Le recenti discussioni sul modi di intendere la filosofia e su questioni logiche, come il paradosso del mentitore, sono state per me particolarmente stimolanti (anche per le felici provocazioni Trauma e di Epicuro, che ringrazio).
Fra l' altro mi hanno indotto a chiedermi in che senso e fino a che punto la logica sia, oltre che una rispettabilissima scienza particolare fra le altre (accanto a matematica, fisica, chimica, astronomia, geologia, biologia, ecc.; avente ovviamente, come ogni altra scienza, ineliminabili aspetti e implicazioni filosofiche e "generalmente culturali"), anche una pratica teorica (nessun ossimoro: "pratica" nel senso di attività di pensiero o riflessione critica razionale) fondamentalmente e dunque almeno in qualche misura, o al limite anche solo potenzialmente, "umana generale"; cioè genericamente propria di ogni uomo in quanto tale, quale che sia la sua specifica attività professionale.
La correttezza formale dei ragionamenti è ovviamente necessaria a tutti per poter affrontare in modo positivo, valido, proficuo, vero qualsiasi problema, e dunque anche i problemi più generalmente umani o "filosofici".
E nel mio istintivo (non razionalmente fondato, com' è inevitabile ed ovvio) forte razionalismo, davo come per scontato che nella vita si evitano errori (di cui spesso si è destinati a pentirsi più o meno amaramente) anche e soprattutto grazie alla correttezza formale del ragionare.
Questa convinzione spontanea e un po' ingenua è andata alquanto in crisi riflettendo sulle recenti discussioni aventi implicazioni relative alla logica.
In seguito alle quali mi sembra di rilevare due cose:
a)Esiste un' "istintiva" (comunque "naif", già presente un ognuno, salvo casi più o meno gravemente patologici, semplicemente in conseguenza del normale sviluppo psicofisico e culturale: esperienze scolastiche, ecc.) capacità di ragionare correttamente più o meno conseguentemente e universalmente diffusa, che mi sembra più che sufficiente per affrontare bene i problemi della vita, senza bisogno di conoscenze "tecnicamente logiche"; le quali sono ovviamente importantissime in quanto tali, come teoria pura e per le loro applicazioni pratiche, ad esempio in informatica (che consentono fra l' altro la soluzione di molti importanti problemi scientifici e tecnici di difficoltà e complessità tale che sarebbero assolutamente insormontabili "a mani nude", cioè con la sola forza del pensiero razionale umano naturale), e dunque da coltivarsi, svilupparsi, incrementarsi professionalmente da parte di "addetti ai lavori", esattamente come quelle proprie di ogni altro campo della ricerca scientifica.
b)Gli errori veramente importanti, gravi che si compiono nella vita -circa particolari scelte o anche circa una valutazione generale della nostra esistenza e scelte fondamentali per la nostra autorealizzazione- di fatto non dipendono tanto da carenze nell' istintivo e ingenuo modo di ragionare (per esempio da deduzioni o altre inferenze logiche errate), quanto piuttosto dal fatto che la realtà in cui ci troviamo, pensiamo ed agiamo non è unicamente materiale, e dunque non è integralmente passibile di misurazione e di "trattamento teorico" o di "considerazione" matematica (la cui correttezza è garantita dalla mera scrupolosa osservanza delle regole logiche di ragionamento e di dimostrazione: tant' è vero che le si possono anche affidare a "macchine" e procedure in ultima analisi "meccaniche" con garanzia di correttezza maggiore che svolgendole in prima persona da esseri umani).
La realtà nella quale "ci dobbiamo destreggiare" implica anche enti ed eventi "cogitans" o comunque non materiali, e dunque non misurabili e non calcolabili: sentimenti, inclinazioni, soddisfazioni, insoddisfazioni, ecc.
E generalmente gli errori più o meno gravi che si compiono nella vita non sono dovuti a scorrettezze logiche, inferenze sbagliate, ecc., ma invece all' impossibilità di calcolo del rapporto costi/benefici che ci si può ragionevolmente attendere dalla scelta dell' una o dell' altra alternativa che di volta in volta ci si presenta.
E' relativamente facile calcolare (almeno in linea torica, di principio) i mezzi tecnici attraverso i quali uno scopo può essere conseguito nelle determinate circostanze in cui ci si trova ad agire; e comunque la correttezza di questi calcoli non è significativamente inficiata dall' ignoranza della scienza della logica e delle sue "tecniche specialistiche".
Il difficile è "soppesare " o "ponderare" (e non letteralmente "pesare", cioè propriamente misurare, che è impossibile!) la quantità di "soddisfazione complessiva" (la "pseudosomma algebrica qualitativa" di soddisfazioni e insoddisfazioni, per dirlo paradossalmente ma mi pare ben comprensibilmente) che potremmo conseguire perseguendo un determinato insieme di scopi complessivamente realizzabli e non reciprocamente incompatibili ("botte piena") piuttosto che altri insiemi alternativi ("moglie ubriaca").
Perché ad esempio (per la cronaca: del tutto campato in aria e non avente alcuna implicazione mia personale; oltre che alquanto banale e caricaturale; ma spero utile a spiegarmi) posso al massimo capire che l' amore di mia moglie e la stima dei miei figli sono per me soddisfazioni maggiori dei piaceri "carnali" e delle soddisfazioni personali in termini di orgoglio che potrei ricavare da un rapporto con una giovane bella ragazza che "ci starebbe"; ma di quanto sia maggiore non mi è proprio possibile stabilirlo (il doppio? Il 50% in più? Mille volte di più", Il 5% in più? Infinitamente di più?), contrariamente, per esempio, sia pure con ineliminabili elementi di approssimazione ed incertezza, ai soldi che mi costerebbe invitare a cena la ragazza qualche volta, farle qualche regalo, eventualmente affittare una stanza di albergo, ecc.
E se le ragazze abbordabili fossero più di una (qui l' esempio evidenzia tutta la sua "pacchianità", ma spero anche la sua "capacità esplicativa"), desiderabili in diversa misura in quanto qualcuna più bella, qualche altra più intelligente, più colta o con un temperamento più "eccitante", come potrei stabilire se la somma delle soddisfazioni ricavabili da un certo numero di rapporti con loro (quale numero? E di quali di loro?) sarebbe o meno (e men che meno: di quanto?) maggiore o minore delle insoddisfazioni derivanti dalla perdita dell' amore di mia mogie e della stima dei miei figli (per non parlare di eventuali sensi di colpa e sinceri, disinteressati rimorsi)?
Fra l' altro mi hanno indotto a chiedermi in che senso e fino a che punto la logica sia, oltre che una rispettabilissima scienza particolare fra le altre (accanto a matematica, fisica, chimica, astronomia, geologia, biologia, ecc.; avente ovviamente, come ogni altra scienza, ineliminabili aspetti e implicazioni filosofiche e "generalmente culturali"), anche una pratica teorica (nessun ossimoro: "pratica" nel senso di attività di pensiero o riflessione critica razionale) fondamentalmente e dunque almeno in qualche misura, o al limite anche solo potenzialmente, "umana generale"; cioè genericamente propria di ogni uomo in quanto tale, quale che sia la sua specifica attività professionale.
La correttezza formale dei ragionamenti è ovviamente necessaria a tutti per poter affrontare in modo positivo, valido, proficuo, vero qualsiasi problema, e dunque anche i problemi più generalmente umani o "filosofici".
E nel mio istintivo (non razionalmente fondato, com' è inevitabile ed ovvio) forte razionalismo, davo come per scontato che nella vita si evitano errori (di cui spesso si è destinati a pentirsi più o meno amaramente) anche e soprattutto grazie alla correttezza formale del ragionare.
Questa convinzione spontanea e un po' ingenua è andata alquanto in crisi riflettendo sulle recenti discussioni aventi implicazioni relative alla logica.
In seguito alle quali mi sembra di rilevare due cose:
a)Esiste un' "istintiva" (comunque "naif", già presente un ognuno, salvo casi più o meno gravemente patologici, semplicemente in conseguenza del normale sviluppo psicofisico e culturale: esperienze scolastiche, ecc.) capacità di ragionare correttamente più o meno conseguentemente e universalmente diffusa, che mi sembra più che sufficiente per affrontare bene i problemi della vita, senza bisogno di conoscenze "tecnicamente logiche"; le quali sono ovviamente importantissime in quanto tali, come teoria pura e per le loro applicazioni pratiche, ad esempio in informatica (che consentono fra l' altro la soluzione di molti importanti problemi scientifici e tecnici di difficoltà e complessità tale che sarebbero assolutamente insormontabili "a mani nude", cioè con la sola forza del pensiero razionale umano naturale), e dunque da coltivarsi, svilupparsi, incrementarsi professionalmente da parte di "addetti ai lavori", esattamente come quelle proprie di ogni altro campo della ricerca scientifica.
b)Gli errori veramente importanti, gravi che si compiono nella vita -circa particolari scelte o anche circa una valutazione generale della nostra esistenza e scelte fondamentali per la nostra autorealizzazione- di fatto non dipendono tanto da carenze nell' istintivo e ingenuo modo di ragionare (per esempio da deduzioni o altre inferenze logiche errate), quanto piuttosto dal fatto che la realtà in cui ci troviamo, pensiamo ed agiamo non è unicamente materiale, e dunque non è integralmente passibile di misurazione e di "trattamento teorico" o di "considerazione" matematica (la cui correttezza è garantita dalla mera scrupolosa osservanza delle regole logiche di ragionamento e di dimostrazione: tant' è vero che le si possono anche affidare a "macchine" e procedure in ultima analisi "meccaniche" con garanzia di correttezza maggiore che svolgendole in prima persona da esseri umani).
La realtà nella quale "ci dobbiamo destreggiare" implica anche enti ed eventi "cogitans" o comunque non materiali, e dunque non misurabili e non calcolabili: sentimenti, inclinazioni, soddisfazioni, insoddisfazioni, ecc.
E generalmente gli errori più o meno gravi che si compiono nella vita non sono dovuti a scorrettezze logiche, inferenze sbagliate, ecc., ma invece all' impossibilità di calcolo del rapporto costi/benefici che ci si può ragionevolmente attendere dalla scelta dell' una o dell' altra alternativa che di volta in volta ci si presenta.
E' relativamente facile calcolare (almeno in linea torica, di principio) i mezzi tecnici attraverso i quali uno scopo può essere conseguito nelle determinate circostanze in cui ci si trova ad agire; e comunque la correttezza di questi calcoli non è significativamente inficiata dall' ignoranza della scienza della logica e delle sue "tecniche specialistiche".
Il difficile è "soppesare " o "ponderare" (e non letteralmente "pesare", cioè propriamente misurare, che è impossibile!) la quantità di "soddisfazione complessiva" (la "pseudosomma algebrica qualitativa" di soddisfazioni e insoddisfazioni, per dirlo paradossalmente ma mi pare ben comprensibilmente) che potremmo conseguire perseguendo un determinato insieme di scopi complessivamente realizzabli e non reciprocamente incompatibili ("botte piena") piuttosto che altri insiemi alternativi ("moglie ubriaca").
Perché ad esempio (per la cronaca: del tutto campato in aria e non avente alcuna implicazione mia personale; oltre che alquanto banale e caricaturale; ma spero utile a spiegarmi) posso al massimo capire che l' amore di mia moglie e la stima dei miei figli sono per me soddisfazioni maggiori dei piaceri "carnali" e delle soddisfazioni personali in termini di orgoglio che potrei ricavare da un rapporto con una giovane bella ragazza che "ci starebbe"; ma di quanto sia maggiore non mi è proprio possibile stabilirlo (il doppio? Il 50% in più? Mille volte di più", Il 5% in più? Infinitamente di più?), contrariamente, per esempio, sia pure con ineliminabili elementi di approssimazione ed incertezza, ai soldi che mi costerebbe invitare a cena la ragazza qualche volta, farle qualche regalo, eventualmente affittare una stanza di albergo, ecc.
E se le ragazze abbordabili fossero più di una (qui l' esempio evidenzia tutta la sua "pacchianità", ma spero anche la sua "capacità esplicativa"), desiderabili in diversa misura in quanto qualcuna più bella, qualche altra più intelligente, più colta o con un temperamento più "eccitante", come potrei stabilire se la somma delle soddisfazioni ricavabili da un certo numero di rapporti con loro (quale numero? E di quali di loro?) sarebbe o meno (e men che meno: di quanto?) maggiore o minore delle insoddisfazioni derivanti dalla perdita dell' amore di mia mogie e della stima dei miei figli (per non parlare di eventuali sensi di colpa e sinceri, disinteressati rimorsi)?