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Messaggi - Socrate78

#256
Vorrei chiederti una cosa Ipazia: secondo te le persone ritenute sante e canonizzate dalla Chiesa Cattolica, ad esempio San Francesco (o anche altri ritenuti santi), che si sono sacrificate sino all'estremo per gli altri spogliandosi di tutto e hanno mortificato se stessi praticando gravi penitenze, digiuni, punizioni corporali (cilicio, forme di sofferenze fisica per espiare i peccati, ecc.), erano personalità disturbate affette da masochismo e quindi casi psichiatrici?
#257
Non si può amare il prossimo se prima non si ama se stessi....................mah, vi confesso che questo precetto non l'ho MAI CAPITO, sarà un mio limite, ma a me sembra un luogo comune falso. Vi sono tantissimi  egoisti,prepotenti ed arroganti che in realtà amano e rispettano molto se stessi, agiscono sempre per la loro convenienza, si difendono con le unghie e con i denti se vengono anche minimamente offesi, mentre esistono persone che sono anche sensibili e piene di empatia e compassione, ma quando sono attaccate dagli altri non si difendono, restano passive, sottomesse, quindi deduco che NON hanno rispetto ed amore per se stesse, altrimenti reagirebbero.  Di conseguenza le due cose (amore per se stessi e per gli altri) non sono per nulla legate, oppure sbaglio qualcosa nel ragionamento?
#258
Alcuni forumisti  hanno chiesto se noi pratichiamo nella vita quest'amore incondizionato ed io non credo che amare incondizionatamente sia impossibile, per esempio (ed è un esempio reale) io provo realmente nella mia vita una profonda amicizia per una persona che so essere piena di difetti morali (egoista, opportunista, manipolatore, aggressivo, ecc.), io i suoi gravi difetti li ho percepiti sin da subito e li vedo perfettamente, tuttavia lo accetto per quello che è e non cerco di cambiarlo, voglio il suo bene sinceramente nonostante non sia una brava persona (e lo so), quindi io in questo caso provo realmente amicizia/amore incondizionato (o qualcosa di vicino all'affetto incondizionato).
#259
L'amore incondizionato significa dire SI all'altro, cioè amarlo non perché ha delle qualità normalmente apprezzate quali bontà d'animo, gentilezza, cultura, intelligenza, pazienza, capacità di perdonare (ecc.), ma amarlo soltanto perché è LUI, perché è quella persona lì, unica e irripetibile, e quindi volere il bene dell'altro senza per forza cercare di cambiarlo, anche se umanamente può essere addirittura pessimo. Questo è l'amore incondizionato e così tutti dovrebbero amare, ci dev'essere accettazione dell'altro. Se si ama l'altro soltanto perché riflette noi stessi, non è amore ma NARCISISMO, forse un narcisismo buono, che porta a volere il bene, ma è narcisismo, non amore.
#260
Non è un post legato alla spiritualità questo, ma semmai alla psicologia. Io noto che in genere nella società (tra gli amici, in famiglia, nei luoghi di lavoro) le persone mostrano benevolenza e affetto verso gli altri spesso solo nella misura in cui nella vita si è fortunati, le cose ti vanno bene, hai un lavoro, sei realizzato, ma nel momento in cui le cose iniziano ad andarti male (perdita di lavoro o difficoltà in esso, lutti, ecc.) e tu hai uno stato d'animo abbattuto, ecco che gli amici e anche i familiari si allontanano, come se non volesse avere a che fare con la sofferenza, volessero evitarla, quindi ti vogliono bene solo se sei felice e realizzato. Tantissime persone hanno perso l'affetto degli amici nel momento in cui la loro vita ha preso una brutta piega, si sono sfasciate le famiglie perché uno dei coniugi ha perso l'impiego oppure subiva problemi sul lavoro, quindi c'è da dedurre che si sta con gli altri solo per stare bene noi. Se i veri amici si vedono solo nel momento della sofferenza e del bisogno, allora il vero amico è merce molto rara, giusto?
#261
Non c'è contraddizione nel fatto che io mi proclami credente con quello che io ho detto, caro Viator, e ti mostro anche il motivo (poi puoi anche rifiutarlo, ovvio). Secondo me sia il corpo sia la Coscienza (da credente la chiamo anima, ma il senso è quello) sono ENERGIA, la Coscienza (anima) è fatta di energia sottile e il corpo (materia) di energia più densa. Si tratta insomma, se si vuole vedere la cosa scientificamente, di VIBRAZIONI ENERGETICHE (con una certa frequenza). Quindi una configurazione organica cerebrale tendente all'odio secondo me deriva non soltanto dalla chimica, ma proprio dal fatto che nel profondo l'anima si è AMMALATA, vibra ad una frequenza BASSA (l'odio è frequenza vibrazione bassa) e quindi influenza il corpo (energia densa) facendogli prendere una configurazione chimica conforme all'odio! Ovviamente se tu intervieni sul corpo chiamandogli la configurazione chimica (con droghe o psicofarmaci) questo può avere un'effetto positivo anche sull'anima (tutto è energia interconnessa), ma se l'anima è CORROTTA passato l'effetto la persona tornerà ad essere come prima, quindi non c'è vera guarigione. E' per questo che gli psicofarmaci non riescono molto spesso a curare veramente gli psicotici (che spesso tornano anche ad essere peggiori dopo essere apparentemente guariti), perché il medico dando i farmaci ha soltanto migliorato l'energia corporea momentaneamente, ma se l'anima è orientata all'odio ( vuol dire che vibra a bassa frequenza, l'amore è alta frequenza, e più si ama più la frequenza si alza, Dio è il MASSIMO) ecco che la bassa frequenza determinerà anche in futuro nella persona psicotica l'emergere del male, anzi può essere persino molto peggio, perché durante i trattamenti psichiatrici gli psicotici vengono spesso se sono agitati legati ai letti, repressi, quindi in futuro (anche molto dopo) questa repressione dopo il cambiamento momentaneo potrebbe esplodere in una violenza tremenda, in cui si odia tutto e tutti.  Il Paradiso può essere spiegato come un mondo in cui ci sono frequenze vibrazionali altissime, che sono connesse ad un amore immenso, in cui si prova solo gioia, solo emozioni positive, mentre l'Inferno è l'opposto, si tratta di anime messe insieme che hanno na frequenza vibrazionale bassa, quindi stanno male proprio perché l'energia si trasmette e quindi si trasmette sofferenza ed odio. Più bassa è la frequenza, peggio è.  Ora ti confesso una mia opinione, che  ti stupirà. Le anime peggiori, caro Viator, sai quali per me quali sono? Non sono le anime (comunque a bassa frequenza) dei criminali (quelli hanno bisogno di affetto e amore forse più di tutti, perché la società li rifiuta come la peste, quindi vanno aiutati pian piano a salire nell'amore), ma sono le anime delle persone AUTISTICHE, perché sono chiuse nel loro mondo e non si relazionano con il mondo esterno, quindi siccome Dio è per essenza, comunione, relazione, ecco che io credo l'anima di un autistico è proprio purtroppo ad un livello bassisssimo, lontanissimo da Dio, molto difficile da recuperare.
Da questo si possono anche comprendere le regole per migliorare l'anima, ciò sforzarsi di eliminare ogni pensiero negativo, tutto il pessimismo, addirittura sono convinto che è bene provare compassione solo per chi è felice (solo empatia POSITIVA), perché se tu compatisci una persona che soffre il male energetico che prova ti entra dentro (il dolore è male, energia bassa), e quindi fa degradare in realtà anche l'anima. Bisogna fare il bene essendo felici dentro, senza compatire il sofferente.
#262
Siccome, anche per me che sono credente, i sentimenti hanno oltre ad una origine spirituale anche un'origine fisica (cerebrale) qualcuno sa dirmi quali sono le aree cerebrali che si attivano quando si ama molto qualcosa e quando invece si prova odio? Mi interesserebbe sapere soprattutto quali sono le aree cerebrali implicate nell'odio o in sentimenti simili (disprezzo ad esempio) e se sono per caso uguali a quelle che determinano l'amore. Qualcuno sa dirmi qualcosa?
#263
Non esiste nessun DIRITTO al SUICIDIO, anzi, secondo me (e ne sono convinto al 100%) il suicidio è la cosa peggiore che una persona possa commettere, è il peccato più grave, molto peggio dell'omicidio! Sì, dirò una cosa per voi terribile, ma in realtà io provo molta più compassione per un serial killer (visto che molti di loro hanno subito anche tremendi abusi nell'infanzia....) che per un suicida. Niente ci appartiene come una proprietà assoluta, né il corpo né l'anima, ma è Dio che ci fa esistere (potrebbe farci morire immediatamente) ed è anche Dio che ha stabilito gli eventi della nostra vita, anche i peggiori. Suicidarsi significa rifiutare la vita come dono di Dio, ribellarsi al progetto di Dio che prevede anche il dolore, anche il male più tremendo, dietro il suicidio, al di là dell'angoscia che si prova, è sempre sottesa una superbia secondo cui l'uomo stabilisce che la sua vita non ha senso, ma in realtà ogni cosa ha il suo senso anche se l'uomo non riesce a comprenderlo, e stabilendo che la vita non ha senso il suicida  si sostituisce a Dio che vuole farlo esistere per il suo progetto e muore SEPARATO da Dio, con un'anima piena di male, di angoscia, magari anche di odio per chi gli ha fatto del male, e quindi l'anima quando lascia il corpo non può andare da Dio che è il Bene, ma fa una pessima fine, ne sono convinto. Infatti nelle esperienze NDE i suicidi hanno sperimentato solitudine, angoscia, paura, sono rimasti nel male che provavano anche prima di tentare il suicidio e questo perché la loro anima era separata dal sommo bene che è Dio. Io personalmente anche se finissi in miseria e senza un lavoro, in galera ingiustamente, senza affetti, circondato da derisione ed odio oppure tremendamente malato, preferirei restare nel dolore (lo vedrei come una prova stabilita giustamente da Dio per qualche motivo preciso) piuttosto che togliermi la vita.
#264
Apro questo thread di discussione filosofica su un concetto etico molto antico, e cioè sul fatto se i fini nobili che spingono ad agire giustifichino mezzi cattivi, che portino a generare sofferenza negli altri in vario modo. Secondo me il fine non giustifica i mezzi, poiché chi compie il male di qualsiasi tipo (una guerra per un capo di Stato oppure a livello inferiore anche un dirigente che licenzia dipendenti scomodi per il bene dell'impresa....) genera spesso una catena di altri mali che sono connessi tra di loro, e quindi anche se il fine è nobile il risultato può essere addirittura catastrofico e generare violenza, traumi nelle persone, vendette, odio e via discorrendo. Di conseguenza mi sembra che sia troppo diffusa la teoria secondo cui il fine giustifichi i mezzi e che sia quindi un comodo mezzo per lavarsi la coscienza, per non vedere il male che si compie: è molto più vera l'affermazione secondo cui "Di fini buoni e mezzi cattivi è lastricata la via che conduce all'inferno", "inferno" nel senso che ho sopra descritto, cioè una catena di mali che vengono messi in moto anche al di là delle intenzioni di chi ha agito per un fine buono.
L'obiezione a questa tesi sarebbe quella secondo cui allora non si dovrebbe quasi mai agire, perché spesso per un fine buono si devono purtroppo anche prendere misure dolorose, ma la verità a mio avviso è che questo deriva da una rigidità della mente dell'uomo, che non vede altre vie alternative per risolvere i problemi rispetto a quelle che prevedono il male, e quindi prende la strada più semplice ma anche peggiore. Siete d'accordo?
#265
La luce che i morenti (i morti clinicamente ) vedono nelle NDE secondo me è proprio l'energia di Dio, la stessa energia che con il Big Bang ha dato origine al mondo: infatti la prima particella che è nata nella materia dopo l'esplosione iniziale è il FOTONE che corrisponde alla luce ed infatti i morti clinicamente vedrebbero proprio la LUCE. Di conseguenza Dio sarebbe la coscienza che informa tutto l'Universo e questa coscienza superiore sarebbe visibile all'anima proprio sotto forma di Luce: chi muore dice di sentirsi amato da questa Luce, e questo secondo me significa che l'amore non è in realtà solo un sentimento, ma è una VIBRAZIONE, quindi Dio è come un'energia che vibra ad un livello altissimo e a questa vibrazione corrisponde il bene, l'amore, l'intelligenza a livello di pensiero puro senza necessità di linguaggio.
Ma tanto è inutile che parlo, perché secondo me a molte persone del forum per qualche motivo piace l'idea che dopo la morte finisca tutto, forse perché in fondo non vogliono affrontare una realtà successiva che è ignota e potrebbe spaventarle, quindi per loro è meglio pensare che ci sia solo il nulla!
#266
Normalmente le religioni pensano che dopo la morte i buoni verranno accolti da Dio e avranno una ricompensa, mentre i malvagi saranno puniti in diverso modo. Ma è proprio così? Io tendo a dubitare di una simile divisione di destino tra "buoni" e "cattivi". La religione cristiana dice che "Non bisogna mai giudicare", ma qual è il vero significato di questo comandamento? A mio avviso il vero significato della proibizione di giudizio data da Gesù consiste nel fatto che anche il male peggiore che la persona compie nella vita fa parte di un progetto divino per cui le azioni considerate "cattive" dalla società sono permesse da Dio per l'evoluzione spirituale dell'anima. Secondo alcune dottrine orientale legate al concetto di Karma e di reincarnazione ogni anima prima di nascere sceglie quali azioni compiere e gli eventi più significativi della sua vita, ma lo fa sempre secondo un fine buono, per imparare una lezione e crescere: se ad esempio prima di nascere un'anima si è data come compito nella propria vita quello di "Imparare a perdonare"  è necessario che essa subisca dei TORTI da altre anime (si perdona solo se prima si è stati vittima di torti...), quindi quelle persone che apparentemente compiono il male lo fanno in realtà per far apprendere il perdono alla persona che sembra solo una vittima! I "cattivi" quindi potranno addirittura essere premiati per questo, mentre la persona che si è data il compito di imparare il perdono se serba odio e si vendica, allora sarà lei ad essere punita, perché non ha fatto fruttificare il compito che si era data per la sua vita.
Che cosa ne pensate di questa possibile visione?
#267
Io personalmente sono insegnante (alla scuola secondaria di primo grado, alias medie) ed è anche (forse soprattutto) per questo che io ho aperto il post sullo smantellamento della scuola italiana, proprio perché io constato direttamente il declino progressivo della scuola, la facilitazione di tutti i contenuti, la riduzione dei programmi e la loro sostituzione con progetti di vario tipo (alcuni anche interessanti, ma dall'esito dubbio e poi tolgono spazio alla didattica...), ma soprattutto constato il dilagare di una grave ignoranza soprattutto nelle materie di tipo umanistico (quelle che insegno) e tantissima ignoranza nella capacità di scrivere senza errori. I ragazzi in prima media mi dicono chiaramente che alle elementari non hanno fatto MAI temi, ma al massimo solo piccoli commenti, io faccio fare loro i temi ma è un disastro, manca la punteggiatura, vengono separate dal punto fermo le frasi che invece vanno unite perché hanno un legame logico, non vi è cognizione dell'uso esatto degli avverbi, delle congiunzioni, dei pronomi, il lessico è impreciso e si usano termini impropri. I ragazzi non sanno riassumere un testo perché alle elementari i riassunti non si fanno mai, io faccio fare riassunti per esercitare la capacità di sintesi, ma anche qui i ragazzi riassumono malissimo e il riassunto diventa un esercizio di copiatura dal testo, evidenziando l'incapacità di cogliere le informazioni rilevanti da qualsiasi testo e distinguerle dalle secondarie. Ma anche i miei colleghi notano che ormai a 12 anni è già tardi per acquisire certe abilità basilari, il lavoro doveva essere fatto prima, alle elementari, perché poi alle medie bisogna sradicare le abitudini errate, ed è più facile partire da zero piuttosto che togliere dalla testa gli errori e un modo sbagliato di approcciarsi ai testi, allo studio, alla scrittura.
In ogni prima media si riscontra un sempre più preoccupante divario tra pochi elementi che sono culturalmente avanti, che sanno scrivere bene ed hanno nozioni appropriate e la massa che è ad un livello piuttosto basso ed anche in alcuni casi bassissimo: la preparazione non corrisponde quasi mai con i voti assegnati dalle maestre elementari all'uscita dalla primaria, per intenderci il ragazzo che esce dalle elementari con 8 in realtà è da 6, massimo da 7 ad essere generosi.  Nonostante tutto questo non sono comunque a favore della descolarizzazione come il professore che è intervenuto sopra, poiché ritengo che un buon insegnamento possa ancora essere praticato e recuperare in parte le lacune di una preparazione sbagliata, l'importante è essere motivati nel lavoro che si fa ed essere felici di aver contribuito anche in piccola parte a motivare allo studio, alla conoscenza, a stimolare la curiosità di apprendere.
#268
IL problema di fondo, secondo me, continua a restare nel fatto che le scelte dei politici su come organizzare il sistema scolastico sono l'espressione del sistema sociale ed economico in cui l'Occidente e l'Italia sono immersi, e questo sistema è quello neoliberale e capitalistico. Quale tipo di scuola potrà produrre un tale sistema? Una scuola CLASSISTA, ecco che cosa produce. Il sistema capitalistico vuole creare una massa di persone che sono esecutrici e consumatrici, insomma una massa di SERVI, e questi servi devono eseguire dei compiti pensando e contestando il meno possibile e quindi la loro cultura dev'essere piuttosto scarsa. Il motivo dell'abbassamento del livello culturale è proprio questo, è la creazione di una massa di esecutori che hanno quanto meno senso critico possibile. Invece le classi alte, i giovani che hanno già alle spalle delle famiglie culturalmente alte, ecco che saranno avvantaggiate di molto e sopperiranno alle carenze culturali delle scuola egregiamente, sceglieranno per i figli le scuole migliori, spesso scuole private, confessionali anche se le famiglie sono laiche, sceglieranno i migliori licei, insomma sapranno benissimo come orientare i figli. Ed allora queste classi alte saranno elitarie e domineranno la massa dei servi esecutori e consumatori, ma tutto questo è pensato, studiato dalla politica per creare apposta disuguaglianza. La scuola apparentemente facile e blanda è in realtà una scuola feroce e classista, che vuole apposta creare disuguaglianza in ottemperanza a quel gran male che è il sistema neoliberale attuale. In questo modo ecco che le iscrizioni all'università inizieranno a calare drasticamente come sta ormai succedendo, e all'università ci andranno quindi solo i privilegiati, i figli di papà con le case piene di libri e pieni di soldi, ed ecco che questi saranno la classe dirigente che dominerà i servi.
#269
Il problema è che ormai, sentendo quello che si dice da molti pedagogisti e anche dai politici, sta passando un messaggio a mio avviso sconcertante: il sapere, la conoscenza, è qualcosa che NON contribuisce di per sé alla crescita degli studenti. Molti pedagogisti infatti dicono chiaramente che l'insegnante deve preoccuparsi di meno di trasmettere conoscenze e pensare di più a contribuire alla CRESCITA degli alunni. Ma questo significa che per questi signori il SAPERE non fa crescere gli alunni! E' come dire che se insegno la filosofia di Kant o di Heidegger, o se insegno Dante o Ungaretti o qualsiasi altro scrittore, io non contribuisco a far crescere gli alunni: ma il sapere invece fa progredire le persone, le rendo più critiche, consapevoli, affina le capacità logiche e razionali, quindi contribuisce sicuramente a far crescere. E forse è proprio questo che i politici vogliono, l'uomo non dev'essere critico, non deve pensare, così è maggiormente malleabile, manipolabile a fini elettorali e ideologici. Antonio Gramsci infatti fu uno strenuo difensore dell'importanza del sapere fine a se stesso, e non come mezzo per qualcos'altro, egli diceva anzi che se il sapere viene ridotto a mezzo esso viene svilito, poiché subordinato a qualcos'altro. Secondo me aveva ragione Gramsci, ma il pensiero di Gramsci nella società di oggi è ciò che di più scomodo vi sia, perché tutto viene commisurato soltanto ad una cosa: al DIO DENARO!  Ecco perché il sapere non è più valutato, perché esso serve solo se in qualche modo è funzionale al produrre ricchezza, denaro, produttività, la scuola delle competenze che finalizza tutta l'istruzione all'utilità economica è l'espressione peggiore del sistema capitalistico e neoliberale che ammorba tutta la società di oggi, che rende gli uomini macchine per la produzione (e quindi meno pensano meglio è!), li rende tutti uguali perché devono essere come un gregge di consumatori omologati (ecco perché gli adolescenti sono tutti schiavi della moda) e soprattutto, al di là delle belle parole legate alla necessità di cooperare, di lavorare in squadra, di fatto il sistema neoliberale favorisce gli istinti peggiori dell'essere umano, cioè l'egoismo, l'incontentabilità (gli uomini non devono essere contenti di ciò che hanno, ma devono desiderare all'infinito per CONSUMARE), la competizione che ti porta a trarre vantaggio dal danno altrui (è la concorrenza tra le aziende), è tutto basato sul "Mors tua vita mea". Il filosofo Adorno, negli anni Sessanta, aveva compreso benissimo che il sistema liberale si basava sull'omologazione dell'individuo che doveva diventare un consumatore schiavo del sistema, e proponeva come liberazione da tutto questo proprio la cultura, il sapere per Adorno (e anche l'arte) dovevano diventare un modo per le classi più povere ed ignoranti di elevarsi e quindi di non essere pedine di un sistema che non fa altro che manipolare.
Secondo alcune statistiche un americano su quattro ha tratti SOCIOPATICI nella sua personalità o è addirittura caratterizzabile come sociopatico: la sociopatia è il disturbo antisociale della personalità, è insomma l'insieme delle caratteristiche che portano l'individuo a vedere gli altri come nemici da abbattere per trarne vantaggio, a non farsi scrupoli pur di emergere e di avere successo calpestando gli altri. Ora, come mai la sociopatia è così diffusa nella società americana? E' il sistema neoliberale con la sua idea di competizione sfrenata a produrre tali aberrazioni, e gli Stati Uniti hanno da sempre fatto del capitalismo più estremo la loro bandiera ideologica.
#270
Oltretutto l'abbassamento del livello lo si può benissimo notare nel livello dei libri di testo attuali, gli esercizi non sono infatti pensati per stimolare le capacità logiche, ma sono spesso ridotte a test a cui rispondere con le crocette, e questo è il modello americano che si è imposto in Occidente: tuttavia la scuola pubblica americana risulta essere scesa ad un livello così basso che spesso le famiglie iscrivono i figli a scuole private che sono di livello superiore, proprio per ovviare alla carenza della scuola pubblica statunitense. Se io abituo lo studente a rispondere con una semplice crocetta o con poche righe, non lo aiuto a pensare, ad argomentare, a usare la mente per effettuare legami logici. Un'altra cosa che io ritengo grave è il fatto che si sia perso il concetto che l'insegnante, proprio in quanto adulto e in quanto possessore di conoscenze, è effettivamente in una condizione di superiorità rispetto all'alunno e dev'essere percepito come superiore. Potranno scandalizzarsi i benpensanti democratici, ma io dico che il rapporto tra docente ed alunno NON DEV'ESSERE alla pari, ma asimmetrico, l'alunno deve riconoscere nel docente una figura superiore a lui che lo guiderà nell'apprendimento e nell'apprendere i valori del vivere civile, il malinteso senso di democrazia invece sta facendo sempre più perdere questo senso di soggezione, di riverenza verso il docente e quali sono i risultati? E sono proprio i pedagogisti progressisti (dal 68 in poi) ad aver voluto democraticizzare la scuola facendo in modo che il docente debba essere considerato alla pari degli alunni. Si è cessato ad esempio di dare del lei alle maestre e ai maestri elementari, proprio per questo.  I risultati sono drammatici poiché si è registrato negli ultimi anni un aumento dei casi di BULLISMO degli alunni contro i docenti, offese di alunni verso insegnanti con tanto di filmati su youtube, aggressioni fisiche e verbali di genitori verso i docenti  solo perché il figlio ha preso un'insufficienza tra l'altro meritatissima, e tutto questo secondo me accade proprio per il fatto che si è persa a livello sociale quella riverenza, quel rispetto che prima si aveva verso la figura dell'insegnante.
Tornando alla scuola delle competenze, essa è deleteria perché svuota di valore il concetto stesso di sapere, che non è più un valore in sé, ma ha valore solo se serve per qualcos'altro, per il lavoro ad esempio: tale visione, se può forse andare anche bene per un istituto professionale, non va più bene per un liceo in cui invece è giusto educare ad apprezzare l'importanza e la bellezza della cultura in se stessa, come fine e non come mezzo; se io conosco benissimo Leopardi è ovvio che non mi servirà a risolvere un contenzioso sul posto di lavoro o a risolvere problemi di contabilità, ma tuttavia la sua conoscenza mi arricchirà come persona poiché è proprio la conoscenza (intesa come consapevolezza) ciò che ci rende UMANI e ci differenzia dai bruti ("Fatti non foste a viver come bruti....") e quindi coltivare il sapere significa in un certo senso migliorare la propria umanità.