato esplicitamente l'esistenza dell'Io anche se ha detto "ogni cosa è senza Sé" (l'unica volta che gli è stato chiesto perchè non lo ha negato esplicitamente ha detto che la posizione "l'Io non esiste" suggeriva un "annichilazionismo"). Non lo ha fatto per un motivo preciso secondo me: in fin dei conti è proprio la domanda "cosa sono io" quella che fa iniziare la ricerca spirituale e dire "l'Io non esiste" avrebbe stroncato sul nascere il cammino (più o meno è l'obiezione che ho fatto a Cannata nel topic aperto da viator su anima e spirito). Ergo secondo me e mi compiaccio di vedere che tu la vedi allo stesso mio modo la "positività" è semplicemente "implicita". In fin dei conti l'idea è che la meditazione e il graduale "impoverimento" dell'io renda la mente "luminosa" (mal che vada secondo i testi buddhisti uno con la "mente luminosa" rinasce come "deva" - essere "luminoso"). In sostanza si potrebbe quasi dire che chi rinuncia a tutto paradossalmente "vince su tutto".

La catena casuale: https://www.canonepali.net/2015/05/sn-12-2-paticca-samuppada-vibhanga-sutta-analisi-delle-coproduzioni/.

Unica cosa: la vacuità non dice che prima c'era qualcosa e ora c'è la vacuità. La vacuità dice che ciò che per il Risvegliato non c'è più è avidya ed è "cessato" il processo che si basava su avidya. Anzi è proprio il fatto che avidya è una realtà condizionata "il filo di Arianna" (espressione usata da Schopenhauer) per uscire dall'esistenza ciclica.

Riguardo al discorso della filosofia indiana vs occidentale. Sì concordo con te ed è un altro motivo per cui non riesco ad abbracciare in pieno la filosofia indiana. Nella Repubblica si richiede al "filosofo" addirittura di tornare indietro nella Caverna ad amministrare la politica (per certi versi ciò è simile al cristianesimo "bisogna essere nel mondo ma non del mondo"...). Una cosa simile difficilmente verrebbe in mente ad un indiano (non a caso indù e buddhisti vogliono uscire dal "ciclo" il prima possibile col "parinirvana") - però è anche vero che il buddhismo mahayana (e il daoismo...) sono più vicini alla posizione per cui bisogna rimanere nel mondo ma non essere "del mondo". Sinceramente questi parallelismi fanno riflettere. "Meravigliano"... ovvero inducono a riflettere  ;D

P.S. Se non erro https://www.canonepali.net/2015/06/udana-1-10-bahiya-sutta-bahiya/ contiene un parallellismo con un passo biblico:
"Dove acqua, terra, fuoco ed aria non trovano appoggio:
[le stelle non splendono]*

il sole non è visibile,
la luna non appare,
l'oscurità non si trova.
"
Mi pare che nella Bibbia si dica che nel Regno dei Cieli anche in assenza di Sole e Luna l'oscurità non si trova...
*nelle versioni inglesi è presente la frase "le stelle non splendono"

Ciao Apeiron,

Sì infatti anch'io (forse per altre ragione dalle tue) cerco la positività del buddhismo, così come la cerco nell'induismo.  :)

Penso che però per come stanno le cose, quel voler introdurre il nulla, il niente con la soppressione delle predisposizione mentale sia veramente un rischiare di non dire nulla di sensato (cioè di positivo).
Certamente cercare di fuggire dal dolore ha senso in sè.
Nessuno di noi vuol soffrire, ma tant'è.

Il senso di sublime, come lo avevano chiamato i romantici, è sicuramente da ricercare nella solitudine, e nel silenzio. Mi sembra che il tuo entusiasmo derivi in gran misura da quello.

Non vedo come coniugarlo in chiave filosofico-buddhista. Tra l'altro potrebbe benissimo appartenere a qualsiasi visione religiosa.(ma su quello ti vedo molto aperto, e questo è un bene).

Insomma io voglio la luna (vedi post mio sopra), e da questi ultimi passaggi non mi pare di poterla evincere.  :-[

Non sto intervenendo nel 3d di viator, proprio perchè mi sembra troppo generico.
Ho presente l'obiezione di Angelo, ossia se il soggetto sia poi così importante:
ma va da sè che mancandogli le basi filosofiche e le intuizioni che lo sorreggono non abbia in testa il problema vero.
Nel buddismo invece la questione viene presa di petto, e annichilita in maniera abbruttente e assolutamente anti-filosofica.

Apro una parentesi.
Ma c'è maestro e maestro. Nel medioevo indiano i pensatori che univano misticismo e filosofia sono parecchi. Per quel che ne sò il lavoro di riscoperta è agli albori.
Basta andare a vedere l'incredibile numero di testi scansionati dalle università.
Chissà quante perle, quante sorprese ci riserva questa culla delle civiltà e del pensiero!
Il problema contemporaneo è che non esiste ancora una filologia locale.
Di fatto i giovani indiani, stanno apprendendo il metodo di studio proprio da noi occidentali, stanno imparando e vogliono impegnarsi nella riscoperta del loro patrimonio nascosto.
Li attende un lavoro enorme, io sono rimasto un pò fuori, dovremmo guardare ovviamente alle pubblicazioni in inglese. Perchè da quando feci il mio corso di Sanscritto all'università (e no, non l'ho passato  ;) ) saranno passati anche una ventina d'anni  ;D . Mi auguro che nel frattempo qualcosa di meraviglioso sia uscito nel frattempo. A presto.