sgiombo ha scritto:
E anche il tentativo di definire reale e irreale per mezzo del pensiero (a cui però finisce col gravare tutto il peso di definire la realtà), inciampa su sé stesso:
Riesco a dare approssimativamente un'interpretazione a quello che proponi solo assumendo il punto di vista dei riduzionisti materialisti e oggettivisti (che però non condivido), per cui c'è un'unica realtà oggettiva a sé stante, la "realtà esterna", inspiegabilmente esistente indipendentemente da qualunque soggettività e tutto il resto è "epifenomeno", qualcosa che può solo essere effetto e non causa. In tal modo, a patto di accettare arbitrariamente questo come postulato, la realtà risulta definita a priori e la domanda che ho posto risulta priva di senso.
CitazioneOgni concetto, compresi quelli di "realtà" e di "verità", si definiscono mettendo in relazione altri concetti.Qui le cose si complicano perché metti in gioco il "pensiero", altro termine assai problematico e meno fondamentale di "esistenza" o "realtà". Si direbbe che poni il pensiero alla base della realtà stessa. Ma quello che chiamiamo "percezione" lo consideri pensiero? E la percezione di un pensiero? Qualunque sia la risposta, la domanda evidenzia come introdurre questo concetto apra un nuovo difficile ambito di discussione.
Quello di "realtà" (eventualmente pensabile) si distingue da quello di "oggetto non reale di pensiero" per il fatto che é tale anche qualora non la si pensi (sia che la si pensi, sia che non la si pensi), mentre un "oggetto non reale di pensiero" (di pensiero reale se il pensiero accade realmente), é solo qualcosa che indipendentemente dall' essere pensato non accade realmente in alcun (altro) modo.
E quello di "conoscenza vera" esprime la caratteristica di un pensiero (predicato o giudizio) che afferma essere/accadere realmente qualcosa che (indipendentemente da tale pensiero) é/accade realmente, oppure che afferma non essere/non accadere realmente qualcosa che non é/non accede realmente.
I tre concetti di "realtà", "oggetto di pensiero" e "predicazione vera" si definiscono reciprocamente, oltre che relativamente ai rispettivi contrari, in ossequio alla regola che ogni e qualsiasi concetto si definisce mettendo in determinate relazioni determinati altri concetti.
E anche il tentativo di definire reale e irreale per mezzo del pensiero (a cui però finisce col gravare tutto il peso di definire la realtà), inciampa su sé stesso:
Citazioneun "oggetto non reale di pensiero" (di pensiero reale se il pensiero accade realmente), é solo qualcosa che indipendentemente dall' essere pensato non accade realmente in alcun (altro) modo.A me pare che un pensiero non possa "accadere" se non in quanto pensiero. Se penso al mio amico Tizio e poi lo incontro, trovo certo una relazione tra il mio pensiero e la mia percezione sensoriale di Tizio, ma si tratta solo di una relazione tra un oggetto esistente in quanto pensiero (appartenente al sistema rappresentativo che chiamo "realtà interna") e un oggetto esistente in quanto appartenente al sistema rappresentativo che chiamo "realtà esterna". Il pensiero per me è solo un oggetto (reale quanto tutti gli altri) che si manifesta nello scenario della coscienza.
Riesco a dare approssimativamente un'interpretazione a quello che proponi solo assumendo il punto di vista dei riduzionisti materialisti e oggettivisti (che però non condivido), per cui c'è un'unica realtà oggettiva a sé stante, la "realtà esterna", inspiegabilmente esistente indipendentemente da qualunque soggettività e tutto il resto è "epifenomeno", qualcosa che può solo essere effetto e non causa. In tal modo, a patto di accettare arbitrariamente questo come postulato, la realtà risulta definita a priori e la domanda che ho posto risulta priva di senso.