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Messaggi - bobmax

#2581
Ogni definizione è in sostanza una negazione.
Negazione implicita nel principio di identità: A=A
Che consiste appunto nel negare che A sia B, C, D... ogni cosa che non sia A.

Perché vi sia qualcosa, questo qualcosa deve soddisfare il principio di identità, e perciò deve esserne possibile una definizione.

La definizione ha perciò senso solo su una parte del Tutto.
Appunto perchè deve negare ciò che quella parte non è.
Mentre il Tutto non ha nulla fuori da sé da poter negare.

Ciò che non ha bisogno della negazione è Assoluto.
E non essendo definibile non è qualcosa, quindi non c'è.
Ci sono infatti solo i qualcosa...

Tuttavia, rimane il fatto che pure il Tutto non sia per niente un qualcosa! Quindi a rigore non può esserci...

Quando abbiamo a che fare con L'Assoluto, non possiamo darne una definizione, tuttavia lo possiamo pensare...

In che modo però, visto che non può essere definito?

Lo pensiamo come idea, un'idea aperta.

Un modo per cercare di avvertire questa idea, può essere utile pensare Dio come la negazione della negazione.
#2582
Citazione di: Yeliyel79 il 25 Settembre 2019, 23:25:20 PM
Perché non essere solo "vuoto e nulla" non pensante che non si interroga su sé stesso?

Io non so voi ma ogni volta che penso a queste cose provo una grande meraviglia per l'esistenza e l'universo ma anche una tremenda, terribile sensazione di inquietudine.

Il Nulla è la onnipresente, l'ineliminabile possibilità del nostro esserci mondano.

Traspare dietro ogni cosa, ogni fatto, ogni sentimento, ogni affetto.

E non tanto perché dal Nulla tutto proviene e in qualsiasi istante tutto può ritornare.

Piuttosto perché il Nulla è la presenza costante, seppur volutamente ignorata, in ogni momento di vita.

Insostenibile presenza, sguardo della Medusa che impietrisce, che non vogliamo mai incontrare, tranne quando la vertigine ci coglie di fronte all'horror vacui.

Eppure proprio l'horror vacui, ne sono ormai convinto, è la strada obbligata verso Dio.
#2583
Ciao Paul11

La prova ontologica di Anselmo non è una dimostrazione razionale. Ma sfrutta il pensiero razionale fino a giungere al suo smacco.
Ed è proprio nel fallimento, in cui inevitabilmente incorre la razionalità, che è possibile avvertire la Verità che sta oltre ogni pensiero determinato.
Tommaso questo processo non poteva comprenderlo, e infatti non lo ha compreso per niente.

La razionalità non è superstizione, la razionalità è uno strumento!
Superstizione è considerare la stessa razionalità fonte di Verità assoluta.

Insisti sulla fede in qualcosa...
Per te l'essere si contrappone al non essere..
Il vero è per te lotta contro il falso...
Tutto questo dimostra a mio avviso un primato della razionalità. E quindi dell'esserci.

Viceversa per me l'Essere e il Nulla sono il medesimo. 
La Verità non ha nessuna falsità da negare.
Dio, infatti, è la negazione della negazione.
Ma per afferrare ciò occorre andare oltre il pensiero razionale...

Riguardo a Heiddeger, mi rifiuto di esservi accostato. Lo considero il più grande bluff della storia della filosofia.
H. ha scopiazzato da Jaspers la sua profonda filosofia, per farsene lustro senza nulla davvero comprenderne. Con freddo raziocinio si è appropriato di temi metafisici che ha usato come una clava e solo per soddisfare la propria brama di fama.
Nessuna fede nella Verità!
#2584
@Paul11

Non mi pare che Tommaso d'Aquino sia un utile riferimento nel riflettere su Dio.

Molto più interessante Anselmo d'Aosta.

Tommaso è infatti chiuso dalla sua "fede" nella razionalità (superstizione).

Anselmo va oltre.
#2585
Citazione di: paul11 il 25 Settembre 2019, 13:15:07 PM
Ciao Bobmax
cosa vuol dire "avere fede nella verità"? Come se ogni umano che avesse fede nella verità ,allora il suo ragionamento è vero, è giusto?
Che cosa dirime una fede in una verità dalla superstizione?
La razionalità se non è ragione che cosa è?
E altra contraddizione "Se consideriamo la razionalità verità assoluta, pretendiamo di conoscere la Verità, e cadiamo così nella superstizione. "

Quale è il limite della razionalità?
Perchè il Tutto sfugge al ragionamento razionale?

Cosa vuol dire "ciò che è qualcosa"? Che solo lo percepisci sensibilmente, che è ragionato?,che solo esiste senza essere? Quale è la differenza ontologica fra ciò che è e ciò che è contingente?

Se il "tutto non è qualcosa" che cosa è?

Ciao Paul11

Riguardo alla Verità


Nella tua domanda: "cosa vuol dire 'avere fede nella verità'?" vi è già la risposta.
Se, come penso, la domanda è sincera, essa nasce dalla fede nella Verità.
Tuttavia, essendo la Verità il fondamento dell'esserci, la tua domanda vorrebbe l'impossibile, cioè comprendere ciò che fonda il suo stesso manifestarsi!
Puoi rendertene conto, provando a formulare un qualsiasi pensiero cercando di negare la Verità, ti sarà impossibile.
La questione infatti non riguarda certo la Verità, ma la fede in Essa nell'esserci mondano.
Ossia la consapevolezza e il nostro abbandono in quel Nulla che fonda il Tutto.

Non è la fede nella Verità a determinare se il nostro ragionamento è giusto e vero in assoluto.
Perché noi siamo da sempre e per sempre nella Verità, a prescindere persino dalla nostra fede in Essa.
La fede riguarda invece il nostro stesso cercare di diventar consapevoli di questo nostro stato.
Una fede perciò che ci permetta di attraversare la notte oscura, dove, nel nostro esserci, non siamo affatto nel "giusto e vero".

Riguardo ai "qualcosa"

Occorre secondo me per prima cosa distinguere tra "esserci" e "essere". Noi siamo esserci, il nostro mondo è esserci, ossia scissione originaria soggetto/oggetto. Quando diciamo che una cosa è, intendiamo in effetti che quella cosa c'è. Perché dell'essere non sappiamo proprio nulla.
Conosciamo solo esserci, ciò che c'è, oggetto per un soggetto.
Che può essere percepito sensibilmente, pensato, immaginato, insomma c'é.
E ciò che c'è è qualcosa.
Se non è qualcosa... non c'è!

Non vi è nessuna differenza ontologica tra ciò che è e ciò che è contingente. Perché in quel "ciò" si intende sempre "esserci", ossia qualcosa.

Riguardo alla Verità vs superstizione

La fede non è in "una" verità, ma nella Verità!
Verità che appare come Nulla.
Perché questa fede, che poi è l'unica autentica fede, rimanda sempre a noi stessi ogni responsabilità su cosa sia vero o falso, giusto o sbagliato.
Viceversa superstizione è il voler credere vero "qualcosa". Il voler credere che ci sia qualcosa di assolutamente Vero! Questa è superstizione, che è poi l'origine di ogni fanatismo.

Su Ragione e Razionalità

Il nostro esserci, i qualcosa, esistono solo in quanto compresi razionalmente.
Intendo con razionalità lo stesso pensiero determinato, ossia composto da dei qualcosa.
E il pensiero o è determinato o non è.
La razionalità è un sistema, e come tutti i sistemi non può uscire da se stessa.

Tuttavia noi siamo dotati di ragione, che include la razionalità ma non si esaurisce in essa.
La ragione è infatti in grado di avvertire i limiti della stessa razionalità, anche se non è in grado di darne una spiegazione (dovrebbe infatti usare la razionalità...)
Tipico esempio di un limite razionale è l'infinito. Concetto necessario ma in realtà  impensabile razionalmente. Se cerco di pensare l'infinito, formulando per esempio la frase "senza fine", la mia mente concentrandosi sul significato di ciò che sta dicendo, nel completarla razionalmente entra in sospensione... non riesco a pensare l'infinito!

La razionalità questi limiti manco li avverte, vi rimbalza contro incurante e prosegue le sue elucubrazioni senza neppure rendersene conto.
Ma se io allora trascuro ciò che la ragione ha invece percepito, e forzo il gioco considerando la razionalità autosufficiente, ossia fonte di Verità... ecco che cado in superstizione!
Perché voglio credere Vero ciò che invece è solo un qualcosa, in questo caso la stessa razionalità. Ossia un sistema, importante quanto si vuole, ma che non è assoluto (ha dei limiti).

Riguardo al Tutto


Il Tutto sfugge al pensiero razionale perché non è un qualcosa. E non è un qualcosa perché che lo sia è solo il frutto di un'allucinazione della stessa razionalità, che immagina di porsi "fuori"(!) dal Tutto per poter affermare: "E' qualcosa!"

<Se il "tutto non è qualcosa" che cosa è?>
Vedi qui la contraddizione nella tua stessa domanda?
Se non è qualcosa, che senso ha chiedersi che cos'è?
#2586
Indubbiamente la scienza è un atto di fede. Fede nella Verità.
Questa è l'unica autentica fede. Ogni altra si rivela immancabilmente essere superstizione.

La scienza ha potuto svilupparsi nel momento in cui ha rinunciato a possedere ogni "verità" (superstizione) in nome della Verità. 
Verità che non conosce, che appare come Nulla, ma in cui occorre aver fede.

In questa ricerca la razionalità è fondamentale. Perché permette di inoltrarci nel mondo. Per cui la fede nella Verità sprona a cercare, confidando che tutto quello che c'è sia razionale. Se non lo fosse, sarebbe solo una presa in giro...

Tuttavia nella ricerca ci imbattiamo inevitabilmente nei limiti della stessa razionalità. Limiti che la stessa razionalità non può neppure notare, ma la ragione sì.

Se consideriamo la razionalità verità assoluta, pretendiamo di conoscere la Verità, e cadiamo così nella superstizione.

Se viceversa avvertiamo il limite. Allora possiamo percepire, per esempio, come il Tutto sfugga al pensiero razionale.

Infatti per la razionalità esiste solo ciò che è qualcosa, e vorrebbe trattare pure il Tutto come fosse qualcosa. 
Mentre il Tutto non è affatto qualcosa!
#2587
Tematiche Filosofiche / Re:Se la realtà fosse indistinta
23 Settembre 2019, 21:32:15 PM
Non sono gli eventi ad aver bisogno del tempo. Ma è il tempo ad aver bisogno degli eventi.

Dati gli eventi, noi ne deduciamo che la realtà sia ciò che abita il presente e che questa realtà divenga, ecco il tempo.

Avviene cioè una distinzione sia spaziale sia temporale, la realtà diventa una composizione di oggetti che evolvono nel tempo.

Ma questi oggetti distinti da tutto il resto in realtà non esistono!

Ciò che vorrei mettere in discussione è l'oggettività in sé.
Non vi è nulla che sia davvero distinto da tutto il resto.

Esistono solo eventi, come il gatto che sorride, il gatto che se va o la freccia di Zenone che raggiunge il bersaglio.

Noi siamo focalizzati sul gatto, sulla freccia, sul bersaglio.
Ma la freccia raggiunge il bersaglio perché la freccia in sé, distinta da tutto il resto, non esiste.
E lo stesso vale per il gatto. Che non esiste di per sé, ma solo all'interno di una storia.
#2588
Tematiche Filosofiche / Re:Se la realtà fosse indistinta
23 Settembre 2019, 08:50:38 AM
Sì il sorriso del gatto esiste senza che vi sia il gatto. 
Proprio perché è "il sorriso del gatto" nella sua interezza ciò di cui abbiamo effettiva esperienza.

 Il mutamento non è il gatto, ma il sorriso del gatto.
Che poi, il termine "mutamento" mi sembra inappropriato, perché si riferisce a qualcosa che potrebbe o meno mutare.
Visto però che questo qualcosa non esiste, che senso ha parlare di mutamento?
A mio avviso sarebbe più corretto parlare di eventi.
Perché anche nessun mutamento avvertito è comunque un evento.

Sì, non ha senso chiedersi cosa c'era prima del Big Bang.
Ma occorrerebbe pure chiederci: "Se il tempo ha un inizio, dove siamo noi?"
Non siamo forse ancora in quell'istante iniziale in cui tutto si è generato?
#2589
Tematiche Filosofiche / Re:Se la realtà fosse indistinta
22 Settembre 2019, 21:28:01 PM
Non si ha cortocircuito se si considera che in effetti non vi è nessuna parte che immagina, ma vi è soltanto l'immaginare.

Così come il mutare. E il ridere e il piangere...
Senza che vi sia qualcuno che rida o che pianga. Niente che muti.

Non vi è alcuna oggettività in sé. Nessuna parte distinta.

Vi è solo una storia, una commedia, dove nessuno recita.
#2590
Citazione di: Lou il 20 Settembre 2019, 18:50:03 PM
"la sensibilità femminile è restia a riconoscere la razionalità allo stato puro."

Trovo sia una tesi intrigante per i molteplici spunti che offre e fertile di discussione (oltre che intersecare, credo, ambiti filosofici, scientifici, culturali e sociali) che sinteticamente elenco per sommi capi:

- innanzitutto con "razionalità allo stato puro" cosa intendiamo.
- per "puro" di nuovo, molto interessante.
- il "riconoscere", l'abbiamo già conosciuta, perciò è ri-conoscibile? Il che porta a una ulteriore domanda: come conosciamo la razionalità allo stato puro, ammettendone, per ipotesi, l'esistenza? È conoscibile?
- si inserisce in questa affermazione una distinzione sul piano della sensibilità in forza del genere in chiavetta dicotomica maschile/femminile. Al che mi è balenata più di domanda che si muove in  diversi ordini di "ragione" dubbiosa su:
1. è la sensibilità la facoltà atta o meno, propensa o restia, atta al compito di "ri-conoscere" la "razionalità allo stato puro"?
2. La sensibilità è differente tra i generi? O meglio, incide il genere sulla sensibilità?
3. L'incidenza della sensibilità che ruolo gioca in ambito cognitivo?

Ritengo che con "razionalità allo stato puro" si intenda il pensiero logico. E che "riconoscere" significhi dare valore.
Mentre "sensibilità femminile" sono convinto non indichi una esclusività di genere, ma piuttosto una caratteristica che nella donna si manifesta più frequentemente. Intendendo appunto con "sensibilità femminile" lo stesso essere restii a concedere alla logica una qual superiorità nell'ambito della ragione.

Questa sensibilità è presente sia nell'uomo sia nella donna, seppur in quest'ultima pare essere più intensa e diffusa.
Questo è uno dei motivi che mi fanno ritenere che il futuro dovrà essere necessariamente a guida femminile.

Sono infatti convinto che la sensibilità femminile permetta di percepire i limiti del puro pensiero razionale (logico). Oltre al quale, non essendo possibile formulare un pensiero determinato, occorre seguire le ragioni del cuore.

La ragione infatti comprende in sè la pura razionalità, ma non si esaurisce in essa.
La ragione, attraverso la sensibilità femminile, ne vede chiaramente i limiti e guarda più in là.



#2591
Ciao Eutidemo,
penso anch'io che la situazione negli altri partiti sia peggiore. 
Tuttavia il PD, proprio per i valori che professa, per la storia da cui proviene, una tale mediocrità non se la può permettere! Infatti,  in sostanza non è più granché distinguibile da tutti gli altri.

Ma è pure peggio perché intanto, essendoci, fa da tappo ad un reale cambiamento.
Cambiamento che non verrà certo da Renzi, che la sua occasione l'ha avuta e sprecata.

Comunque, è proprio la scelta "del momento" a venire determinata dalla inaccettabile mediocrità nel PD.
Il piano di andarsene c'era già, ma il momento è stato determinato dal esplicito vuoto mentale nel PD.
#2592
Secondo me, vi è un motivo scatenante la decisione di Renzi che va al di là delle tattiche e strategie, che pure vi saranno.

Questo motivo deriva dall'aver toccato con mano, nel momento della crisi, la devastante mediocrità della classe dirigente PD.

Renzi è una persona intelligente, seppur alquanto limitata da un ego ipertrofico. Mentre la continua selezione di yes men nel PD ha comportato una sua profonda involuzione, cerebrale prima ancora che morale.

Basta vedere il comportamento di Zingaretti nell'evolversi della crisi politica.
È di tutta evidenza come abbia man mano corretto le sue posizioni, guidato dai pochi che ancora capiscono qualcosa, incluso Renzi.

Di fronte a tanta incapacità (non per niente davano Bersani di ritorno...) Renzi si è ritrovato "costretto" ad andarsene.
#2593
Tematiche Filosofiche / Re:La scrittura
17 Settembre 2019, 17:02:28 PM
La scrittura è uno degli innumerevoli modi con cui si manifesta la comunicazione.

Siamo soliti considerare la comunicazione come il trasferimento di informazioni tra entità. 
Queste entità sono i poli che trasmettono e ricevono le informazioni attraverso la comunicazione.

Questo paradigma è pressoché universalmente accettato, come ovvio.

Tuttavia sono viceversa dell'idea che l'autentica comunicazione sia ben altro.

Se infatti teniamo ferma la nostra fede nella Verità, e quindi la nostra fede nell'Uno, possiamo constatare come la comunicazione non abbia affatto la funzione di fare interagire dei poli (entità), che in se stessi in realtà non hanno mai una reale consistenza...
No, la comunicazione è la stessa esistenza che si manifesta!

Ciò che esiste, per davvero, è la stessa comunicazione, pura comunicazione.
Che per manifestarsi si avvale di poli, che tuttavia non esistono di per sé stessi, ma sono solo funzionali allo scopo.

D'altronde, potrà mai la verità essere presente qui ma non là?
#2594
In effetti, quando mi sono messo a leggere ad alta voce, ripetendo il testo, percepivo in sottofondo un SOS, ma non sapevo spiegarmene la ragione...

Ho provato ad analizzare le sillabe, la loro durata vocale, ma i conti non tornavano...

E invece si trattava di dizione! 
Che sono uso avere errata, forse anche per le influenze dialettali.

Grazie Eutidemo! È stato davvero interessante.
#2595
Se è puntuale, in chiaro e lineare; senza alcuna necessità di interpretare il senso o il significato.
Se è presente identico nei due testi, così come nella mia precedente risposta.
Allora, il messaggio non può che essere: credete.

Anche se non ho idea di cosa voglia in realtà dire (non ci credo se non lo vedo?)

La mia mente se si fissa non smette mai di rompermi... Inoltre c'è la simpatia che provo per te Eutidemo.
Tuttavia questo è il mio ultimo tentativo. Perché mi sembra un'attività, per quel che mi riguarda, sempre più sterile.