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Messaggi - niko

#2521
Tematiche Spirituali / Re: L'assurdità del tutto
04 Aprile 2022, 16:55:08 PM
Citazione di: Alberto Knox il 04 Aprile 2022, 16:02:26 PM
Citazione di: Ipazia il 04 Aprile 2022, 15:34:58 PMNon vi sarebbe nessuna simulazione.
bhè, in che senso si può dire che un oggetto fisico sia reale? se dai un calcio a una pietra senti il dolore , non l'argilla. se la studi scopri che è fatta non solo di argilla ma da altri tipi di minerale come il silicio . ma in entrambi i casi non puoi fare esperienza diretta con la sostanza della pietra . Per la filosofia presupporre il fatto che noi percepiamo qualcosa che abbia una sostanza preesistente significa saltare ad una conclusione affrettata. Possiamo prendere a calci una pietra ma noi non percepiamo la materia o la sostanza materiale della pietra. Analogalmente puoi sognare di andare a sbattere contro qualcosa di duro, ma esiste qualcosa di duro in un sogno? non abbiamo prove sulla base dell esperienza per giungere alla conclusione che un oggetto sia reale. Possiamo dire che esiste , perchè lo posso toccare, studiare odorare , vedere. Sappiamo che se entro ed esco da una stanza ci sarà sempre li il letto dove l'avevo lasciato prima. Il concetto di sostanza diventa così un concetto metafisico . E cosa sappiamo oggi della sostanza? che la sostanza ultima, dal quale proviene il resto, non esiste. Ogni metafisica cerca una sostanza prima , un essenza da cui tutto dipenda , il punto di partenza da dove poi deriva il resto. Quello che vado suggerendo è che la sostanza ultima, il punto di partenza , non c'è.
  le propietà di ogni cosa non sono altro che il modo in cui questa cosa influenza le altre. Esistono solo nell interazione con altre cose. La conclusione è radicale , fa saltare l'idea che il mondo debba essere costituito da una sostanza che ha attributi e ci forza a pensare tutto in termini di relazioni e informazioni.


Al momento non abbiamo la più pallida idea, di come sciogliere l'arcano "se la coscienza possa emergere dalla computazione o no".

Certo, è triste pensare che un supercomputer così potente da poter simulare una coscienza umana, e un'intera comunità moltitudinaria di coscienze umane, dopo che magari ci abbiamo messo centomila anni a costruirlo, riunito tutti i più bravi ingegneri del mondo eccetera, stringi stringi possa rivelarsi essere solo un salvaschermo un po' più complicato, intendo senza nessuna vera "anima" al suo interno, ma la cosa è altamente probabile, e certo non possiamo escluderla.

Quello che è praticamente certo invece, è che davanti a simulacri altamente perfezionati di coscienza (i quali sicuramente potranno emergere dall'accrescimento della potenza tecnologica di calcolo, "animati" che siano, o no) e nel momento in cui tali simulacri diverranno di uso comune e integrati nella pratica e nella vicenda umana, si perderanno i criteri dicotomici per stabilire, in alcune particolari situazioni, o al limite anche in tutte, le situazioni, se una coscienza (soprattutto nel fatidico momento in cui si comunica, o ci si relaziona, con essa) sia "vera" o se sia "artificiale", e quindi che l'etica stessa imponga di considerare tutte le coscienze come vere fino a prova contraria (o al limite direttamente tutte le coscienze come vere), e che dell'operato delle coscienze artificiali, una volta individuatele nei limiti in cui sarà possibile individuarle, risponderanno, nel bene e nel male, eticamente, i loro autori coscienzialmente veri.



#2522
Citazione di: Alexander il 04 Aprile 2022, 09:27:55 AMSono notizie al momento inverificabili con certezza che però vengono date per certe dai media e dai governanti.  Cio' che arriva da fonte ucraina  viene considerato vero a prescindere e quello che arriva da fonte russa falso a prescindere. In realtà penso che mentano tutti e due, in vario grado.
Una guerra tra due dei più alcolizzati paesi al mondo: l'Ucraina è al quinto posto e la Russia al quarto. Possiamo immaginare cosa può capitare con soldataglia perennemente ubriaca, da una parte e dall'altra, armata fino ai denti e con pochi scrupoli. Vodka! Vodka! Guardate fratelli: riesco a prendere quel bambino a duecento metri.Ahaha!! Alla guerra! Gambizziamo questo, hic!Serghey Ivanov! Lascia quella tr..ia ucraina, non vedi che è russa? Maria Aleksandrovna, mamma cara, lascia quella bottiglia e richiama quel tuo figliuolo ubriacone! Cazzovich!Ma erano russi o ucraini quelli, hic?


Già, e il fatto che notizie inverificabili vengano date per certe non solo dai media, ma anche dalle dichiarazioni di importantissimi politici occidentali (Draghi, Johnson, Macron, Von Der Leyen, insomma politici che incarnano le massime autorità, che hanno pronunciato frasi da cui si evince indubitabilmente che la notizia è da loro ritenuta vera), testimonia l'evoluzione autoritaria, se non totalitaria, della nostra stessa società occidentale, in linea con quanto avvenne con l'emergenza covid.

La cosa in sé qui in questione, ovvero che notizie incerte vengano date per certe sia dai media che dalle autorità, fino a pochi anni fa sarebbe stata considerata gravissima, magari proprio secondo la visione del mondo e la cultura di quella classe media che il neoliberismo ha quasi del tutto eliminato, facendola esplodere nella frammentazione dei vai populismi...

Invece adesso ci siamo abituati e assuefatti, al fatto che chiunque sia abbastanza potente, o influente, da essere creduto nell'ambito di una certa situazione, può dire quello che vuole, e quello che vuole, diviene automaticamente la verità.

Hanno fatto miglior figura i russi, a dire, come prevedibile, che per loro le foto sono false e i crimini non sono avvenuti, provando però a fornire un abbozzo, per quanto debole, di spiegazione a quanto da loro affermato: secondo loro la città è in mano ucraina da più tempo di quanto affermano gli occidentali, quindi, se quei cadaveri ci fossero davvero stati, avrebbero dovuto essere fotografati, e fare, notizia, molto prima, di quanto effettivamente successo; insomma se non una prova a favore, almeno un alibi, tale per cui, secondo loro, i loro stessi movimenti di truppe proverebbero la loro innocenza.

Ma almeno non hanno calato la loro verità "per diritto divino politico e mediatico", come fatto in merito dalla controparte occidentale.


#2523
Ma scusate eh...

Ora che tutte le massime autorità occidentali, da Draghi, a Boris Johnson, alla Von der Leyen, al segretario generale della nato, eccetera (guardatevi le notizie del 3 aprile!) si sono "pronunciati" sulla questione e hanno detto praticamente all'unisono che tali immagini sono autentiche e che i crimini di guerra sono stati realmente compiuti (con quali informazioni non si sa, perché l'indagine onu, appunto, non è stata ancora fatta!) pensate forse che qualche mitica e mitologica "indagine indipendente" o "indagine onu" li possa sputtanare e sbugiardare, concludendo il contrario di quello che hanno già bellamente "concluso" loro?

E' tutto costruito a tavolino, ormai la verità è costruita dalle parole dei politici, dei politicanti e dei vari potenti, le indagini
"sul campo" semplicemente seguono "a ruota", vengono dopo il loro parlare, e danno loro ragione...

E i politici, i politicanti e i potenti, se fanno affermazioni su qualcosa di controverso, sono ormai esonerati dal dovere di dire quale sia la loro fonte, come tutti questi potenti, che hanno fatto queste affermazioni, su questi presunti crimini di guerra... 

è direttamente per diritto divino, come fu nel medioevo e nella prima età moderna, che le loro parole sono la verità...





#2524
Tematiche Spirituali / Re: L'assurdità del tutto
03 Aprile 2022, 23:31:15 PM
A questo punto propongo un paio di pensieri sparsi, che mi vengono in mente anche per quello che hanno detto Freedom e Bobmax:


1: Punto primo, Cantor andrebbe compreso (almeno per quel poco che ne può comprendere un ignorante di matematica come me), e non liquidato come nichilista, ovvero la partecipazione all'infinito richiede l'infinità del partecipante, l'infinito si disvela in un rapporto di composizione tra parti.

Idealmente Cantor completa quella linea di sviluppo del pensiero umano che parte da Melisso di Samo, che affermò che l'infinito è necessariamente uno perché duo o più infiniti si limiterebbero tra di loro (e dunque non sarebbero infiniti), passa per Spinoza, che cominciò a pensare come non contraddittoria la pluralità degli infiniti e il modo in cui più infiniti possano limitarsi tra di loro pur restando infiniti (in questo senso il Dio/natura è l'infinità degli infiniti) e termina appunto in Cantor stesso, in cui il rapporto di limitazione degli infiniti tra di loro, che già fu spinoziano, è pensato specificamente come rapporto di contenimento e composizione (gli infiniti infiniti sono gli uni dentro gli altri, avendo ognuno un'estensione quantitativa diversa dall'altro, in un rapporto simile a quello che sarebbe un rapporto figura-sfondo).

Se il tutto è infinito, la nostra infinità corrisponde alla nostra possibilità di fare parte del tutto, in senso antropologico e relativistico siamo noi a numerare, ma il numerabile è la potenza minima dell'infinito e ogni -altro- insieme infinito contiene almeno un insieme numerabile; in questo senso mi piace pensare che la natura ci contiene, e contiene il nostro modo (aristotelico) di immaginare l'infinito, che rispetto all'insieme dei possibili modi di essere dell'infinito, è un modo congruo, ma minimale.



2: Punto secondo, se siamo parte di una totalità nulla, quindi il discorso tutto=nulla=0, non sappiamo di esserlo e non c'è un modo o un esperimento per sapere di esserlo, semmai solo degli indizi.

Quindi ribadisco quanto detto prima, questo potrebbe essere il modo in cui essere, vita e intelligenza, insomma essere e pensiero secondo la lezione di Parmenide e numerosi suoi successori, confluiscono e fanno uno: siccome la vita non è visualizzazione e intellezione della totalità, ma semmai è visualizzazione e intellezione di parte della totalità, è finestra sul mondo e non mondo, l'effetto di visualizzazione o insiemizzazione parziale che la vita compie sulla totalità nulla genera l'essere come qualcosa di
non-completo e quindi non-nulla.

Il nulla del nulla è l'essere, ma il nulla del nulla è difficile da visualizzare, mentre abbiamo facile intellezione del nulla (non essere) della completezza, immaginando qualsiasi cosa incompleta, come una casa a cui manchi il tetto, una macchina a cui manchi una ruota, eccetera; se il mondo è la casa, la coscienza, che vede solo una piccola parte del mondo, è ciò che vede la casa senza tetto, quindi ciò che vede l'essere nella totalità nulla perché non vede la totalità nulla. se 100-100=0, 99-100 è pur sempre uguale a qualcosa, e questo "difetto" potrebbe corrispondere proprio al nostro stesso essere parte, e non totalità del mondo.

Però per accettare questo punto di vista bisognerebbe accettare l'umo come qualcosa di microfisico e non di microcosmico, insomma come qualcosa che sta nel mondo ma non ne è una valida sintesi, né il dominatore, né l'unico "vero" abitante, quindi bisognerebbe passare sopra lunga tradizione antropomorfica e antropocentrica.



#2525
Tematiche Filosofiche / Re: L'eresia di Spinoza
02 Aprile 2022, 18:49:56 PM
In Spinoza quello che tradizionalmente era concepito come un rapporto di causazione, viene concepito e riformulato come un rapporto di consustanzialita', quindi ad esempio, Dio non e' causa della natura, ma Dio e natura sono consustanziali; allo stesso modo, la mente non e' causa del corpo, dei suoi stati e delle sue azioni, ma mente e corpo sono consustanziali.

Il filosofo francese contemporaneo Deleuze intitolo' il suo ciclo di lezioni universitarie su Spinoza con un titolo apparentemente strano che era in realta' una domanda:

"che cosa puo' un corpo?"

Insomma Spinoza/ovvero che cosa puo' un corpo, poiche' Spinoza, sorprendendo e scandalizzando tutti i suoi contemporanei, e probabilmente anche molti dei nostri,  sosteneva che un corpo puo' tutto quello che normalmente puo'  (quindi correre, camminare, mangiare eccetera) anche senza una mente a "guidarlo", poiche' il rapporto mente/corpo e' rigorosamente di consustanzialita' , non di causazione, la mente "accompagna" il corpo, ne e' quello che in termini moderni potremmo chiamare il feedback, sente quello che sente il corpo e a certe condizioni lo registra e ricorda, ma non lo guida, insomma la mente non guida il corpo, come un pilota in una cabina di comando, un auriga con i suoi cavalli o un burattinaio.

Se per ipotesi non esistesse l'attributo del Dio/natura che e' la mente, l'attributo del Dio/natura che e' il corpo non ne risentirebbe minimamente e il mondo dei corpi continuerebbe a funzionare grazie all'insieme di funzioni fisiche e dinamiche che mantengono in moto e coesi i corpi, animati e non, quindi, con il venire meno della mente, verrebbe meno "solo" il sentire se stessa della vita come differenza tra animato e inanimato, ma non (anche) l'agire della vita come agire fisico e dinamico dei corpi su altri corpi.

La vita come differenza, intercorrente tra vivo e morto, puo', in linea teorica, essere rimossa senza che con cio' sia rimossa la realta' fisica della vita, e quindi volgendo la cosa in positivo, la vita come differenza (e quindi la mente) contribuisce alla perfezione della realta' essendo causa sui, causa di se' stessa e attributo del Dio/natura delimitato qualitativamente da altri infiniti attributi, ma quantitativamente da niente in se' stesso.

Come al corpo giova quello che e' causa di esso stesso, quindi quello che lo fa sopravvivere come parte anche temporale della totalita', la sua non/dissoluzione in altri corpi, anche alla mente giova quello che e' causa di essa stessa, il suo essere attiva e non passiva, la sua non dissoluzione in altre menti: il cosmo e' infinito e la partecipazione all'infinito richiede l'infinita' del partecipante, infinita' che, essendo modale in Dio, essendo un suo modo, si risolve nel condividere non l'immensita' e l'illimitatezza di Dio, ma la sua autosufficienza, la sua espressione fondamentalmente "libera" perche' non determinata da niente altro che da se stessa.



#2526
Tematiche Spirituali / Re: L'assurdità del tutto
02 Aprile 2022, 12:53:22 PM

Io credo in un cosmo in eterno divenire ingenerato ed imperituro, il fatto che noi non sappiamo cosa ci fosse prima del big bang, non vuol dire necessariamente che non c'era "niente".

L'uomo ha la data di nascita e di scadenza (nasce e muore) la natura no'. Il movimento conscio e inconscio dell'uomo, con forse pochissime rimarchevoli eccezioni, è l'antropomorfismo; antropomorfismo che, in un certo senso, si traduce spesso, in scienza, come in mitologia, come in religione, nel voler mettere la data di nascita e di scadenza anche alla natura, una gigantesca forma di "proiezione" di del sé intimo proprio dell'uomo, nel grande mondo circostante.

Il tutto si fa meno assurdo, nella misura in cui noi siamo disposti a considerarlo meno umano, meno vincolato a vincoli di similitudine con noi stessi, e quindi ad accettare la sfida di abitare un mondo che , sostanzialmente, non è in nessun senso a nostra immagine e somiglianza.

Data l'impenetrabilità del nulla ontologico, venendo al più addomesticabile nulla matematico, simbolizzato dallo zero, si può ben essere nulla nel senso di appartenere a una totalità nulla, (del tipo: 100-100=0); in questo senso si può immaginare che la coscienza creerebbe l'essere come visualizzazione parziale e limitata dell'immagine della realtà e della realtà stessa; se poniamo la totalità è il requisito del nulla, tutto ciò che non attinge alla totalità, e quindi l'archetipo della coscienza, che vede solo in parte, che è finestra sul mondo e non mondo, è sia la fonte, che la causa, dell'essere.

I concetti di nulla e di eterno, più che essere illogici in sé, è illogico che ammettano una trasformazione profonda e radicale di qualunque cosa essi significhino (dal nulla all'essere, o dall'eterno al divenire), da cui non può che scaturire la riflessione sull'eternità stessa del divenire, soprattutto considerando copernicanamente che il nostro punto di vista sul cosmo non è privilegiato, e quindi nell'eternità si realizzano tutte le possibilità e noi siamo, e incarniamo, una di queste possibilità realizzatesi; se invece, viceversa, uno stato eterno e definitivo del cosmo, (e quindi anche una verità escatologica qualunque essa sia, tale per cui, all'avvento della sua epoca, il tempo si cristallizza e si ferma) non si è mai realizzato in un tempo infinito, pur avendo a disposizione l'infinità del passato per realizzarsi, tale stato definitivo non è una possibilità nel reale novero delle possibilità, e dunque non esiste. Da cui, ancora, la riflessione sull'eternità del divenire.




#2527
Citazione di: green demetr il 30 Marzo 2022, 21:00:35 PM
Citazione di: niko il 28 Marzo 2022, 14:37:38 PMIo mi vedo abbastanza costretto a "fare della sociologia", anche se certo non sogno una nuova antropologia, poiché per me c'è una commutabilità e una riflessività -che attende solo di essere disvelata- tra l'intrapsichico e l'interpersonale; intrapsichico e interpersonale che sono due livelli possibili dell'organizzazione dell'umano e del discorso, che, nel profondo, tornano ad essere uno. E direi che c'è anche una priorità ontologica, dell'interpersonale sull'intrapsichico; insomma la genesi del soggetto secondo me non solo è storica, ma è anche politica.

Quello che avviene tra parti, o luoghi, o livelli, della cosiddetta anima, insomma l'auriga platonico alle prese con i suoi cavalli, per fare un esempio celebre, è sempre già avvenuto da qualche parte, o sta avvenendo, o avverrà, allo stesso "livello" di realtà, ma tra persone in carne ed ossa: qualcuno in carne ed ossa farà quello che nella mitica metafora è l'auriga, e a qualcun altro toccherà il ruolo di cavallo.

Insomma, io penso di provenire dal modo in cui gli uomini hanno organizzato il loro vissuto e la loro convivenza, non riesco ad avvertire quel senso di "mistero" che mi sembra avverti tu per concetti come soggetto, o Dio.

Non sono molto socratico nell'atteggiamento in merito, perché penso di sapere.

Il mistero, semmai, me lo suscita solo la natura, di cui penso di essere solo una minima, minimissima parte, e per di più destinata a rimanere tale, a rimanere parte, al di là di ogni ricongiungimento mistico o morale.



Per me Dio è una certezza, lo è sempre stato, in quanto il pensiero mi abita fin dall'infanzia.
Diversa è la questione del soggetto, che tu leghi alle relazioni interpersonali.
Ma d'altronde cosa sarebbe questo intra-psichico che dici?

La natura non c'entra niente, essendo essa stessa un esito di categorie del pensiero.
Probabilmente quello che ti manca è proprio la questione della relazione tra sensazione e soggetto.
Per te il soggetto è un soggetto naturale, ma questo non indica nulla di preciso è semplicemente un punto di partenza non pensato, non indagato.
Come dire è il solito pensiero naturalista che infesta l'occidente e che tanti grattacapi mi dà.

Comunque non è che Hegel poi non pensi in termini interpersonali e intrapsichici, è che lo fa da una particolare angolatura metafisica.


la corrispondenza dell'intrapsichico con l'interpersonale vuol dire semplicemente che i rapporti tra le "parti" che compongono un individuo, in senso fisico ma anche mentale, rimandano a un mondo politico e artificiale di sottostanti rapporti tra individui.

Il corpo fisico è il corpo sociale, come nella metafora di Menenio Agrippa, per dire e per fare un esempio, senza necessariamente accettare e condividere i dettagli o i fini di tale metafora.

Si può non ben accettare questo mio pensiero, mentre invece è abbastanza innegabile che per indagare l'unità che appare essere l'individuo, dobbiamo in qualche modo suddividerla in parti, e osservare i rapporti tra tali parti, e appare abbastanza innegabile che la società sia composta da individui, da cui la mia idea, che si configura come una sorta di sospetto, nel senso filosofico del termine.

Solo così, secondo me, l'uomo si smarca e si differenzia dalla natura, con la produzione dell'artificio e dell'artificiale nel suo io e nelle sue relazioni; natura che non è certo un prodotto delle categorie del pensiero, se non appunto secondo Hegel, come decisione dell'idea assoluta.

Se non abbiamo la fortuna/sfortuna di essere Hegel, ci appare a (quasi) tutti abbastanza ovvio, che il pensiero deriva dalla natura e non il contrario.

La relazione tra la sensazione e il soggetto è mediata socialmente, non mi convince molto indagare la relazione tra la sensazione e il soggetto in modo primigenio e non contestualizzato, come se la società non esistesse, come mi sembra che faccia Hegel, e poi da tutte le complicazioni della relazione tra la sensazione e il soggetto considerate inizialmente in astratto e in assoluto, dedurre a posteriori la concretezza della società.

Se Dio è tutto, come dici in un altro argomento, noi siamo la minima parte di Dio, ovvero la minima parte del tutto, e non ci sarà un destino di riunione o di ritorno all'uno, tra noi e il tutto che è Dio, separati siamo, e separati resteremo, da cui la mia personale, di sensazione di mistero, tranne che ovviamente al posto del Dio-tutto, in cui non credo, io considero la natura-tutto.






#2528
Tematiche Spirituali / Re: Sottomissione a Dio
30 Marzo 2022, 13:47:23 PM
Beh, io sono ateo, quindi per quanto mi riguarda accetto pienamente la contraddizione per cui Dio possa cambiare fino a non essere più Dio.

Da un Dio che diventa sole o luna, o albero, o animale, in qualche vecchio mito, a un Dio che ha bisogno di amore da altri, ovvero dalle sue stesse creature, e quindi non è più autosufficiente, a un Dio che è logos-verbo e quindi anche ascolto partecipativo, e quindi, di nuovo, non più entità  autosufficiente... a tutta la questione del libero arbitrio per cui Dio non interferisce con la libertà dell'uomo e finge perfino di non sapere cosa l'uomo, posto di fronte a una data scelta, sceglierà, il che in ultima analisi non può essere che non una diminuzione della potenza di Dio, a tutta la questione per cui un dio buono deve "ritrarsi" in se stesso per creare il mondo, altrimenti una creazione interamente pensata come "estroflessione" a partire dal bene, sarebbe una creazione del male, eccetera...

Poi, il mondo non cessa di essere mondo per il solo fatto che Dio cessa di essere Dio, il mondo sembra, nel bene e nel male, in grado di stare in piedi da solo, appunto per fare da palcoscenico alle -ulteriori- vicende del dio fattosi uomo, quindi l'attenzione -umana- per il ruolo del caso e la centralità scienza vanno di pari passo con la laicizzazione del mondo.

Il valore massimo nella gerarchia dei valori è il valore di poter porre ulteriormente dei valori, è il valore di non essere la risultante di un mondo dato. Quindi direi, in altre parole, il valore di non identificare noi stessi con la nostra conoscenza, per non identificare, di conseguenza e di riflesso, l'altro da noi stessi (il nostro più intimo limite!) con l'oblio.


#2529
Tematiche Spirituali / Re: Sottomissione a Dio
29 Marzo 2022, 12:32:54 PM
Citazione di: ricercatore il 28 Marzo 2022, 09:38:27 AM
Citazione di: niko il 27 Marzo 2022, 15:49:21 PM
Citazione di: ricercatore il 26 Marzo 2022, 23:24:47 PM
Citazione di: niko il 26 Marzo 2022, 18:18:16 PMAnche se Dio fosse un valore, in generale io non sono sottomesso ai miei valori, semmai sono i miei valori, che devono essere sottomessi a me.

In altre parole, se gli individui sono ingiudicabili, in quanto innocenti del (falso) "peccato" della loro stessa esistenza, i loro valori, come valori che da essi promanano, sono sempre messi alla prova dell'adattivita' all'ambiente e della felicità individuale e collettiva che essi stessi, in quanto valori, possono, o non possono, apportare, sono quindi sempre potenziali oggetti di giudizio.

Io non sono sottomesso ai mezzi che uso per essere felice (perché a questo, a mezzi per essere felici, fuffa a parte, si riducono i valori), semmai, con l'esperienza stessa della mia stessa vita, sono io il giudice supremo, di tali mezzi e della loro validità.

Quindi nessun Dio mi può giudicare o sovrastare, neanche un Dio-valore, Dio-valore che poi, riportato alla mia concretezza di individuo storico occidentale, riassume ed identifica un lungo a complesso percorso storico e filosofico che, a volerlo in qualche modo sintetizzare, fu il percorso da un Dio-legge, a un Dio-persona, a un Dio-nulla.


ciao niko,
anche se siamo noi i giudici supremi dei nostri valori (grazie all'esperienza dei nostri antenati e alla nostra esperienza nelle vite personali) siamo comunque sottomessi ad un Dio, ovvero la "Felicità" che è quella che ci motiva nel condurre questa opera di selezione dei valori.

secondo me non c'è modo di sfuggire da questo schema, c'è sempre qualcosa che ci "guida" (e motiva) nel compiere una qualche azione: non possiamo fare a meno di sottometterci a un qualche "Dio".

anche se mi rifiutassi e dicessi: "non voglio sottomettermi a niente e nessuno, voglio essere io l'unico padrone della mia vita anche a costo di soffrire" in quello stesso istante sarei sottomesso al Dio del libero arbitrio (o della "libertà")


Ok, ma allora bisogna concedere che un Dio che è la Felicità, (individuale e/o collettiva) è un Dio che può cambiare, attraverso il tempo.

e non so quanti, sarebbero disposti a concederlo.


è vero, non tutti sarebbero disposti a concederlo.

tuttavia, cosa si intende con l'espressione "Dio vivo" o "Dio dei vivi"?
e perché nella Bibbia l'uomo talvolta riesce a "far cambiare idea a Dio"?
sembra che si possa negoziare con Lui, sembra che "Dio" non sia immutabile ma in divenire.



vero... in un certo senso si può dire (e in molte narrazioni mitiche o teologiche possibili è stato detto) che Dio possa cambiare anche fino al punto "estremo" di non essere egli stesso più Dio, ma altro da Dio.

Quantomeno la sua onnipotenza, deve pur manifestarsi in una possibilità latente di riduzione della sua stessa potenza.


#2530
Citazione di: green demetr il 28 Marzo 2022, 06:30:25 AM
Citazione di: niko il 20 Marzo 2022, 13:10:57 PM
Citazione di: green demetr il 30 Novembre 2021, 11:26:27 AM....
Ossia che la qualità fondamentale dell'essere uomini è proprio il fatto di venire da categorie apriori.
E che la Ragione o l'Intelletto sono la parte fondante e fondamentale dell'essere filosofi, essere filosofi che è una questione morale naturalmente.


Io posso concordare fino a un certo punto sull'affermazione che:

 l'uomo venga da categorie a priori,

e la credo vera quantomeno per quanto riguarda l'uomo attuale, per come esso si e' storicamente determinato.
Ma credo anche che l'uomo sia un ente volente, e identificabile con una volonta' piuttosto che con una coscienza; quindi non accetto il "venire da categorie a priori" come un "destino", e penso che l'uomo venga si' da categorie a priori, ma (solo) perche' egli VUOLE, da esse provenire, perche' questa e' la sua volonta'.

Dunque sprofondare nella retrospezione, o sprofondare nella datita' del cosciente e' sprofondare in un proggetto dell'uomo che (liberamente) vuole, e sceglie, per se stesso, di essere coscienza, e quindi, nel contemplare il realizzarsi del suo stesso proggetto, e' sempre piu' immemore e inconscio della verita' soggiacente di essere (invece) volonta'.

Avendo la coscienza in se' tutte le emozioni positive e negative, tutti i sentimenti di cui si vorrebbe spiegare la bellezza, l'identificazione con la coscienza e' cio' che incatena l'uomo a se stesso; perche' non ci sara' mai un motivo reale di superare nel tempo e nel divenire l'identificazione, diciamo cosi', parmenidea, di essere e coscienza, in quanto essa si propone come la possibilita' e la fonte unica del bene: possibilita' del sentimento e dell'esperimento umano del bene, un sentire il bene che sia insieme anche essere, ed esser vero.

Cio' che puo' provare, il bene e il male, e dunque la coscienza umana, ha in se' tutti i fini, e cio' che ha in se' tutti i fini, non puo' mai servire ad altro, non puo' mai diventare mezzo.

Insomma un paradigma dell'uomo come fine si presta a rimodulazioni infinite di se stesso, ma non mai a nessun superamento, di se stesso.

Invece, se si riuscisse a contemplare la retrospezione del passato, o la primigeneita' e superiorita' "gerarchica" del dato di coscienza sul soggetto come un voluto, ovvero come un effetto e un appagamento della volonta' si potrebbe forse "esaurire" quel tipo di esperienza e voluzione, e iniziare a volere altro.


Intanto vi ringrazio perchè siamo tornati sui binari giusti, purtroppo sto avendo una involuzione che mi sta cominciando a preoccupare, perciò mi prendo un pò di tempo per gestire quella che chiamo la questione intellettuale.

Il tuo intervento Niko è come al solito ricco di spunti.
Mi fa piacere che riecheggi non solo i motivi di Hegel e Kant, ma anche quelli di altri autori a me cari, tirando in ballo il destino (Heidegger) e il superamento del sè (Nietzche).
Mi pare che tu metta nel mix la questione sollevata da Schopenauer.

Schopenauer non segue il modello Hegeliano, ma quello Kantiano, cercando di superare il pericolo di solipsismo latente del Kant.
Introducendo la dimensione della volontà e del suo carattere drammatico e conflittuale, che rende l'inanimato della materia come se fosse cosa vivente.

Naturalmente come sai, questa dimensione viene riadattata da Nietzche proprio in chiave di superamento del sè, cosa che non avviene in Schopenauer, che si ferma ad una noluntas universale.

Quindi mi piace la tua idea di un soggetto che sceglie di essere cento, mille volte cosciente del proprio sè, riadattandolo potenzialmente all'infinito.

Il punto di queste filosofie vitaliste è però che poi si spengono proprio a contatto con la realtà, il loro soggetto, è un soggetto che perisce.
Ora ricostruire questa strada è faticoso. A livello di intuito rozzo te la dico così: queste filosofie sono animate dalla volontà di collassare su se stesse.

Ecco rispetto alla tua filosofia e al netto del suo esito, non mi dispiace.

Diverso però è la questione del soggetto, che in fin dei conti è un pò il banco di prova, a cui la filosofia non ha mai più saputo rispondere dopo.

Infatti tu parli del soggetto come uomo.

Ma l'idea di uomo è un costrutto del soggetto.

Dunque dire soggetto e dire uomo non è la medesima cosa.

Come dire che la tua filosofia non si interroga sulla costruzione che tu sei, che noi siamo.


Il concetto di uomo (e tutte le sue declinazioni filosofanti o scientiste che siano) è un esito.

Di questo esito si tratta di capire le forme di composizione.

Come ci ha spiegato Kant sono le categorie di spazio e tempo, regolate dalla ragione.
La critica contemporanea è destabilizzante, perchè la ragione fruisce delle datità sensibili: e oggi come oggi si è aggiunta la categoria di propriocezione.
Ma se vi fosse la propriocezione come i neo-kantiani suppongono (e i transumanisti seguono, perchè si tratta di neo-kantiani, neo-cartesiani) allora l'intero edificio kantinao imploderebbe.
Perchè se il soggetto è una categoria, e non l'esito di categorie, allora a che servirebbero le categorie?

Lo Hegel va oltre il kant, e si chiede quale sia la funzione della categorie, rispetto all'entità che oggi potremmmo chiamare per estrema semplificazione DIO.
Mentre il Kant non ammette logicamente DIO, lo Hegel lo premette.

Ma appunto entrambi usando categorie fuori dal tempo e fuori dallo spazio e ammettendo invece che l'uomo sia il frutto del pensiero (che poi uno lo chiami ragione e l'altro intelletto non ha per me importanza nessuna).

Rispetto al tuo discorso è vero che la categoria storica nei nostri 2 eroi è secondaria.
Ci sta fare una critica serrata su questo punto.
Ma se la si fa a livello di datità umana, è a mio avviso un errore di metodo. Non si tratta di fare sociologia ( o, come molti sentono il bisogno, di pensare una nuova antropologia), ma di chiedersi da dove veniamo. Mi paiono esigenze differenti non trovi?


Io mi vedo abbastanza costretto a "fare della sociologia", anche se certo non sogno una nuova antropologia, poiché per me c'è una commutabilità e una riflessività -che attende solo di essere disvelata- tra l'intrapsichico e l'interpersonale; intrapsichico e interpersonale che sono due livelli possibili dell'organizzazione dell'umano e del discorso, che, nel profondo, tornano ad essere uno. E direi che c'è anche una priorità ontologica, dell'interpersonale sull'intrapsichico; insomma la genesi del soggetto secondo me non solo è storica, ma è anche politica.

Quello che avviene tra parti, o luoghi, o livelli, della cosiddetta anima, insomma l'auriga platonico alle prese con i suoi cavalli, per fare un esempio celebre, è sempre già avvenuto da qualche parte, o sta avvenendo, o avverrà, allo stesso "livello" di realtà, ma tra persone in carne ed ossa: qualcuno in carne ed ossa farà quello che nella mitica metafora è l'auriga, e a qualcun altro toccherà il ruolo di cavallo.

Insomma, io penso di provenire dal modo in cui gli uomini hanno organizzato il loro vissuto e la loro convivenza, non riesco ad avvertire quel senso di "mistero" che mi sembra avverti tu per concetti come soggetto, o Dio.

Non sono molto socratico nell'atteggiamento in merito, perché penso di sapere.

Il mistero, semmai, me lo suscita solo la natura, di cui penso di essere solo una minima, minimissima parte, e per di più destinata a rimanere tale, a rimanere parte, al di là di ogni ricongiungimento mistico o morale.





#2531
Tematiche Spirituali / Re: Sottomissione a Dio
27 Marzo 2022, 15:49:21 PM
Citazione di: ricercatore il 26 Marzo 2022, 23:24:47 PM
Citazione di: niko il 26 Marzo 2022, 18:18:16 PMAnche se Dio fosse un valore, in generale io non sono sottomesso ai miei valori, semmai sono i miei valori, che devono essere sottomessi a me.

In altre parole, se gli individui sono ingiudicabili, in quanto innocenti del (falso) "peccato" della loro stessa esistenza, i loro valori, come valori che da essi promanano, sono sempre messi alla prova dell'adattivita' all'ambiente e della felicità individuale e collettiva che essi stessi, in quanto valori, possono, o non possono, apportare, sono quindi sempre potenziali oggetti di giudizio.

Io non sono sottomesso ai mezzi che uso per essere felice (perché a questo, a mezzi per essere felici, fuffa a parte, si riducono i valori), semmai, con l'esperienza stessa della mia stessa vita, sono io il giudice supremo, di tali mezzi e della loro validità.

Quindi nessun Dio mi può giudicare o sovrastare, neanche un Dio-valore, Dio-valore che poi, riportato alla mia concretezza di individuo storico occidentale, riassume ed identifica un lungo a complesso percorso storico e filosofico che, a volerlo in qualche modo sintetizzare, fu il percorso da un Dio-legge, a un Dio-persona, a un Dio-nulla.


ciao niko,
anche se siamo noi i giudici supremi dei nostri valori (grazie all'esperienza dei nostri antenati e alla nostra esperienza nelle vite personali) siamo comunque sottomessi ad un Dio, ovvero la "Felicità" che è quella che ci motiva nel condurre questa opera di selezione dei valori.

secondo me non c'è modo di sfuggire da questo schema, c'è sempre qualcosa che ci "guida" (e motiva) nel compiere una qualche azione: non possiamo fare a meno di sottometterci a un qualche "Dio".

anche se mi rifiutassi e dicessi: "non voglio sottomettermi a niente e nessuno, voglio essere io l'unico padrone della mia vita anche a costo di soffrire" in quello stesso istante sarei sottomesso al Dio del libero arbitrio (o della "libertà")


Ok, ma allora bisogna concedere che un Dio che è la Felicità, (individuale e/o collettiva) è un Dio che può cambiare, attraverso il tempo.

e non so quanti, sarebbero disposti a concederlo.

#2532
Tematiche Spirituali / Re: Sottomissione a Dio
26 Marzo 2022, 18:18:16 PM
Anche se Dio fosse un valore, in generale io non sono sottomesso ai miei valori, semmai sono i miei valori, che devono essere sottomessi a me.

In altre parole, se gli individui sono ingiudicabili, in quanto innocenti del (falso) "peccato" della loro stessa esistenza, i loro valori, come valori che da essi promanano, sono sempre messi alla prova dell'adattivita' all'ambiente e della felicità individuale e collettiva che essi stessi, in quanto valori, possono, o non possono, apportare, sono quindi sempre potenziali oggetti di giudizio.

Io non sono sottomesso ai mezzi che uso per essere felice (perché a questo, a mezzi per essere felici, fuffa a parte, si riducono i valori), semmai, con l'esperienza stessa della mia stessa vita, sono io il giudice supremo, di tali mezzi e della loro validità.

Quindi nessun Dio mi può giudicare o sovrastare, neanche un Dio-valore, Dio-valore che poi, riportato alla mia concretezza di individuo storico occidentale, riassume ed identifica un lungo a complesso percorso storico e filosofico che, a volerlo in qualche modo sintetizzare, fu il percorso da un Dio-legge, a un Dio-persona, a un Dio-nulla.

#2533
Citazione di: green demetr il 30 Novembre 2021, 11:26:27 AMPerchè Hegel e non Kant.
Questo domande che ci facevamo al bar dell'università di Milano, fra gli sguardi increduli delle bariste.
Ma come non ripetono la lezioncina, come facevano alla tavolata poco distante da noi 2?
Eravamo in 5 siamo rimasti in 2.
Ora sono rimasto solo soletto. Come al solito.
Hegel si, Kant no.
Kant molto bene, ma no.

Il fatto è che l'imperativo categorico, mi pare proprio un cascame del più ampio problema del suo carattere ossessivo.

Hegel sì, perchè sebbene lo critichi, è comunque sulla scia di Kant.
Certo chiama Ragione quello che Kant chiama intelletto, e chiama Intelletto quello che Kant chiama ragione.

Sinceramente sono d'accordo con Hegel, la ratio, come dice la radice latina, è la capacitò di divisione, una qualità più che una sostanza dell'uomo.
Ma a bocce ferme, stanno dicendo la stessa cosa.
Ossia che la qualità fondamentale dell'essere uomini è proprio il fatto di venire da categorie apriori.
E che la Ragione o l'Intelletto sono la parte fondante e fondamentale dell'essere filosofi, essere filosofi che è una questione morale naturalmente.
Noi non siamo filosofi, noi lo diventiamo, cosi raccontava la sfinge ai suoi ricercatori.
Ma la sfinge va comprensa non guardata. Non ci si guarda allo specchio, se no, si finisce impietriti, e si diventa dei somari e non dei filosofi.
Così non si guarda in volto la Sfinge, la si comprende.
E così è il domandare, il domandare va domandato.
La biblioteca non serve a niente se non la si domanda.
Credere ciecamente nella biblioteca è rimanere impietriti dalla sfinge.
E il domandare che si domanda, richiede il pensiero che si pensa.
E il pensiero pensante è la FILOSOFIA. Pensiero di pensiero.
Pensiero al quadrato.

La fenomenologia è il massimo prolegomena a questo pensante.
(mi pare) Io non l'ho mai letta (tutta).

Leggiamola insieme!!  8)


Io posso concordare fino a un certo punto sull'affermazione che:

 l'uomo venga da categorie a priori,

e la credo vera quantomeno per quanto riguarda l'uomo attuale, per come esso si e' storicamente determinato.
Ma credo anche che l'uomo sia un ente volente, e identificabile con una volonta' piuttosto che con una coscienza; quindi non accetto il "venire da categorie a priori" come un "destino", e penso che l'uomo venga si' da categorie a priori, ma (solo) perche' egli VUOLE, da esse provenire, perche' questa e' la sua volonta'.

Dunque sprofondare nella retrospezione, o sprofondare nella datita' del cosciente e' sprofondare in un proggetto dell'uomo che (liberamente) vuole, e sceglie, per se stesso, di essere coscienza, e quindi, nel contemplare il realizzarsi del suo stesso proggetto, e' sempre piu' immemore e inconscio della verita' soggiacente di essere (invece) volonta'.

Avendo la coscienza in se' tutte le emozioni positive e negative, tutti i sentimenti di cui si vorrebbe spiegare la bellezza, l'identificazione con la coscienza e' cio' che incatena l'uomo a se stesso; perche' non ci sara' mai un motivo reale di superare nel tempo e nel divenire l'identificazione, diciamo cosi', parmenidea, di essere e coscienza, in quanto essa si propone come la possibilita' e la fonte unica del bene: possibilita' del sentimento e dell'esperimento umano del bene, un sentire il bene che sia insieme anche essere, ed esser vero.

Cio' che puo' provare, il bene e il male, e dunque la coscienza umana, ha in se' tutti i fini, e cio' che ha in se' tutti i fini, non puo' mai servire ad altro, non puo' mai diventare mezzo.

Insomma un paradigma dell'uomo come fine si presta a rimodulazioni infinite di se stesso, ma non mai a nessun superamento, di se stesso.

Invece, se si riuscisse a contemplare la retrospezione del passato, o la primigeneita' e superiorita' "gerarchica" del dato di coscienza sul soggetto come un voluto, ovvero come un effetto e un appagamento della volonta' si potrebbe forse "esaurire" quel tipo di esperienza e voluzione, e iniziare a volere altro. 








#2534
Citazione di: Eutidemo il 17 Marzo 2022, 06:50:13 AMIeri la "Corte Internazionale di Giustizia" ha emesso una formale sentenza di condanna contro la Russia per la sua ingiustificata invasione dell'Ucraina; ritengo pertanto interessante esaminare meglio la questione (anche per cercare diradare la fumogena e velenosa "fuffa" diffusa al riguardo dai fraudolenti e "ignorantioti" "troll" putiniani ).
***
La "Corte Internazionale di Giustizia", nota anche con il nome di "Tribunale internazionale dell'Aja", è il principale organo giudiziario delle Nazioni Unite, ed ha sede nel "Palazzo della Pace all'Aja", nei Paesi Bassi.
Essa ha il compito:
- di dirimere le dispute fra gli Stati membri delle Nazioni Unite;
- di  esercitare una funzione giurisdizionale riguardo all'applicazione e all'interpretazione del diritto internazionale.
***
Ai sensi dell'art. 36 comma 2 lettere b), c) e d) dello Statuto del 26 giugno 1945 istitutivo della Corte, a cui aderì anche la Russia, le sue sentenze hanno effetto "obbligatorio".
***
La Corte giudicante è composta da giudici provenienti da tutte le nazioni, tra le quali c'è anche la Russia!
Ed infatti, tra gli attuali giudici della Corte, c'è anche Kirill Gevorgian, il quale, in precedenza, dal 2003 al 2009 aveva servito come ambasciatore della Russia nei Paesi Bassi; dal 2014 è stato eletto alla Corte internazionale di giustizia.
Ci sono anche dei giudici provenienti da nazioni alleate della Russia, come Xue Hanqin (cinese) ed altri; ma non c'è nessun giudice di nazionalità ucraina
***
Ieri, come accennavo in premessa, la Corte di Giustizia Internazionale, condannando esplicitamente l'aggressione Russa all'Ucraina  ha espressamente ordinato alla Russia di "sospendere immediatamente le operazioni militari iniziate il 24 febbraio nel territorio dell'Ucraina"; ed è stato approvato con 13 voti favorevoli e due contrari, espressi (ovviamente) dal giudice russo e dal giudice cinese il cui nome ho citato sopra.
***
Pertanto:
- "teoricamente", la Russia, avendo sottoscritto la convenzione che istuisce la "Corte Internazionale di Giustizia" con tutti i suoi annessi e connessi, ivi compresa l'"obbligatorietà" delle sue sentenze, dovrebbe "sospendere immediatamente le operazioni militari iniziate il 24 febbraio nel territorio dell'Ucraina";
- "praticamente", invece, essendo la Russia "controllata" da un "bandito internazionale", il quale è impermeabile a qualsiasi considerazione di "legalità", di "giustizia" e di "equità", è pressochè certo che se ne fregherà altamente e continuerà l'aggressione, fino a che non avrà ottenuto, "con la forza", il trattato di pace che più soddisferà il suo l'"egotismo narcisistico".
***
Da notare, soprattutto a beneficio dei "c. o c. filoputin", che, nella sentenza di condanna della Russia, viene chiaramente rilevato che:  "Non si sono riscontrate prove di sorta a sostegno delle giustificazioni usate dal Cremlino per legittimare l'invasione; cioè il presunto genocidio commesso da Kiev contro le popolazioni russofone dell'Ucraina orientale".
***
La Russia non ha partecipato all'udienza e i suoi avvocati non sono neanche apparsi in aula; ha invece inviato una lettera sostenendo che la Corte - massimo organismo Onu per dirimere le contese tra Stati - non avrebbe avuto "giurisdizione" sul caso.
***
La lettera, evidentemente, è stata scritta da un "avvocaticchio" imbroglioncello di Mosca, il quale ha cercato di cambiare le carte in tavola confondendo:
- la giurisdizione della  "Corte Internazionale di Giustizia";
- con la giurisdizione della  "Corte penale internazionale".
Ed infatti, la "Corte Internazionale di Giustizia" non va assolutamente confusa con la "Corte penale internazionale", istituita nel 2002 (non legata all'ONU ed anch'essa con sede all'Aia, Paesi Bassi), il cui compito è invece quello di giudicare individui ritenuti colpevoli di crimini internazionali.
Come meglio spiegato in NOTA.
***
Quanto ho scritto va preso con cauto beneficio d'inventario, non essendo io riuscito a trovare il testo originale della motivazione della sentenza.
***
AVVERTENZA
Qualsiasi commento che esuli da considerazioni riguardanti specificamente la sentenza in esame, verrà considerato OFF TOPIC, e, pertanto, non verrà recepito.
***
***


Giusto per curiosita'...

consideri fuori tema, e quindi ignori, anche ogni intervento che ti faccia notare che, tu per primo, in un consesso civile, non hai alcun diritto ad alludere, (o a sottointendere) che, chiunque non sia d'accordo con te in merito alle questioni riguardanti questa guerra, e in generale con la propaganda violenta e
pseudo-patriottica che ci propali da oltre due settimane sia, nell'ordine, un:

Fraudolento, ignorantiota, troll, putiniano,
c o c (crudulone o complice), filoputin...

e quant'altri neologismi inutili ti vengano in mente per descrivere delle persone che semplicemente non sono d'accordo con te su un dato argomento?

#2535
Tematiche Filosofiche / Re: Cosa vuol dire Logos?
14 Marzo 2022, 12:15:49 PM
Citazione di: Ipazia il 14 Marzo 2022, 08:27:11 AMLa filosofia è costituita su metafisiche che a lungo andare si rivelano essere mitologie. L'Uno, la cosa in sé,  l'iperuranio, il mondo dietro il mondo,...e pure il logos e la sua archè.

Tornando al logos-linguaggio, mi convince poco la riduzione del sapere all'analitica alfabetica, e altrettanto alla sintetica numerologica (l'Uno relazionale). Sono più propensa a credere che la diffusione del pensiero greco sia dovuta a fattori quali le falangi dell'allievo di Aristotele e, successivamente, alle legioni di un impero  che, pur avendo una scrittura alfabetica, non ha certo brillato in produzione filosofica originale.

La Cina lo ha fatto, pur avendo una scrittura ideografica. Insomma la tesi di iano è altamente controversa. Il pensiero umano si nutre di analisi e sintesi e i due tipi di scrittura esemplificano il duplice approccio al logos.

Relazionandosi tra loro e rendendosi traducibili in una supersintesi logica che è sapere libero, indeterminabile secondo una archè fissa e immutabile, ma piuttosto evolventesi nel suo tempo, per nulla nichilistico, ma creativo. Come si conviene alle creature del logos, qualunque cosa lo abbia generato ed esso sia.


Ovviamente, la tesi alfabetocentrica, il cui piu' illustre sostenitore e' Eric Havelock,  NON si propone di collegare IL SAPERE umano in generale all'analitica alfabetica (del resto, come si potrebbe, sostenere una cosa cosi' palesemente falsa ed etnocentrica?), ma "solo", molto piu' limitatamente, di collegare la genesi della filosofia occidentale greco-classica come fenomeno storicamente determinato, all'analitica alfabetica.

Per questo tale idea, in gran parte non mia, mi e' sembrata interessante nel contesto di un discorso sul logos, e probabilmente non mi sarebbe sembrata altrettanto interessante, o pertinente, in un discorso sul sapere umano in generale.

Naturalmente, anche una volta compreso nei suoi termini corretti il problema, si puo' continuare a non essere d'accordo, ma vale la pena di rilevare che

* c'e' una bella differenza, di metodo e di merito, tra la filosofia 
greco-occidentale e quella cinese 

* una volta inquadrato correttamente il problema nella sua geografia e cronologia, appare immediatamente ovvio, che Aristotele e Alessandro Magno sono cronologicamente troppo tardi per entrarci qualcosa.

Io parlo, e qui si parla, dell'origine, della filosofia, non del suo consolidamento imperiale o comunitario.

E all'origine per quanto mi riguarda non puo' che esserci il male di vivere, e dunque la funzione espressiva, e non analitica,  del linguaggio: molti sono allergici, alla parola NICHILISMO, ma qui voglio dire solo che il nichilismo, soprattutto antico piuttosto che moderno, di cui troviamo gia' tracce in Eraclito, in quanto istanza che nega l'essere, e' falso analiticamente; quindi, se e' valido o interessante, e' valido o interessante solo espressivamente, come lamento e meraviglia della condizione umana.

Che non ci sia tempo, di essere o di esistere, che in quanto viventi si sia condannati ad "iniziare all'infinito", non puo' essere vero, su un piano analitico, eppure il pathos della vita, l'effetto che fa' vivere,  e' proprio questo.

La mistica unitaria, si da' sempre su un piano di desiderio, perche' il tempo e' sia l'elemento divisivo, che l'elemento sovversivo o innovativo, di tutto l'esistente, da cui il pensiero umano, nella forma principalmente di speranza, che il tempo possa sovvertire e innovare la divisione "comunicante" tra gli enti operata dal tempo stesso.

Ma il desiderio non e' la realta'. Per questo anche la forza unificatrice del logos e' sempre un incompiuto, un dis-corso posizionale in cui la posizione conta, e il senso emerge dalla combinatoria di piu' non-sensi.