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Messaggi - green demetr

#2476
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
04 Gennaio 2018, 22:00:18 PM
Preso da uno delle mie demoniache intuizioni mi chiedevo:

"Dunque c'è una catena causale. Mi pare strano non ammetterla."

Che voleva dire, che non ammetto il nulla, ma che invece ,mi aspetto qualcosa dal Buddismo, nelle sue correnti più filosofiche, che sia una vera rivelazione, una vera illuminazione, ossia cosa viene illuminato? il dito punta alla luna, o punta a se stesso?


La coproduzione causale.

Un tema che mi ha lanciato apeiron.

Di nuovo mi ritrovo a seguire questo sentiero nel labirinto filosofico.

A Savatthi... "Monaci, vi descriverò e vi analizzerò le coproduzioni condizionate.
"E cos'è una coproduzione condizionata? Dall'ignoranza come condizione derivano le predisposizioni karmiche. Dalle predisposizioni karmiche come condizione deriva la coscienza. Dalla coscienza come condizione derivano il nome e la forma. Dal nome e dalla forma come condizione derivano i sei sensi. Dai sei sensi come condizione deriva il contatto. Dal contatto come condizione derivano le sensazioni. Dalle sensazioni come condizione deriva la brama. Dalla brama come condizione deriva l'attaccamento. Dall'attaccamento come condizione deriva il divenire. Dal divenire come condizione deriva la nascita. Dalla nascita come condizione si producono l'invecchiamento e la morte, il dolore, i lamenti, l'angoscia e la disperazione. Tale è l'origine di questa massa intera di dolore e sofferenza.

Intanto la parola co-produzione a me non piace, infatti benchè esista una coscienza (e non una mente) essa non è co-producente.
La produzione, termine centrale su cui sto meditando da mesi, non è che del soggetto, e di nessun altro.
Se la produzione è insieme a qualcuno, allora è produzione comunitaria (ed è quello a cui ambisco).
Ma la produzione non è insieme a Dio, per intenderci.

I miei demoni mi suggeriscono di partire al contrario, perciò...ossia dal soggetto sensibile.
Per quel che posso vedere e ricordare il bambino prende atto del suo esistere, sensibile, solo in concomitanza di una paura primordiale, difficilmente spiegabile (gli scienziati parlando di memoria genetica, possibile spiegazione, seppure immaginifica).

Dunque è subito la paura di non esserci: frattanto un altra intuizione mi è sorta sul momento.
Poiche il testo parla di angoscia, è proprio di quell'angoscia, studiata da Freud, l'umwelt (il principale apporto di freud a mio parere), ossia quel non sentirsi a casa propria, pur essendo a casa propria.
La mia intuizione è proprio la sintesi tra queste 3 riflessioni, ossia che il soggetto si instaura praticamente da subito come minaccia di estinzione, ossia il soggetto ha paura radicalmente, originariamente.

Solo dopo arrivano i lamenti, il dolore e infine la morte, ossia l'apertura sull'abisso, la massima riflessione umana, è già nell'infanzia. Non è difficile trovare nel testo, la stessa identica funzione di riconoscimento, là chiamata "nascita".

Il divenire non mi pare possibile legato alla nascita, infatti come la morte è un tema che si può comprendere solo dopo.
Sono quindi estremamente critico su questo passaggio, che è chiaramente inferenzialmente errato.
(e già di per sè inficerebbe la dottrina che lo presenta, che infatti crede che esista questo divenire: non esiste alcun divenire, esiste solo un soggetto e la sua destinalità.)

A questo punto passiamo all'attaccamento, questa volta mi sembra molto forte come premessa, è abbastanza facile credo ravvisarlo.
L'infante comincia ad essere attaccato, a credere nel suo soggetto sensibile.

Certamente il sensibile è legato alla sua disperazione di non essere più, e perciò è legato come la filosofia occidentale ci insegna al proprio oggetto.
Ma andando più a fondo, e cioè insieme a Hegel, l'unico finora che lo dice esplicitamente, si unisce con l'oggetto che ha il terrore di perdere, tramite il nome. Si comincia a famigliarizzare con il linguaggio e cioè il soggetto sensibile sta per fare quel grande salto che lo distingue nel soggetto vero e proprio, ossia quello trascendentale. Ossia il soggetto sensibile entra nel regno del linguaggio, tramite il regno del nome. Quindi mi aspetterei da questi geni dell'intuizione profonda che sono gli indiani, che il prossimo passo sia il nome.
E invece rileggendo vedo che il nome è più in alto nella catena.
Questa scuola introduce il desiderio, la brama nella traduzione.
Accolgo volentieri questa proposta, in quanto rientra nella mia triade di interesse (soggetto-desiderio-oggetto).
La accolgo come in fin dei conti essa si deve essere presentata al bambino, la voglia di rivedere la medesima cosa.
(lo posso osservare facilmente). Non mi va a genio che si appiattisca solo a questo, ma è evidente, che è una riflessione non sul linguaggio, ma sull'origine. Sulla nascita.
A questo punto prima della senzazione, mettono il nome. Errore pacchiano, come può esserci nome senza sensazione?

E a questo punto la scuola si sfilaccia senza più rimedio, perchè credono che il nome e le forme, non siano dunque l'esito delle sensazione ma della coscienza. Dunque la coscienza è un oggetto, e come tale è dunque mente. Questa scuola non fa i conti con l'intero panorama filosofico occidentale. In paricolare ovviamente Cartesio: la mente come si concilia con l'oggetto? tramite Dio? tramite un genio maligno?
Siamo forse un cervello nella vasca??? etc...etc...io detesto la filosofia analitica e i loro falsi problemi.

C'è un grado superiore alla coscienza-mente, ed è quello karmico. Che poi sarebbe il cervello nella vasca versione orientale.

Dunque la diagnosi della proposta fattami da Apeiron è assolutamente negativa, non si indica la luna, l'illuminazione, ma si indica il dito, ossia che possa esistere questa fantomatica mente. E che quindi dietro la mente, c'è la mente. Uno di quei mortiferi A=A che non volgiono dire niente. Ahimè!

Più in fondo a esplicitare ancora meglio dove sia l'errore:

""E cos'è la coscienza? Questi sono i sei i tipi di coscienza: coscienza visiva, uditiva, olfattiva, gustativa, fisica e mentale. Questo stato è chiamato coscienza."

Coscienza è coscienza dei sensi. Dunque è mentale.

Interessante il "dunque" della questione filosofica, se il dolore è mentale, allora bisogna bloccare la mente.

Ossia diventa una questione scientifica. E infatti la psicologia del profondo di matrice olandese, transumana mi sembra, sta riscuotendo un grande successo nella cura paliativa ai malati di cancro.

Con la meditazione profonda è possibile bloccare i sintomi del dolore. (io c'ho provato con il mal di denti: non ha funzionato)


Ovviamente Apeiron ha sbagliato a propormi questo autore del pali, mi attendo ancora grandi cose dal pensiero medievale indiano.
#2477
Stavo pensando che però il problema dei BIG DATA, che sicuramente è lo specchio reale della forma democratica, non sia solo una questione inerente la comunità futura (o le comunità future), ma anche e forse sopratutto, almeno di questi tempi, di chi possiede le informazioni.
Infatti nel rapporto strategico con il potere, la massa è sempre in ritardo, sempre in affanno, ma qui siamo nei pressi dell'impossibilità stessa di ogni strategia.

Sicuramente nel breve, consegnando l'utopia a tempi molto più distanti.

Ci stavo pensando perchè rileggendo mi sembra che abbiamo banalizzato un pò troppo, troppo ottimistica la descrizione (seppure amara di sostanza), troppo esemplificativa.
#2478
Ciao Phil,

Analisi come al solito lucidissima, e che condivido in toto.
Ai giovani filosofi non si può dire che la democrazia è sbagliata, perchè è l'ideologia imperante, che nasconde il suo opposto.
Io temo che debbano testarlo di loro, sulla loro esistenza.

Questo ovviamente è il preambolo paziente a cui ognuno è chiamato a testare.
Se si ha onestà intellettuale, si apre l'orizzonte alla comunità (non mi importa affatto se sia democratica o altro, basta che sia comunità, ossia cosciente nell'ingranaggio in cui si è presi).

Non sono d'accordo che la storia sia letteratura, perdonami proprio, ma questa è una dei mezzi con cui il pensiero unico cerca di depistare gli intellettuali.

L'utopia foss'anco letteraria deve puntare, essere segno di qualcosa di reale.
Se non lo fosse sarebbe mera sciocchezza.

Siamo d'accordo che è un problema se ci fermiamo al nomen, nichilismo e tecnica, se servono solo a fare polemica contro qualcosa o qualcuno, non hanno nulla di filosofico.

Si tratta di vedere se nel reale quei nomi hanno una incidenza o meno.

Per questo serve una grande apertura mentale, una strategia di ampio respiro, senza buttare niente della storia persona, come tu stesso nella prima parte affermavi, salvo contraddirti nella seconda.

Perchè ogni filosofo ha scritto della utopia. Se non lo ha fatto, se non c'è orizzonte, non è filosofia.

Ecco forse su questo non siamo d'accordo, ma come dicevo a Kobayshi : non è importante, è la vita ad essere importante. Non certo il forum. che mi declassi a pop-sophia.....MA IO ODIO LA POPSOPHIA e i suoi eroi (FERRARIS). ;D

"nella taverna
la disputa scoppia di nuovo
luna velata
"
(Masaoka Shiki 1867-1902)   ::)


buon anno ancora!  ;)
#2479
Citazione di: InVerno il 30 Dicembre 2017, 10:25:00 AM
Citazione di: Angelo Cannata il 29 Dicembre 2017, 19:43:08 PM
Mi sembra che tu chieda troppo. La religione è per definizione "relazione con il mondo divino". Perché sia "divino", deve necessariamente avere qualcosa di sovrumano, altrimenti come fa ad essere divino? Sovrumano e miracolistico si possono considerare sinonimi. Come fa una religione ad essere religione senza niente di miracolistico, di superiore, di eccezionale, di appartenente a qualche altro mondo? Perciò mi sembra che tu chieda troppo, addirittura lo chiedi come punto di partenza.

D'altra parte, perché chiedere ciò? In linguaggio filosofico può corrispondere a ciò che si dice "trascendente". A me sembra che perfino un ateo che non pretenda di essere dogmatico, cioè materialista, possa ammettere il trascendente.
Ritorniamo a parlare di "mappa che non è il territorio"? Se ne è discusso a lungo. Miracolistico e divino, almeno nel mio vocabolario, hanno due significati diversi, e in questo particolare caso per miracolistico intendo "il divino che si trasforma in profitto personale". Sia esso in forma di guarigione, sia l'avere una citazione (ovvero un autorità) che avvalli i nostri pensieri e ci renda forti (nvincibili) in un dibattito, sia altre forme di guadagno che non hanno nulla a che fare con una relazione disinteressata o di puro amore con il divino, che troppo spesso si è  mescolato con il "regale" e dal quale perciò si ci aspettano regalie. Ma come si può essere disinteressati dall'oggetto della propria fede chiederai? bhe basta ricordarsi che l'oggetto è la TRINITA' cosmoteandrica non il libro, una divinità nemmeno di sostanza ma di relazione. Davvero la questione è stata ampiamente dibattuta e per quanto ne so la Chiesa ha più volte e fermamente ribadito che il cristianesimo non è una religione del libro, non andando cosi lontano quanto me ovviamente nel depotenziarlo, ma con il solito bradipismo comunque affermando qualcosa di positivo per i cattolici, qualcosa che può renderli parte viva di questo mondo e che i recenti contrasti con il modo mussulmano di avere fede, dovrebbero rendere ancora più prezioso.
Che lo scopo della Chiesa sia anche conservare il libro è un dato di fatto, che lo scopo del credente sia lo stesso anzichè ambire ad assomigliare un po più al proprio modello, tale Gesù, che tutto era fuorchè un conservatore di testi, forse dovrebbe essere evidenziato. La parola chiave (per chi ha anche un vago interesse che la fede cattolica sopravviva al prossimo secolo) è "rivelazione continua" , ovvero rivelazione nel punto di contatto tra credente e testo, non sul testo, non sul credente, nel punto medio dove si creano i significanti. Ed ecco che qualcosa si riallaccia ai miei discorsi "storici" (per niente) di studio della relazione tra autore-lettore.
Caro Domingo io non sono un detrattore della Bibbia, verso la Bibbia ho un atteggiamento filantropico, davvero vorrei che la Bibbia superasse indenne il prossimo secolo, credo nel valore dell'eredità culturale. Tuttavia vedo i cattolici come dei genitori iperapprensivi, immotivatamente dediti ad una protezione eccessiva (verso il divino!) che sul lungo periodo non farà altro che demolire quel poco che rimane. Mi dispiace che non vedano tutti i Gesù che nascono e muoiono ogni giorno, troppo fissi sulle righe della storia del "primo".

Ah perdonami non avevo letto questa precisazione riguardo il miracolo.

Rimane comunque una lettura la tua, assolutamente impoverente (ne tradisce l'aspetto ermeneutico che ho sottolineato nel mio messaggio precedente.)

Comumque sia:

Sì eravamo rimasti alla questione del Cristo-Re: dunque in realtà la tua era una critica.
In maniera molto interessante instauri un rapporto tra re e regalie, una sorta di tangentopoli religiosa  ;) .

Immagino tu intenda dire che forse il Gesù non voleva essere visto come Re, ma il popolo lo ha voluto vedere come tale? dunque il miracolo è una invenzione popolare?
Oppure è una critica allo stesso Gesù, che i  miracoli li faceva.

Cosmoteandrismo, termine che non conoscevo, ma ho ascoltato alcune documentari su Panikkar.
Non sono mica tanto sicuro che le posizioni della chiesa e di Panikkar siano la stessa cosa.
Ovviamente essendo stato induista, capisco al volo quello che intende Panikkar (teoria duale del mondo).
Ma questa visione a mio avviso è totalmente fraintendente la tradizione ebraica.

Il libro, non è il libro di tutti, è il libro del popolo eletto.

E comunque sia anche noi siamo figli di libri, dalle elementari in poi, abbiamo a che fare con libri, con documenti che come anche ha fatto notare il (pessimo) Ferraris: senza di essi non saremmo neppure riconosciuti come individui.

La critica alla monoliticità dei testi, (ma di tutti i testi) ci sta,

Interessante la visione moderna (agostiniana?) di un cristianesimo che si stacca dalla tradizione, e si butta nella storia.

Come Cacciari illuminantemente "mi" ha mostrato, il cattolicesimo è la libertà di trovare DIO nella STORIA. E dunque nel dramma della sua SCOMPARSA.

Ti chiedo dunque se anche tu vi ritrovi questi temi, centralissimi secondo me, oppure hai una visione più ottimista, come mi par di capire si possa evincere dal tuo augurio che il Libro sopravviva.

Ciao e buon anno!  ;)


#2480
Citazione di: InVerno il 29 Dicembre 2017, 16:15:20 PM
Citazione di: Domingo94 il 29 Dicembre 2017, 04:31:22 AM
Citazione di: Angelo Cannata il 26 Dicembre 2017, 16:16:48 PM
Se la Bibbia non sbaglia mai, come si spiegano le contraddizioni che contiene? Si può vedere per esempio il testo del Padre Nostro: se la Bibbia non si sbagliasse mai, dovrebbe per lo meno indicare un testo unico, mentre invece nei vangeli troviamo due versioni diverse del Padre Nostro. Troviamo due elenchi non corrispondenti dei nomi degli apostoli. La lista sarebbe lunga. Ci sono i passi in cui Dio si pente di ciò che ha fatto. Qui stesso ho evidenziato il fatto che Dio, vedendo la solitudine dell'uomo gli fa per compagnia gli animali, e meno male che l'uomo non si accontentò. E che dire di quando Dio comanda di uccidere il prossimo?
Dio si pentì poichè l'uomo non seguì più i suoi insegnamenti compiendo peccati su peccati; non è la Bibbia che si contraddice, è che è tradotta male, ricordiamo che è un libro molto antico scritto sia in aramaico sia in ebraico quindi sicuramente nella traduzione qualche ritocchino ad hoc sarà stato fatto, aggiungici anche i vari consigli ( tra cui Nicea ) della chiesa Cattolica ed il gioco  è fatto.
Se la bibbia si contraddice è perchè è scritta da uomini, cosa che ormai è riconosciuta da tutte le dottrine cristiane. E' particolare il modo in cui i cristiani si accostano spesso ai mussulmani nel comportarsi come una "religione del libro", dove il libro fisicamente ottiene una invincibilità le cui contraddizioni devono essere per forza spiegate da qualche "intruglio" successivo. Smarcarsi dall'aspetto miracolistico della vicenda religiosa (tra cui infallibilità di testi e persone) è forse un punto di partenza per un analisi più serena.

Dando per scontato che la Bibbia è una raccolta di testi anche distanti nel tempo e nei luoghi, sebbene concentrata in quel lembo di terra chiamato medio-oriente.
E dunque una raccolta, che tenta di dire molte storie raccogliendole  e selezionandole come se fosse UNA (e non molte) tracce.

L'aspetto miracolistico è uno stratagemma letterario, per indicare che qualcosa di molto importante si sta tentando di comunicare.

Non possiamo dunque proprio toglierlo.
#2481
Citazione di: InVerno il 27 Dicembre 2017, 15:56:11 PM
Citazione di: green demetr il 22 Dicembre 2017, 22:23:34 PM
Non capisco perchè Inverno continui a insistere su una versione storica del racconto biblico.
Ma ci mancherebbe, il problema è semai di chi legge che si vede intrappolato ad analizzare questi testi o in maniera fideistica\sapienziale o storica\storicista, i millenni di riverenza verso i testi non permettono nemmeno a tanti illustri atei moderni di affacciarsi alle sacre scritture come a semplice mitologia, l'idea stessa di un interpretazione mitologica sembra un depotenziamento e sopratutto un offesa  verso i credenti, quasi una mancanza di buon gusto davanti a una cosa "intima". Io non ho nessuna pretesa storica , ma nemmeno nessuna remore di offendere qualche anima pia,  il mio approccio è puramente mitologico come è forse inusuale fare per quanto riguarda questo testo che è chiaramente scritto da uomini, ovvero mitologico. Quando mi riferisco a mitologico mi riferisco a forma di "memoria culturale", la cui corretta comprensione necessita dell'intervento di tutte le informazioni culturali disponibili in concerto, e di cui il bagaglio sapienzale ebraico è  un ingrendiente ma non la forma completa di comprensione. Rimando per chi volesse approfondire al testo di Jan Asmann riguardo la memoria culturale pubblicato da Einaudi.

Si ok, grazie per la delucidazione, sono d'accordo anch'io che la questione sapienziale (quella che mi interessa) va compresa anche (ma non sopratutto) dal punto di vista storico.

Ci tengo a sottolineare come vi possano essere elementi storici che converrebbero ad una logica conseguenza, ma la sapienza nasce anche come momento di rottura, di novità.

Sul problema della fede, propongo di distinguere, quando la fede è istituzionalizzata, e dunque diventa violenta nel suo intento di proteggere le sue leggi (comunque sapienziali): poichè la stessa comprensione viene di fatto minacciata.

Ma vi è anche un problema di fede ultraterrena distinta dal potere mondano.
Non credo possiamo semplicemente ignorarla, per molti motivi, a me vengono in mente or ora questi punti:

1) che se non vi è fede, non so più nemmeno se si possa parlare di saggezza, ossia del pensiero che ragionando sul metafisico, il trascendente, e dandolo per reale, intellettualizzi i rapporti reali in questo mondo (faccia filosofia).

2) che la fede anche senza volerla vedere come pietra del paragone, per alchimie terrene, sia comunque una parte della mitologia stessa, del racconto primordiale.

3) non riconoscendo all'altro la potenza (potenzialità che esista questo Dio) della fede, di fatto si ponga da noi stessi un muro che impedisce il dialogo e dunque qualsiasi comunità futura.

Poichè ogni potenza ideale dà adito ad una potenza (in potenza, potenzialità, fattuabilità futura) terrena.


Insomma sì alla critica del potere temporale-religioso, non alla critica del potere religioso.

Per dirne una trovo aberranti le dichiarazioni della Bindi della scorsa settimana contro la massoneria.
In quanto confonde la dimensione religiosa con la dimensione temporale-religiosa.
Detto da lei, tipica esponente di una religione che si è imposta come temporale-religiosa, a mio parere, dà le dimensioni di tutte questi cortocircuiti senza fine, che la storia continua a metterci davanti.

Per uno studioso della mitologia come te allora Inverno non si addice che non fai queste legittime a mio avviso distinzioni.
#2482
Tematiche Filosofiche / Re:Un motivo per vivere
31 Dicembre 2017, 14:13:18 PM
Citazione di: Socrate78 il 31 Dicembre 2017, 13:08:27 PM
Se uno domanda questa cosa è perché è depresso? Assolutamente in disaccordo, ci si può porre questa domanda soltanto perché si è dotati di pensiero critico e di analisi, e il pensiero indaga, si chiede potenzialmente il motivo di tutto, del perché si è al mondo. Anche a me è capitato di farmi domande sul senso della vita, e non ero depresso, garantito, anzi, nei momenti della mia vita in cui ero più infelice per altri motivi (delusioni, problemi piccoli o più seri, ecc.) era proprio allora che ero meno disposto a interrogarmi su tali questioni, semplicemente perché ero concentrato sui miei problemi e non sui "massimi sistemi".   Ma allora scusate, si dovrebbero annoverare tra i depressi quasi tutti i filosofi, visto che si sono arrovellati a ricercare il senso dell'esistenza e del mondo stesso, erano poi super-depressi Schopenhauer, Heidegger, Sartre? Tutti da curare con massicce dosi di Prozac, giusto? Ridurre tutto alla patologia mentale della depressione è offensivo, porta a considerare il pensatore come un disturbato mentale, chi è veramente depresso oltretutto non può nemmeno pensare in maniera analitica visto che la depressione porta anche a scadimento di concentrazione e di molte altre funzioni cognitive. La civiltà attuale ci vuole tutti falsamente felici per ridurci a robot, a macchine per la produzione e non sarà lontano il giorno in cui verrà distribuita a man bassa la pillola della felicità per rendere tutti dei bambocci sereni incapaci di pensiero.

Tralascio volutamente il problema se esista o meno un rapporto tra filosofia e depressione.
(che ovviamente è una questione assai più complessa, ma non escluderei che ci si possa pensare "localmente").

Forse ho capito male, ma la domanda che ci (si?) fa WebAmnistrator non è se la vita abbia un senso. Ma la motivazione del vivere stesso.

In fin dei conti la risposta alla sua domanda sarebbe benissimo potuta essere, che si vive proprio per trovare un senso alla vita.

Insomma, ripeto forse sono troppo capzioso, io ci trovo due problemi distinti.

Detto questo fatti i distinguo, sono con te quando parli dell'idiozia della felicità (a tutti i costi, o a prezzo del conformismo).

#2483
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
31 Dicembre 2017, 14:05:48 PM
Ciao Apeiron e ciao Sari.

Avete aggiunto un sacco di informazioni, e ok, comincio a fare fatica a stare addietro al tutto. ;)

Comincio col dire che se mai vi fu una fase mistica (ma non la chiamerei così) quella è confinata agli anni dell'infanzia e della prima adoloscenza. Dell'induismo mi piaceva, mi piace tutt'ora sopratutto l'elemento metafisico. 
(motivo per cui ho deciso di ri-aprire all'India).

Ovviamente la metafisica occidentale è molto più vicina al mio modo di sentire, perchè si cala nel mio tempo storico, nel mio ora e qui.

Ora non immagino niente di più lontano che la sensibilità di chi vive un mondo radicalmente diverso dal nostro.

E ciò nonostante come dicevo il carisma dei maestri orientali ci raggiunge comunque.

Ma andiamo alla nostra chiaccherata/discussione.

Riprendendo da qui per Apeiron

cit
"in modo che "Nirvana" non sia la "mera estinzione". Anzi è la realtà più autentica 
e "reale" ma a differenza di Dao, Brahman, l'Uno platonico ecc non è in rapporto 

"causale" (in un certo senso) con le "cose" [e questo è un altro punto che mi 

disturba parecchio, personalmente ho capito che sono un "platonico" in un certo 

senso, peccato che l'Accademia è estina ecc ecc]"

Certamente che il mondo ideale sia un tutt'uno con il mondo reale, è stato il  grande sforzo platonico.
Sforzo occidentale se ce n'è uno.

Ma anche per l'induista (termine che ha senso solo per noi occidentali tra l'altro)  come per il Buddhista, la realtà è maya, velo, magia.

E' vero che l'atman coincide con "tu sei quello". Ma andando a leggere i testi della madukya upanishad, e dello yoga classico di Patanjali (perenni favoriti sia da noi che da loro) notiamo che quella affermazione non è centrale.
Direi piuttosto che è periferica. E'solo uno stato dell'energia cosmica, o prana.
Come già detto vi è un oltre a "tu sei quello". E coincide nel Samadhi. 
Ovvero l'annullamento del tu, a favore del cosmo. Processo irreversibile, comandato dal karma e dalle sue ruote dell'incarnazione perenne.
Ovvero il Nirvana.

La meditazione del Buddha è però peculiare, ossia originale, personale.
A mio modo di vedere egli fonde la tecnica, le tecniche di spersonalizzazione, con una fede in un mondo che si rivela come nulla.
Bizzarra questa cosa. 

Nondimeno anche dalle aggiunte complesse di cui ha parlato  Sari, ne è nata una corrente di pensiero, che dura tutt'oggi, anzi mi pare che il buddhismo sia in netta crescita e diffusione nel mondo. (pur rimanendo minoranza, 
se non sbaglio, e con infinite rotture interne.)

Ma insomma a me sorge il sospetto che si confonda la tecnica con il fine.
La tecnica di spersonalizzazione, che si basa sulla rinuncia del sè, porta alla 
paura del niente. Dunque oltre il sè c'è la mia paura, ossia c'è il niente.
Come altro intendere questo niente?

Probabilmente nel suo contrario, appunto come qualcosa.
Alla fine questo niente per sedurre comincia ad essere ornato di parole.
E queste parole rimandano a tutt'altra cosa, che la cosa in sè.
Ossia non rimandano al niente (che sarebbe la cosa in sè).
Rimandano a qualcosa che anzitutto è sottoteso al niente (dunque un qualcosa).
Ecco che forse allora si apre l'orizzonte in cui ricomprendere in cosa consista il buddismo.
Se di illuminazione si parla, qualcosa si deve pur vedere, qualcosa va illuminato.
A me interessa moltissimo la questione della vacuità, perchè se c'è un vacuo, è perchè è venuto meno, e dunque prima c'era, un qualcosa.

Dunque c'è una catena causale. Mi pare strano non ammetterla.

Altra cosa, è come raggiungere quel qualcosa, e come intendere quella catena.
Che a mio avviso è appunto la riflessione peculiarmente filosofica, filosofia speculativa, al suo massimo grado di astrazione.
Intendere il Nulla come qualcosa.

A questo punto dopo questa lunga premessa, che però spero faccia capire come la vedo io al riguardo, e ponendovi la domanda se vi trovate punti di intersezione o di futuro dialogo in queste premesse. Passiamo alla discussione rispetto ai vostri scritti.

Che farò domani. ;) insieme agli auguri per il buon anno ovvio.

e prosit!
#2484
Tematiche Filosofiche / Re:Un motivo per vivere
31 Dicembre 2017, 11:25:54 AM
Anche per me se uno domanda questa cosa è perchè è depresso.

Dunque automaticamente la questione si sposterebbe su un altro campo semantico.

Difficile anche togliere la questione religiosa.

E comunque la frase: " solo un Dio ci può salvare" è quanto di più filosofico io possa immaginare.

Si vive per essere salvati. Ossia "conosci te stesso".

Alla fine sono d'accordo con molti altri utenti.
#2485
Citazione di: Domingo94 il 26 Dicembre 2017, 04:22:05 AM
@Green-demetr  intendo che oltre la rivalità sin dai tempi antichi, c'è proprio una forza spirituale che secondo me induce i due stati a farsi la guerra, appunto poichè Dio nella Bibbia ha rivelato che il popolo di Israele debba ricevere molte persecuzioni poichè è il popolo santo, la Palestina non ha mai mandato giù il fatto di dargliela vinta, poi aggiungiamo anche i grandi interessi economici e il piatto è servito.

Mmmh interessante...si ci sta, tu stai dando un senso di profezia, ossia intendi la terra come qualcosa che ha a che fare con una profezia.

Ma non sapendola intendere, credi sia meglio lasciarla agli eventi della storia.

E' corretto come lo ho riscritto?

Rispetto il tuo deferimento, ma preferisco vie che richiedono alll'uomo uno sforzo per andare incontro al Dio.

Angelo sicuramente non è un libro di magia, ma di certo non possiamo dimenticare il suo carattere profetico.
Dove la profezia è anzitutto un richiamo alla politica (seguo le parole di Cacciari).
#2486
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
26 Dicembre 2017, 20:18:50 PM
Grazie Sari. Cercherò subito dopo la risposta, informazioni in rete.
Non voglio perdere l'intuizione.

Ciò detto l'enorme ammasso di informazioni che state mettendo a disposizione è insieme interessante, e per un neofita come, improntato ormai alle distinzioni della filosofia piuttosto confuso.
Ho bisogno di formarmi una corretta genealogia delle fonti.
(cosa che sto facendo anche per l'induismo).


Proviamoci lo stesso.

Allora Apeiron tu dici che praticamente nella tradizione theravada (quella socialista mi pare, quella del carro maggiore, ma potrei sbagliare.)

Il Nulla (come lo avevi definito) non sia affatto una via mediana di manifestazione dell'ente.
Ma un ente in sè e per sè (utilizzando la terminologia aristotelico-tomista, una "causa sui").
Perciò parli di via nichilista.

Riportiamo il canone pali cit

Un bramano disse al Benedetto: "Allora, Maestro Gotama, tutto esiste? "
"'Tutto esiste' è la forma più alta della cosmologia, bramano."
"Allora, Maestro Gotama, niente esiste? "
"'Niente esiste' è la seconda forma della cosmologia, bramano."
"Allora tutto è Unicità? "
"'Tutto è Unicità' è la terza forma della cosmologia, bramano."
"Allora, tutto è Molteplice? "
"'Tutto è Molteplice' è la quarta forma della cosmologia, bramano. Evitando questi due estremi, il Tathagata insegna la via di mezzo del Dhamma"


Allora ragioniamo: sì può essere benissimo che sia così, anche se non so a quale periodo o scuola appartenga l'illuminante dialogo riportato in incipit.
(NR: Ho controllato, il canone pali è usato dal theravada, quindi la tua distinzione è quantomeno strana. Critichi un testo theravada, dicendo che non è theravada in sostanza! non cambia comunque quando vado sotto esponendo ;-) ).

Il maestro infatti dice che il buddismo ignora gli estremi, e si concentra sulla via mediana.
Ossia appunto fa partire l'ontologia non dal tutto, ma dal nulla in sè.
"Nulla" ontologico esistente, e non "niente" come assenza ontologica, come negazione, come mi par di capire avevi voluto sottolineare anche tu nel primo intervento.

Infatti proseguendo citi il Nirvana è esistente.
E su questo se ho capito bene dunque entrambi siamo d'accordo.
(non siamo d'accordo semmai sulla genealogia di questa ontologia.Che tu leggi in maniera problematica, se non contradditoria, e che invece a me sembra chiara.Infatti sono discorsi diversi, uno vuole essere di carattere generale, e inevitabilmente si rifà alla tradizione indù, ma l'altro è invece peculiare. E quindi peculiarmente sceglie una via ARGOMENTATIVA, simbolica, diversa.
Simbologia che noi da bravi filosofi chiamiamo ontologia.Ma immagino Sari è lì sull'uscio di villa Sari ad aspettarci per tirarci le orecchie.

incondizionata (ovviamente una causa sui non può essere condizionata, questo è solo un corollario, una ripetizione).


eterna (=dhuva) dunque eterno e non irreversibile, se fosse irreversibile vorrebbe dire che accetta l'idea di tempo.
Ma come sappiamo non esiste il tempo, in questo senso eterno credo.

permanente (=nicca) è il corollario di dhuva, se non diviene dunque permane.

priva di nascita e morte (ajati e amata) altro corollario nel senso che non può avere in sè il concetto stesso di nascita e morte.
Se lo avesse non sarebbe eterna, e ben più grave, non sarebbe causa sui.
Che è poi l'argomentazione evidentemente più importante per un filosofo occidentale (Che crede nel divenire).

cit Apeiron
Inoltre in un certo senso è "pace", tranquillità, calma, felicità, rifugio ecc questa interpretazione è secondo me molto più attinente ai testi.

Invece per me è problematico, perchè se avesse tali connotati, allora sarebbe condizionabile da essi.
Ma ovviamente quella buddista, non è una ontologia pura.
Qua secondo me perdiamo le cordinate, se non introduciamo invece la componente letteraria, e i suoi scopi. La telelogia del testo, e non della teoria.

Sempre considerando che il testo che tu citi caro Apeiron non contiene niente di quella che hai citato.

citx
Nibbana Sutta - Vi è quella dimensione dove non c'è terra, né acqua, né fuoco, né vento; non vi è la dimensione dell'infinità dello spazio, né la dimensione dell'infinità della coscienza, né la dimensione del nulla, né la dimensione di 'né-percezione-né-non-percezione'; non vi è questo mondo, né un altro mondo, né sole, né luna. E lì, io dico, non vi è giungere, né andare, né rimanere; né scomparire né sorgere: non è fisso, né si evolve, senza sostegno (oggetti mentali). Questa, solo questa, è la fine della sofferenza."

Che invece mi pare complementare alla idea ontologica che abbiamo insieme condiviso.

Intanto probabilmente un errore di traduzione: ..."la dimensione del nulla".
Non può essere il nulla visto che parliamo del nulla, la traduzione di qualcuno un pò più attento dovrebbe essere "non vi è la dimensione del niente".

Sottolinerei anche la raffinatezza di negare anche la dimensione dell'infinito, che per noi occidentali è invece imprescindibile della causa sui.

E che condivido, se qualcosa è permanente e fuori dal tempo, non può essere infinito.
Infinito vuol dire che è non finitezza, ma in sè, il nulla non ha la dimensione del niente. NON-finito = Insieme complementare del finito.E questone è impossibile.
Non a caso gli indiani sono geni matematici. Ossia non vi è complementarità nel nulla.(ed è quello che Buddha cerca di comunicare!) (nessun complementare in fin dei conti è negazione di qualsiasi dualità, e come dicevi tu Apeiron, è peculiare del buddhismo, nella mia scuola invece il dualismo è importantissimo).

cit Apeiron
L'interpretazione nichilistica invece non era presente in nessuna scuola antica, eccetto forse i Sautrantika. Credo che sia una innovazione moderna e non molto buona, in realtà nata in particolar modo dall'influenza "nichilistica" della nostra cultura. Se fosse "vera" non si spiega perchè non era "dominante" nell'antichità (eccetto forse in una sola scuola)

Ascolta Apeiron, proprio perchè il Nulla non è il Niente, ossia non è negazione, e sei il primo a ipotizzarlo, poi perchè chiami il Nulla come "Nichilistico alla occidentale", ossia comprendente il concetto di Niente, di non, di negazione, che tu per primo avevi escluso?


cit Apeiron
"con i commentari Theravada "

Abbi pazienza come dicevo all'incipit, non ho ancora questa visione d'insieme.

Seguo comunque i tuoi passi


cit apeiron
"1) nichilistica, già discussa - ovvero che "tutto l'esistenza è "negativa", priva di significato e la massima aspirazione è la non-esistenza";"

Qua bisogna vedere se tu hai capito,o hai, come mi sembra travisato.

Di certo hai portato alla discussione due temi centrali anche per me.


Il significato, che per me è anche il senso. Seguendo le citazioni fatte finora, effettivamente non si ha ancora riempito di significati, di connotati direbbe Peirce, la grammatica senza la semantica, che dovrebbe collegarsi alla "causa sui" del Nulla. Insomma la sua giustificazione.

La non-esistenza, ossia il non vivere, che è poi la cosa più disturbante non solo del Buddhismo (ammesso che sia così) ma anche e sicuramente dell'induismo.

Ma allora perchè si dice Buddhismo sociale????

cit Apeiron
2) una conferma dell'ortodossia theravada;

vabbè dai non è solo un problema buddista, ma di qualsiasi religione che diviene istituzione.

3) l'interpretazione di Nagarjuna ovvero che la distinzione tra samsara e nirvana, tra "questo" e "quello" è meramente mentale.

Non so chi sia Nagarjuna, mi sembra una interpretazione abbastanza difficile da condividere.
La traduzione poi è sospetta a dir poco, mentale non so nemmeno se esista nella tradizione Induista.


cit apeiron
Ma a differenza dell'induismo questa rimande una "non-dualità" e non una "unità".

Hai colto perfettamente.


cit Sutta Nipāta da Upasiva-manava-puccha

[Upasiva:]

Se rimane in quella dimensione, Onniveggente,
sereno per molti anni,
rettamente
sarà sereno e liberato?
Avrà una simile coscienza?

[Il Buddha:]

Come una fiamma spenta dalla forza del vento
si estingue
e non può più essere identificata,
così il saggio libero dal nome
estinguendosi
non può più essere identificato.

cit apeiron
Il Tathagatha non lascia alcuna traccia, non lo può trovare perfino la Morte (Mara). Non lascia più tracce come gli uccelli nel cielo (Dhammapada 92,93). In sostanza ogni concettualizzazione non cattura il Tathagatha (quindi in un certo senso è una "realtà" ed "esiste" ma è incomprensibile a noi "uomini mortali"  ;D )...;

Ma è proprio nel sutta da te citato che vi sono passaggi (che ahimè ho provato).
Ossia la distruzione del sè. (le tecniche meditative per arrivarvi.

Quindi non è vero che non possiamo comprenderla, semplicemente la sua comprensione coincide con la nostra dissoluzione.

Non so cosa sia il Tathagatha, immagino sia sempre il Nulla.

cit Sutta Nipāta da Upasiva-manava-puccha
Concentrato con presenza mentale sulla vacuità, [la dimensione della vacuità, uno dei quattro livelli di assorbimento mentale (jhana), dopo la dimensione dell'infinità della coscienza, concentrandosi sulla percezione del nulla.]

Anzitutto le correzioni grammatiche.
Ci si concentra sul propria presenza astenendosi dalle percezioni sensoriali esterne. Ossia si allena propriamente il soggetto, a riconoscersi come tale.
Non esiste meditazione senza che il soggetto si riconosca come tale.

Ossia come Coscienza (di mentale non vi è proprio niente, perchè si potrebbe pensare come fa la scemo-scienza che esistano proprietà alla cosidetta mente.
e quindi che la dimensione del vacuo equivalga a qualche confusione dei due cerebri, ipotesi già avanzata NDR da qualcuno)

Ossia che vi è qualcosa d'altro, oltre al sè sensibile.(l'io nella tradizione filosofica occidentale).
Questo qualcosa d'altro qui lo chiamano dimensione, come in India lo chiamano piano dell'esistente (e a volte anche MONDO, PIANETA).

Una volta entrati nella meditazione ci si percepisce esattamente come infiniti.
Infatti il cervello comincia ad entrare in fase oscillante. E mentalmente (ammesso di chiamare mente, il piano della coscienza) ci si attiva in quel modo.
Io stesso l'ho provato letteralmente centinaia di volte.
Io la chiamo come fase dell'ascolto. Si ascolta. E' propriamente la dimensione degli orizzonti, delle fantasie, e delle storie sapienziali. (come letto da una tesi tempo fa, è anche precisamente la via che Platone ha magistralmente descritto, non la dimensione del visibile, ma la dimensione dell'accoglimento, e della trasformazione, platonismo ermetico probabilmente).
E' lì il danno   :(  che quando ci si libera dalla dimensione per così dire simbolica, ed è un passaggio sottolineato anche nell'induismo, si entra nella dimensione del vuoto. Ossia quando il soggetto ha scelto di non essere più tale.
Per quanto possa parere strano, io posso solo dire che non è via mortifera.
Anzi percepisci direttamente Dio come tale, ossia come voce oltre l'assenza.
Ma  :( per accogliere quella voce, o meglio quello che sembra una voce, ma ovviamente non lo è, perchè quella sensazione è un tentativo disperato del soggetto, che sta andando verso una dissoluzione voluta.
A quel punto molti cadono, io compreso, perchè se non si ha abbastanza fede, allora quella voce, declina in maniera repentina come Pulsione di morte. E il soggetto per un processo naturale di vitalità, ossia di sopravvivenza, si defila, e si ripercuote anche sul fisico, a me con giramenti di testa, ma ho sentito di gente che è proprio uscita di testa. A essere cinici, c'è persino da chiedersi se questi santoni siano stati veramente in grado di entrare in quella dimensione ulteriore.
E come mai non descrivano come hanno fatto ritorno.

In questo senso, se è quello che ipotizzi, allora sono d'accordo, che anche il buddismo, almeno seguendo questo sutta, che copia spudoratamente dallo yoga, sia una religione pericolosamente nichilista. Di certo nega la vita.
E questo è difficile negarlo.



cit apeiron
4)4) un'interepretazione molto suggestiva tipica (credo) della filosofia Yogacara/Cittamatra e della tradizione della Foresta thailandese per cui il nirvana è una radicale "trasformazione" della coscienza: una coscienza senza "supporto", libera come il raggio di luce di pochi messaggi fa. Una coscienza (vijnana) che non è "fissata" su nulla, senza oggetto e soggetto. Inoltre è luminosa (=irradia "metta" ovunque) ecc questa interpretazione secondo me è quella più affascinante di tutte anche perchè ultimamente sto vedendo che prajna (= saggezza) e metta (=buona volontà/amore)/karuna (=compassione) vanno in realtà a braccetto e che la saggezza autentica è accompagnata dalla "buona volontà" e viceversa. Questa convinzione esposta anche da Sariputra un po' di messaggi fa mi sta aiutando moltissimo.


Non credo che il Nirvana, proprio per tutto quello che abbiamo detto sopra sia la trasformazione, ma di certo, la via che porta ad esso, porta a quella forma particolare di sapienza chiamata illuminazione.

A proposito giusto ieri ho ri-scoperto questo simbolo interessante. Il mandala degli 8 sentieri. (clicca per ingrandire, sul sentiero buddista c'è scritto "illuminazione"  :D (bravo Apeiron e bravo Sari che l'avete intuito).



ideato da Anthony Elenjimittam. (mi sono imbattuto su di lui cercando le novità di filosofia nel catalogo mursia.  ;D)

Come dire in fin dei conti credo che la dimensione più arricchente per la vita, sia proprio quella che compete alla vita, al simbolo, al soggetto. E anche su quello, se ho almeno vagamente inteso le tue aspirazioni, siamo d'accordo.

vabbè mi sembra di aver divagato abbastanza alla prossima.


ndr scusate il mandala originale è questo. (i traduttori italiani hanno fatto casino come al solito). Infatti non c'è la questione dell'illuminazione, che mi pare dal poco visto centrale comunque nel buddismo),
#2487
Tematiche Filosofiche / Re:Anima, Spirito, Mente
26 Dicembre 2017, 17:42:14 PM
Citazione di: viator il 25 Dicembre 2017, 19:14:22 PM
Niente definizioni chiare (non importa se "sballate"), niente discussioni chiare. Non chiedendo di condividerle, vediamo comunque le eventuali reazioni alle mie definizioni di ANIMA, SPIRITO, MENTE.

L'ANIMA è la FORMA (***) interiore, intrinseca delle cose. E' ciò che fa essere sé stessa quella tal cosa. Essa è presente in tutto ciò che è ""inanimato"" ed animato.

SPIRITO è termine che viene usato per riferirsi ad un'anima (una forma, appunto) talmente evoluta, complessa, da aver sviluppato la capacità di volere. Quindi va riservato ai viventi o a degli enti in grado di agire autonomamente. Lo spirito è presente solo nel mondo cosiddetto "animato".

La MENTE è una funzione cerebrale sviluppatasi in anime provviste di spirito per permettere - oltre a quello del volere - l'esercizio dell'intendere (il capire - la prima cosa che la mente intende è il SE', quindi la sua esistenza presuppone l'aver sviluppato una coscienza. In pratica, mente e coscienza sono quasi sinonimi poiché non si è mai udito di qualcuno che si mettesse a fare ragionamenti in stato di incoscienza).
Ovviamente essa è presente solo nell'uomo.

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(***) LA FORMA : Prendiamo un sasso. Si tratta di un grosso o piccolo blocco i sostanza minerale (esistono migliaia di minerali diversi) avente una certa e variabile forma. ATTENZIONE !!... per FORMA non si intende soltanto il profilo dei suoi contorni, ma soprattutto la sua STRUTTURA, cioè il modo in cui i suoi componenti (atomi e molecole) sono disposti, STRUTTURATI nel volume INTERNO del sasso. La differenza tra forma esterna e struttura è quella che potrebbe esserci tra due edifici che all'esterno appaiano identici (stessi materiali da costruzione e stesse dimensioni) mentre al loro interno potrebbero essere suddivisi ed arredati in modi diversissimi e quindi utilizzabili in modi egualmente diversissimi. Per questa ragione stiamo parlando di FORMA INTERIORE.

Sassi, edifici, esseri viventi, umani....tutto possiede un'anima così intesa. La diversa struttura dell'ANIMA delle cose permette loro di svolgere funzioni diverse.
Ecco quindi che esisteranno anime semplici, analizzabili, complicate, insondabili, SPIRITUALI, CEREBRALI, TRASCENDENTI......... a seconda del grado di evoluzione, perfezionamento (per i credenti, di eventuale intenzione creazionistica divina) presentato dal soggetto o dall'oggetto la cui anima stiamo prendendo in esame.

L'anima umana rappresenta il vertice della complicazione di una forma interiore, è per questo che non non riusciamo a concepire come essa possa risultare basata su delle relazioni tra i suoi componenti materiali. La mente rappresenta un componente, una parte della nostra anima complessiva, è ovvio che la PARTE non possa capacitarsi del TUTTO che la contiene !!

L'anima infine possiede la singolare caratteristica di risultare una pura, immateriale FORMA che risulta tuttavia inestricabilmente legata ad una SOSTANZA materiale che la ospiti. Questa è semplicemente la chiave interpretativa del rapporto - che si crede contradditorio mentre invece è unificante - tra ANIMA e CORPO - FORMA e SOSTANZA - SPIRITUALITA' e MATERIALITA' - ASSOLUTISMO e RELATIVISMO.................

Riassumendo per te noi siamo mente.

Tipico riduzionismo monista, in questo caso di tipo mentalista. (o ho travisato?)

A me suona così, "io sono la mia mente".

Evvabbè ma che è la mente??? Il cervello???? la mente+il cervello????

solo mente o solo cervello????

la mente e il mondo, la mente da sola.

il cervello e il mondo o il cervello da solo????

Non so a me viene in mente, che la mente non c'entra niente con il problema della distinzione o meno fra mente e natura.

Il problema sarà mai se ha senso fare questa distinzione, in che misura, e per quale scopo?

Vuole aggiungere qualcosa a sua discolpa  ;)  ?

Interessante comunque il concetto di anima come forma, invece che come sostanza.  :)

Faccio a fatica ad entrare nella tua ottica generale, per poterne vedere delle possibili implementazioni. :(

#2488
cit Kobayashi
"....Ora, tutto questo per dire che, secondo me, non può esistere una comunità autentica che non sia costituita da persone almeno parzialmente "risvegliate"; ma non può nemmeno esserci un certo numero di "risvegli" se non all'interno di un'autentica comunità..."  (caro Kobayashi un abbraccio, la penso proprio così anch'io) :)

(Ma più in generale sulle altre questioni ti propongo ulteriori spazi di discussione, tutti allegramente enigmatici e oscuri.)

Caro Kobayashi sono d'accordo esiste una profondità dell'interiorità.

Certo è il contrario della strada che Nietzche adotta.

Io odio Agostino, perchè ha introdotto questa cosa nell'occidente, il meditare su se stessi (il soggetto! e tutto il suo fardello di complicanze e deviazioni! MA nessuno è mai se stesso chiosa Carmelo Bene nel suo genio!).
Non è che odio meditare su me stesso  :-[ , è che conosco le delizie della meditazione su me stesso  :-[ .

Non è meditare su Dio, ma per qualche proprietà psicologica è collegato ad Esso, cosa che forse Agostino ha illustrato (anzi sicuramente l'ha illustrata, qua sono ignorante, ma non abbastanza, per non riconoscere che tutti gli indizi portano a quello).

Dicevo che l'interiorità profondo echeggia Dio, anzi io credo che l'intera cultura sapienziale gnostico-alessandrina-greca (chiedo perdono per la confusione, ma mi mancano gli studi per poter essere preciso) è esattamente la produzione di questa verità (la filosofia ama usare questa parola contenitore) interiore.

C'è un grave problema caro Kobayashi, e io continuo a ripetertelo.

Non è tanto della dimensione interiore la critica che faccio. (figuriamoci!e mi dispiace che ci siamo conosciuti in un epoca, in cui è avvenuto il glissamento tra dimensione interna e dimensione esterna): il "gnoti euton", ossia, il "conosci te stesso...." , interiormente per me , ovvio, prosegue la frase, come notato nell'ultima fatica di Focault nell' Ermeneutica del Soggetto, ",,,, per poter conoscere meglio gli altri."

Ossia: se c'è un altro, c'è anche la comunità (degli altri).

La profezia (di quello si tratta essendo detta dalla sfinge) riguarda quindi un ulteriore step richiesto.
(step sapienziale)
Perchè se si rimane chiusi in quella condizione interiore, si pecca di orgoglio.
(altrimenti non si capisce la Legge, non c'è Legge senza profezia).
Perchè è facile confondere ciò che è un valore, con un supposto valore.(chiave psicologista, la mia per intenderci)

Un valore interiore per essere valore, DEVE aprirsi sugli altri.
(e ancora l'eccezionale lezione di Severino, la Salvezza, la Terra promessa e chissà quante altre ancora metafore (che non consoco ancora) riguarda il salvarsi assieme, non esiste la salvezza personale.
Cristo parla di regno. Nella sezione Religioni, mi hanno insegnato, probabilmente Inverno, ma anche Paul (che non vedo con noi a discutere approposito), come il Cristo sia il RE, ma il RE è simbolo della condizione sotto cui i regnati. le singole spiritualità trovano GLORIA, termini su cui devo ancora lavorare e molto).
Quindi è la comunità della Gloria, dei Salvati.


Ora seguendo una indicazione di Cacciari il Cristianesimo non è altro che questo: il tentativo di fondare la comunità non più sulla roccaforte delle fedi individuali, bensì sul concetto di libertà.
(una riforma radicale che mette in discussione l'aspetto sapienziale, una rottura radicale con il mondo antico.)
Libertà (parola contenitore come poche) è dunque precisamente la libertà di potere conoscere la mia interiorità a contatto con l'interiorità degli altri. (di fatto la meta è la stessa)


Ma perchè, pensi che Nietzche non lo avesse capito?? Lo aveva capito benissimo fino alla immedesimazione, si firmava Cristo. (ok huston abbiamo un problema, ma la direzione è quella giusta).
Il risveglio interiore con gli altri, è una esperienza. Bisogna agire, vivere insomma. (interagire)

Cosa dice nell'introduzione di Umano Troppo Umano infatti?

"Basta! io voglio Vivere, e la vita ha bisogno di menzogne."

Basterebbe rimanere su queste parole, per rimanere basiti, un ventenne non è in grado di scriverle. E' proprio impossibile storicamente.
Ma lasciamo questo enigma a se stesso. Solo Nietzche sa chi è Nietzche.

Dopo un quinquennio di studi, forse le ho capite.

Intende dire che vuole vivere, per restare nella mia tesi (ma se vuoi possiamo usare le tue, non è importante quello) che vuole andare oltre la spiritualità a cui lui è già giunto.(è già dentro l'anima greca, nemmeno la interpreta, lui è greco in maniera naturale) Secondo me la metafisica parla dello Spirito, non dell'anima, non di Dio. Ma va beh, questo per altre puntate.

Vuole entrare nei regni dello Spirito, vuole entrare nel regno non di una religione ma di tutte le religioni. Anzi la vuole inventare, come mi pare più che chiaro.Volontà di Potenza è la volontà generatrice di strade dello Spirito.

In fin dei conti re-ligo, non vuol dire i logoi, i convocati, che formano un patto di sangue?

Nietzche lo ha sognato, ne ha posto tutti i presupposti utopici, lo ha addirittura profetizzato, il superuomo emerge alla fine del nichilismo.

Ma appunto ha profetizzato anche il nichilismo.

E il nichilismo è la seconda frase. La vita ha bisogno di menzogne.  (Il momento tragico della mia glissazione tra fase religiosa e filosofia vera e propria).

La vita per poter essere vita, alias, deve passare tramite la storia, le traversie totalmente casuali, per cui ci doniamo al potere.

Ma che dico! ci riconosciamo nel potere! (ma quanta fatica faccio ad allontanarmi dalle mie fantasie super-eroistiche, che immagino non sono solo mie, visto dove hollywood punta. E punta perchè è già BIG DATA.
Come dice Zizek, per capire il contemporaneo basta vedere che fa Hollywood.)


Insomma qui Si Huston abbiamo un problema. Il problema della menzogna.
Il potere mente.Il potere dice che siamo macchine. l'uomo ha la potenza di diventare macchina.
l'uomo è allo stesso tempo uomo trasformatore dell'oggetto e del soggetto.
E il soggetto si può trasformare in macchina. il lungo sogno greco acquista con l'avvento della storia della scienza, un potere mai visto prima. Per non dichiararlo, poichè è stato nascosto dalle coltri della metafisica, ha bisogno di mentire. La scienza come la filosofia sono nate per caso. Ma la comunità che li alimenta dice esattamente il contrario.
La menzogna che mente, l'ideologia in una sola parola, ha fatto vittime e continua a farle.
Per questo Severino sogna che il politico abdichi a favore di questo potere.
Il politico è costretto a mentire. La politica è dunque morta. Lo è sempre stata, ma ora se ne accorge.
E' la tecnica che vince. Ha sempre vinto, perchè è nata per vincere.
Non per salvare.....Ma quando capiranno Heidegger??????? (ahimè devo metterti anche a te nel novero dei detrattori dunque...)
Cosa è il nichilismo se non la verità dell'uomo macchina????
Non sono contro l'uomo macchina, è sciocco essere contro il destino.
L'uomo è destinalmente direzionato al potere di trasformazione sulle cose.

E il problema si chiama, meglio, lo hanno chiamato, il problema del Moderno.
(più precisamente mi riferisco al libretto velocissimo, che Lyotard scrisse, cosa è il post-moderno, seccato che la gente si stava trasformando già allora in CANI DI DERRIDA).


Ricordi la creazione? l'uomo è destinato alla terra.
Oh lo sapevano benissimo gli antichi.

Ma Dio lo ha sollevato, lo ha salvato, gli ha dato la possibilità di trasformare la propria vita.

Come l'immenso irragiungibile Rilke ha intuito. Devi cambiare la tua vita.
Esistono tecniche esteriori.. Ed esistono tecniche interiori. (alchemiche)
Quanto hai ragione amico mio!!!

E poi esiste Nietzche, Nietzche non ha senso, ogni volta che lo leggo sono martellate.
Lui ha avuto una forza che sinceramente mi umilia, lui sapeva di umiliare le persone.
Per questo ha detto, che ci vuole prudenza e umiltà.
E' una strada eroica, a mio avviso ben più potente di quella alchemica.
Ma una stada che usa la trasformazione alchemica.
E' per questo che il lettore che non si impegna (e cioè come dice Carmelo bene, "dando la vita", facendo a meno dell'arte "basta con l'arte"!) si confonde.

Insomma Kobayashi tutte queste oscurità è solo per dire che guarda! che siamo d'accordo! nella sostanza, ma nel merito ritengo che bisogna stare dietro ai tempi, facendo attenzione a non rimanerne, vittima. E che fatica!!!
Ma se tu ritieni che non vale nemmeno il rischio, ma per carità!


Poi però non darmi del cane di Derrida, io non ho idea di come costuire un rapporto che tenti di rimanere "vero" a livello spirituale *, e che riesca a stare in questo mondo senza che involontariamente, e quante volte è successo, mi capiti di far del male agli altri (psicologico non fisico, io aborro chi fa del male fisico, non lo sopporto, fino alla nausea).
(motivo per cui in un forum è più facile, meno oneroso, in fin dei conti vile...ok forse mi merito l'epiteto di cane di derrida ;) ).



* Per la cronaca ho un amico reale questa volta, non virtuale, che ci sta lavorando su, da quel di Berlino. Dico a modi nuovi di interazione personale, non necessariamente legati a simboli pre-concetti.
Io non sono abbastanza intelligente, per carità aspettando che tutti questi nuovi intellettuali tra un decennio (un decennio è già passato, ovviamente ne hanno bisogno di un altro, per formulare queste nuove tesi) si rivelino.
Io non posso che continuare nel solco della tradizione, pensata, ragionata, criticata e mi permetto anche polemica.
#2489
cit Angelo
"mi sembrano avere il difetto di essere inquinati da autocompiacimento: autocompiacimento per cosa si è pensato, come lo si è pensato, cosa si è detto, come lo si è detto; e non mi sembra che Nietzsche sia stato da meno in questo difetto."

Certo hai ragione, infatti ho anche aggiunto:

"(e certo anche qui si apre il problema di quel "auto", della soggettività su cui tanto ci stiamo impegnando sul 3d di Nietzche) "

Come detto a Garbino è solo un modo per prendere spunti, la polemica mia, si può anche tranquillamente saltare.
;)


cit Angelo
"Parole come queste che ho citato significano disprezzo per gli altri che tentano di riflettere sui problemi. Siccome non la pensano come me, allora si tratta di intellettuali ottenebrati, o burattini, o giocolieri di parole."

Sì la polemica è sempre contro qualcuno. Si può anche fare polemica senza disprezzare.
E non conoscendo personalmente quelle persone, perchè mai dovrei disprezzarle?

Di certo disprezzo il loro modo di fare gli intellettuali. Non hanno alcun orizzonte. Per il semplice motivo che abitano gli stessi spazi del panottico.

L'utopia, e dopo alcune lezioni di Cacciari, aggiungo anche la profezia, si può fare solo a partire dalla consapevolezza di essere in un panottico.
Se (solo se) mi aggiungi genealogia allora più propriamente si parla di utopia, altrimenti sono solo sciocchezze. Nel caso della profezia, idem, la profezia deve intendere l'orizzonte OLTRE il quale è possibile intendere l'uscita dal panottico.
E non è una questione di mera fede, anche se la fede c'entra eccome.

Insomma disprezzo l'intellettuale che non vede il recinto, o che fa finta di non vederlo, pur vedendolo molto bene.

Se tu non vedi il recinto, disprezzo il tuo modo di fare filosofia (politica), ma come spero capirai, non disprezzo te, anzi come mi par di averti testimoniato una mare di volte, ti apprezzo!! quindi l'esatto contrario!

Vorrà dire che su questioni politiche non converremo, ma il problema della comunità rimane.
Il punto è funziona senza un terreno comune fertile di come intendere la filosofia politica? (al di là della posizione in cui uno si pone, ossia siamo in grado di pensare razionalmente, come Garbino ha sottolineato (ed è uno dei molteplici aspetti di indagine) meglio ancora siamo in grado di pensare razionalmente? Che mi par di capire è anche un tuo principio sine qua non.)

Quello che voglio dire fuori dalla oscurità è che se hai una idea di comportamento razionale che mostri comprensione dei dati che ci circondano, perchè non la indichi?
Ovviamente nella realtà, nei fatti, e qui, nel virtuale, quale sia la comprensione.



cit Angelo
"Per quanto riguarda la questione della raccolta dei dati, trovo inutile voler impedire alle grandi aziende di contarci, contare noi, contare quanti gesti facciamo e come li facciamo. È inutile voler contrastare chi fa progetti, contabilità, calcoli a tavolino, cercando di impedirglielo: il problema siamo noi che preferiamo non fare su noi stessi i nostri progetti, i nostri calcoli a tavolino. Se noi abbiamo questa pigrizia riguardo alla nostra vita, non possiamo certo imporre questa pigrizia a tutti gli altri, con la scusa che in questo modo padroneggiano le nostre vite."

E quando mai avrei pensato che voglio oppormi a ciò?  :(

Fanno quello che devono fare, si chiama nichilismo, che non è come semplicisticamente si pensa, solo la questione della perdita dei valori, ma è anche tutta la gigantesca questione della tecnica. Come lungamente pensata dal novecento sopratutto tedesco. Questione che tanto per capirci oggi sfocia in quei problemi della robotica, dell'intelligenza artificiale, del bio-scheletro come ormai in molti si stanno uniformando a definire, ossia appunto la questione bio-etica come per primo credo Focault ha iniziato a ragionare, parlando più propriamente di bio-potere. (e di cui Garbino ha citato al volo ulteriori sviluppi. Alias la raccolta del DNA umano! e va bene così! non se ne esce semplicemente facendo leva sulla democrazia, la gente va di sua "spontanea" volontà).

Per questo il problema dell'uomo macchina, quello prospettato da Cartesio, è oggi virulentemente necessario. Ossia il problema del moderno, ossia appunto il post-moderno. Che si è occupato di analizzare le varie forme di co-optazione non violenta del genere umano, tramite gli slogan, tramite i mass media.

Un potere infinitamente più forte di qualsiasi fascismo, che infatti ha inesorabilmente perso nel 900. (dal nazionalsocialismo, ai fascismi italiani e spagnoli).
Tacendo della sconfitta dell'ultimo avversario a quel potere, che era lo statalismo muscolare di Stalin.

Insomma come già ti ha detto Kobayashi, la pigrizia è veramente l'ultimo dei problemi.

(anche se non ho capito bene come hai costruito il problema della pigrizia....cosa dovrei fare? raccogliere dati su Angelo, su come scrive, su come si comporta, sulle sue risposte immunologiche, MA PER FAR CHE scusa?
A me interessa solo l'aspetto intellettuale  e religioso, che fa a meno delle precedenti, da me elencate, cose.)

Se invece dovessi applicare, come Grillo (Casaleggio) ci informa, non ci sarebbe alcun problema, anche la mia pigrizia sarebbe quello che è, sarebbe ampiamente conosciuta, così come qualsiasi cosa fai tu.

Dunque sarebbe quello che è, è quello che è.

Nessuna idea di trasformazione sociale, interiore, religiosa etc.

Semlicemente l'indicazione oggettuale di come stanno le cose.

Come fa notare Sloteridjk, nella sua introduzione, il delta di differenza è la ripetizione.

A furia di indicare il reale. Il reale, non è più fonte di liberazione, di salvezza, ma è semplicemente quello che è.

E dunque perchè mai dovrei liberarmi o salvarmi etc...etc.... (sarebbero solo fantasie).

Chiamasi nichilismo ossia il soggetto che a furia di studiare l'oggetto crede di essere l'oggetto stesso.

Crediamo di essere macchine.

Permettimi di dissentire. NON SIAMO MACCHINE.

SIAMO DIFFERENZE di SGUARDO, sull' orizzonte che si affaccia sull'ABISSO.

Insomma torniamo all'engima metafisico per carità!
#2490
cit. Garbino
"E questo non solo è inaccettabile, ma assolutamente squallido. Un mondo moderno che tradisce tutta la sua pochezza e la sua incapacità ad affrontare i problemi razionalmente. L' unica cosa che si sa dire è noi seguiremo il grande numero, un po' come i tedeschi seguivano Hitler e il nazismo. Tu continui a sperare che le cose possano volgere in altro modo, e che gli intellettuali si ravvedano. Ma non ci sono più intellettuali. Ci sono soltanto burattini che seguono la marea."

Ciao Garbino.

Alcune premesse generali

Certamente il 3d da me aperto è stato solo un modo di buttare un pò di carne al fuoco, carne intellettuale ovvio per stare nella metafora.
(E perchè il Cristo non è forse, per lo meno, anche carne intellettuale?...acrobatico aggangio contro questi natali sempre più svuotati di senso).

Certamente la persona intelligente capisce che il tutto è troppo raffazzonato per avere qualche credibilità.

E infatti sono solo spunti, con un pizzico di polemica, che non guasta mai  ;) .

E spunti con polemica li introduci anche tu Garbino nella discussione.

genealogia della polemica e del suo intento

Ti assicuro che io non spero che l'intellettuale faccia qualcosa di diverso da quello che fa.
Perchè l'intellettuale è anche un mestiere, e dunque ha le sue regole etc. (ha il suo Mondo)

Infatti da qualche parte ho sottolineato come l'intellettualità probabilmente è meglio servita fuori dalle mura istituzionali.

L'intellettualità non può essere istituzionalizzata in toto. Motivo per cui la filosofia non morirà mai.

Ma se diciamo che la filosofia è morta, e io lo penso, allora si tratta di articolare il panotticum in cui siamo immersi. (e devo ancora studiarlo per bene, ma la tesi è quella! di Bentham, di Focault etc..).

Possiamo farlo (articolare una discussione!)  a livello locale: dalla famiglia al lavoro, dal lavoro alle istituzioni ad esso preposte. Lo possiamo ampliare alla politica, alle ideologie, fino ai pensieri contemporanei sul cosidetto globalismo (o imperialismo dei mercati).

Possiamo forse meglio a livello della contemporaneità parlare con il linguaggio di Sini, e parlare di Foglio-Mondo. Il Mondo delle tracce e dei resti. Ossia a livello propriamente filosofico (per il sottoscritto ovvio).


Tante operazioni si possono fare. Tante quante le scuole di pensiero immaginano e possano immaginare, e cercano di argomentare, anche se io preferirei che l'immaginazione più che essere argomentata, sia un orizzonte di senso. Una teleologia (con tutto il peso della metafisica che l'accompagna. La filosofia è un Onere, ma è anche Onore, Valore. Così dicevano gli antichi, ovviamente non sono mai stato contro gli antichi, per partito preso.)
Mi spiace di essere stato frainteso (vedi anche l'amico Apeiron su altro 3d).


A fronte del labirinto come anche qui (nel vecchio forum) si era detto, il soggetto si perde nella miriade di riflessi (riflessioni) dei frammenti causati dalla rottura dello spuculm massimo ossia la speculazione massima, che era appunto la metafisica. (l'utente che lo disse, aggiunse non c'è niente da fare, e sparì dalla frequentazione del forum, forse ci legge ancora, non so).


Nessun rimpianto Garbino (se uno rimpiange è ad un passo dalla caduta!): ritengo nostalgici quegli intellettuali incapaci di guardare il reale. (e come per Hegel, non mi interessa cosa sia il reale, poichè il reale è già davanti a me. Supposto o meno.)

Almeno il coraggio di alzare la testa, non dico di agire, almeno alza la testa! (caro intellettuale che suppongo non la alzi  ;))
Guarda l'orizzonte in cui sei calato.  8)  ;D

Detto questo che in fin dei conti è solo uno sfogo, rimane poi il problema, e cioè appunto creare il problema, ossia capire la domanda, che emerge da quello.
E che emerge solo tramite la capacità di mettere in relazione gli oggetti intorno a noi.
Il mettere insieme è l'operazione intellettuale (il problema in sè), e la domanda è l'operazione metafisica che gli dà senso e vita (e che parte dal soggetto, e mai dalle comunità).

Nessun rimpianto, si fa quello che si può, ognuno al meglio delle sue possibilità.

Perchè la filosofia greco-allessandrina ha già detto tutto con la Sfinge "Conosci te stesso!".

E quindi in base anche al proprio carattere, alle proprie inclinazioni personali.
Troppo comodo parlare di fine della filosofia, di fine della storia, e dimenticare ciò che siamo potenzialmente in grado di fare. Ossia essere intellettuali.

cit Garbino
"Per quanto riguarda Nietzsche, io sono dell' opinione che si stia facendo un mucchio di risate lassù, visto che tutto sta volgendo  come lui aveva predetto. E lui non può salvarci: è troppo presto perché qualcuno possa capirlo veramente e così ascoltarlo.
Tanti Auguri caro Green e sursum corda. Tanto possiamo salvarci soltanto da soli."


Certamente il nichilismo non può essere fermato, ma la salvezza è insieme, non esiste il superuomo, esistono i superuomini.
Per chi intende anche solo in parte il messaggio Nicciano, la questione da mantenere viva, è quella del futuro della filosofia, ossia della comunità.

E' ridicolo detto da individui soli, dietro il virtuale?
No, se si accetta che il virtuale è solo un mezzo, oltre che una fonte di liberazione di energie distruttive interne.  ;)

Ciao!!