Citazione di: paul11 il 24 Luglio 2017, 14:45:53 PM
Com' è che non solo utilizziamo la tecnica non a fini sociali, ma a fini egoistici creando guerre militari, commerciali, squilibri e sfruttamento, accumulazione da una parte e dall'altra disperazione, mentre la natura invece senza intelligibilità riesce comunque a governare da sempre il "suo" sistema?
Che cos'ha l'uomo di "tarato"?CitazioneL' uomo, di suo peculiare in natura, ha che (a mio parere in conseguenza dell' invenzione da parte sua del linguaggio, consentito dalle enormi capacità cognitive o raziocinative di cui si é trovato naturalmente in possesso) può produrre (=trasformare la natura, agire finalisticamente in natura rispettandone-applicandone le leggi del divenire) e tende oggettivamente a produrre (e a consumare) più di quanto gli è necesario per sopravvivere e riprodursi.
E questa tendenza, nell' ambito naturale limitato sebbene tendenzialmente (ma non illimitatamente bensì "asintoticamente") crescente (fino a un limite oggettivo invalicabile) dal' uomo di fatto agibile, praticabile, è una tendenza oggettivamente crescente (tendenziale "sviluppo delle forze produttive sociali" del materialismo storico).
Tutto ciò, circa a partire dall' epoca neolitica o "poco prima", ha "innestato sulla storia naturale" la storia umana: divisione "tecnica" del lavoro, divisione "sociale" in classi antagonistiche, lotta di casse (i "rapporti di produzione" del materialismo storico), con tutto ciò che, non immediatamente-meccanicamente ma in un complesso rapporto "dialettico" di relativa reciprocità ne è conseguito: per l' appunto la "storia umana innestata sulla storia naturale".
Oggi in questo processo (nella storia; sia detto senza retorica ma con sobrio realismo: con l' iniziale minuscola) siamo giunti a un punto cruciale (del tutto analogo al suo inizio nel neolitico o "giù di lì") per il fatto che la limitatezza del mondo naturale realisticamente (e non fantascientificamente) agibile da parte dell' uomo "si fa sentire": fino a cento – centocinquanta anni fa le risorse naturali realisticamente impiegabili nella produzione e nel consumo umani potevano essere considerate "con buona approssimazione" illimitate (stante l' enorme distanza fra i loro limiti reali, oggettivi e il limitato grado di fatto raggiunto nello sviluppo tendenzialmente crescente delle forze produttive sociali), mentre oggi i loro limiti sono tali che il proseguire nello sviluppo quantitativo delle forze produttive sociali stesse, se accadrà, porterà inevitabilmente alla distruzione irreversibile delle condizioni naturali obiettivamente necessarie alla sopravvivenza della specie umana stessa (oltre che di tantissime altre, che infatti si stanno estinguendo "a rotta di collo").
Nella storia umana, alle contraddizioni sociali (ingiustizie immani, ecc.), che pure tendono ad esasperarsi parossisticamente, oggi si aggiunge (diviene del tutto evidente ed attuale, da "latente" o "meramente potenziale" che era), la contraddizione uomo – natura: o la lotta di classe porterà "per tempo" al superamento della divisione dell' umanità in classi antagonistiche (che nell' attuale fase capitalistica impone oggettivamente il tendenziale aumento continuo e illimitato di produzioni e consumi in quanto condizionati dalla concorrenza fra unità produttive -imprese- alla ricerca dl massimo profitto possibile da parte di ciascuna di esse a tutti costi -fra l' altro umani e ambientali- e a breve termine temprale) e alla socializzazione dei mezzi di produzione, con conseguente possibilità oggettiva di pianificare complessivamente con la necessaria prudenza e limitatezza, e "tenendo presenti" per quanto possibile anche i loro effetti non immediati, e anche quelli dispiegantisi in un futuro esteso fino alla potenziale "sopravvivenza umana naturale" -cioè fino all' inevitabile estinzione "per cause naturali" della nostra specie; pianificazione inesorabilmente implicante anche una decrescita quantitativa per lo meno in moltissime produzioni e consumi, il ridimensionamento di tantissimi "campi" dell' economia e della tecnica- oppure il nostro destino di umanità è sognato, e anche piuttosto "a breve scadenza".
Checché ne pensino Heidegger, Severino e altri filosofi idealisti (secondo la terminologia materialistica storica), non è lo scontro fra una pretesa impersonale "tecnica" (mero insieme di mezzi passivi, passibili di utilizza attivo da parte di soggetti coscienti!) che oggettivamente tenderebbe a dominarci da una parte e "cultura umana" o "filosofia" o altro di simile dall' altra parte, ma invece è la lotta di casse che in ultima analisi deciderà dei destini dell' uomo.
Questa è la terribile temperie nella quale tocca di vivere (e forse di morire) alle nostre generazioni attuali.