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Messaggi - daniele22

#256
Citazione di: Phil il 30 Agosto 2024, 10:35:03 AMTemo tu mi abbia confuso con altri (forse iano?), non ti ho imputato un "dogmatismo ben celato" né altre posizioni. Su cosa accadrebbe in assenza di prospettivismo umano, siamo probabilmente d'accordo, ma di fatto l'uomo quel prospettivismo ce l'ha (o meglio, lo è).
Una premessa su Cacciari. Il suo porsi (video postato da Green demetr) potrebbe essere anche veritativo in senso forte. Non ho letto ancora il suo libro, ma una quindicina di giorni fa, sul tema del diritto alla cittadinanza, durante la trasmissione "in onda" Luca Telese si è rivolto a lui dicendogli espressamente: "Lei, che da riformista etc etc". Il professore ha bofonchiato qualcosa prima di rispondere e poi ha iniziato con: "Ci sarebbe semmai da decidere se io sia un riformista o un rivoluzionario".
Detto questo, non ho mai percepito accuse di essere un dogmatico, né da te, né da iano. La mia stizza era provocata dal tuo potenziale dogmatismo in questa tua affermazione: "La risposta è già stata data (e viene per ora confermata) dalla storia, al punto che diventa difficile riaprirla con un «secondo me...».". Se io leggo la frase senza dargli un senso non vi è traccia alcuna di dogmatismo, eppure io ho percepito un'astuzia ... è sembrato ai mie occhi cioè che tu avessi già cassato la questione (dogma). Fine del discorso. Ora ti mostri in accordo con me circa un generico prospettivismo umano. Sono andato quindi a rileggere con attenzione il tuo post 60 perché ricalcavi con altre parole quello che avevo detto ad Alberto nel post 59 circa il fatto che la scienza certifichi le sue verità attraverso un metodo, mentre in filosofia tale certificazione di fatto non ci sarebbe. E infatti così diceva il tuo pensiero: "Il falsificazionismo funziona in ambito epistemologico, mentre in ambito esistenziale è inevitabilmente preda delle aporie proprie dei meccanismi di attribuzione di senso, la cui assolutizzazione è costitutivamente e strutturalmente u-topica". È per me chiaro che noi si viva in questa "costrizione" , condizione dovuta probabilmente al fatto che nel qui e ora, a parte quando si agisce in automatico ci troveremmo sovente a produrre attribuzioni di senso per questioni vitali o dintorni. E così assolutizziamo la attribuzione di senso con la nostra azione in risposta, a volte urgente; e di fatto passiamo da un'utopia a un luogo. Proprio come quando si certificò la proprietà privata; di questo ne parlai un paio d'anni fa con anthonyi. Visto quindi che quando si dialoga si producono in risposta solo azioni verbali va da sé che queste siano ineluttabilmente assolutistiche. Ma questa sarebbe una certificazione del nostro essere irrazionali, o solipsisti, o soggettivisti. Non ti sembra? Ma se siamo tutti così che senso ha farci governare da altri "matti"?, sempre dando per scontato che allo stato attuale delle cose non si possa procedere che così. Cambiasse però almeno la prospettiva di azione anziché insistere ancora su quella via
#257
@Phil
Premetto che il mio post era poco meditato, innescato più che altro da un senso di stizza nei confronti del tuo dire che grazie all'ambiguità del logos umano aveva per me il sapore di un dogmatismo ben celato. Ovviamente la mia stizza è priva di qualsiasi fondamento, ma si manifestò.
Comunque possiedo una parziale comprensione del pensiero orientale (A.Watts e Suzuky) ed era proprio Suzuky a banalizzare la conoscenza umana in quanto semplice emanazione derivante dalla separazione del conoscente dal conosciuto. Forse non sarà la stessa cosa che separare "io" da "altro da me", ma secondo te,¿se non esistesse la percezione, la conoscenza, del dolore e del piacere, si attuerebbe la conoscenza? Non ci troveremmo invece di fatto in un luogo senza il problema che sarebbe responsabile del fatto che noi si attui tale separazione? Questa è la domanda che io pongo all'Essere, o anche all'esserci dato che si tratterebbe della stessa cosa, la cui risposta apre a due realtà ben distinte che implicherebbero, a mio giudizio, inauditi giudizi sulla giustizia e sull'etica.
Un vettore (la conoscenza che aspira a trascendere) abbisogna di intensità, direzione e verso e io rilevo un'intensità che va scemando e un verso errato, tutto qua
#258
@Phil 
Il fondamento dell'ipotetico "cuore della cosa" emerge dalla conseguenza di non rendersi conto che la separazione tra io e altro da me ("la cosa") non ha alcun fondamento.
La cosa non è un nulla perché se corro nella direzione di un muro mi fermo, tanto che sia fatto di mattoni quanto di atomi. Se fosse semplicemente "realtà esterna al mio corpo" come si sarebbe sviluppata la scienza? 
Il riaprire la filosofia con un "secondo me", come sta facendo peraltro Cacciari, ha senso perché probabilmente i grandi del pensiero erano asserviti alla propria condizione sociale. E qui emerge tutta l'ambiguità del logos umano. Un buon esempio è dato da Keines se non sbaglio quando disse che si rendono conto (gli economisti) che il capitalismo è brutto e cattivo, ma guardandosi attorno non vedevano nulla di alternativo. Arte del nascondersi! Da quando in qua uno che sta assettato in una comoda sedia metterà la prima pietra per privarsi magari di privilegi di cui gode? Suvvia, cerchiamo di non fare gli scolaretti 
#259
Citazione di: Alberto Knox il 26 Agosto 2024, 15:26:21 PMIn questo senso l'uomo può avere solo una conoscenza empirica del mondo.
Avrei pure da dire qualcosa sulla "rosa pristina" citata pure da Ipazia, ma ho ripreso questo perché coglie un punto nevralgico che koba ha cercato di spiegarti.
È vero, la conoscenza è limitata all'esperienza empirica.
Filosofia e scienza hanno lo stesso atteggiamento nei confronti del reale. Cercano di carpire una verità omnicomprensiva del moto. Però la scienza certifica le sue verità attraverso un metodo, mentre in filosofia tale certificazione di fatto non c'è. 
La conoscenza si attuerebbe comunque attraverso l'azione, attraverso l'empirismo. Gli è però che nella scienza si studia il "reale", mentre la filosofia studia tanto il reale quanto quanto le mappe (i discorsi sulla realtà, la doxa). Premesso quindi che pure la scienza si avvale dello studio di mappe, lo studiare del filosofo in quanto studio, azione di studiare, non può che produrre conoscenza, personale sicuramente, forse fuorviata, ma pur sempre conoscenza empirica. L'eventuale fine della ricerca filosofica non può quindi che derivare da una congiuntura tra i filosofi, e se questa non c'è non per questo bisognerebbe smettere di cercarla ... puoi sicuramente smettere di cercare, ma non in modo necessario per tutti
#260
Citazione di: Eutidemo il 28 Agosto 2024, 06:14:59 AMA mio parere, per quanto concerne il caso b), secondo me:
- dire "avremo indubbiamente 0 fette di torta";
- oppure dire che ci resterà una torta intera";
significa esattamente la stessa cosa!
***
Ed infatti, come insegna un antichissimo canto popolare, se una cosa non è a fette, vuol dire che è intera! :D
https://uploadnow.io/f/qHkc3GK
***
Un cordiale saluto! :)
***
Hai perfettamente ragione Eutidemo, e infatti non c'era alcun paradosso. Un saluto 
#261
Secondo me, Eutidemo, piu o meno come ha detto Dubbio, hai posto il problema in modo poco corretto: per il caso b) avresti dovuto dire "avremo indubbiamente 0 fette di torta" e non "ci resterà una torta intera". Un saluto 
#262
Citazione di: Koba II il 26 Agosto 2024, 13:27:34 PMSono d'accordo con te sia sul solipsismo che sullo spirito competitivo di coloro che si dedicano al sapere (basta pensare a personaggi come Eraclito e Parmenide, ma anche in Socrate si nota un certo disprezzo dell'altro, occultato dal sarcasmo – su ciò Nietzsche ci aveva visto giusto, come sempre).
Per quanto riguarda invece la questione del problema dell'adeguatezza del sistema di segni, si può interpretare l'uso della matematica o della logica formale proprio come tentativo (riuscito) di eliminare l'elemento simbolico e quindi ambiguo, infinitamente interpretabile, del linguaggio naturale.
Precisione straordinaria di un sistema destinato però ad essere incompleto (teoremi di Gödel), cioè a inglobare alcuni principi di cui il sistema stesso non può dar conto (anche qui: una specie di assenza di fondamento).
Quindi siamo destinati o al fraintendimento infinito del dialogo o ad una precisione semantica che però si basa sulla fede in alcuni principi di base. Dunque in ogni caso non c'è modo di costringere l'altro a convincersi dei nostri risultati.
In effetti la situazione è un po' paradossale, e se non sbaglio ne parla anche Cacciari nella conferenza postata da green demetr, riferendosi al mito della caverna: perché colui che ha ricevuto il dono di "vedere" torna indietro per liberare i prigionieri?
Altruismo o smisurata presunzione?
Cacciari, che conosco solo per la lettura e rilettura di "Metafisica concreta" (un grande libro di filosofia, veramente notevole), evidentemente crede nell'elemento politico della filosofia, e non si risparmia.

Anche!, al sapere, mi riferivo parlando di una generale attitudine umana alla logica dell'escalation che va dalle liti in ambito familiare, alle liti per strada, alle guerre tra mafie e guerre tra stati tanto per citarne qualcuna. Guerre o liti che con grande sforzo verrebbero in parte sedate in modi pacifici, soprattutto tra Stati, forse anche perché lì sarebbe più grande la distanza tra il vertice di Stato e l'individuo. E l'escalation pervade pure la produzione di tecnologie. ovviamente.
Detto ciò mi rendo conto che la matematica è una modalità del pensiero, ma dato che in filosofia la valuta corrente sarebbe ancora il verbo pretenderei dai risultati matematici almeno una traduzione, trasposizione, in forma verbale. Ti dirò tra l'altro che in passato fantasticai pure se potessero esserci delle analogie tra le operazioni fondamentali della matematica (+ - : x) compresi gli operatori come logaritmi etc e gli snodi in sequenza, ovvero i leganti che tengono in piedi i periodi (intendi analisi del periodo) di cui si costituisce un discorso.
Tralasciando, comunque possa essere e giusto per inquadrarti il mio pensiero, tutto è partito da una domanda che continuava a riaffiorare quando ero colpito da certe cose che vedevo, tanto per strada quanto nei media: perché la gente proclama di volere pace e giustizia e ottiene invece il contrario di ciò che vuole? Scommisi in fretta sul fatto che dovesse esserci qualcosa che non quadrasse nella nostra mente. Data la domanda va quindi quasi da sé che il destino della mia filosofia debba compiersi nella politica. Ma prima doveva comprendere. Doveva comprendere a fondo questa costante trasgressione dell'imperativo ipotetico di memoria kantiana. Una volta compreso, come riterrei di avere fatto, mi sono subito reso conto di quale fosse il nocciolo del problema. Ed è un problema che ha a che fare con la grande ignoranza, quella che comprende tutta l'umanità, eccezion fatta per qualche individuo che magari agisce per farla comprendere agli altri invece che sfruttarla solo per se stesso. Perché fintanto che non si riesca a comprendere l'infondatezza della separazione tra conoscente e conosciuto e realizzando di conseguenza la sinonimia tra conoscenza (consapevolezza) e realtà, nulla potrà accadere di buono, nessuno cambierà mai le proprie convinzioni più profonde. Questa separazione infatti, legittimata dalla struttura della nostra stessa lingua ingannatrice, pone il soggetto in una condizione per cui egli è del tutto legittimato ad affermare una superiorità della propria conoscenza sulla realtà rispetto ad altri, fatto che a volte può pure corrispondere al vero ... vien da dire purtroppo perché tale fatto altro non farebbe che rinforzare l'idea che vi sia una conoscenza superiore, laddove in realtà vi sarebbe solo una grande ignoranza collettiva da colmare. 
Penso infine che colui che torna a liberare i prigionieri, a meno che non gli passi per la testa che sia vano e quindi non lo faccia, lo faccia infine perché è sanamente egoista all'interno di un gruppo, come dire che comprende l'importanza dell'altruismo in subordine al proprio legittimo egoismo naturale, sempre ammesso che desideri veramente un po' più di pace e giustizia. Un inciso finale come se già non bastasse: il discorso egoismo/altruismo andrebbe anche valutato alla luce di eventuali differenze di intendere il reale che possano sussistere tra maschio e femmina, proprio perché è la femmina a gettare nel mondo la vita


#263
Citazione di: Koba II il 25 Agosto 2024, 14:57:21 PMOgni atto conoscitivo ...
Ciao, citandoti:
"Ogni atto conoscitivo comporta la relazione tra un soggetto e una cosa, tra un osservatore e un osservato.
Non esiste alcuna forma di conoscenza che possa trascendere questa relazione.
Porre il problema di come sia la realtà in sé, la cosa in sé, indipendentemente da ogni nostra possibile osservazione, è un errore, una contraddizione."
Sono d'accordo nella prima parte. Per la seconda parte, porre il problema di come sia la realtà in sé sarebbe a mio giudizio un errore fintanto che si consideri un approccio al problema come tu giustamente lo delinei così come vado a citarti:
"Per esempio quando noi ci domandiamo: come sarà in realtà la cosa che sto osservando ora, indipendentemente dalla prospettiva particolare con cui la sto guardando in questo momento? Di fatto stiamo costruendo un'immagine mentale che consiste nella cosa isolata in una specie di spazio vuoto."
Però, se io cerco di inquadrare la realtà o la cosa (essere umano in particolare) nella dimensione del divenire, ¿cosa posso dedurne?. Posso dedurne che nel manifestarsi del fenomeno, l'agente causativo che sta agendo nell'individuo, incerto ai nostri occhi, sarebbe incerto soprattutto perché la realtà, la cosa, mettono in scena un esperimento, inconsapevole a noi almeno fino a un certo punto, ma comunque esperimento la cui peculiarità sarebbe la sua irripetibilità ... poi ci sono i professionisti che generano degli artefatti, ma questo è un altro discorso ... Per dirla con Eraclito insomma, non ci si bagna due volte nello stesso fiume, ma la seconda volta probabilmente, non certamente, troverò ancora un fiume. E così mi chiedo: come reagirà il mio esserci (o essere?) nel secondo fiume? Posso risolvere la domanda rinunciando all'immobiltà dell'essere, subordinandolo al divenire e rendendolo così "permanente", ma con la possibilità di fluttuare istante dopo istante.
Citandoti ancora:
"Ma se la stiamo immaginando (la realtà) vuol dire, di nuovo, che la stiamo osservando (anche se solo interiormente), che è il nostro Io il soggetto che osserva, anche se fingiamo l'assenza di ogni osservatore.
Parlare di mappa e territorio si vede bene che in fondo non ha alcun senso."
Beh, nel mio caso sfondi una porta aperta visto che a mio vedere c'è coincidenza tra realtà e conoscenza, entrambe soggettive. E infatti, citandoti nuovamente:
"Se ci chiediamo poi se vi sia qualcosa che possa rappresentare una base, un fondamento, qualcosa che sappia indicare i confini di ciascuno dei due poli, l'osservato e l'osservatore, dobbiamo ammettere che non c'è alcun fondamento."
In realtà un fondamento c'è, ma lo vedo solo io e sarebbe il nostro solipsismo, inconsapevole!!. Proseguendo:
"L'Io sprofonda nell'inconscio, poi nel corpo, poi nei corpi e nei pensieri di coloro che ci hanno preceduti."
Giusto, infatti, fatta salva la conoscenza che deriva da esperienza personale il resto sarebbe tutto eterodiretto evidenziando una naturale prospettiva di escalation della conoscenza che si compie mettendo in competizione tra loro i partecipanti ed evidenziando chi possa saperne di più: corsa molto pretenziosa, che sicuramente ha prodotto molta tecnologia, ma assai poco in termini di filosofia. Nota: Abitudine all'escalation, altro tratto costante nelle vicende umane.
Quello che ti contesterei alla fine dei giochi è questo tuo dire:
"L'unica questione vera è la domanda sull'adeguatezza dei nostri discorsi non rispetto alla cosa così com'è nel suo puro isolamento, ma rispetto a come la cosa ci appare, a come essa si manifesta.
Il problema è l'adeguatezza dei segni linguistici scelti nel dar conto dell'osservazione che stiamo conducendo sulla cosa, osservazione che non può essere di tipo panottico, ma sempre relativa ad una specifica prospettiva."
C'è qualcosa che forse mi sfugge, ma se il problema fosse un uso improprio dei segni linguistici non posso certo credere che il problema sia questo. Può succedere nelle fasi iniziali di un dialogo, ma nel suo svolgimento ci si dovrebbe dar conto degli equivoci che emergono. E Cacciari? Non penso che il professore che pretende di mettere in discussione i paradigmi della filosofia moderna e contemporanea possa avere dialoghi con suoi pari in cui vi sia un uso improprio dei segni linguistici. Il problema sarebbe invece a mio vedere quello che ho già citato, ma che vedo solo io: il nostro solipsismo inconsapevole e pretenzioso oltre misura
#264
Citazione di: bobmax il 25 Agosto 2024, 10:24:37 AMSecondo me l'incertezza è doverosa. Proprio per quel "luogo" dove si agisce, che non può mai essere certo.

Però in cosa consisterebbe la certezza che manca?
Quale certezza sarebbe necessaria?
È forse una certezza logica?

Ma non è questo un assurdo?
Stiamo infatti parlando di ciò che sta a monte di ogni possibile logica.
È l'Essere!

E allora? Come essere certi?
Cos'è questa certezza, che prescinde da qualsiasi ragionamento razionale?

Perché qui non è più nemmeno questione di fede, bensì di certezza.
Infatti "chi crede non è ancora figlio di Dio"

La certezza può essere solo etica!
E l'etica nasce solo da te stesso, è te stesso.
Infatti tu sei Essere, che altro mai saresti...




Nel manifestarsi del non ancora manifesto ad essere incerto ai nostri occhi non sarebbe il luogo, bensì la causa per cui si manifesti un'azione in un luogo spazio temporale certo. Il problema per me tocca pure la fisica.
La certezza necessaria non riguarderebbe pertanto la cosa in sé, concetto fuorviante in quanto si pretende di trattarlo al di fuori del moto, cioè come se la cosa fosse un'immagine avulsa dal divenire e predicandola infine attraverso quello che non è, ma il perché l'eventuale essenza (possiamo anche richiamarla cosa in sé volendo) nel suo divenire sia ineffabile, e sarebbe questa certezza, sempre a mio incerto giudizio, di natura logico razionale
#265
Citazione di: bobmax il 25 Agosto 2024, 07:34:40 AMEsistere significa stare. E si sta sempre in un luogo.
Il luogo non è nulla. Perché a sua volta esiste, cioè sta.
Ma dove sta il luogo?

In un altro luogo che lo avvolge.
Che vi sia un altro luogo, che contiene quello in cui siamo, lo si dà per scontato.
Ogni cosa è in un luogo, e il luogo è a sua volta qualcosa che è in un suo proprio luogo.

Però se consideriamo tutto quello che c'è, in che luogo sta?
Il Tutto può avere un luogo dove stare?

Non può stare in alcun luogo.
Perché non si sta nel nulla.
Ma se non sta, il Tutto non esiste.

L'essere non è ineffabile, non misurabile, sebbene esistente.
L'essere proprio non esiste.
L'Essere è.

L'autentica, unica libertà è tutta nell'Essere che non esiste.
Potrei ribattere, deformando però la semantica, dicendo che esistere possa pure significare "agire in un luogo", ma non è tanto questo a risolvere ill motivo della mia incertezza. Quello che mi disturba è il concetto di "cosa in sé", che sia cioè questo concetto a fuorviare potenzialmente il nostro pensare. Cioè, la "cosa in sé ", a mio parere, non potrebbe essere assimilata all'essenza della cosa; quindi io risolvo senz'altro che la "cosa in sé' non esista, ma non risolvo il problema dell'essenza, proprio per il motivo di cui sopra, cioè che "esistere" possa essere visto come "agire in un luogo"
#266
Citazione di: bobmax il 04 Luglio 2024, 06:44:40 AML'ontologia consiste nell'illusione di studiare l'essere attraverso categorie.
Mentre le categorie si riferiscono sempre all'esistere, mai all'essere.

L'ontologia è perciò in realtà sempre e soltanto una sistemazione della interpretazione di ciò che esiste. Mai di ciò che è.
L'ontologia è analisi dell'esistente che procede, in quanto analisi, tramite distinzioni.

Per comprendere occorre infatti separare per poi relazionare.
La separazione è indispensabile per dare un senso alla esistenza.
Perché solo sulla base della separazione è possibile poi valutare le eventuali relazioni.

Ma se questo approccio, fondamentale per il pensiero razionale, viene poi inteso come ontologia, ossia studio dell'essere, ecco che siamo perduti lungo il sentiero della notte.

Ben altra è la strada della ricerca dell'Essere.
Che non consiste nell'analisi, nella separazione, cioè nell'avanzare nell'esistente. Si tratta invece di fare un passo indietro e ascoltare.
È l'apertura che è richiesta.
Non il possesso, ma l'accettazione.

Perciò non l'ontologia, ma la periecontologia (Jaspers), che è apertura all'Essere
Quando vedo, odo "onto..." ne comprendo quel tanto che non riesco di fatto ad usare quel "onto...". È probabile che in questo forum non l'abbia mai pronunciato. Mi chiedo a volte comunque se l'essere delle cose "esista", nel senso che sarebbe solo ineffabile, non misurabile, oppure non esista proprio, sia cioè un'illusione bella e buona. Io propendo per la prima, molto incertamente però
#267
Storia / Re: Santa Madre Russia
24 Agosto 2024, 21:11:27 PM
Citazione di: InVerno il 24 Agosto 2024, 15:37:42 PMIl sincretismo eurasiatico è più antico e storicamente fondato di quello che oggi invade l'Ucraina, e si basa sul fatto che la Russia ha di fatto saltato a piè pari il feudalesimo perfezionando l'assolutismo francese, per via delle invasioni mongole (tatar yoke). Il sincretismo che oggi invade issa la bandiera imperiale russa, quella sovietica e quella della federazione una di fianco all'altra sugli edifici catturati, è puro nazionalismo dove ogni cosa che è russa e' bene, non importa quanto contraddittoria. Della "maledizione delle risorse" troverai contenuti aiosa per approfondire, nella pratica accade che la classe media è un incidente di percorso, ed è fortemente ostracizzata. In Ucraina gli oligarchi e la classe media si sono ribellati all'idea di uno stato centrale assoluto, in Russia gli oligarchi sono tutt'uno con lo stato nel reprimere la classe media per mantenere il controllo delle rendite.
Grazie per l'informazione, non immaginavo fosse stata oggetto di studio
#268
Storia / Re: Santa Madre Russia
24 Agosto 2024, 08:45:08 AM
Citazione di: InVerno il 24 Agosto 2024, 07:47:53 AMEuropa finisce agli Urali, ma gli Urali sono anche la sella su cui è seduta l'attuale federazione Russa, una gamba di qua una gamba di là. L'intera narrazione eurasiatica serve per giustificare questa situazione spuria come giusta ed immutabile, è cioè narrazione colonialistica. Fintanto che la Russia mantiene i territori transuralici non entrerà in Europa perché questi territori le instillano un carattere imperialistico e perciò incompatibile alla collaborazione. Le risorse fossili fanno si che non debba sviluppare una classe media (maledizione delle risorse) e perciò una democrazia, oltre che essere bacino per carne da cannone e manodopera a basso prezzo. Quando le popolazioni mussulmane e siberiche ne avranno abbastanza, il nucleo sanpietroburghese-moscovita sarà costretto al commercio bilaterale con l'Europa, e perciò all'integrazione europea.
Io pensavo, sconsideratamente ed evidentemente, che i russi in sella agli Urali con un piede qua e uno là avessero prodotto ad oggi (intendi la Russia che ha invaso l'Ucraina) un sincretismo tra "lo spirito" orientale e occidentale. Una guerra quindi necessaria come primo atto per etc etc. Beh, non è una novità prendere fischi per fiaschi.
Volevo però chiederti una cosa. Quando dici che l'abbondanza di risorse non favorisce l'emersione di una classe media intendi dire che queste inibiscono l'industriosità intellettuale e/o manuale dell'individuo?
#269
Tematiche Filosofiche / Re: Differenza genetica
23 Agosto 2024, 14:56:38 PM
@iano
Risposta ai tuoi post 80 e 81
Triste menzogna la tua. Ti ricordo che la mia tesi l'ho messa in campo desde hace tiempo e chiaramente in quello stralcio di dialogo inventato che figura nel tema filosofico "esistenza e conoscenza" nel quale tu pure ti sei evasivamente espresso. L'ho ribadita più volte e tu almeno in un paio di occasioni, una recente, hai detto che leggi i miei post. E recentemente ti sei inserito in un dialogo tra me e Alberto Knox riprendendo la mia tesi giudicandola come vagliata e scartata. Aggiungo ora il maldestro tentativo di intento nel tuo insinuare che io pretenda risposte e che sono l'unico a lamentarsi. È vero questo, ma non fare minestroni che odorano di meschina scaltrezza. Nel caso in questione infatti mi lamento del fatto che tu non rispondi a domande argomentate volte a criticare le tue affermazioni; cioè non rispondi perché la tua risposta altro non fa che ribadire la tua posizione di pensiero noncurante della critica che le viene mossa. Forse quindi sei tu ad essere troppo concentrato su te stesso. Dipoi, sempre nel caso in questione, quando tirato per i capelli hai risposto difendendo le istanze del rapporto indiretto con la realtà, l'hai fatto in maniera assai goffa e sprezzante al tempo stesso citando magìa e spirito santo senza considerare che la mente non c'entra un bel nulla col fatto che senti un dolore al ginocchio (dato che arriva dalla realtà, come dici), elaborando semmai quale possa essere la causa del dolore. In ogni caso quando sento odore di zolfo mollo l'osso e lascio all'altrui discernimento le proprie valutazioni senza pretesa che si manifestino. Chiuso
#270
Tematiche Filosofiche / Re: Differenza genetica
23 Agosto 2024, 08:42:00 AM
Citazione di: iano il 22 Agosto 2024, 22:20:57 PMIn breve, essendo OT, credo che noi divergiamo per il diverso valore che diamo alle evidenze.
Tu parti in modo irrinunciabile da assiomi evidenti per giungere a conclusioni che di quelle evidenze siano eredi.
Io parto da assiomi, che non importa quanto evidenti, ma che spieghino ,non nel senso di verificare, ma di rendere coerenti, il maggior numero di cose possibili fra loro.
Il mio è lo schema della geometria euclidea aggiornato con la non necessità di partire da evidenze, ne quindi di giungervi, ma di spiegare in  coerenza fra loro cose apparentemente scollegate, in modo da poter ridurre la metafisica all'essenziale.


Allo stato attuale delle cose e con riferimento all'ultimo intervento di Ipazia direi che il tuo pensiero non ha risposto a varie domande e in particolare a quella sul rapporto indiretto che noi avremmo con la realtà. Aggiungi a questo il fatto che hai posto al centro della questione Marx o non Marx (sinteticamente intendo) una indefinita confusione tra descrizione della realtà e realtà; la quale, a sua volta ha prodotto un problema e un timore ben poco fondati, a mio giudizio, ma non solo il mio evidentemente, e che ho regolarmente argomentato, ma a tale argomentazione non hai dato risposta.
La mia tesi sulla conoscenza è chiara, semplice e ben nota immagino, ma rigettata, sempre allo stato attuale delle cose. Aprilo quindi tu un tema che spieghi il tuo pensiero applicato allo schema della geometria euclidea aggiornato. Semmai dirò la mia anche se qualche pregiudizio in negativo confesso di averlo