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Messaggi - green demetr

#2476
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
05 Novembre 2017, 23:04:32 PM
Citazione di: Sariputra il 05 Novembre 2017, 22:45:07 PM
@Green e Apeiron
Avete molte aspettative sulle religioni e quindi molte frustrazioni.
Nessuna aspettativa uguale nessuna frustrazione.
Lasciar andare le aspettative è ottimo. Funziona sempre, anche nell'amore... ;D
Il problema quindi, riassumendo un pò, è il vuoto o vacuità di esistenza intrinseca. Quella cosa che i buddhisti chiamano sunnata/shunyata.
Ma cosa significa, nel linguaggio del Dhamma, 'vivere nel vuoto' o 'dimorare in sunnata' ?
Nel linguaggio dhammico:
'conoscere' = conoscere il vuoto
'vedere chiaramente' = vedere chiaramente il vuoto
'sperimentare' = sperimentare il vuoto
'vivere nel" = vivere nel vuoto
'essere vuoti' = essere il vuoto stesso
Se pensiamo che 'conoscere il vuoto' significhi averlo preso come un argomento di studio e di discussione siamo fuori strada. Nel linguaggio del Dhamma, 'conoscere' non s'intende l'apprendere attraverso lo studio o l'ascolto. Questo è un apprendimento incompleto anche se ci par di capire. Siamo abituati a pensare che 'conoscenza' e 'comprensione'  si riferiscano al leggere, all'ascoltare, al riflettere, al pensare. E' il lavoro del filosofo, giusto? Beh, per il Buddha sono funzioni inutili alla conoscenza del vuoto. 'Conoscere il vuoto' nel buddhismo indica la consapevolezza del vuoto in una mente realmente vuota. Per essere conosciuto il vuoto deve essere presente.
L'espressione 'essere vuoti' indica l'assenza del senso del sé e di quanto appartiene al sé, quindi la mancanza del senso dll'io/mio che sono ambedue visti come i prodotti dell'attaccamento. Che cosa è vuoto? La mente, semplicemente la mente svuotata dalla sue forme più grossolane e sottili del senso dell'io/mio. La forma grossolana s'intende l'ego empirico, la forma sottile il senso del sé.
Quando la mente è libera anche dalle forme più sottili, dal senso del sé, si dice che è il vuoto stesso.
Il termine 'vuoto' passa poi a indicare la caratteristica fondamentale di tutte le cose. Per il buddhismo la natura di tutte le cose è il vuoto. Con 'tutte le cose' s'intende sia i rupadhamma (oggetti materiali) che i namadhamma (fenomeni mentali): tutto , dal granello di polvere sino al Nirvana...Ogni cosa ha la qualità del vuoto.
Anche il Buddha, il dhamma , i suoi frutti fino al Nirvana hanno questa identica qualità vuota.
Questo 'vuoto' appare come uno spazio di ampia possibilità. Il problema è che noi non lo vediamo. Persino il passerotto che sta svolazzando fuori dalla mia finestra ha in sè la caratteristica del vuoto.
"Il vecchio pino proclama il Dhamma" recita un koan zen. Anche lui esprime questa vacuità, la condivide con noi e con tutte le cose, ma non la vediamo...
Il vuoto non è una cosa negativa. E' solo questa vacuità che permette la vita. Se le cose non fossero vuote ( di esistenza intrinseca, di un sé) tutto sarebbe immobile, morto.
La mente però non vede la realtà così, ma attribuisce a qualsiasi cosa un sè, un'essenza, una distinzione e dà quindi origine all'attaccamento e poi alla sofferenza insita nell'attaccamento stesso.
Per il Buddha, 'conoscendo il vuoto' non si dà origine all'attaccamento e quindi alla sofferenza.  :)
Quindi, un matematico non può spiegare in formule matematiche il Nirvana. ???
La comprensione dell'anatta ( non sè o vacuità ) è veramente ostica tanto da non essere insegnata nemmeno nei paesi di tradizione buddhista, ma riservata ai bhikkhu ( monaci).  Impermanenza e sofferenza sono al confronto molto più semplici. Anatta richiede molta pratica meditativa, retta visione e un'esistenza ormai 'consumata', una certa stanchezza della sete d'esistere... spiritualmente, se fossimo in ambito cristiano, si potrebbe paragonare ad un 'dono'...forse lo è...non tanto la comprensione della vacuità quanto il poter capire o scorgere come , proprio da questo vuoto, possa esistere autentica compassione e saggezza e , in definitiva, una grande bellezza... :)

Poichè qualche gradino l'ho sorpassato. Capisco benissimo che potrebbe essere veramente qualcosa che si prova, e che si ritiene assimilabile al concetto di vuoto.

Sempre nella adolescenza ho provato la meditazione zen.

E ho capito subito che era un buon metodo per arrivare ad alcuni stati meditativi, che però avevo già raggiunto.

Ma nella mia esperienza meditativa non ho proprio mai neppure lontanamente percepito la sensazione di vuoto.

Sensazione del niente sì. senzazione vertigionosa del distacco dell'io sì.

Ma il vuoto proprio mai, ma essendo rimasto proprio al gradino che viene prima della meditazione illuminata, non posso certo escludere questa sensazione.

Certo rimane il problema del fatto che si possa riportare qualcosa come la sensazione di vuoto, quando si sta dicendo che per conoscere è necessario il vuoto.

Che va bene per le prime formulazioni, non faccio fatica a ricordare che era esattamente così.

'conoscere' = conoscere il vuoto   so benissimo cosa vuol dire
'vedere chiaramente' = vedere chiaramente il vuoto  so benissimo cosa sia
'sperimentare' = sperimentare il vuoto   sperimentato e fuggito aggiungo
'vivere nel" = vivere nel vuoto      questo ancora oggi è la mia via

MA


'essere vuoti' = essere il vuoto stesso

ecco questo proprio non mi torna proprio.

dunque non mi torna nemmeno che il pino sia testimonianza del vuoto.


Comincio a capire come mai però gli studiosi di fisica siano così interessati a questa concezione.


La mia era una battuta sul matematico ovvio.

So benissimo che è una pratica più che una conoscenza.

alla prossima!  ;)


#2477
Citazione di: paul11 il 04 Novembre 2017, 19:11:15 PM
Citazione di: green demetr il 04 Novembre 2017, 10:19:30 AM
Citazione di: paul11 il 01 Novembre 2017, 21:56:20 PM
Ribadisco, l'anima non c'entra nulla in tutto questo.

Capisco che per te sia ambiti separati quello religioso e quello politico.

Ma nel momento stesso che dici, che la religione codifica per canalizzare la violenza, dovresti da solo, senza il mio aiuto, capire che l'anima c'entra eccome.

Perchè anche il concetto di anima, come ogni cosa, è frutto della tradizione culturale che la avvalla.

A mio parere la codificazione è già in sè una violenza, per cui non solo la avvalla, in quanto violenza dissimulata (e su questo sono d'accordo con Sgiombo), ma addirittura la presuppone.

Ora capisco che forse è un passaggio indigesto, ma rimane il fatto che è così.
In nome (la dissimulazione) dell'anima io codifico una controviolenza, una violenza preventiva nei confronti della potenziale violenza umana.

Che è poi il preambolo ad ogni futuro e presente fascismo. Vedere Orwell come al solito esempio illuminante.

Certamente va a colpire al cuore, e quindi sembra controintuitivo, perchè di solito intendiamo l'anima come qualcosa che è slegato al politico.

Ma invece è una parola codificata, che ha nel suo range di senso, sicuramente la pretesa di dislocare la soggettività su un campo astratto, di modo tale che le soggettività siano TUTTE dimenticate in nome di un anima pretesa.

E l'anima è collegata al Dio legislatore.

Più che Dio, è proprio l'anima ad essere il nodo cruciale di svolta e cioè di indagine.

Poichè si giudica l'anima della persona nel canone occidentale.

Che poi l'anima diventi la mente, è solo un risultato del riduzionismo contemporaneo.

Che viene raddoppiato dal canone giuridico, dove è specificato se il reato è nella mente o meno dell'indagato.

Vi è uno stretto legame tra indagine condanna e confessione condanna.

Ne ha parlato a lungo Focault nei suoi libri. (Storia della sessualità).

Poichè ci conosciamo (virtualmente) da un pò, capisco che probabilmente tu ti riferisci all'anima, come Anima Mundi.

E quindi ritieni di dovere esentare il politico dall'interferire con qualcosa che gli è antecedente.

Certamente è una operazione necessaria, ma non bisogna mai dimenticare che noi siamo dentro al discorso, possiamo parlare dell'anima rispetto all'originario, facendo supposizioni e inferenze. Ma facendo sempre attenzione agli errori psicologici, che si traducono in inferenze e supposizioni del tutto fallimentari.

In questo senso parlare della storia del concetto di anima, e dei suoi usi, che sono politici, non dovrebbe arrecare al ricercatore spirituale troppo danno.
Anzi dovrebbe aiutarlo a fare i conti con il linguaggio, la storia e la cultura che lo supportano ad essere ad avere un certo tipo di soggettività.


Anche nel caso che tu vagheggi, che la soggettività si possa determinare tramite un attento vaglio del fluire storico degli eventi a partire dall'originario, e quindi si possa determinare come anima reale, come anima mundi, ti rimarrebbe da spiegare l'utilizzo storico dei concetti.
E fra questi quello di anima.

E poichè il concetto di anima è nell'anima, non capisco perchè tu senta il bisogno di dire che l'anima non c'entra con la violenza.

Tra l'altro anche logicamente non torna, perchè se l'uomo è potenzialmente violento, mancherebbe da parte tua una analisi del rapporto tra potenza violenta e anima dell'uomo.

a te la risposta.

Green,
prima di tutto bisogna chiarire.
Quale è la tua definizione di anima? Cosa intendi per anima?
Per me è ontologica l'anima: è ed esiste.
Se si ritiene un'invenzione allora diventa un guazzabuglio come al solito di psiche, intuizione, intenzione, induzione, deduzione, razionalità, irrazionalità.

L'anima come concetto ontologico religioso/spirituale  è dinamica innanzitutto con il corpo e a sua volta c'è chi lo fa divenire sinonimo di spirito o chi ritine che convivano come correlati, vale a dire in quest'ultimo caso , non è lo spirito che permea il corpo, ma l'anima che dopo la morte ritorna allo spirito e al suo dominio.

La violenza non è affatto insita nell'anima in sé e per sé, è il comportamento umano nei sui atti che delinea la dinamica dell'anima.
La codificazione delle leggi religiose è codice comportamentale e non di ontologia dell'anima.
Semplicemente l'anima non segue le leggi della natura,tant'è che sopravvive dopo la morte del corpo.
E' il corpo che è ontologicamente corruttibile , l'anima registra i comportamenti,quindi il contesto delle codifiche religiose spiega come tenere i comportamenti affinché l'anima non si corrompa come il corpo, mentre le leggi laiche trattano dei comportamenti dentro le regole semplicemente sociali, per il "quieto vivere".
La violenza è una modalità di comportamento che può violare le leggi sociali e spesso, dipende dai contesti religiosi e dai rapporti con l'anima, "sporca" l'anima nel contesto religioso.
Ma proprio perché l'anima viene riconsegnata al dominio dello spirito dopo l'esperienza nell'esistenza con un corpo fisico.

Il rapporto fra religioni che derivano dal sacro e politica nel dominio sociale naturale delle organizzazioni  umane
potrebbe essere descritta dalla storia dei partiti confessionali dei tre monoteismi, ma non solo, quelli di ispirazione religiosa-sociale; ma è altro rispetto all'anima.
Qui il contesto è ben altro e deriva dalle teologie e dal rapporto fra i poteri religiosi con i poteri laici.
Quando ad esempio i vari Papi scrivono encicliche sociali interpretano lo spirito dottrinario e teologico per i propri fedeli nelle modalità appunto dei comportamenti, atteggiamenti da tenere.

Ma qualcuno divise Cesare da Dio.............

Green, non so dove ti sia messo in testa che io abbia un concetto naturalistico di anima(mundi); tu confondi
l'esplicazione di ordine originario che permea l'universo, che si dà per come noi lo percepiamo e lo razionalizziamo nell'esistenza,rispetto al dominio dello spirito che non penso affatto appartenga alla corruzione ,intesa come trasformazione nel divenire dell'esistenza dove tutto va e viene spazio-temporalmente.

Si giudica l'anima semplicemente perché le religioni pongono dinamicamente l'anima dentro parusie ed escatologie.Se la vita è l'esperienza di un anima dentro il corpo, quest'ultimo è soggetto alle regole della natura, ma non l'anima che chiude il cerchio nel dominio dello spirito. E adatto che la vita è significativa, perché dà senso all'esistenza dell'anima più che del corpo, i comportamenti tenuti nell 'esistenza sono nel giudizio divino.

Sia la polis che lo spirituale sono importanti ed è ovvio che interagiscano nel sociale.
Le regole religiose sono come ho scritto comportamentali e quindi sociali.
Ed è altrettanto ovvio che se l'uomo non implicasse la possibilità di poter violare le leggi, di essere violento, quelli leggi non sarebbero mai apparse.
E' nella natura, e ribadisco natura, umana che si trova la violenza.
Forse riesci a dimostrarmi che al netto dell'anima l'uomo non è violento? Chi è più violento il credente o il non credente? Entrambi lo possono essere e questo prescinde in cosa noi crediamo. Ecco perché dico che l'anima non c'entra nulla..
Dio non fa finanza e l'anima non è in banca o in centri di poteri egoistici.

La pletora di intellettuali che da secoli dà la colpa storica al cristianesimo e religioni sono dei falliti(la filosofia è morta con questi personaggi) e infatti questo è il mondo e lo dico da fortemente critico al pensiero religioso e ancor di più delle istituzioni clericali, ma non è colpa delle chiese, ha vinto il pensiero laico e scientifico e oggi viviamo il risultato ,nel bene e nel male.
Anzi, forse il cristianesimo inteso come pensiero originario , è l'ultimo baluardo ai poteri laici della corruzione, malversazioni, dell'uomo ridotto a sistema, cosa fra tante cose, risorsa da sfruttare privandolo di quella sensibilità
che lo lega alla spiritualità e che le persone che coltivano ancora il proprio sensibile lo sentono come dicotomia,
come inquietudine.

Grenn, non confondere il concetto ontologico di anima, con le leggi religiose e ancora con il sistema politico.
E' chiaro che interagiscono storicamente, ma rimangono concettualmente se stessi e non qualcosa di altro.

Per quanto ti sia indigesto, anche il tuo è un concetto di anima.

Semplicemente mi riferisco al concetto di anima come genealogicamente si può ricavare dagli esiti storici.


Detto questo va bene, il tuo concetto di anima non è naturalistico.

Come non lo è il mio.

La differenza è che per me l'anima non esiste in sè.

Appunto è solo un concetto per descrivere quella zona del soggetto in stretta relazione con Dio.

In che relazione poni l'anima esistente con Dio?

Perchè ritieni che l'anima esista in sè?

Ma sopratutto che rapporto c'è tra soggetto e anima??
#2478
Tematiche Spirituali / Re:Essere umili servi di Dio
05 Novembre 2017, 22:26:42 PM
Citazione di: Domingo94 il 05 Novembre 2017, 04:15:27 AM


Carissimo, quello che sto passando con questo post c'entra poco anche perchè le difficoltà le incontriamo sempre e in diversi campi e non bisogna fare come tanti che quando le cose vanno male danno la colpa a Dio.
io voglio solo dirti che seguire Dio, essere servi, è molto più difficile e complicato di non esserlo, perchè a volte dobbiamo frenare i nostri istinti, però quando riusciamo ad applicare ciò che ci comanda, sentiamo un grande senso di benessere, certe volte ci sforziamo di capire troppo ciò a cui non possiamo arrivare; per questo forse, l'essere umano è sempre infelice.

Sì hai ragione, non so perchè ti ho scritto quelle cose, chiedo scusa.

Certamente è un compito gravoso, non lo metto in dubbio.
#2479
Tematiche Spirituali / Re:Essere umili servi di Dio
05 Novembre 2017, 22:24:17 PM
Citazione di: InVerno il 05 Novembre 2017, 20:47:30 PM
@Green
"Il tremore non dovrebbe invece essere proprio il suo silenzio?"
E' quello che mi chiedo anche io, ma il silenzio è abbandono? La compagnia è ancora un servizio dell' onni-sfaccettato servitore?  Oppure il silenzio è l'esistenza e perciò nel vuoto e nel vano, nel non presente, essa si manifesta in vita e non nella morte, logica, del comandamento?

No, non penso che il silenzio sia abbandono.

E' il contrario, ossia in base al suo silenzio, il nostro agire, meglio il nostro pensare ri-torna a noi, e ci ritorna enigmantico, come se non fosse veramente nostro, ma appunto Suo.

credo che per servizio si intenda proprio la necessità etica di questo ragionare a LUI senza di LUI.
Diventa servigio nel senso che necessita di una pratica morale di osservanza delle leggi, e del ragionamento su ritorno che quelle leggi hanno in noi.
Ossia questione spirituale.
Il silenzio di Dio coincide di fatto con la nostra esistenza, non è che esiste in sè.
Penso che la questione ontologica sia irrilevante ai margini dell'agire del fedele.
Anche se a mio parere ontologicamente esiste, sebbene esista come negazione.
Ossia come trascendenza. Come apparizione dei miei e altrui sentimenti in primis.

Questo modo di vivere da fedele, però ha originato le religioni e i miti.

Ossia questa meditazione che torna su se stessa ha originato una creatività impressionante ancora oggi capace di catturare i cuori e i sentimenti.

Perciò vi è una tradizione che si manifesta come scritto, con cui avere a che fare.
Perchè è comunque materiale di ispirazione.

Vivendo in questo mondo cinico negli ultimi 20 anni, questa attività l'ho accantonata, ma sto tentando di rimetterla dentro al mio pensiero.

Insomma la Bibbia va letta con un minimo di positivà  ;)


E ceto i problemi critici che ho sollevato prima rimangono problematici già all'orizzonte, prima ancora che il cammino inizi.
Ma non mi tiro indietro.(per quel che potrò fare)



#2480
Credo che Nietzche si riferisca alle modalità erronee con cui l'uomo si è elevato nei secoli, ossia che queste modalità non sono necessarie.
Anzi sono nefande. Quindi no a Edipo e no ad Adamo.

Sulla posizione Sincretica che ipotizzi ossia tra il rispetto del Dio timorato, e il rispetto con l'espiazione delle colpe.
Credo sia già avvenuta e continui ad avvenire, non si tratta forse del cristianesimo???

Un miscuglio originale fra ebraismo e grecità. Fra sguardo bonario al Dio terribile, e sguardo bonario alle intemperanze morali. Non tanto riuscito aggiungo perchè dimentica la dimensione disperata dell'ebreo (errante) e quella Tragica del greco (sotto il giogo del fato), Ma forse proprio per questo vincente.

Per me Il problema per entrambe è che c'è un padre. Ma di questo ne abbiamo già parlato dissentendo.
#2481
Citazione di: InVerno il 05 Novembre 2017, 20:23:31 PM
Non avendo una posizione "forte" sulla questione ma avendo seguito il topic con interesse mi limito ad annotare alcune mie ipotesi e sensazioni, se qualcuno vorrà criticarle.
Penso innanzitutto che ll riduzionismo neurologico sia intrinsecamente impossibilitato ad una tesi definitiva e coerente per il semplice fatto che una scienza che studi il soggetto anzichè l'oggetto non arriverà mai a compimento, penso che sia necessario oggettivizzare la coscienza studiandola altrove che nell'uomo, penso perciò che se una risposta più chiara sulla filosofia della mente sarà mai disponibilie essa non arriverà dalla neurologia ma altrove, per esempio dalle nostre capacità di creare un intelligenza artificiale credibile. Dico credibile perchè non penso sarà mai possibile replicare quella umana nelle sue limitazioni biologiche finchè l'intelligenza artificiale sarà sviluppata in un contesto inorganico, e perciò l'unica cosa che ci rimarrà possibile sarà "credere" che essa sia coscienza nonostante non assomigli per niente alla nostra e ci possa risultare controintuitivo. Se in futuro saremo capaci di credere ad una coscienza artificiale, fondamentalmente penso dovremmo ammettere che anche la nostra non sia poi cosi diversa, e perciò accettare la tesi di una sovrapposizione di complessità logiche. Recentemente una trovata pubblicitaria degli arabi dice che ad un "robot è stata data cittandinza", una boutade in cerca di avanspettacolo, ma in futuro un tema importante. Se arriveremo a credere che le IA possano avere diritti perchè il contatto con essa ci trasmette sensazioni, diritti tali e quali ai nostri se non più ampi (in virtù di una non precisata fiducia nella tecnica) saremo costretti ad ammettere che la coscienza umana non è poi cosi diversa, come abbiamo fatto con altri esseri viventi. Non credo per niente sia una questione politica come la parola "diritti"  potrebbe suggerire, tutt'altro, ma una questione "di pelle" alla quale potrebbe essere penoso e vano tentare di sfuggire, perchè prima che alla forma crediamo alle nostre sensazioni quali l'empatia. Penso altresi che il contributo dato da filosofi come David Chalmers non vada sottovalutato, alidila che si concordi o meno con la tesi dello stesso, sembra innegabile la necessità di un cambio drastico e direi drammatico nei fondamentali attraverso i quali cerchiamo di interpretare la questione, l'idea che la coscienza sia un fondamentale anzichè un epifenomeno, un unità di misura anzichè una misurata, dovrebbe essere seriamente presa in considerazione, per un principio filosofico molto semplice, ovvero che prima che chiedersi delle risposte sia d'obbligo verificare la correttezza formale e non delle domande.

No è epifenomeno ANCHE a livello computazionale.

Non esiste una misura base. Infatti un conto è calcolare a 10 cifre un conto è calcolare a 32 cifre.

Si ritiene che sebbene a livello atomico questo avvenga, non avvenga a livello nanturale per così dire.
Pensiamo solo alla memoria selettiva.

Ovviamente la macchina lo può e lo potrà fare, ma nessuno capirà quello che sta dicendo.


Sul fatto della cittadinanza ai robot, io non sono in disaccordo. (cioè è ok)

Basta pensarle per quello che sono, ossia unità computazionali, al servizio della cittadinanza, e perciò parte della cittadinanza.

E' indubbio che l'essere umano sia robotico, ossia prevedibile a livello di comportamento.
Infatti i grandi poteri lo sanno. Pensiamo solo allo slogan.

Se il problema sarà quello che la gente comincerà a farsoi dubbi sul proprio modo di vivere.
Beh sarà solo una cosa buona, magari si svegliano.
In realtà pensiamo al cellulare, è già parte integrante di noi.

Però l'uomo Non è robotico a livello di pensiero. (in quanto esso è creativo)

La distopia orwelliana sarebbe quella delle società che non vogliono che l'essere umano pensi.

In qualche misura è vero, ma non penso lo sarà mai del tutto.
#2482
Citazione di: paul11 il 05 Novembre 2017, 01:30:24 AM
Citazione di: green demetr il 04 Novembre 2017, 14:03:20 PM
Citazione di: paul11 il 26 Ottobre 2017, 19:00:48 PM
Davintro,
sono d'accordo su tutta la parte di premessa, ho delle perplessità che la fenomenologia di Husserl a cui fai riferimento sia la strada "giusta". C'è un problema ontologico nel suo epochè o giudizio in sospensione.
Husserl è stato importante storicamente nel togliere lo steccato fra oggetto e soggetto, aprendo a due strade,
una filosofica che è l'esistenzialismo ,ma non in "senso stretto" e l'altro alla scienza naturale, perché dopo di lui
diverse branche di scienze hanno accettato questo nuovo approccio scientifico ,dalla psicologia alla corrente costruttivista.

Alla scienza chiederei semplicemente: ci sono 4 forze o interazioni fondamentali, elettromagnetismo, gravità ,
interazione nucleare debole, interazione nucleare forte.
Il pensiero a quale delle 4 forze risulterebbe? Le imaging utilizzano l'elettromagnetismo, un computer lavora sull'energia elettromagnetica ,il nostro corpo percepisce sensitivamente l'elettromagnetismo dai sensi.
Allora perché non appaiono i nostri pensieri? Siamo sicuri che è dominio fisico, quale energia porta al pensiero e quale energia costituisce il pensiero?

Non ho ben capito.

Comunque si parla di epifenomeno, qualcosa di fenomenico oltre il fenomenico.

Il punto è se vi sia una coincidenza o meno, tra mondi fenomenici.

Esattamente come per le forze da te elencate avviene.

Ossia la coincidenza è proprio la presunzione che queste forze esistano.

Cioè siano calcolabili rispetto al mondo fenomenico percepito.

Voglio dire vedo il sasso cadere, vedo una noce cadere, ipotizzo sia calcolabile esista epifenomenicamente qualcosa come la forza di gravità etc....

Hai ragione a far notare come esista comunque una fenomenologia dlle scienze naturali, come il pittorialismo, neologismo da me inventato (prima o poi devo fare il 3d in cui espongo tutte le correnti contemporanee...è che le odio tutte!)

Per me invece è meglio ragionare in termini di computazione. (vedi la mia risposta a Davintro, tu cosa ne pensi?)


Il pensiero esiste o non esiste? Lo scienziato riduzionista non lo vede, vede solo attività cerebrali nelle imaging.
Se io penso solamente, è solo una configurazione del mio cervello, ma se io lo scrivo diventa tangibile e verificabile.
Come dire che a posteriori, come al solito, la scienza ci crede.Il dimostrabile è sempre riconducibile ai cinque sensi della percezione.ma allora lo scienziato riduzionista quando pensa cosa pensa del suo pensiero e di sé: non è forse una contraddizione in termini?

Come l'anima convive con il corpo, la mente convive con il cervello.

Dobbiamo ragionare meglio sulla questione dell'anima.


Ovviamente io non sono un riduzionista per il semplice fatto che per me il Pensiero è tale in quanto a stretto contatto con il trascendente. E ne è informato.
Dunque non esisterà mai un computer all'"autostoppista galattico".
In quanto vi saranno sempre nuovi simboli e segni che allargheranno le possibilità computazionali.

Ma non posso dimostrarlo, può benissimo essere che invece sia il cervello ad essere il computer. E perciò tutte le informazioni sono in lui.

Dico solo, che anche se fosse così, il livelli computazionali per definire cosa sia il cervello sarebbero così complicati che lo stesso cervello li escluderebbe come innessenziali per mantenere la sua esistenza.

E dunque il deliro riduzionista si trasferirà. si sta già trasferendo, perchè le mode intellettuali cambiano al ritmo vertiginoso di quelle sociali, a quello cibernetico.

Ma lè rientrerebbe il discorso dell'autostoppista galattico cito: "il senso dell'esistenza è 42."

Ok, ma cosa diavolo significa?????

Insomma facciano pure il loro lavoro computazionale e si illudano pure, io non c'ho tempo da perdere.

;)





#2483
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
05 Novembre 2017, 21:28:09 PM
Citazione di: Apeiron il 05 Novembre 2017, 21:16:14 PM
@Green: non posso definirmi buddhista  ;D  uno che non crede né alle rinascite e ha un'interpretazione eretica del Nirvana non può ahimé essere chiamato buddhista.

Per la rete e i nodi: pensala così. In genere noi pensiamo alla realtà fatta di "cose" che interagiscono, ossia di una rete in cui i "nodi" interagiscono attivamente tra di loro. Il buddhismo suggerisce che i nodi non hanno esistenza intrinseca, ossia sono come il gioco della sabbia di Eraclito (secondo Nietzsche) senza nessun Eone che giochi con sé stesso.

La questione della dicotomia vacuità-niente è una delle maggiori difficoltà del buddhismo (nel senso che è difficile da accettare). Se togli i nodi non rimane nemmeno l'interazione perchè non c'è niente che interagisce (e le interazioni cessano). Però "qualcosa" deve rimanere. E qui avviene ciò che mi fa tormenta. Perchè se rimane "niente" allora si sprofonda nel nichilismo. Se rimane "qualcosa che non è niente" rimane qualcosa, ma dire che rimane qualcosa è dire che rimane qualcosa di sostanziale e questo non si riconcilia con l'anatta come Sariputra ben puntualizza. E ad una mente logica tutto ciò è una sorta di tormento (e siccome i logici sono masochisti spesso si divertono a soffrire per trovare la soluzione di paradossi insolubili  ;D ).

Recentemente alcuni favoriscono l'interpretazione "nichilistica" perchè è "logica": se non rimane niente di sostanziale allora non rimane niente. Storicamente pochi hanno appoggiato una tale interpretazione. E visto che "logicamente" asserire che "qualcosa" è "né esistenza né non-esistenza" non ha senso la cosa un po' mi da un certo "fastidio". Per questo appoggio una interpretazione molto vicina ad una sorta di "monismo" pur sapendo che è in possibile contraddizione con le "scritture" stesse.


P.S.
Comunque non sono solo queste perplessità che non mi fanno abbracciare il buddhismo. Ce ne sono molte. Anzi nessuna religione o filosofia mi soddisfa veramente. Tutte mi sembrano incomplete. E al contempo interessanti. Però l'avere una forte propensione alla spiritualità E alla filosofia che ti porta a essere al contempo interessato alle tradizioni religiose e insoddisfatto con tutte ti porta molto spesso ai limiti della pazienza  ;D

@Sari Personalmente mi ritengo un "mistico logico". Devo dire che è una sorta di sindrome delle identità multiple. La parte mistica è pronta a credere e a rinunciare ad ogni istante. La parte logica invece vuole chiarire tutto, a livelli quasi ossessivi. La cosa interessante è che anche nelle tradizioni stesse ci sono "mistici logici". San Tommaso d'Aquino per esempio era un logico fino a quando disse dopo un'epserienza visionaria che tutto ciò che aveva scritto era "paglia". Wittgenstein è uno dei perfetti esempi di incarnazione di estremo razionalismo ed estremo irrazionalismo - anzi gli piaceva la mistica proprio perchè lo faceva smettere di pensare. Personalmente assomiglio a Wittgenstein, mi riconosco molto nella sua esperienza di vita. Però come nel suo caso la parte logica non ti fa smettere mai finché sei arrivato "veramente a destinazione". Su Nagarjuna posso darti quasi ragione. D'altronde la logica vuole capire, il misticismo vuole "arrendersi". Sono due tendenze opposte e talvolta ti portano veramente a perdere la pazienza   ;D

A mio parere invece matematicamente dovrebbe risolversi anche abbastanza facilmente.

Certo rimarrebbe un buddismo formale.

Ma possibile che non esista alcun matematico che abbia raggiunto il nirvana, così da potercelo spiegare  ;)

Non parlarmi di frustrazione con le religioni a me.... ;D

#2484
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
05 Novembre 2017, 21:23:45 PM
Citazione di: Sariputra il 05 Novembre 2017, 20:33:45 PM
Citazione di: Apeiron il 05 Novembre 2017, 19:25:45 PMA me sinceramente la differenza tra le varie tradizioni non mi entusiasma molto se esiste un'unica via per la liberazione. Però posso capire chi invece l'apprezza. Ma non posso condividere. Se la Liberazione è qualcosa di possibile ritengo che siano possibili più vie e che queste possano essere descritte in vario modo. Ad ogni modo vorrei puntualizzare che qui non è la questione di prendere un estremo o l'altro. Nella visione nichilistica non si da alcun valore alla vita. Nella visione non-nichilistica invece si cerca di cambiare "tipo" di esistenza, un'esistenza nuova senza "io" e senza sofferenza. Ma in questa seconda visione si riconosce il valore dell'esistenza comune. In sostanza si vede come un miglioramento. Inoltre una mente matematica non può accettare che qualcosa che "non è esistenza" non sia "esistenza" ;) motivo per cui ho grosse difficolta a capire Ajahn Brahm ;D

E infatti sia il Buddhadhamma che l'Advaita riconoscono un grande valore all'esistenza umana e non solo, lo estendono pure a tutte le creature senzienti, sensibilità che, diciamocelo francamente, non ha certo abbondato in passato ( e nemmeno molto tutt'oggi direi...) nei monoteismi abramitici, con grandi eccezioni come, per esempio, la figura di Francesco d'Assisi...
Sulla questione della matematica direi che sono avvantaggiato , visto che solitamente schiacciavo un pisolino durante le lezioni scolastiche, dovuto al mio totale disinteresse per la materia... :-[...ma se Ajahn Brahm non ha trovato controindicazioni.... ;)
A parte gli scherzi è evidente che queste specie di contraddizioni concettuali servono per accentuare l'importanza data alla pratica meditativa, al fattore esperienziale più che non a quello puramente speculativo...direi che il 'capire' questo passo sia intuibile all'interno della comprensione del paticcasamuppada, almeno per me...


P.S. Il brahman è privo di attributi ma è "sostanziale" e le sue manifestazioni , da Ishvara in giù, prendono la forma e gli attributi degli dèi personali con caratteristiche precise e riconducibili alle forze in cui si manifesta il Brahman...

Mi sembra di capire che dunque la principale differenza sia, a parte quella sociale, quella teoretica sull'essenza dello stato assoluto.

Diciamo che mi torna il rifiuto della cosmologia (microcosmo-macrocosmo) da parte del buddismo per cui si parla non tanto di religione ma come di filosofia.


Mi chiedo Sari che mi pare sei più disponibile ad accettarlo, quali siano le argomentazioni allora alla stessa concettualizzazione del passaggio delle ruote.

Infatti vi è un chiaro disegno di percorso, quindi di innalzamento da un lato individuale ad uno cosmico, che però viene rigettato.

Inoltre dalle tue stesse spiegazioni e mi pare pure sulla wiki, vi sono delle manifestazioni del raggiungimento dello stato di nirvana.

Come può qualcosa che è niente avere una manifestazione di qualcosa?????

D'altronde era lo stesso problema che Herman Hesse trovò nel suo tentativo di conversione al buddismo.

Se tutto è niente perchè vi sono delle scuole che insegnano qualcosa???

In cosa consiste l'elevazione voglio dire, se tutto è niente e indifferenziato???

Inoltre il commentatore dell'xi sec, aveva ragione la questione del dolore, alla luce degli stadi più avanzati è semplicemente un "giochino sociale" (ndr tutta mia).

Se tutto è niente come può esserci attacamento???

Per non parlare del ciclo delle incarnazioni, anche questo indicato nelle obiezioni di Apeiron.

A meno che ripeto giovani uomini è sul concetto di vacuo che dobbiamo interrogarci.

qualcosa che è vacante.

ma se è vacante qualcosa prima c'era.

in questo senso forse è qualcosa che non è, ma che nello stesso tempo è.

In Hegel sarebbe ciò che viene prima di Niente, ossia lo Spirito.

In Hegel il concetto di vacuo esiste. In matematica sarebbe di una potenza zero di x.

ossia zero allo zero fa 1.

Comunque se mi torna nel contesto formalizzato della filosofia, non mi torna nel contesto comunque cosmologico della storia indiana.

Insomma anche secondo me al di là delle formule di "scuola" non mi pare che advaita e buddismo siano così lontani, almeno nelle loro formule più ardite. Tra coincidenza e annullamento.

Ciò che coincide si annulla perciò tu sei quello, ossia non sei più niente che non totalita.

Appunto ma totalità e indifferenza non cambia tanto alla zolfa.

Certo se invece intendono proprio niente, ossia zero in quanto zero, siamo nei guai!

MA COME SARI rotoli  ;D  suvvia diciamo che galleggi sulla superficie della prima ruota!

Altrimenti molta tua saggezza non si capirebbe  ;)  ;)
#2485
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
05 Novembre 2017, 20:52:55 PM
Citazione di: Apeiron il 04 Novembre 2017, 16:11:09 PM
Provo a dirti la mia a tuo rischio e pericolo ;D


La prima cosa che mi è venuta in mente, è cosa distingue induismo e buddismo?
Risposta breve: se per "induismo" intendi l'advaita (o tutte le filosofie che mirano all'unione dell'atman con Brahman), il buddhismo rifiuta l'esistenza di atman E brahman.

Risposta lunga: sinceramente qui mi pare più chiaro l'induismo mentre il buddhismo rischia una facile degenerazione nichilistica - specie quello del Canone Pali (uniche scritture riconosciute dalla scuola Theravada). Stando alla dottrina "ufficiale" l'assunzione fondamentale che unisce buddhismo e induismo è che i non-realizzati dopo la morte rinascano (nel Canone a seconda del karma la destinazione è uno dei 31 piani di esistenza). Come l'induismo il buddhismo dice che i piani di rinascita sono TUTTI impermanenti. Sul concetto di "realizzazione" però le due filosofie divergono. L'induismo è molto coerente e facile da capire: si rinuncia alla propria esistenza individuale e si "ritorna" a Brahman (il "vero" atman). Nel buddhismo invece l'idea è che vige l'anatta e che la morte quanto la nascita è illusoria: non perchè il PROCESSO in sé non sia reale bensì perchè "nessuno" nasce e nessuno muore. Il problema che si forma adesso però è come interpretare questo. E qui ritengo che gli stessi buddhisti si siano sbizzarriti. Alcuni (i Sautrantika e diversi pensatori moderni della scuola Theravada) ritengono che l'Incondizionato che compare nei testi buddhisti non abbia alcuna esistenza, ma sia semplicemente un modo più "positivo" per definire il Niente (Anatta=non-esistenza=abhava?). Altri invece ritengono che il Nirvana sia un altro tipo di esistenza e che sia un assoluto ontologico (es. Dharmakaya). Molti altri rigettano entrambe le posizoni dicendo che sono due estremi. Ad ogni modo una lettura molto letterale dei suttas favorisce la prima lettura, ma non appena a mio giudizio si pensa con la propria testa ci si rende conto che la posizione "anatta=nulla" è come quella di un cieco che nega l'esistenza di persone che percepiscono i colori. La cosa interessante però a questo punto è che cosa veramente rende DIVERSO in ultima analisi il buddhismo dall'induismo (e dal daoismo) a livello di "verità ultima". Su questo non so risponderti. Personalmente ti posso dire che ritengo le ontologie leggermente diverse ma molto simili. Ma dovrai accontentarti di ciò.

Ma appunto che idea vi siete fati della vacuità?

L'inesistenza di "qualcosa" che abbia un'esistenza separata dal resto, la realtà è meglio pensarla come una rete (i nodi sono "agglomerati" di una rete che SEMBRANO esistere in modo distinto). Il Nirvana perciò sarebbe un "dissolvimento" in questa "rete". Ritenere che esistano "cose" distinte è una illusione "di comodo". Su questo le tradizioni advaita e simili nell'induismo (credo), daoismo (credo), e buddhismo (credo) concordano.

Cosa ne pensate di chi pensa che il buddismo abbia una corrente di destra (elitaria) e una di sinistra (sociale). Appunto il Theravada e il Mahāyāna.
La vera differenza è l'idea Bodhisattva. I Mahayana ritengono che siccome il Dhamma trascende anche l'insegnamento del Buddha storico è "più giusto" cercare di fare in modo nel corso delle varie rinascite che più persone "entrino nella corrente". I Theravada invece ritengono che anche se il Dhamma trascende il Canone Pali, essendo la liberazione una cosa molto difficile tale "speranza" dei mahayana rischia di "trattenere" le persone nel samsara. Così almeno è come la vedo io. Ad ogni modo la distinzione tra i due percorsi è meno "netta" di quello che sembra.

Seguendo una argomentazione logica, d'altronde è per me ovvio, che siamo tutti già Buddha.
E che si tratti "semplicemente"(per modo di dire) di consapevolezza.
Ma voi siete ascoltatori o avete superato già qualche ruota?

Nel buddhismo "atman" non è mai esistito, ergo nascita e morte di "qualcuno" sono illusioni perchè quel "qualcuno" in ultima analisi non c'è. Quindi sì in un certo senso puoi dire che siamo già Buddha. Le interpretazioni "nichilistiche" dicono che rimosse le illusioni e cessati i condizionamenti non rimane che il nulla (e sono talvolta pure contenti di dire ciò  ;D ). Altri ritengono che è come purificare l'oro dalle impurità e quindi qualcosa rimane. Stando a quanto mi pare di capire dal Canone Pali la mia posizione è più simile a quest'ultima. Per inciso la mia scuola "preferita" è lo Huayan anche se a dire il vero la conosco molto superficialmente (l'interpentrazione dei fenomeni - la rete di Indra ecc). Per quanto mi riguarda non sono buddhista, l'anatta non mi convince ancora (anche perchè le interpretazioni nichilistiche hanno molto supporto e a me sinceramente il nichilismo non mi piace. Se i nostri valori, la nostra coscienza ecc sono tutte illusioni allora la vita è un semplice errore. Siccome credo invece che la vita abbia valore non sono d'accordo). Questo mi costringe a dire che NON ho superato alcuna "ruota" (inoltre non credo nemmeno alla dottrina delle rinascite se non come metafora - probabilmente se non avessi studiato qualcosa di scientifico avrei accettato questo "dogma".).

Riguardo al commentatore del XI secolo ha per certi versi ragione. La verità eterna è il Nibbana: solo il Nibbana è incondizionato per il semplice motivo che "non si rinasce più". Lo stesso Nobile Ottuplice Sentiero è "condizionato" ("mondano" lo eviterei come termine, per noi significa dire tutt'altro. Di certo i "deva" e gli "inferni" non sono mondani). Tuttavia il Dhamma almeno è un "assoluto epistemologico" ma le sua attualizzazioni chiaramente sono "condizionate" (un concetto simile lo dice Laozi nel Daodejing: "il Dao di cui si può parlare non è l'eterno Dao...i maestri dei tempo antichi praticavano l'insegnamento non detto...colui che sa non parla, colui che parla sa" ecc. Il discorso è che l'espressione della verità incondizionata è condizionata). Il Karma pur essendo "condizionato" è molto vicino ad essere considerato una "legge morale" così "forte" da essere analoga alla "legge di gravità" (questo significa che il buddhismo non è relativista).

N.B. Personalmente ritengo che il "Dharma" ossia la "Verità" non l'abbia (ancora) detta nessuno. Motivo per cui ritengo che sia improprio parlare di "false religioni" anziché di "religioni incomplete".

P.S. La componente "mitologica" del Buddhismo è un altro indizio che fa capire come il Processo della storia secondo il buddhismo non sia illusorio (idem per l'induismo, altrimenti non servirebbero i riferimenti ai kalpas). Però secondo entrambe le tradizioni (così come per il daoismo) la rete concettuale di astrazioni con cui "comprendiamo" la storia è qualcosa da trascendere. Proprio perchè bisogna "trascendere" non riesco a capacitarmi di una possibile concezione nichilistica e la componente "mitologica" è un forte indizio contro a questa.

Nota sul nichilismo: il nichilismo sostiene che esiste solo l'elemento "mondano", ossia che esistano solo i condizionamenti. Tolti i condizionamenti non rimane niente. Lo stesso "incondizionato" d'altronde può essere letto come "libero da condizionamenti" e la "non-esistenza" è libera da condizionamenti. Ad ogni modo il punto che maggiormente sostiene questa lettura è l'ambiguità del Buddha (e di Sariputra, il suo numero due ;)) riguardo a "cosa rimane" tolti i condizionamenti. Siccome in nessun testo c'è scritto che "Nirvana non è non-esistenza" allora chi propone questa lettura dice che in caso contrario una frase del genere dovrebbe esserci stata.

Bellissimo. Diciamo che sei un buddista critico.  ;)

Sì credo però che la cosa interessante è perchè parlare di vacuità invece che niente.

La vacuità è infatti un niente al posto di qualcosa, e cosa sarebbe questo "qualcosa"?

La storia dei nodi l'ho capita poco.

Sul termine induismo.
Sì scusate intendo l'advaita anche se il mio maestro a posteriori ho capito che viene dalla tradizione shivaita. (un mix delle 2 scuole dunque).




#2486
Citazione di: Apeiron il 04 Novembre 2017, 16:27:06 PM
Ok credo che ci sia un fraintendimento. Lasciate perdere i riferimenti alle tradizioni cinese e indiana che noto portano fuori strada. Torniamo a Nietzsche.

La morale racchiude in sé due cose: l'intenzionalità e la responsabilità! Se anche togliamo la responsabilità rimane l'intenzionalità. Bene. Ora pensiamo al super-uomo: vuole affermare la sua volontà di potenza (leviamo ogni discorso metafisico e diamo un significato solamente psicologico al termine "volontà").

Pensiamo alle tragedie ed al titanismo. A Nietzsche piacevano le tragedie perchè i protagonisti avevano un "grande obbiettivo" e combattevano per esso. OK. Analogamente l'oltre-uomo deve sempre cercare di "auto-superarsi" e/o di "trasvalutare i valori". Quindi in ogni momento della sua esistenza "combatte" per un fine. Ma siccome stiamo negando la metafisica (e simili cose) e stiamo affermando questa "volontà" attiva allora l'obbiettivo dell'oltre-uomo è essere sempre "attivo" o "vitale".

Questo a me non sembra un obbiettivo da ricercare. A differenza infatti di chi soffre per la pace (anche solo interiore), qui si "soffre per soffrire", ossia si rimane attivi per rimanere attivi. Nietzsche afferma che questo è "spontaneo" e "naturale". Invece mi sembra che ciò abbia lo stesso problema della moralità: la volontà ha sempre un fine ossia il suo continuo auto-superamento. Un'azione VERAMENTE spontanea (e quindi libera) è come quella dell'acqua che fluisce in un fiume, ossia un'azione che non ha alcun fine. Ossia il sogno di Nietzsche di "tornare fanciulli" non mi sembra veramente attuabile investendo su qualcosa il cui fine continuo sia l'auto-superamento.

Dove sbaglio? (Garbino e green, per favore fate riferimento a questo messaggio  ;)  l'inconsistenza che mi pare di trovare è la netta differenza che c'è tra lo "spirito che diventa fanciullo" e qualcosa che ha come obbiettivo il suo continuo auto-superamento.)


Difficile non vedere la tua domanda alla luce delle metafore del buddismo (il siddharta di Hesse) o dello zen (il monaco ikkyu).

Probabilmente non riesci a capire queste righe che ho scritto:

"Anzi è proprio la Storia che costruisce il Mondo che si vorrebbe negare, e che quindi di fatto si conosce!
Ahimè questa frase innocente è bagnata dal sangue della sofferenza del mio salto dall'oriente all'occidente."

L'errore è quello per cui ti scrivevo:

"Non devi mai dimenticare caro Apeiron che Nietzche è anzitutto un anti-metafisico."

Laddove nella religione orientale NON esiste storia è piuttosto normale credere che l'uomo sia la relazione tra microcosmo e macrocosmo.
La spontaneità là insegnata è quella del superamento della dualità, tramite la meditazione dell'unità fra io e mondo.
E cioè appunto indagando la natura nascosta del mondo, il suo pulsare cosmico.
In questo senso la storia è solo un intralcio alla spontaneità.(che consiste nella tendenza all'unione)


Ma questa è una metafisica, e cioè è la presunzione che veramente esista questo cosmo, a cui il nostro mondo deve forzatamente coincidere.

Ma genealogicamente Nietzche dimostra che qualsiasi religione è in realtà la conseguenza storica di una presunzione.

Perciò il rapporto con la natura si inverte, non è la storia dentro la natura, è la natura che è dentro la storia.

L'intera opera di Leopardi lo testimonia una volta di più.

La spontaneità del bambino non è quella ideale ipotizzata dalla nostra stupida cultura di una specie di realizzazione di un mondo magico, è invece l'indagine urgente e violenta del mondo.

Recuperare la spontaneità è perciò l'esatto opposto che il rinunciare alla storia, vi è anzi la spinta nichilistica a soggiogare il tempo ai propri piaceri.

Ma vi è anche il principio di morte (come lo chiamerebbe freud) ossia il principio di realtà che deforma ogni tentativo di modellazione della storia.

La storia è un capriccio, un perturbante stato di sovraeccitazione, una impossibilità di trovare casa.

E' per questo che Nietzche è un pensatore duro, ai limiti del sopportabile, perchè egli incita l'uomo a seguire la storia, e non a osteggiarla.
Come capirai l'esatto opposto di quanto predicato dall'oriente.

Non si tratta di errore ma di fede, la tua. Essendo un metafisico anch'io la capisco e propongo che si tratterebbe di contravenire alle leggi patriarcali, castali della religione orientale (o occidentale) e continuare nell'analisi infinita, dela storia.

In realtà l'oriente con i suoi insegnamenti sul distacco dovrebbe aiutare nella navigazione del mare del nichilismo.

Per questo credo, alcuni trovano una forte assonanza tra il pensiero buddista e quello niciano. (o almeno lo suppongo, non conoscendo bene le tesi e le argomentazioni di quel filone della ricerca).

Però insomma ci sta! Voglio dire è normale che tu possa fare tale critica a partire da posizioni differenti.

Questo lo ritengo un modo intelligente di fare critica (molto ben posta la questione). Lo rispetto.
#2487
Citazione di: paul11 il 26 Ottobre 2017, 19:00:48 PM
Davintro,
sono d'accordo su tutta la parte di premessa, ho delle perplessità che la fenomenologia di Husserl a cui fai riferimento sia la strada "giusta". C'è un problema ontologico nel suo epochè o giudizio in sospensione.
Husserl è stato importante storicamente nel togliere lo steccato fra oggetto e soggetto, aprendo a due strade,
una filosofica che è l'esistenzialismo ,ma non in "senso stretto" e l'altro alla scienza naturale, perché dopo di lui
diverse branche di scienze hanno accettato questo nuovo approccio scientifico ,dalla psicologia alla corrente costruttivista.

Alla scienza chiederei semplicemente: ci sono 4 forze o interazioni fondamentali, elettromagnetismo, gravità ,
interazione nucleare debole, interazione nucleare forte.
Il pensiero a quale delle 4 forze risulterebbe? Le imaging utilizzano l'elettromagnetismo, un computer lavora sull'energia elettromagnetica ,il nostro corpo percepisce sensitivamente l'elettromagnetismo dai sensi.
Allora perché non appaiono i nostri pensieri? Siamo sicuri che è dominio fisico, quale energia porta al pensiero e quale energia costituisce il pensiero?

Non ho ben capito.

Comunque si parla di epifenomeno, qualcosa di fenomenico oltre il fenomenico.

Il punto è se vi sia una coincidenza o meno, tra mondi fenomenici.

Esattamente come per le forze da te elencate avviene.

Ossia la coincidenza è proprio la presunzione che queste forze esistano.

Cioè siano calcolabili rispetto al mondo fenomenico percepito.

Voglio dire vedo il sasso cadere, vedo una noce cadere, ipotizzo sia calcolabile esista epifenomenicamente qualcosa come la forza di gravità etc....

Hai ragione a far notare come esista comunque una fenomenologia dlle scienze naturali, come il pittorialismo, neologismo da me inventato (prima o poi devo fare il 3d in cui espongo tutte le correnti contemporanee...è che le odio tutte!)

Per me invece è meglio ragionare in termini di computazione. (vedi la mia risposta a Davintro, tu cosa ne pensi?)



#2488
Si Davintro scusa il ritardo.

Io sono contro il riduzionismo neurologico.

E' che non mi convincono le argomentazioni, il cervello non ha dolore. E questo squalifica la tua argomentzione sulla localizzazione.

Sull'epifenomeno, io sarei in massima linea d'accordo con l'accetarlo (se proprio devo), ma il punto non è tanto quello lato fenomenologico, quanto quello di controllo della mappature mentali.
Perchè di fatto l'epifenomeno sarebbe comunque indagabile, proprio per il suo emergentismo, anche a livello fenomenologico. (voglio dire esiste anche un riduzionismo fenomenologico, nel caso tu non lo sappia già, dualista e non monista, ma nel 3d non specifici che tipo di riduzionismo alludi anche se mi pare sia quello monista).

Ma come ben dici come si può mappare il vissuto?
Credo che la vera sfida che ci pongono è appunto quella di hackerare il sistema cognitivo umano.
Di modo che non importa cosa io viva, esso sarà previsto dalla mappature mentali del nostro livello cognitivo.

Cioè da una cosa che vivo non posso aggiungere dati rispetto a quelli disponibili. Questo sarebbe il trionfo del riduzionismo. E ci stanno lavorando sodo per arrivarci.

Dunque più che una contro-argomentazione mi pare invece un banco di prova per loro.


L'argomentazione migliore invece per me è quella della Divina Commedia, perchè è sulla loro metodologia che vanno battuti.
Infatti il vocabolario italiano ha tot parole, ma uno solo è stato in grado di scrivere la commedia.

Questo porterebbe il livello di complicazione a dei livelli epifenomenici a potenze di 32 numeri. (da una ricerca californiana),

Voglio dire ok, può anche essere che noi viviamo a quel livello computazionale, ma questo vorrebbe dire una miriade di possibilità calcolatorie, più di quante una vita umana è in grado di provare.

Non è in sè il riduzionsimo qui in discussione, quanto le sue manie di controllo dell'agire umano.

Anche perchè un livello a 32 cifre computazionale, è comunque un livello epifenomenico diverso da quello cellulare che viene computato a 1 cifra, 1 - 0. 

Sono sistemi assolutamente non convertibili, umanamente parlando. (l'AI è altra cosa ancora anche se evidentemente strettamente connessa, e infatti penso che la bolla del riduzionismo verrà infine assorbita dalle scienze dell'informazione e della cibernetica, che io impropriamente chiamo AI).

Perciò ritengo il vecchio dualismo ancora valido, proprio perchè riguarda grandezze  a misura d'uomo.

Una estesa (la res cogitans) e una inerente contenuta in quella estesa, ossia quella extensa, ossia quella extensa percepita dal soggetto.

Lasciando per un attimo i 2 problemi fondamentali della metafisica, ossia l'origine e il das ding, fuori dalla nostra discussione.
#2489
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
04 Novembre 2017, 13:22:17 PM
"Il commentatore del Bodhicaryāvatāra di Śāntideva, Prajñākaramati (XI secolo) nel suo Bodhicaryāvatārapañjika arrivò a sostenere che la dottrina delle Quattro nobili verità è in contrasto con quella della vacuità e che solo la terza, il nirodha, è una verità ultima, le restanti tre sono elaborate per il mondo, sono "mondane"[14]."
cit https://it.wikipedia.org/wiki/Quattro_nobili_verit%C3%A0


Ciao Sari e Apeiron.

Ho letto gli ultimi post, interessante.

La prima cosa che mi è venuta in mente, è cosa distingue induismo e buddismo?
Pur non sapendo niente di Buddismo, mi è venuto in mente il concetto di vacuo.
Ho poi pensato bene, prima di parlare, di iniziare a capirci qualcosa, di  leggere per pima la wiki, che è il metodo più veloce.
(e inutile certo).

Vi ho citato quel pezzo, perchè ha fatto da eco immediata a quanto mi è venuto in mente.(random)

Ma appunto che idea vi siete fati della vacuità? Sono curioso.

In un certo senso non sono del tutto contrario all'idea che nello stato meditativo qualcuno possa aver percepito qualcosa di simile.

E però nel range delle similitudini ci possiamo pescare di tutto.

Tra l'altro leggendo la Wiki, che ricostruisce un buddismo che così a prima impressione mi sembra mooooolto mitologico, poco filosofico in ultima analisi.

Ma appunto la vacuità non c'entrerebbe niente con la sua premessa.

Credo che la questione del nichilismo si possa per così dire usando le parole di Prajñākaramati ricostruire come critica forse proprio dalla fusione del mondano con il filosofico.

A me sembra evidente che non possano convivere.

Cosa ne pensate di chi pensa che il buddismo abbia una corrente di destra (elitaria) e una di sinistra (sociale). Appunto il Theravada e il Mahāyāna.

Seguendo una argomentazione logica, d'altronde è per me ovvio, che siamo tutti già Buddha.

E che si tratti "semplicemente"(per modo di dire) di consapevolezza.

Ma voi siete ascoltatori o avete superato già qualche ruota?

Oddio lo so una marea di domande, è che la cosa mi incuriosisce, e aprofitto dell'entusiasmo che avete portato, per riscaldare un pò il mio (anche se via indù  ;) ).
#2490
cit garbino
"Scusami ma non afferro il concetto della scissione della Volontà di Potenza. A mio avviso, secondo Nietzsche essa è una e indifferenziata. I suoi effetti però variano da organismo ad organismo in rapporto a ciò che ogni essere vivente è. E ciò dipende da tanti fattori, visto e considerato che oltre alle diversità di specie e la loro diversa complessità organica, secondo Nietzsche, c' è una differenza sostanziale tra ogni essere vivente anche appartenente alla stessa specie. Quindi, a mio avviso, non può essere considerata né positiva né negativa."


Ma certo! pensavo fosse necessario qualche distinguo e ho preso quello che di solito sento in giro nelle conferenze, ossia di 2 volontà di potenza (ma appunto penso anch'io fossero considerazioni didascaliche).


"E' indubbio che nell' uomo la volontà di potenza acquisisce anche un aspetto psicologico, ma il sentire un appagamento della volontà di potenza è qualcosa che investe tutto il corpo. La menzogna in molte valutazioni umane dipende anche dalla volontà di potenza? Certo! Ma gli effetti saranno negativi per una vita in decadenza e positivi per una vita in ascesa. Questo sempre tendenzialmente. Ci sono stati errori infatti, secondo Nietzsche, che hanno giovato moltissimo all' uomo per poter vivere senza pesi che lo schiacciassero. Altre menzogne invece gli hanno reso la vita un inferno. "

Nondimeno convengo.

"Per quanto riguarda il meccanicismo, mi sembra che fossimo d' accordo che bene o male ipotizziamo la presenza di un meccanicismo che dipende dalle sinergie stesse che si instaurano grazie alla diversità degli elementi e dalle condizioni in cui gli elementi vengono a trovarsi. Tanto che da parte mia lo definirei un meccanicismo sinergico. Senza regole, senza ripetizioni di fatti, di fenomeni uguali. Il Caos. E così la vede anche Nietzsche. Soltanto che lui nega anche il meccanicismo. E su questo riporterò qualcosa se dovessi avere qualche dubbio."

No nessun dubbio, sono anzi felicemente sorpreso, perchè questo punto in passato ha creato un certo distacco tra le nostre posizioni.
Può anche essere che non avessi capito bene.

Certamente se intendiamo il meccanicismo come sinergia, ossia nella mio vocabolario, come correlazione.
Siamo perfettamente d'accordo.


"La Natura. Anche qui penso che ci sia un fraintendimento, di cui forse sono io il responsabile. Io non credo che la natura abbia nel suo complesso delle affezioni. Ogni essere vivente ne fa parte ma del tutto autonomamente. La natura cioè per me è solo un nome, niente di più. Ma ciò non toglie che sono le sinergie che si sviluppano al suo interno a permettere la vita. E il fatto che le foreste siano il polmone della Terra è uno dei tanti esempi che sembrano confermarlo. Ma è tutto circostanziale. Le cose accadono e basta. Non so se sono riuscito a spiegarmi, ma spero di sì.
E cerca di non urtarti se qualcosa non ti va a genio, ma esponi chiaramente quali siano i dubbi e le problematiche negative che ne risulterebbero."


No siamo a posto con la questione Natura! urtarmi io? lol è la società che mi urta non certo mai il singolo. ;) (a meno che non mi minaccia lol).

Immagino che mi ero fermato su quel punto ma avrei continuato.

Per oggi però il tempo è scaduto. Riprendo domani il senso di quello che volevo comunicare.