cit cannata
"La prospettiva è totalmente diversa, deve essere totalmente diversa, dev'essere sempre totalmente diversa.
Mi sembra che in questo senso sia tu, sia Nietzsche, sia Sloterdijk, cadiate sempre nello stesso problema: nel cercare prospettive migliori non vi accorgete che la prospettiva migliore, la prospettiva totalmente diversa, è quella di navigare in continuazione tra prospettive diverse ed esplorarne sempre di nuove. Ossia divenire, camminare, crescere, non fermarsi mai in un punto, mettersi sempre in questione, essere sempre su strada.
Solo in questo modo non ci potrà più essere un altro a farti ancora sospettare che la prospettiva potrebbe essere totalmente diversa, poiché in questo caso sarebbe lui invece a peccare di aspirazione al fermarsi in qualche punto stabile, non più aperto al cambiamento.
Questo modo di vivere (perché di modo di vivere si tratta, in quanto spiritualità, più che filosofia) è secondo me l'unico, vero, custode interiore, guardiano di un io sempre più smarrito, auspicato da Kobayashi nell'ultimo rigo del suo post iniziale. Infatti un custode, un guardiano, che servisse a tenere ordine, cioè staticità, sarebbe un uccisore dell'io e dell'esperienza che ne abbiamo (in questo senso vengono a risultare micidiali, omicide, tutte le ricerche sull'io che mirano a definirne la natura, fisica, cioè neurologica, o non fisica che sia); il vero guardiano deve far camminare, andando avanti lui stesso per primo.
Giovanni Battista diceva, e poi Gesù ripetè "Convertitevi!". Sì, ma convertirsi a cosa? La risposta è nell'esortazione stessa: bisogna convertirsi al convertirsi, cioè prendere l'abitudine al convertirsi in continuazione; al confronto di questo, diventa chiarissimo che qualsiasi altro convertirsi non potrà mai essere un vero convertirsi."
In Sloterdijk si parla di cambiare la vita (Rilke) in te si tratta di cambiare il punto di vista.
Non ci potrebbe essere differenza più grande, e mentre trovo piacere a parlare del paniere della spiritualità, credo che il nostro dialogo si fermi inevitabilmente là. A me interessa la vita, non la spiritualità.
Il guardiano a cui allude Kobayashi potrebbe essere visto in diversi modi.
Come ho già scritto se c'è un guardiano allora c'è anche Kafka. Non mi dilungo ancora, non trovo echi in questo forum.
Non credo che il messaggio di Cristo sia quello della conversione continua, anzi mi pare che indichi un orizzonte chiaramente verticale, metafisico, oltre la verticalità stessa, aggiungerei, ma non trovo echi in questo forum e non mi dilungo.(Tutta la scolastica etc...)
cit kobayashi
"necessariamente l'utilizzo di segnali per orientarsi, se non si vuole finire per compiere dei percorsi circolari che conducono sempre nello stesso luogo."
Cosa che però in Angelo guarda caso porta sempre allo stesso punto di partenza, perciò io ripropongo la metafora del ciclista, che ha imparato sì a rimanere in equilibrio sulla bicicletta, ma che non vuole proprio saperne di ripartire. (Ma ovviamente essendo una cosa che condivido con lui, so già che il problema è quello paranoico, non per lui certo, ma per me sicuramente, mi spiace ripetermi come un disco rotto, e ripeto il punto per uscire da questo impasse è immergersi nella storia e non uscirne o prenderne distanza, come poi criticherò per esempio anche a Phil).
cit kobayashi
"Partendo da una visione allarmata del presente (le manipolazioni di questo demoniaco connubio tra neoliberismo e tecnologie digitali), l'indicazione può essere questa: urge mobilitare tutta la forza della filosofia se ci si vuole opporre alla trasformazione antropologica in atto. "
Sicuramente sono in pochi quelli che riescono a vedere il campanello d'allarme, ma come si fa a vederlo senza un orizzonte sufficemtemente ampio?
Oggi l'allarmismo, serve più come cassa di risonanza pubblica per destare attenzione mediatica.
E' stato appunto immunizzato. Per questo la fine dei tempi teorizzata da Pasolini, oggi è ancora più evidente.
cit kobayashi
"All'esoterico green demetr (che ho capito solo a pezzetti...), sperando di avergli risposto almeno in parte con ciò che ho scritto sopra, propongo un frammento di Nietzsche (forse si trova in Volontà di potenza, ma non ricordo) che descrive il sentiero della saggezza in tre fasi:
prima fase, saper venerare, raccogliere dentro di se' tutte le cose degne di venerazione. Epoca della comunità;
seconda fase, spezzare il cuore venerante. Epoca del deserto. Critica di tutte le cose venerate, tentativo di rovesciare le valutazioni [Umano troppo umano I e II, Aurora];
terza fase, grande decisione sulla capacità di assumere una posizione positiva, di affermazione. L'istinto di colui che crea [dallo Zarathustra in poi]."
lol di esoterico ho veramente poco, una manciata di pagine questa estate, per la precisione, lol.
Ma certo ci sta questa visione in tre trance, ma non mi azzardo ad andare alla terza.
Per questo rimango saldo ad Umano Troppo Umano. Il problema della comunità.
Appunto!
Ci fosse qualcuno che abbia aperto un 3d che gli vada almeno vicino...sono sempre e solo questioni che riguardano le morali.
Io ho proposto quella del cerchio, e dei cerchi aperti, delle continua apertura, e dei tentativi di inclusione in cerchi sempre più ampi. Senza perdere il centro. (Anche Sloterdijk ci ha lavorato in Sfere, di cui ho letto solo il primo libro, e di cui mi sembra il più interessante sarà il terzo).
Poichè il centro non si può perdere, ossia il suo occhio metafisico, vengono i problemi affrontati da Sloterdikkj, ossia le verticalità. (dopo la sfera).
Lato Nietzche siamo sempre nella costruzione genealogica. Evidentemente per superarla, ed affrontare il vero problema dell'Altro, serve ancora molto tempo, il mondo accademico deve ancora farci i conti (il mondo accademico illuminato ovvio).
Invece tanto per chiarire, mi sembra che la tua domanda Kobayashi, sia ancora prima della genealogia. Infatti non ricordo sia mai stato nei tuoi discorsi.
In questo forum, la intendono solo Maral, che si è defilato quest'anno, e Phil, che però la legge linguisticamente, semioticamente.
cit Cannata
"Quello che hai detto dopo su Nietzsche mi sembra rispecchiare lo stesso problema, su cui secondo me Nietzsche è in fondo cascato: nel suo "sentiero di saggezza" che hai descritto, mi sembra che lui intuisca il bisogno di un continuo rinnovare, ma egli rimane prigioniero della mentalità greca di andare pur sempre a parare in qualcosa di definito, statico, che nella tua sintesi viene detto "posizione positiva, di affermazione"."
Se non capisci Nietzche, perchè avventurarsi in affermazioni che vanno molto lontane dalle intenzioni dell'autore.
Dove pensi che Vattimo abbia derivato il suo pensiero debole, se non che da Nietzche?
Riflettici per favore.
cit Phil
"Ovvero, una tecnica dell'auto-educazione del proprio Io, si oppone spontaneamente alla trasformazione antropologica o, per "funzionare", deve installarsi proprio nella trasformazione antropologica che la circonda (e a cui essa partecipa), senza necessariamente essere destabilizzante, anacronistica o alienante?"
Penso che ancora non si sia capito che l'educazione del proprio Io avviene a contatto con gli Altri.
Per questo è dentro l'antropotecnica.
Ma la differenza è vederci un problema o no.
E mi sembra che tu non lo veda affatto. Vedi poi.
cit Angelo
"Non trascuriamo che la trasformazione antropologica in corso contiene anche approfondimenti e strumenti per l'umanesimo, ma su questo mi sembra che non sia difficile osservare nel presente un aumento di massificazione e potenza massificatrice rispetto al passato. Perciò, personalmente, soggettivamente, trovo importante un impegno affinché la trasformazione antropologica in atto riceva delle correzioni."
Si sono d'accordo con quanti hai scritto, sia sull'importanza del saper ascoltare dalla nostra storia, come umani, sia sull'affrontare la massificazione non necessariamente come un nemico.
Ma....come?
cit Kobayashi
"Forse no, ma l'importante, secondo me, non è tanto ritornare ad una certa saggezza delle scuole filosofiche antiche quanto prendere coscienza che c'è una battaglia in corso (per accaparrarsi ciò che rimane della coscienza degli uomini), il che significa mettere da parte le delicatezze dell'erudizione e fare l'inventario delle armi che si hanno a disposizione, e l'antichità senz'altro contiene del materiale utile..."
Sono molto scettico sull'armamentario dell'antichità.
Infatti il novecento si è detto post-modernista, proprio perchè si è come piegato (fino all'implosione?) sulle domande poste dalla Modernità.
Dopo anni di prolungato ascolto di conferenze e quant'altro, credo che si tratti di ripartire da Cartesio.
Io ho creato lo slogan, "come difendesi dall'uomo macchina modernista".
Ma se non intendimao cosa sia l'uomo moderno, come pensiamo di capire l'uomo post-moderno? o post-metafisico dei giorni nostri?
La metafisica moderna è lì ad attenderci, cosa c'entra quella antica? sono curioso! (non sto dicendo che sia una strada sbagliata, solo che non la conosco, e non ne sono attratto.)
cit Kobayashi
"A questa deriva della semplificazione non vedo come ci si possa difendere se non attraverso l'imposizione di una distanza (che va poi continuamente riprodotta perché il sistema tende a riassorbire ogni elemento refrattario)."
Concordo appieno.
Cit Phil
"Quello che non colgo è l'istanza di urgenza, di svolta epocale (in negativo), di allarme per la condizione umana, come se l'uomo si stesse improvvisamente smarrendo dopo un'epoca d'oro e d'idillio... "
Certo questo è uno dei sintomi più noti della paranoia intellettuale (vedi lo stesso Pasolini, prima citato).
Ma credo che lo conosciamo abbasta bene, per non cadere nella trappola.
Ciò detto, non può dunque valere come rispota immunitaria, al critica storica, di ogni epoca storica!
E cosa sarebbe sennò la genealogia? Non leggere Focault, Sloterdijk non è più un lusso a cui possiamo rinunciare.
Cit Phil
" ...fermo restando che ogni metabolizzazione del proprio passato produce scarti, nuove energie e cambiamenti (quindi, potenzialmente, anche nostalgia, timore r svalutazione del nuovo, destabilizzazione, etc.)
...Forse il migliore antidoto alla semplificazione orizzontale (anche se non sottovaluterei la qualità, tutta postmoderna, della profondità orizzontale) è già quello di tematizzarla, anzi problematizzarla, dall'interno, magari più con "distacco" che con "distanza", ovvero restandoci immersi ma con una "postura autonoma" (non pedissequamente accondiscendente)."
Approvo, con una postilla
Dimentichi questo scritto da Kobayashi: c"he va poi continuamente riprodotta perché il sistema tende a riassorbire ogni elemento refrattario"
Sarebbe il famoso campanello d'allarme, che tu semrbi non sentire, infatti parli di distacco, e di mera postura. (come Sini, quindi capisco benissimo l'intero discorso dietro).
E non capisci che non si mette forza in quel distacco, facendolo diventare vera e propria distanza, si cade inevitabilmente nelle trappole della contemporaneità. (che io chiamo schizoidismo paranoide, non in termini clinici, come giustamente qualcuno su YouTube ha precisato).
Sini (il mio amato Sini) è paranoico! Questo è il sunto.
"La prospettiva è totalmente diversa, deve essere totalmente diversa, dev'essere sempre totalmente diversa.
Mi sembra che in questo senso sia tu, sia Nietzsche, sia Sloterdijk, cadiate sempre nello stesso problema: nel cercare prospettive migliori non vi accorgete che la prospettiva migliore, la prospettiva totalmente diversa, è quella di navigare in continuazione tra prospettive diverse ed esplorarne sempre di nuove. Ossia divenire, camminare, crescere, non fermarsi mai in un punto, mettersi sempre in questione, essere sempre su strada.
Solo in questo modo non ci potrà più essere un altro a farti ancora sospettare che la prospettiva potrebbe essere totalmente diversa, poiché in questo caso sarebbe lui invece a peccare di aspirazione al fermarsi in qualche punto stabile, non più aperto al cambiamento.
Questo modo di vivere (perché di modo di vivere si tratta, in quanto spiritualità, più che filosofia) è secondo me l'unico, vero, custode interiore, guardiano di un io sempre più smarrito, auspicato da Kobayashi nell'ultimo rigo del suo post iniziale. Infatti un custode, un guardiano, che servisse a tenere ordine, cioè staticità, sarebbe un uccisore dell'io e dell'esperienza che ne abbiamo (in questo senso vengono a risultare micidiali, omicide, tutte le ricerche sull'io che mirano a definirne la natura, fisica, cioè neurologica, o non fisica che sia); il vero guardiano deve far camminare, andando avanti lui stesso per primo.
Giovanni Battista diceva, e poi Gesù ripetè "Convertitevi!". Sì, ma convertirsi a cosa? La risposta è nell'esortazione stessa: bisogna convertirsi al convertirsi, cioè prendere l'abitudine al convertirsi in continuazione; al confronto di questo, diventa chiarissimo che qualsiasi altro convertirsi non potrà mai essere un vero convertirsi."
In Sloterdijk si parla di cambiare la vita (Rilke) in te si tratta di cambiare il punto di vista.
Non ci potrebbe essere differenza più grande, e mentre trovo piacere a parlare del paniere della spiritualità, credo che il nostro dialogo si fermi inevitabilmente là. A me interessa la vita, non la spiritualità.
Il guardiano a cui allude Kobayashi potrebbe essere visto in diversi modi.
Come ho già scritto se c'è un guardiano allora c'è anche Kafka. Non mi dilungo ancora, non trovo echi in questo forum.
Non credo che il messaggio di Cristo sia quello della conversione continua, anzi mi pare che indichi un orizzonte chiaramente verticale, metafisico, oltre la verticalità stessa, aggiungerei, ma non trovo echi in questo forum e non mi dilungo.(Tutta la scolastica etc...)
cit kobayashi
"necessariamente l'utilizzo di segnali per orientarsi, se non si vuole finire per compiere dei percorsi circolari che conducono sempre nello stesso luogo."
Cosa che però in Angelo guarda caso porta sempre allo stesso punto di partenza, perciò io ripropongo la metafora del ciclista, che ha imparato sì a rimanere in equilibrio sulla bicicletta, ma che non vuole proprio saperne di ripartire. (Ma ovviamente essendo una cosa che condivido con lui, so già che il problema è quello paranoico, non per lui certo, ma per me sicuramente, mi spiace ripetermi come un disco rotto, e ripeto il punto per uscire da questo impasse è immergersi nella storia e non uscirne o prenderne distanza, come poi criticherò per esempio anche a Phil).
cit kobayashi
"Partendo da una visione allarmata del presente (le manipolazioni di questo demoniaco connubio tra neoliberismo e tecnologie digitali), l'indicazione può essere questa: urge mobilitare tutta la forza della filosofia se ci si vuole opporre alla trasformazione antropologica in atto. "
Sicuramente sono in pochi quelli che riescono a vedere il campanello d'allarme, ma come si fa a vederlo senza un orizzonte sufficemtemente ampio?
Oggi l'allarmismo, serve più come cassa di risonanza pubblica per destare attenzione mediatica.
E' stato appunto immunizzato. Per questo la fine dei tempi teorizzata da Pasolini, oggi è ancora più evidente.
cit kobayashi
"All'esoterico green demetr (che ho capito solo a pezzetti...), sperando di avergli risposto almeno in parte con ciò che ho scritto sopra, propongo un frammento di Nietzsche (forse si trova in Volontà di potenza, ma non ricordo) che descrive il sentiero della saggezza in tre fasi:
prima fase, saper venerare, raccogliere dentro di se' tutte le cose degne di venerazione. Epoca della comunità;
seconda fase, spezzare il cuore venerante. Epoca del deserto. Critica di tutte le cose venerate, tentativo di rovesciare le valutazioni [Umano troppo umano I e II, Aurora];
terza fase, grande decisione sulla capacità di assumere una posizione positiva, di affermazione. L'istinto di colui che crea [dallo Zarathustra in poi]."
lol di esoterico ho veramente poco, una manciata di pagine questa estate, per la precisione, lol.
Ma certo ci sta questa visione in tre trance, ma non mi azzardo ad andare alla terza.
Per questo rimango saldo ad Umano Troppo Umano. Il problema della comunità.
Appunto!
Ci fosse qualcuno che abbia aperto un 3d che gli vada almeno vicino...sono sempre e solo questioni che riguardano le morali.
Io ho proposto quella del cerchio, e dei cerchi aperti, delle continua apertura, e dei tentativi di inclusione in cerchi sempre più ampi. Senza perdere il centro. (Anche Sloterdijk ci ha lavorato in Sfere, di cui ho letto solo il primo libro, e di cui mi sembra il più interessante sarà il terzo).
Poichè il centro non si può perdere, ossia il suo occhio metafisico, vengono i problemi affrontati da Sloterdikkj, ossia le verticalità. (dopo la sfera).
Lato Nietzche siamo sempre nella costruzione genealogica. Evidentemente per superarla, ed affrontare il vero problema dell'Altro, serve ancora molto tempo, il mondo accademico deve ancora farci i conti (il mondo accademico illuminato ovvio).
Invece tanto per chiarire, mi sembra che la tua domanda Kobayashi, sia ancora prima della genealogia. Infatti non ricordo sia mai stato nei tuoi discorsi.
In questo forum, la intendono solo Maral, che si è defilato quest'anno, e Phil, che però la legge linguisticamente, semioticamente.
cit Cannata
"Quello che hai detto dopo su Nietzsche mi sembra rispecchiare lo stesso problema, su cui secondo me Nietzsche è in fondo cascato: nel suo "sentiero di saggezza" che hai descritto, mi sembra che lui intuisca il bisogno di un continuo rinnovare, ma egli rimane prigioniero della mentalità greca di andare pur sempre a parare in qualcosa di definito, statico, che nella tua sintesi viene detto "posizione positiva, di affermazione"."
Se non capisci Nietzche, perchè avventurarsi in affermazioni che vanno molto lontane dalle intenzioni dell'autore.
Dove pensi che Vattimo abbia derivato il suo pensiero debole, se non che da Nietzche?
Riflettici per favore.
cit Phil
"Ovvero, una tecnica dell'auto-educazione del proprio Io, si oppone spontaneamente alla trasformazione antropologica o, per "funzionare", deve installarsi proprio nella trasformazione antropologica che la circonda (e a cui essa partecipa), senza necessariamente essere destabilizzante, anacronistica o alienante?"
Penso che ancora non si sia capito che l'educazione del proprio Io avviene a contatto con gli Altri.
Per questo è dentro l'antropotecnica.
Ma la differenza è vederci un problema o no.
E mi sembra che tu non lo veda affatto. Vedi poi.
cit Angelo
"Non trascuriamo che la trasformazione antropologica in corso contiene anche approfondimenti e strumenti per l'umanesimo, ma su questo mi sembra che non sia difficile osservare nel presente un aumento di massificazione e potenza massificatrice rispetto al passato. Perciò, personalmente, soggettivamente, trovo importante un impegno affinché la trasformazione antropologica in atto riceva delle correzioni."
Si sono d'accordo con quanti hai scritto, sia sull'importanza del saper ascoltare dalla nostra storia, come umani, sia sull'affrontare la massificazione non necessariamente come un nemico.
Ma....come?
cit Kobayashi
"Forse no, ma l'importante, secondo me, non è tanto ritornare ad una certa saggezza delle scuole filosofiche antiche quanto prendere coscienza che c'è una battaglia in corso (per accaparrarsi ciò che rimane della coscienza degli uomini), il che significa mettere da parte le delicatezze dell'erudizione e fare l'inventario delle armi che si hanno a disposizione, e l'antichità senz'altro contiene del materiale utile..."
Sono molto scettico sull'armamentario dell'antichità.
Infatti il novecento si è detto post-modernista, proprio perchè si è come piegato (fino all'implosione?) sulle domande poste dalla Modernità.
Dopo anni di prolungato ascolto di conferenze e quant'altro, credo che si tratti di ripartire da Cartesio.
Io ho creato lo slogan, "come difendesi dall'uomo macchina modernista".
Ma se non intendimao cosa sia l'uomo moderno, come pensiamo di capire l'uomo post-moderno? o post-metafisico dei giorni nostri?
La metafisica moderna è lì ad attenderci, cosa c'entra quella antica? sono curioso! (non sto dicendo che sia una strada sbagliata, solo che non la conosco, e non ne sono attratto.)
cit Kobayashi
"A questa deriva della semplificazione non vedo come ci si possa difendere se non attraverso l'imposizione di una distanza (che va poi continuamente riprodotta perché il sistema tende a riassorbire ogni elemento refrattario)."
Concordo appieno.
Cit Phil
"Quello che non colgo è l'istanza di urgenza, di svolta epocale (in negativo), di allarme per la condizione umana, come se l'uomo si stesse improvvisamente smarrendo dopo un'epoca d'oro e d'idillio... "
Certo questo è uno dei sintomi più noti della paranoia intellettuale (vedi lo stesso Pasolini, prima citato).
Ma credo che lo conosciamo abbasta bene, per non cadere nella trappola.
Ciò detto, non può dunque valere come rispota immunitaria, al critica storica, di ogni epoca storica!
E cosa sarebbe sennò la genealogia? Non leggere Focault, Sloterdijk non è più un lusso a cui possiamo rinunciare.
Cit Phil
" ...fermo restando che ogni metabolizzazione del proprio passato produce scarti, nuove energie e cambiamenti (quindi, potenzialmente, anche nostalgia, timore r svalutazione del nuovo, destabilizzazione, etc.)
...Forse il migliore antidoto alla semplificazione orizzontale (anche se non sottovaluterei la qualità, tutta postmoderna, della profondità orizzontale) è già quello di tematizzarla, anzi problematizzarla, dall'interno, magari più con "distacco" che con "distanza", ovvero restandoci immersi ma con una "postura autonoma" (non pedissequamente accondiscendente)."
Approvo, con una postilla
Dimentichi questo scritto da Kobayashi: c"he va poi continuamente riprodotta perché il sistema tende a riassorbire ogni elemento refrattario"
Sarebbe il famoso campanello d'allarme, che tu semrbi non sentire, infatti parli di distacco, e di mera postura. (come Sini, quindi capisco benissimo l'intero discorso dietro).
E non capisci che non si mette forza in quel distacco, facendolo diventare vera e propria distanza, si cade inevitabilmente nelle trappole della contemporaneità. (che io chiamo schizoidismo paranoide, non in termini clinici, come giustamente qualcuno su YouTube ha precisato).
Sini (il mio amato Sini) è paranoico! Questo è il sunto.
