Menu principale
Menu

Mostra messaggi

Questa sezione ti permette di visualizzare tutti i messaggi inviati da questo utente. Nota: puoi vedere solo i messaggi inviati nelle aree dove hai l'accesso.

Mostra messaggi Menu

Messaggi - sgiombo

#2506
Citazione di: davintro il 01 Settembre 2017, 19:48:46 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 27 Agosto 2017, 20:31:46 PM
Citazione di: davintro il 27 Agosto 2017, 19:01:28 PMl'esempio suggerito c'entra poco col discorso che intendevo fare sull'impossibilità di fondare attraverso verificazioni empiriche la pretesa di assolutezza delle verità dell'esperienza sensibile.
La tua affermazione: <<è impossibile fondare attraverso verificazioni empiriche la pretesa di assolutezza delle verità dell'esperienza sensibile>>, esprime una verità assoluta? Oppure è confutabile? DAVINTRO "Pecora" è una definizione, che sono libero di utilizzare o meno per classificare degli enti individuali, le singole pecore, ma nulla vieta in futuro di utilizzare la parola "pecora" anche per animali che non hanno quattro zampe, CARLO Lo stesso discorso vale anche per la tua definizione di "triangolo" o di "quadrato", quindi non usare due pesi e due misure. E, comunque, io non ti ho chiesto se "le pecore avranno in futuro 4 zampe....", ma ho declinato il verbo al presente: <<le pecore sane hanno 4 zampe>> è una verità confutabile? Attendo una risposta. E se questa ti sembra una domanda troppo difficile, te ne pongo una più facile. L'enunciato <> è una verità confutabile? DAVINTRO Volendo fare un esempio più attinente col tema potremmo chiederci: qual è il livello di nitidezza della percezione sensibile entro cui il pensiero di avere di fronte una pecora diviene una verità assoluta e certe, e non invece il frutto di un inganno percettivo come può essere l'aver bevuto un bicchiere di troppo o un'allucinazione? CARLO Sono io che lo chiedo a te: perché è assolutamente vero che tua madre non è una pecora?

credo di aver capito meglio l'equivoco. Nessun doppiopesismo da parte mia. Ho detto che la risposta alla domanda sulle quattro zampe della pecora dipende dalla definizione di "pecora" su cui comunemente conveniamo: nella misura in cui riempiamo il concetto di "pecora" con determinate proprietà che la definiscano in quanto tale, proprietà tra cui figurano l'avere quattro zampe, allora la deduzione per la quale tutte le pecore (sane) hanno 4 zampe è inconfutabile. La stessa cosa vale per le forme geometriche: nella misura in cui chiamiamo "quadrato" una forma geometrica con 4 lati e "triangolo" una con 3, è inconfutabile il fatto che il quadrato abbia sempre un lato in più del triangolo. L'equivoco sta nel pensare che questo implichi che la conoscenza intelligibile e quella sensibile siano allo stesso modo assolute e inconfutabili, perché in questi esempi avremmo parlato sia di realtà sensibili (pecore) che intelligibili (quadrati e triangoli) e in entrambi i casi abbiamo riscontrato conclusioni indubitabili. Ma non è così. Che deduzioni logiche perfettamente coerenti e indubitabilmente valide possano applicarsi sia nel campo di cose sensibili che immateriali non vuol dire che la conoscenza sensibile possa avanzare pretese di assolutezza pari a quelle dei rapporti logici, non c'entra il fatto che le pecore siano oggetti dell'esperienza sensibile, in ogni caso ogni giudizio in cui a un soggetto si attribuisce un predicato già implicito nella definizione del soggetto ha un valore di verità perfettamente evidente,di un'evidenza aprioristica, non fondata sull'esperienza sensibile, è la sfera che Kant individuò come "giudizi analitici a propri", verità sempre vere fondate sugli assiomi della logica classica, assolute. Non cambia nulla che tutto ciò si applichi a definizioni di realtà materiali (pecore) o a termini di linguaggio formale o enti ideali (A, B, C, triangolo...): l'importante è che la fondazione di tali verità sia sillogistica-deduttiva, cioè fondata sulla coerenza interna dell'inferenza, e non basata sull'osservazione "qui e ora" dei sensi. L'assolutezza della verità che tutte le pecore hanno 4 zampe non è fondata per via empirica come quella sulla rotondità della Terra, ma per deduzione logica, trascendentale, quindi va vista come un'applicazione del piano di verità intelligibili, riconoscibili come valide aprioristicamente, allo stesso modo del principio di identità e non-contraddizione. Diverso è il caso dei giudizi sintetici a-posteriori che cercano il fondamento nell'esperienza sensibile. Sono nato da una pecora? Se nella definizione di "pecora" introduciamo la proprietà di non poter che generare animali della stessa specie, allora il mio non derivare dalle pecore sarebbe una verità assoluta, in quanto analitica a-priori, dedotta dalla definizione di pecora, che le impedirebbe assolutamente di generare animali diverse da altre pecore. Se invece il fondamento gnoseologico del giudizio "mia madre non è una pecora" fosse l'induzione empirica, la forza psicologica dell' abitudine, per cui FINORA non si è mai vista una pecora generare un uomo, allora la qualifica di inconfutabilità o di assolutezza non è razionalmente attribuibile, per le fallacie della generalizzazione induttiva. Come ci ha insegnato Popper, nessuna verifica ripetuta di cigni bianchi potrà portare a escludere del tutto l'esistenza di cigni neri, senza contare la possibilità che i sistemi percettivi entro cui una serie di verifiche sperimentali vengono svolte possano essere difettose (l'esempio fatto prima dei daltonici). Cioè tutto dipende dalla base gnoseologica che fonda la presunzione di verità dei giudizi: una deduzione coerente da definizioni e assiomi porta a certezze assolute, le generalizzazioni dell'induzioni empiriche possono portare solo ad approssimazioni rivolte a questa evidenza piena, si fermano a fondare probabilità, che la forza dell'abitudine porta a scambiare per certezze assolute, e di cui il buon senso comune, non interessato a speculazioni scientifiche e filosofiche rigorose può tranquillamente essere appagato. Questo non è relativismo: se lo fossi dovrei essere d'accordo con Angelo Cannata, che mi pare estenda la dubitabilità sia all'esperienza sensibile che alla logica, mentre io pongo una distinzione fondamentale: l'esperienza sensibile può ingannare, principio di identità e non contraddizione no, pena la caduta nell'assurdità di ogni pensiero.
CitazionePerfettamente d' accordo:

I giudizi analitici a priori "pagano" inevitabilmente  la loro certezza con la loro "sterilità conoscitiva della realtà", mentre i giudizi sintetici a posteriori (che non siano mere constatazioni di fatti particolari concreti ma enunciati generali astratti, cioé scientifici) "pagano" inevitabilmente la loro "fecondità conoscitiva della realtà" con la loro incertezza.

Lo scetticismo non é razionalmente superabile (ma solo irrazionalmente, con un minimo indispensabile di atti di fede).

E questo non é relativismo ma consapevolezza critica razionale dei limiti delle conoscenze e delle certezze possibili (e della ragione stessa, del razionalismo).
Ed esserne dotati significa essere più conseguentemente razionalisti che ignorarlo, cullando pie illusioni in proposito.
#2507
Citazione di: Carlo Pierini il 01 Settembre 2017, 18:54:03 PM
Citazione di: sgiombo il 01 Settembre 2017, 17:01:51 PM
Citazione di: iano il 14 Agosto 2017, 08:33:12 AM
Credo che la capacità di credere sia fondamentale  per la scienza,in quanto essa non produce mai prove definitive.
Per quante volte un fenomeno previsto dalla scienza possa ripetersi,la scienza si basa sulla fede che esso si ripeterà,senza che vi sia a priori alcuna necessità che si ripeta.

Quando la pianterete voi relativisti di sparare simili panzane?
Sono centinaia le verità definitivamente provate dalla scienza. Te ne dico solo 4, le più elementari:

1 - Che la Terra non è piatta.
2 - Che la terra gira intorno al sole e non viceversa.
3 - Che il fuoco non è una sostanza (come si credeva prima di Lavoisier), ma una reazione chimica;
4 - Che il sangue del nostro corpo non è statico (come si credeva prima di William Harvey), ma che circola nelle vene, pompato dal cuore.
CitazioneRelativista sarà tua sorella!

(E' un modo di dire; naturalmente se hai una o più sorelle non ho niente contro di loro).

Panzane ne sparerai casomai tu!

Le verità scientifiche che citi (come ogni e qualsiasi altra verità scientifica) derivano da (innumerevoli e tutte e sempre tali da confermarle) osservazioni passate (e al limite presenti).
Come ha genialmente rilevato Hume con la sua (filosofica) critica della causalità e dell' induzione non vi é alcun argomento logico né osservazione empirica (ma invece un' assunzione indimostrabile, credibile immotivatamente, letteralmente per fede; ed ovviamente anche da me creduta, come da chiunque sia sano di mente; ma in più di te io, modestamente, sono anche consapevole della sua arbitrarietà, non dimostrabilità) che possa dimostrare che la prossima osservazione (sempre ogni prossima osservazione da ora all' infinito) la confermerà e non invece la smentirà.
Ogni conoscenza scientifica é falsificabile (Popper) oppure confermabile dalle osservazioni empiriche oltre ogni "ragionevole" dubbio, ma non (filosoficamente) oltre ogni possibile dubbio in linea teorica o di principio.

Un atteggiamento filosofico conseguentemente razionalistico (quale personalmente mi propongo di seguire) impone di sottoporre a critica razionale ogni credenza, quella nelle conoscenze scientifiche compresa.



#2508
Citazione di: donquixote il 01 Settembre 2017, 18:18:56 PM
Citazione di: sgiombo il 01 Settembre 2017, 17:12:10 PMBisogna distinguere fra il mondo (fenomenico) materiale naturale nel quale la scienza è l' unica conoscenza vera Generale; oltre le mere constatazioni empiriche immediate di eventi particolari) e il mondo (pure fenomenico) mentale che con (parte de-) il mondo materiale naturale non è a mio parere identificabile, né ad esso riducibile, né ad esso sopravveniente o da esso emergente (checché questi concetti possano significare), che è conoscibile esclusivamente in modo non scientifico non essendo i suoi "contenuti" misurabili attraverso rapporti numerici né (postulabili indimostrabilmente essere) intersoggettivi.

A me pare che anche il mondo che tu definisci "mentale" di fatto sia materiale in quanto è anch'esso misurabile tramite l'osservazione dei comportamenti e delle interazioni neuronali (anche se poi bisogna "interpretare" tali interazioni e questo è un problema), ma se fosse come dici tu in quale altro modo "non scientifico" sarebbe conoscibile?
CitazioneI neuroni sono una cosa, il pensiero un' altra cosa ben diversa!

So bene che se -nell' ambito della mia coscienza- sto pensando al dimostrazione dei teoremi di Euclide inevitabilmente tu -nell' ambito della tua coscienza- potresti verificare che necessariamente esiste una certa determinata  attività neuronale (peraltro difficilmente quantificabile) nel mio cervello (ma anche viceversa se c' é tale attività neuronale del mio cervello nella tua esperienza cosciente necessariamente ci sono i miei ragionamenti nella mia!).

Ma si tratta di eventi ben diversi!
 
#2509
Citazione di: donquixote il 14 Agosto 2017, 10:05:32 AM
Solo formalmente la scienza non è materialistica, ma nella sostanza lo è eccome. Se la scienza non può escludere che vi sia "qualcosa" oltre la materia di fatto tutto ciò che riguarda questo eventuale "qualcosa" non è indagabile dalla scienza stessa dato che il proprio metodo di indagine si può applicare solo alla materia. Ma la scienza considera anche se stessa come l'unica forma di conoscenza "vera" e "sensata" del nostro mondo per cui se qualcosa non è verificabile dalla scienza  viene automaticamente squalificato come irrazionale, o fideistico, o superstizioso, e derubricato a "fuffa". Dunque la scienza, conferendo dignità "scientifica" esclusivamente alla conoscenza della materia, che è poi ciò di cui essa si occupa, ed essendo unanimemente considerata l'unica espressione della "verità" (la locuzione "lo dice la scienza!" è più definitiva e incontestabile di quelle che una volta erano le "leggi di Dio") in definitiva si può qualificare come materialista a tutti gli effetti.
CitazioneBisogna distinguere fra il mondo (fenomenico) materiale naturale nel quale la scienza è l' unica conoscenza vera Generale; oltre le mere constatazioni empiriche immediate di eventi particolari) e il mondo (pure fenomenico) mentale che con (parte de-) il mondo materiale naturale non è a mio parere identificabile, né ad esso riducibile, né ad esso sopravveniente o da esso emergente (checché questi concetti possano significare), che è conoscibile esclusivamente in modo non scientifico non essendo i suoi "contenuti" misurabili attraverso rapporti numerici né (postulabili indimostrabilmente essere) intersoggettivi.
#2510
Citazione di: iano il 14 Agosto 2017, 08:33:12 AM
Credo che la capacità di credere sia fondamentale  per la scienza,in quanto essa non produce mai prove definitive.
Per quante volte un fenomeno previsto dalla scienza possa ripetersi,la scienza si basa sulla fede che esso si ripeterà,senza che vi sia a priori alcuna necessità che si ripeta.
CitazioneEsatto!

Lo ha rilevato per primo (salvo possibili "precursori" nell' antichità e/o fuori dall' Occidente) David Hume.

Questo però credo sia l'unico modo in cui la fede sia autorizzata a intervenire nella scienza,ma basta per dire che l'opposizione fede scienza sia più sfumata di quel che si vuol credere.
CitazioneMa non così sfumata da ...svanire del tutto!
#2511
Citazione di: Phil il 09 Agosto 2017, 16:03:21 PM


D'altronde quando astraggo, sono consapevole che il risultato è solo un'astrazione, magari personale; se invece si parla di trascendenza divina, solitamente, non si parla di un mero costrutto mentale (o addirittura proiezione ;) ), ma di qualcosa di ben più rilevante per la storia dell'esistenza del cosmo e, soprattutto, di non-solo-mentale e non-solo-personale (dunque si confonde il risultato di un'astrazione, ovvero di un processo mentale, con qualcosa che si suppone invece esistente indipendentemente dall'uomo, su un altro piano, quello della trascendenza divina).

La differenza fra il "passo dell'astrazione" e il "salto della fede" è tutta qui, fra l'essere-prodotto-umano (identità tassonomica della "margherita") e l'essere-motore-immobile (divinità trascendente).
CitazioneConcordo.

E' tutto da dimostrare che i concetti (realmente pensati) di "trascendenza" e di "Dio", oltre ad avere una connotazione-intensione (teorica; reale in quanto mentale, unicamente nell' ambito del pensiero), presentano anche una denotazione-estensione reale.

 
Siamo sempre fermi a paralogismo di Sant' Anselmo d' Aosta!
 
Per la fondamentale differenza fra essere pensato ed essere reale può benissimo darsi senza alcun problema un pensante reale limitato pensi (e non: crei, causi, condizioni ad essere reali, ma invece solo ad essere pensati, sia pure realmente) concetti illimitati, "perfetti", eterni, trascendenti, ecc.
#2512
Citazione  
A Davintro (innanzitutto; e anche agli altri amici)
 
Mi sembra che la critica della credenza in Dio di Feuerbach (mi scuso per l' incertezza, ma l' ho letto molti anni fa, anche se con grande interesse ed arricchimento interiore) non consideri esclusivamente una divinità trascendente; anzi, le religioni più diffuse almeno in Europa ai suoi tempi e principalmente oggetto della sua critica consideravano divinità decisamente immanenti,  decisamente "interventiste" ed "attive" nel mondo naturale, più o meno universalisticamente (Cristianesimo, Islam) oppure selettivamente e razzisticamente (Ebraismo) interessate a "redimere" l' umanità dalle sue pretese colpe e ad emendarle dai conseguenti mali a cominciare dall' "al di qua", anche se in un cammino di affrancamento che sarebbe stato portato pienamente a compimento nell' "al di là": divinìtà infatti da pregare, da temere, alle quali chiedere aiuto, financo "miracoloso", anche in "questa vita" naturale e mortale
 
Circa le argomentazioni centrali di Davintro, personalmente dissento in toto dalla pretesa che concetti che "trascendono" l' empiria dimostrino l' esistenza reale soggetti "extranaturali" (diversi dagli uomini reali), che soli sarebbero in grado di "confezionarli" e di "immetterli a priori" nella coscienza umana.
Il pensiero umano nasce e si sviluppa a partire dai dati empirici (a posteriori), principalmente per distinzione ed astrazione.
Dalla conta di numeri finiti di oggetti del tutto naturalmente sorge il concetto di "numerazione infinita", cioè di ipotetica continuazione senza fine della conta stessa, dalla constatazione della durata finita di eventi (come la vita umana) del tutto naturalmente sorge il concetto di "durata infinita" o di "eternità", cioè di ipotetica continuazione senza fine della durata degli eventi stessi; tutto questo senza alcun bisogno di un' impossibile reale esperienza concreta di fatto di conteggi infiniti di oggetti o di eventi di durata infinita, né dell' esistenza di soggetti di pensiero extraumani che li "stabiliscano" (o definiscano) e ce li comunichino, esattamente come non c' è alcun bisogno di vedere realmente un ippogrifo o che Dio o chi per esso ci descriva un ippogrifo: basta "confezionarne" il concetto "rielaborando" o "riassemblando" creativamente ma del tutto umanamente e naturalisticamente le naturalissime esperienze empiriche di cavalli ed uccelli e le rispettive nozioni a posteriori.
Lo stesso vale, oltre che per tutte le altre caratteristiche del concetto di "divinità", anche per la sua eventuale "trascendenza": dalla constatazione empirica (o dalla facilissima immaginazione a partire da dati empirici a posteriori) di enti ed eventi reali non aventi di fatto alcun rapporto o interferenza con altri insiemi di enti ed eventi reali (per esempio ciò che sta dentro un contenitore ermeticamente chiuso e termodinamicamente isolato che sia sufficientemente lontano da altri oggetti massivi da escludere apprezzabili reciproci effetti gravitazionali con il suo contenuto) del tutto naturalisticamente a posteriori l' uomo generalizza e astrae il concetto di "trascendenza" senza alcun bisogno di (peraltro logicamente assurde e dunque impossibili) constatazioni empiriche dirette, ma nemmeno di "suggerimenti da parte di entità-soggetti di pensiero e comunicazione verbale extranaturali.
Basta immaginare (a posteriori) qualcosa che sia con la realtà naturale da noi esperta e vissuta (ed ulteriormente esperibile e vivibile) in toto nelle stesse relazioni nelle quali sta qualcosa che sia separato e non comunicante, per nulla interferente, pur facendone parte, con il resto della stessa realtà da noi esperibile e agibile.

 
#2513
Citazione di: Carlo Pierini il 01 Settembre 2017, 01:25:05 AM
Ciao Sgiombo, ben arrivato, puntuale come un orologio!  :)

Venendo alla vexata quaestio, ho l'impressione che tu stia entrando nell'argomento leggermente di sguincio.
Infatti, qui nessuno (nemmeno Eccles) ha la smodata ambizione di spiegare la mente e le sue proprietà (tra cui il cosiddetto libero arbitrio), per mezzo delle leggi della fisica. La meccanica quantistica è chiamata in causa solo per spiegare la possibilità di relazione tra una immensa "X" chiamata "mente" (o psiche, o anima) - di natura immateriale e dotata delle proprietà osservate dalla psicologia (finalismo, libero arbitrio, idealità etica, religiosità, unità dell'io, pensiero, creatività artistica e filosofico-scientifica, attività onirica, visioni mistiche, ecc.) e un'immensa "Y" chiamata "cervello" (o corpo) - di natura materiale -  le cui proprietà sono quelle osservate dalla chimica-biologia.
In altre parole, si vuole semplicemente stabilire se la antica-tradizionale concezione filosofico-religiosa "dualistica" che attribuisce all'anima una valenza ontologica di dignità non inferiore a quella del cervello-corpo, sia compatibile, oppure no, con i principi della fisica. Perché se c'è una sicura incompatibilità, il "dualismo" deve essere scartato a-priori; e se, invece, questa incompatibilità non sussiste, allora il dualismo può affiancare, sul piano scientifico, l'ipotesi monista-riduzionista, seppure in qualità di ipotesi concorrente-antagonista (se è vero il dualismo, è falso il monismo, e viceversa); e finché non ci saranno prove inconfutabili a favore dell'una o dell'altra, saranno entrambe scientificamente ammissibili.
Ebbene, lo studio condotto da Eccles insieme al fisico quantistico Margenau ha ampiamente dimostrato (e nessuno lo ha mai confutato) che questa relazione causale biunivoca tra la X di una mente immateriale e la Y di un cervello-corpo materiale è perfettamente compatibile con i principi della fisica (MQ) e che dunque il monismo non ha alcun motivo per rivendicare una qualche superiorità epistemica sulla concorrente (come credono, invece, certi neuroscienziati monisti).
Pertanto, la tua lunga quanto complessa disamina filosofica del nostro problema, pur essendo interessante, non è derimente a favore del dualismo. Mentre lo è molto di più, invece, la semplice considerazione che le proprietà della mente sopra elencate (finalismo, onirismo, religiosità, ecc.) non hanno niente a che vedere con le proprietà conosciute della materia (anzi, le contraddicono) e che dunque l'ipotesi di alterità della mente rispetto al cervello è logicamente necessaria; tanto più necessaria in quanto il monismo, invece, non presenta alcun carattere di necessità logica, ma si rivela come un banale pregiudizio ideologico (il materialismo) privo di qualsiasi supporto argomentativo.
CitazioneIl dualismo non è necessariamente "interazionista" (come quello cartesiano).
L' indubbia valenza ontologica  della mente e del pensiero (grosso modo la cartesiana res cogitans) non inferiore a quella del cervello-corpo, è rilevata e riconosciuta anche da un dualismo "trascendente", come quello da me proposto, "dei fenomeni" divenienti "in parallelo su piani ontologici, reciprocamente trascendenti", così salvaguardando la chiusura causale del mondo fisico (postulato indimostrabile ma che a mio parere è necessario ammettere se si crede alla (possibilità della) conoscenza scientifica (vera) senza cadere in contraddizione ("dualismo dei fenomeni" che personalmente integro con un "monismo del noumeno": la realtà in sé, se esiste, non è né materiale né menale e non potrebbe esserla non essendo fenomenica, apparente, cosciente, sensibile, bensì di un' ulteriore non ulteriormente conoscibile e descrivibile natura).
Certo, anche la teoria di Eccles è compatibile con la chiusura causale del mondo fisico, se si assume (cosa che nessuno vieta né impone necessariamente di fare) l' interpretazione corrente dell' indeterminismo quantistico.
Però (a parte la questione del libero arbitrio che meriterebbe una discussione a sé e che è solo un aspetto fra gli altri della concezione di Eccles della mente, ben diversa dalla mia personale che nega il libero arbitrio), secondo me la sua proposta (teoricamente ineccepibile come ipotesi da sottoporre a "cimento empirico", se appena e per quanto possibile) dell' esplicarsi dell' interazione mente-materia attraverso la "scelta mentale" degli eventi quantistici possibili nei singoli eventi (nel rispetto delle inderogabili proporzioni statistiche fra le diverse alternative in numeri sufficientemente elevati di casi) a livello cerebrale è contraddetta (falsificata) di fatto dalle osservazioni delle moderne neuroscienze (senza confondere i pregiudizi filosofici materialistici di gran parte dei neuroscienziati con la verità scientifica dei risultati delle loro ricerche!).
Infatti è neurologicamente dimostrato da parecchi esperimenti (fra i quali quelli, dall' interpretazione controversa, di Binet, ma anche da tantissimi altri) che il fatto, a livello cerebrale, del compiere un' azione (l' attività dei motoneuroni, i potenziali d' azione dei quali determinano le opportune contrazioni uscolari) non è preceduto da "nulla di neurologico" (nulla di rilevabile con l' imaging neurologico funzionale e/o con il rilievo, transcranico o meglio endoneuronale, dell' attività elettrica cerebrale) ma soltanto da qualcosa di mentale, da liberoarbitrari eventi "cogitantes" di pensiero (extrafisici: di riflessione-ponderazione-valutazione delle altervative, i quali si concluderebbero con la "scelta" fra le diverse possibilità previste dall' indeterminismo quantistico a livello fisico-cerebrale, come prevedrebbe l' ipotesi di Eccles.
Al contrario questa fase di ponderazione-scelta-decisione (percepita mentalmente come tale nella coscienza di chi ne è protagonista) ha sempre, inevitabilmente evidenti correlati neurologici (unicamente "extenses") ben rilevabili nel cervello del soggetto di essa (cervello percepito materialmente nelle coscienze di osservatori, per lo più indirettamente, per il tramite dell' imaging neurologica funzionale, ma anche direttamente con rilievi dell' attività elettrica neuronale, anche traverso microlettrodi impiantati in singoli neuroni).
Le decisioni di agire non conseguono, come "scelte determinate" fra le diverse possibilità offerte dall' indeterminazione quantistica, ad una attività non-materiale ma mentale, di pensiero dei soggetti di esse (non avente di per sé alcun corrispettivo neurologico osservabile da altri come eventi materiali nei rispettivi cervelli), per il semplice fatto che è dimostrato che invece conseguono come "normalissimi" (in un certo senso "banali", non aventi nulla di speciale) precedenti eventi neurologici cerebrali (riducibili ad eventi fisici, quantistici o meno) determinati e chiaramente rilevabili immancabilmente nelle opportune osservazioni empiriche da parte di osservatori dei rispettivi cervelli).
Concordo dunque che il "dualismo interzionista" cartesiano-ecclesiano non può essere scartato a-priori (in ossequio ad un pregiudizio materialistico comune a moltissimi scienziati e non pochi filosofi), ma penso che debba comunque essere scartato a posteriori perché di fatto si rileva che le scelte delle azioni che accadono a livello cerebrale (coesistenti e biunivocamente corrispondenti ai pensieri di esse mentalmente presenti nell' esperienza cosciente di chi le compie) sono invece determinate da precedenti eventi fisiologici, in ultima analisi fisici, materiali, secondo le modalità della neurofisiologia cerebrale riducibile alla fisica-chimica.
#2514
Varie / Re:Varie
01 Settembre 2017, 09:46:40 AM
Grazie per la simpatia le cortesi parole che mi rivolgi!

E' stata una vacanza piuttosto banale, nel paese di mia moglie in Calabria, come sempre (le difficoltà di connessione Internet dipendevano interamente dalla mia imbranataggine telematica).

Poiché non sono mai riuscito a imparare a nuotare (pensare che mio padre era "un pescegatto" da ragazzo nelle rischiose acque del Po, che allora era balneabile, anche se pericolosamente, e pescosissimo. Nella mia Cremona, quando ero bambino c' era chi campava facendo il pescatore: ho ancora nelle orecchio il grido "Pesce vivo!" che risuonava talora nelle strade cittadine. Sic!), mi sono divertito ad andare in bicicletta sulle colline pre - silane (con adeguata scorta d' acqua -due borracce!- e tenendo d' occhio le poche fontane a me ormai ben note).

Inoltre come sempre ne ho approfittato per fare onore alla cucina locale che apprezzo quanto quelle emiliana.

Se avessi potuto andare lontano avrei preferito il Venezuela a Cuba perché é più interessante osservare da vicino una rivoluzione in atto che i risultati di più di mezzo secolo di potere popolare, per quanto sempre sotto ferocissimo attacco da parte dell' imperialismo.

A presto!

P.S.: approvo quanto qui riferito di Block e Fodor (conosco un poco quest' ultimo per averne letto qualcosa).
#2515
Citazione.
 


Posso finalmente cominciare a rispondere a Carlo Pierini (soprattutto; e inoltre a qualche altro interlocutore) sulle questioni di filosofia della mente da lui trattate (mi scuso per le frequenti reiterazioni e in generale la "pesantezza del ragionamento", il "proliferare ipertrofico" di proposizioni subordinate che sono miei difetti inveterati che non riesco a superare).
 
Sull' indeterminismo quantistico e il libero arbitrio
 
L' indeterminismo quantistico ha contribuito a rafforzare in filosofia quelle correnti che sostengono il libero arbitrio (nel comportamento per lo meno umano).
Tuttavia secondo me rimangono in proposito alcuni problemi insoluti.
Innanzitutto chi fa leva sull' indeterminismo quantistico per sostenere il libero arbitrio solitamente intende la meccanica quantistica nell' interpretazione filosofica di Copenhagen, quella che personalmente denomino "conformistica" (o "mainstream", come è di moda dire) fra i fisici, seguita ovviamente anche da vari filosofi, secondo la quale l' indeterminismo quantistico stesso sarebbe ontologico-oggettivo, sottintendendo o a volte affermando esplicitamente (ma falsamente) che sarebbe l' unico modo corretto di intendere e filosoficamente valutare le conoscenze scientifiche stesse.
Conoscenze scientifiche che invece possono benissimo, del tutto correttamente ed ineccepibilmente, essere intese anche "a la Bohm", attribuendo all' indeterminismo quantistico un carattere meramente gnoseologico-soggettivo (insuperabile anche in linea di principio e non solo di fatto nella teoria o conoscenza della realtà), coesistente con un determinismo ontologico-oggettivo, per così dire "soggiacente" (nella realtà in sé).
 
Inoltre è per lo meno discutibile che il libero arbitrio possa essere inteso come "variabilità di comportamento probabilisticamente-statisticamente determinata e prevedibile a priori" (e non: assolutamente indeterminata e imprevedibile a priori) per la quale se si considerano serie di casi sufficientemente numerose (di scelte fra possibili comportamenti diversi in circostanze identiche) accade che il rapporto fra le scelte alternative è ben determinato e prevedibile.
Mi sembra che sarebbe invece più chiaramente e non problematicamente compatibile con un autentico libero arbitrio il caso (che non è quello della m. q., nemmeno nell' interpretazione mainstream) di eventi fisici conseguenti (per interazione fra mentale e fisico) a scelte autenticamente libere "extrafisiche", i quali fossero completamente indeterministici, cioè per nulla calcolabili e prevedibili, non  presentando nemmeno una determinata, obbligata, inderogabile  distribuzione statistica.
Ma quello del libero arbitri è un altro argomento, troppo impegnativo per essere adeguatamente affrontato in queste mie brevi (almeno nelle intenzioni) considerazioni, fra l' altro già ripetutamente affrontato nel forum.
 
 
Sui "rapporti di implicazione" fra materia e coscienza
(e necessità di una sorta di rivoluzione copernicana rispetto alle convinzioni materialistiche largamente correnti a livello di senso comune ma anche fra alcunii filosofi e soprattutto fra gli scienziati)
 
La materia, il mondo materiale naturale considerato, descritto scientificamente dalla fisica (in generale; e in particolare nel suo ambito i cervelli umani e animali, il cui funzionamento comunque non potrebbe violare le leggi del mondo fisico stesso di cui fanno parte, anche ammesso e non concesso che non fosse perfettamente riducibile alla fisica: in questo, poiché nessuno è perfetto, nemmeno in negativo, stavolta GreenDemetr ha ragione a definire "riduzionista" almeno me) non può "contenere" la coscienza (che dunque non può trovarsi nei cervelli, nei quali infatti possono empiricamente constatarsi esistere unicamente neuroni, assoni, sinapsi e altre strutture biologiche perfettamente riducibili a molecole, atomi, particelle-onde subatomiche, campi di forza, ecc.) per il semplice fatto che , al contrario, è essa (la materia) ad essere "contenuta" nella coscienza: "esse est percipi" (Berkeley; ma soprattutto Hume).
Nel senso comune seguito anche da moltissimi ricercatori scientifici spesso si confonde la "mente" o "pensiero" (grosso modo,salvo necessarie precisazioni, la cartesiana "res cogitans") con la "coscienza" o "esperienza fenomenica", che invece comprende parimenti (esattamente nello stesso modo, negli stessi termini; in quanto fenomeni, apparenze sensibili) anche la "materia" (grossomodo, salvo necessarie precisazioni. la cartesiana "res extensa").
Infatti tanto il pensiero quanto la materia, esattamente allo stesso modo, sono "contenuti di coscienza" fenomenici, cioè aventi natura di (ovvero essendo costituiti unicamente da) apparenze o dati di sensazione, rispettivamente mentale o materiale: esattamente allo stesso modo essi sono reali unicamente in quanto, se e quando e fintanto che accadono in quanto tali (percezioni fenomeniche o "dati di coscienza").
Se "qualcosa" realmente persiste anche allorché tali sensazioni o fenomeni ("esteriori" o materiali e "interiori" o mentali) realmente non accadono (non ci sono presentemente in atto), e fa sì che le sensazioni materiali (di oggetti diversi dal soggetto di esse) e le sensazioni mentali (di oggetti identificantesi con il soggetto di esse in varie circostanze) continuano "puntualmente" ad accadere in determinati casi (per esempio se riapro gli occhi, allora puntualmente tornano ad esistere-accadere le sensazioni materiali costituenti il panorama che avevo davanti a me, o meglio nella mia cosceinza, prima di chiuderli; e se ripenso alla mia soddisfazione nel ragionare di filosofia della mente con interlocutori intelligenti ed acuti, allora puntualmente tornano ad esistere-accadere le percezioni mentali, dei pensieri del mio essere soddisfatto di poter fare tali ragionamenti, di prima che cessassi momentaneamente di pensarci), ebbene allora tale "qualcosa", tali "cose" per definizione devono necessariamente essere altro dalle suddette sensazioni fenomeniche coscienti (materiali e mentali).
Se si pretendesse che con esse si identificassero si cadrebbe con tutta evidenza in un' eclatante, "spettacolarissima" contraddizione: quella per la quale qualcosa (le sensazioni fenomeniche coscienti) accade realmente (anche) se e quando e in quanto non accade realmente!
Perciò (se realmente esistono-accadono) "tali cose" (gli oggetti delle sensazioni fenomeniche coscienti materiali e il soggetto di esse nonché soggetto-oggetto di quelle mentali) devono inevitabilmente, necessariamente (logicamente in senso letterale) essere altre cose che sensazioni fenomeniche coscienti (accadendo realmente anche se e quando e in quanto queste ultime non accadono realmente); non possono essere (costituite da) percezioni coscienti, eventi apparenti (alla coscienza; dal greco e a là Kant: "fenomeni") ma devono invece essere qualcosa di non sensibile ed apparente (alla coscienza) ma solo, ipotizzabile, "congetturabile" (dal greco e a là Kant: noumeno).
 
Concordo dunque con le tesi "destruentes" tue e di Eccles antimonistiche-materialistiche, ma non perché ritenga che ci possa essere una mente immateriale interagente causalmente con la materia (del corpo, attraverso il cervello), bensì perché credo che l' una (la materia; in generale, e in particolare la materia cerebrale) e l' altra (la mente; ma in realtà l' intera esperienza fenomenica cosciente, tanto nelle sue componenti mentali quanto in quelle materiali) siano manifestazioni fenomeniche coscienti di una medesima realtà in sé o noumeno coesistente con esse e con esse diveniente per così dire "in parallelo su differenti e reciprocamente trascendenti piani ontologici: "qualche cosa" del noumeno "si manifesta fenomenicamente" a se stesso (nell' ambito di una determinata esperienza fenomenica cosciente, la "sua" propria") venendosi a trovare con se stesso in determinati rapporti "intrinseci", di soggetto-oggetto di esperienza fenomenica cosciente) come mente o pensiero (res cogitans), mentre allorché viene a trovarsi in determinati rapporti "estrinseci" (di soggetto diverso dagli oggetti di esperienza fenomenica cosciente) con "qualche altra, da essa stessa diversa, cosa" del noumeno, allora queste ultime da essa diverse cose le "si manifestano fenomenicamente" (sempre nell' ambito di quella determinata esperienza fenomenica cosciente, la "sua" propria") come materia (res cogitans.
 
Allorché tu hai una certa, determinata esperienza fenomenica cosciente tua (materiale e/o mentale: per esempio la visione di un certo paesaggio che si accompagna a un certo stato d'animo), allora nell' esperienza cosciente mia (e non certo nel tuo cervello che di quest' ultima potrebbe far parte, che ne fa parte per lo meno potenzialmente; ed anche attualmente, purché si diano le opportune circostanze) esiste per l' appunto almeno potenzialmente un determinato cervello e nessun altro, il tuo, in una certa determinata situazione funzionale e in nessun altra: precisamente in quella determinata sola situazione funzionale che a tale (tua) esperienza cosciente in atto biunivocamente (puntualmente ed univocamente) corrisponde: non si dà l' una senza l' altra (e viceversa!).
Non è che l tuo pensiero (e in generale la tua esperienza fenomenica cosciente, anche materiale) interferisce causalmente con il tuo cervello (il quale, contrariamente ad essa, si trova almeno potenzialmente nella mia coscienza; e potenzialmente anche in altre). Men che meno (e qui concordo con te e con Eccles) il tuo pensiero e la tua esperienza fenomenica cosciente si identificano con il, o "emergono dal" o "sopravvengono al" (qualunque cosa queste espressioni possano significare) tuo cervello (il quale, contrariamente alla tua esperienza cosciente, si trova almeno potenzialmente nella mia: e potenzialmente anche in altre).
Invece il tuo pensiero e in generale la tua esperienza fenomenica cosciente sono la manifestazione (fenomenica; nell' ambito della tua esperienza cosciente) di quelle stesse "cose" (enti ed eventi) in sé o noumenici delle quali gli eventi neurofisiologici in atto nel tuo cervello sono la manifestazione (fenomenica nell' ambito della mia, e comunque di altre, diverse dalla tua, esperienza fenomenica cosciente). E viceversa.
 
 
Sulla selezione naturale e la coscienza
 
Innanzitutto è infondata e falsa la tesi largamente corrente secondo la quale tutto ciò cui la selezione naturale consente di diffondersi deve necessariamente essere utile e "vantaggioso" ai fini della sopravvivenza e riproduzione di chi ne sia dotato: è del tutto evidente che le corna dei cervi e le piume caudali dei pavoni maschi (oltre a tantissime altre cose, compreso nell' uomo il sublime piacere per la musica, che può indurre in distrazione e conseguentemente far finire preda di feroci carnivori), inibendo la fuga e favorendo i rispettivi predatori, sono piuttosto "svantaggiosi" (o "non affatto ottimalmente adattivi"). Eppure la selezione naturale non li ha eliminati e si sono egregiamente diffusi e spettacolarmente sviluppati.
Quella della "selezione del più adatto", se anche fosse realmente una regola o "legge biologica", avrebbe comunque non poche e non irrilevanti eccezioni.
Ma in realtà le cose non stanno così.
Infatti la selezione naturale in realtà opera "in negativo" e non affatto "in positivo", eliminando l' "eccessivamente inadatto" e non salvaguardando-diffondendo unicamente il "massimamente adatto" a un ambiente che cambia continuamente, cosicché l' esservici "troppo bene" e troppo uniformemente adattata tende prima o poi a condurre una specie all' estinzione, mentre l' esservici "non troppo perfettamente" e soprattutto non troppo uniformemente adatta le può consentirle di sopravvivere agli incessanti mutamenti ambientali: alla faccia di Dawkins solo geni che siano "piuttosto altruisti" ("tolleranti" verso la diffusione degli alleli loro alternativi) che "egoisti" ("razzisticamente intolleranti" verso gli alleli loro alternativi) possono sopravvivere per tempi non effimeri e diffondersi, dal momento che possono sopravvivere ai continui mutamenti ambientali e diffondersi solo le specie che ne sono dotate ("portatrici", per usare l' orrenda prosa di Dawkins e compari); ed invece quelli "troppo egoisti" verrebbero "spietatamente" eliminati dalla selezione naturale con l' inevitabile estinzione delle specie che li avessero (che ne fossero "possedute" in qualità di meri "veicoli" secondo la pessima ideologia non scientifica dawkinsiana) ai primi inevitabili seri mutamenti ambientali.
 
Inoltre la selezione naturale agisce unicamente nell' ambito del (e sul) mondo materiale-naturale (corpi, cervelli, ecc.; appartenenti potenzialmente od attualmente alle esperienze fenomeniche coscienti di altri soggetti che li osservassero) e non sulla coscienza.
Come ha rilevato David Chalmers, sarebbe perfettamente, ineccepibilmente ipotizzabile che alcuni degli altri uomini (e animali), o al limite tutti (oltre a ciascuno di noi), fossero dei meri "zombi" del tutto privi di coscienza ma soltanto agenti come se fossero coscienti senza effettivamente esserlo, e nulla cambierebbe in alcun modo apprezzabile, rilevabile, empiricamente constatabile (da ciascuno di noi): se qualcuno o al limite tutti gli altri uomini (e animali) fossero zombi senza coscienza non potremmo in alcun modo accorgercene dall' osservazione del loro comportamento.
Sono dunque le caratteristiche fisiche-materiali dei cervelli degli animali ed il loro conseguente comportamento e non la (eventuale) coscienza che li accompagna (in tal senso del tutto irrilevante) ad essersi diffusi conformemente alla selezione naturale (intesa in modo scientificamente corretto e non ideoogicamente "a là Dawkins").
 
Ritengo che l' evoluzione del comportamento specificamente umano degli "antenati comuni" a noi e a varie specie di scimmie a noi affini:
a)    sia ben spiegabile, senza nulla di problematico, in sede biologica (nel mondo materiale-naturale di cui cervelli e corpi umani fanno parte, in cui patiscono e agiscono; del tutto indipendentemente dalla coscienza che accompagna il loro agire e patire, che è al riguardo non metafisicamente necessaria e in linea teorica di principio scientificamente irrilevante, anche se di fatto utile a spiegare molte cose a noi che ne siano dotati); e questo attraverso le teorie biologiche selettive darwiniane (correttamente intese e non ideologicamente distorte; di fatto in senso politicamente reazionario) che non son affatto universamente, necessariamente, inevitabilmente "gradualistiche" ma implicano anche veri e propri "salti di qualità dialettici" (teorie degli equilibri punteggiati di Gould ed Eldredge);

b)    non abbia significativi nessi con la coscienza che in corrispondenza biunivoca accompagna il funzionamento del cervello (e conseguentemente il comportamento, umano e animale, con i suoi nessi e le sue implicazioni con l' evoluzione biologica), poiché questo potrebbe benissimo vivere e "funzionare" ed evolversi nel mondo materiale-naturale esattamente come vi vive e "funziona" e vi si evolve, anche se per assurdo non fosse accompagnato dalla coscienza stessa.
#2516
Carissimo Carlo Pierini (scusa se mi permetto questa familiarità), ho letto con immenso interesse e piacere le tue citazioni da Eccles e le tue considerazioni di filosofia della mente (e di neurologia).

Sono peraltro in totale disaccordo versi i per me irrazionalisti Jung ed Eliade.

Ho dettagliate obiezioni da opporre a alla tua "pars construens" (e altre per Altamarea), mentre concordo pressocchépienamente con la "pars destruens" che ritengo giustamente e correttamente critica verso il monismo materialistico.
Purtroppo (,ma per altri versi pe fortuna!) sono in ferie lontano da casa e malissimo collegato con Internet.
Prego te in particolare ed Altamarea di pazientare fino ai primi di Settembre, allorché vi manderò le mie obiezioni.
Spero comunque che intervengano anche altri su questo intervento per me del massimo interesse, e in particolare Epicurus che conosco telematicamente da ancor èprima del "vecchio forum" di Riflessioni e col quale in anni ormai ontani ho avuto interessantissime, accanite discussioni in proposito su un sito da lui allora gestito (anche s sembra che ora gli interessino soprattutto la logica e i suoi paradossi, spero che pure lui intervenga anche in questa discussione).

A
presto!
#2517
Varie / Re:Varie
30 Luglio 2017, 15:21:48 PM
Per un mese sarò "via" con possibilità di accesso a Internet per lo meno molto limitate e difficoltose.

In maniera poco o punto ortodossa (me ne scuso) saluto momentaneamente tutti in questa sede.

Ci rileggiamo a Settembre.

Statemi bene!
#2518
Benvenuto (-a) anche da parte mia!
#2519
Attualità / Re:Africa: come aiutarli a casa loro?
29 Luglio 2017, 09:14:19 AM
D' altra parte quelli che "virtuosamente", con boldriniana pseudocarità pelosa, proclamano "aiutiamoli a casa loro", che tradotto dal politichese ipocrita e fradicio significa "andiamo ad ammazzarli mentre iniziano la migrazione, lontano dalle nostre coste, in modo che lo sterminio di tipo nazista che perpetriamo non sia troppo palese e non disturbi l' ipocrisia dei nostri benpensanti che ci votano" (del resto anche ai tempi di Hitler non é che ciò che accadeva ad Aushcwiz venisse troppo pubblicizzato presso il popolo tedesco), costoro sono quegli stessi che hanno aggredito militarmente la Libia, distrutto il suo governo nazionalista, populista e infinitamente più democratico dei "nostri" imperialistici occidentali e fatto barbaramente trucidare Gheddafi; cioé che hanno annientato con la forza coloro che  che già realmente li aiutavano "a casa loro" con prestiti agevolati, scambi commerciali discretamente equi ed onesti e aiuti allo sviluppo e  cercando di (e iniziando nei fatti a) realizzare un sistema di collaborazione  economica africano che li sottraesse all' usura di FMI, BM e altre associazioni internazionali a delinquere e ne consentisse la valorizzazione delle loro risorse naturali e lo sviluppo tecnico e "protoindustriale", nonché "a casa sua" offrendo loro molti ottimi posti di lavoro molto più vicino a casa che in Europa.

Quegli stessi che hanno barbaramente sterminato e trucidato chi effettivamente li aiutava "a casa loro" e "a casa sua" ora hanno la faccia di culo di proclamare "aiutiamoli noi a casa loro", per nascondere il fatto che li andranno a sterminare lontano dalle nostre coste, ovvero "lontano dagli occhi, lontano dal cuore" (Sergio Endrigo) degli ipocriti benpensanti di casa nostra!

SIC ! ! !

http://www.lantidiplomatico.it/dettnews-lettera_aperta_a_emmanuel_macron_quando_un_belga_difende_lafrica/82_21021/
#2520
Citazione di: pepe98 il 27 Luglio 2017, 16:47:31 PM
Sgiombo: La mia domanda non è "la memoria ci presenta fatti realmente successi?": ammettiamo pure, per ora, che la memoria non inganni in tal modo. Ma rimarrebbe un'altra domanda lecita: gli eventi presenti nella memoria, hanno smesso di accadere? Se la risposta è affermativa esiste il mutamento. Ma la risposta può anche essere negativa(il mutamento non è empiricamente constatabile, se empiricamente constatabile è solo la presenza di eventi ordinati nella memoria): in tal caso ogni cosa che accade ora continuerà ad accadere(ed è sempre accaduta). La parola "ora" viene ad assumere un significato relativo, esattamente come per lo spazio il significato di "qui"
CitazioneInfatti se la memoria non ci inganna gli eventi accaduti in passato e presenti nella memoria stessa, al presente hanno smesso di accadere, e perciò è reale il mutamento.
 
Ma se invece la memoria ci inganna non ne consegue affatto necessariamente che il mutamento (in generale) non sia reale (casomai lo sarebbe il determinato particolare mutamento testimoniato da tali determinati eventi passati erroneamente ricordati).
Men che meno ne consegue necessariamente che in tal caso ogni cosa reale (accade ora e) continuerà ad accadere, né che è sempre accaduta, essendo comunque tali fatti da te ingiustificatamente e indimostrabilmente pretesi "eterni" altrettanto del loro mutamento effettivamente ricordato - né più né meno- unicamente "testimoniati" (ma non testimoniati essere eterni bensì essere di durata temporale finita e passata) dalla memoria, e dunque essendo reali (ma di durata finita e passata) unicamente alla condizione indimostrabile della veridicità della memoria ma non affatto per questo eterni alla condizione della falsità della memoria stessa: si tratta di illazioni negate dalla memoria e inoltre del tutto arbitrarie, indimostrabili.
Della realtà del mutamento abbiamo almeno la testimonianza dubitabile della memoria, mentre della pretesa "eternità degli eventi" (ammesso e non concesso che un evento, che si svolge inevitabilmente nel tempo per definizione, possa essere sensatamente, non autocontraddittoriamente considerato eterno!) nemmeno quella.
 
La parola "ora" ha comunque un significato relativo (al passato e al futuro), esattamente come per lo spazio il significato di "qui" (relativo all' "altrove"), che la memoria sia veritiera o meno, che il mutamento sia reale o meno.