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Messaggi - doxa

#256
Tematiche Filosofiche / Imparare a vivere
18 Marzo 2024, 14:31:03 PM


Il prof. Maurizio Ferraris, docente di filosofia teoretica nell'università di Torino, ha recentemente pubblicato da Laterza un suo libro titolato: "Imparare a vivere. Vivere, sopravvivere, previvere, convivere": sono le tappe attraverso cui questo libro  fa riflettere sul significato della vita e a come  si possa imparare a vivere. Ciò è possibile ? Stando a quanto scrisse due mesi prima di lasciare il mondo l'amico fraterno di Ferraris, il filosofo Jacques Derrida, imparare a vivere non è possibile, perché significherebbe accettare definitivamente il fatto di dover morire.

Se si accetta l'idea heideggeriana che la morte conferisce alle nostre azioni un orizzonte di significato, è anche vero che il pensiero della morte, quando riesce a farsi spazio nella mente non ne esce più e ci immalinconisce.

In questo libro l'autore  spazia su vari temi ma inizia descrivendo una caduta accidentale che lo costringe ad una sosta nella propria quotidianità. Egli dice che nel  momento in cui ci si ferma, la galassia di sentimenti e risentimenti che emergono è fatta dalla memoria delle cose vissute nel passato, nel proprio intimo, attraverso gli altri, intrecciata alle cose apprese anche attraverso  i libri, la letteratura, da Montaigne a Heidegger, da Nietzsche a Derrida, da Proust a Yourcenar, da Fitzgerald a Hemingway.

Il banale incidente sembra suggerire che tutto quello che avevamo ritenuto stabile, potrebbe finire.  Che forse non abbiamo ancora imparato a vivere. È proprio in quel momento che vale la pena di provarci ancora una volta, sperando che il vento si levi, disincagliandoci dalla secca in cui siamo finiti.

"Il nostro tempo ha una scadenza ultima e la realtà ci oltrepasserà, esisterà ancora e indipendentemente da noi, quando noi saremo trapassati. L'errore fatale che possiamo commettere è quello di ignorare la questione: come il pesce dell'aneddoto raccontato da David Foster Wallace (che, per dovere di cronaca, si è suicidato) e che campeggia quale simbolo sulla copertina del libro. Due giovani pesci, nuotando, ne incontrano uno più anziano che chiede loro «Com'è l'acqua, oggi?»; ma uno dei due giovani risponde: 'Cos'è l'acqua?'. Come l'acqua per i pesci che non sanno di nuotarvi, così può essere per noi una vita vissuta nella totale inconsapevolezza; il che costituisce un grande peccato, se non religioso di certo filosofico".

Ferraris ha fede in quella che egli definisce  la "cultura tecno-umanistica".  Secondo lui, noi esseri umani siamo composti da due nature indissolubili: la natura organica, che cessa con la morte, e la natura tecnica, capace di sopravviverci, nella misura in cui l'essenza di homo sapiens coincide con la sua abilità tecnica; e ciò sin dai tempi remoti in cui imparò a fabbricare manufatti e a raccogliersi in gruppo attorno a un fuoco per narrare storie. Infatti, l'artefatto tecnico più straordinario di cui dispone la nostra specie è la scrittura, la trascrizione di storie in documenti capaci di trasmettere il sapere alla collettività al di là della cessazione della vita del singolo. Gli apparati di registrazione, pitture rupestri, papiri, taccuini, volumi, pdf o podcast, film o anche solo post sui social,  rappresentano una forma di sopravvivenza, se non del corpo, quantomeno del corpus di informazioni (più o meno utili) da tramandare ai posteri.

C'è, anche, l'esercizio del previvere, cui ci si dedica da giovani immaginando cosa sarà il futuro adulto fintanto che il futuro non si fa davvero presente, sovrastandoci con la sua ingombrante realtà. Possiamo previvere grazie alle opere letterarie o cinematografiche, attraverso la finzione, utile frutto di quella cultura tecno-umanistica di cui Ferraris tesse l'elogio: le opere di finzione ci fanno provare con l'immaginazione esperienze che avranno un'inevitabile ricaduta nel modo in cui vivremo la nostra vita.

Nella scrittura, nella lettura, nella comunicazione e condivisione di documenti c'è l'insegnamento che ci proviene dal convivere. Siamo animali socievoli, inestricabilmente legati agli altri, a chi ci sta a fianco e a coloro di cui leggiamo a distanza di secoli. Sono gli altri a darci un significato, sin dalla nascita, sin da quando imparammo a sorridere imitando il sorriso di nostra madre e a recitare filastrocche. Oggi, nell'era dell'individualismo e del narcisismo, è importante ribadire che la convivenza e l'empatia costituiscono l'essenza stessa della nostra umanità e il vero antidoto a ogni forma di nichilismo.
#257
Varie / Acqua di Colonia
15 Marzo 2024, 20:16:43 PM
Historia mirabilis dell'Acqua di Colonia

Eutidemo ho un indovinello per te. Chi fu a ideare l'Acqua di Colonia ?

Questo profumo fu creato da un italiano.

Per saperne di più andiamo in Piemonte.  Soddisfiamo virtualmente la vista con la veduta dall'alto del Lago Maggiore,  poi ci spostiamo verso l'interno e andiamo a Domodossola, (provincia del Verbano-Cusio-Ossola), nella piana del fiume Toce, alla confluenza di sette valli (Val Bognanco, Val Divedro, Valle Antigorio-Formazza, Valle Isorno e Val Vigezzo).
 
La Valle Vigezzo, di origine glaciale,  ha la forma di una U; per la sua particolare orografia  è differente dalle altre valli ossolane.  In questa valle c'è un piccolo paese, si chiama Santa Maria Maggiore, è tra le Alpi Lepontine, nel lembo superiore del Lago Maggiore: dista circa 30 km da Locarno (Svizzera) e 20 km da Domodossola.




Parziale veduta della Val Vigezzo
 
 

Santa Maria Maggiore: veduta del piccolo paese di circa 1300 abitanti.  Il  toponimo deriva dal nome della locale chiesa.

Questa località è nota per il museo dedicato allo spazzacamino, e vi si svolge  l'annuale raduno internazionale degli spazzacamini nel primo fine settimana di settembre. Non basta, in questo luogo  c'è anche la "Casa del profumo Feminis – Farina": due personaggi determinanti per la storia  dell'Acqua di Colonia. 

Giovanni Paolo Feminis nacque a Crana (frazione di Santa Maria Maggiore) nel 1660 circa  è morì in Germania, a Colonia, nel 1736. 

autore anonimo, ritratto di  Giovanni Paolo Feminis.
 
Emigrò in Germania  in giovane età. Si stabilì prima a Bergka (oggi Rheinberg), poi dal 1685 a Mainz (Magonza). Nel 1693 anni si trasferì a Koln (Colonia) dove svolse l'attività di profumiere e creò l'Aqua mirabilis o di Koln.
 
Importante, per il successo dell'Acqua di Colonia, fu l'amicizia e il sostegno del mercante Giovanni Maria Farina, anch'egli di Santa Maria Maggiore ed emigrato a Maastricht, che ne seguì la commercializzazione.

Dopo la morte del Feminis l'attività commerciale fu ereditata da Giovanni Antonio Farina,  nipote di Giovanni Maria Farina.

Il figlio di Giovanni Antonio, Jean Marie Farina, perfezionò la formula. Il profumo ebbe successo e aprì  una boutique in Rue St. Honorè, a Parigi, da dove l'Eau de Cologne veniva  spedita alle corti di tutta Europa. Grande estimatore e consumatore fu  Napoleone  I Bonaparte, ma anche Goethe, Voltaire e la regina Vittoria d'Inghilterra,
 

#258
Ciao Duc, 

il cardinale belga Jozef De Kesel, arcivescovo emerito di Bruxelles-Malines, teologo e biblista, ha recentemente pubblicato un suo libro titolato "Cristiani in un mondo che non lo è +", edito dalla "Libreria Editrice Vaticana".

Con realismo ed onestà prende le distanze da chi nella Chiesa non si rassegna al passaggio epocale in Occidente da una società religiosa (in cui la fede condizionava ogni rapporto sociale) a una secolarizzata. "La fine di quel mondo cristiano – rassicura il porporato belga – non significa la fine del cristianesimo, ma la fine di una sua forma storica".

Il cambiamento culturale in atto, ormai da molti decenni, ha messo in crisi la Chiesa.

E' finita l'epoca della Chiesa trionfantel'alleanza fra trono ed altare con conseguenti nefandezze. Le gerarchie vaticane sono consapevoli che devono accantonare qualsiasi progetto culturale di riconquista del mondo della fede.

Si può essere ancora cristiani in un mondo che non lo è più?

Il cardinale sostiene di sì, a condizione di accettare e valorizzare il presente per quello che è.

La Chiesa dovrà farsi più umile, più piccola e forse minoritaria, più confessante e missionaria, più aperta al dialogo e alla solidarietà.

Per De Kesel la crisi del cristianesimo, in particolare quello cattolico, è un'occasione (kairos) per tornare all'essenza della Chiesa: nella direttrice della missione, non del proselitismo, dell'evangelizzazione e non della cristianizzazione del mondo.

Non più onori, privilegi, chiese stracolme, in futuro per i cristiani a fare la differenza sarà altro: l'empatia e l'umiltà unite alla capacità attrattiva in un contesto nel quale è sempre più la libera scelta a renderci cristiani, a differenza del passato, quando la fede spesso era condizionata dal conformismo.

Il cardinale evidenzia che La Chiesa cattolica ha già vissuto altre crisi. Non sempre le ha superate. Rappresentano comunque un'opportunità per ritornare all'essenziale. Sarebbe ingeneroso affermare che stia scomparendo, basti pensare che in alcune zone del mondo, come l'Asia, il cristianesimo è in ascesa (è in ascesa sempre nelle zone povere...).

In un mondo secolarizzato c'è spazio per credenze diverse. Non c'è più il monopolio di una religione. "La Chiesa è chiamata a compiere la sua missione nel mondo, non necessariamente in un mondo cristiano".

Secondo l'eminenza se si guarda all'Occidente, in gioco non c'è il confronto/scontro con altre religioni, ma con una cultura che afferma che la religione è qualcosa di facoltativo.

La Chiesa, per citare papa Francesco, deve saper uscire dalle proprie comodità. Non è un club di persone che hanno lo stesso credo e nemmeno una setta. Condivide le gioie e i dolori dell'umanità.

Nel 2019 durante la sua visita "apostolica" a Rabat, in Marocco,il pontefice evidenziò che il problema per i cristiani non è essere poco numerosi, ma essere insignificanti.
#259
"Me so' magnato er fegato": 

fegato in senso metaforico, non "frattaglia" ma il suo fegato per la delusione ricevuta dalla partner 

Gigi Proietti

cliccare sul link

https://www.youtube.com/watch?v=8nTq-EHqtDU
#260
Tematiche Culturali e Sociali / Re: Aporofobia
01 Marzo 2024, 19:00:17 PM
Gentile Ipazia, brava!

Mi piace la tua iniziativa nel collocare un'immagine nel testo
 

 
La povertà è causata non solo da mancanza o insufficienza di reddito ma anche da numerose privazioni come: salute, istruzione, inadeguato standard di vita, marginalizzazione sociale, lavoro non qualificato, esposizione alla violenza, mancanza di competenze utili per inserirsi nel mercato del lavoro.

Dove c'è un elevato divario nelle possibilità di accesso all'istruzione e alfabetizzazione, la disparità tra le aree urbane e quelle rurali, le classi dirigenti hanno responsabilità, perché si tratta di ineguaglianze di opportunità che potrebbero essere corrette con politiche ed interventi mirati.

Ed ora ti offro come pasticcino serale quest'altro dipinto di marginalità sociale
 

Bartolomeo Passarotti, "L'Allegra compagnia",  1570 circa, olio su tela, collezione privata
 
Nel secondo Cinquecento non ci furono solo angeli con gli occhi al cielo e madonne pie. I quadri si riempirono anche di pollame, quarti di bue, contadini che infilzano galline e scene popolari intorno a banchi del pesce.

Il tema religioso conviveva con la tavola, come "l'Ultima cena" di Jacopo Bassano, del 1546: solo Gesù sembra mantenere una certa sobrietà, laddove gli apostoli si accasciano sazi sulla tavola.
 


#261
Tematiche Culturali e Sociali / Re: Aporofobia
29 Febbraio 2024, 15:52:35 PM
Ancora dal quotidiano "Il Sole 24 Ore" (del 18 giugno 2021) un articolo di Andrea Gianotti: "Quanto sei lontano dalla soglia di povertà? Scoprilo con il calcolatore interattivo".

"Quasi un italiano su dieci è povero. Ma non di quella povertà che non ti permette di andare in vacanza ad agosto, quanto piuttosto di quelle che ti costringe a misurare ogni euro quando si va a fare la spesa.

Il report annuale Istat certifica una situazione sotto al limite per 2 milioni di famiglie, ossia il 9,4% della popolazione italiana, in forte crescita nel 2020 rispetto all'anno precedente quando era "solo" il 7,7%. Che tradotto in valori assoluti fanno 333mila famiglie in più.

Come possiamo quantificare la condizione "assoluta" come la definisce l'Istituto di statistica? Dipende da diversi fattori, tra i quali dove vive e la composizione del nucleo famigliare.

Facciamo degli esempi: una famiglia composta da due trentenni e da due figli alle scuole primarie è considerata povera se, vivendo in una grande città del nord, non riesce a guadagnare complessivamente almeno 1.680 euro al mese. Tenuto conto del costo degli affitti per l'abitazione o del mutuo e delle spese fisse generali, quel che rimane è davvero minimo. La stessa situazione ma al sud e in un piccolo comune di provincia scende a 1.230 €, considerando dunque il differente costo della vita. E ancora, un anziano solo di oltre 75 anni, non è povero se ha redditi mensili per almeno 700€ circa, ma solo se vive in un comune di almeno 50mila abitanti nell'Italia centrale e che non sia una città metropolitana. Ne servirebbero 65 in più se abitasse in una grande città del Nord ma 140 in meno se la stessa grande città fosse al Sud Italia.

L'incidenza tra le famiglie aumenta vertiginosamente al crescere del numero dei figli. Più di una su cinque tra quelle con tre minori si trova in questa condizione. I poveri, dunque, sono soprattutto giovani: il 13,5% dei minorenni lo è, e ben il 12% dei neonati è nato povero o lo è diventato povero nel corso del 2020. E se pensate che la povertà sia correlata esclusivamente ad una situazione di disoccupazione o marginalità sociale, un dato potrebbe stupirvi: il 13,2% delle famiglie che ha come persona di riferimento un operaio è considerato assolutamente povero".

#262
Tematiche Culturali e Sociali / Re: Aporofobia
29 Febbraio 2024, 15:46:46 PM
Nella stessa pagina del quotidiano che ho citato nel precedente post c'è anche un articolo della professoressa Francesca Trivellato, studiosa di storia culturale, economica e sociale nel primo periodo moderno.

E' titolato "Alle origini di una atavica disparità economica".

La Trivellato dice che nel 2020 l'1% degli italiani deteneva il 22% della ricchezza nazionale privata, il 5% ne aveva il 40%. Nel XIV secolo le percentuali rilevabili in vari centri della penisola erano sostanzialmente analoghe.

La tendenza della disuguaglianza economica a crescere nel tempo non è recente e neppure inevitabile.

Prima del conflitto mondiale del 1914 – '18 solo la "peste nera" del 1348 (che falcidiò oltre un terzo della popolazione europea) ebbe l'effetto di appianarla. Se ne deduce che la disuguaglianza può aumentare anche in periodi di stagnazione economica.

A determinare la disuguaglianza economica non sono le calamità naturali ma le politiche fiscali e i regimi successori adottati dalle élite al potere.
Questi risultati impongono che all'analisi dei dati quantitativi si affianchi quella dei valori e dei presupposti ideologici che hanno indotto tali politiche.

Nel '400 fu la legittimazione culturale dei profitti tratti da operazioni finanziarie a consentire a famiglie prive di pedigree, come i Medici a Firenze, di scalare i vertici dello Stato. Ma proprio a Firenze e in altre città governate da oligarchie di nuova estrazione, il divario economico crebbe ancor più che nelle terre di antico dominio feudale.

Perché dopo 200 anni dalla Rivoluzione francese non a tutti è data la medesima opportunità di arricchirsi ? Perché le disponibilità economiche non azzerano i pregiudizi ?

segue
#263
Tematiche Culturali e Sociali / Aporofobia
29 Febbraio 2024, 15:34:46 PM
Aporofobia: parola composta di origine greca, formata da "àporos" (= povero) e dal suffisso "- fobos" (= paura): paura del povero o avversione verso il povero. Il neologismo è stato coniato dalla filosofa spagnola Adela Cortina Orts, che ha recentemente pubblicato il libro titolato: "Aporofobia. Il disprezzo dei poveri" (edit. Timeo), recensito lo scorso 25 febbraio sull'inserto "Domenica" del quotidiano "Il Sole 24 Ore" dal prof. Vittorio Pelligra, docente di politica economica all'Università di Cagliari. 

Pelligra nel suo articolo evidenzia che durante i primi mesi dell'invasione russa in Ucraina, l'esodo provocato dalla guerra ha generato anche in Italia un fenomeno paradossale: la tradizionale ostilità nei confronti degli immigrati da parte delle forze politiche di destra si è trasformata in disponibilità, solidarietà e accoglienza. Questo atteggiamento ha contribuito ad incrementare la "guerra fra poveri" con esponenti politici che distinguevano tra "profughi veri", quelli provenienti dall'Ucraina e "profughi finti", quelli provenienti dall'Africa, Medio Oriente o dall'Asia centrale.
Cosa c'è alla base di questo trattamento differenziato ?

La Orts, docente di etica e filosofia politica nell'Università di Valencia, nel suo libro dice che la chiave interpretativa corretta è quella economica: il pil pro-capite dell'Ucraina si avvicina ai cinquemila dollari, mentre quello del Sudan, per esempio, è inferiore ai 600 dollari.

Gli stranieri non ci piacciono, ma quelli poveri ci piacciono ancora meno. E' l'aporofobia, il rifiuto, l'avversione e il disprezzo per i poveri.

E' vero ? Per quanto mi riguarda non disprezzo i poveri ma i finti poveri, come quei "nomadi" che chiedono l'elemosina ed hanno il reddito d'inclusione perché nati in Italia ma nel contempo dalla Romania e da altri luoghi fanno venire in Italia persone menomate per impietosire i passanti. Molti di loro come "professione" si dedicano all'accattonaggio. Tale "mestiere" se lo stanno imparando anche gli africani. Chiedono l'elemosina davanti l'entrata dei supermercati, dei centri commerciali ma anche dei negozi di alimentari. Li vedo sia a Roma sia a Milano, dove vado spesso.

Torno all'articolo di Pelligra: "Come la xenofobia, anche l'aporofobia è una forma di odio sociale, indistinto. Non riguarda questa o quella persona conosciuta, ma questa o quella categoria di persone sconosciute: gli stranieri, quelli che hanno la pelle di colore diverso, o i poveri e i miserabili. Infatti quando i ricchi pensionati inglesi o italiani si trasferiscono in Spagna o Portogallo o gli infermieri spagnoli e le badanti bielorusse vanno a lavorare in Gran Bretagna o vengono qui da noi, nessuno ha da obiettare.

Il problema non è lo straniero ma il suo conto in banca. (Non sono d'accordo con Pelligra). Questo atteggiamento è in palese contrasto con l'etica scritta e pensata che ratifichiamo in pompa magna nelle dichiarazioni e nei trattati internazionali. Infatti la lotta alla xenofobia, al razzismo, all'omofobia".

La filosofa Orts: "nei nostri Paesi democratici che si dichiarano a favore dell'uguaglianza e della pari dignità di tutti gli esseri umani (...) è ormai un compito che spetta alla giurisprudenza e alle forze dell'ordine, ed è un compito arduo.
Il fatto che alla base anche della xenofobia ci sia il disprezzo per i poveri non può in nessun modo farci star meglio perché, come dice l'autrice, 'aporofobici lo siamo quasi tutti'. L'aporofobia, come la xenofobia, ha basi biologiche. Nasce dalla naturale diffidenza per il diverso".

Il prof. Pelligra rileva che durante la preistoria le piccole comunità di cacciatori-raccoglitori impararono che per sopravvivere era importante il reciproco altruismo, la cooperazione per avere le risorse necessarie alla vita e organizzare la difesa contro i nemici. La reciprocità, il dare e avere è il collante della cooperazione, della sopravvivenza e dello sviluppo.
E chi non può dare ? Chi è impossibilitato a contribuire ? Questi sono gli "esclusi", i poveri. L'aporofobo non ha nulla da dare e tutto da prendere, uno con cui non vogliamo avere nulla a che fare.

Se poi tale posizione viene rinforzata come capita spesso da discorsi d'odio, o dalla retorica meritocratica le conseguenze sono più gravi: il povero va allontanato e combattuto, perché la sua povertà è la sua colpa.
Lo straniero non va bene , neanche il povero. E il disabile ? Anche i disabili, soprattutto quelli gravi, hanno tutto da prendere e nulla da dare. Allora nel migliore dei casi il rapporto con gli esclusi non riguarda la giustizia ma la benevolenza.

Non è difficile rinvenire in questa impostazione la causa alla base della rottura dei patti intergenerazionali in fatto di pensioni, delle resistenze verso le società multietniche, la crisi delle politiche pubbliche negli ambiti dell'istruzione, della sanità e del welfare e più in generale di tutte le politiche di contrasto alla povertà e di promozione delle pari opportunità.
La cura ? Ci vuole l'altruismo, il desiderio di cura verso chi ha bisogno, promuovere la pari dignità delle persone, capaci di tirar fuori la parte migliore di ogni essere umano".

segue
#264
Il primo dei link elencati da Taurus contiene un articolo di Antonio Gentile, datato 7 aprile 2019.

Sono trascorsi cinque anni. Nessuna conferma che quelle milizie siano decedute nell'inseguire gli Ebrei in fuga.

Sono convinto che sia una fake new, organizzata da religiosi ebrei. Ne sono capaci.
#265
Tematiche Culturali e Sociali / Re: Ignoranza
27 Febbraio 2024, 22:43:56 PM
Ciao Daniele,

A proposito di Trastevere..., in quel rione "i veri trasteverini de na vorta nun ce stanno più". Si è gentrificato.  ::)


Bartolomeo Pinelli, Rugantino: "svelto co' le parole e cor cortello", bullo de Trastevere ma nativo de Testaccio. Fanfarone e litigioso. Ne prende più di quante ne dia.

"Me n'ha date, ma je n'ho dette!":  è la celebre frase che  descrive la sua permalosità, "spaccone, ma buono.

Il rione Trastevere non è malfamato. Si vive come in altri rioni e  quartieri. Nelle sere dei fine settimana tra la chiesa di San Cosimato e la basilica Santa Maria in Trastevere c'è la cosiddetta "movida" e qualcuno esagera, ma di solito viene arrestato dalla polizia.

Il sabato o la domenica vado spesso nella zona, ma preferisco rimanere al di qua del Tevere, nelle vie dell'ex ghetto ebraico, fino a Campo de' fiori, poi devio verso piazza Navona, il Pantheon.

#266
Tematiche Culturali e Sociali / Re: Ignoranza
26 Febbraio 2024, 17:25:53 PM
L'originaria basilica di San Pietro in Vincoli fu costruita nel  442 per volere di Licinia Eudoxia (augusta dell'Impero romano d'Occidente), figlia dell'imperatore  d'Oriente Teodosio II e moglie dell'imperatore d'Occidente Valentiniano III.

"Donna Licinia" fece edificare la chiesa per far custodire le (false reliquie) catene (in latino vincula, perciò il titolo San Pietro in Vincoli) che  secoli prima avevano imprigionato  l'apostolo Pietro a Roma nel carcere Mamertino,  insieme a quelle relative alla prigionia dello stesso discepolo  a Gerusalemme. Le due catene sono custodite in un'urna sotto l'altare maggiore. Viene esposta ai fedeli una volta l'anno: l'1 agosto.




Il reliquiario con le catene.

Fu la "turca"  Licinia (nata a Costantinopoli nel 422 e morta in quella città nel 493 circa) a chiamare a Roma il re dei Vandali Genserico, causando il saccheggio dell'Urbe nel 455.

La chiesa di San Pietro in Vincoli  fu ricostruita nell' VIII sec. ed ebbe ulteriori interventi edilizi  nei secoli successivi.

Nel braccio del transetto destro c'è il mausoleo che doveva essere la tomba di Papa Giulio II. Fu commissionato a Michelangelo nel 1505, ma l'opera  subì varie interruzioni. Fu completata nel 1545,  trentadue anni dopo la morte di Giulio II, che  invece è sepolto in Vaticano  nella basilica di San Pietro, insieme allo zio, il pontefice Sisto IV. 

Nel progetto originale il monumento funebre  era più grande. Previste più di 40 statue come ornamento della stanza funebre ed anche l'ampliamento della basilica.
La versione definitiva, dopo che il progetto ebbe la sesta modifica, fu di sette statue per ornare il monumento funebre, tra le quali il Mosè, realizzato da Michelangelo Buonarroti tra il 1513 e il 1515. 


Michelangelo Buonarroti, monumento funebre per il  pontefice Giulio II, basilica di San Pietro in Vincoli.

Nel registro inferiore, alla destra del Mosè, la scultura che raffigura la biblica Rachele con le mani giunte (simbolo della vita contemplativa), invece sulla sinistra c'è Lia (vita attiva).



La statua del Mosè, alta m 2,35. E' seduto, guarda verso destra, ha il piede destro posato sulla base, la gamba sinistra sollevata e la  sola parte anteriore del piede poggiata sul basamento.

Mosé con la mano sinistra si tocca la barba, con il braccio destro regge le tavole della Legge.

Inizialmente era seduto in posizione frontale. Secondo un documento, 25 anni dopo aver concluso il marmoreo Mosè, Michelangelo ebbe l'incarico di modificarlo: nel 1542  fece ruotare la testa per distogliere lo sguardo del profeta dagli altari nell'abside e nel transetto dove c'erano custodite le cosiddette "catene" di San Pietro.

Per ottenere la torsione, abbassò la seduta di 7 cm, rimpiccolì il ginocchio sinistro per portare indietro la gamba e girò a destra la barba per mancanza di marmo a sinistra. II naso fu ricavato dalla gota sinistra.



Le corna sulla testa  forse le realizzò per un errore di traduzione del Libro dell'Esodo (34, 29) dove si narra  che Mosè mentre scendeva dal Monte Sinai aveva  due raggi sulla fronte.  La parola ebraica  "karan"  (= raggi)  fu confusa con "keren"  (= corna), generando la presenza dell'originale dettaglio nella statua.


Nel registro superiore:  al centro, c'è il gruppo scultoreo della  Madonna col Bambino (vedi seconda foto in alto); davanti, la marmorea urna sepolcrale che avrebbe  dovuto contenere il corpo di Giulio II, raffigurato sdraiato su un fianco e adagiato sul coperchio del feretro; sulla destra  di questo, la statua che simboleggia la Sibilla,  sulla sinistra è rappresentato un profeta assiso.



The end
#267
Tematiche Culturali e Sociali / Re: Ignoranza
26 Febbraio 2024, 16:53:57 PM
Nel precedente post ho citato la basilica di San Pietro in Vincoli, che è a Roma. 

L'ho frequentata soprattutto da adolescente. La domenica pomeriggio con una mia "amica" andavamo prima a Villa Celimontana, poi dalla collina del Celio andavamo nel Colle Oppio e poi verso il Colle Esquilino.  Concludevamo la passeggiata scendendo la "Scalinata  dei Borgia" per andare alla stazione della linea B in via Cavour.

Scalinata dei Borgia vista da via Cavour.

E' detta "Scalinata dei Borgia" perché in quell'area c'erano alcune  loro proprietà.


Il portico che si vede in cima alla salita è sovrastato dal palazzo di epoca rinascimentale. Vi abitava  Vannozza Cattanei, amante del papa Alessandro VI Borgia, dal quale ebbe quattro figli: Giovanni, Cesare (il famigerato duca Valentino),  Goffredo e, la famosa, Lucrezia Borgia.

Il nome "Vannozza" deriva da Giovanna (es. Giovannozza)

Scalinata dei Borgia vista dalla piazza San Pietro in Vincoli verso la sottostante via Cavour


Attraversato il porti
si giunge su piazza San Pietro in Vincoli


Veduta parziale della piazza di San Pietro in Vincoli;  il portico antistante la facciata della basilica di San Pietro in Vincoli e l'adiacente ex convento oggi è  parte della Facoltà di Ingegneria Civile e Industriale dell'Università di Roma "La Sapienza".

 

chiesa di San Pietro in Vincoli, portico della facciata con cinque arcate sorrette da pilastri ottagonali. Nei capitelli  c'è lo stemma del pontefice Giulio II.

 
 

Chiostro della basilica, progettato dal noto architetto Giuliano da Sangallo.



Interno, navata centrale. L'interno della chiesa è diviso in tre navate, separate da 20 marmoree colonne doriche di epoca romana. Si presume sottratte dal Portico di Livia. Furono  riutilizzate per la costruzione della  prima basilica.

segue
#268
Tematiche Culturali e Sociali / Re: Ignoranza
26 Febbraio 2024, 16:43:21 PM
Nikolaus Krebs von Kues, in Italia lo conosciamo col nome di Niccolò Cusano o Nicola di  Cusa,  nacque nel 1401 a Kues, nella Renania-Palatinato, in Germania. La piccola città è oggi denominata Bernkastel-Kues, nata dall'unione delle due vicine località, situate circa 50 km a valle di Treviri.
 
 Frequentò la facoltà di lettere dell' Università di Heidelberg, ma completò gli studi a Padova, dove si laureò in diritto canonico nel 1423. La laurea magistralis la conseguì in Germania, a Colonia, e divenne doctor in filosofia e teologia.
 
 Dalla relazione con Henriette Marie Hüßœr ebbe due figli, ma la donna morì dopo aver partorito il secondo figlio. Perciò nel 1436 ebbe la possibilità di essere nominato presbitero.
 
 Non basta. Era un uomo sapiente e carismatico al servizio del papato.
 
 Nel 1448 fu "elevato alla porpora cardinalizia"; nel 1450 ebbe anche la nomina di vescovo-principe di Bressanone.
 
 Scrisse vari libri, fra i quali nel 1440 il noto "De docta ignorantia" (la dotta ignoranza) in cui fonda la possibilità umana della conoscenza sulla proporzione fra noto e ignoto; nel 1449 elaborò l' "Apologia De docta ignorantia". Per questo testo afferma di essersi basato su un passo della Lettera a Proba, scritta da Agostino d'Ippona.
 
 La dotta ignoranza, secondo Nicola Cusano, è un concetto filosofico che riflette l'atteggiamento del pensatore consapevole della limitatezza della conoscenza umana rispetto all'immensità dell'ignoto. Comunque può costruire un'interpretazione del mondo.
 
 Il cardinal Cusano affermava che tutte le religioni sono delle varianti culturali del culto dell'unica vera divinità. Di fatto, egli sembra voler conferire a tutte eguali diritti nei confronti della ricerca della verità.
 
 Descrive nei suoi testi un'ideale assemblea tra i rappresentanti di ogni popolo che deve dare a tutti la possibilità di esprimere le proprie posizioni. Questo concilium universalis sarebbe il corrispettivo terreno dell'assemblea divina.
 
 Benché l'espressione "De docta ignorantia" sia associata a Cusano essa compare già in filosofi precedenti. A questo cardinale deriva dal pensiero di Agostino.
 
 Cusano approfondisce il concetto di dotta ignoranza riproponendo le riflessioni a lui precedenti e ampliandole.
 
 Per lui la dotta ignoranza è una formula gnoseologica, importante per riflettere su Dio, ed è alla base di qualsiasi conoscenza.
 
 Il limite della conoscenza umana non riguarda solo l'infinito, che sfugge ad ogni proporzione e ci è ignoto.
 
 Diventare coscienti del proprio limite è la più alta conoscenza raggiungibile. Per questo possiamo definire tale ignoranza "dotta".
 
 Come cardinale Niccolò Cusano ebbe a Roma il titolo della basilica di San Pietro in Vincoli, che conservò fino al 1464, anno della sua morte. E' sepolto in questa chiesa, in una tomba marmorea realizzata dal noto scultore Andrea Bregno. Il cuore di Cusano fu portato a Kues, per sua volontà testamentaria.

 
 
 
 

in primo piano il cardinale Niccolò Cusano
 
 
 
 

Tomba di Niccolò Cusano. La biografia dice che morì a Todi (prov. di Perugia) l'11 agosto 1464, nell'epigrafe c'è scritto 1465. Forse questa data vuol significare che fu deposto in questa tomba nel 1465.
#269
Tematiche Culturali e Sociali / Re: Ignoranza
26 Febbraio 2024, 16:37:32 PM
Il concetto di ignoranza è abbastanza complesso perché si porta dietro quell'ironia socratica del non-sapere che è il necessario pungolo vitale per la nascita della conoscenza di ognuno di noi.
 
 Hai ben detto Carlino, i nostri tentativi quotidiani di porre rimedio all'ignoranza somiglia alla fatica di Sisifo, perché l'ignoranza, proprio come il famoso masso del mito, rotola sempre a valle.
 
 La necessità di conoscere, altrimenti le decisioni sbagliate possono indurre conseguenze persino fatali.
 
 Il sapiente Confucio disse: "Vuoi che ti dica che cos'è la conoscenza? È sapere sia quel che si sa sia quel che non si sa".
 
 Invece messer Alighiero degli Alighieri (Dante) nella Commedia fa dire ad Ulisse: "Considerate la vostra semenza:/ fatti non foste a viver come bruti/ ma per seguir virtute e canoscenza".
 
 Conoscenza e ignoranza sono come la luce e l'ombra.



#270
Tematiche Culturali e Sociali / Ignoranza
26 Febbraio 2024, 16:24:33 PM
Ci sono diverse modalità d'ignoranza.

La parola "ignorante" è stata ampliata di significato e di solito la usiamo per definire una persona ineducata, raramente l'attribuiamo a chi non sa.

Il dizionario informa che il sostantivo "ignoranza" deriva dal latino "ignorantia", formato dal privativo in e dalla radice del verbo (g)noscere (conoscere) quindi letteralmente "mancanza di conoscenza") è la condizione che qualifica l'ignorante, colui che ha trascurato la conoscenza di determinate cose che si potrebbero o dovrebbero sapere.
 
L'ignoranza è un difetto, soprattutto quando induce a diventare arroganti e presuntuosi pur di non ammettere di non sapere;


l'ignoranza può anche essere l'inizio del ravvedimento quando con umiltà si ammette di non conoscere un determinato argomento e si ha la motivazione per avere informazioni.
 
 Non basta. L'ignoranza può essere assoluta, relativa o dotta.
 
L'ignoranza assolutaè stimolo e presupposto per la conoscenza;

l'ignoranza relativa è assenza di ciò che si sa. "E credere di sapere quello che non si sa non è veramente la più vergognosa forma di ignoranza?", disse Socrate;

la dotta ignoranza, invece, è il perno della dottrina della conoscenza. Essa pone al proprio centro la finitudine della conoscenza umana, quindi la sua inadeguatezza per formulare un concetto adeguato sia dell'infinità del divino sia della verità delle cose finite.
 
La dotta ignoranza invita a cercare la verità oltre i confini del noto.


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