No so quanti in questo forum si interessino di criminologia. La mia impressione è che tale scienza abbia un approccio più comportamentista che psicanalitico. La psicanalisi è stata sdoganata, credo, per via della difficoltà a ricondurla ad una teoria generale. Come osserva Galimberti, non può esistere un solo modello di psicanalisi che si adatti all'eterogeneità delle personalità umane. I vari tipi di psicanalisi rispecchiano tale diversità. Ma di fronte alla complicazione di una scienza variegata, per cui in un caso si applica un modello e in un altro caso un altro modello, si preferisce - è la mia impressione - convergere verso un approccio comportamentista che permette di uniformare le diverse personalità riducendole ai loro comportamenti. L'approccio comportamentista d'altro canto non coglie quelle sfumature e quegli intrecci profondi che permettono di entrare nelle pieghe della personalità, di carpirne i segreti e l'intimo sentire.
Detto questo, come affronta la criminologia l'individuo kamikaze? Per quel che mi è capitato di ascoltare, gli esperti di solito tracciano il profilo del kamikaze partendo da contesti sociali come il paese di provenienza, la famiglia, i luoghi dove vive, gli spostamenti, la frequentazione di moschee, le affiliazioni, l'attività su internet, ecc. Ma quello che mi domando è se si è mai provato ad entrare nella testa di un kamikaze, a comprenderne le motivazioni, l'affettività, se agisce veramente per fede o solo per disprezzo, se decide in proprio della sua vita o se vi è costretto, se ha dei ripensamenti, se prova dei sentimenti positivi verso alcune persone, se qualcosa potrebbe distoglierlo dal suo gesto, se è solo un sociopatico, ecc?
Forse è più rassicurante considerarlo un essere alieno, che viene da un altro mondo. Eppure anche nel nostro mondo tanti individui che tutti i vicini considerano brave persone, gente della porta accanto, un bel giorno si alzano e fanno fuori la moglie o i figli o i genitori. Viviamo in un mondo che etichetta tutto secondo una logica discreta per cui in ogni insieme di cose deve esserci un numero finito di combinazioni che si possano ordinare e dare in pasto ai cervelloni (veloci ma stupidi) elettronici. Ma la gente che compie atti atroci - il kamikaze - rientra nella asettica categoria di "mostro", essere che in quanto tale non merita di essere indagato nella propria anima. Perché si parla di anima solo quando si sottintende di riferirsi esclusivamente alle anime belle. Le anime dei mostri, dove alberga il male, non ci interessano. Sono soltanto dei bug che aspettano una patch per correggere l'errore. Allora pensiamo che i bruti non esistono, che sono solo errori di fabbrica. Via dagli occhi le brutture dell'uomo.
Detto questo, come affronta la criminologia l'individuo kamikaze? Per quel che mi è capitato di ascoltare, gli esperti di solito tracciano il profilo del kamikaze partendo da contesti sociali come il paese di provenienza, la famiglia, i luoghi dove vive, gli spostamenti, la frequentazione di moschee, le affiliazioni, l'attività su internet, ecc. Ma quello che mi domando è se si è mai provato ad entrare nella testa di un kamikaze, a comprenderne le motivazioni, l'affettività, se agisce veramente per fede o solo per disprezzo, se decide in proprio della sua vita o se vi è costretto, se ha dei ripensamenti, se prova dei sentimenti positivi verso alcune persone, se qualcosa potrebbe distoglierlo dal suo gesto, se è solo un sociopatico, ecc?
Forse è più rassicurante considerarlo un essere alieno, che viene da un altro mondo. Eppure anche nel nostro mondo tanti individui che tutti i vicini considerano brave persone, gente della porta accanto, un bel giorno si alzano e fanno fuori la moglie o i figli o i genitori. Viviamo in un mondo che etichetta tutto secondo una logica discreta per cui in ogni insieme di cose deve esserci un numero finito di combinazioni che si possano ordinare e dare in pasto ai cervelloni (veloci ma stupidi) elettronici. Ma la gente che compie atti atroci - il kamikaze - rientra nella asettica categoria di "mostro", essere che in quanto tale non merita di essere indagato nella propria anima. Perché si parla di anima solo quando si sottintende di riferirsi esclusivamente alle anime belle. Le anime dei mostri, dove alberga il male, non ci interessano. Sono soltanto dei bug che aspettano una patch per correggere l'errore. Allora pensiamo che i bruti non esistono, che sono solo errori di fabbrica. Via dagli occhi le brutture dell'uomo.

