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Messaggi - PhyroSphera

#256
Citazione di: iano il 01 Dicembre 2024, 02:27:54 AMSe invece tu comprendi, diversamente da me, perchè non mi dici dove sbaglio?.

Quello l'ho già fatto, per quanto possibile fosse a me.

MAURO PASTORE 
#257
Citazione di: iano il 01 Dicembre 2024, 02:16:28 AMIo non rifiuto la scienza ne la tecnologia.
Tu rifiuti la tecnologia, e accetti la scienza , ma solo dopo averne distorto il significato e/o ignorandone volutamente l'evoluzione, perchè non direi che ti manchi la capacità di capire.
In particolare alle mie critiche ormai reiterate sulla tua interpretazione del principio di indeterminazione tu non hai mai risposto.
Ma alla fine cosa dovremo consigliare ai giovani che ambiscono al premio Nobel per la fisica, di iscriversi a filosofia?
Deve essere certamente un ambiente poco raccomandabile la comunità scientifica, se ancora un filosofo quel premio non ha ritirato.
Ti pare bello scrivere "tu rifiuti la tecnologia"? Dove l'hai rimediata quest'altra illazione? La filosofia non sarà mai bella per te se non provi a farci qualcosa di serio.
Spero che non scambierai questi miei modi per delle confidenze.

MAURO PASTORE
#258
Citazione di: iano il 01 Dicembre 2024, 02:04:02 AMMa se è sufficiente la preconoscenza dei termini, sottintendo che non possano aver cambiato il loro significato, questo significa appunto ''fermarsi all'espressione solamente''.
Io no ho scritto niente di quello che hai pensato, tu svari invece che cogliere i vocaboli che scrivo. Non ho detto che la preconoscenza sostituisce il resto. Tu sai cosa significa il prefisso: -pre?
Non chiamare ignorante a scuola chi scrive qui per uno scopo serio. Non mi sto dedicando a fare diporto qui.
Sul resto che hai scritto, tutto basato su illazioni e incomprensioni.

MAURO PASTORE 
#259
Citazione di: iano il 28 Novembre 2024, 19:10:32 PME' peregrina se uno, non avendolo compreso, non può che limitarsi ad essa, come fai tu. Non metto però in dubbio che se tu l'avessi compreso saresti in grado di trarne interessanti conseguenze filosofiche, e non mi resta quindi che constatare in che modo tu sprechi il tuo talento.
Citazione di: misummi il 29 Novembre 2024, 07:41:41 AMprobabilmente non hanno capito neppure i quantisti che quel principio descrive un limite di misura e non un chissà che di filosofico.  Succede lo  stesso per il "collasso d'onda" e l'entanglement.
Citazione di: Il_Dubbio il 30 Novembre 2024, 22:01:59 PMLa mia personale opinione è che ci si trovi difronte ad una questione kantiana, ovvero quella cosa che in sè non è conoscibile.

"Iano" dice che non capisco e che rimando all'espressione solamente. Io su questo forum ho detto cose concretissime sul Principio di Indeterminazione, non solo sul significato scientifico della espressione. Comunque se, per esempio, diciamo di Teoria della Gravitazione, non stiamo parlando di qualunque cosa e il linguaggio con cui è espressa la scienza non è una convenzione cui far corrispondere qualunque cosa, tanto meno la fissa per il determinismo assoluto. La scienza non principia dal nulla. Moto, gravità, relatività, indeterminazione non sono parole che lo scienziato svuota e riempie a modo suo anzi sono termini di una preconoscenza aperta al filosofo e preclusa proprio allo scienziato.
"misummi" tira fuori la solita storia dei limiti di misurazione e "Il_Dubbio" che pareva intendere poi dice che si tratterebbe della indicazione di una indeterminazione tramite il tracciamento dei confini dell'indeterminato con una certificazione sul resto fuori. Nemmeno questo è vero, la scienza non fa deduzioni su ciò che sta fuori di essa quando descrive i propri confini. Difatti "Il_Dubbio" poi pensa di aver scovato la cosa in sé in mezzo ai dati della scienza fisica... e pure questo è falso. Lo scienziato non può supporre né incontrare dentro il proprio àmbito di ricerca qualcos'altro.
Ma quando "Iano", che in realtà viaggia in profonda crisi perché inizia a capire e poi se ne distoglie per pregiudizio e poi ancora rimane con una mezza verità che gli crea una dubitosità strisciante... quando "Iano" per cavarsela tenta di considerare l'impresa scientifica una pura intuizione su come fare rigorosamente le cose, scimmiottando i discorsi del pragmatismo... allora si è giunti al fattaccio: il rifiuto della scienza. Scienza significa tra l'altro avere dei riferimenti alla realtà, non poteri su come fare — questa sarebbe tecnologia.
Insomma questa la reazione al mio avvio di discussione, cui si oppone una specie di scongiuro nascosto in ragionamenti tortuosi e un autoaggiramento nel quale il lettore attento può scorgere un pregiudizio che impedisce di capire una parte ormai non trascurabile del patrimonio scientifico: indeterminazione fisica, finalismo psicologico, finalità biologiche... E la discussione non decolla proprio, gli interlocutori più chiusi alla verità dei fanatici di Aristotele alle prese con gli studi di Galilei... Ma tanta tenace insistenza deterministica distrae dalle fibrillazioni fisiche, dai propri piani mentali, dalle stesse tensioni vitali... o è segno di non decifrazione del linguaggio... Pessima situazione continuare a illudersi di capire.
Davvero ne vale la pena amare così le convenzioni e le abitudini sbagliate? Consegnarsi a una falsa convinzione con tanta tenacità, dicendosi che c'è prima questo e poi quello per un nesso tra i due? I fenomeni non sono totalmente interrelati. Non tutti i rapporti sono nessi. Non si può trattare bene il prossimo se non lo si capisce — tanto per dirne una. Un'esperienza base può accadere, anche senza scienza, individuando le cose giuste. La individuazione è nella mente di ciascuno e non esistono solo le individuazioni degli scienziati. La scienza psicologica attestandolo non acquista un dominio sul resto. Si provi allora a individuare cosa proprio non va nell'aggrapparsi a delle convinzioni antiscientifiche in una discussione filosofica sulla scienza. Non è il caso di spaventarsi se Einstein con i dati prodotti dalla attività di Heisenberg voleva fare come le suocere gelose. I lati non intelligenti dei geni sono vertiginosi quanto quelli intelligenti (e non si tratta di consultare il sedicente neurologo che finge che studiando 'i neuri' può ricostruire i pensieri e dire come è fatta l'umanità).


MAURO PASTORE
#260
Tematiche Filosofiche / Re: Psicoanalisi
28 Novembre 2024, 14:01:07 PM
Citazione di: misummi il 28 Novembre 2024, 13:02:56 PMÈ quello che ho detto.
E non dimenticate la frase:"Io non sono freudiano", quelle relative alle sue idee e ai suoi primi allievi,Reich,Jung,Adler...
Freud ha scolpito una mente e molti menti,l'ha olografata nei suoi scritti,ha creato un'opera d'arte efficace come cura dandole una veste scientifica.
Franco Fornari,colui che ha rappresentato la psicoanalisi freudiana in Italia,scriveva:"la terapia psicanalitica è simile alle parole incrociate. Una interpretazione dopo l'altra definiscono tratti che poi si compongono in un insieme funzionale allo scopo"
Dunque, una creazione!
 
Scolpire le menti? una mostruosità se fosse accaduto.
Sul resto, nel tuo messaggio c'è meno che sofisma. Non è bello che voialtri replichiate così, sopra verità necessarie, politicamente urgenti.

MAURO PASTORE
#261
Tematiche Filosofiche / Re: Psicoanalisi
28 Novembre 2024, 13:57:16 PM
Citazione di: Jacopus il 28 Novembre 2024, 12:34:19 PMSpero che Koba 2 non si arrabbi e non mi giudichi patetico, ma alcune precisazioni sono necessarie. Freud non stava per vincere alcun premio letterario ma è stato inserito nel "canone occidentale" di Bloom, con l'interpretazione dei sogni, non per il suo valore scientifico ma per il suo valore letterario, per la sua prosa chiara e precisa. Freud è in compagnia di una decina di libri, che secondo Bloom, identificano l'Occidente. Direi quindi meglio di qualsiasi premio Nobel. La citazione "se non mi lasciano lavorare in paradiso..." non la conoscevo, ma c'è una citazione in latino all'inizio dell' interpretazione dei sogni che ha lo stesso significato, ma non rivolto a Freud e alla sua (vera) opposizione al mondo accademico, quanto alla necessità di scavare dentro di sé per trovare sè stessi:" Flectere si nequeo Superos Acheronta movebo". Citazione da Virgilio. Per il resto, l'eredità lasciata da Freud è inestimabile, sia come clinico che come filosofo. Non a caso la psicoanalisi, oltre ad essere viva e vegeta, ha contribuito a far nascere tante altre scuole psicologiche, indizio di una sua capacità genetica di non assurgere a verità "unica" e "indiscutibile". La psicoanalisi è il contrario del monoteismo, sia esso religioso, politico o culturale. Ed è anche per questo che ha molti oppositori.


Sei disinformato per dogmatismo su scienza e psicoanalisi, fraintendi i dogmi dei monoteismi, che sono tanti. Non esiste un mono-monoteismo e allora i dogmi di fede sono relativi, senza bisogno che un tutore tanto innamorato della materia si occupi dei vissuti dei credenti e si preoccupi al posto del catechista della conformità tra atto di fede e pensamento. 

MAURO PASTORE
#262
Citazione di: PhyroSphera il 28 Novembre 2024, 13:19:10 PMera stata messa da parte e poi questo spacciato per negazione di tutti i finalismi, non solo biologici!
Inizialmente avevo scritto: 'e poi spacciata per', il che non corrispondeva esattamente al mio pensiero.
Ho anche aggiunto, alla fine, una frase in parentesi, a scanso di equivoci.

MAURO PASTORE
#263
L'attuale condizione sociale e culturale di vasta umanità è sotto scacco da una forma di illusione e persino di inganno su i dati della scienza.
Si pensa che tali dati costituiscano da sé stessi un sapere oltre che essere scienza o che sia la tecnologia o la tecnica a fornirne. In realtà è filosoficamente o con la filosofia che lo si può.
Galilei, Einstein, Heisenberg avevano filosofato con un certo successo ma senza la rigorosità che se ne attribuisce. Il filosofo E. Severino, vittima di un veto ecclesiastico in pieno '900, fu imparziale nel descrivere le debolezze epistemologiche di G. Galilei rispetto ai suoi inquisitori aristotelici - si badi che i greci antichi avevano già avviato la branca della fisica statica (si pensi ai Principi delle Leve, fondamentali ancor oggi per una enormità di realizzazioni tecniche).
A indicare di esagerazioni del pensiero filosofico einsteniano fu proprio Heisenberg, che io sappia piuttosto sobrio nell'indicare il valore epistemologico della propria scoperta, per la quale lo spaziotempo non appare così come figurato da A. Einstein, ma in alquanto disordine. Certo non bisogna esagerare con l'attribuzione di campo di realtà al Principio di Indeterminazione, eppure esso è un riferimento importantissimo, inaggirabile a prescindere dai linguaggi usati - inoltre l'espressione utilizzata per definirlo non è affatto peregrina.
Non sempre sono gli stessi autori di teorie scientifiche i migliori interpreti filosofici, anzi perlopiù non accade questo... ma fare due cose è davvero umano. Di fatto un'ottima riflessione della filosofia sulla meccanica quantistica io la trovai svolta da Nicola Abbagnano, grande protagonista dell'obiezione contro l'uso di armi atomiche ma consapevole che le scoperte della fisica del '900 offrono soprattutto un controllo. In realtà gli usi di guerra in tal caso sono mediati, non direttamente dalla scienza e non tecnologici!

La situazione delle scienze dicibili logiche, quali zoologia, morfologia, biologia, neurologia, psicologia, antropologia, sociologia, etnologia... è più difficile.
Quel che più mi colpì fu il caso del medico, fisiatra e biologo Wilhelm Fliess e della sua Teoria dei Periodi. Cercando io di capire, quale studente universitario, come mai la scientificità del finalismo psichico andasse incontro a pregiudizi più duri e tenaci di quelli affrontati dall'astronomo Copernico e i fisici Galileo e Newton, tentando io di appurare come mai non bastasse in Italia e altrove l'opera meritoria di E. Bernhard, che ne descriveva in termini non kantiani ma aristotelici, venni a conoscenza della vicenda simile e più drammatica dell'analogo concetto teorico e scientifico nella biologia. Dopo molte 'indagini', potetti appurare che la negazione di finalismi biologici non è mai esistita a livello scientifico e che anzi molte finalità biologiche sono scientificamente appurate; ma che l'idea di scoprirne una generale o fondamentale dopo tanti vani e pessimi clamori era stata messa da parte e poi questo spacciato per negazione di tutti i finalismi, non solo biologici!
A smentire la pretesa di alcuni biologi di poter giungere o essere giunti a inquadrare ciò in cui consiste il fine stesso della vita umana o addirittura cosmica, pareva bastare qualche nota di C. G. Jung, di valore deontologico e illustrativo dei contenuti scientifici della Teoria degli Archetipi: il Sé è inconoscibile; non si sa scientificamente la direzione della "via al Sé"; anzi non lo si può proprio sapere. Quest'ultima affermazione reca un indubitabile carattere filosofico e serve nella pratica a evitare che uno psicologo divenga arrogante e troppo curioso col suo paziente. Dato che la psiche è anche bios, non può esser possibile a mente umana di costruire una biologia capace di scoprire il fine della vita e neanche di appressarvisi!
Ma, tristemente notavo, gli ambienti culturali erano divisi tra sogni irrealizzabili e negazioni eccessive.
Circa il lavoro di Fliess molte cose mi furono chiare della questione. La sua descrizione dei cicli sessuali era confusa col relativo cronotipo, ottenuto dalla attività scientifico-medica, non solo scientifica. La sua Teoria dei periodi vitali, cioè la scoperta scientifica di una ineludibile periodicità della vita biologica, era confusa con suddetta descrizione e spesso spacciata per un cronotipo.
Un'altra semplice mia considerazione era in ordine alla decifrazione e valutazione del dato scientifico (la scienza della biologia la conoscevo dal Liceo), filosofie e filosofemi a parte: il periodo vitale è parte di una finalizzazione, altrimenti non sarebbe tale.
L'altra, di ordine filosofico: non è possibile che la vita sia nei suoi fondamenti fatta di periodi, altrimenti non esisterebbe la lotta per vivere, la quale si può sapere da una conoscenza non scientifica, bensì filosofico-esistenziale.
Il resto che mi trovai di fronte in società fu uno scenario non triste solo per un pirata, fra illazioni della malasanità, incubi del volgo, concorrenze inutili tra professionisti, prepotenze di tecnici tutt'altro che tecnocrati e intrusivi ai danni degli Stati... e negli ospedali ne profittavano i coleotteri, le cimici, non uomini e donne. (Me ne rattristai.)


MAURO PASTORE
#264
Tematiche Filosofiche / Re: Psicoanalisi
28 Novembre 2024, 11:40:17 AM
Citazione di: misummi il 28 Novembre 2024, 10:49:12 AMFreud aveva letto Groddeck e il suo  "Libro dell'Es" , traendone una visione chiara dell'inconscio e perfino il termine Es.
Voi pensate ancora a Freud in senso classico ma lui non era così.
Aveva a che fare con un ambiente accademico chiuso e elitario che gli impediva di lavorare tranquillamente ,fare esperimenti e pubblicare quello che faceva.
Una sua frase poco nota diceva: " se non mi lasciano lavorare nel loro Paradiso io lo farò,a modo mio,all'inferno!"
Freud era un artista e in poeta che usava la parola come un pennello per rappresentare e, nel contempo,plasmare e curare  la mente.
Nel contempo era un uomo onesto anche professionalmente:" Le mie idee di Io,Es,Super Io,libido....NON SONO OGGETTI REALI MA IDEE UTILI ALLA MIA TERAPIA!"
E ancora:"Io non sono freudiano!"
Quindi,discutendo con Wilhelm Reich sulla funzione dell'orgasmo e e la somatica psicocaratteriale :"Io penso che lei si sbagli ma non posso escludere che abbia ragione. Se fosse così,lei dovrà assumersi il peso e la responsabilità della psicoanalisi"
Qui state discutendo un cliché e non un'esperienza viva e reale. 

Molto francamente, fatte opportune attenzioni, quel che lei ha scritto qua su aiuterebbe, per contrasto, a comprendere quel che io ho scritto in questa discussione, e non trovo giusto che lei ne usi per screditare le preziosissime informazioni che ho dato. Aiuterebbe nel notare per esempio che c'è un tentativo di mito. Si sa che il Libro Rosso di Jung è una vera testimonianza artistica, ma mettersi a dire di Freud poeta e pittore è una sciocchezza.

MAURO PASTORE
#265
Tematiche Filosofiche / Re: Psicoanalisi
28 Novembre 2024, 11:30:35 AM
Citazione di: green demetr il 27 Novembre 2024, 01:29:11 AME' esattamente quello che ha fatto, fare un attacco ad personam, tra l'altro ignorando che la cocaina era un prodotto sconosciuto all'epoca, e di cui Freud fu un attento lettore sia delle cause somatiche che di quelle psichiche, quindi essendo un pioniere nell'affermare che fosse una sostanza che dava dipendenze.
All'epoca del caso Valium questi grandi psicanalisti DOVE ERANO? per esempio.
Ma questo poi cosa c'entra con i suoi insegnamenti?
Come si fa a criticare Freud di non aver capito la pscianalisi, pur avendola scoperta, di fatto da solo, e dopo averla scoperta, essendone stato il più grande interprete, fino all'eccellenza di alcuni passaggi di magnificenza intellettuale, a tutt'oggi molto, ma molto poco studiati.
I post-freudiani e le lore teorie sono solo fumo negli occhi, non hanno alcuna validità se non dentro i loro circoli, conniventi con l'ignoranza dei politici e dei giudici.
Quindi si siamo in un epoca davvero bula, se ce la pigliamo con l'unico che ha saputo dare una strada maestra alla verità umana.
Ma non penserete che non sia un caso giusto? 8)
Io non ho scritto che Freud non capiva ma che non riconosceva tutti i valori neanche quello fondamentale della sua ricerca che - al di là dei tentativi dei miti - non fu quella decisiva né quella fondamentale per la psicoanalisi.

Su quel che "green demetr" ha scritto in altro messaggio su Jung, la Sfinge, la mostruosità di Adler, non sto qui ad attribuirgli torti ma vorrei far notare che il mestiere di Jung e Adler non era quello di cedere ai pazienti la propria sensibilità mistica o i propri modi di spiegarsi. Quali presenze nella cultura, entrambi diedero un ché di disastroso al corso delle vicende sociali cristiane: il primo alla fine sfociò per davvero in affermazioni gnostiche assai ambigue e il secondo dicendo di 'connotazione omosessuale del cristianesimo' rubava il còmpito a Jung, che non avrebbe potuto commettere tanto sproposito comunicativo. Quale psicologo individuale Adler non aveva da dire sui collettivi religiosi e parlò di alcuni aggregati di individui come di moltitudini organizzate e pervasive. Solo alcuni cristiani se la passarono e se la passano come Adler diceva. Certe volte Jung dicendo di una collettività pareva dire di tutte, ad esempio nelle sue ricerche sul rito della messa cattolica. Erano sedotti da ideologie positiviste.  Ma chi fa ideologismo per negare dati e risultati effettivi di Jung e Adler, esagerando e deformando quelli di S. Freud, finisce per poterla combinare peggio ai danni di cultura e informazione e non solo.

P.S.
Per chi non voglia aggiungerci del suo, non si trova nessun attacco 'ad personam'  nei miei messaggi.


MAURO PASTORE
#266
Tematiche Filosofiche / Re: Psicoanalisi
28 Novembre 2024, 11:08:06 AM
Citazione di: green demetr il 27 Novembre 2024, 00:40:28 AMMi piacerebbe proprio se lei mi indicasse dove. Non lo dico polemicamente.
Infatti caratteristica della psicosi è proprio il carattere di negazione della realtà.
Se non si entra in rapporto con loro, è anzitutto perchè viene a mancare la loro capacità simbolica.
E' ovvio che dipende dal vissuto, ma non c'è niente da fare sono forme incurabili.

Musatti in quanto a capo della società psicanalitica dei post-freudiani non può che dire inesattezze e strafalcioni come quello che Lei riporta, ossia che Freud non era psichiatra: cosa veramente risibile, è saputo che fu allievo di Bleuler, nella clinica della Salpetrie.
E per un semplice fatto: che la psicanalisi l'ha inventata lui, prima si chiamava psichiatria.

Come si può dare retta ad uno come Assaggioli che ritiene malati mentali chi è gay.
E' una chiara violazione del diritto naturale (purtroppo oggi spacciato per diritto formale).
E una evidente filiazione intellettuale del suo essere massone.

Mi pare che alla fine comunque dissentiamo solo sulla questione della curabilità delle psicosi.
- Non ho possibilità né volontà di indicare dei testi da leggere in base a una richiesta come la sua. Io sto indicando anche la strada della lingua: il termine psicosi già può indicare tutto il necessario. Una buona riflessione dopo aver consultato un buon vocabolario; anche perché il linguaggio autentico della vera medicina è fatto proprio per questo.

- Freud è indicato dalle cronache come collaboratore di Bleuer, non come assistente di stesso ruolo.

- A me non risulta che Assagioli avesse fatto la diagnosi che lei (maldestramente) dice. Si occupava, con la psicosintesi, anche di autorealizzazione del Sé e probabilmente aiutò anche chi restando confinato nella omosessualità non trovava abbastanza soddisfazione. Ciò, per quanto terapeutico possa essere, non è officio di medici e terapisti (ne aveva dimostrato già A. Adler); ma gli psicologi possono fare anche altro.

Lei ha scritto "psicanalisi", non 'psicoanalisi'. La psicoanalisi è metodo psicologico, dipende dalla disciplina della psicologia; gli applicatori non psicologi lo fanno con tutti i limiti del caso. La psicanalisi (senza la 'o') è più generica e meno precisa, più pratica in certe situazioni, quindi meno legata alla disciplina psicologica. Ma esiste una funzione analitica che chiunque nella propria psiche può imparare ad esercitare, anche da solo. A livello professionale non può esser fatta valere da sola. La psichiatria si fonda su saperi e conoscenze psicologiche e molti psichiatri sono applicatori del metodo psicoanalitico; ed è molto ovvio che assumere la psicoanalisi nella pratica psichiatrica non equivale a identità. Oltretutto, come si usa far svolgere il còmpito di fisioterapista da non medici, così con la psicoterapia... e perciò uno psicologo-psicoterapeuta con la psicoanalisi terapeutica è assai più competente di uno psichiatra e neppure fuori posto. Inoltre il problema psichico è più direttamente pensato di quello fisico da chi ne soffre e non è vero che i malati psicotici non avvertano il proprio stato, anche senza pensare i sintomi (che servono per guarire, non per essere annullati). La scoperta dell'inconscio non nega questo. Innanzitutto perché ciascuno è il proprio inconscio oltre che la propria coscienza e la percezione di sé fondamentale e inevitabilmente presente è sempre più di pareri e studi altrui, scientifici o non. Tutti i veri medici psicoanalisti ne devono sapere per essere autentici. In secondo luogo il precipitare nell'incoscienza non è mai oltre, nel senso che l'essere umano esiste dotato di coscienza o non esiste; e c'è anche la "supercoscienza" che funziona anche nel sonno, in tutti, non solo nei presunti "tipi super".

Io questo lo ho scritto per chiunque voglia capire, soprattutto per chi in bisogno, non come un parere interno al "settore". Non c'è bisogno di essere consulente specializzato per farlo; le buone informazioni si possono valutare anche se non vengono con requisiti specifici.


MAURO PASTORE
#267
Tematiche Filosofiche / Re: Psicoanalisi
28 Novembre 2024, 10:25:56 AM
Citazione di: green demetr il 27 Novembre 2024, 00:40:28 AMMi piacerebbe proprio se lei mi indicasse dove. Non lo dico polemicamente.
Infatti caratteristica della psicosi è proprio il carattere di negazione della realtà.
Se non si entra in rapporto con loro, è anzitutto perchè viene a mancare la loro capacità simbolica.
E' ovvio che dipende dal vissuto, ma non c'è niente da fare sono forme incurabili.

Musatti in quanto a capo della società psicanalitica dei post-freudiani non può che dire inesattezze e strafalcioni come quello che Lei riporta, ossia che Freud non era psichiatra: cosa veramente risibile, è saputo che fu allievo di Bleuler, nella clinica della Salpetrie.
E per un semplice fatto: che la psicanalisi l'ha inventata lui, prima si chiamava psichiatria.

Come si può dare retta ad uno come Assaggioli che ritiene malati mentali chi è gay.
E' una chiara violazione del diritto naturale (purtroppo oggi spacciato per diritto formale).
E una evidente filiazione intellettuale del suo essere massone.

Mi pare che alla fine comunque dissentiamo solo sulla questione della curabilità delle psicosi.
Io riferivo di genesi e carattere della psicosi quale malattia mentale. Ho detto nei miei messaggi che lo stato psicotico è una possibilità della mente umana, ad esempio per sopravvivere - alcuni ne usano litigando, per essere più terribili! Spiegavo che niente si inceppa del nostro cervello. Jung spiegava che lo stato di malattia non è un intruso da scacciare o sopprimere ma che a volte la vita senza affrontare il vuoto della malattia penerebbe di più. Una cosa sono le condizioni del malato, altro lo stato del malato stesso, che non va mai scambiato per negativo. Se c'è una psicosi, non è la psicosi stessa il problema, la quale infatti può essere anche altrimenti che in condizioni di malattia. La genesi della psicosi l'ho spiegata, secondo le osservazioni scientifiche di Jung: perché non farci i conti? Se anche una volontà di litigare può creare una psicosi, non la malattia, non bisogna meravigliarsi che da certi fattori concomitanti ambientali e da certi vissuti importanti psichici possa nascere uno stato psicotico di malattia; né bisogna temerlo scambiando la malattia per l'errore. Le incapacità generate dalle condizioni di malattia non sempre si traducono in errori e quando questo accade non è a sua volta malattia. Esulare dal cosiddetto spaziotempo non è sbagliare su tempi e su luoghi.

Il resto nel prossimo messaggio.


MAURO PASTORE
#268
Tematiche Filosofiche / Re: Psicoanalisi
26 Novembre 2024, 17:38:12 PM
Citazione di: PhyroSphera il 26 Novembre 2024, 17:26:01 PMNon dicevo di coinvolgimento personale ma di diverso coinvolgimento di S. Freud nel movimento della psicoanalisi. Io parlerei di antesignano, nel senso che può avere il prefisso 'ante', non solo di essere prima ma anche di differenza in qualche modo, anzi nel nostro caso di non concordanza. Esempio: "le ore antelucane" sono quelle prima dell'alba ma in genere sono le più fredde della notte.
Sicuramente la divulgazione ha avuto a che fare con lui ma, come dicevo, in presenza di errori di valutazione del suo ruolo. Esso assomiglia a quello che potrebbe definirsi in un processo chimico 'pro-reagente': una concomitanza atta a scatenare delle reazioni... che egli non si aspettava potessero cogliere il bersaglio, stando per esempio a quanto scrisse E. Fromm (ne ho detto in uno dei messaggi precedenti, non ricordo se in questa discussione). S. Freud pensava in ultimo a un futuro di farmacologia, in contraddizione col senso possibile che il suo operato poteva avere se incluso in una opportuna psicologia; cosa che era stata fatta da C. G. Jung, la cui opera rifiutata o trascurata dallo stesso Freud. Dunque — è cosa già detta e ridetta da professionisti del settore — bisogna distinguere tra gli scritti di Freud ricondotti entro un valido quadro psicologico-critico-interpretativo (critico anche eticamente) e il suo orientamento professionale, che non era solidale alla causa della psicologia perché tendeva ad asservire il metodo psicoanalitico agli usi impropri neurologici. Questa tendenza era disastrosa per medici e pazienti.
S. Freud finì, in Inghilterra dove era andato a vivere negli ultimi anni della sua vita, escluso dalla professione medica dalle autorità inglesi — non so se questa informazione, come pure molte altre, è stata occultata dal fanatismo che circonda la sua figura e dagli ambienti che hanno interesse a contrastare usi medici non impropri, quali la psicoterapia per le malattie mentali.
Dicevo in altro messaggio della degenerazione in cui S. Freud cadeva quando diventando insofferente alle teorie di Adler negava anche cosa fosse un sintomo, ma è noto anche, a chi senza pregiudizi, della sua catastrofica esperienza con la cocaina: un suo paziente morto per la sua consulenza sbagliata e S. Freud non considerato omicida dagli inquirenti solo perché riconosciuto gravemente inetto con la sostanza (la cocaina, appunto); uso successivo della stessa da parte sua fino alla dipendenza poi tossicodipendenza, dalla quale usciva solo con l'aiuto di altri medici e terapeuti... ma permanenza in una mentalità da cocainomane: questo il ragguaglio degli studiosi e medici (anche scienziati) su di lui... Quanto emerse dalla fine del suo soggiorno inglese era questo: difficoltà di rapporto con la morfina, assunta distraendosi durante la malattia che sarebbe stata poi letale (un cancro), al punto che il personale che lo seguiva entrava in completa difficoltà, fino a dovergli protestare mancanza volontaria di rispetto per le raccomandazioni che riceveva.
Si badi, che io non sto rapportando questo discorso alla personalità di Freud, tantomeno alla sua persona. Non nutro odi a riguardo. Includo certe affermazioni in relazione e per utilità del discorso che si sta facendo qui su questo forum e a vantaggio di necessarie riflessioni. Era quasi proverbiale il volto tanto poco divertito proprio della suddetta figlia Anna nel ricordarne la presenza in mezzo agli altri... Tutte queste cose si trovarono pubblicate e chissà forse a un'attenta ricerca si potrebbero tutte ripescare ancora oggi.

Il ruolo di questo Sigmund Freud è stato nella medicina e nelle scienze diverso da quel che reputato dalla maggioranza della cultura; in filosofia — come spiegavo — è stato praticamente nullo. L'inconscio in filosofia esisteva già quale concetto, addirittura già nell'opera di Leibniz (né illustrò Jung), e quale elemento di teoria scientifica esso è in diretto rapporto con la filosofia (Schopenhauer, Nietzsche, Kierkegaard...), quella detta in un certo senso irrazionalismo. La non recettività di S. Freud rispetto al possibile effettivo valore dei suoi studi, la quale ho già indicato, ne pone l'operato fuori dalla riflessione filosofica propriamente detta: insomma, a volerne dire francamente e oggettivamente, un disastro epistemologico e in difetto ermeneutico il suo lavoro se commisurato al pensiero filosofico. Se la storia della filosofia ne può autenticamente includere è in qualità di ospite.


MAURO PASTORE
Ho migliorato e dato delle aggiustature al testo della mia risposta, il cui senso fondamentale era intellegibile anche prima.

MAURO PASTORE 
#269
Tematiche Filosofiche / Re: Psicoanalisi
26 Novembre 2024, 17:26:01 PM
Citazione di: TugA il 25 Novembre 2024, 13:01:32 PMLa sua osservazione sul ruolo di Anna Freud e della Spielrein nello sviluppo della psicoanalisi è interessante. È d'accordo sul fatto che la più ampia divulgazione della psicoanalisi abbia comunque avuto molto a che fare con il nome di Z. Freud? Freud, anche se il suo coinvolgimento personale nel movimento è limitato?

Non dicevo di coinvolgimento personale ma di diverso coinvolgimento di S. Freud nel movimento della psicoanalisi. Io parlerei di antesignano, nel senso che può avere il prefisso 'ante', non solo di essere prima ma anche di differenza in qualche modo, anzi nel nostro caso di non concordanza. Esempio: "le ore antelucane" sono quelle prima dell'alba ma in genere sono le più fredde della notte.
Sicuramente la divulgazione ha avuto a che fare con lui ma, come dicevo, in presenza di errori di valutazione del suo ruolo. Esso assomiglia a quello che potrebbe definirsi in un processo chimico 'pro-reagente': una concomitanza atta a scatenare delle reazioni... che egli non si aspettava potessero cogliere il bersaglio, stando per esempio a quanto scrisse E. Fromm (ne ho detto in uno dei messaggi precedenti, non ricordo se in questa discussione). S. Freud pensava in ultimo a un futuro di farmacologia, in contraddizione col senso possibile che il suo operato poteva avere se incluso in una opportuna psicologia; cosa che era stata fatta da C. G. Jung, la cui opera rifiutata o trascurata dallo stesso Freud. Dunque — è cosa già detta e ridetta da professionisti del settore — bisogna distinguere tra gli scritti di Freud ricondotti entro un valido quadro psicologico-critico-interpretativo (critico anche eticamente) e il suo orientamento professionale, che non era solidale alla causa della psicologia perché tendeva ad asservire il metodo psicoanalitico agli usi impropri neurologici. Questa tendenza era disastrosa per medici e pazienti.
S. Freud finì, in Inghilterra dove era andato a vivere negli ultimi anni della sua vita, escluso dalla professione medica dalle autorità inglesi — non so se questa informazione, come pure molte altre, è stata occultata dal fanatismo che circonda la sua figura e dagli ambienti che hanno interesse a contrastare usi medici non impropri, quali la psicoterapia per le malattie mentali.
Dicevo in altro messaggio della degenerazione in cui S. Freud cadeva quando diventando insofferente alle teorie di Adler negava anche cosa fosse un sintomo, ma è noto anche, a chi senza pregiudizi, della sua catastrofica esperienza con la cocaina: un suo paziente morto per la sua consulenza sbagliata e S. Freud non considerato omicida dagli inquirenti solo perché riconosciuto gravemente inetto con la sostanza (la cocaina, appunto); uso successivo della stessa da parte sua fino alla dipendenza poi tossicodipendenza, dalla quale usciva solo con l'aiuto di altri medici e terapeuti... ma permanenza in una mentalità da cocainomane: questo il ragguaglio degli studiosi e medici (anche scienziati) su di lui... Quanto emerse dalla fine del suo soggiorno inglese era questo: difficoltà di rapporto con la morfina, assunta distraendosi durante la malattia che sarebbe stata poi letale (un cancro), al punto che il personale che lo seguiva entrava in completa difficoltà, fino a dovergli protestare mancanza volontaria di rispetto per le raccomandazioni che riceveva.
Si badi, che io non sto rapportando questo discorso alla personalità di Freud, tantomeno alla sua persona. Non nutro odi a riguardo. Includo certe affermazioni in relazione e per utilità del discorso che si sta facendo qui su questo forum e a vantaggio di necessarie riflessioni. Era quasi proverbiale il volto tanto poco divertito proprio della suddetta figlia Anna nel ricordarne la presenza in mezzo agli altri... Tutte queste cose si trovarono pubblicate e chissà forse a un'attenta ricerca si potrebbero tutte ripescare ancora oggi.

Il ruolo di questo Sigmund Freud è stato nella medicina e nelle scienze diverso da quel che reputato dalla maggioranza della cultura; in filosofia — come spiegavo — è stato praticamente nullo. L'inconscio in filosofia esisteva già quale concetto, addirittura già nell'opera di Leibniz (né illustrò Jung), e quale elemento di teoria scientifica esso è in diretto rapporto con la filosofia (Schopenhauer, Nietzsche, Kierkegaard...), quella detta in un certo senso irrazionalismo. La non recettività di S. Freud rispetto al possibile effettivo valore dei suoi studi, la quale ho già indicato, ne pone l'operato fuori dalla riflessione filosofica propriamente detta: insomma, a volerne dire francamente e oggettivamente, un disastro epistemologico e in difetto ermeneutico il suo lavoro se commisurato al pensiero filosofico. Se la storia della filosofia ne può autenticamente includere è in qualità di ospite.


MAURO PASTORE
#270
Citazione di: Visechi il 20 Novembre 2024, 09:17:08 AMVedo che non rinunci al tuo solo immaginato auditorio. Lo appelli, lo chiami in causa per offrirgli una delucidazione "sulla mia posizione" (presunzione grottesca), per rendere chiaro quel che chiaro proprio non ti è. In tutto questo motteggio da imbonitore, redarguisci, ammonisci e rimbrotti. Vabbè, transeat, ce ne faremo una ragione, non mi va di spendere troppe parole per insegnarti il dialogo e farti gustare il piacere del confronto. Spero comunque che alcuni messaggi riescano a scalfire l'involucro che hai eretto a protezione della tua vacillante tetragona sapienza e che il florilegio vaporoso di mal comprese casuali lezioni studentesche si apra al dubbio. Vedremo.
 
Noto che da subito non ti fai sfuggire l'occasione per compiere un peccato di presunzione quando sostieni con tracotante eccessiva enfasi che l'ateismo sia 'disimpegno che può sfociare in disastrosa distrazione", negando d'un sol fiato l'esperienza di decine di pensatori convintamente atei che hanno inciso tracce indelebili nella storia della cultura universale, ai quali certamente non puoi addebitare disimpegno e men che meno mancanza di profondità nell'analisi. Sostenere che sia ignoranza è un'altra delle tue perle di arroganza, ma la sciocchezza più evidente è la pretesa che l'ateismo sia un approdo provvisorio destinato a svanire come orizzonte esistenziale. Credi che certe sciocchezze, peraltro smentite dall'esperienza quotidiana che coinvolge tutti noi, meritino dei commenti o di essere confutate? Ho già scritto che sei autoreferenziale, ma qui più che altro mi pare che il tuo pensiero sia del tutto alieno dal confronto e conforto con e della realtà. Più spesso si è assistito all'abbandono fatale della fede, soprattutto dopo gli eventi cruenti del secolo breve.
 
In ragione delle tue poco accorte parole circa l'Infinito leopardiano, trova conforto la mia marcata e già evidenziata opinione che tu tenda a con-fondere Trascendenza (ribadisco, innegabile) con Dio. Non si tratta di sinonimi. È concepibile e percepibile una trascendenza che sia l'approdo speculativo, ma anche emozionale, della coscienza della finitudine e della limitatezza umane. Perciò ti scrissi, senza che tu abbia capito alcunché, che il dialogo con il proprio animo, col profondo (potrei inondarti di parole su questo tema), porta a lambire la percezione di un oltre, di una trascendenza che al suo fondo abissale non incontra alcun Dio (fattelo raccontare da Husserl), se non quando questo è posto e preteso dalla necessità di dar conforto per acquietare un animo che ribolle, un animo in tramestio. Nietzsche sosteneva che il cristianesimo e Dio stesso fossero la rivalsa e la risposta del risentimento dei deboli. Si tratta di una risposta pretesa dall'ansia, edificata da un'angoscia esistenziale, istituita da un male di vivere che ha impregnato di sé l'intera opera leopardiana (almeno dal 1819 – se insisti nel mostrarti ottuso ti inserisco i brani) e di cui l'Infinito è preclara testimonianza (vuoi la parafrasi del poema?). Sartre l'ha battezzato con il termine Nausea, cui diede un rimedio vitale come l'Impegno (l'uomo si edifica da sé, scaraventato nel mondo, nasce come una tabula rasa, da qui la necessità di edificarsi esistendo); Baudelaire con l'ennui e i suoi paradisi artificiali. Ma tu, ovviamente, limitato oltre che 'finito', non sei riuscito a capire nulla... non mi stupisco! Mentre faccio ammenda per Spinoza e Bergson: rileggendo mi son reso conto di essermi fatto prendere dalla fretta ed aver costruito un pastrocchio. L'elan vitale, il conatus essendi, come anche in buona misura la volontà di potenza di N., o l'arte di Shopi rappresentano delle vie di fuga, la cura alla percezione del non senso della vita.
In poche e conclusive parole, è nel fondo abissale dell'anima che si entra in contatto con il tramestio della trascendenza, dell'ulteriorità che ci abita. Questa percezione, questo lambire l'orizzonte degli eventi dell'oltre non ci collega ad una dimensione metafisica esogena, ontologicamente collocata e stabilmente ubicata all'esterno dell'essere; è l'essere stesso che sprofonda in sé stesso, come un astro in un buco nero. Dio o Marx (spero capisca l'allegoria di Marx... sii allergologo, una volta tanto) sono quel tanto che forniamo come risposte ultime e transeunti a questo richiamo abissale. Dio è l'ipostasi (credo inconscia) della percezione del Nulla (quello trovi oltre quell'oltre che ci abita); parimenti, Marx è l'idea (logica) che edifichiamo coscientemente per non udire la Nausea, l'ennui, la Noia, il Male di vivere che, se non calmierata, conduce alla follia. Perciò Dio o Marx (sii allergologo nel leggere Marx) hanno svolto un compito terapeutico come cura dal Male. Qui non hai torto. Ma si tratta di cure da farmacopea, entrambe. Volute e cercate o istituite dalla necessità espressa dal Nulla. Sono le illusioni (per tornare a Leopardi) che offrono riparo dal dolore che il non sense espresso dalla nullità di tutte le cose si trascina appresso, almeno fintanto che "Nobil natura è quella/ che a sollevar s'ardisce/gli occhi mortali incontra/ al comun fato, e che con franca lingua,/ nulla al ver detraendo,/ confessa il mal che ci fu dato in sorte..."
 
A grandi linee (perdonami la semplificazione di un pensiero complesso), Mircea Eliade, con piena ragione, ha sostenuto che l'umanità è una storia di religione. Innegabile, almeno fintanto che la ratio non sopravvenne per inverare questo predominio, che in un mondo secolarizzato è oramai sfumato e reso labile come non mai. È un bene? Un Male? Non sta a me dirlo... ma quantomeno è vero. Colgo anch'io nel respiro del Nulla la caducità dell'esistenza umana e i rischi insiti in questa fase storica di transizione.
 
Per quanto riguarda Cristo con questo intervento, per certi versi apprezzabile, chiarisci meglio rendendo maggiormente condivisibile il tuo pensiero. L'unico approccio possibile, concordo, non può che essere metafisico. Può anche non esserci un approccio e ritenere la narrazione dei Vangeli e le successive (stupende) interpretazioni solo filosofiche per la e della mente. In ogni caso, da ateo convinto, ti riporto un brano, interamente pensato e scritto da me ed inserito in un breve racconto che non ricordo se ho pubblicato su questo forum.
Son due personaggi che s'incontrano dopo tanti anni. È lei che parla:
"Io, dentro di me, sento che il Logos, facendosi carne, ha patito sulla croce non solo come carne, ma anche come divinità. Gesù è un paradosso. Non puoi pensare di scindere la divinità dall'umanità di Gesù; è la sua stessa natura che non lo permette. Diversamente, la morte sulla croce e l'intera vita di Gesù, sarebbero solo una finzione, una bugia – forse pietosa – raccontata all'uomo, poiché la divinità non avrebbe partecipato al dolore e non sarebbe stata quindi partecipe delle afflizioni dell'umanità. L'incarnazione, invece, impone proprio questo. Dio si è fatto uomo, nella sua interezza: carne intrisa di gioia e dolore, certezze e dubbi. E' per questo motivo che ti ripeto che è Dio stesso che soffre. Anche il dubbio insinuatosi sulla croce, i cui segni sono rinvenibili nel Getsemani, sono la cifra di un'agonia spirituale che coinvolge la divinità in prima persona, e Gesù, in quanto uomo divino, non poté sottrarsi a questa agonia, la quale trovò il suo epilogo nell'agonia della carne divina sulla croce. Ritenere che la sofferenza abbia coinvolto solo la carne, lasciando intatta la natura divina, significa sostenere un'algida alterità di Dio rispetto alle vicende umane, ciò sarebbe in aperto contrasto e negherebbe di fatto la passione amorosa che dovette convincere Dio a dare sé stesso per riscattare la creazione dal peccato, e sarebbe un'indelicatezza rispetto al mio amore, che non posso concedere".
Il cristianesimo si compie o muore ai piedi di quei quattro legni. Questo ci dice la teologia del Dio crocifisso di Moltmann, teologia del mondo riformato, ben diversa da quella di Benedetto XVI, che si mantiene forzatamente coerente alla tradizione tracciata da Sanctae Romanae Ecclesiae.
 
Ancora una volta ribadisco con ancor maggior enfasi che la vicenda di Gesù nell'analisi girardiana non è incuneata entro un 'contesto sociale criminologico fondamentale'. No, nel modo più assoluto. L'ira popolare descritta nei Vangeli è il momento culminante della tensione che, privata di sfogo, rischia di esplodere in maniera incontrollata. Furia violenta che va incanalata affinché la deflagrante violenza accumulata trovi uno via d'uscita e pian piano sia ricondotta a livelli comunitariamente accettabili. È, per l'appunto, la giusta esposizione di un evento, noto all'intero universo umano, da collocarsi pienamente nell'ambito della vittimizzazione dell'innocente, ovverosia del paradigma del capro espiatorio. Aspetto ben colto anche dalla liturgia cristiana con la definizione di 'agnello di Dio'.
 
Sul 'pastrocchio' ti ho risposto facendo pubblica ammenda per la confusione creata.
Sulla tragedia greca, Edipo, Girard evito di cercare di comprendere pensieri espressi male. Non creare pastrocchi tu, ora.
 
Il quid di cui parlo non è oggettivato o oggettivabile, non essendo neppure definibile né collocabile. È semplicemente quel di più che, pur essendo un prodotto del bios, lo trascende, lo sopravanza e supera. Quel di più che i nostri sensi e il nostro sentimento fugacemente colgono in un baluginare indecifrato ma ben sentito e avvertito. Quel quid tu pare lo riempi di un contenuto impersonale, immateriale che chiami Dio (oggettivandolo). Io mi limito a definirlo 'vita psichica': immateriale e personale (in quanto prodotto del bios individuale). Il tuo Dio si regge appellandosi alla tua filosofia, come la mia 'vita psichica' si aggrappa agli incerti sostegni delle neuro scienze. Non vedo dei nel fondo dell'abisso emerso dai forni di Auschwitz, ancor meno lo scorgo appeso alla forca di Wiesel, non lo vedo nei drammi del dolore degli innocenti. Se credessi nel tuo Dio restituirei il biglietto d'ingresso, perché l'armonia del creato che questo deus absconditus ci offre è costruita sul pianto degli innocenti. Grazie a Dio, Dio non esiste. La sua inesistenza salva Dio dalle giuste bestemmie che l'intero creato dovrebbe tributargli.
Urla Giobbe, urla Auschwitz, urla la madre che perde il sorriso del proprio bimbo, urla una donna stuprata nel corpo e dilaniata nell'anima... Ma la vita continua sorda ai lamenti, sorda a quel che accade... perché quel che accade è proprio ciò che deve accadere, senza finzioni, senza orpelli, senza barocchismi stucchevoli che rendano meno greve la visione di chi piange nell'anima perché ha dissecato la fonte delle proprie lacrime, di chi non ha più voce per gridare ed esigere una mano tesa che si sporga in un gesto d'aiuto, cui è rimasto solo un flebile filo di voce per restituire a quel Dio sì tanto indifferente la responsabilità che si deve accollare: <Padre, Padre perché mi hai abbandonato?>. "
E si ode ancora l'eco della protesta di Cioran: <<...Ecco perché, quando ingiuriamo il cielo, lo facciamo in virtù del diritto di colui che porta sulle spalle il fardello di un altro. Dio non è all'oscuro di quello che ci succede - e se ha mandato il Figlio, affinché ci tolga una parte delle nostre pene, lo ha fatto non per pietà, ma per rimorso.>>.
La profondità dell'urlo di protesta di Giobbe è tale da solcare il tempo e lo spazio, fino a congiungersi allo scoramento e al gemito di Gesù. Non vi è cesura fra i due eventi, solo un tratto di storia – dell'uomo – in assenza di Dio, costellato dal dolore, contrappuntato dal Male inconsulto che insorge bestiale a nutrire la vita. Non vi è cesura fra Giobbe, Gesù e le baracche di Auschwitz e Darkenau. Vi è continuità nel Male che s'insinua perfido nel cuore e prorompe dalla gola di madri che piangono figli, senza un perché, senza un motivo. Dio non ha mai fornito risposte, non vi è teofania che lo abbia giustificato. Quando, richiamato dall'urlo di Giobbe, fece udire la sua voce, non lo fece per svelare il mistero della vita e del Male, ma solo per accentuarli, per marcare una distanza incolmabile fra terra e cielo. Dio non è crudele, la crudeltà non trova ospitalità fra i suoi misteri. Dio parrebbe perseguire un progetto ineffabile, inconoscibile, intangibile ed inintelligibile, ma questo progetto dissemina la terra di vittime innocenti, le stesse vittime innocenti – i tanti bambini morti per caso, senza un perché - che indussero in un famoso personaggio di Dostoevskji un moto di ribellione, fino a rifiutare la coppa della vita, la cornucopia ricolma di tanti mali, fino ad infrangerla sul il pavimento per non volerne più cogliere i cocci, fino a restituire a Dio il biglietto d'ingresso nella mortifera Vita. L'Anima è ricettacolo di questa discrasia, e l'uomo avverte quest'antinomia presente nella vita, nella creazione. L'avverte in una visione tragica, che dilania, che accentua vieppiù la lacerazione dell'Origine. E non vi è sutura che possa redimerla. Chi soffre non è il corpo, è l'Anima. Quando l'Anima soffre, patisce l'intero corpo, patisce l'uomo nella sua interezza: mente, Anima, corpo."
 
Quale preambolo etico, affermo innanzitutto che la vittimizzazione dell'innocente o è incubo, nel pensiero, o è crimine, nell'azione. Si tratta di un'ovvietà, un'autoevidenza, dice il filosofo.
Quale avvertenza estetica, metto in guardia il lettore dai fuochi d'artificio retorici oppostimi: si tratta di un sofisma e i sofismi sono pericolosi per gli ingenui e sprovveduti.


Io dicevo, a proposito di ateismo, di disimpegno nel còmpito prima o poi necessario verso l'Assoluto.
'Visechi' ha tentato di difendersi, alla mia critica contro l'oggettivazione del Mistero, dicendo che il suo quid è un prodotto del bios. Allora, così, nessuna Trascendenza, solo il trascendentale (che è diverso). Perché lui se ne vuol occupare e vuol insegnare agli altri che essa porta al Nulla? (Non si fa! - nel senso che non si "quaglia" così.)
Lui dice che io confondo Dio e trascendenza. Ma Dio è presente nel mondo e lo trascende! Jung notava: dire il mondo è la mia rappresentazione può valere addirittura come sintesi del sistema filosofico di Schopenhauer, ribaltarne l'affermazione dicendo "la mia rappresentazione è il mondo" invece è specchio di follia. Scambiare sé stessi per il Mistero e negare quest'ultimo, come fa tal Visechi, non è sbagliare sulle cose ma è pur sempre, specialmente a livello filosofico, una chiusura sbagliata. O uno si occupa della Trascendenza senza confonderla per una via verso il nulla, o lascia perdere. Wittgenstein, a riguardo, poteva insegnare qualcosa e bisognerebbe farla finita di voler assegnare ai sostenitori della fede in qualcos'altro il ruolo di folli.
Su Dio, sofferenza, unione uomo-Dio, i teologi ne dicono e ne discutono, Moltmann compreso, ma costui a distanza e senza poter raggiungere l'autentico pensiero greco antico sulla apatia divina ma restando alle soglie dell'ellenismo, che era anche oltre i domini romani raggiunti dal ricorso forte al Gesù di Nazareth.
Se si accoglie il pensiero dell'amor fati quale premessa, non quale approdo e per giunta tardivo, ecco che non c'è bisogno di rimproverare a Dio le sciagure del mondo. Questa è saggezza che possiamo fare, mentre quella del Libro di Giobbe è sapienza, di cui poter cogliere i frammenti. Nel primo caso, il cammino della virtù; nel secondo della santità. Se l'evento negativo è estremo, ci possono stare tutte e due anche, ma la prima diversamente. L'ateo ostinato si confina entro i termini della saggezza senza intenderne i limiti e ciò non basta per avere sicurezza anzi è incertezza assicurata.

Aggiungo: il ribadire dell'avversario contro l'affermazione del bisogno antropologico di Dio nella convinzione che sia un'angoscia travestita, il citare le inquietudini e dilemmi esistenzialisti, Leopardi, Baudelaire, Sartre... Per questi ultimi io consiglio di valutare e confrontarsi con l'esistenzialismo positivo formulato da N. Abbagnano senza confondere piani terapeutici per dimostrazioni logico-filosofiche né ingannandosi o illudendosi di autentiche teorie scientifiche che confermino l'ufficio del negatore di Dio... Mentre per la prima insistenza io direi ai malcapitati di notare che l'ateismo aggressivo contro credenze religiose e fedi ad esse connesse coincide e si identifica con l'oblio dell'umano, nel suo aspetto e condotta numinosi. E' questa affermazione che è connotabile scientificamente, anzi è stato già fatto psicologicamente, ma pure antropologicamente e sociologicamente.


Chiudo, con l'impressione di aver interloquito con l'espressione non di un paradigma scientifico (nonostante le pretese dell'interlocutore) ma con un parametro tipico dell'insoddisfazione del mondo ipersecolarizzato.



MAURO PASTORE