Nel precedente post ho scritto che nell'ambito della psicologia l'eterno femminino è considerato un archetipo.
Cos'è l'archetipo ? Questo sostantivo deriva dal latino archetypum, che a sua volta discende dal greco antico archétypon: parola composta da "àrche" (= inizio, principio) + "-typon" (= modello). Significa quindi "primo esemplare, modello originario.
I primi filosofi greci si dedicarono a cercare l'origine e la natura dell'universo: l'arché (= principio, origine): è la forza primigenia che domina il mondo, da cui tutto proviene e a cui tutto tornerà.
L'antico filosofo presocratico Anassimandro (610 a. C. circa – 546 a. C. circa) considerò l'arché un principio astratto, indefinito, l'apeiron: ciò che non ha definizione, che non ha forma o precisa determinazione. In altre parole, l'apeiron è la condizione primordiale, tutti gli elementi non sono ancora distinti e condividono uno stesso stato indefinito e imprecisato.
Nell'ambito della psicoanalisi, per Carl Gustav Jung (1875 – 1961) e altri autori (James Hillman ed Erich Neumann) gli archetipi sono schemi universali, presenti in culture e tempi diversi. Compaiono nei miti, nelle religioni, ma anche nei sogni; formano categorie simboliche che strutturano culture e mentalità, sono innati e orientano gli individui.
"Gli archetipi sono come i letti dei fiumi abbandonati dall'acqua, che però possono nuovamente accoglierla dopo un certo tempo. Un archetipo è simile a una gola di montagna in cui la corrente della vita si sia lungamente riversata: quanto più ha scavato questo letto, quanto più ha conservato questa direzione, tanto più è probabile che, presto o tardi, essa vi ritorni" (Carl Gustav Jung, "Aspetti del dramma contemporaneo").
Jung credeva che gli individui avessero sia l'inconscio personale (che Freud enfatizzò nella sua teoria psicoanalitica) sia l'inconscio collettivo, che ha un ruolo formativo nello sviluppo psicologico dell'individuo.
Mentre l'inconscio personale è composto da esperienze represse e dimenticate, uniche per ogni individuo, l'inconscio collettivo è universale e condiviso. Non si sviluppa individualmente ma viene ereditato, contenendo la saggezza e la memoria di tutte le esperienze umane nel corso del tempo.
Per quanto mi riguarda la teoria dell'inconscio collettivo non mi convince. Prima ci dicono che quando nasciamo psicologicamente siamo "tabula rasa" poi ci vogliono convincere che siamo portatori di ancestrali categorie simboliche.


Cos'è l'archetipo ? Questo sostantivo deriva dal latino archetypum, che a sua volta discende dal greco antico archétypon: parola composta da "àrche" (= inizio, principio) + "-typon" (= modello). Significa quindi "primo esemplare, modello originario.
I primi filosofi greci si dedicarono a cercare l'origine e la natura dell'universo: l'arché (= principio, origine): è la forza primigenia che domina il mondo, da cui tutto proviene e a cui tutto tornerà.
L'antico filosofo presocratico Anassimandro (610 a. C. circa – 546 a. C. circa) considerò l'arché un principio astratto, indefinito, l'apeiron: ciò che non ha definizione, che non ha forma o precisa determinazione. In altre parole, l'apeiron è la condizione primordiale, tutti gli elementi non sono ancora distinti e condividono uno stesso stato indefinito e imprecisato.
Nell'ambito della psicoanalisi, per Carl Gustav Jung (1875 – 1961) e altri autori (James Hillman ed Erich Neumann) gli archetipi sono schemi universali, presenti in culture e tempi diversi. Compaiono nei miti, nelle religioni, ma anche nei sogni; formano categorie simboliche che strutturano culture e mentalità, sono innati e orientano gli individui.
"Gli archetipi sono come i letti dei fiumi abbandonati dall'acqua, che però possono nuovamente accoglierla dopo un certo tempo. Un archetipo è simile a una gola di montagna in cui la corrente della vita si sia lungamente riversata: quanto più ha scavato questo letto, quanto più ha conservato questa direzione, tanto più è probabile che, presto o tardi, essa vi ritorni" (Carl Gustav Jung, "Aspetti del dramma contemporaneo").
Jung credeva che gli individui avessero sia l'inconscio personale (che Freud enfatizzò nella sua teoria psicoanalitica) sia l'inconscio collettivo, che ha un ruolo formativo nello sviluppo psicologico dell'individuo.
Mentre l'inconscio personale è composto da esperienze represse e dimenticate, uniche per ogni individuo, l'inconscio collettivo è universale e condiviso. Non si sviluppa individualmente ma viene ereditato, contenendo la saggezza e la memoria di tutte le esperienze umane nel corso del tempo.
Per quanto mi riguarda la teoria dell'inconscio collettivo non mi convince. Prima ci dicono che quando nasciamo psicologicamente siamo "tabula rasa" poi ci vogliono convincere che siamo portatori di ancestrali categorie simboliche.
