Preso da uno delle mie demoniache intuizioni mi chiedevo:
"Dunque c'è una catena causale. Mi pare strano non ammetterla."
Che voleva dire, che non ammetto il nulla, ma che invece ,mi aspetto qualcosa dal Buddismo, nelle sue correnti più filosofiche, che sia una vera rivelazione, una vera illuminazione, ossia cosa viene illuminato? il dito punta alla luna, o punta a se stesso?
La coproduzione causale.
Un tema che mi ha lanciato apeiron.
Di nuovo mi ritrovo a seguire questo sentiero nel labirinto filosofico.
A Savatthi... "Monaci, vi descriverò e vi analizzerò le coproduzioni condizionate.
"E cos'è una coproduzione condizionata? Dall'ignoranza come condizione derivano le predisposizioni karmiche. Dalle predisposizioni karmiche come condizione deriva la coscienza. Dalla coscienza come condizione derivano il nome e la forma. Dal nome e dalla forma come condizione derivano i sei sensi. Dai sei sensi come condizione deriva il contatto. Dal contatto come condizione derivano le sensazioni. Dalle sensazioni come condizione deriva la brama. Dalla brama come condizione deriva l'attaccamento. Dall'attaccamento come condizione deriva il divenire. Dal divenire come condizione deriva la nascita. Dalla nascita come condizione si producono l'invecchiamento e la morte, il dolore, i lamenti, l'angoscia e la disperazione. Tale è l'origine di questa massa intera di dolore e sofferenza.
Intanto la parola co-produzione a me non piace, infatti benchè esista una coscienza (e non una mente) essa non è co-producente.
La produzione, termine centrale su cui sto meditando da mesi, non è che del soggetto, e di nessun altro.
Se la produzione è insieme a qualcuno, allora è produzione comunitaria (ed è quello a cui ambisco).
Ma la produzione non è insieme a Dio, per intenderci.
I miei demoni mi suggeriscono di partire al contrario, perciò...ossia dal soggetto sensibile.
Per quel che posso vedere e ricordare il bambino prende atto del suo esistere, sensibile, solo in concomitanza di una paura primordiale, difficilmente spiegabile (gli scienziati parlando di memoria genetica, possibile spiegazione, seppure immaginifica).
Dunque è subito la paura di non esserci: frattanto un altra intuizione mi è sorta sul momento.
Poiche il testo parla di angoscia, è proprio di quell'angoscia, studiata da Freud, l'umwelt (il principale apporto di freud a mio parere), ossia quel non sentirsi a casa propria, pur essendo a casa propria.
La mia intuizione è proprio la sintesi tra queste 3 riflessioni, ossia che il soggetto si instaura praticamente da subito come minaccia di estinzione, ossia il soggetto ha paura radicalmente, originariamente.
Solo dopo arrivano i lamenti, il dolore e infine la morte, ossia l'apertura sull'abisso, la massima riflessione umana, è già nell'infanzia. Non è difficile trovare nel testo, la stessa identica funzione di riconoscimento, là chiamata "nascita".
Il divenire non mi pare possibile legato alla nascita, infatti come la morte è un tema che si può comprendere solo dopo.
Sono quindi estremamente critico su questo passaggio, che è chiaramente inferenzialmente errato.
(e già di per sè inficerebbe la dottrina che lo presenta, che infatti crede che esista questo divenire: non esiste alcun divenire, esiste solo un soggetto e la sua destinalità.)
A questo punto passiamo all'attaccamento, questa volta mi sembra molto forte come premessa, è abbastanza facile credo ravvisarlo.
L'infante comincia ad essere attaccato, a credere nel suo soggetto sensibile.
Certamente il sensibile è legato alla sua disperazione di non essere più, e perciò è legato come la filosofia occidentale ci insegna al proprio oggetto.
Ma andando più a fondo, e cioè insieme a Hegel, l'unico finora che lo dice esplicitamente, si unisce con l'oggetto che ha il terrore di perdere, tramite il nome. Si comincia a famigliarizzare con il linguaggio e cioè il soggetto sensibile sta per fare quel grande salto che lo distingue nel soggetto vero e proprio, ossia quello trascendentale. Ossia il soggetto sensibile entra nel regno del linguaggio, tramite il regno del nome. Quindi mi aspetterei da questi geni dell'intuizione profonda che sono gli indiani, che il prossimo passo sia il nome.
E invece rileggendo vedo che il nome è più in alto nella catena.
Questa scuola introduce il desiderio, la brama nella traduzione.
Accolgo volentieri questa proposta, in quanto rientra nella mia triade di interesse (soggetto-desiderio-oggetto).
La accolgo come in fin dei conti essa si deve essere presentata al bambino, la voglia di rivedere la medesima cosa.
(lo posso osservare facilmente). Non mi va a genio che si appiattisca solo a questo, ma è evidente, che è una riflessione non sul linguaggio, ma sull'origine. Sulla nascita.
A questo punto prima della senzazione, mettono il nome. Errore pacchiano, come può esserci nome senza sensazione?
E a questo punto la scuola si sfilaccia senza più rimedio, perchè credono che il nome e le forme, non siano dunque l'esito delle sensazione ma della coscienza. Dunque la coscienza è un oggetto, e come tale è dunque mente. Questa scuola non fa i conti con l'intero panorama filosofico occidentale. In paricolare ovviamente Cartesio: la mente come si concilia con l'oggetto? tramite Dio? tramite un genio maligno?
Siamo forse un cervello nella vasca??? etc...etc...io detesto la filosofia analitica e i loro falsi problemi.
C'è un grado superiore alla coscienza-mente, ed è quello karmico. Che poi sarebbe il cervello nella vasca versione orientale.
Dunque la diagnosi della proposta fattami da Apeiron è assolutamente negativa, non si indica la luna, l'illuminazione, ma si indica il dito, ossia che possa esistere questa fantomatica mente. E che quindi dietro la mente, c'è la mente. Uno di quei mortiferi A=A che non volgiono dire niente. Ahimè!
Più in fondo a esplicitare ancora meglio dove sia l'errore:
""E cos'è la coscienza? Questi sono i sei i tipi di coscienza: coscienza visiva, uditiva, olfattiva, gustativa, fisica e mentale. Questo stato è chiamato coscienza."
Coscienza è coscienza dei sensi. Dunque è mentale.
Interessante il "dunque" della questione filosofica, se il dolore è mentale, allora bisogna bloccare la mente.
Ossia diventa una questione scientifica. E infatti la psicologia del profondo di matrice olandese, transumana mi sembra, sta riscuotendo un grande successo nella cura paliativa ai malati di cancro.
Con la meditazione profonda è possibile bloccare i sintomi del dolore. (io c'ho provato con il mal di denti: non ha funzionato)
Ovviamente Apeiron ha sbagliato a propormi questo autore del pali, mi attendo ancora grandi cose dal pensiero medievale indiano.
"Dunque c'è una catena causale. Mi pare strano non ammetterla."
Che voleva dire, che non ammetto il nulla, ma che invece ,mi aspetto qualcosa dal Buddismo, nelle sue correnti più filosofiche, che sia una vera rivelazione, una vera illuminazione, ossia cosa viene illuminato? il dito punta alla luna, o punta a se stesso?
La coproduzione causale.
Un tema che mi ha lanciato apeiron.
Di nuovo mi ritrovo a seguire questo sentiero nel labirinto filosofico.
A Savatthi... "Monaci, vi descriverò e vi analizzerò le coproduzioni condizionate.
"E cos'è una coproduzione condizionata? Dall'ignoranza come condizione derivano le predisposizioni karmiche. Dalle predisposizioni karmiche come condizione deriva la coscienza. Dalla coscienza come condizione derivano il nome e la forma. Dal nome e dalla forma come condizione derivano i sei sensi. Dai sei sensi come condizione deriva il contatto. Dal contatto come condizione derivano le sensazioni. Dalle sensazioni come condizione deriva la brama. Dalla brama come condizione deriva l'attaccamento. Dall'attaccamento come condizione deriva il divenire. Dal divenire come condizione deriva la nascita. Dalla nascita come condizione si producono l'invecchiamento e la morte, il dolore, i lamenti, l'angoscia e la disperazione. Tale è l'origine di questa massa intera di dolore e sofferenza.
Intanto la parola co-produzione a me non piace, infatti benchè esista una coscienza (e non una mente) essa non è co-producente.
La produzione, termine centrale su cui sto meditando da mesi, non è che del soggetto, e di nessun altro.
Se la produzione è insieme a qualcuno, allora è produzione comunitaria (ed è quello a cui ambisco).
Ma la produzione non è insieme a Dio, per intenderci.
I miei demoni mi suggeriscono di partire al contrario, perciò...ossia dal soggetto sensibile.
Per quel che posso vedere e ricordare il bambino prende atto del suo esistere, sensibile, solo in concomitanza di una paura primordiale, difficilmente spiegabile (gli scienziati parlando di memoria genetica, possibile spiegazione, seppure immaginifica).
Dunque è subito la paura di non esserci: frattanto un altra intuizione mi è sorta sul momento.
Poiche il testo parla di angoscia, è proprio di quell'angoscia, studiata da Freud, l'umwelt (il principale apporto di freud a mio parere), ossia quel non sentirsi a casa propria, pur essendo a casa propria.
La mia intuizione è proprio la sintesi tra queste 3 riflessioni, ossia che il soggetto si instaura praticamente da subito come minaccia di estinzione, ossia il soggetto ha paura radicalmente, originariamente.
Solo dopo arrivano i lamenti, il dolore e infine la morte, ossia l'apertura sull'abisso, la massima riflessione umana, è già nell'infanzia. Non è difficile trovare nel testo, la stessa identica funzione di riconoscimento, là chiamata "nascita".
Il divenire non mi pare possibile legato alla nascita, infatti come la morte è un tema che si può comprendere solo dopo.
Sono quindi estremamente critico su questo passaggio, che è chiaramente inferenzialmente errato.
(e già di per sè inficerebbe la dottrina che lo presenta, che infatti crede che esista questo divenire: non esiste alcun divenire, esiste solo un soggetto e la sua destinalità.)
A questo punto passiamo all'attaccamento, questa volta mi sembra molto forte come premessa, è abbastanza facile credo ravvisarlo.
L'infante comincia ad essere attaccato, a credere nel suo soggetto sensibile.
Certamente il sensibile è legato alla sua disperazione di non essere più, e perciò è legato come la filosofia occidentale ci insegna al proprio oggetto.
Ma andando più a fondo, e cioè insieme a Hegel, l'unico finora che lo dice esplicitamente, si unisce con l'oggetto che ha il terrore di perdere, tramite il nome. Si comincia a famigliarizzare con il linguaggio e cioè il soggetto sensibile sta per fare quel grande salto che lo distingue nel soggetto vero e proprio, ossia quello trascendentale. Ossia il soggetto sensibile entra nel regno del linguaggio, tramite il regno del nome. Quindi mi aspetterei da questi geni dell'intuizione profonda che sono gli indiani, che il prossimo passo sia il nome.
E invece rileggendo vedo che il nome è più in alto nella catena.
Questa scuola introduce il desiderio, la brama nella traduzione.
Accolgo volentieri questa proposta, in quanto rientra nella mia triade di interesse (soggetto-desiderio-oggetto).
La accolgo come in fin dei conti essa si deve essere presentata al bambino, la voglia di rivedere la medesima cosa.
(lo posso osservare facilmente). Non mi va a genio che si appiattisca solo a questo, ma è evidente, che è una riflessione non sul linguaggio, ma sull'origine. Sulla nascita.
A questo punto prima della senzazione, mettono il nome. Errore pacchiano, come può esserci nome senza sensazione?
E a questo punto la scuola si sfilaccia senza più rimedio, perchè credono che il nome e le forme, non siano dunque l'esito delle sensazione ma della coscienza. Dunque la coscienza è un oggetto, e come tale è dunque mente. Questa scuola non fa i conti con l'intero panorama filosofico occidentale. In paricolare ovviamente Cartesio: la mente come si concilia con l'oggetto? tramite Dio? tramite un genio maligno?
Siamo forse un cervello nella vasca??? etc...etc...io detesto la filosofia analitica e i loro falsi problemi.
C'è un grado superiore alla coscienza-mente, ed è quello karmico. Che poi sarebbe il cervello nella vasca versione orientale.
Dunque la diagnosi della proposta fattami da Apeiron è assolutamente negativa, non si indica la luna, l'illuminazione, ma si indica il dito, ossia che possa esistere questa fantomatica mente. E che quindi dietro la mente, c'è la mente. Uno di quei mortiferi A=A che non volgiono dire niente. Ahimè!
Più in fondo a esplicitare ancora meglio dove sia l'errore:
""E cos'è la coscienza? Questi sono i sei i tipi di coscienza: coscienza visiva, uditiva, olfattiva, gustativa, fisica e mentale. Questo stato è chiamato coscienza."
Coscienza è coscienza dei sensi. Dunque è mentale.
Interessante il "dunque" della questione filosofica, se il dolore è mentale, allora bisogna bloccare la mente.
Ossia diventa una questione scientifica. E infatti la psicologia del profondo di matrice olandese, transumana mi sembra, sta riscuotendo un grande successo nella cura paliativa ai malati di cancro.
Con la meditazione profonda è possibile bloccare i sintomi del dolore. (io c'ho provato con il mal di denti: non ha funzionato)
Ovviamente Apeiron ha sbagliato a propormi questo autore del pali, mi attendo ancora grandi cose dal pensiero medievale indiano.


che quando ci si libera dalla dimensione per così dire simbolica, ed è un passaggio sottolineato anche nell'induismo, si entra nella dimensione del vuoto. Ossia quando il soggetto ha scelto di non essere più tale.
(bravo Apeiron e bravo Sari che l'avete intuito).
, è che conosco le delizie della meditazione su me stesso