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Messaggi - green demetr

#2506
cit cannata
"La prospettiva è totalmente diversa, deve essere totalmente diversa, dev'essere sempre totalmente diversa.

Mi sembra che in questo senso sia tu, sia Nietzsche, sia Sloterdijk, cadiate sempre nello stesso problema: nel cercare prospettive migliori non vi accorgete che la prospettiva migliore, la prospettiva totalmente diversa, è quella di navigare in continuazione tra prospettive diverse ed esplorarne sempre di nuove. Ossia divenire, camminare, crescere, non fermarsi mai in un punto, mettersi sempre in questione, essere sempre su strada.
Solo in questo modo non ci potrà più essere un altro a farti ancora sospettare che la prospettiva potrebbe essere totalmente diversa, poiché in questo caso sarebbe lui invece a peccare di aspirazione al fermarsi in qualche punto stabile, non più aperto al cambiamento.
Questo modo di vivere (perché di modo di vivere si tratta, in quanto spiritualità, più che filosofia) è secondo me l'unico, vero, custode interiore, guardiano di un io sempre più smarrito, auspicato da Kobayashi nell'ultimo rigo del suo post iniziale. Infatti un custode, un guardiano, che servisse a tenere ordine, cioè staticità, sarebbe un uccisore dell'io e dell'esperienza che ne abbiamo (in questo senso vengono a risultare micidiali, omicide, tutte le ricerche sull'io che mirano a definirne la natura, fisica, cioè neurologica, o non fisica che sia); il vero guardiano deve far camminare, andando avanti lui stesso per primo.

Giovanni Battista diceva, e poi Gesù ripetè "Convertitevi!". Sì, ma convertirsi a cosa? La risposta è nell'esortazione stessa: bisogna convertirsi al convertirsi, cioè prendere l'abitudine al convertirsi in continuazione; al confronto di questo, diventa chiarissimo che qualsiasi altro convertirsi non potrà mai essere un vero convertirsi."


In Sloterdijk si parla di cambiare la vita (Rilke) in te si tratta di cambiare il punto di vista.
Non ci potrebbe essere differenza più grande, e mentre trovo piacere a parlare del paniere della spiritualità, credo che il nostro dialogo si fermi inevitabilmente là. A me interessa la vita, non la spiritualità.

Il guardiano a cui allude Kobayashi potrebbe essere visto in diversi modi.
Come ho già scritto se c'è un guardiano allora c'è anche Kafka. Non mi dilungo ancora, non trovo echi in questo forum.

Non credo che il messaggio di Cristo sia quello della conversione continua, anzi mi pare che indichi un orizzonte chiaramente verticale, metafisico, oltre la verticalità stessa, aggiungerei, ma non trovo echi in questo forum e non mi dilungo.(Tutta la scolastica etc...)


cit kobayashi

"necessariamente l'utilizzo di segnali per orientarsi, se non si vuole finire per compiere dei percorsi circolari che conducono sempre nello stesso luogo."

Cosa che però in Angelo guarda caso porta sempre allo stesso punto di partenza, perciò io ripropongo la metafora del ciclista, che ha imparato sì a rimanere in equilibrio sulla bicicletta, ma che non vuole proprio saperne di ripartire. (Ma ovviamente essendo una cosa che condivido con lui, so già che il problema è quello paranoico, non per lui certo, ma per me sicuramente, mi spiace ripetermi come un disco rotto, e ripeto il punto per uscire da questo impasse è immergersi nella storia e non uscirne o prenderne distanza, come poi criticherò per esempio anche a Phil).


cit kobayashi

"Partendo da una visione allarmata del presente (le manipolazioni di questo demoniaco connubio tra neoliberismo e tecnologie digitali), l'indicazione può essere questa: urge mobilitare tutta la forza della filosofia se ci si vuole opporre alla trasformazione antropologica in atto. "

Sicuramente sono in pochi quelli che riescono a vedere il campanello d'allarme, ma come si fa a vederlo senza un orizzonte sufficemtemente ampio?

Oggi l'allarmismo, serve più come cassa di risonanza pubblica per destare attenzione mediatica.

E' stato appunto immunizzato. Per questo la fine dei tempi teorizzata da Pasolini, oggi è ancora più evidente.



cit kobayashi

"All'esoterico green demetr (che ho capito solo a pezzetti...), sperando di avergli risposto almeno in parte con ciò che ho scritto sopra, propongo un frammento di Nietzsche (forse si trova in Volontà di potenza, ma non ricordo) che descrive il sentiero della saggezza in tre fasi:
prima fase, saper venerare, raccogliere dentro di se' tutte le cose degne di venerazione. Epoca della comunità;
seconda fase, spezzare il cuore venerante. Epoca del deserto. Critica di tutte le cose venerate, tentativo di rovesciare le valutazioni [Umano troppo umano I e II, Aurora];
terza fase, grande decisione sulla capacità di assumere una posizione positiva, di affermazione. L'istinto di colui che crea [dallo Zarathustra in poi]."

lol di esoterico ho veramente poco, una manciata di pagine questa estate, per la precisione, lol.

Ma certo ci sta questa visione in tre trance, ma non mi azzardo ad andare alla terza.

Per questo rimango saldo ad Umano Troppo Umano. Il problema della comunità.

Appunto!

Ci fosse qualcuno che abbia aperto un 3d che gli vada almeno vicino...sono sempre e solo questioni che riguardano le morali.

Io ho proposto quella del cerchio, e dei cerchi aperti, delle continua apertura, e dei tentativi di inclusione in cerchi sempre più ampi. Senza perdere il centro. (Anche Sloterdijk ci ha lavorato in Sfere, di cui ho letto solo il primo libro, e di cui mi sembra il più interessante sarà il terzo).

Poichè il centro non si può perdere, ossia il suo occhio metafisico, vengono i problemi affrontati da Sloterdikkj, ossia le verticalità. (dopo la sfera).

Lato Nietzche siamo sempre nella costruzione genealogica. Evidentemente per superarla, ed affrontare il vero problema dell'Altro, serve ancora molto tempo, il mondo accademico deve ancora  farci i conti (il mondo accademico illuminato ovvio).

Invece tanto per chiarire, mi sembra che la tua domanda Kobayashi, sia ancora prima della genealogia. Infatti non ricordo sia mai stato nei tuoi discorsi.

In questo forum, la intendono solo Maral, che si è defilato quest'anno, e Phil, che però la legge linguisticamente, semioticamente.


cit Cannata

"Quello che hai detto dopo su Nietzsche mi sembra rispecchiare lo stesso problema, su cui secondo me Nietzsche è in fondo cascato: nel suo "sentiero di saggezza" che hai descritto, mi sembra che lui intuisca il bisogno di un continuo rinnovare, ma egli rimane prigioniero della mentalità greca di andare pur sempre a parare in qualcosa di definito, statico, che nella tua sintesi viene detto "posizione positiva, di affermazione"."

Se non capisci Nietzche, perchè avventurarsi in affermazioni che vanno molto lontane dalle intenzioni dell'autore.
Dove pensi che Vattimo abbia derivato il suo pensiero debole, se non che da Nietzche?
Riflettici per favore.


cit Phil

"Ovvero, una tecnica dell'auto-educazione del proprio Io, si oppone spontaneamente alla trasformazione antropologica o, per "funzionare", deve installarsi proprio nella trasformazione antropologica che la circonda (e a cui essa partecipa), senza necessariamente essere destabilizzante, anacronistica o alienante?"

Penso che ancora non si sia capito che l'educazione del proprio Io avviene a contatto con gli Altri.
Per questo è dentro l'antropotecnica.
Ma la differenza è vederci un problema o no.
E mi sembra che tu non lo veda affatto. Vedi poi.


cit Angelo

"Non trascuriamo che la trasformazione antropologica in corso contiene anche approfondimenti e strumenti per l'umanesimo, ma su questo mi sembra che non sia difficile osservare nel presente un aumento di massificazione e potenza massificatrice rispetto al passato. Perciò, personalmente, soggettivamente, trovo importante un impegno affinché la trasformazione antropologica in atto riceva delle correzioni."

Si sono d'accordo con quanti hai scritto, sia sull'importanza del saper ascoltare dalla nostra storia, come umani, sia sull'affrontare la massificazione non necessariamente come un nemico.
Ma....come?



cit Kobayashi

"Forse no, ma l'importante, secondo me, non è tanto ritornare ad una certa saggezza delle scuole filosofiche antiche quanto prendere coscienza che c'è una battaglia in corso (per accaparrarsi ciò che rimane della coscienza degli uomini), il che significa mettere da parte le delicatezze dell'erudizione e fare l'inventario delle armi che si hanno a disposizione, e l'antichità senz'altro contiene del materiale utile..."

Sono molto scettico sull'armamentario dell'antichità.

Infatti il novecento si è detto post-modernista, proprio perchè si è come piegato (fino all'implosione?) sulle domande poste dalla Modernità.
Dopo anni di prolungato ascolto di conferenze e quant'altro, credo che si tratti di ripartire da Cartesio.
Io ho creato lo slogan, "come difendesi dall'uomo macchina modernista".

Ma se non intendimao cosa sia l'uomo moderno, come pensiamo di capire l'uomo post-moderno? o post-metafisico dei giorni nostri?

La metafisica moderna è lì ad attenderci, cosa c'entra quella antica? sono curioso! (non sto dicendo che sia una strada sbagliata, solo che non la conosco, e non ne sono attratto.)


cit Kobayashi

"A questa deriva della semplificazione non vedo come ci si possa difendere se non attraverso l'imposizione di una distanza (che va poi continuamente riprodotta perché il sistema tende a riassorbire ogni elemento refrattario)."

Concordo appieno.  :)

Cit Phil

"Quello che non colgo è l'istanza di urgenza, di svolta epocale (in negativo), di allarme per la condizione umana, come se l'uomo si stesse improvvisamente smarrendo dopo un'epoca d'oro e d'idillio... "

Certo questo è uno dei sintomi più noti della paranoia intellettuale (vedi lo stesso Pasolini, prima citato).

Ma credo che lo conosciamo abbasta bene, per non cadere nella trappola.
Ciò detto, non può dunque valere come rispota immunitaria, al critica storica, di ogni epoca storica!
E cosa sarebbe sennò la genealogia? Non leggere Focault, Sloterdijk non è più un lusso a cui possiamo rinunciare.


Cit Phil

" ...fermo restando che ogni metabolizzazione del proprio passato produce scarti, nuove energie e cambiamenti (quindi, potenzialmente, anche nostalgia, timore r svalutazione del nuovo, destabilizzazione, etc.)


...Forse il migliore antidoto alla semplificazione orizzontale (anche se non sottovaluterei la qualità, tutta postmoderna, della profondità orizzontale) è già quello di tematizzarla, anzi problematizzarla, dall'interno, magari più con "distacco" che con "distanza", ovvero restandoci immersi ma con una "postura autonoma" (non pedissequamente accondiscendente)."

Approvo, con una postilla  :)

Dimentichi questo scritto da Kobayashi: c"he va poi continuamente riprodotta perché il sistema tende a riassorbire ogni elemento refrattario"

Sarebbe il famoso campanello d'allarme, che tu semrbi non sentire, infatti parli di distacco, e di mera postura. (come Sini, quindi capisco benissimo l'intero discorso dietro).

E non capisci che non si mette forza in quel distacco, facendolo diventare vera e propria distanza, si cade inevitabilmente nelle trappole della contemporaneità. (che io chiamo schizoidismo paranoide, non in termini clinici, come giustamente qualcuno su YouTube ha precisato).

Sini (il mio amato Sini) è paranoico! Questo è il sunto. ;)
#2507
breve sunto per chi non volesse leggere tutta la "menata".

impressioni generali

punto 1 -  la mia strada, non sono previste risposte

punto 2 - problemi generali preventivi della custodia spirituale, risposta per kobayashi

punto 3 - una domanda per kobayashi angelo e altri credenti.




Quello che hai descritto ha creato un eco immediata rispetto al mio studio di Umano Troppo Umano.

Quando nella sua seconda parte, Nietzche si trova a confronto con le ombre.

Ne abbiamo discusso con Garbino nel suo 3d dedicato proprio al maestro tedesco : in "Ecce Homo" , la sua autobiografia, è lui stesso  a dire che si tratta di proiezioni fatte da se stesso, precisando che sono come delle alter ego.

Ma rispetto alla prima parte dell'opera, non vi è descritta tecnica, infatti ricordo ancora, invece, il forte senso malinconico, di cordoglio e l'imminente necessità di viaggio.

Per come lo stesso leggendo, se la prima parte è la costruzione della critica genealogica alla metafisica, la seconda riprende il testimone 10 anni dopo mi sembra, e si avventura in territori che francamente non conosco.

Il messaggio si fa veramente esoterico, come poi lo sarà, ancor di più, nello Zarathustra.

Come a dire la tecnica degli antichi, è completamente esonerata, dismessa.
Forse c'entra qualcosa quella alchemica che mi attende impaziente.

Sono d'accordissimo con la tua analisi impietosa sullo statuto della psicologia, anzi volendo ci si arrischierebbe in critiche ancora più aspre.
Ma a che servirebbe? Ovviamente io ritengo che l'uso della psicologia sia del tutto generico, nel senso che vi si possono trovare ottimi spunti, ma il vero lavoro sull'"Io", Freud o Lacan che sia, non l'hanno mai fatto.

Non vi è esoterismo in loro.

Dunque dicevamo delle tecniche di controllo del doppio, dell'ombra, della conversazione interiore, della spiritualità.

E allora riprendiamo il dialogo con Sloterdijk.

Nella sua introduzione a "devi cambiare la tua vita" egli tira con la solita maestria un disegno di orizzonte improntato alla dicevamo antropotecnica.

Ma andando a leggere nei meandri di quella introduzione, mi sono soffermato spesso ad una serie di questioni che a mio parere non possono essere lasciate sul tavolo con troppa facilità.

Ossia quello del rapporto verticalità orizzontalità.  * vedi punto 2

Ne parlo anch'io nel mio 3d.

punto 1


Ovvero io ne parlo, e invece Sloterdijk no.

Infatti per lui, come altri amici del forum, non esiste orizzontalità, esiste invece solo verticalità.

E delle molte verticalità prospettate, vi è anche quello fra spirituale e materiale.

Che viene riletto come eccellenza etica di uno rispetto ad un altro.

Ma di nuovo insieme a Sini, non dovremmo chiederci chi ha deciso, come si è costruita questa etica?

Quale è il suo valore effettivo, quale quello proiettivo?

Come immaginerai non sono d'accordo. Perchè infatti risulterebbe a mio parere che ognuno è libero di costruirsi il suo cammino il suo progetto, e dunque non può esistere una etica in quel senso.
Sarebbe falsa.  E' per questo che nessuno crede più al Demonio o a Dio.
Perchè l'evoluzione del tutto casuale, imprevedibile umana, ci ha portato ad un tipo  di società piuttosto che ad un altro. E le credenze (e non l'etica) sono cambiate con essa (e sono di nuovo ad oggi completamente sbagliate).

E dunque se la costruzione di una etica che custodisca il segreto di una verticalità presunta, è del tutto all'interno dello stesso processo storico, che vorrebbe dimenticare nella sua conversazione interiore.

Allora per logica, anche quell'etica è frutto di una proiezione, del demonio etc...

E capisco benissimo che così non ne usciamo.

Se anche la tecnica è una proiezione come fare? Che fare?

Riprendendo dal nostro discorso privato, allora io chiedo se qualcuno ha qualche illuminazione (magari rispettando quanto detto prima, e sennò va bene lo stesso, ne avrei bisogno) sulla mia illuminazione:

ci ero quasi, perchè in fin dei conti per me la riflessione rimbalza una fenomenologia (un campo di segni, per Peirce veramente) , che non può che essere intellettuale.

Ossia non è la tecnica in ballo ma la stessa intellettualità.

Perchè se fosse in gioco il linguaggio, la teoria dei segni, qualsiasi essa sia, allora inevitabilmente sarebbe come anche sloterdik ha scritto una questione della verticalità.

Come se Sloterdijk mi capisse, ma non mi ascoltasse per niente.

E' invece l'intellettualità in gioco. E come se la gioca? Nel mio percorso, non ho idea perchè, si è trasmutata in materia.
All'improvviso mi sono sentito dire fra me e me, che è la materia intellettuale quella su cui mi dovevo concentrare.

C' era qualcosa di materico, qualcosa che si lega all'oggetto. Ai libri cartacei, oltre che ai pixels invasivi.
In quel momento sono ripartito.

Ma poi si è inceppato, nel senso che proprio mentre ero nel mentre dello studio, l'urgenza si è spostata immediatamente su quella sensazione sgradevolissima di essere risucchiato da quello stesso studio.

Da lì a poche settimane dopo mi sono fermato stordito per davvero.

E da allora non riesco a riconvincermi a ripartire, senza aver risolto quell'arcano.

E' su questo punto che chiedo aiuto.


punto 2

cit. secondo le direttive europee per "fair use"
"così le "culture" ascetiche conoscono la differenza guida tra perfezione e imperfezione" le religiose quello tra sacro e profano, le aristocratiche quello tra nobile e triviale, le militari tra valoroso e vile, le politiche  trapotente e impotente, le amministrative tra superiore e subordinato,le atletiche tra "eccellenza e medicorità, le economiche tra abbondanza e scarsità, le cognitive tra sapere e ignoranza, le sapienziali tra illuminazione e cecità.
In ogni campo abbiamo in comune la partigianeria per il primo polo, che fa da attrattore mentre il secondo fa da repulsore."
Sloterderdijk "devi cambiare la tua vita" raffaello cortina editore (p18)

Per Sloterdijk si tratterebbe di rendere esplicito un nuovo illuminismo che proceda alla traduzione dei linguaggi dell'antropotecnica in quelli di una religione progressista.
In questo egli si proclama conservatore e nemico del post-modernismo con le sue derive specialistiche.

Il suo primo passo consiste a quello di richiamarsi a Rilke.

Egli rifugge qualsiasi epochè intellettuale e invece si richiama alla passione nell'essere nel mondo.

Concentrandosi su quella passione egli vuole costruire un sistema immunitario di prevenzione a questo stare nel mondo.

La prevenzione temo sia la ricerca di questa tecnica atta questa spinta funtoriale all'alto.

Ma allora kobayashi questi presunti custodi interiori, non risulterebbero che delle macchinazioni.

E in quanto tali proprio legate al problema dell'uomo macchina che proprio la modernità ha portato alla luce certo illuminata, ma non per questo meno problematica, e a cui ha tentato di rispondere prima il romanticismo e poi la nostra età chiamata post-modernismo.


Questo tentativo di raccordo, naufragato nelle ideologie del novecento, però ha condotto al suo esatto opposto, ossia alla proliferazione dei saperi specialisti, e a quello delle metafisiche personaliste, che oggi possiamo collegare al fenomeno delle fake news, di moda al momento nel dibattito pubblico.

Sì perchè come dice Sini tutto è lavoro, e come chioso io, tutto è politica.

La tua domanda finale Kobayashi in fin dei conti guarda da dentro a questo sistema, e chiede di essere liberata.

Ma non è proprio quello il proposito di Nietzche?

In un altro topic mi chiedevi dove risulta la politica delle amicizie, ovviamente sempre in Umano Troppo Umano (non ne ho letti altri al momento, non ha senso leggerli se prima non capisco questo primo testo)

Ma la politica delle amicizie, ossia della guerra (e come potrebbe esserci liberazione senza guerra? d'altronde) parte proprio dalla tecnica genealogica.
Mi pare di insistere molto su questo punto, ossia sulla capacità nostra attuale di leggere la storia, e il suo filo rosso, come illustrato dal regista Tanner negli "Anni di Luce" film assolutamente esoterico, sebbene del filone socialista in apparenza.

E d'altronde stavo rileggendo proprio un manuale liceale di storia della filosofia antica.

La filosofia nasce proprio insieme alle polis, e cioè alla loro costituzione. (e cioè alle sue guerre ai barbari, altro tema di Sloterdijk, e a quelle iterne)

La filosofia è dunque figlia della polis. Ossia di una comunità.

Insisto anche su questo mi pare, come si fa a fare filosofia se non sia ha nemmeno uno straccio di parvenza teorica sul concetto di comunità.


E il concetto di comunità è per forza di cose legato al tema dell'Altro.

E il tema dell'Altro non è il vero tema sempre negletto dell'intera storia della filosofia, con le sue metafisiche pompose e false?

E anche su questo insisto, a partire da Leopardi, non può esserci comunità felice composta da individui infelici.

Dunque io sono stufo di sentire di parlare di etica.

Ma quale etica? Nel nostro paesaggio intellettuale, non vedo nemmeno un professore che abbia il coraggio di una denuncia, si riducono infine tutti proni al riferirsi ad entità piuttosto neutre come l'etica, come se la giurisdizione, che è poi la conseguenza di non parlare di etica in prima persona, non fosse parte consistente del problema.

Nooooo amici miei non ci siamo. Bisogna tornare a Nietzche e a tutti coloro che sono riusciti ad intenderlo almeno in una qualche sua parte.

Primo la genalogia, poi la comunità, poi l'etica, e solo allora arriverà l'amicizia e la possibilità del dialogo interiore, di una religione in progress (progressista appunto, se il termini non fosse stato ridicolizzato dalla nostro politica italiana).

La tua domanda Kobayashi è più semplice, lo so, ma a me suscita questa infinità di problemi.

punto 3

Il punto che mi sono sempre chiesto nel nostro dialogo è però un altro.

E se la prospettiva fosse totalmente diversa?

Voglio dire come tu giustamente scrivi, la meditazione in fin dei conti è veramente una tecnica, e quindi la questione della fede è ai suoi margini.
(Quando percepisci Dio, che senso ha avere fede? Sai che esiste, punto e vai avanti.)

In questo anche Angelo mi ha sollevato delle obiezioni, parlando del fatto che in Gesù, e nella religione cattolica non è chiesta alcuna tecnica in specifico.

Quindi io vi girerei la domanda, perchè "non so bene quale sia la vostra domanda. " :(

Sono d'accordo che possiamo accorpare la questione specifica filosofica a quella pià generale della spiritualità.
Ma ho questo dubbio persistente. Che non riesco a capire veramente l'orizzonte che voi avete in mente.

E per una discussione non mi pare poco.
#2508
Tematiche Filosofiche / Re:Il valore
22 Novembre 2017, 02:28:09 AM
Citazione di: Kobayashi il 20 Novembre 2017, 11:01:38 AM
@green demetr
"Fin quando il filosofo non si rende conto sulla scorta di Nietzche che siamo dentro ai meccanismi del paranoico, e che dobbiamo sudare ancora molto per trovare una via di uscita a quella impasse, il rischio è quello di indicare un modello (agli altri o a se stessi) che è ancora dentro al paradigma della nostra civiltà, ossia alla sua immobilizzazione intellettuale (appunto competenza del filosofo)".

In che senso siamo interni ai meccanismi del paranoico? Cosa intendi per paranoico?
Per come la vedo io il paranoico è una specie di stato d'assedio: ci si sente attaccati da tutte le parti; l'altro trama per la tua rovina etc.
La società attuale, fondata sul principio della competizione, mettendo l'uno contro l'altro (vedi per esempio come si fomenta la competizione interna nelle aziende) di fatto costituisce il presupposto per la formazione di una mentalità paranoica... Per la verità non potrebbe nemmeno essere definita paranoica in quanto è una giustificata reazione ad una situazione di difficoltà oggettiva. Il pericolo è reale, insomma, per cui perché parlare di paranoia?

Nietzsche mi sembra più interessato alla logica del risentimento (la reazione subdola del debole che non potendo vincere in campo aperto cerca di conquistare il potere per altre vie - umiltà, altruismo, santità...).
Per N. i nemici sono una benedizione.

Il fatto è che ai nostri tempi quando qualcuno esce dalla caverna platonica, se ne guarda bene dal rientrarci per salvare gli altri, perché in verità è lui a doversi procurare una salvezza - gli altri, nel fondo della caverna prosperano e non vogliono sentire parlare di uscire all'aria aperta, ma lui è solo, circondato dai pericoli, dall'ostilità di tutti...
Questo per dire che la filosofia non può più essere pensata solo come dialogo.
Deve essere pensata come sintesi delle strategie di attacco e difesa nei confronti del mondo e del potere (e comprendere discipline che hanno a che fare con la salute, l'economia domestica, la guerra, la diplomazia - per costruire le alleanze necessarie).
L'unico esito sensato di questo faticosissimo percorso, di cui in fondo siamo quasi tutti nauseati, non può essere la vita privata, ma una comunità di persone affini.
Sempre il buon Byung-Chul Han fa notare che in tedesco antico la radice della parola "libertà" è la stessa di "amicizia": non c'è vera libertà se non insieme a veri amici.
Utopistico? Ridicolo?

Ps: mi sembra di avere parlato come la scimmia di Zarathustra... Del resto tu green demetr continui a scrivere come il cane di Derrida...

Ciao Kobayashi lasciami uno spazio di protesta, e di protezione delle mie idee poi seguiamo sui lavori.


                                                        *    *     *



Ho come la netta sensazione che rimarrò il cane di Derrida fino a quando non troverò l'amicizia, di cui Nietzche prova ad illustrare le caratteristiche base, e come formarle.

Certamente se il paranoico è quello della società sotto assedio, allora è un modello sociologico, e a mio avviso parimenti importanti conoscerlo. (Bauman se non sbaglio)

Ma io lo intendo proprio nel psicanalitico, e cioè nel senso linguistico.

Noi siamo addentro a una rete di parole, di connotati che se non indagati finiscono per decidere della destinalità del soggetto.

Certamente è un punto della nostra impasse, ossia appunto quello della decisione se virare sull'azione o sulla teoria.

Come dire non voglio fare il cane di Derrida, ma fin quando non trovo, foss'anco negli amici libri, qualcuno che mi illustri un nuovo modo illuminista, per così dire, di agire nel mondo, non rimane che essere vittima del giro di parole.

E anche questo è sistema paranoico.

Il sistema paranoico è quello che ci impedisce di pensare ad una alternativa intellettuale.

Essere cani di Derrida, è quasi la condizione base di molti filosofi che seguo.

Quello che a me preme è vedere se c'è la volontà, l'urgenza anzi di voler far qualcosa per uscire da quella bolla.

Vedo lo sforzo collettivo (Zizek, Sloterdijk, Agamben) ma gli esisti sono sempre gli stessi un muro di gomma (quello della politica) rimbalza i loro assunti più primitivi.

Leggo ora dall'introduzione di "devi cambiare la tua vita": il pensiero critico europeo è morto.

Si riferisce alle scemenze di Habermas che non vuole vedere l'evidenza del bio-potere, del campo di concentramento, dell'ipotesi antropotecnica.


                                                        *    *     *

Mi sembra che sulla scorta di Sloterdijk e Byung-Chul_Han stai indicando anche tu la via della resistenza immunologica.

Sono sulla prefazione del tedesco fatta Paolo Portinari, devo dire che mi sta piacendo moltissimo, e forse grazie a questa nuova linfa, sto sbloccando finalmente l'impasse intellettuale, speriamo.

La linea è segnata, e giustamente Nietzche è di nuovo riconosciuto come il pià grande, con alla base bassa Focault Wittgenstein e Derrida. (non capisco ancora perchè Wittgenstein serva. ma va beh...)

Ma tu ti rendi conto che si tratta di critica? come dire siamo costretti, se vogliamo veramente battagliare, a essere i cani di derrida o le scimmie di nietzche!?



                                                        *    *     *


Ancora sulla paranoia.

Poichè è stata "diagnosticata" a me: in me funziona così che io ipotizzo una soluzione ma poi la affido agli altri.

Questo sicuramente è dovuto al fatto che tu lamenti che la gente se ne sta in fondo alla caverna.

Ma ciò non toglie la responsabilità di accollarsi anche il fallimento altrui.

Laddove i giovani perbenisti indicano etica, ma scommetto che non fanno niente per il vicino indigente: voglio proprio vedere come si fa.

Certamente si tratta di strategie. Ma per vissuto storico, come stratega sono un disastro.


                                                        *    *     *

Ancora sulla paranoia.


A  mio parere il sintomo paranoico, ossia l'altro che mi vuole male, non è il motivo scatenante.

Il motivo scatenante paranoico è la voglia di non cambiare, la stasi.

E' il motivo kafkiano del racconto in cui il personaggio non bussa alla porta perchè davanti c'è un guardiano.

E' il motivo sempre kafkiano del "Processo", in cui il guardiano è addirittura evitato, non si vuole avere a che fare con lui.

Ossia è il motivo della vita non vissuta.

Sostanzialmente la paranoia io la vedo come la morte stessa.

#2509
Citazione di: paul11 il 19 Novembre 2017, 01:30:14 AM
Citazione di: green demetr il 18 Novembre 2017, 19:01:21 PM
Citazione di: paul11 il 16 Novembre 2017, 11:09:39 AM
se non riesci ad intuire che  ad esempio  l' apoptosi delle cellule, il ciclo  di Krebs, la formazione dell'adinosintrifosfato nelle "centrali energetiche" dei mitocondri la formazione di ROS e RNS, hanno una logica ed una teleologia che va oltre all'aspetto biochimico in sè e per sè,
bhe..........

Ma... faccio veramente fatica a capire la portata generale del tuo discorso.

Pensi di poter indicare dove ne hai parlato un pò meglio?

Forse nei 3d col Pierini?

Oppure perchè non apri 3d, sono interessato del tuo caso intellettuale.

Ottimamente pronto in politica e politica economica, ottimamente improntato al discorso sul principio, inaspettatamente teleologico.
Non capisco veramente quale sia il trait d'union di tutte questa fasi.

Nel caso, come per me, sei inceppato intellettualmente, la domanda secca potrebbe essere: ma questa spinta vitalistica ha una direzione? e forse persino un senso?
Ciao Green,
se il mondo è fatto di relazioni, il cuore di sentimenti, la mente di pensieri, la chimica di reazioni, si pensa forse che le dinamiche non abbiano un verso come un diagramma delle forze? E perchè mai elementi atomici dovrebbero combinarsi per creare la vita?
E perchè mai il ciclo cellulare, l'apoptosi, dovrebbe avere un timer interno che lo porti a morire?
Pensiamo, riflettiamo o prendiamo solo atto dell'esistente?
La scienza riduttivistica segue un suo schema "mentale" e non riesce a spiegare come mai pensa.

Se ad un cervello strutturato in una certa maniera, compare un "entità" chiamata mente, due sono le cose.
O la fisica arrivato ad un certo gradiente trascende la fisicità del percettivo sensoriale per diventare in questo caso cervello che costituisce mente ,oppure la mente ha una natura completamente diversa dal mondo fisico.
E quì mi sovvengono rimembranze lontane, assai prima della res extensa e del cogitans cartesiano, fra l'altro superato dalla coscienza di Hegel, dall'"io penso" kantiano, dalla fenomenologia di Husserl.

C'era un certo papa Leone "Magno" che fra il quarto e quinto secolo dopo Cristo in un famoso concilio attaccò il nestorianesimo, che pensava ad una duplice natura divina ed umana ,rifiutava quella divina di Cristo, , e il monofisismo della natura solo divina di Cristo.
Il concetto è l'ipostasi.

Sono passati più di quindici secoli, la filosofia ora è dalla parte opposta di Plotino, crede solo in quel che vede, anzi bisogna dimostrare anche che quel che si vede "probabilmente " è vero, ma sicuramente non certo; orbene traslato nella contemporaneità della filosofia della mente siamo ancora a chiederci come e dove sta il rapporto delle nature del mentale e del cervello(spesso un suppellettile posizionato all'interno"del  capo del genere umano) come avverrebbe l'ipostasi ,se avverrebbe, ma intanto sappiamo che chi prova sofferenza mentale chissà come e perchè la porta a l livello fisico del corpo, così come le malattie mitocondriali , come il Parkinson, l'Alzheimer, incidono sul mentale.L'ipostasi quindi si deduce c'è.
E quindi inutile  sostenere la dualità di due nature diverse incapaci di relazionare la biochimica con il pensiero, attendendo che la medicina trovi una strumentazione alla Frankestein per vedere i pensieri, come nei film, proiettati come immagini in ologrammi, per sapere ciò che è ovvio: convivono le due nature.

P.S. penso sia noto che io non apro mai(raramente l'ho fatto nel vecchio forum) discussioni, seguo quelle create, anche se si gira continuamente in giro a pochi concetti senza necessari approfondimenti....ho delle mie buone  ragioni.

Stò leggendo il Fedone di Platone, un approfondimento sulla biologia molecolare, in economia la teoria sul rapporto inflazione e disoccupazione nella curva di Philips e tutto il testo della TARI (la tassa sui rifiuti.)......pensa a come sono........vario

Grazie Paul,

Sul tuo dinamismo intellettuale non ho mai dubitato.

Non riuscivo a capire il passaggio diciamo così dialettico che passava dal pensiero dell'origine a quello biologico.

Ma l'ipotesi dell'ipostasi lo spiega ampiamente.

E in effetti se fra i livelli di grandezza, entropicamente diversi fra l'uno e l'altro ci deve essere una sorta di unione, non può che avere una logica, una intellettualità.
E certamente la vecchia idea dell'emanazione per decadimento, si può leggere come emanazione per trasformazione entropica intesa proprio nel senso di diversa ordinazione dello stato energetico.

Il fatto misterioso dell'entropia è che è teleologica.

E la sorpresa che lo stato dell'uomo sia ordinato nonostante il disordine che vige sotto di lui, è intuitivamente ma solo per analogia (ripeto è indimostrabile) ha un senso.

Loris Bagnara da un punto di vista riduzionista la coscienza non è nemmeno un fattore, la tua è solo una presunzione, di cui lo stesso sistema riduzionista ne fa a meno.

Dire che la coscienza sia un orpello, una illusione etc...
(o meno) non cambia di una virgola la teoria.

Ha ragione Baylham a fartelo notare. Infatti esistono studi sulla coscienza a livello biologico, fisico, computazionale etc...

Certamente Sgiombo se l'oggetto di studio è la sola res estensa, il riduzionismo va benissimo, è d'altronde uno dei metodi più usati, e voglio dire, anche se prima non si chiamava così, l'introduzione dell'uso di costanti, su cui fare affidamente, e ordine, per una teoria scientifica, è quasi obbligatorio.
Ma vi sono altri metodi, e di solito si usano insieme a quello riduzionista, e mi sembra per chi è interessato sarebbe da notare, e mi sembra nessuno lo abbia fatto ancora.
(io da bravo metafisico, non sono interessatissimo, ma sicuramente curioso)

https://www.youtube.com/watch?v=urBaLpDWVj8

questo è il video che più mi è rimasto in mente. lo trovo utile, e il tono che ha usato mi è piaciuto.
#2510
x garbino

cit
"La desogettivazione riguarda il soggetto storico per lo più.
Una volta capita la genealogia del nostro vivere quotidiano (dal vagito iniziale ai pensieri di morte, fino alla costruzione del mondo sociale) si tratterebbe non di rimanere senza un punto di vista, ma piuttosto di ri-partire (ri-precipitare per l'esatezza, o navigare nel nichilismo) a partire da quel punto di vista.
Per Nietzche non esiste un punto di vista in sè, e non ha trovato di meglio che chiamarlo come volontà di potenza.
Ma appunto cosa sarebbe la volontà di potenza se non l'affermazione della vita, ossia che esiste quel punto di osservazione.
E che quel punto di osservazione sia annichilazione."

Certamente è un pensiero problematico, ritenerlo affermativo, ossia appunto decisivo per le sorti umane è un errore gravissimo, e che  porta alle peggiore metafisica storica, quella nazista.
Non si tratta come credi di accettare quel punto di vista, ma piuttosto di testarlo danzando.
La comunità degli amici futuri è questa. E' possibile facilmente desumere una etica dal corpus nicciano.
Non importa che sia aristocratica o socialista, entrambe sono comunque una etica.
Quindi ritenere Nietzche senza etica è l'ennesima grossolanità volgare.

E' invece il solito modo con cui si vuol liquidare la questione genealogica e quella del nichilismo.
Un simpatico regalo del cristianesimo che Nietzche combatterà fino alla fine.

So benissimo che per te la morale è una questione importante, e come già ti ho detto, è giusto che la affronti.

Solo quando questa ricerca inevitabilmente fallirà (ma ovviamente non te lo auguro e sono sincero), potremo tornare a parlare delle 2 questioni sopra esposte.

Cosa che diventerà difficile, perchè chi è disposto a parlare di filosofia reale? Chi è disposto a mettersi in prima persona?
(nessuno).

Cosa farai quando capirai che buddismo o matematica sono semplicemente dei campi precostruiti per profughi umani da fine dell'Occidente?

Ci sarà da ridere. O da piangere.


Cosa c'entra in tutto questo la volontà di potenza?

Prima di imparare a volare, impara a camminare, citazione dal principe cerca moglie che cita nietzche, ho trovato questo sul web.

E devo dire che si sposa perfettamente con quanto da me scritto sopra. (e certo amare se stessi non significa amare il soggetto, ma il proprio punto di osservazione de-soggettivato, de-storicizzato ossia compreso genealogicamente).


"Nutrito di cose innocenti, con poco, sempre pronto e impaziente di volare, di volar via, questa é la mia specie: come potrebbe non esservi qualcosa degli uccelli! Tanto più che io sono nemico dello spirito di gravità , come lo sono gli uccelli: e ne sono nemico mortale, arcinemico, nemico da sempre! [...] Colui che un giorno insegnerà il volo agli uomini, avrà spostato tutte le pietre di confine; esse tutte voleranno in aria per lui, ed egli darà un nuovo nome alla terra, battezzandola la leggera. Lo struzzo corre più veloce del più veloce dei cavalli, ma anche lui ficca ancora pesantemente la testa nella terra pesante: così pure l'uomo, che ancora non sa volare. Pesante é per lui la terra e la vita; e così vuole che sia lo spirito di gravità! Ma chi vuol divenire leggero e un uccello, non può non amare se stesso: questo é il mio insegnamento."


                                                       *    *     *


https://www.canonepali.net/2015/06/sn-44-10-ananda-sutta-ad-ananda/


Sono d'accordo sulle tue puntualizzazioni.

D'altronde rimango della mia originale intuizione-idea che nel buddhimsmo il sè non è, per il semplice fatto che è ciò che non è.
In sostanza non esiste una co-scienza cosmica come nell'induismo, dove la realtà è maya, magia, fenomeno.
In quanto noi siamo il niente che si dà come qualcosa, non vi è nessuna radice latina e sanscitta "cum-"
Niente viene "accompagnato" perchè tutto è già quello che è, appunto niente. Ossia non ente, non io.
( e si comprende meglio anche il passaggio citato)


Il nichilismo è invece qualcosa che crede che vi sia qualcosa dietro il fenomeno. Penso che il canone ha ragione.
In effetti per un metafisico come me, la posizione di Nietzche andrebbe indagata, riletta.

Non nel senso che Nietzche vi appartenga, perchè egli è un antimetafisico, nel suo discorso le parole del canone suonano sorde.
Torno a ripeterti!

Ma per chi è un ricercatore metafisico, ossia per chi fà della libertà del proprio punto di vista una ricerca interiore, e quindi legata all'antica religione, c'è da riflettere, per vedere se si riesce a gettare un ponte obliquo col maestro tedesco.



Per Nietzsche l'io viene negato per "non mettere più alcuna diga sulla fiumana della Volontà", per il buddhismFo invece l'io (di fatto) coincide con la volontà e quindi negare l'io è negare la volontà, ossia usando il tuo lessico "negare la Storia".


                                                       *    *     *
cit
"Per Nietzsche l'io viene negato per "non mettere più alcuna diga sulla fiumana della Volontà", per il buddhismo invece l'io (di fatto) coincide con la volontà e quindi negare l'io è negare la volontà, ossia usando il tuo lessico "negare la Storia"."


Certamente dobbiamo capire che entrambe le scuole come metodi diversi uno genealogico, l'altro metodico di rinuncia hanno in mente di attaccare le certezze del soggetto. Ossia del soggetto sociale.

Una volta indebolito il soggetto, emerge inevitabilmente che esiste un punto di vista. Lo chiamerei allora l'io, anche se tecnicamente è ancora il soggetto, ma ripulito del suo divenire storico per come dire
E questo in entrambe le scuole è una critica al mondano.

A quel punto si innestano le differenze radicali, su cui sono d'accordo.

Se è vero che l'io è semplicemente il riflesso del niente, allora anche quel residuo soggettivo deve essere negato, e arriviamo così al silenzio che tante echo ha anche nello zen e in quella forma del buddismo giapponese che è profondamente influenzato dal tao.


                                                       *    *     *
cit
"La mia "fissazione" col soggetto deriva dal fatto che volenti o nolenti si deve partire proprio da lì, studiarlo bene, capirlo. Si deve "ammestrarlo", perfezionarlo. Una volta che si è raggiunto l'obbiettivo però credo che si debba lasciarlo andare per essere veramente liberi, così come una volta attraversato un fiume si lascia andare la zattera. Ergo la metafisica è importante proprio in questo senso: è grazie a lei che possiamo "distoglierci" dalla confusione "mondana" e iniziare il lungo viaggio con anche il necessario "timore e tremore". "

Sono d'accordo con questa visione. D'altronde la ritroviamo anche nella parte finale del Siddharta di Hesse.
La trovo saggia perchè appunto anche la metafisica deve diventare vita, e non monumento.




                                                       *    *     *

cit
"Comunque in Dostoevskij personalmente trovo talvolta uno "spirito" un po' patologico"

Certamente la patologia fa parte del problema, ossia è quello che vede chi non riesce a scorgere il problema complessivo.
Ma è naturale per chi ha una mente scientifica, diciamo così.
In questo senso, pur sempre ritenendo che Nietzche non sarà mai un tuo autore, sicuramente è più vicino alla razionalità pura.
E di certo propedeutico se mai per una futura lettura del genio russo.


                                                       *    *     *
cit
"La morale e l'etica non sono solo "bigottismo" e catene per l'uomo, ma lo valorizzano. Questo si è perso. La morale è un dovere che facciamo a noi stessi (quindi una sorta di "diritto" - coincidentia oppositorum)"

Il problema è la perdita del senso dell'utile per il soggetto come causa strumentale, in favore del rafforzamente del soggetto e del gregge, causa immanente o causale.

Quindi repetita iuvant.

Ma vedo che continui imperterrito a rimanere ottimista. Buon per te ma non a caso hai scritto dovere verso NOI STESSI, che è poi una contraddizione rispetto a quanto dice sia il Buddismo che Nietzche.
Ovviamente sono fiducioso sul fatto che le tue intenzioni sono buone, anche se di solito la coincidentia oppositorum, significa la cancellazione di uno dei 2 opponenti...non proprio la soluzione migliore per una futura coniuctio, congiunzione dei dissidi politici.
Ovviamente la concertazione sarebbe sempre gradita, ma anche lì si dice che quel tempo sia finito, che anche l'arte diplomatica sia un pò in crisi, e la globalizzazione è una sfida da far tremare i polsi, a livello geo-politico tra l'altro non vedo cosa possa fare il singolo, e neppure la filosofia. Almeno è discriminante sul valore delle persone di chi comunque lo vuole promuovere (diplomatismo).



                                                       *    *     *


Stirner era uno degli autori più amati nel forum di filosofia ora deceduto di qualche anno fa su forumfree.

Provai a leggere l'introduzione, mi pare un cinico particolarmente intelligente. Di certo è da leggere (l'unico e la sua proprietà).

Non è esattamente il tipo di autore che preferisco, zero anima, zero metafisica.


                                                       *    *     *
x kobayshi

Caro kobayashi purtroppo l'idiota lo lessi senza leggere la prefazione Einaudi, e quindi non riuscii a capire che il principe era cristo (tesi della prefazione).
E quando lo lessi, mi sembrò veramente di leggere le vicissitudini di un idiota, su cui veniva a galla il mondo femminile come un nodo ad un pettine.
Ossia lo lessi come un romanzo di psicologia femminile. Di livello eccelso ovviamente, perchè la lettura risultò così sardonica sino al fastidio fisico. In generale un romanzo che non ho amato.

cit
"Quindi uno dei suoi personaggi più evangelici è un materialista. Evidentemente non crede in Dio.
Che cosa significa?

Ipotesi: Dostoevskij partendo dalle preoccupazioni per le conseguenze sociali di un nichilismo del tipo "se Dio non esiste tutto è permesso" finisce per abbracciare, di nascosto, quasi inconsciamente, un'idea tipicamente cattolica: fare come se Dio esistesse (anche se non ci si crede più)."

Devo dire che questa tua ipotesi ha fatto emergere impressioni che ebbi ma che furono sotterrate, perchè non avevo ancora gli strumenti analitici di oggi, e forse nemmeno la sensibilità che quel romanzo richiede.

In effetti oggi ha susciato una echo immediata. Le vicende del principe sprovveduto, sono assolutamente quelle di chi si regge su una sorta di forza interiore incorruttibile, e col passare delle pagine ricordo come tutti i personaggi e io stesso curvavamo, ossia uscivamo dai canovacci del vivere civile, per addentrarci nella presunta stupidità del nostro.
La psicologia che emergeva era quella di un modo di mettere in crisi. Ossia di mettere in crisi il mondano, proprio come se Dio esistesse per davvero.

Una intuizione la tua che dunque trova un riverbero forte nelle mie impressioni.

In fin dei conti se il cristianesimo è questa idea dell'assuro, del aporetico, la sua impersonificazione letteraria più credibile non è forse quello del principe-cristo?

Ossia dell'esplorazione esterna con fede ingenua, ma probante di quanto le altre fedi siano in realtà fasulle.
Perchè vi è l'idea dell'andare nel mondo come vi è nel principe di dostoevski e come lo è nel Cristo(?) ora che ci penso.

In fin dei conti non è l'esplorazione esterna di fatto il vero viaggio? (mi perdonerai ma ho in mente i passaggi sulla "decisione" in chiave cacciariana come riportadi da blondet, che dovrebbero essere contenuti in "Geofilosofia dell'Europa").

In questo senso il cristianesimo di Dostoevsky è rivoluzionario?


                                                       *    *     *
x sari

cit
"Ma penetrare nel Cristianesimo di D. significa partire da una grande sofferenza e senza di quella non lo si comprende fino in fondo."


Eppure il Principe Myskin mi sembra di ricordare non aveva questa grande sofferenza, che nel tuo esempio è più di Rogozin.

https://www.youtube.com/watch?v=A65qgq6JmKA

Penso che questo monologo sia fuorviante. L'ingenuità (idiozia) del principe non si manifesta certo nelle sue idee.
Ma piuttosto nella scontro-incontro con gli altri personaggi, in cui egli ha sempre la peggio, in cui è evidente la sua incapacità di adattamento.Tale che le sue idee sembrano sempre idealiste, incapaci di risolversi storicamente.

Uno fuori posto ovunque lo metti. Ma fu interessante per me lo sviluppo psicologico degli altri persoaggi che avvicinandosi a lui piano piano prendono confidenza col suo modo di essere  e di fare, e in qualche maniera si affezionano.

Credo che la riflessione dostoevskiana vada molto più in profondita delle tesi genealogiche sostenute nel monologo citato.

Riguarda in fin dei conti l'amore. E infatti quando lessi la prefazione rimasi interdetto. Poi non l'ho più ripreso.

Il mio mondo intellettuale e affettivo è comunque totalmente dentro le pagine dei Demoni.

In attesa di leggere i fratelli karamazov.

x garbino

Come dicevo a sari il monolo è fuorviante. (in effetti sembra una lezioncina)
Ti assicuro che dostoevsky si può leggere anche da atei.
Ma sarà un tuo piacere sommo quando verrà il momento che lo apprezzerai.
Come dicevo anche ad apeiron, la tematica della desogettivazione, è uno di quei filoni, che probabilmente si capiscono una volta spenti gli ardori della giovinezza. O quell'ardore positivo che caratterizza la giovinezza (ma che si trova anche in età adulta in molte persone, cosa positiva invero).

Per quanto riguarda Rilke invece è necessario essere credenti, lo trovo un indagatore degli abissi più remoti, anche quelli che Nietzche non ha osato (almeno per quello che ho letto finora) nemmeno avvicinarsi.
In generale un autore a cui non oso ancora avvicinarmi, tanto lo sento superiore.

Come per Apeiron invece mi sembra che anche tu preferisci la razionalità, di cui Nietzche è maestro.

E va bene così.
#2511
Citazione di: paul11 il 16 Novembre 2017, 11:09:39 AM
se non riesci ad intuire che  ad esempio  l' apoptosi delle cellule, il ciclo  di Krebs, la formazione dell'adinosintrifosfato nelle "centrali energetiche" dei mitocondri la formazione di ROS e RNS, hanno una logica ed una teleologia che va oltre all'aspetto biochimico in sè e per sè,
bhe..........

Ma... faccio veramente fatica a capire la portata generale del tuo discorso.

Pensi di poter indicare dove ne hai parlato un pò meglio?

Forse nei 3d col Pierini?

Oppure perchè non apri 3d, sono interessato del tuo caso intellettuale.

Ottimamente pronto in politica e politica economica, ottimamente improntato al discorso sul principio, inaspettatamente teleologico.
Non capisco veramente quale sia il trait d'union di tutte questa fasi.

Nel caso, come per me, sei inceppato intellettualmente, la domanda secca potrebbe essere: ma questa spinta vitalistica ha una direzione? e forse persino un senso?

#2512
Tematiche Filosofiche / Re:Il valore
18 Novembre 2017, 18:40:46 PM
Citazione di: Kobayashi il 12 Novembre 2017, 09:44:28 AM
Parto dalla fine.
Non credo che esista un valore supremo. Il relativismo culturale, da cui non si può prescindere, ha già dimostrato abbondantemente l'impossibilità di parlare di valori universali.
Si potrebbe dire allora che i valori sono punti di riferimento per il soggetto.
In parte in linea con Nietzsche direi che i valori sono ciò che ti permettono di svilupparti meglio, di portare a perfetta espressione la tua persona.
Per chi ha un temperamento filosofico, per esempio, alcune cose sono considerabili dei valori o delle virtù perché permettono di vivere distaccati dalle turbolenze inutili del mondo, in modo che le energie migliori non vengano sprecate in faccende superflue.
Un filosofo del genere considererà la gentilezza un valore. Ma in tutt'altro modo di un cristiano.

Naturalmente la cultura di appartenenza determina fortemente il giudizio sui valori.
Per esempio noi occidentali non possiamo fare a meno di considerare un atto criminale l'infibulazione. In altre società viene considerata una buona tradizione.
Possiamo cioè anche considerarci relativisti ma nello stesso tempo non possiamo fingere di non essere il prodotto di una civiltà – la quale deciderà dentro di noi, che lo si voglia o no, ciò che è giusto... Un antropocentrismo ineludibile...

Ma al di là dei limiti di questo antropocentrismo "genetico", c'è spazio per scegliere una forma di vita che sia il più possibile funzionale al proprio temperamento.
La sfida per il soggetto, soprattutto in un tempo come il nostro in cui tutti sono separati e lontani, in cui si vive da soli o in micro-famiglie, e quindi un tempo in cui si subisce poco l'influenza "stilistica" degli altri, è la costruzione di un tipo di uomo da incarnare, partendo magari dalle piccole cose come alimentazione, ginnastica, tempo dedicato alla lettura, alla scrittura etc.

E su questo propongo un'idea: e se la funzione del filosofo del nostro tempo fosse proprio quello di creare tipi, modelli, etc., che poi possano servire da punto di riferimento per gli altri? Anziché produrre monografie specialistiche sulle più assurde curiosità storico-filosofiche...

Sono d'accordo, ma questa cosa che proponi fa parte del luogo delle utopie.

Fin quando il filosofo non si rende conto sulla scorta di Nietzche che siamo dentro ai meccanismi del paranoico, e che dobbiamo sudare ancora molto per trovare una via di uscita a quella impasse, il rischio è quello di indicare un modello (agli altri o a se stessi) che è ancora dentro al paradigma della nostra civiltà, ossia alla sua immobilizzazione intellettuale (appunto competenza del filosofo).

Detto questo, trovare una valida forma di vita all'interno di quel paradigma, secondo il proprio temperamento è sicuramente molto meglio che la specializzazione monografica.

Diciamo che sarebbe un buon modo di superare i sintomi del viver male contemporaneo.
Non è sempre del Byung questa idea del sistema immunitario?
(Oddio quanto lo DEVO leggere! ma niente ho il cervello in bambola da settembre....!)

Non ci sono dubbi.
#2513
Tematiche Filosofiche / Re:Il valore
18 Novembre 2017, 18:22:20 PM
"Valore" per me col passare degli anni ha finito per assumere una valenza negativa.

Essendo valore qualcosa che è legato ad una valuta, significa semplicemente che vi è una pietra del paragone con cui decidere che fare della merce, sia essa oggettiva o intellettuale.

Ma nella nostra tradizione si lega alla questione morale.
Dunque valore è una sorta di incitamento, slogan ad un certo agire, di solito sociale.

Ma questa società è marcia, e dunque è uno slogan, uno dei tanti mezzi usati dai mass media per renderci stupidi.

E devo dire che funziona egregiamente, o sei un filosofo, un intellettuale, dissidente, oppure ci rimani invischiato con queste cose.

E infatti ci ero rimasto invischiato anch'io.

Ma andiamo alla discussione.

Mi sembra che tu tenda ad assegnare alla parola valore quello di bene. Con un bel "TU DEVI" all'inizio di quel bene, per rimettere le cose a posto.

cit "...nasce dall'esigenza di stabilire ciò che è importante"

A questo punto andiamo a rapide risposte.


2) esistono valori solo individuali o universali?

Essendo formalizzazioni, esistono entrambe.


3) esiste il massimo valore?

Il massimo valore, dovrebbe essere un valore assoluto, è invece nella terminologia stessa l'oggetto stesso (l'assioma) da cui si dipanano gerarchicamente le convenzioni, i postulati.

4) esiste una gerarchia di valori? è universale? 

Come detto sopra, è la gerarchia ad essere il vero valore, ossia la vera politica dietro alle convenzioni e ai postulati.
E' universale per definizione (altrimenti come farebbe ad essere gerarchica?)

5) l'idea del "massimo valore" si forma in "modo automatico" nella nostra mente?

Come hai rilevato tu, psicologimamente possiamo dire che si formi in una maniera che potremmo dire automatica.
Anche se la sua origine, ossia la paura, ne è il vero oggetto di analisi filosofica.


6) se il massimo valore non corrisponde a qualcosa di reale perchè dovrebbe formarsi un'idea simile nella nostra mente?

Per via del processo secolare di incivilimento, ossia di allontanamento delle paure originarie, e della Paura originaria, ossia in una parola dell'Ignoto.
#2514
x Sari
Penso che ci sia un fraintendimento grave da parte di Gide, scrittore profondamento religioso e disturbante, ricordo ancora la sensazione sgradevole della sua prosa virulenta in "Pastorale".
E cioè che in Nietzche vi sia un idea di riscatto, quando invece è chiaramente una posizione escatologica, ed avulsa, anzi deplorata dalla filosofia del tedesco.

x Apeiron
cit"Ad un certo punto afferma: "Nietzsche lascia la libertà impotente sostenendo l'inconsistenza dell'Io". Ciò in realtà è falso perchè d'altronde Nietzsche voleva affermare l'individuo - quindi anche se ogni tanto Nietzsche sembra dire che "l'io non esiste" in realtà si ha lo "strapotere" dell'io in quanto l'"io" non ha più niente su cui basare la propria libertà d'agire."

E invece ti sbagli perchè fermandoti alla porta di ingresso del vero pensiero Nietzchiano, ossia quello della desogettivazione, ripiombi per i noti meccanismi paranoici di blocco e proiezione, nel tuo, e solo tuo, credere forte nel soggetto.
Ripetendo un errore che torna a ripetizione, nonostante in teoria sei uno fra i pochi che lo ha inquadrato abbastanza bene.
Come spesso ti dico: Il maestro tedesco chiede uno sforzo in più ;)

Tra l'altro da conoscitore del Buddismo dovresti sapere quanto è importante la desogettivazione!(motivo per cui Nietzche è spesso avvicinato al buddismo).
Anche se ritengo che collegamenti di senso fra le due scuole di pensiero non siano accettabili.

Hai invece ragione sul fatto che la frase è sbagliata ;) , perchè il concetto di libertà è invece fondamentale in Nietzche.
 

Sul rapporto tra Nietzche e Dostoevski.

Non è un vero e proprio rapporto, anche se entrambi sono testimoni del nichilismo.

I loro orizzonti sono però a mio avviso estremamente incompatibili.

Resta il fatto che all'altezza di Nietzche ci sono soltanto Dostoevski e Rilke.

Non si possono non leggere. (che mi combini Garbino? come si fa a non leggere Dostoevski?)  ;)
#2515
Tematiche Spirituali / Re:Essere umili servi di Dio
08 Novembre 2017, 16:04:56 PM
Citazione di: Domingo94 il 06 Novembre 2017, 20:35:55 PM
Tranquillo, non mi sono offeso, siamo qui per confrontarci. Comunque in parole povere:
il mio "servire" Dio consiste nel cercare di fare la sua volontà: è vero che lui non ha bisogno di noi ma penso che qualsiasi padre sia contento se suo figlio lo esalta;  ti porterò alcuni esempi pratici, che riguardano la vita quotidiana di ognuno:
se mi viene fatto un torto, cerco di non pensarci, mi sforzo a perdonare chi l'ha fatto (ovviamente il torto deve essere riconosciuto, non bisogna perseverare)
mi sforzo di non rispondere male a nessuno anche quando vengo incolpato  o additato di qualcosa senza un motivo valido
cerco sempre di stroncare le liti sul nascere,le discussioni
Cerco di tenere a mente che la vita su questa terra potrebbe finire anche all'improvviso e che la gente non deve ricordarsi di un Domingo insensibile e malvagio ma di una persona che si è impegnata a esercitare i valori in cui ha creduto
cerco di tenere il più distante possibile quello che so che mi allontana da una serenità spirituale che sia una parola,un comportamento un gesto.
Spero di essermi fatto capire e sono per certo che prendere una posizione del genere mi mette  e mi metterà in un ottica "antipatica"  rispetto  a chi ha altri punti di vista diversi dai miei ma come disse Gesù "sarete odiati per via del mio nome".

Nessun odio, anzi fa bene leggere questo sforzo di ordine morale, perchè si vede che è genuino.

Per quel che mi riguarda ho l'impressione che stiamo parlando di vita reale. E io rispetto ogni vita reale. Le argomentazioni vanno soppesate, putroppo mi lascio prendere spesso dalla malattia della scrittura automatica  ;)  (mea culpa!)




#2516
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
08 Novembre 2017, 15:54:19 PM
Ciao Apeiron.

No! penso proprio che il bagagliaio del mondo religioso sia già pieno  ;), anche se i testi da te citati sono parte della saggenza di tutti i tempi.


Sul Samsara: ma vedi è proprio questo il punto, è proprio dal fatto che criticavi l'accettazione del samsara da parte del buddhismo, che l'idea si è poi dipanata.
Non è possibile che sia come nell'advaita.
E infatti non lo è. Se per l'advaita il samsara fa parte del gioco cosmico dei multiversi, ossia uno dei tanti giochi, non così per il buddhismo che invece lo ritiene la cosa più importante.


Credo che meditare sul Samsara sia una delle tecniche più difficili. Non so se esistano scritti che lo testimonino.
Ma ci devono essere per forza. (vedrete che li scoprirò)
Infatti è credo uno dei nirvana assoluti, se non il nirvana assoluto.

Quando tu citavi il nobile silenzio in maniera anche ironica (suppongo), è perchè non hai ancora capito (suppongo) che il nobile silenzio è inevitabile per comprendere la vacuità.

Ossia non è possibile spiegare ciò che è il risultato del vacuo, senza aver percepito (suppongo, sari chiedo aiuto nel caso) il vacuo.
Se io spiegassi cosa è il vacuo, lo spiegherei come se fosse possibile storicamente, o illusoriamente, ossia lo dovrei porre come storia, come racconto.

E invece solo possibile come vissuto, e quindi quella che va spiegata è la tecnica meditatoria ad esso associata.
(al nobile silenzio).

A ben pensarci lo Zen e il Buddismo Giapponese (di cui mi sono innamorato con la lettura del fumetto IKKYU, un must per chiunque), ha improntato le sue caratteristiche storielle proprio su questa ambivalenza di ciò che è a partire da ciò che NON è.

Alla prossima.  ;)


NB.
Ormai padroneggi Nietzche con sicurezza vedo! Sì è proprio come dici.

(sulla figura di Cristo, io sarei più vicino a vederlo come profeta, posizione eretica se ce ne è una, diciamo che i profeti sono l'equivalenza degli illuminati indiani, o dei loro Avatar.)
#2517
Citazione di: paul11 il 08 Novembre 2017, 15:01:16 PM
Citazione di: green demetr il 08 Novembre 2017, 14:27:24 PM
Ma anche a voler trovare la modalità illustrativa di come avviene la comunicazione tra anima e corpo, a che servirebbe?
A niente, perchè sarà solo una dell mille modalità illustrative, ognuna computabile rispetto al piano di grandezza preso in considerazione.
Come dice il pluri-laureato Michel Bitbol, solo la fisica può veramente spiegare il perchè del biologico.
Ma con un definitivo caveat, che l'osservazione incide direttamente sulla computabilità.
Dunque non si potrà MAI trovare il "perchè "e dunque il "come" anima e corpo comunichino, coincidano, esistano o meno, etc...etc..

Si produrranno modelli, certo, e si deciderà in base al periodo storico quale convenga divulgare e quale no.


Mai dire mai......
Serve eccome capire come funzionano, si relazionano ,in questo caso mente e cervello e cervello corpo.
Le scoperte scientifiche possono incidere sul mutamento del pensiero, di come abbiamo una visione di insieme della totalità.
Il dualismo, o comunque i diversi domini, possono a mio parere essere ontologicamente diversi, ma per forza di cosa devono relazionarsi fra loro ,interagire. A che serve la mente senza un cervello o un cervello senza mente se deve ragionare?
Come può un computer farti vedere immagini attraverso byte, bit, matematica binaria, circuiti stampati che istruiscono con un programma l'apertura e la chiusura di porte elettroniche? C'è sempre un rapporto materia e programma che traduce segnali da una   dimensione fisica in un'altra o a qualcosa di "etereo", dall'elettronica a stato solido alla programmazione che le manipola fino a farci vedere immagini.

Per capire come funziono basta lavorare su stessi, ovvero fare filosofia.

Vi è un limite all'osservazione umana, non capisco a cosa ti riferisci con quel "mai dire mai".

Certo che conta avere un modello! Ma nel senso negativo del termine.

L'intero biopotere è lì ad aspettarti.

A meno che si pensi che la filosofia è in grado di proporre un suo modello, totalmente inferenziale e critico.

Certamente in una stretta cerchia di amici è anche possibile, e sicuramente lo è, o lo sarà nell'ambito dell'editoria.

Poi ti ripeto se lo stai chiedendo a me in particolare provo a rispondere:


la relazione tra mente e cervello non esiste, come dice sgiombo al massimo è una relazione che avviene all'interno o secondo la prospettiva della mente stessa non materiale.
E' perciò solo una questione medica, dell'uomo automa.

Non incide per me in alcuna maniera se lobotomizzando un uomo questo perde parti cognitive o comportamentali.
Non incide per me in alcuna maniera se la scannerizzazione degli impulsi del cervello possa aumentare tramite macchine computazionali, le nostre parti cognitive o comportamentali.

Sarà solo un bene per l'uomo se risparmia tempo, o se riesce a ricostruire parti cognitive offese.


Ma cosa c'entra con il Pensiero? con lo scontro politico tra e dentro le civiltà? con il dramma dell'agenda?
Con il nostro presente? Con la gerarchia? Con Dio? Con il Potere in effetti?

Niente! sono considerazioni che non grattano che in superficie delle questioni, che sono le stesse, dai primi ominidi fino a noi, ossia il rapporto con la tecnica, il culto, la violenza, il desiderio.

Cambieranno, sono già cambiati gli scenari, le epoche, ma le domande su cosa sia l'uomo sono sempre là davanti a noi, completamente separate, e all'interno del Pensiero, della Filosofia.

Su questa mania di trovare il mezzo per unire l'anima al corpo, mi permetto visti i nostri buoni rapporti, e la nostra profonda simpatia intellettuale, che si tratti di una proiezione fantasmatica, dovuta al solito blocco del soggetto.

Non ti accorgi che ogni sforzo della scienza non è finalizzato a trovare l'anima, ma bensì a eliminarla?
Non ti accorgi quale è il contraccolpo al loro delirio di onnipotenza della macchina? La marginalizzazione (l'estinzione direbbero i più radicali) del Pensiero!

La nostra è una società sempre più omologata, se prima era dai tipi umani (dalle professioni) ora sempre più dall'uso delle macchine (cellulari, pc....etc!)

Ciò detto.

Non dico che è interessante parlare delle possibilità, dell'idealità che esistano questi rapporti, ma senza farli diventare ossessioni, come nel caso di Pierini.
Con attacchi bulimici di produzione intellettuale e crisi depressive.

Bisogna leggere attentamente, e quindi criticamente da dove nasce la produzione delle ideee, e quanto questo luogo di astrazione (e materialità, sia essa sociale che artificiale) incida sui presupposti, sulle motivazioni e finanche sui risultati.

Con stima, il tuo Green.
#2518
Citazione di: Jacopus il 05 Novembre 2017, 23:13:34 PM
La posizione sincretica che ipotizzo non è il mix di timor di Dio ed espiazione delle colpe. Parto da una considerazione se vuoi banale: che ogni tradizione di pensiero può condurre a diverse direzioni e che quelle direzioni, una volta divenute idee ed azioni si consolidano. Ebbene il pensiero greco tragico, riassumibile attraverso la figura di Edipo, è encomiabile perchè lungi dal voler "espiar colpe", ci dice che ognuno di noi è colpevole ed innocente allo stesso tempo, ma che se vogliamo davvero agire dobbiamo commettere qualche crimine e dobbiamo essere pronti, mi viene da dire "responsabili" rispetto alle conseguenze, senza cercare scappatoie cristiane. In questo l'uomo diventa uomo, sufficiente a sè stesso, autonomo e per questo viene accecato dagli dei, che non ammettono la sua indipendenza. Ma la sua autonomia può diventare anche arbitrio e questo Nietzsche lo dice a chiare lettere, in una prospettiva elogiativa, ovviamente. La tragicità di Edipo non è derivante dal fatto di essere sottoposto al fato, questa è una visione scolastica. La tragicità deriva dal fatto di essere mosso dal fato e contemporaneamente dalla sua volontà che vuole conoscere e conoscendo provocherà insieme la sua dannazione e la sua ascesi terrena. Non a caso Freud sceglie magistralmente Edipo per simbolizzare una teoria che chiede di scoprire scomode verità che ci procurano contemporaneamente dolore e sollievo.
Il pensiero giudaico ad uno sguardo molto superficiale, ed accontentandoci di questo paragone Adamo-Edipo, è molto più elementare e privo della complessità della storia edipica. Di solito il bene e il male sono facilmente riconoscibili come due fazioni che si scontrano con stendardi di colore diverso e questo produce tutta quella pletora di sintomi individuali e sociali che conosciamo con il nome di capro espiatorio, proiezione del male sull'altro, sottomissione ad un potere anodino e tirannico e così via. Eppure quel pensiero mantiene al suo interno un discorso "ideale" verso un futuro migliore che il pensiero edipico non ha.
La freccia della storia della modernità è stata così scoccata da un arciere imprevisto e attrezzato principalmente a battaglie religiose, per le quali la permanenza sulla terra è un accidente di poca importanza e secondo il quale la freccia in fondo va sempre dove ordina il suo Superiore.
Da questo punto di vista hai ragione, questo sincretismo di cui vaneggio è il cristianesimo ma tradotto in termini secolari, un pò secondo quello che Leopardi diceva in termini di "solidarietà fra gli umani", umani responsabili, consapevoli del loro ruolo, privi di un padre ultraterreno da dover adorare ma nello stesso tempo alla ricerca di valori extraumani, che possa limitare il loro agire e dare a questo agire un senso.

Certo lo immaginavo.  :)

Infatti è una delle vie possibili all'agire storico.

Potrei quasi riassumere così. Invece che piangere sul latte versato per come la società si è strutturata.
Poniamoci in una dimensione positiva, e proviamo ad averci a che fare, accettandola, e dal suo interno provando a cambiarla con la forza della responsabilità.

Certamente richiama ad una visione politico-civile.

Non è cha la filosofia non lo faccia sia chiaro, e non mi dispiace affatto questo voler fare.

Però a mio parere vi sono delle criticità interne a quella corrente di pensiero.
(per cui non riesco mai ad essere convinto delle soluzioni avanzate).

Sono curioso di vedere come evolverai questo pensiero, che mi sembra per te molto importante.

ciao!
#2519
Tematiche Filosofiche / Re:Sari il barbiere
08 Novembre 2017, 14:52:53 PM
CI provo LOL

allora usando il tuo suggerimento ragioniamo in negativo:

se il sari non  taglia la barba a nessuno vuol dire che tutti si tagliano la barba da soli.
ma essendo lui imberbe e barbiere sarebbe un controsenso che la barba se la sia tagliata lui, perchè in quel caso vorrebbe dire che il risultato sarebbe positivo.
Dunque per assurdo, è necessario che qualcun altro gli ha fatto la barba.

Ho vinto qualcosa?   vino?

LOL.


A parte gli scherzi mi pare più il caso dell'insieme che non può includere se stesso.
#2520
Citazione di: baylham il 06 Novembre 2017, 11:13:08 AM
Il senso della mie precedenti osservazioni critiche non è affatto quello di contrapporre la scienza dinamica e progressista alla filosofia statica e retriva, ma un'obiezione all'impostazione data al tema.
Contesto che ci sia una scienza che si occupa della mente in termini riduttivi o che la scienza non sia in grado di spiegare la mente o che addirittura la scienza non si possa occupare della mente. La mia contestazione non è rivolta alla filosofia, ma a certe filosofie che sono in opposizione alla scienza, incapaci di adattarsi alle scoperte e nuove teorie della scienza (evoluzionismo, termodinamica, indeterminazione, relatività, quantistica, ...). Certamente c'è una distinzione di campo, di problemi tra la filosofia e la scienza, ma non c'è separazione tra di loro, siamo sempre nell'ambito della conoscenza. Inoltre non accolgo la distinzione tra una scienza empirica e induttiva e una filosofia speculativa e deduttiva: il processo della conoscenza è comune ed è circolare.
Per me il punto quindi non è il riduzionismo della scienza e il suo presunto materialismo, il punto è quali sono la filosofia e la scienza adatte alla conoscenza della mente e capaci di progredire in tal senso. Come progresso indico chiaramente la capacità di spiegare le origini biologiche della mente, di "leggere" la mente, di influire, di agire sulla mente, a partire dalle sue malattie. Questo per me è l'oggetto della sfida, concorrenza tra le diverse posizioni filosofiche e scientifiche.
Il progresso ha per me un significato ben preciso, sia individuale che collettivo: considero la conoscenza, quindi la scienza e la filosofia, un processo evolutivo cumulativo e selettivo simile al processo della mente. Mente che nel suo sviluppo biologico ha aumentato le capacità di memoria quantitativa e di elaborazione qualitativa e selettiva. Lo stesso accade alla filosofia e alla scienza.

Mi piace l'idea che hai esposto che la scienza non ragiona solo per riduttivismi.
Ciò non toglie che però l'argomento che è emerso sia stato quello.

Sul proseguio, che non condivido minimamente, c'è il solito problema di voialtri scienziati o entusiasti della scienza: chi decide della qualità e della selezione???

(e l'ipotesi della malattia non tiene, anche se vi sono teorie forti ma filosoficamente parlando non certo scientifciamente: infatti quale sarebbe il deterrente a non sapere del rapporto anima-cervello, per la mia sopravvivenza?)