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Messaggi - niko

#2581
Attualità / DENUNCIA QUERELA CONTRO IL GOVERNO
07 Febbraio 2022, 08:36:36 AM
Citazione di: anthonyi il 07 Febbraio 2022, 07:27:16 AM
Ovviamente lo stato è bene comune, questo non implica che la denuncia di cui parli sia interesse comune. Chi denuncia lo fa solitamente per un interesse privato, e nella fattispecie, se ho intuito bene il contenuto della denuncia, ritengo addirittura che queste denunce siano contro la politica sanitaria del governo, e quindi contro un bene pubblico tutelato dalla nostra costituzione, indipendentemente dal fatto che possano tutelare presunti diritti individuali.




Ma toglimi una curiosita', continuerai a parlare di "politica sanitaria del governo" e non di "colpo di stato nazista" anche quando le discriminazioni palesemente persecutorie contro alcuni cittadini in base alle loro Scelte Mediche Individuali continueranno oltre il termine formale delli stato d'emergenza?


#2582
Tematiche Culturali e Sociali / Decadenza
04 Febbraio 2022, 21:00:01 PM
Citazione di: viator il 04 Febbraio 2022, 19:21:00 PM
Citazione di: niko il 03 Febbraio 2022, 13:37:43 PM
E' un po' offensivo dire che il benessere economico medio sia al suo culmine in questa societa' di merda e sotto il giogo di questo governo di merda, scusa, ma sembra detto da uno che negli ultimi sei mesi non ha mai preso una bolletta del gas o della luce in mano o non ha mai fatto un giro nel reparto pane o pasta di un supermercato.

Ormai l'indifferenza e' data dalla disperazione, altroche' cupio dissolvi.

Ecco non sono stato politicamente corretto, solo realista.

Salve niko. Sei stato realista nei confronti del relativo. Cioè circa le condizioni in cui si trova la piccolissima borghesia + il proletariato di alcuni Paesi del Primo Mondo. Quindi sei stato partigiano di alcune classi sociali le quali fanno parte - oggettivamente - di una minoranza statisticamente giacente assai di sopra alla media planetaria.

La "società di merda" cui ti riferisci purtroppo continuerà a rifiutarsi di rinunciare a ciò che ha (e che la tiene benissimo isolata e lontana dalla soglia dei bisogni con i quali deve confrontarsi ormai solo una piccola parte dell'umanità).

Il segnale è costituito dal fatto che in certi Paesi si può sbarcare seminudi da gommoni mezzo sgonfi pieni di bimbi piangenti e di donne gravide.......oppure anche morire a decine per naufragio........ma stranamente tutti quelli che si salvano (fradici, intirizziti ed affamati) hanno in mano uno smartphone. Saluti.




E ci mancava il luogo comune dell'immigrato con lo smartphone... piu' che societa' e governo di merda, societa'e governo che ci meritiamo.


Ma piu' che milioni di perone sensa lavoro e prezzi al consumo praticamente  raddoppiati a parita' di salario che cosa altro volete, per visualizzare applicato anche all'Italietta il concetto di "soglia del bisogno"?


Che muore la generazione dei genitori e dei nonni che mantiene decine di milioni di giovani precari? Che finiscono le pensioni?


Ma veramente pensate di poter pagare un affitto e fare una spesa con il reddito di cittadinanza, la pensione minima o la carita' dei servizi sociali?


Per favore, veramente, collegate il cervello prima di rispondermi o ignoratemi, che e' meglio...




#2583
Tematiche Filosofiche / Caso e necessità.
04 Febbraio 2022, 16:07:33 PM
Citazione di: paolo il 04 Febbraio 2022, 14:36:30 PM
Un saluto a tutti voi. Mi sono iscritto giusto ieri e questo è il mio primo post.

Mi presento: avanti negli anni , diplomato tecnico , insegnante in pensione, neuroni stanchi ma ancora più o meno collegati, conoscenza della filosofia quasi nulla ma comunque interessato.


Avendo scarsa dimestichezza con concetti astratti vi propongo  un esperimento mentale relativo comunque ad una situazione concreta:
Casinò di Sanremo.  Il croupier effettua una serie di mille lanci. Chiamo  questa  serie Prova1.     La Prova 1 da il seguente risultato: 200 rossi, 800 neri.                                                            Al rapporto 200/800 = 0,25 appiccico l'etichetta "Caso1"(nella eventualità di 800 rossi e 200 neri avrei considerato identico risultato).  Alla differenza 1- 0,25 = 0,75 appiccico l'etichetta "Necessità1".


Le prove continuano con risultati ovviamente diversificati.


La prova33 da come risultato: 0 rossi, 1000 neri.                                                              Caso33 = 0(minimo) ,    Necessità33= 1(massima).


La prova75 da come risultato: 500 rossi, 500 neri.                                                              Caso75 = 1(massimo),   Necessità75= 0(minima).
Cosa pensereste dopo aver assistito alla sola Prova33?    Probabilmente nella vostra mente comparirebbe un omino nascosto che, con una calamita, ha costretto la pallina sempre sul nero. Chiamo questo omino  "Causa".


Cosa pensereste dopo aver assistito alla sola Prova75?   Probabilmente nella vostra mente non comparirebbe alcun  omino.  La parola Causa neanche comparirebbe nel vostro vocabolario.


Cosa pensereste dopo aver assistito sia alla Prova33 che alla prova75 e solo a quelle? Avanzo le seguenti opzioni:
a)  La Causa opera nel corso  della Prova33                                                                             b)  La Causa non opera durante la Prova75.                                                                            c)  La Causa opera in entrambe le  Prove.                                                                                 d)  La Causa non opera in alcuna delle due.                                                                      Quale delle quattro?


Cosa pensereste dopo aver assistito a tutte le Prove?                                                             Non avanzo alcuna opzione. Non ne ho la più pallida idea!

Se l'esperimento non vi risulta del tutto strampalato avrei piacere in un vostro riscontro.
Per intanto vi ringrazio dell'attenzione e vi saluto.



In realta' il modo piu' semplice di studiare le probabilita' di un evento ripetibile e' attribuire in via provvisoria delle probabilita' equidistribuite, quindi cinquanta rosso e cinquanta nero, e poi fare un gran numero di tentativi per cercare eventuali prove contrarie a questa tesi di equidistribuzione che avevamo posto come premessa, quindi vedere per esempio, se per dieci volte di seguito escono molti piu' rossi che neri.


Nel caso di una roulette non truccata, prove contrarie alla tesi iniziale non c'e ne sono, e il risultato tende a cinquanta e cinquanta, a parte lo zero.


Devi pensare che ogni serie di mille lanci e' ugalmente probabile di tutte le altre se tieni  conto dell'ordine di uscita di ogni singolo risultato, mentre se tieni conto solo di quanti neri e quanti rossi escono a prescindere dall'ordine in cui escono, una e una sola serie corrisponde al risultato possibile di tutti rossi, mentre un'infinita' di serie possibili posizionalmente tutte diverse convergono tutte nel risultato possibile comune di una distribuzione al cinquanta per cento, tutti i risultati "strani", come 999 rossi e un nero, sono rappresentati da poche serie rispetto alla distribuzione equiprobabile al cinquanta per cento.


ad esempio questa possibile uscita di 999 volte in un modo e una nell'altro e' rappresentata "solo" da mille possibili serie, in cui il colore unico diverso varia mille volte tra le sue mille posizioni possibili, contro i milioni di miliardi di serie tutte possibili equilibrate perfettamente al cinquanta per cento o tendenti al cinquanta per cento, come quarantotto e cinquantadue.


Ovviamente se non puoi fare tentativi ripetuti, non puoi conoscere le probabilita', e se ti esce mille o novecentonovantanove volte rosso, sei stato sfortunato e ti farai un' idea assolutamente distorta di quella che e' la probabilita' reale, ma stai pur tranquillo che non succede, tanto che i casino' devono mettere sia lo zero che i limiti massimi e minimi di puntata, per avere la certezza matematica di spennare i polli/clienti nel lungo periodo.

#2584
Tematiche Spirituali / Re:La via di liberazione
04 Febbraio 2022, 12:54:42 PM
Citazione di: ricercatore il 01 Febbraio 2022, 11:11:57 AM
Citazione di: bobmax il 01 Febbraio 2022, 10:28:49 AM
Niente è inutile.

Nemmeno la sofferenza.
Neppure l'orrore più assurdo.

Supporre che nella vita vi sia qualcosa di inutile, che potrebbe cioè non esserci perché senza scopo, rende vana la ricerca spirituale.

"inutile" è la parola che viene da usare dopo che capisci (o credi di aver capito) determinate cose.
ma, effettivamente non è inutile, forse l'opposto: è stato "utile" per farmi capire, "utile" per farmi rendere conto, "utile" per spingermi al cambiamento.


La sofferenza non serve solo di lezione per imparare a non soffrire piu' o a soffrire di meno, e' anche cio' che fa apprezzare il bene e la gioia in quanto suoi opposti complementari ineliminabili, come ogni estremita' destra di qualcosa ha sempre un'estremita' sinistra: senza possibilita' di soffrire non ci sarebbe nemmeno felicita', o meglio non ci sarebbe piu' quella consapevolezza di essere felici che rende piena la felicita', conspevolezza che si acquisisce solo avendo sofferto.

Quindi e' vero che la sofferenza passata e' irreversibile a causa dell'inaccessibilita' del passato alla tecnica e alla volonta' di trasformazione dell'oggetto in generale, ma e' anche vero che l'uomo, se potesse, ben volentieri "translerebbe" tutta la possibile sofferenza del suo mondo nel passato, al ben condivisibile scopo di non averne piu' nel presente e nel futuro.
Dunque la sofferenza irreversibile perche' passata e' anche la sofferenza collocata nella dimensione temporale in cui l'uomo, potendo scegliere, collocherebbe la sua sofferenza, paradossalmente proprio al fine di renderla reversibile.

Questo e' un possibile modo di vedere la liberazione, insomma il desiderio umano di "raggiungere" il paradiso, nell'utopia storica o nel dopo-morte, e' il desiderio di una perennita' di gioia da un certo punto in poi e non di un'eternita' temporale di gioia, quindi e' gia' un modo piu' realistico e piu' "accettante" da parte dell'uomo di fare i conti con la propria sofferenza, rispetto al sottostante, e per certi versi  alternativo, desiderio "brutale" di volerla eliminare del tutto, anche dal passato e quindi dalla memoria.

Insomma, voler essere "senza memoria di sofferenza", in un'eterna primavera, e quindi in condizioni di godere di una gioia concepibile pienamente come eterna e non solo come perenne, oppure voler essere  portatori di una "memoria della sofferenza" che pero' non infici e non rovini la gioia, voler essere in un'estate della liberazione, sono due atteggiamenti psicologici solo apparentemente simili, ma in realta' sottilmente differenti.

E nel passaggio tra l'uno e l'altro di questi atteggiamenti si consuma il passaggio da un pensiero della decadenza, in cui proprio perche' il male e' posto come esistente e irreversibile, di logica conseguenza,  il passato e' visto come migliore del futuro, a un pensiero dell'eskaton e delle cose ultime, in cui il futuro e' posto come migliore del passato, perche', proprio nell'irreversibilita' temporale del male si  vuole vedere la possibilita' del suo tramonto e della sua irriproducibilita', la sua possibilita' di essere un punto, o meglio un tratto, esteso ma finito, divisivo del tempo stesso.

L'iperuranio platonico e' un modo dietro il mondo teoricamente eterno, ma di fatto collocato nel passato, perche' comunica con il presente tramite la reminiscenza e tramite una dinamica di memoria e oblio, induce chi crede in esso a credere che il passato sia migliore del presente e che un futuro desiderabile coincida con un ritorno al passato, soprattutto come dimensione temporale del teoreticamente contemplabile e quindi del noto; il paradiso cristiano e' anche, e' un mondo dietro il mondo teoricamente eterno, ma di fatto collocato nel futuro, quantomeno perche' e' concepito per essere un luogo di gioia perenne e non di gioia eterna, non esclude a priori la memoria del male, realizza il bene come possibilita' della liberta', e quindi concede al concetto di un "futuro desiderabile" quel briciolo di indeterminatezza che consente ancora di identificarlo come un "vero" futuro.

Per concludere, anche se non si ammette che la sofferenza sia utile in quanto costitutiva del desiderio del bene, rimane il fatto che essa e' costitutiva del desiderio del divenire: chi soffre vuole liberarsi dalla sua sofferenza ad ogni costo e con ogni mezzo, e spesso anche, in un mondo competitivo,  a scapito degli altri, ovvero se pure nella sua sofferenza chi soffre non invoca il bene come possibilita' etica o esistenziale, comunque invoca il divenire in quanto tale e il flusso del tempo come non ripetizione dell'identico.

Quindi la sofferenza, rispetto alla domanda sulla sua utilita' o meno, puo' essere vista sostanzialmente in tre modi:

da una prospettiva di Intellettualismo etico come cio' che non serve a niente se non, al limite, di lezione, per evitarla in futuro, come cio' che, semplicemente, insegna qualcosa a caro prezzo.

da una prospettiva piu' stoica come cio' che fa desiderare e concepire razionalmente il bene e ne e' contraltare necessario, insomma come una possibile memoria storica e una possibile consapevolezza non agente, e quindi non colpevole, del male,

E infine, da una prospettiva evoluzionistico-nichilista come cio' che fa desiderare, se non il bene morale, quantomeno sicuramente il divenire, la fortuna e l'aguzzarsi dell'ingegno del vivente  in quanto tale, la non fissazione su un impossibile desiderio di staticita' e conservazione, che e' consona alla totalita' e al ritmo di un mondo diveniente.

#2585
Tematiche Culturali e Sociali / Decadenza
03 Febbraio 2022, 13:37:43 PM
E' un po' offensivo dire che il benessere economico medio sia al suo culmine in questa societa' di merda e sotto il giogo di questo governo di merda, scusa, ma sembra detto da uno che negli ultimi sei mesi non ha mai preso una bolletta del gas o della luce in mano o non ha mai fatto un giro nel reparto pane o pasta di un supermercato.

Ormai l'indifferenza e' data dalla disperazione, altroche' cupio dissolvi.

Ecco non sono stato politicamente corretto, solo realista.


#2586
Citazione di: iano il 30 Gennaio 2022, 15:49:28 PM
@ Niko.
Mi è  adesso più chiaro il tuo pensiero, e quindi con maggiori argomentazioni posso dire perché non lo condivido, come da te stesso esortato a fare..
Naturalmente sei libero di credere che il big bang abbia bisogno di uno spazio per espandersi, e quindi in sostanza che ad esso preesista qualcosa, uno spazio appunto, e che da esso quindi non si derivi l'intero universo ma una sua parte parte. Oppure si deriva tutto l'universo, Ed è per te come un fazzoletto dentro una tasca che non è parte.

La fisica moderna purtroppo mette all'angolo la nostra immaginazione.Ma sopratutto essa ci dice oggi che non possiamo astrarci del tutto dall'antropomorfismo, perché equivarrebbe ad astrarre l'osservatore dall'osservato, assolutizzandolo, ricadendo dentro un inconsapevole antropomorfismo di nuovo.
Possiamo solo prendere coscienza che ci saranno sempre nella nostra conoscenza elementi antropomorfi che possiamo però provare a relativizzare.
Copernico ha dimostrato che possiamo cambiare punto di vista, spostando il centro da cui osserviamo le cose, ma ciò non equivale ad eliminarlo. Se invece che al centro della terra ci immaginiamo al centro del sole, quello che non cambia è che nel centro ci stiamo sempre noi, in presenza o in immaginazione, con possibile esperimento mentale da te prima richiamato.
I progressi della scienza si possono descrivere da Copernico in poi come un continuo decentramento.
Lo spazio Euclideo,  è stato e continua ancora ad essere uno di questi centri , lo spazio "antropomorfo" della nostra percezione.
La scienza oggi ci dice che non è da dare per scontato, e che lo si possa cambiare con altri e che conviene farlo a seconda dei fatti che si vogliano spiegare.
Fino a un certo punto è ancora possibile riuscire  a "vedere questi spazi" facendo ad esempio una analogia con una sfera dentro allo spazio euclideo, ma l'analogia non deve essere spinta oltre il necessario. Uno spazio non euclideo, è solo intuitivamente rappresentato come con una sfera, ma non bisogna spingere l'analogia oltre il necessario, concludendo che lo spazio non euclideo possa stare dentro uno spazio euclideo.
Parlando del big bang ipotizzare lo spazio euclideo non è il miglior modo per spiegare i fatti a nostra disposizione. Intuitivamente conviene immaginarlo come la superficie di una sfera classica euclidea.
Ma non è tanto questo il punto.
Il punto è che il tipo di spazio va' definito in via preliminare, mentre tu ne presupponi una esistenza a priori come necessaria senza doverla definire.
Un segmento sta dentro una retta, come un fazzoletto nella tasca, perché sono tutti enti definiti coerentemente a partire dallo stesso tipo di spazio. Definire lo spazio in via preliminare è necessario per poter discriminare cosa può stare dentro cosa.


Alla luce di queste considerazioni potresti pensare  di dover rivedere il tuo spazio dentro uno spazio.


Io, sostanzialmente,  penso che l'universo non possa essere ne' continuo ne' puntiforme in nessun momento della sua  storia, sostanzialmente perche' penso che il tempo debba poter essere espresso come velocita' del tempo (ritmo), e lo spazio come vibrazione e automovimento dello spazio stesso, e il puntiforme e il continuo, se esistessero, sarebbero lo stato sub-minimo in cui il tempo prescinderebbe dalla sua velocita' e lo spazio dalla sua modificazione.


Come dire che anche la versione minima, dello spazio e del tempo, ne prevede l'estensione, quantomeno perche' entro questa estensione deve pur avvenire qualcosa, deve pur esserci, se non un contenimento, quantomeno un autocontenimento, di cio' che avviene.


Quindi non e' che l'espansione/contrazione sia un concetto improprio, viceversa io la vedo come un concetto cosi' fondante e fondamentale da escludere lo stato puntiforme e "centrato", (stato che, se fosse in essere, la contraddirebbe) come realta' in ogni istante di ogni possibile serie di istanti e finanche nell'istante zero: del resto, a tempo fermo, non c'e' neanche la causa per cui il tempo debba smettere di essere fermo e divenire qualsivoglia altra cosa o evento, un tempo fermo e' anche un tempo eterno, non c'e' nulla che possa far preferire un punto o un altro per iniziare qualcosa, e dunque nulla inizierebbe.


un segmento puo' stare in una retta, ma anche in qualsiasi cosa che abbia piu' dimensioni della retta, ad esempio in un piano. Magari il modo in cui lo spazio e' nello spazio e' 'un qualcosa di simile, vi e' un tipo di contenimento in cui non e' ulteriormente possibile decentrate il punto di vista per chi vive in un numero limitato di dimensioni, ma cio' non vuol dire che non ci sia un "fuori" in assoluto.


#2587
Citazione di: iano il 30 Gennaio 2022, 05:03:31 AM
Certo, nel momento in cui impropriamente immaginiamo l'universo iniziale come un punto, siccome un punto non può esistere che dentro uno spazio,forse perciò tu vedi che quando quel punto produce uno spazio, questo si espanda dentro lo spazio in cui stava quel punto iniziale.
Ma allora significa solo che la nostra immaginazione tanto ci aiuta a comprendere quanto ci aiuta a confonderci.
Una teoria che inquadri i fatti va' inevitabilmente oltre i fatti, e la sua interpretazione va' oltre la teoria stessa, e la nostra immaginazione ancora oltre.
Ma se ci limitiamo ai soli fatti, senza una teorizzazione, non possiamo fare previsioni, e quindi non possiamo agire secondo volere, perché non vi sono alternative fra cui scegliere.

La previsione poi in se'sarebbe un puro calcolo, e non c'è nulla da capire in un calcolo.
Un calcolo si esegue, non si comprende.
Esistono però scorciatoie di calcolo, a fronte di relativa eventualmente accettabile imprecisione, usando una interpretazione della teoria, e a partire da questa con sempre crescente grado di imprecisione, usare immaginazione.
Quello che a noi appare evidente attraverso la percezione , tanto da confondere come vero ciò  che vediamo, è invece il risultato di un calcolo  molto raffazzonato che riassume in modo gestibile operativamente il nostro rapporto con la realtà .
E' un calcolo che si può sempre meglio precisare, ed è quello che facciamo quando, fuor di percezione, usiamo la scienza e la tecnica, ma tutto ciò ha un costo che deve essere sempre sostenibile.
Allo stesso tempo possiamo continuare ad usare analogie percettive, con l'immaginazione.
Questo è quello che noi diciamo capire, e ci sembra di doverlo porre come priorità, ma è in effetti solo una possibilità procedurale.
Nel momento in cui aumenta la sostenibilità economica del calcolo, usando computer che danno risultati istantanei,, aumenta la precisione con cui possiamo applicare la teoria, potendo fare a meno dell'immaginazione. Cessa la necessità di capire con tutte le imprecisioni che comporta.
Tutto ciò non sembra però essere soddisfacente , perché la mancata comprensione sembra farci sfuggire il controllo sulla situazione.
Ciò perché consideriamo che la mancanza di controllo diretto su tutto ciò che facciamo  sia l'eccezione, e non la norma, tendendo ad amplificare l'importanza di ciò che passa per la nostra coscienza, che funziona come una lente di ingrandimento, per cui l'evidenza della realtà   si riduce a ciò sta dentro il nostro orizzonte.


Il tempo sta dentro al tempo come mercoledi' scorso sta dentro la settimana scorsa.

Lo spazio sta dentro allo spazio come un fazzoletto sta dentro la mia tasca.
 
O meglio, visto che si vuole la matematica, un elemento x qualsiasi, sta dentro y, laddove y e' maggiore di x, come un fazzoletto sta dentro una tasca o mercoledi' scorso sta dentro la settimana scorsa.

E' una questione di puro e semice contenimento, in senso matematico di insiemistica.

Puoi ben dire che il mio discorso da un certo punto in poi si complica, ma non che sia complicato fin dall'inizio, per questo prima dicevo che, per vederlo complicato fin dall'inizio, bisogna fraintenderne i termini.

L'unica complicazione e' che qui x e' l'eta'dell'universo intesa come totalita' del tempo sia sensato che conoscibilie, quindi non si sa che cosa possa mai essere y, la cosa piu' grande, piu' capiente, della totalita' del tempo, la cosa che puo' contenere la totalita' del tempo (x) e anche dell'altro, un ossimoro, un assurdo.

Ok, sono, e penso siamo, ben lungi dal capire che cosa possa essere questo assurdo e come "dominarlo", come riportarlo ad essere cosa comprensibile, ma ogni teoria che continui la storia del big bang oltre il big bang e prima del big bang ne dirada un po' l'assurdita' e l'incomprensibilita' : l'ipotesi che il big bang sia ripetibile, e' un qualcosa di concettualmente simile a quello che (se, appunto, fosse possibile) sarebbe una sua collocazione  temporale, un abbozzo di collocazione nel tempo, e l'ipotesi che sia diffuso e disseminato ne e' un abbozzo di collocazione spaziale.

Insomma io mi immagino qualcosa del tipo:

"se nel tempo in cui io sono c'e' un limite insuperabile, e nello spazio in cui sono un confine insuperabile, intendo limiti di estensione, e quindi di conoscibilita', dato che la mia posizione non ha nulla di speciale (insomma da Copernico in poi, una struttura omogenea del cosmo deve pur prevalere su una frattale all'infinito delle lunghe distanze), il modo di esistere per legge di natura di questa "struttura dell'insuperabile", il modo di esistere di cio' che in genere pone i limiti, come classe di oggetti e non come pura "singolarita', sara' quello della sua disseminazione e/o della sua ripetizione, disseminazione e ripetizione che, nell'esperienza comune, sono normali forme di contenimento dell'ente nel tempo, e qui e solo qui,  vengono; al limite, gentilmente prestate a una similitudine in cui si voglia liberamente immaginare il contenimento del tempo nel tempo e dello spazio nello spazio".

La mia e' solo una similitudine? Certo che si'.

Che cosa vuole fare questa similitudine in questo contesto?

Vuole far emergere che, anche paragonare un qualsiasi lasso di tempo iniziante e terminante, fosse pure l'eta'dell'universo, tredici miliardi di anni, all'eternita intesa come totalita' del tempo, e paragonare qualsiasi spazio finito, o conchiuso, a un'estensione infinita intesa come totalita' dello spazio disponibile, tutto cio' e' gia' paragonare, o meglio e' gia' tentare di esprimere, lo spazio e il tempo con le loro singole parti, un giochetto che io personalmente accetto solo a condizione di essere libero di pensare  il modo di stare delle parti nel tutto, di opporre le mie similitudini a quelle che sento in giro,  altrimenti, se si assolutizza il modo (prospettico) in cui la parte e' il tutto, ne' risulta solo una narrazione (un microcosmo antropocentrico, come poteva essere prima di Copernico), una cattiva singolarita'.





#2588
Citazione di: daniele22 il 27 Gennaio 2022, 10:07:10 AM
Citazione di: niko il 26 Gennaio 2022, 23:51:27 PM
Citazione di: daniele22 il 26 Gennaio 2022, 21:20:38 PM
Citazione di: niko il 26 Gennaio 2022, 19:58:47 PM

Il fatto che la scienza cambi la vita non e' scientismo,  e' la natura stessa della scienza, scientismo e' usare la scienza per limitare la liberta' e la facolta' di scegliere, imporre la scienza anche a chi non la vuole e non fa niente altro di male oltre a non volerla.



Scusa niko, ognuno è libero di fare ciò che vuole, ma il tuo pensiero, divinità escluse, mi sembra vada a prefigurare una società stratificata in caste. Si pone in ogni caso il problema di un probabile conflitto sociale, giacché non tutti la pensano come la pensi tu. In ogni caso nell'opposizione che si genera tra me e te, ne verrebbe fuori che tu sei uno scientista ed io un umanista. Non so se Ipazia intendesse dire che tu saresti uno scientista, ma per me lo saresti, anche se dici di lasciar liberi quelli che non vogliono la scienza ... queste affermazioni sono un po' in odore di promessa elettorale, o di ingenuità



Era solo per dire che una completezza nel conseguire il sapere scientifico , che poi e' umanamente impossibile, cambierebbe la forma, e quindi anche il  contenuto, della vita.


non si puo' rispondere con successo  a tutte le domande scientifiche e poi non domandarsi l'implicazione pratica delle risposte e continuare a vivere come se niente fosse e come se la conoscenza fosse un compartimento stagno rispetto alla pratica, anche perche' solo  l'implicazione pratica misura la correttezza, e quindi la presunta definirivita', delle risposte che ci si e' dati; l'uomo non funzione cosi' secondo me, funziona che quando conosce una cosa, si chiede cosa significa quella cosa che conosce per lui, e l'uomo di scienza, o comunque utente piu' o meno alla lontana della scienza, non fa eccezione.

Meno male. Grazie niko per la tua adeguata risposta. La filosofia è per me l'arte del corretto pensare. Se sei giovane come dice viator, i suoi consigli sono illuminanti anche se dissento nella sua conclusione. Dico cioè che puoi fidarti di Ipazia, ma non di Wittgenstein (paradossalmente). Nel senso che solo lei può ammettere che certi arbitrii di LW siano proprio arbitrari. Non so se concordi con la mia interpretazione della relatività dal punto di vista dell'essere umano in merito alla relazione dell'informazione in funzione della sua massa, ma non importa, posso anche sbagliarmi. Quel che penso, quindi, è che quando tu dici che il tempo non è che la variazione del tempo nel tempo (velocità del tempo?) dico che questa nozione ti pone in uno stato di consapevolezza, e quindi in uno stato di potenziale gestione di informazioni, che è in un certo senso superiore a quello della gente comune. Per questo motivo dissi che l'uomo attuale vive mentalmente come se vivesse ai tempi di Kant ed Hegel. Non ti sembra che sarebbe giusto colmare almeno questo gap?
Nei post precedenti avevo affermato che attribuisco un grado maggiore di realtà ai fatti, ma non maggiore al punto di poterli affermare come esistenti di per se stessi. Persisto pertanto a negare una realtà oggettiva. Quando Wittgenstein aggiusta quel "cosa in se" trasformandolo in "cosa per noi", di fatto trasferisce la nostra modalità di comprensione dalle cose all'azione delle cose. Ciò significherebbe che a fondare la nostra conoscenza sia l'azione che la cosa compie, e non la cosa. Ciò implica che i sensi servono solo ad individuare la cosa responsabile dell'azione. Nel nostro mondo però succede che gli individui di media cultura pensino che le cose esistono e che noi speculiamo su di esse in quanto esistenti di per se stesse. Questo è cioè il loro atteggiamento mentale. Questo atteggiamento ci retrocederebbe all'interno del mondo di Kant e di Hegel. Da quei tempi bisogna ripartire criticando però il linguaggio e non continuando a fare gli struzzi. Infatti io nego che anche l'azione sia oggettiva, ma la possibilità, giusta o sbagliata che sia, giunge dalla critica al "sostantivo". Affermo cioè che sia la sensazione a poter formare nella nostra mente una generalizzazione di ciò che potenzialmente può divenire un "sostantivo". Naturalmente tale nozione la ricavo all'interno di conoscenze neuroscientifiche in cui si affermerebbe che qualsiasi animale dotato di un certo livello di consapevolezza, che non giunge però ai livelli di criticarla, sia in grado di compiere delle generalizzazioni

Ps: avrei una curiosità che non ho mai potuto accertare circa un esperimento mentale sulla nozione di velocità del tempo e riguarda un ipotetico viaggiatore che parte da Giove ad alte velocità verso la terra guardando con un potentissimo binocolo fin dalla sua partenza i fatti che si svolgono sulla terra. Forse tu potresti dire qualcosa in proposito, magari in un topic dedicato




Beh e' una cosa in po' complicata, in realta' se osservi cose mio distanti, come la terra da' Giove, il presente degli oggetti molto lontani che osservi e' esteso, come dire che ci vuole da dove sei tu del tempo, anche ore o giorni, perche' il futuro dell'oggetto lontano diventi passato, insomma il presente di cio' che ti e' distante non ha piu' duratata infinitesima per te dal tuo.punto di vista, e questo ti impedisce nel modo piu' assoluto di avere una visione continua e cinematica, tipo come potrebbe essere quella ottenuta con un binocolo, di cio' che sta succedendo laggiu'.

#2589
Citazione di: iano il 28 Gennaio 2022, 16:07:32 PM
Ciao Niko.
Come dicevo altrove, una singolarità è prima di tutto un oggetto teorico.
Nasce sempre in questa forma.
Una singolarità non ci apparirà mai dunque come evidente , ed è inutile che tu ti inventi l'impossibile come uno spazio dentro uno spazio e un tempo dentro un tempo, per poterlo "vedere" anche solo con un esperimento mentale.
Un oggetto puramente teorico ha lo "svantaggio" che potrebbe non avere un corrispettivo reale, ma il vantaggio di essere ben definito, e quindi di poterne calcolare perfettamente le conseguenze.
Puoi cioè ben prevedere quali effetti dovrebbe avere  se esistesse, e puoi provare a rilevare quegli effetti.
Può succedere allora che alcuni di quegli effetti vengano rilevati, e nel caso del big bang si tratta della radiazione cosmica di fondo.
A questo punto sta ad ognuno di noi pesare questa previsione confermata per dare un valore di esistenza.


Tutto questo meccanismo di previsione, ricerca ed eventuale conferma equivale a vedere , senza doversi arrampicare sugli specchi inventandosi ipotesi impossibili.
È un meccanismo semplice , ben oliato e sperimentato, quello della scienza.
Ma nel caso del big bang, per quel ne so', non tutto ciò che è stato previsto e' stato rilevato, quindi la sua esistenza rimane sospesa a metà.
Come al solito si può vedere il bicchiere mezzo teorico o mezzo reale, a seconda dei gusti.
Così c'è chi il big bang se lo beve e chi no.
Tu, col tuo esperimento impossibile mentale cerchi di riprodurre l'evidenza con cui le cose ti appaiono nella realtà, anche se non hai alcuna idea di come quella evidenza si produce, e per questo a me pare che associamo quella evidenza alla verità, perché al pari della verità, non conoscendone l'origine non possiamo metterla in discussione.
Io mi accontento di vedere anche a metà, conoscendo però completamente il processo che porta a quella visione. È un processo noto, che perciò si può mettere sempre in discussione.
Ma paradossalmente siccome è noto, allora non è una verità , perché si può mettere in discussione ciò che realmente si possiede.
Il paradosso della verità è che essa può reggere finché là si possiede per fede, perché nel momento in cui là si possedesse realmente, non sarebbe più tale, potendo essere confutata.


Insisto comunque su un fattore secondo me discriminante della questione, che è la condivisibilita.
Si può condividere solo ciò che si possa esprimere in simboli, e per lo stesso motivo lo si può confutare.
Non si può confutare invece ciò che non si può condividere come una illuminazione, e quella si che mi pare una singolarità senza possibilità di riscontri, e il tuo discorrere mi sembra più un rito magico che la voglia propriziare.
Ma dico te per dire tutti, e a te va' il merito del coraggio di mostrare ciò che su cui altri hanno il falso pudore di cincischiare.

Beh alcuni dei fraintendimento tra noi a questo punto sono abbastanza sicuro che siano terminologici...

se tu vedi ipotesi e invenzioni impisdibili, addirittura arrampicate sugli specchi...

Laddove io alludevo a ipotesi scientifiche sul prima e dopo "temporale", e sui dintorni "spaziali", del Big bang, ben note a chiunque legga un po' di divulgazione scientifica, dunque ipotesi cosmologiche come:

Universo oscillante, big bounce, big crunch, universo nato da fluttuazioni quantistiche del vuoto, inflazione caotica, inflazione eterna, equivalenza tra big bang e buco bianco eccetera;

Insomma, per me, e ora la dico in modo cosi' terra terra che spero si capisca, qualunque teoria che esplori il "prima" o il "dopo" del famoso big bang, in senso teoretico, o almeno nel senso teoretico in cui mi ero espresso prima, venendo, quantomeno da te Iano, frainteso, "pone il tempo in un tempo piu' grande";

e qualunque teoria che contestualizzi il big bang in un qualsiasi tipo di paesaggio/contesto , dal vuoto come vero stato fondamentale, a un altro universo, ad altri luoghi del nostro universo , "pone lo spazio in uno spazio piu' grande":.

Per questo dicevo "disseminazione", nello spazio, e "ripetizione", nel tempo, come cio' che rende un certo evento, o classe di eventi simili, spiegabile secondo un logos naturale o naturalistico, e quindi e' la possibile chiave per figurarsi anche una immagine naturalistica del tempo in se'

come vedi, di fantastico non c'e' niente, e neanche niente si cosi' raffinatamente "mentale".

Cio' che volevo dire; molto semplicemente, era che

mettere un inizio e una fine al tempo, fosse pure la famosa singolarita', e il suo orizzonte/censura che la nasconde, che poi e' niente altro che la caducita' dell'universo stesso e il suo ritorno necessitato ad uno stato morto, privo di eventi, e quindi fondamentale, trascorso, appunto, un certo lasso di tempo, concettualmente 

e' niente altro che un paragonare, un associare mentalmente, un assimilare, sostanzialmente due cose:

Quello che comunemente si dice:  "il tempo

Con quelli che comunemente si dice: "un singolo e definito lasso di tempo".

Come dire, facciamo un bel paragone tra,

Il concetto generale e materialista di tempo, da una parte, concetto che, se ben compreso, ne implica necessariamente  l'eternita' e l'infinita', come nell'Etica di Spinoza, per dire,

e il periodo che va' da lunedi' a mercoledi' della scorsa settimana, dall'altra, all'altra "estremita' " dell'esempio, per fare un esempio qualsiasi di lasso di tempo ben definito;

Ora, e' chiaro, o almeno secondo me, dovrebbe essere chiaro, che questa metafora, questo bel paragone, per quanto utile a far tornare i conti, per quanto confermato da evidenze osservative, per quanto scientificamente plausibile, per quanto esplicativo di molti fenomeni reali e quindi legittimamente utile alla scienza stessa, e', e resta, un "mero"  paragone, una "mera"  similitudine:

Il tempo non e' paragonabile a nessun singolo lasso di tempo, cosi' come non e' solo un tempo dell' anima ma ha una sua spetrale, irriducibile "oggettivita' ".

il tempo come durata, e' un qualcosa di radicato in un tempo della narrazione, in un tempo antropico, mentre, almeno secondo me, ma penso sia opinione diffusa di molti, la natura necessita l'accettazione e la meditazione  di un tempo naturalistico, disantropico, immanentemente infinito, per essere compresa.


La mia preferenza per tutto cio' che contestualizza il big bang si spiega cosi', niente di piu' e niente di meno.



#2590
Citazione di: iano il 27 Gennaio 2022, 22:26:17 PM
Citazione di: niko il 27 Gennaio 2022, 12:28:27 PM
Citazione di: bobmax il 27 Gennaio 2022, 08:01:23 AM
@Niko

La teoria del Big Bang prevede la nascita del tempo e dello spazio.
Questa è la teoria.
Se poi la si vuole contestare, va bene, ma è un'altra teoria, che occorre però sostenere scientificamente. Cioè basandosi sui dati e non su semplici ragionamenti arbitrari.

Il tempo e lo spazio derivano dal qualcosa.
È il qualcosa che, essendoci, crea lo spazio e il tempo.
Senza il qualcosa non vi è spazio né tempo.

Dal nulla nasce nulla.

Benissimo.

Allora o ci affanniamo a ipotizzare qualcosa che doveva certamente esserci "prima", e quindi un altro tempo e un altro spazio, oppure... il qualcosa è esso stesso nulla!

Orrore...

Tutt'altro!
L'autentico orrore deriva dal qualcosa, dal disperato bisogno che ci sia.

Che l'universo sia nulla ce lo dice pure il fotone. Per il quale non vi è né spazio né tempo, l'universo è una pura singolarità.

PS
L'analisi è importante, ma lo è pure la sintesi.
Senza la sintesi l'analisi resta sospesa, e soprattutto non passa il nostro stesso vaglio.
Il confronto può avvenire concretamente solo con la sintesi.


Ok, saro' sintetico: la songolarita' non esiste perche' se esistesse avrebbe tempo ed energia simultaneamente significativi e violerebbe il principio di indeterminazione,
Niko, fermati un attimo a riflettere.
Come fai a spararne così tante in una volta sola che il big bang al confronto è un dilettante?
Non ho voluto ribattere punto per punto i tuoi post, ma non ne azzecchi una.
Eppure quando stai strettamente dentro al discorso filosofico sei esemplare.
Quindi affrontiamo la questione dal punto di vista filosofico, e posto che tu il principio di indeterminazione lo abbia compreso, secondo te il principio all'istante zero esisteva già?




Beh laddove tu non ribatti io non posso ri-ribattere,  il che e' probabilmente un bene per non svaccare la discussione, quindi, per quanto riguarda quel poco che mi hai voluto ribattere in modo argomentato:


Si' hai ragione il problema con la singolarita' non e' l'energia e il tempo simultaneamente determinati, mi ricordavo male, il problema e' invece che un oggetto puntiforme sarebbe contenuto in uno spazio minore della sua lunghezza d'onda.


E quindi, vi sono ottime ragioni per pensare che la meccanica quantistica sia completa, dunque non e' una questione di osservatore se un "oggetto" non e' infinitamente comprimibile; e mi rifiuto nel modo piu' assoluto di considerare l'universo come qualcosa di altro da un "oggetto", insomma da un qualcosa che, pur essendo esso stesso lo spazio e il tempo (concediamolo pure...) esiste in uno spazio e in un tempo piu' "grande", o meglio, prospetticamente piu' ampio, secondo il consueto e banalissimo concetto di cio' che (tanto in filosofia quanto nel senso comune) significa, e comporta, esistere nello spazio e nel tempo.


Se ci pensi, le due cose che ho affermato non sono incompatibili, anche una cosa che e' lo spazio e il tempo, puo' stare, nello spazio e nel tempo, purche' non affermiamo anche che essa sia anche tutto, lo spazio e il tempo in generale disponibile, e che lo sia e' tutto, e' scientificamente tutto da dimostrare.


Insomma questo benedetto big bang e' un fatto naturale come gli altri, quindi esistono condizioni spazio-temporali in cui e' ripetibile, e intendo in senso pieno, molteplicemente ripetibile, in forma di successione o disseminazione, e non solo astrattamente ripetibile, nel senso che secondo una qualche teoria "sta bene dove sta e non altrove", e non mi si venga a raccontare altro, cioe' che la natura fa, non solo "salti", ma addirittura antrpologicamente accomodanti "eccezioni".


Per questo dico non sappiamo nulla del Big bang e non sappiamo neanche se ci sara' li sciopero dei treni dopodomani, il big bang non e' un evento fondativo in assoluto, le indeterminazione su di esso sono paragonabili alle indeterminazione sullo sciopero dei treni, e appunto a tempo fermo non c' e' margine per l'operare del caso, perche' e' un caso tutto e finanche che che il tempo passi, quindi si risolvono molti piu' problemi di quanti non se ne creino a immaginare che  il tempo non sia mai stato fermo.


-----------------------------

Come post-scrptum direi che...


ci sono cose imcompatibili tanto con l' essere quanto con l'esistenza, e una di queste cose e' il tempo...

dato che bobmax, qui, mi vuole fare diventare cosi' sintetico da risultare aforistico, quantomeno :)
#2591
Temo anche io che voglia fare il presidente della repubblica per defilarsi... il presidente della repubblica in genere ha meno potere del presidente del consiglio, ma a Draghi il potere non mancherebbe comunque, e' naturale che gli interessi di piu' il prestigio, internazionale soprattutto, e di fare il "nonno" alla faccia nostra il piu' a lungo possibile qualunque cosa succeda...
#2592
Citazione di: bobmax il 27 Gennaio 2022, 08:01:23 AM
@Niko

La teoria del Big Bang prevede la nascita del tempo e dello spazio.
Questa è la teoria.
Se poi la si vuole contestare, va bene, ma è un'altra teoria, che occorre però sostenere scientificamente. Cioè basandosi sui dati e non su semplici ragionamenti arbitrari.

Il tempo e lo spazio derivano dal qualcosa.
È il qualcosa che, essendoci, crea lo spazio e il tempo.
Senza il qualcosa non vi è spazio né tempo.

Dal nulla nasce nulla.

Benissimo.

Allora o ci affanniamo a ipotizzare qualcosa che doveva certamente esserci "prima", e quindi un altro tempo e un altro spazio, oppure... il qualcosa è esso stesso nulla!

Orrore...

Tutt'altro!
L'autentico orrore deriva dal qualcosa, dal disperato bisogno che ci sia.

Che l'universo sia nulla ce lo dice pure il fotone. Per il quale non vi è né spazio né tempo, l'universo è una pura singolarità.

PS
L'analisi è importante, ma lo è pure la sintesi.
Senza la sintesi l'analisi resta sospesa, e soprattutto non passa il nostro stesso vaglio.
Il confronto può avvenire concretamente solo con la sintesi.


Ok, saro' sintetico: la songolarita' non esiste perche' se esistesse avrebbe tempo ed energia simultaneamente significativi e violerebbe il principio di indeterminazione, percio' laddove tu dici: "la nascita di spazio e tempo", io dico: "la nascita di durata ed estensione", cioe' degli attributi che sono propri dello spazio e del tempo e che li presumono, e quindi il vuoto preesiste e sopravvive all'universo, e quindi e' plausibile anche che ci sia piu' di un universo.


Quindi cosa e', e cosa sarebbe veramente un nulla? Un nulla sarebbe, ad esempio, quello che si otterrebbe riavolgendo il filmato dell' espansione dell'universo fino al punto massimo possibile, cioe' fino al punto in cui la distanza di tutti i punti dell'universo l'uno dall'altro e' zero, e dunque in un singolo punto sono sovrapposti tutti i punti.


E' un qualcosa la cui esistenza viene congetturata solo perche' c'e' una tendenza, e si puo' legittimamente,  ma non certo con certezza, supporre che questa tendenza origini da quelle che sono le sue estreme conseguenze a ritroso, cioe' "dal punto composto di tutti i punti".


Ora, siccome pero' tale oggetto e' assurdo ed e' una singolarita', e' altamente probabile che il processo fisico del possibile riavvolgimento si arresti ad una estensione minima (un punto in cui tutti i punti sono vicinissimi ma non sono perfettamenre a distanza zero) che corrisponde a un ribalzo in cui la natura di espansione/contrazione si inverte, e/o quel punto minimo, ma non inesteso, corrisponde ad una apparizione discreta di un universo gia' parzialmente "formato" nelle sue dimensioni fondamentali, lasciando solo il processo matematico, che a questo punto devi immaginare come separato da quello fisico, a digradante fino a corrispondere al punto, geometrico, contenente tutti gli altri punti.

Spero di essere stato chiaro, e sintetico.



#2593
Citazione di: viator il 26 Gennaio 2022, 21:25:12 PM
Salve niko. Tutti i notevoli cambiamenti tecnico-scientifici che hai ultimamente vagheggiato, unitamente a tutti gli infiniti altri che saranno possibili in futuro, certamente cambieranno l'esteriorità del nostro vivere (come sempre avvenuto anche in passato).

Il problema etico non esiste poichè la regola dice e dirà semplicemente che "tutto ciò che diventerà possibile, verrà sicuramente prima o poi fatto".

Ciò premesso, resta la condizione esistenziale individuale (il contenuto complessivo di desideri, sogni, bisogni, speranze contenuto all'interno della vita di ciascuno di noi e che in via spicciola qualcuno chiama felicità oppure soddisfazione oppure equilibrio interiore)..................la quale non varierà di un solo atomo.

Qualsiasi cosa lo circondi, l'uomo tende ad abituarvisi, quindi poi a darlo per scontato, per poi cominciare a piangere ricordando il vecchio che possedeva, pensando all'attuale che non lo soddisfa, sognando il meglio futuro che crede di aver diritto di conquistare.

Secondo me tu, niko, sei troppo giovane per capire certe cose. Come tutti, le capirai quando sarà troppo tardi per cambiarne l'andazzo. Ma non ascoltare me. Ascolta Ipazia e Wittgenstein. Saluti.


Ciao viator, anche se la felicita' e la sofferenza sono universali, hanno una serie di risposte particolari variabili e cangianti nel tempo.


Ora, la filosofia e la stessa coscienza umana sono parte di questa gamma di risposte variabili, alla sofferenza e alla gioia come suo contrario, e tu non puoi continuate a pensare in modo identico al variare del contesto scientifico e filosofico in cui nasci e vivi o al variare delle condizioni oggettive e oggettuali che producono il tuo pensiero come autorappresentazione della tua gioia e della tua sofferenza.


Magari a un livello psicologico basico e fondamentale  gioiarai e soffrirai in modo identico a come soffriva e gioiva a suo tempo  un uomo delle caverne (chi puo' dirlo?), ma con una certa obbiettivita' posso dire che non hai quasi nessuno strumento per rappresentarti qui e adesso l'identicita' e la continuita' di questi stati d'animo tuoi e suoi, a parte forse la sensibilita' artistica se guardi pitture rupesri o la paleontologia se te ne interessi.


Il fatto che cambi la lingua, il pensiero o la religione, cambia la nostra coscienza e consapevolezza dei dintorni vicini e lontani, della realta', e i cambiamenti della scienza non sono diversi in quanto a effetti sul pensiero; e si da' il caso che qui e ora, oggi, fino a prova contraria, la scienza non abbia tutte le risposte, quindi, se qualcuno ipotizza che invece ce le abbia, e giustamente  si chiede a queste nuove condizioni come sarebbe il mondo, in prima battuta mi viene da dire che cio' e' anche solo come ipotesi impossibile perche' la sete di conoscenza, e quindi anche di scienza, dell'uomo e' insaziabile, in seconda che il mondo sarebbe infinitamente diverso da come e' oggi, perche' avere certe risposte cambierebbe il nostro modo di percepire, sentire e pensare.


Basta che pensi a come hanno cambiato non solo il "paesaggio" fisico-materiale, ma proprio anche il pensiero, la struttura profonda del pensare e finanche del corpo umano, i primi trecento anni di storia della scienza, e poi pensa seriamente  all'ipotesi di subire sulla testa e nel tuo cervello, in un secondo, l'effetto di tutti gli altri, ad esempio, trecentomila a venire che forse ci aspettano: da quel momento in poi non sapresti nemmeno piu' di essere viator e di essere un essere umano, questa e' la verita' secondo me...



#2594
Citazione di: daniele22 il 26 Gennaio 2022, 21:20:38 PM
Citazione di: niko il 26 Gennaio 2022, 19:58:47 PM

Il fatto che la scienza cambi la vita non e' scientismo,  e' la natura stessa della scienza, scientismo e' usare la scienza per limitare la liberta' e la facolta' di scegliere, imporre la scienza anche a chi non la vuole e non fa niente altro di male oltre a non volerla.


Scusa niko, ognuno è libero di fare ciò che vuole, ma il tuo pensiero, divinità escluse, mi sembra vada a prefigurare una società stratificata in caste. Si pone in ogni caso il problema di un probabile conflitto sociale, giacché non tutti la pensano come la pensi tu. In ogni caso nell'opposizione che si genera tra me e te, ne verrebbe fuori che tu sei uno scientista ed io un umanista. Non so se Ipazia intendesse dire che tu saresti uno scientista, ma per me lo saresti, anche se dici di lasciar liberi quelli che non vogliono la scienza ... queste affermazioni sono un po' in odore di promessa elettorale, o di ingenuità


Era solo per dire che una completezza nel conseguire il sapere scientifico , che poi e' umanamente impossibile, cambierebbe la forma, e quindi anche il  contenuto, della vita.


non si puo' rispondere con successo  a tutte le domande scientifiche e poi non domandarsi l'implicazione pratica delle risposte e continuare a vivere come se niente fosse e come se la conoscenza fosse un compartimento stagno rispetto alla pratica, anche perche' solo  l'implicazione pratica misura la correttezza, e quindi la presunta definirivita', delle risposte che ci si e' dati; l'uomo non funzione cosi' secondo me, funziona che quando conosce una cosa, si chiede cosa significa quella cosa che conosce per lui, e l'uomo di scienza, o comunque utente piu' o meno alla lontana della scienza, non fa eccezione.

#2595
Citazione di: bobmax il 26 Gennaio 2022, 18:11:40 PM
Con il Big Bang nasce il tempo e lo spazio.

Quindi non vi è un luogo e un tempo in cui il Big Bang avviene.
Semplicemente perché non c'è nulla, né spazio né tempo.

Di modo che il Big Bang non è propriamente un evento, ma la fondazione di ogni evento.

Creando lo spazio, la materia non si espande nel vuoto, ma il vuoto e il pieno sono creati dalla stessa espansione. Espansione che non avviene in alcun luogo e in alcun tempo.

Non esiste perciò alcun "fuori".

Non esistendo alcun fuori, l'universo non è qualcosa.

In senso fisico, il tempo non e' che la variazione di tempo nel tempo, e lo spazio non e' che la variazione di spazio nello spazio. Rispetto ai fenomeni dello spazio e del tempo, proprio aristotelicamente, il loro espandersi e contrarsi non e' loro accidente, ma loro sostanza. Non c'e' altro, di sostanziale nel tempo, che il suo espandersi e contrarsi. E il tempo non puo' passare in modo molteplicemente  puntiforme, come somma di attimi infinitesimi, ne' in modo continuo, perche' a livello microscopico il tempo ha sempre e solo una pronabilita' statistica  di passare, di trascorrere, contro una di non passare e di non trascorrere. Gli orologi a livello fondamentale ticchettano in modo probabilistico, la similitudine e l'uniformita'  nel modo di passare del tempo ogni volta che lo si misura e' un effetto di risultato medio su grandi numeri, e a immaginarlo puntiformizzato, o continuizzato, il tempo, si bypasserebbe questa probabilita'.intrinseca che esso ha di passare

Dunque In senso fisico non puoi si puo' dire tempo, senza dire ritmo, e non puoi dire spazio, senza dire vibrazione. Il divenire diviene divenire, non diviene essere.

Insomma dal nulla non nasce nulla e gli oggetti puntiformi non esistono. Non esiste niente che non contenga in se' abbastanza varieta' da poter mostrare, almeno potenzialmente, una variazione. Non esistono gli enti matematici astratti non esiste niente che non abbia un limite minimo di estensione.

Il big bang e' un oggetto che si puo' ben concepire in due modi: o puntiforme o continuo, perche' e' il punto matematico da cui si manifesta e si espande la continuita', ergo, in entrambi i casi, esso non esiste.

Non esiste nel senso in cui lo intendono molti, se lo si intende come una cosa che origina insieme al tempo e allo spazio e dunque in linea di pricipio  non puo' avere tempo e spazio dietro di se'.

Vedete dove e' il problema?  Se lo spazio si manifesta fin dall'origine  in modo discreto, il quanto minimo di spazio, che e' esteso, presuppone lo spazio. Il suo stesso passaggio dalla non esistenza all'esistenza, e' una trasformaziome, non e' una creazione. E le trasformaxioni, sono sempre in situazione , sono sempre pseudo-inizi. Sono sempre in un fuori, perche' se ne fanno qualcosa del fuori in cui sono, quanto meno come fuori-compositivo.

Fin dall' origine, quel tempo lo possiamo descrivere solo presupponendo la divisibilita' infinita del tempo e il fatto stesdo che il divenire si differenzi dal tempo come insieme di eventi differenti; e quello spazio ha un numero arbitrariamente grande do spazi piu' piccoli in se'.

Non e' la nascita di un tempo, quella che deriva dal big bang stesso: e' la nascita di una durata. E non e' la nascita dello spazio, e' la nascita di un'estensione. Un inizio e una fine nascono dunque  insieme, anche nel modo piu' infinitesimale in cui si voglia credere di cogliere o fotografare la nascita del tempo. Quello che doveva essere un inizio, fin dall'inizio ha in se' un inizio, e quindi non puo' esserlo, perche' e' fin dall'inizio una durata, e quello che non doveva avere fine, continuativamente e gloriosamente conducendoci dall'origine del tempo a oggi, ha una fine, e la ha molto prima di oggi, perche' e' una durata minima, che poi ne' innesca e ne presuppone molte altre.

E non possiamo escludere in modo assoluto che ci sia un fuori, perche' c'e' ben piu' di un singolo e singolare dentro ineliminabile, che comunque in qualche situazione starebbe e resterebbe, c'e' un' estensione originaria, un rapporto ineliminabile tra parti del dentro. Esso nasce in un fuori (il vuoto) perche' comprende parti del fuori e si compone di esse, e quindi il fuori non solo esiste almeno quanto il dentro, ma gli preesiste. Esso e' una entita' di variazione, con un massimo e un minimo Semplice. E lineare, se non ci si vuole intenzionalmente andare a complicare la vita prendendo.per buone verita' metafisiche.

Insomma dal nulla non nasce nulla, vale la pena di ribadirlo, e cio' che non e' tempo e spazio fisicamente e' nulla, e non puo' generare nulla, non puo' "incominciare", ad essere tempo (vero tempo, quindi esteso) e spazio (vero spazio, quindi, esteso) se non lo e' fin dall'origine.

Dal vuoto invece nasce qualcosa, ma a condizione che il vuoto resti vuoto (l'energia si conserva e l'energia totale dell'universo e' zero), non c'e' nessuna rottura radicale di continuita' o irripetibilita' in linea di principio nella sua "genesi",  questo attuale universo  e' se stesso ed e' altro da se' perche' e' un modo di essere di qualcosa (il vuoto)  che ha (molti) piu' modi di essere di lui, di cui lui e' uno-dei-tanti, (e come farebbe questa realta'  a non presupporre un fuori?) e quindi la nascita di qualcosa dal vuoto e' un evento come tutti gli altri, una transizione di fase, che rientra nell'ordine delle trasformazioni, che in quanto tali sono in linea di principio ripetibili e situate in un contesto preesistente,  e non delle creazioni, che in quanto tali a posteriori possono essete giudicate come essenti radicalmente fondati, provenienti dal nulla. E se non ne sappiamo abbastanza, di tale trasformazione, da vuoto-vuoto a vuoto-universo,  non resta che ammettere che non ne sappiamo abbastanza, non serve pensare che ci sia il mitico pseudo-evento che fonda tutti gli altri eventi. E' invece un evento che ha di relativamente speciale solo che non lo conosciamo, come non conosciamo nemmeno che tempo fara' dopodomani, e di assolutamente speciale, nulla. E' speciale per noi, in senso soprattutto simbolico, ma non e' speciale per come si produce in natura, dato che si poroduce come si producono tutti gli altri eventi, da delle premesse e dei ragionevoli e fondati precedenti, diciamo pure da delle cause.

Se sappiamo che l'universo e' un particolare tipo di vuoto, e' perche' lo confrontiamo con altri tipi di vuoto, che non sono l'universo. Ne sono parte. Cio' vuol dire che non e' originario, non e' necessario, che le parti di se' siano se'. Anzi non lo sono, la forma concettuale del "contenere" e' specificamente diversa dalla forma concettuale dell' "essere" proprio perche' si tratta dell' universo, che secondo me si fa meglio a considersre continuita' logica, e non fisica, nel suo essere unita'. Proprio come nel caso del vivente, che non coincide con le sue parti.
Non crea il.pieno e il vuoto, cioe' sempre e solo se stesso,  e' invariabilmente pieno di vuoto, cioe' implica continuamente se stesso e altro da se' .