Citazione di: Sariputra il 05 Novembre 2017, 22:45:07 PM
@Green e Apeiron
Avete molte aspettative sulle religioni e quindi molte frustrazioni.
Nessuna aspettativa uguale nessuna frustrazione.
Lasciar andare le aspettative è ottimo. Funziona sempre, anche nell'amore...
Il problema quindi, riassumendo un pò, è il vuoto o vacuità di esistenza intrinseca. Quella cosa che i buddhisti chiamano sunnata/shunyata.
Ma cosa significa, nel linguaggio del Dhamma, 'vivere nel vuoto' o 'dimorare in sunnata' ?
Nel linguaggio dhammico:
'conoscere' = conoscere il vuoto
'vedere chiaramente' = vedere chiaramente il vuoto
'sperimentare' = sperimentare il vuoto
'vivere nel" = vivere nel vuoto
'essere vuoti' = essere il vuoto stesso
Se pensiamo che 'conoscere il vuoto' significhi averlo preso come un argomento di studio e di discussione siamo fuori strada. Nel linguaggio del Dhamma, 'conoscere' non s'intende l'apprendere attraverso lo studio o l'ascolto. Questo è un apprendimento incompleto anche se ci par di capire. Siamo abituati a pensare che 'conoscenza' e 'comprensione' si riferiscano al leggere, all'ascoltare, al riflettere, al pensare. E' il lavoro del filosofo, giusto? Beh, per il Buddha sono funzioni inutili alla conoscenza del vuoto. 'Conoscere il vuoto' nel buddhismo indica la consapevolezza del vuoto in una mente realmente vuota. Per essere conosciuto il vuoto deve essere presente.
L'espressione 'essere vuoti' indica l'assenza del senso del sé e di quanto appartiene al sé, quindi la mancanza del senso dll'io/mio che sono ambedue visti come i prodotti dell'attaccamento. Che cosa è vuoto? La mente, semplicemente la mente svuotata dalla sue forme più grossolane e sottili del senso dell'io/mio. La forma grossolana s'intende l'ego empirico, la forma sottile il senso del sé.
Quando la mente è libera anche dalle forme più sottili, dal senso del sé, si dice che è il vuoto stesso.
Il termine 'vuoto' passa poi a indicare la caratteristica fondamentale di tutte le cose. Per il buddhismo la natura di tutte le cose è il vuoto. Con 'tutte le cose' s'intende sia i rupadhamma (oggetti materiali) che i namadhamma (fenomeni mentali): tutto , dal granello di polvere sino al Nirvana...Ogni cosa ha la qualità del vuoto.
Anche il Buddha, il dhamma , i suoi frutti fino al Nirvana hanno questa identica qualità vuota.
Questo 'vuoto' appare come uno spazio di ampia possibilità. Il problema è che noi non lo vediamo. Persino il passerotto che sta svolazzando fuori dalla mia finestra ha in sè la caratteristica del vuoto.
"Il vecchio pino proclama il Dhamma" recita un koan zen. Anche lui esprime questa vacuità, la condivide con noi e con tutte le cose, ma non la vediamo...
Il vuoto non è una cosa negativa. E' solo questa vacuità che permette la vita. Se le cose non fossero vuote ( di esistenza intrinseca, di un sé) tutto sarebbe immobile, morto.
La mente però non vede la realtà così, ma attribuisce a qualsiasi cosa un sè, un'essenza, una distinzione e dà quindi origine all'attaccamento e poi alla sofferenza insita nell'attaccamento stesso.
Per il Buddha, 'conoscendo il vuoto' non si dà origine all'attaccamento e quindi alla sofferenza.![]()
Quindi, un matematico non può spiegare in formule matematiche il Nirvana.![]()
La comprensione dell'anatta ( non sè o vacuità ) è veramente ostica tanto da non essere insegnata nemmeno nei paesi di tradizione buddhista, ma riservata ai bhikkhu ( monaci). Impermanenza e sofferenza sono al confronto molto più semplici. Anatta richiede molta pratica meditativa, retta visione e un'esistenza ormai 'consumata', una certa stanchezza della sete d'esistere... spiritualmente, se fossimo in ambito cristiano, si potrebbe paragonare ad un 'dono'...forse lo è...non tanto la comprensione della vacuità quanto il poter capire o scorgere come , proprio da questo vuoto, possa esistere autentica compassione e saggezza e , in definitiva, una grande bellezza...![]()
Poichè qualche gradino l'ho sorpassato. Capisco benissimo che potrebbe essere veramente qualcosa che si prova, e che si ritiene assimilabile al concetto di vuoto.
Sempre nella adolescenza ho provato la meditazione zen.
E ho capito subito che era un buon metodo per arrivare ad alcuni stati meditativi, che però avevo già raggiunto.
Ma nella mia esperienza meditativa non ho proprio mai neppure lontanamente percepito la sensazione di vuoto.
Sensazione del niente sì. senzazione vertigionosa del distacco dell'io sì.
Ma il vuoto proprio mai, ma essendo rimasto proprio al gradino che viene prima della meditazione illuminata, non posso certo escludere questa sensazione.
Certo rimane il problema del fatto che si possa riportare qualcosa come la sensazione di vuoto, quando si sta dicendo che per conoscere è necessario il vuoto.
Che va bene per le prime formulazioni, non faccio fatica a ricordare che era esattamente così.
'conoscere' = conoscere il vuoto so benissimo cosa vuol dire
'vedere chiaramente' = vedere chiaramente il vuoto so benissimo cosa sia
'sperimentare' = sperimentare il vuoto sperimentato e fuggito aggiungo
'vivere nel" = vivere nel vuoto questo ancora oggi è la mia via
MA
'essere vuoti' = essere il vuoto stesso
ecco questo proprio non mi torna proprio.
dunque non mi torna nemmeno che il pino sia testimonianza del vuoto.
Comincio a capire come mai però gli studiosi di fisica siano così interessati a questa concezione.
La mia era una battuta sul matematico ovvio.
So benissimo che è una pratica più che una conoscenza.
alla prossima!
