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Messaggi - sgiombo

#2566
Citazione di: Apeiron il 28 Giugno 2017, 19:42:04 PM


Curisosità: ritieni che sia possibile un linguaggio capace di portare significato e privato? A mio giudizio ciò sarebbe possibile solo se si possono costruire proposizioni autoreferenziali sensate e valide.

CitazioneChiedo scusa per l' intromissione.

Credo che le lingue artificiali, come l' Esperanto, o almeno quelle fra di esse inventate da un unico autore, prima di essere proposte al pubblico costituiscano esempi di linguaggi capaci di significare e (sia pur momentaneamente) privati.

#2567
Citazione di: epicurus il 28 Giugno 2017, 12:16:12 PM
Paradosso di Curry: interessa perché non utilizza la negazione.
"Se questa stessa proposizione è vera, allora A e non-A è vera".
CitazioneMi sembra che una negazione ci sia ("non-A", da me evidenziata in grassetto).

La frase mi sembra ambigua: "questa stessa proposizione" (di cui si predica condizionalmente) é "A e non-A é vera"?
Oppure é (autoreferenzialmente; e analogamente a "questa frase é falsa") la stessa proposizione "questa stessa proposizione"?
Nel primo caso mi sembra una tautologia, per quanto falsa. O meglio, sembra a me, che (se ho ben capito contravvenendo la logica formale per come é correntemente considerata da intendersi correttamente) non riesco ad accettare che "contraddittorio" = "falso" ma invece = "senza senso", sia una (pretesa) reiterazione di una contraddizione, la quale per me é un non dire, non significare nulla (di sensato).
Nel secondo caso mi sembra (pure) senza senso: un pronome dimostrativo ha senso solo nel caso si riferisca a qualcosa di diverso da se stesso; per esempio se in questo caso ci si riferisse a una qualsiasi frase imediatamente precedente ; fra le infinite possibilità: "la vita é bella"; "se questa frase (= se la frase "la vita é bella") é vera , allora A e non-A é vera".

Paradosso di Yablo: interessante perché non utilizza l'autoriferimento.
Una serie infinita di enunciati ciascuno dei quali dice che i successivi sono tutti falsi.
CitazioneCioé  dico"ciò che dirò é falso"; dopo di che dico "ciò che dirò é falso"; e così via all' infinito?

Questo mi evoca un lontano ricordo d' infanzia.
Qualche volta la mia tata, stufa delle mie continue richieste di raccontarmi una storia, mi raccontava:
" " "C' era una volta un re, seduto sul sofà, che diceva alla sua serva: "raccontami una storia"; e lei gli raccontava: " "C' era una volta un re, seduto sul sofà, che diceva alla sua serva: "raccontami una storia;"..." " ..." " ".
Ha forse qualcosa a che vedere col paradosso del mentitore?
Per lo meno, come questa versione di Y., rimanda all' infinito.

PM rinforzato: interessante perché non richiede che gli unici valori di verità siano "vero" e "falso" (quindi non è necessario assumere per vero il principio di bivalenza).
"Questa stessa proposizione non è vera".

PM superrinforzato: interessante perché potrebbe porre dei problemi persino per chi rifiuta il principio di non contraddizione.
"Questa proposizione è solo falsa".
CitazioneDevo però confessare che personalmente continuo a non riuscire a considerare questi paradossi diversamente da "giochi di parole" o "cimenti enigmistici" (sia pure "intriganti").

Credo che la logica (salvo che per cultori professionali o "appassionati cultori amatoriali") sia essenzialmente (o almeno per me é così) un importante strumento o insieme di regole per ragionare correttamente sulle questioni che ci premono, e non per un ragionare correttamente "fine a se stesso".
E' sempre utile e vantaggioso, al fine di ragionare correttamente, sottoporre al vaglio della correttezza logica i propri pensieri. Ma di fatto non mi mi sembra che mi sia mai capitato che un mio ragionamento su una questione che mi stava a cuore cadesse nella casistica dei paradossi del tipo del mentitore.
#2568
Citazione di: maral il 28 Giugno 2017, 00:36:26 AM
Direi che il nulla è l'essenza di tutte le cose che non sono, ma le cose che sono cose che non sono è contraddizione, dunque il nulla in essenza non è che la contraddizione e la contraddizione in essenza non è che il nulla. (Severino docet)

CitazioneCome ben sai, il pensiero di Severino mi é del tutto estraneo.

Tuttavia mi sembra che per "nulla" comunemente non si intenda "(l' essenza di -???-) tutte le cose che non sono" (che comprendono, fra l' altro, i soliti ippogrifi; mentre magari altre cose -come i soliti cavalli- sono: e dunque si tratterebbe di un "nulla" implicante l' esistere reale di qualcosa, come i cavalli); bensì "il (palesemente non reale; essendo palesemente falso il predicarlo come reale) non essere di alcunché, ovvero di qualsiasi cosa di cui potrebbe predicarsi o meno (l' accadere realmente de- ) l' essere (inteso per l' appunto come "esistere o accadere realmente"; mi scuso per la ridondanza)".

(il pensare, il considerare in generale; e in particolare il predicare -falsamente- come reale) questo -"il nulla" così inteso- non mi sembra affatto contraddittorio (ma casomai questo -il "nulla così inteso- mi sembra non reale; e dunque il predicarlo essere reale mi sembra falso).

Poiché a mio parere si tratta di una questione logica, mi permetterei di invitare chi dimostra di essere particolarmente competente in materia, come Epicurus e Phil, a illustrarci il proprio modo di affrontarla (ovviamente non per seguirli acriticamente ma per avere altri fondati argomenti da considerare: credo che, da filosofi quali presumiamo o comunque cerchiamo di essere, possiamo e dobbiamo permetterci di non accondiscendere acriticamente all' autorità teorica di nessuno; spero che questo non contravvenga le regole del forum, che confesso di non aver mai studiato attentamente. Espongo idealmente le mani alle sacrosante bacchettate del Webmaster). 
#2569
Citazione di: Phil il 26 Giugno 2017, 22:19:39 PM
Citazione di: epicurus il 26 Giugno 2017, 11:17:01 AM
La domanda non è priva di senso, come hai notato tu una risposta possibile all'enigma è "tre". (E complimenti per la risposta corretta all'enigma.  ;D )
Non confonderei "risposta possibile" con "risposta vera": "tre" è una risposta vera, ma anche "non lo so" potrebbe esserlo (se è vero che non lo so realmente: risposta vera vs risposta giusta  ;) ); così come è vera "secondo me 11"... o anche "solo ora che ho risposto posso contarli e ti dico che sono 49"... si chiede di contare i caratteri di qualcosa che non è stato ancora scritto, per questo, al di là del sofisma, è logicamente insensata (e credo che anche @sgiombo alluda a ciò...).

CitazioneAh, ora capisco.

Se a una tale domanda si risponde con qualsiasi numero che (nella lingua e con l' alfabeto in cui si risponde) si scrive con un numero di caratteri tipografici uguale a se stesso (per esempio "tre" ma non "3"), allora la risposta é vera.
Oppure la é se é costituita da un numero più qualche parola "di accompagnamento" tale che la somma di tutti i caratteri impiegati é uguale al numero stesso (come
"secondo me 11", ecc.).

Effettivamente anch' io trovo che sia un mero gioco di parole o una trovata da "settimana enigmistica", utile a passare il tempo sotto l' ombrellone ma senza un senso per così dire "sostanziale", che non mi informa circa una questione che valga la pena risolvere (se non si é appunto appassionati di enigmistica. Oppure "superappassionati" o ancor meglio cultori professionalI di logica ma semplicemente persone che cercano di affrontare in maniera logicamente corretta i problemi che stanno loro a cuore).

(Personalmente mi ha però evidentemente intrigato, come si usa dire adesso, perché sono un po' vanesio e mi piace cimentarmi con problemi che richiedono e dunque dimostrano intelligenza; in questo caso con esito negativo: "bisogna saper perdere, non sempre si può vincere" cantavano i Rokes circa mezzo secolo fa, quand' ero giovane e avevo qualche neurone in più).
#2570
Citazione


Citazione
Come Maral (dal quale dissento quasi sempre su quasi tutto!) "Amo la filosofia. E' fondamentalmente una capacità di critica radicale anche e in primo luogo verso le nostre stesse idee e convinzioni e per questo la ritengo assolutamente preziosa".

Per me filosofia è cercare di vivere non a casaccio, come potrebbe capitare acriticamente e conformisticamente di fare, perché "così generalmente si fa intorno a me", ma cercare invece di vivere a ragion veduta, cercando di capire com' è la realtà di cui faccio parte (soprattutto in generale, complessivamente, non solo e non tanto nei dettagli: la scienza ci fa vedere moltissimo e assai fondatamente, attendibilmente gli alberi che costituiscono la foresta, mentre a me, da filosofo amatoriale -ma nemmeno Spinoza era un "professionista", ossia un professore, "della filosofia"- preme vedere soprattutto la foresta); cercando di capire cosa sono io, cosa è il caso di tentare di realizzare nella mia vita; e naturalmente, come necessaria premessa per rispondere attendibilmente a queste altre domande fondamentali, cosa è la conoscenza, come (e innanzitutto se) può ottenersi, in che senso, a quali condizioni ed entro quali limiti può ritenersi vera.


Ad AngeloCannata vorrei far notare che cercare amicizia e soddisfacenti rapporti umani in generale è ottima cosa, ma la filosofia è cosa un po' diversa ma pure ottima secondo il mio modo di vedere.
Certo, se riuscissi a trovare filosofi interessanti con i quali discutere che si rivelassero anche buoni amici, sarebbe tanto meglio! Ma questo è "tecnicamente" molto difficile per via telematica, e dunque non posso pretenderlo da questo magnifico e per la mia vita molto importante forum.

Come spesso mi capita, anche in questa occasione sono fortemente d' accordo con Sariputra.
Tranne che sulla domanda retorica e relativa risposta "...perché le cose devono sempre essere utili, pratiche, legate al concreto?...Semo proprio occidentali...".
Penso infatti che questo sia solo un modo, per quanto oggi molto diffuso, in larga misura prevalente, di essere occidentali.
Come ho sostenuto recentemente in un' altra discussione, penso che vi siano molti modi di essere occidentali, spesso in reciproca opposizione più o meno drastica. E per  esempio i filosofi occidentali a me più cari, come Hume, Spinoza, Engels* e tantissimi altri, compreso Kant (dei quali, magari, dissento da molte importanti convinzioni; Spinoza e Kant ed Engels compresi, mentre solo del pensiero di Hume di fatto dissento da ben poco e di assai modesta importanza) non limitavano certo i loro interessi a questioni utili, pratiche, legate al concreto.

___________________
* malgrado la celebre undicesima tesi di Marx su Feuerbach da lui pubblicata.
#2571
Tematiche Filosofiche / Re:La domanda ontologica
26 Giugno 2017, 20:03:14 PM
Citazione di: paul11 il 26 Giugno 2017, 15:08:27 PM
ante scriptum: abbiate pazienza per le sgrammaticature , è per forzare le vostri menti  


alla radice del problema è se veramente la modernità ha capito e superato il tempo greco dell'archè e dell'episteme, non lo faccio per difendere o criticare l'una o l'altra ,ma per porre un momento di riflessione.

Sgiombo stai sottovalutando le forme del linguaggio che mutano rappresentazione e modelli, o detto in altri termini se i contraddittori o perchè dovresti dimostrare quale linguaggio è razionale  e perchè e soprattutto se si avvicina all'episteme, alla verità.
ma so già la tua risposta..........

CitazioneQuesta è veramente bella!

Tu sai già la mia risposta a una tua domanda che francamente (sarà per eventuali sgrammaticature?) non ho capito (e dunque alla quale non posso rispondere).

Secondo me il linguaggio è uno strumento del pensiero e anche un modo di pensare; solitamente e in linea di massima quello di chiunque è traducibile in quello di chiunque altro in maniera da consentire una discreta comprensione reciproca, anche se talora non senza qualche difficoltà e una certa "fatica interpretativa".
E anche se qualcosa di ineffabile (vedi l' autore da te ampiamente citato più sotto) rimane sempre inevitabilmente, anche se qualche sfumatura delle altrui esperienze personali vissute ci resterà sempre più o meno "in ombra", anche se i malintesi non sono certamente inevitabili.

I linguaggi mutano anche per quanto scritto da Maral, ma dimentichiamo soprattutto le traduzioni, le trasposizoni ,le interpretazioni.

Adatto che sono decenni che mi studio i passaggi non solo esegetici ed ermeneutici dei testi sacri, il passaggio ad esempio :
volgare italiano-latino-greco- ebreo- sumerico accadico;cii sono innumerevoli Bibbie scritte in diversi tempi e con errori macroscopici sia di traduzione (voluti o  non voluti) sia di interpretazione culturale
Tanto per capirci fra le teologie paleocristiane e la teologia della liberazione attuale, passano mari e monti e fiumi di contraddizioni.
I test rimangono e non ci sono più gli autori, le domande rimangono e le risposte sono interpretative.
Ma soprattutto ci sono pochi studiosi che vanno sui fondamenti, sugli originali, non a caso  i bravi filosofi sono quelli che traducono il termine specifico greco filosofico in italiano, almeno chiariscono termini e loro posizioni.

CitazioneAppunto!

Ho messo in luce il passaggio nel tempo dei filosofi greci dall'oralità alla scrittura, e ribadisco Socrate per scelta NON  volle la scrittura, Platone scrisse, ma dice chiaramente nella parte finale del Fedro, come nella Lettera VII ritrovata a inizi Novecento che la propria dottrina non è nella scrittura e indica le motivazioni( andate a leggervi le parti interessate che sono molto esplicative ,prima di leggersi Platone). I sofisti invece appoggiarono la scrittura.Con Aristotele, discepolo di Platone, il problema non si pone più.
Platone utilizza volutamente la dialettica del dialogo, della diairesi, di un Socrate con accanto un discepolo: il modello linguistico se è scritto appartiene comunque all'oralità come riferimento del fare argomentazione.

CitazioneMa se non erro (potrei ricordarmi male dallo studio della storia della filosofia ai purtroppo lontani tempi del liceo) le opere pervenuteci di Platone in forma di dialoghi sono solo quelle essoteriche, mentre quelle esoteriche non dovrebbero essere state dialogiche.


Aggiunta delle 22, 20:
Dopo un rapido giro in Google, credo proprio che la memoria mi abbia ingannato (forse confondevo Platone con Aristotele).
Come non detto!


Allora dico: ma su quali basi la modernità ha costruito e mosso critiche sul tempo dei filosofi greci?
E' una domanda che lascio in "epochè"
CitazioneMa, penso semplicemente sulla base dello spirito critico (che indiceva già gli stessi filosofi greci classici a criticarsi l' un l' altro), nonché dei problemi resisi più evidenti o pressanti (o evidenzianti aspetti relativamente nuovi) nei tempi più recenti.




Infine alcuni passaggi che meritano una riflessione sia sulle costruzioni logiche, assiomatiche, sulle forme conoscitive

L. Wittgenstein, Tractatus logico-philosophicus

4.46        Tra i possibili gruppi di condizioni di verità vi sono due casi estremi.
Nel primo caso, la proposizione è vera per tutte le possibilità di verità delle proposizioni elementari.
Noi diciamo che le condizioni di verità sono tautologiche.
Nel secondo caso, la proposizione è falsa per tutte le possibilità di verità. Le condizioni di verità sono contraddittorie.
Nel primo caso noi chiamiamo la proposizione una tautologia; nel secondo, una contraddizione.

4.461     La proposizione mostra ciò che dice; la tautologia e la contraddizione mostrano che esse non dicono nulla.
La tautologia non ha condizioni di verità, poiché è incondizionatamente vera; e la contraddizione è sotto nessuna condizione vera.
Tautologia e contraddizione sono prive di senso.
(Come il punto onde due frecce divergono in direzione opposta.)
(Ad esempio, io non so nulla sul tempo se so che o piove o non piove.)

4.4611   Tautologia e contraddizione non sono però insensate; esse appartengono al simbolismo, cosí come lo "o" al simbolismo dell'aritmetica.

4.462     Tautologia e contraddizione non sono immagini della realtà. Esse non rappresentano alcuna possibile situazione. Infatti, quella ammette ogni possibile situazione; questa, nessuna.
Nella tautologia le condizioni della concordanza con il mondo – le relazioni di rappresentazione – si annullano l'una l'altra, cosí che essa non sta in alcuna relazione di rappresentazione con la realtà.

4.463     Le condizioni di verità determinano il margine che è lasciato ai fatti dalla proposizione.
(La proposizione, l'immagine, il modello sono, in senso negativo, come un corpo solido che restringe la libertà di movimento degli altri; in senso positivo, come lo spazio, limitato da una sostanza solida, ove un corpo ha posto.)
La tautologia lascia alla realtà la – infinita – totalità dello spazio logico; la contraddizione riempie tutto lo spazio logico e non lascia alla realtà alcun punto. Nessuna delle due, quindi, può in qualche modo determinare la realtà.

4.464     La verità della tautologia è certa; della proposizione, possibile; della contraddizione, impossibile.
(Certo, possibile, impossibile: Ecco l'indizio di quella gradazione che ci serve nella teoria della probabilità.)
CitazioneVERAMENTE PROFONDO E SOTTILE ! ! !
#2572
Citazione di: epicurus il 26 Giugno 2017, 11:17:01 AM
Citazione di: Phil il 22 Giugno 2017, 18:24:13 PM

Citazione di: epicurus il 21 Giugno 2017, 11:55:56 AM
Oppure se uno domandasse "Quanti caratteri ha la risposta a questa stessa domanda?" cosa diresti?
Questa mi sembra una domanda priva di senso (è come chiedere "qual'è la risposta a questa domanda?", manca il primo livello e quindi il senso): onestamente, non risponderei (comunque, la prima risposta vera che mi viene in mente è "tre", le altre sono false, ma è quasi come chiedere "scegli un numero" ;D ).
La domanda non è priva di senso, come hai notato tu una risposta possibile all'enigma è "tre". (E complimenti per la risposta corretta all'enigma.  ;D )

CitazioneMannaggia, mi fate disperare!

Spiegatemi per favore perché la risposta alla domanda "Quanti caratteri ha la risposta a questa stessa domanda?" é 3 (ovvero tre); compreso ovviamente in che senso la domanda é ...sensata (giro di parole che peraltro mi pare abbastanza congruo alla questione dei paradossi linguistici).

A me sembrava senza senso: "Questa" domanda che domanda é (e dunque quale risposta può avere)?
Mi sembra un po' come chiedere "chi é costui?" o "egli?", o "colui che é alla mia sinistra in questo momento "senza far vedere all' interpellato "costui", "egli" o "colui che sta ora alla mia sinistra".

Al massimo avrei potuto azzardare la risposta "trentuno" che (se non ho errato il conteggio, date le piccole dimensioni degli stessi e la mia miopia) sono i caratteri tipografici compresi nella sequenza che va da "la risp..." a "...domanda?" (spazi tra le parole e punteggiatura esclusi).


Il PM riguarda il nostro linguaggio e i limiti di questo. Già solo questa questione, centrale per la filosofia del linguaggio (e per tutta la filosofia, aggiungerei), mi pare interessantissima. Poi, ovviamente, non è necessario che ad ognuno interessi ogni declinazione tra le infinite della filosofia. Comunque considera anche che il PM ha dato origine ad importanti sviluppi in logica, senza contare che tocca anche la questione centrale della verità (e della sfumatura della verità e della contraddizione).  

CitazioneD' accordo, anche se personalmente non posso negare che continuo a non sentirmene particolarmente coinvolto.



Citazione di: sgiombo il 22 Giugno 2017, 21:36:40 PM

Citazione di: epicurusAnche se stona detto da un utente pseudonuovo come me, bentornato.
Più che una stonatura mi sembra ...un paradosso!
Adoro vedere la vita in modo paradossale.  ;)


CitazioneEh, (almeno questo) l' avevo capito!

...invece la questione della risposta alla domanda sui caratteri della risposta stessa mi ha lasciato in una deplorevole frustrazione.
Per favore fammi capire perché e "tre".

#2573
Tematiche Filosofiche / Re:La domanda ontologica
26 Giugno 2017, 09:22:56 AM
Citazione di: paul11 il 25 Giugno 2017, 22:09:33 PM
Quando si attualizza , si traducono con i canoni moderni le forme antiche si fanno spesso disastri.
Questo lo scooerto nei testi sacri prima, nelle traduzioni moderniste, nelle trasposizioni con un criterio più razionale, questa sarebbe la pretesa di scientificità.
Platone e la cultura greca vive nell'epoca del passaggio ddalla tradizione orale a quella della scrittura.
Oggi vivuamo nell'epoca che passerà dalla scrittura all'immagine.
Come può un pensatore ritenere di portare un linguaggio che vive in un tempo reinterpretarlo come se fosse nel suo tempo.
Se le future forme del linguaggio sarà l'immagine, muta anche la forma sintattica e semantica cambiando illinguaggio delaa comunicazione.
Non capire che le forme linguistiche cambiano anche la mente, vuol dire perdere i significati dei linguaggi collocati in diversecstorie, tempi e culture.
CitazioneQueste considerazioni mi sembrano decisamente estremistiche, esagerate.
 
L'imporsi della scrittura non ha impedito che il colloquio orale continuasse a svilupparsi e così non credo proprio che lo spettacolare sviluppo delle immagini impedisca ed impedirà l' ulteriore progresso della scrittura e del colloquio orale.
 
E così ritengo del tutto possibile (e anche doveroso per un o sviluppo "buono" e adeguato della cultura attuale) cercare di comprendere (limitatamente e non senza qualche ineliminabile -e fecondo- margine di incertezza, com' è ovvio) e "reinterpretare" e pure  "attualizzare in qualche inevitabilmente limitata misura" linguaggi ed espressioni delle civiltà del passato (e delle altre parti del mondo).
Credo che per fortuna (ché altrimenti l' umanità si troverebbe sempre davanti alla necessità di un' "improvvisazione culturale e civile senza saldi fondamenti", scarsamente costruttiva), malgrado innegabilmente le forme linguistiche cambino per qualche aspetto anche la mente, ciò non comporti affatto un' inevitabile perdita completa dei significati dei linguaggi collocati in diverse storie, tempi e culture, ma "soltanto" che renda difficile (e ovviamente mai integralmente e indiscutibilmente raggiungibile) l' intenderli.



Per tornare alla discussione , siamo sicuri che nella modernità abbiano davvero compreso ad esempio Platone? Ho dei forti dubbi.
Perché Platone stesso s' avvede che stava vivendo nel tempo storico del passaggio dall' oralita' alla scrittura.
Nei passi finali del Fedro, infatti dichiara che solo l'oralita comunica da cuore a cuore da mente a mente perché l'insegnamento è dato dal maestro che insegna e lascia silenzi in funzione della crescita del discepolo.
La piattezza attuale il livellamento culturale è dato dalla quantita' innumerevole di testi che non possono sostuire il rapporto di vicinanza maestro discepolo.
CitazioneRipeto (e mi è confermato anche dalla mia esperienza di vita in prima persona) che la lettura non impedisce affatto (almeno non necessariamente), ma anzi integra, amplia e potenzia validamente (almeno come possibilità, se non come certezza) il rapporto diretto fra maestro e discepolo.



Se si ritiene daccapo che il progresso umano sia solo in una autovalutazione di una cultura che solo perché è venuta dopo si ritiene superiore avrei da ridire
CitazioneAnch' io avrei da dire, e molto negativamente!

La storia conosce anche periodi più o meno lunghi di regresso e decadenza (e a me pare del tutto evidente che tale sia il tempo attuale in cui ci é toccato di vivere).
#2574
Tematiche Filosofiche / Re:La domanda ontologica
26 Giugno 2017, 08:58:31 AM
Citazione di: maral il 25 Giugno 2017, 18:11:02 PM
Citazione di: sgiombo il 25 Giugno 2017, 11:14:38 AM
 secondo me la tendenza all' acquisizione e alla pratica della razionalità e al superamento di credenze "istintive", immediatamente e semplicisticamente e poco criticamente suggerite dalle esperienze vissute e sancite e in varia misura "sacralizzate" dalla tradizione é una tendenza umana universale, ovviamente non incontrastata da altre tendenze, che a seconda delle diverse circostanze ambientali opera più o meno efficacemente e precocemente nel tempo storico presso tutti i gruppi umani, le aggregazioni sociali, le civiltà o culture.

Non so se si tratta di una tendenza umana universale o non piuttosto di una possibilità con i suoi pregi e difetti che può o meno realizzarsi nelle culture umane e che si è realizzata per la prima (e forse unica) volta in Grecia.
CitazioneInfatti una tendenza non incontrastata da altre tendenze può attuarsi o meno e in maggiore o minor misura operando più o meno efficacemente a seconda delle diverse circostanze ambientali.
 
Quella a porsi problemi filosofici di fatto è documentata per la prima volta in Grecia, ma a me sembra umanamente universale e dunque ritengo molto probabile si sia realizzata in qualche modo anche prima e altrove, anche se purtroppo non ne è rimasta traccia documentale (come di tanti altri aspetti, soprattutto "immateriali" (teorici, di pensiero) delle civiltà antiche.
Non credo che tutto ciò sia accaduto per la prima volta nella Grecia classica perché non credo sia qualcosa di meramente fortuito, né men che meno di geneticamente condizionato dal DNA dei Greci ovviamente, ma piuttosto di legato a tendenze comportamentali universalmente umane (osservare e osservarsi, cercare spiegazioni degli eventi, dubitare, cercare motivi per decidere fra possibili credenze alternative, ecc.)



Il prodotto finale del pensiero dell'Occidente, il culmine della sua metafisica, resta il pensiero tecnico scientifico, di fatto dominante nel mondo intero, ma che non consente più di pensare la verità come episteme se pure consente di pensare.
CitazioneLe mie convinzioni sono profondamente diverse poiché da una parte non ritengo che la scienza e la tecnica costituiscano "il culmine" del pensiero occidentale, anche se ne sono componenti importanti; e dall' altra parte non credo che la conoscenza e l' impiego della scienza e della tecnica non consenta di ricercare criticamente la verità e tantomeno di pensare (da materialista storico penso che casomai i fondamenti materiali, strutturali della società occidentale odierna, dominante a livello mondiale, il grado di oggettivo superamento e di "avanzata putrefazione" dei rapporti di produzione dominanti, i rapporti di forza nella lotta di classe, ecc., tendano a caratterizzare il presente come un' epoca di reazione politica e restaurazione sociale comportante una decadenza e un regresso della civiltà e conseguentemente a favorire oggettivamente l' imporsi in campo culturale dell' irrazionalismo –vedi Nietzche, Heideggere e anche Freud e tanti altri- e a inibire lo sviluppo del pensiero critico razionale.





Per quanto riguarda il discorso sulla scrittura è molto interessante, perché proprio in Occidente e di nuovo in Grecia, la scrittura diventò il mezzo per riprodurre il racconto orale, ossia diventò fondamentalmente scrittura del fonema ove il grafema si riduce a segno grafico del fonema, perdendo tutta la propria potenza di evocazione simbolica grafica (ancora presente ad esempio nel geroglifico e nell'ideogramma) e quindi ogni aspetto sacrale.
CitazionePer la verità i Greci impararono, modificandolo in maniera assolutamente non sostanziale, l' alfabeto fonetico dai Fenici.

Il che mi conferma nella mia convinzione, del tutto evidentemente non documentata e probabilmente di fatto mai documentabile, che anche presso i Fenici (ma non solo) fosse iniziata una ricerca critica razionale circa la realtà, la vita umana ed i suoi scopi possibili, i criteri di una conoscenza affidabile, ecc.


Ma é evidente che le nostre rispettive convinzioni sono profondissimamente e alla lettera "radicalmente" diverse ed é difficile andare otlre una illustrazione dei numerosi e importanti elementi di divergenza; non mi sembrano punto "reciprocamente integrabili" o "in qualche più che effimero e superficiale aspetto compatibili".
#2575
Tematiche Filosofiche / Re:La domanda ontologica
25 Giugno 2017, 15:54:46 PM
Citazione di: paul11 il 25 Giugno 2017, 12:20:55 PM
Non so se la razionalità sia in antitesi con il linguaggio del mito  e quindi che la razionalità sia una progressione naturale nell'argomentazione. Duemila anni dopo avviene un terremoto culturale sulle forme razionali iniziate dalla filosofia greca.

la cultura occidentale nasce dal passaggio della tradizione orale nella scrittura e in Grecia avviine sul finire del quinto secolo e inizio quarto secolo avanti Cristo.
Il passaggio della triade maestro discepolo ,vale adire Socrate- Platone- Aristotele è esemplare.
Socrate rifiuta la scrittura è per l'oralità dialettica. Platone si trova ne tempi dei sofisti e il modo di scrivere di questi ultimi non è nella forma del dialogo,cosa che invece Platone accetta ancora come emulo nella scrittura della dialogia socratica. Aristotele è addirittura quasi in antitesi con Socrate, è ormai dentro nel tempo della scrittura.

I diversi atteggiamenti e gli scritti pervenuteci grazie ad appunti dei discepoli è proprio che nella scrittura finisce il tempo del  MAESTRO.
La scrittuua separa il testo dall'autore rispetto achi legge magari in perfetta solitudine.Se la scrittura è una comodità, è una memoria fondamentale su cui si basa la scienza storica è altrettanto vero che si perde il contatto fisco del dialogo e quindi mutano le forme della conoscenza.
Un testo in fondo è un monologo ininterrotto dalla domande di discepoli e qiusto diventerà, l'esercizio retorico quindi della persuasione in quanto l'autore non c'è fisicamente.

Tant'è che i primi testi scritti nelle diverse tradizioni, un esempio lampante è il Vangelo che Gesù non scrive, ma lascia a quattro evangelisti, come Socrate per Platone, la narrazione con dialoghi utilizzando la parabole che n fondo è un linguaggio nella metafora.

Quindi i primi testi scritti sono ancora nel dialogo fra maestro e discepolo e d è tipico nelle diverse tradizioni condensare le scienze antiche trasmesse oralmente in un qualcosa, il libro, che rimane che è memoria "fisica", ma si perde il contatto fisco fra maestri e discepoli e mutano quind le forme linguistiche.
Non a caso Platone è lo spartiacque fra il linguaggio del mito e quello filosofico

Se Platone diventa il capro espiatorio come iniziatore della cultura dell'occidente per Nietzsche ed Heidegger, dove il primo lo interpreta come figura morale, il secondo come astrazione del'Essere, Severino è di tutt'altro avviso, la filosofia greca  si fonderà sulla manifestazione degli enti e sulla nuova "sacralità" del divenire che è in antitesi sulle regole logiche:un ente non può manifestarsi dal nulla e sparire nel nulla dentro un divenire.
Quindi Severino critica anche Nietzsche ed Heidegger.

E' tutto dire quindi che la cultura occidentale sia più razionale se si sposano le tesi severiniane
CitazioneComincio col dire che non ho nessuna intenzione di sposare le tesi severiniane.
Piuttosto preferirei restare scapolo (condizione che, come credo sappia ogni uomo e forse anche donna sposato/a da qualche anno e a volte da qualche mese, ha -anche, non solo- i suoi vantaggi inestimabili e spesso difficilmente recuperabli).

Inoltre non credo che la scrittura impedisca il dialogo orale; almeno non necessariamente, mentre di certo comporta il vantaggio di allargare moltissimo nello spazio e nel tempo la possibilità di un confronto di idee, di un loro perfezionamento, di una diffusione delle migliori (anche delle peggiori, certo; ma se uno é ottimista crede che alla fine le idee migliori "giochino in vantaggio" contro quelle peggiori).
I maestri che scrivono libri spesso hanno anche rapporti diretti di conversazione e dialogo con loro discepoli e con qualcuno dei loro lettori e partecipano a congressi e a discussioni pubbliche e private.
Moltissimi libri di scienza e di filosofia hanno una pagina di "ringraziamenti" in cui si segnalano non solo le letture, ma anche le discussioni orali e irapporti personali che hanno contribuito allo sviluppo delle tesi esposte.
#2576
Tematiche Filosofiche / Re:La domanda ontologica
25 Giugno 2017, 11:14:38 AM
Ho due motivi di dissenso (che espongo senza la pretesa di convincere nessuno ma per indurre chi la pensa diversamente da me a rifletterci su, come reciprocamente cerco di fare da parte mia; anche perché non si tratta di un problema matematico risolvibile con operazioni algebriche dal risultato certo e inequivoco, ma di cercare di interpretare e comprendere al meglio questioni non quantificabili).

Il primo é che secondo me la tendenza all' acquisizione e alla pratica della razionalità e al superamento di credenze "istintive", immediatamente e semplicisticamente e poco criticamente suggerite dalle esperienze vissute e sancite e in varia misura "sacralizzate" dalla tradizione é una tendenza umana universale, ovviamente non incontrastata da altre tendenze, che a seconda delle diverse circostanze ambientali opera più o meno efficacemente e precocemente nel tempo storico presso tutti i gruppi umani, le aggregazioni sociali, le civiltà o culture.
Sono convinto che per quanto non sia rimasto storicamente documentato anche altrove prima che in Grecia (in Egitto, Mesopotamia, Fenicia e in tanti altri luoghi di diverse longitudini), per una caratteristica comportamentale universalmente umana, raggiunto un determinato limite di sviluppo civile ed economico, domande filosofiche siano state poste e si sia cercato di rispondervi; che le credenze acriticamente ereditate dalle rispettive tradizioni abbiano cominciato ad essere sottoposte al vaglio critico della ragione e della razionalità.
E pur non conoscendo purtroppo minimamente le culture orientali, tuttavia da quanto ne sento dire nel forum da persone competenti in materia (segnatamente Sariputra) mi sembra che la ricerca razionale della verità e del giusto agire pratico nella vita abbia caratterizzato e caratterizzi non secondariamente anche tali esperienze di sviluppo civile.

Il secondo é che ritengo astratto e concreto nella conoscenza umana (così come razionalità e sentimenti nel nostro comportamento) non elementi contraddittori e reciprocamente incompatibili, escludentisi l' un l' altro, bensì complementari e reciprocamente integrabili (e "integrandi"; anche se spesso non senza difficoltà).
E lo stesso credo circa i rapporti fra ciò che é razionale e ciò che é sentimentale, e fra ciò che é misurabile - calcolabile ("la materia") e ciò che non é misurabile ma al massimo vagamente "ponderabile" (lo "spirito", o meglio, a mio parere, il pensiero e l' "interiorità", anche non razionale).
#2577
Tematiche Filosofiche / Re:La domanda ontologica
22 Giugno 2017, 21:49:44 PM
Citazione di: maral il 22 Giugno 2017, 19:51:26 PM
Severino è abbastanza chiaro in materia. E' solo il pensiero greco che giunge a concepire il nulla 'assolutamente nulla) come esistente e lo fa attraverso la concezione dell'Essere parmenideo, posto in evidenza totalmente astratta. Da qui nasce il modo di pensare dell'Occidente, in ragione del quale l'Essere e dunque gli Enti (e non il Nulla) risultano problematici ed è appunto da questa problematicità che scaturisce la domanda sul perché degli Enti. La domanda in questione è dunque l'evento fondamentale che determina la differenza che rende unico il pensiero dell'Occidente per il quale gli Enti   sorgono e tramontano nel Nulla assoluto che ne costituisce la matrice originaria e terminale con tutte le conseguenze che da questo derivano. In tal senso la questione posta è pertanto un evento storico della massima portata che segna l'inizio del pensiero filosofico come tentativo di dare ragione dell'esistenza degli enti.
CitazioneMa in che senso si può parlare indiscriminatamente di "pensiero occidentale"?

La cultura occidentale (come credo ogni altra) contiene "di tutto e di più": per restare solo ai "primordi" Parmenide ed Eraclito, Platone e Democrito, per arrivare a tempi più recenti Marx e Nietzche, Darwin e Freud.

Fra l' altro ne é una componente assai "corposa" (non da tutti giustamente apprezzata e razionalmente criticata, spesso irrazionalisticamente liquidata o altrettanto irrazionalisticamente sopravvalutata) la scienza moderna, per la quale nulla si crea dal nulla, nulla svanisce nel nulla, ma tutto si trasforma in "qualcosaltro" secondo proporzioni universali e costanti.
#2578
Citazione di: epicurus il 22 Giugno 2017, 10:31:24 AM

Ti chiedi cosa non è vero? "Tale affermazione, quella che parla di se stessa" è la risposta. La questione centrale è che sembra che tu voglia semplicemente negare l'autoriferimento, è corretto? Frasi come "Il peso di una matita M è pari a 1 grammo più metà del peso di M" come le vedi?

CitazioneNon sono un cultore di logica formale ma semplicemente uno che cerca di ragionare in modo logicamente corretto (e come tutti -chi più chi meno- faccio anche degli errori logici, e in questo caso farmi notare le scorrettezze logiche in cui incappo mi é certamente di giovamento onde correggermi).

Sarà per questo, ma a me il paradosso del mentitore non fa l' impressione di essere un' importante questione filosofica, ma semplicemente una (pretesa) frase senza senso; e dunque a maggior ragione tale da non poter decidere se sia vera o meno.
Un po' come se mi dicessero: "c' é un teorema rosso freddissimo sul davanzale della coscienza olistica inesistente ubicata fra Roma e l' Atlantide successivamente alla seconda guerra mondiale e prima della scoperta dell' America".

Comunque se Il peso di una matita M è pari a 1 grammo più metà del peso di M ne deduco che la matita M pesa 2 grammi.
CitazioneP.S Sono ritornato, anche se il forum lo frequenterò poco 

Anche se stona detto da un utente pseudonuovo come me, bentornato.


CitazionePiù che una stonatura mi sembra ...un paradosso!
#2579
Citazione di: myfriend il 22 Giugno 2017, 10:10:52 AM
@sgiombo

Mi spiace per te, ma l'esperimento di Cairns dimostra che le mutazioni casuali del DNA riguardano SOLO il "gene difettoso" e sono indirizzate a rimpiazzare il "gene difettoso" con un gene buono.
Quindi la "mutazione casuale" è una tecnica usata dall'organismo e indotta dall'organismo al fine di produrre un "gene buono" col quale rimpiazzare il gene difettoso. La "mutazione casuale" è, quindi, una tecnica usata dall'organismo all'interno di un processo intelligente. E il processo intelligente è proprio quello che riguarda la sostituzione del "gene difettoso" con un "gene buono".

Le "mutazioni incontrollate", che l'organismo cerca di evitare in ogni modo con vari sistemi di controllo (soprattutto durante la fase di copiatura del DNA), portano a malattie e disfunzioni, non certo all'evoluzione. Sono le "mutazioni controllate" che portano all'evoluzione.
Come sempre, caro sgiombo, hai toppato.
CitazioneMi spiace per te ma queste tue affermazioni (non di Cairns), fra l' alro esplicitamente finalistiche (sic!) sono solo strafalcioni antiscientifici.

Le mutazioni di escherichia coli in condizioni ambientali svantaggiose, in seguito a un adattamento genomicamente condizionato casuale "premiato" dalla selezione naturale, (e non affatto indotte finalisticamente e intelligenemente dall'organismo come un mezzo "tecnico" per ottenere suoi presunti scopi) aumentano notevolmente di frequenza ma sono del tutto causali; l' aumento della frequenza di mutazioni indiscriminate e casuali, e NON AFFATTO FINALIZZATE aumenta ovviamente la probabilità che ne compaia una "buona per la sopravvivenza" (adattiva), cosa che ha dunque ottime probabilità di verificarsi e perciò spessissimo accade.
In questo processo afinalistico l' organismo batterico non può evitare in alcun modo le mutazioni svantaggiose nel processo di replicazione del DNA, ma semplicemente queste sono eliminate "a posteriori" dalla selezione naturale.
Tutto qui: mutazioni genetiche casuali e selezione naturale, e nessun "finalismo"!
In generale e nel caso particolare in questione la stragrande maggioranza delle mutazioni, che sono casuali, sono svantaggiose e vanno perdute; persistono e si diffondono quelle pochissime che DEL TUTTO CASUALMENTE sono adattative.

Come quasi sempre (nessuno é perfetto, nemmeno in negativo) hai toppato tu, e alla grande!

P.S.: Non ho tempo né voglia di replicare al tuo prevedibilissimo insistere nel propalare sciocchezze antiscientifiche (anche perché non c' é peggior sordo di chi non vuole -o non può, per suoi propri limiti culturali- sentire), e perciò non opporrò ulteriori repliche del tutto inutili allo scopo di farti capire.
Non é che ripetendo ad libitum strafalcioni antiscientifici questi diventino scienza!
#2580
Citazione di: myfriend il 21 Giugno 2017, 17:11:26 PM
@sgiombo

La "crudeltà" è una categoria del pensiero umano che appartiene all'homo e ha senso solo quando è applicata al suo livello evolutivo. Ma che non appartiene agli stadi evolutivi precedenti al nostro dove ciò che regna è l'intelligenza dell'"equilibrio".
Quindi ha perfettamente senso affermare che un homo che uccide un animale o un altro homo è "crudele".
Ma non ha alcun senso affermare che il leone che mangia la gazzella è "crudele". O che la gazzella che mangia l'erba è "crudele" nei confronti dell'erba. Il leone fa il leone. E la gazzella fa la gazzella. Non possono fare diversamente. Si chiama "equilibrio". O, se preferisci, "intelligenza dell'equilibrio".

Per quanto riguarda l'evoluzione che avverrebbe per "mutazioni casuali" di DNA è del tutto evidente che non conosci gli studi di Cairns e successivi.
E se non li conosci è come cercare di spiegare le equazioni di primo e secondo grado a chi non conosce l'algebra. La scienza si evolve. E mentre non è mai stato dimostrato con prove di laboratorio che l'evolzuione si basa su mutazioni casuali di DNA (questo è un dogma di fede), è stato invece provato da Cairns e successivi il contrario e cioè che le mutazioni di DNA non sono affatto casuali ma seguono un processo intelligente dove la "casualità" è una tecnica usata dall'organismo all'interno di un processo adattativo intelligente.
E sai come ha fatto Cairns a scoprirlo? Creando dei batteri con il gene della metabolizzazione del lattosio alterato e inefficente e inserendo questi batteri in soluzioni contenenti solo lattosio. Invece di morire, i batteri hanno cominciato a innescare mutazioni casuali solo del gene difettoso (quello preposto alla digestione del lattosio) fino a trovare un gene "buono" in grado di produrre un enzima che digerisse il lattosio. Dopo che lo hanno trovato, i batteri hanno scartato tutte le prove andate male e hanno tenuto solo la nuova versione di gene capace di digerire il lattosio e lo hanno utilizzato per sostituire il gene difettoso. E grazie a questo sono sopravvissuti e si sono sviluppati.  ;)
Quindi ti invito ad aggiornarti sugli studi della biologia evoluzionista. Se non conosci le nuove scoperte (come ad esempio "l'ipermutazione somatica") di che stiamo parlando? Dell'aria fritta....
CitazioneGrazie per l' invito, ma lo rispedisco al mittente.

Infatti ma hai scritto solo colossali sciocchezze indicative di grande ignoranza e superficialità (tue; circostanza non nuova) sulle mutazioni genetiche in alcuni batteri come escherichia coli (sempre casuali "qualitativamete", anche se in certe circostanze determinatamente si intensificano "quantitativamente", aumentando la loro frequenza, meccanismo biologico comparso per precedenti mutazioni genetiche altrettanto casuali e preservatosi, in quanto adattativo, per selezione naturale), che rientrano invece perfettamente nella biologia scientifica evoluzionistica.

Inoltre confondi la crudeltà che é propria (anche) di tantissimi animali e piante con la responsabilità etica per le proprie azioni (in particolare per quelle crudeli) che é propria unicamente dell' uomo.
Il fatto che il leone non sia eticamente condannabile, contrariamente all' assassino, non rende affatto gentile o amorevole il trattamento che riserva alle sue prede.