Menu principale
Menu

Mostra messaggi

Questa sezione ti permette di visualizzare tutti i messaggi inviati da questo utente. Nota: puoi vedere solo i messaggi inviati nelle aree dove hai l'accesso.

Mostra messaggi Menu

Messaggi - sgiombo

#2536
Citazione di: maral il 16 Luglio 2017, 20:00:22 PM
Citazione di: sgiombo il 16 Luglio 2017, 15:13:29 PM
Per tutti i parlanti la lingua italiana "divenire" significa "cambiare, trasformarsi, passare da uno stato all'altro; il fluire della vita, della storia, l' acquistare nuova forma, qualità o stato; il farsi diverso".

Ovvero essere a un certo tempo relativamente, parzialmente, limitatamente (per certi aspetti) la stessa cosa, e limitatamente parzialmente, limitatamente (per certi altri aspetti) un' altra, diversa cosa" che a un certo altro tempo.
E' questa la frase che non ha senso logico. Se diciamo che da bambino Sgiombo era con i capelli biondi e ora gli sono diventati bianchi (a parte che non c'è una sola cellula o altro che sia rimasto lo stesso e non solo i capelli), come puoi dire che si tratta sempre dello stesso Sgiombo? O Sgiombo include i capelli biondi per essere Sgiombo, o non li include, o include le sue cellule o non le include, o è quello o è altro, non diventa da questo altro restando lo stesso. Quello "stesso Sgiombo" è solo un'immagine senza immagine che vive della presente memoria dello Sgiombo attuale ed è in questa memoria attuale che lo Sgiombo attuale trova ora dei resti di significato che egli interpreta come tracce di un percorso di cambiamento e in questo percorso sogna di riconoscersi.
Se i due Sgiombi sono diversi non c'è modo di dire che sono lo stesso, come esige l'idea di un ente (Sgiombo) che diventa altro rimanendo pur sempre lo stesso.
CitazionePerché, nel continuo ricambio degli atomi che le costituiscono, le strutture anatomiche di Sgiombo presentano una relativa continuità e persistenza, nel loro relativo e parziale mutare, da allora (un po' come la famosa nave di Teseo).

Sgiombo, che finora ha vissuto per quasi 65 anni (e spera di non morire troppo presto, ben sapendo che ciò potrebbe comunque accadere e sarebbe preferibile accettarlo serenamente) include i capelli biondi che aveva da bambino, quelli castani che ha avuto dalla pubertà ai 50 anni circa, quelli bianchi che ha adesso, senza alcuna contraddizione (che é invece ben presente, platealmente evidente nell' assurda pretesa severiniana che siano reali tutti per sempre, e quindi non in tempi diversi gli uni dagli altri, i suoi capelli biondi da bambino, quelli castani da adulto, quelli bianchi da vecchio, e perfino quelli del tutto inesistenti dopo la sua -si spera non prossima- cremazione).

**************************

CitazioneL' "ente" e l' "essente" non so che cosa siano (conosco l' italiano, ma non il "severinese").
Ma è puro italiano: ente è inteso filosoficamente (fin dai tempi dei Greci) abbreviazione di essente ed essente è semplicemente qualsiasi cosa che è, participio presente del verbo essere.
CitazioneAllora vedi sotto:

*******************

CitazioneMa so bene che gli enti reali (che sono ciò che mi interessa considerare), prima non c' erano, per un determinato lasso di tempo ci sono, dopo nuovamente non ci saranno, senza alcuna contraddizione o "duplicità ontologica" autocontraddittoria o altro genere di preteso "impasse".
E questo è come il mondo appare, non come è, è il mondo nella sua fenomenologia.
CitazioneQuesto vale sia per i fenomeni (ciò che appare) che -se ci sono, come credo pur essendo indimostrabile né tantomeno, per definizione, empiricamente mostrabile- per le cose (che sono) in sé o noumeno.

*************************

CitazioneInoltre rilevo che muta tutto nella realtà, non solo i significati di simboli, come ad esempio le parole (che peraltro in linea di principio sarebbe meglio non mutassero onde intendersi; e per questo ogni eventuale loro deprecabile mutamento, se ritenuto inevitabile o preferibile al non mutamento per fini pratici, deve comunque essere arbitrariamente convenuto, sancito per convenzione), anche quello che non ha alcun significato (ossia tutto ciò che non è simbolo, che costituisce gran parte della realtà).
Muta nel diverso alludere dei significati e delle parole, nei diversi modi in cui vengono a trovarsi reciprocamente parole (segni allusivi) e cose e non può che essere così, proprio perché cose e parole sono enti sempre diversi, a distanza tra loro, ma tra loro sempre in relazione, poiché ogni cosa reclama il suo nome e ogni nome reclama la cosa senza che possa mai esservi aderenza perfetta ed è proprio solo in virtù di questo scarto che continuamente si ripete in ogni discorso che il mondo appare e appare mutando continuamente, perché il gioco non termina mai a dispetto di tutti quelli che vorrebbero fosse terminato da inalterabili definizioni.
Il mondo è nell'eterno gioco degli eterni, perché eterna è la cosa come il suo significato, mentre sempre diverso è il modo in cui si collocano le une rispetto alle altre, il modo con cui continuano a richiamarsi, a disporsi, a intrecciarsi, ma sempre mantenendosi a distanza.
Non ci sono in questo discorso sensi oscuri, prendilo alla lettera.
Quando dico che un altro significato viene ad apparire sostituendo il precedente, non dico che un significato viene ad essere dal nulla, mentre l'altro diventa nulla, non dico nemmeno che un significato diventa altro significato restando lo stesso, come Sgiombo che da bambino diventa adulto restando, non si sa rispetto a che o a chi, lo stesso Sgiombo, dico solo che significati e cose vengono via via a richiamarsi in un diverso rapporto reciproco che si presenta diversamente in ogni istante, come il sole e la terra. E il sole può benissimo cessare fenomenologicamente di apparire dal nostro orizzonte terrestre lasciando apparire la luna senza per questo cessare ontologicamente (e logicamente) di essere e senza che la luna venga a essere dal nulla o dal sole stesso diventato luna.
CitazionePossono mutare (anche se sarebbe preferibile che non lo facessero; e comunque ogni eventuale mutamento sarebbe da stabilire per convenzione arbitraria) i significati di quelle peculiari "cose" (dette "simboli") che ne sono dotate, e non di tutte le altre che non ne sono dotate.

Non ho mai visto né sentito cose come pietre, montagne, biciclette, moto, fiumi, laghi, mari, ecc. "reclamare il proprio nome"; e moltissime di esse nell' universo non avranno mai un nome perché non verranno nemmeno prese in considerazione da soggetti di esperienza e pensiero.

Se "il mondo appare e appare mutando continuamente, perché il gioco non termina mai a dispetto di tutti quelli che vorrebbero fosse terminato da inalterabili definizioni" non é un' espressione contraddittoria, allora certamente non la é nemmeno quella che il mondo reale (apparente ed eventualmente noumenico) muta continuamente; se la fosse (ammesso e non concesso!) questa, allora certamente la sarebbe anche quella.

Idem per quanto riguarda "
Il mondo è nell'eterno gioco degli eterni, perché eterna è la cosa come il suo significato, mentre sempre diverso è il modo in cui si collocano le une rispetto alle altre, il modo con cui continuano a richiamarsi, a disporsi, a intrecciarsi, ma sempre mantenendosi a distanza",

e pure "
significati e cose vengono via via a richiamarsi in un diverso rapporto reciproco che si presenta diversamente in ogni istante, come il sole e la terra". "significati e cose vengono via via a richiamarsi in un diverso rapporto reciproco che si presenta diversamente in ogni istante, come il sole e la terra" mi sembra severinese stretto.

Io conosco l' italiano, e so solo (che ne sia o meno la traduzione più o meno fedele) che tutte le cose divengono ma non tutte le cose hanno significati.

Il sole (come la luna) é un mero insieme di fenomeni ("esse est percipi", Berkeley), e dunque non può realmente cessare fenomenologicamente di apparire (= essere fenomeni) senza cessare di essere/accadere (ovvero esistere) realmente tout court.
Ciò che invece può continuare indefinitamente ad esistere, anche dopo la fine dell' esistenza di quella cosa reale che é il sole, é casomai quella ben diversa cosa che é costituita dal concetto di (simboleggiato dal vocabolo) "sole" che lo denota, una volta che sia stato stabilito (e purché ci sia chi lo pensi).
#2537
Citazione di: Apeiron il 16 Luglio 2017, 19:24:17 PM
sgiombo concordo con te (per ora e se ti ho capito bene  ;D ) sul discorso delle tautologie.

Non concordo con te sulla questione del divenire. Cosa è rimasto uguale a te da quando eri bambino? Risposta mia: una continuità, il processo. Non qualcosa di materiale, non è che possiamo indicare qualcosa nel tuo o nel mio corpo e dire: "questo sono io, questo non è cambiato e costituisce la mia identità". C'è solo un processo, una "vita" - questo non è cambiato. Ma ovviamente il processo cambia rimandendo se stesso.

Eraclito: "a coloro che scendono negli stessi fiumi diverse e ancora diverse acque affluiscono"  8) : le acque cambiano ma è proprio questo cambiamento delle acque che costituisce "l'identità" del fiume.
CitazioneA parte il fatto che io non credo di essere unicamente costituito dal mio corpo ma invece anche dal mio pensiero, fra le altre cose che non sono mutate in me ci sono alcuni tratti somatici (persistono sulla pelle della mia gamba sinistra cicatrici e nella mia clavicola destra un callo di frattura, procuratimi con cadute in bicicletta nei miei primi anni di vita), il DNA di per lo meno quasi tutte le cellule che costituiscono il mio corpo e soprattutto taluni fatti o "contenuti" fenomenici della mia esperienza cosciente, la quale -attraverso periodi di assenza, interruzioni: per esempio di sonno senza sogni- continua, sviluppandosi, a comprendere molteplici ricordi delle esperienze passate, anche di quando ero un bambino.
#2538
Tematiche Spirituali / Re:La gioia!
16 Luglio 2017, 20:54:51 PM
Citazione di: giona2068 il 16 Luglio 2017, 20:13:47 PM

Come mai un "bugiardo" seriale come San Paolo offre se stesso come sacrificio vivo per sostenere cose non veree come mai le sue affermazioni portano alla Pace chi crede ?
Citazione di: giona2068 il 16 Luglio 2017, 20:13:47 PM

*****************************************************************
CitazioneA prescindere dall' esegesi del nuovo testamento, sulla quale non ho adeguate conoscenze, vorrei far notare che in generale il fatto di essere condannato a morte e giustiziato non garantisce affatto della sincerità di chi subisce questa sorte.
E  nemmeno il fatto che ci sia chi gli crede e ne é in qualche modo appagato.

Per esempio (fra molti altri possibili) anche Benito Mussolini fu condannato a morte e giustiziato e c' é ancora chi gli crede e ne é in qualche modo appagato, anche se sparò parecchie balle, che restano tali anche dopo la sua fucilazione e malgrado l' appagamento dei suoi seguaci, sia in pubblico che probabilmente nella sua vita privata.

#2539
Citazione di: Apeiron il 16 Luglio 2017, 16:30:08 PM
Per me: la Verità e il Bene. Ovviamente riconoscendo che molte cose non sono né la Verità né il Bene.

Il motivo per cui non sono buddista è proprio perchè ritengo che sia troppo "rinunciante". Ossia la liberazione, la pace ecc può andar bene volerla come obbiettivo finale. Finché si vive secondo me ha senso ricercare la ricchezza interiore, donare la propria esperienza agli altri, essere sempre disposti ad imparare... In sostanza il miglior modo di vivere è per me scritto in queste frasi del Tao Te Ching:
"Il vero saggio per sé non provvede:
se si spende negli altri, per sé acquista;
se, più dona, più ottiene per se stesso."

La ricerca filosofica ed esistenziale finisce col raggiungimento della "Verità" e del "Bene", fino ad allora è giusto secondo me non ritirarsi dalla ricerca. (Si noti che "bene" NON coincide a priori con "piacevole")



Edit: ho notato che non si capisce molto da quello che ho scritto qui. Motivo: sono nella confusione più totale. Il mio provvisorio equilibrio è mantenermi in equilibrio...




CitazioneSecondo me si capisce bene e inoltre é molto ragionevole e giusto!

Personalmente concordo.

#2540
Citazione di: maral il 15 Luglio 2017, 22:22:50 PM
Citazione"io sono la stessa persona ma allo stesso tempo una persona diversa di quando ero bambino" significa "io da bambino sono diventato adulto", posto che "divenire" o "diventare" significa parzialmente, relativamente (per certi aspetti) continuare a essere "la stessa cosa", non mutare, parzialmente, relativamente (per certi altri aspetti) non continuare a essere "la stessa cosa", mutare, in una sorta di hegeliana "sintesi dialettica" fra "essere le stesse cose, essere fisso, immutabile integralmente, assolutamente" (tesi) e "non essere le stesse cose, non essere fisso, mutare integralmente, assolutamente" (antitesi).
Scusa sgiombo se insisto a dire la mia, ma divenire non può significare "continuare a essere la stessa cosa", nemmeno parzialmente, perché significherebbe che quella parte di me che è diventata altro non era parte di me, dato che con essa o senza di essa resto sempre lo stesso "me". D'altra parte è ovvio che al divenire non basta presupporre che si diventi altro, ma che si diventi altro rimanendo lo stesso ed è questa l'evidente contraddizione logica insormontabile, occorre essere e al contempo non essere lo stesso!
A questo punto, per superare l'impasse, occorre ammettere una duplicità ontologica originaria nell'ente stesso. L'ente in quanto essente è immutabile tautologia, ma in quanto appare solo nel suo venire a significare si colloca oltre la sua pura tautologia e questo fa sì che tra l'essere dell'ente e il  significato in cui appare vi sia sempre uno scarto irriducibile, una contraddizione che si ripete ogni volta che si tenta di definire cosa sia quell'ente. E' nello spazio di questo scarto tra significato ed essente che il mondo ci appare e ci appare continuamente mutante nei suoi significati, poiché ogni volta che si pensa di aver fissato un significato ci si accorge che esso non coglie l'essente, qualcosa che è oltre quel significato con cui si è tentato di dire l'essente per quello che è è rimasto escluso, quindi occorre dirlo in modo diverso e quindi un altro significato viene ad apparire, mentre il precedente viene escluso. Ma, venendo escluso, esso lascia pur tuttavia un resto di sé ed è sulla base di questi resti che noi infinitamente costruiamo l'identità come una storia diveniente, come un'esistenza che tenta infinitamente, resto dopo resto, di conoscersi in un gioco di apparizioni significanti.
CitazionePer tutti i parlanti la lingua italiana "divenire" significa "cambiare, trasformarsi, passare da uno stato all'altro; il fluire della vita, della storia, l' acquistare nuova forma, qualità o stato; il farsi diverso".
 
Ovvero essere a un certo tempo relativamente, parzialmente, limitatamente (per certi aspetti) la stessa cosa, e limitatamente parzialmente, limitatamente (per certi altri aspetti) un' altra, diversa cosa" che a un certo altro tempo.
 
Determinate parti o aspetti (che erano propri) di me quand' ero bambino non ci sono più ora (che sono vecchio: nessuna contraddizione, che invece ci sarebbe se pretendessi che non ci fossero allora o che ci siano ora); ed invece ci sono ora (che sono vecchio) determinate altre parti o aspetti che sono propri dei me, i quali non c' erano ancora quando ero bambino (nessuna contraddizione, che invece ci sarebbe se pretendessi che ci fossero allora o che non ci siano ora).
 
Per intendere l' identità (parziale, relativa!) nel divenire basta semplicemente presupporre che qualcosa diventi altro (cambi, non persista ad essere come era prima) e che qualcos' altro rimanga lo stesso (non cambi, persista ad essere come era prima): nessuna affermazione che qualcosa allo stesso tempo è e non è, persiste e non persiste, diventi e non diventi altro, id est: nessuna contraddizione!
 
L' "ente" e l' "essente" non so che cosa siano (conosco l' italiano, ma non il "severinese").
 
Ma so bene che gli enti reali (che sono ciò che mi interessa considerare), prima non c' erano, per un determinato lasso di tempo ci sono, dopo nuovamente non ci saranno, senza alcuna contraddizione o "duplicità ontologica" autocontraddittoria o altro genere di preteso "impasse".
 
Inoltre rilevo che muta tutto nella realtà, non solo i significati di simboli, come ad esempio le parole (che peraltro in linea di principio sarebbe meglio non mutassero onde intendersi; e per questo ogni eventuale loro deprecabile mutamento, se ritenuto inevitabile o preferibile al non mutamento per fini pratici, deve comunque essere arbitrariamente convenuto, sancito per convenzione), anche quello che non ha alcun significato (ossia tutto ciò che non è simbolo, che costituisce gran parte della realtà).
 
Ovviamente i significati (le connotazioni) dei simboli (in particolare dei simboli verbali) sono sempre di fatto limitati, potendo anche sempre (inesauribilmente) non cogliere in linea teorica o di principio tutte le caratteristiche (che infatti in linea di principio potrebbero sempre anche essere infinite) attribuibili alle cose reali che denotano (ovviamente quando si tratta di simboli verbali eventi anche denotati reali, oltre che significati nel senso -sic!- di connotazioni).
 
 
 
Capisco ben poco di quanto scrivi, conoscendo bene l' italiano ma per nulla il severinese; tuttavia non posso esimermi dal rilevare che se queste tua parole:
 
"un altro significato viene ad apparire, mentre il precedente viene escluso. Ma, venendo escluso, esso lascia pur tuttavia un resto di sé"
 
Non sono contraddittorie, allora sicuramente non lo è nemmeno il concetto banale, "volgare" (nel senso letterale del dantesco De vulgari eloquentia) di "divenire"; mentre se -ammesso e non concesso- lo fosse il secondo, allora inevitabilmente le sarebbero anche le prime.
#2541
Citazione di: maral il 15 Luglio 2017, 21:43:30 PM
Il punto è, caro Sgiombo, che la logica su quello che accade ha sempre una presa in qualche misura debole, ma illude di offrire prese sicure ed è allora che sono guai.
CitazioneCredo che la logica abbia un' ottima, robustissima "presa" su quelli che sono i suoi propri campi di applicazione (recentemente Epicurus mi ha ulteriormente confortato in questa mia convinzione).

Secondo me i guai li procura casomai la pretesa di ignorare che vi sono aspetti importantissimi della realtà e della nostra vita non quantificabili, e comunque aspetti sui quali logica e matematica non hanno "presa", o la pretesa che basti la logica per risolvere i più importanti problemi teorici, filosofici e anche tutti i problemi pratici importanti nella vita (o che basti la scienza, come per esempio erroneamente credeva a mio parere, il frequentatore del vecchio forum Ulysse).

Colgo l' occasione per esprimerti i sensi della mia più sincera invidia per l' involontario autorevolissimo riconoscimento alla tua preparazione e validità come filosofo che in un' altra discussione alla quale per principio non partecipo ti é indubbiamente venuta da una valutazione negativa da parte di un' ignorante (fra l' altro, anche) in materia (e non solo ignorante).

Mannaggia!

Cosa non darei per essere definito anch' io da personaggi simili "un filosofo non proprio ferrato" ! ! !
#2542
Citazione di: Apeiron il 11 Luglio 2017, 09:00:48 AM
epicurus,
una frase "paradossale" può essere comprensibile e sensata a meno che "paradossale=contraddizione", nel qual caso il senso non c'è. Peraltro mi sembra di esser d'accordo con te che "da logico" (ossia fino a quando mi interessa la sola validità) "questa frase è sensata/vera" è valida. Quello su cui mi impuntavo era la pretesa di far passare questo tipo di affermazioni come "sensate", ossia affermazioni sulla realtà. Poi sinceramente non accetto molto la questione dei "valori logici". Dire "un cavallo è un cavallo" non la definirei nemmeno  una frase vera, perchè non dice nulla. "Un cavallo è un mammifero" invece sì perchè a priori richiede una verifica e quindi può darmi informazioni.
Citazione"un cavallo é un cavallo" é una tautologia.

Le tautologie, come anche i giudizi analitici a priori (inferenze logiche, deduzioni da premesse che esplicitano nozioni di già comprese, per quanto implicitamente, nelle premesse stesse: definizioni, assiomi, postulati), sono (affermazioni sensate e) certe (se correttamente condotte) ma "conoscitivamente sterili", se per "fecondità conoscitiva" si intende capacità di offrire conoscenze (nuove, che prima o "in partenza" non si avevano) di come é o non é la realtà di cui si discorre (e non correttezza delle deduzioni per così dire "interne al discorso").
Infatti perché le inferenze siano vere é necessario che siano vere le premesse, il che é tutto da dimostrare: le deduzione sono vere  non in assoluto, perché "così starebbero le cose reali", ma solo ipoteticamente (qualora così stiano le cose reali): se correttamente condotte sono certe, ma la loro certezza é qualcosa di "interno al discorso", mentre nessuna certezza ci danno circa come stanno o meno le cose nella realtà di cui si discorre.

"Conoscitivamente fecondi" possono essere solo i giudizi sintetici a posteriori (essi possono darci autentica conoscenza su come sono o non sono le cose reali di cui si discorre).
Ma come i giudizi analitici a priori pagano la loro certezza (se logicamente corretti) con la loro "sterilità conoscitiva, così i giudizi sintetici a posteriori pagano la loro fecondità conoscitiva (se l' hanno, se sono veri, se sono autentiche conoscenze) con la loro insuperabile incertezza.
Infatti possono essere induzioni (affermazioni generali astratte su come stanno le cose nella realtà di cui si discorre e nel suo divenire: per esempio "un cavallo é un mammifero"); ma allora come genialmente rilevato da David Hume, non possiedono affatto la caratteristica di essere indubitabili ovvero certi.
Oppure possono essere affermazioni particolari concrete di ciò che immediatamente di volta in volta empiricamente si rileva (ma allora la loro certezza é comunque effimera, per così dire "di durata infinitesima" in quanto continuamente il tempo scorre e immediatamente da constatazioni empiriche dirette si trasformano in dati mnemonici, e anche la memoria non possiede  affatto la caratteristica di essere indubitabile ovvero certa.

Conclusione: lo scetticismo non é razionalmente superabile.
Quindi sì secondo me hai ragione nel concentrarti (solo) sull'ambito formale. In questo caso sono totalmente d'accordo con te.

Una frase paradossale "sensata" può essere: "io sono la stessa persona ma allo stesso tempo una persona diversa di quando ero bambino".
CitazioneQuesta secondo me non é un paradosso.

E' invece un caso di ragionamento perfettamente ("inappuntabilmente") logico e sensato che ben dimostra la differenza di senso fra i concetti di "essere" e di "divenire" (e non, con buona pace di Severino, la -pretesa- contraddizione che sarebbe intrinseca al o propria del concetto di "divenire"): 

"io sono la stessa persona ma allo stesso tempo una persona diversa di quando ero bambino" significa "io da bambino sono diventato adulto", posto che "divenire" o "diventare" significa parzialmente, relativamente (per certi aspetti) continuare a essere "la stessa cosa", non mutare, parzialmente, relativamente (per certi altri aspetti) non continuare a essere "la stessa cosa", mutare, in una sorta di hegeliana "sintesi dialettica" fra "essere le stesse cose, essere fisso, immutabile integralmente, assolutamente" (tesi) e "non essere le stesse cose, non essere fisso, mutare integralmente, assolutamente" (antitesi).

Per questo dissento dalla tua affermazione che :

"Se tautologie, contraddizioni ecc sono "sensate" allora si aprirebbero importanti scenari secondo me. Per esempio si possono usare le contraddizioni per descrivere la permanenza dell'identità nel tempo! Ipotesi che ancora non ho accantonato..."

Per me la permanenza (relativa, parziale) dell' identità nel tempo (ovvero il divenire ordinato, che si può pure indifferentemente, identicamente, per così dire  "sinonimicamente" intendere come la non permanenza relativa, parziale dell' identità nel tempo) non ha nulla di paradossale, esattamente come la "tesi hegeliana" della permanenza integrale assoluta dell' identità nel tempo e come l' "antitesi hegeliana" del la non permanenza integrale, assoluta dell' identità nel tempo, delle quali si può considerare come una sorta di "sintesi dialettica".
#2543
Citazione di: epicurus il 13 Luglio 2017, 10:03:36 AMOk, siamo arrivati in fondo. Qual è la morale i tutto questo?  :D
CitazioneMi rendo conto che, dopo essere stato preso in castagna per diversi errori logici e di calcolo, a qualcuno potrei fare l' impressione dei essere ostinatamente attaccato a pregiudizi.

Ma sinceramente per me la morale resta che, malgrado sia certamente facile anche compiere errori logici e di calcolo, le scelte più difficili e importanti (e di conseguenza gli errori, peggiori, quando se ne compiono) non sono quelle logico- matematiche (almeno per me, che non ho mai giocato d' azzardo o partecipato a quiz televisivi), bensì quelle nelle quali é necessario, piuttosto che misurare e calcolare il misurabile, "ponderare" o "soppesare" e valutare a fondo l' incommensurabile.
Per esempio se  e come votare a un referendum o a delle elezioni oppure astenersi, decidere se partecipare o meno a uno sciopero, oppure quando si devono fare scelte circa la propria vita professionale o familiare ed é necessario valutare "pro" e "contro" per lo meno in gran parte non quantificabili matematicamente e non calcolabili: non conta nella vita solo l' entità dei guadagni e delle perdite in denaro prevedibili nei diversi casi fra i quali é possibile scegliere, ma anche la propria dignità personale (per esempio a prostituirsi si guadagna moltissimo e con poca fatica, casomai con un po' di schifo), la propria onestà, le soddisfazioni professionali e personali -non misurabili- che si possono ottenere oppure a cui si deve rinunciare.

E a questo fine, più che la correttezza logica formale (che non per questo va trascurata, ovviamente) conta il pascaliano "espirit de finesse".


"Dal punto di vista filosofico significa che è la metafisica ,in quanto razionalità logica , è più veritativa della realtà empirica" (Paul11)

Là dove é possibile applicare la razionalità logica, certamente.
E in realtà é più veritativa che giudizi avventati e non razionalmente corretti circa la realtà empirica; ma pure che giudizi avventati e scarsamente razionali o logicamente scorretti circa veri o presunti elementi metafisici della realtà).
#2544
Contro il proposito che avevo espresso, mi lancio spericolatamente (non per niente sono un motociclista!) nelle risposte ai primi quattro quesiti senza ripensarci troppo (così stanotte evito di ripensarci e dormo tranquillo: se farò una figura di m. pazienza; fortunatamente posso consolarmi con parecchie altre soddisfazioni).

L' ultima é più complicata.
Ci penserò su, ignorando la possibilità degli anni bisestili che credo la complichi ulteriormente senza aggiungere sostanziali difficoltà di principio.

1
Il sesso (oggi impropriamente detto anche "genere" dai da me aborriti politicamente corretti; e prescindendo da "transgender", ermafroditi, sessi incerti, ecc., cioè ammettendo solo il sesso maschile e quello femminile. E Dio, se mai esiste, ci scampi dall' ira funesta dei politicamente corretti!) di un figlio è noto.
Quello dell' altro ha pari probabilità di essere identico a quello del primo (femmina) e di essere diverso (maschio): ½ per ciascuna alternativa.


2
Esclusa evidentemente la possibilità che si tratti della carta con entrambe le facce bianche, ne rimangono due reciprocamente alternative: che la faccia ignota sia pure nera e che la faccia ignota sia bianca.
Poiché si tratta di soli due evenienze reciprocamente alternative mi sembra che anche in questo caso abbiano uguali probabilità di accadere, ciascuna di ½ (non credo che sia rilevante la "probabilità iniziale", prima dell' estrazione, di 2/6 = 1/3, dopo che già abbiamo informazioni sufficienti ad escluderne una e considerare le sole 2 rimanenti).


3
Analogamente ai due casi precedenti, il cambio della busta mi sembra indifferente: restano due possibilità reciprocamente alternative equiprobabili (diverso sarebbe stato se prima della mia scelta mi avessi mostrato la busta vuota: mi avrebbe indotto a scartarla godendo di ½ anziché 1/3 di probabilità di vittoria).


4
Credo che si debba girare la seconda carta (numero "6"); se il suo dorso è rosso la proposizione è vera (o almeno può esserla, non potendosi escludere che ad esempio un "8" abbia dorso blu), se è blu è (certamente)  falsa.
Le altre sono indifferenti (che il numero "1" -dispari- abbia fondo rosso o nero, che una carta con fondo rosso abbia numero pari o dispari e il numero di una carta con fondo blu sono indifferenti circa l' eventualità che tutte le carte di numero pari abbiano fondo rosso; il che non esclude che possano averlo anche carte di numero dispari).
#2545
Citazione di: epicurus il 11 Luglio 2017, 09:03:11 AM

Ahahah sono felice che alla fine tu sia riuscito a dormire.  ;D
In realtà sono un po' invidioso, anch'io vorrei essere una dimostrazione vivente.  :D

A parte gli scherzi, come dicevo più sopra, pensa se questo enigma fosse sorto spontaneamente nella vita di tutti i giorni. Probabilmente frettolosamente avresti calcolato banalmente pena=5 e libro=25, senza soffermarti minimamente. Ma quanti errori facciamo di questo genere? Oppure errori nell'utilizzo dei connettivi logici (ed errori correlati, come un cattivo uso del modus tollens). E, come dicevo, i più bastardi in assoluto (cioè che sembrano banali ma si sbaglia che è una meraviglia), cioè i problemi probabilistici... Ne avrei giusto uno semplice semplice nella manica.  ;D

L'errore di ragionamento puro è sempre dietro l'angolo.  ;)
CitazioneSi, certamente anche quello, accanto alla difficoltà di valutare e comparare l' incommensurabile; e quello almeno può essere meglio affrontato affinando la propria competenza logica.

Ovviamente quando proporrai il problema probabilistico cui stai pensando cercherò di essere più cauto e di riflettere meglio prima di rispondere ...e magari di rispondere di primo mattino onde evitare comunque anche il solo rischio dell' insonnia (questo é un trucchetto di semplice buon senso).

Ti saluto con molta simpatia!
#2546
Ma mi sono proprio rincoglionito?

Ma se la penna costa 2,5 euro, allora il libro costa 2,5 + 20 = 22,5 euro e dunque la somma dei loro prezzi é 2,5 + 22,5 = 25 euro.

X prezzo della penna

Y prezzo del libro

Y - X = 20 euro --> Y = X + 20 euro

X + Y = 25 euro --> Y = 25 euro - X

--> X + 20 euro = 25 euro - X --> 2 X + 20 euro = 25 euro --> 2 X = 5 euro --> X  = 2,5 euro.

2,5 euro + 20 = 22,5 euro = Y

22,5 euro + 2,5 euro = Y + X = 25 euro.

Ora spero di riuscire a dormire (temo che non ci riuscirò).

Domani cercherò di capire dove ho sbagliato in precedenza.

Comunque ti devo dare atto (ne sono la dimostrazione vivente ...e temo insonne) della verità della tua affermazione che "senza le basi più basilari [della logica e della matematica] e qualche trucchetto (omissis) davvero si rischia di sbagliare spesso".
Ruolo interessante che in precedenza non credo di aver mai assolto, quello di dimostrazione vivente di qualcosa...

Aggiunta delle ore 8, 40:

Beh, almeno stanotte ho dormito bene!
#2547
Sbaglio o è un paradosso (c' è una contraddizione nelle assunzioni proposte; non sono coerenti)?
 
 
X = costo del libro in euro.
Y = costo della penna in euro.
 
X = Y + 20  --> Y = X - 20

X + Y = 25
 
--> X + X – 20 = 25 --> 2X – 20 = 25 --> 2X = 25 + 20 --> 2 X = 45 --> X = 45/2 --> X = 22,5
 
 
Ma 22,5 – 5 = 17,5 e non 20 !
 
E 22,5 + 5 = 27,5 e non 25 !


Se non fossi certo di non poter mantenere l' impegno, giurerei che se avessi sbagliato ancora mi iscriveri a un corso di logica!
#2548
Sono proprio d' accordo (quanto a ciò che nella questione é opinabile, la mia personale opinione resta che gli errori peggiori nella vita si compiono soprattutto a causa della non misurabilità della "res cogitans"; intesa in senso alquanto ampio e non troppo definito: definirla richiederebbe un' altra non semplice discussione ad hoc).

Secondo me nei casi di Errore da questioni non misurabili/formalizzabili si può parlare veramente di errore nel senso (forse non in senso strettamente "logico") che poi ci si pente di ciò che si ha fatto e ripensandoci si conclude che sarebbe stato meglio (che non sarebbe stato un "errore", che in tal caso probabilmente non ci si sarebbe pentiti) agire diversamente.

Però la domanda che poni ( "Un libro costa 20 euro più di una penna. In totale la somma del costo di entrambi è 25. Quando costa la penna?") mi sembra molto banale.

La penna costa 5 euro (20 + X = 25 ; X = 25 - 20 ; X = 5).

Oddio, se mi sbaglio vuol dire che non ho proprio capito una beata mazza!


***********


Ecco che infatti ho sbagliato!

Mannaggia!

Se la penna costa 5 euro e il libro costa 20 euro di più, allora il libro costa 25 euro.

Ci ripenserò.

Per intanto:

Chapeau!

Modifica 2 minuti dopo l' invio (ripenserò con calma la risposta giusta; per l' intanto ci tenevo a non essere preso in castagna).
#2549
Ma io (e probabilmente anche Apeiron; ma solo lui lo può confermarlo o meno) non ho sostenuto che non possono esistere frasi comprensibili che non siano paradossali, comprendendosi dunque bene che esse sono paradossali (a cominciare del PM "classico", non solo questa qui sopra citata di Kripke).

Ho invece affermato che la frase "questa frase é vera", pur non essendo paradossale, (mi) é incomprensibile, senza senso a causa della sua autoreferenzialità: se con "questa frase" si intendesse non essa stessa bensì una qualsiasi altra frase (una seconda frase) sensata, comprensibile (l' altra, la seconda frase), allora credo che (mi) sarebbe comprensibile anche la prima ("questa frase é vera").
#2550
Citazione di: anthonyi il 09 Luglio 2017, 19:50:43 PM


Non condivido l'idea di una differenza tra contesti razionali e misurabili, e contesti che non lo sono tutto è misurabile, pur se con livelli di difficoltà differenti, come gli esperti di psicometria sanno bene.
Piuttosto la questione è che la psiche umana, in certi contesti, sceglie di non essere razionale e di non fare misure. Questo capita spesso a noi Italiani che vorremmo gestire il mondo sulla base di categorie etiche, lo stiamo vedendo nel caso dell'immigrazione, si fanno entrare tutti gli immigrati perché lo si considera moralmente doveroso, ma poi resosi conto dell'ingestibilità della situazione si contesta agli altri paesi europei di non agire allo stesso modo.
CitazioneAh sì?

L' unità di misura della lunghezza é il metro, della massa il grammo, della tensione elettrica il volt, dell' energia il joule, ecc., ecc. ecc.

E invece quali sarebbero le unità di misura della felicità, della tristezza, dell' orgoglio, della generosità, dell' amore, del' odio, della malinconia, ecc., ecc, ecc.????

La psicometria si limita a stabilire "scale" in base a test arbitrariamente stabiliti da commissioni di esperti (attraverso accordi convenzionali del tutto discutibili e di fatto discussi) e non in base a rapporti numerici realmente esistenti fra enti e o eventi dalle caratteristiche quantitative oggettivamente rilevabili mediante strumenti o apparati di misura come metri, termometri, manometri, ecc. (che é il significato di "misurare"; per esempio "pesare").
A parte la notevole arbitrarietà e soggettività dei test psicometrici, a cominciare da quello famoso di Libet sul cosiddetto (alquanto impropriamente) "QI", magistralmente criticato e ricondotto alla sua limitata portata reale e al suo autentico significato scientifico (in coerenza al modo in cui l' aveva concepito l' autore stesso) da Stephen Jay Gould nel suo fondamentale Intelligenza e pregiudizio, si tratta comunque di valutazioni che possiamo al massimo considerare come "ponderazioni" o "soppesamenti", e non di vere e proprie "pesature", cioè non di autentiche misure (= osservazione di rapporti espressi da numeri fra quantità oggettivamente rilevabili e non soggettivamente stimabili semplicemente come maggiori o minori senza poter stabilire di quanto); il che, con tutta evidenza, é possibile solo della cartesiana "res extensa" e non affatto anche della "res cogitans".


E infatti l' hai mai visto uno che, dovendo compiere una scelta importante e difficile, applica (o meglio: tenta o pretende di applicare) un test psicometrico al suo desiderio di avere "la moglie ubriaca" e a quello di avere "la botte piena" onde stabilire di quanto sia preferibile l' uno o l' altro?

Sulle considerazioni vagamente lombrosiane e a mio parere in ultima analisi  razziste circa presunte tendenze comportamentali deleterie (inferiori a quelle delle superiori razze degli "Anglosassoni" o addirittura degli Ebrei?) di "noi Italiani" mi limito a stendere un velo pietoso.
Anche perché ritengo che quella delle migrazioni di massa e dell' "accoglienza" non siano questioni di generosità ovvero "bontà" morale (o meno), bensì di giustizia sociale internazionale (o meno), questioni innanzitutto e piuttosto politiche che (comunque anche) etiche: per me, al contrario degli ipocriti politicamente corretti "a la Boldrini", i migranti non hanno tanto esigenze soggettive o "bisogni" da elemosinare, quanto diritti da rivendicare, da imporre, da far valere!


A Sariputra

la tua arguzia é sempre piacevole e simpatica!