Menu principale
Menu

Mostra messaggi

Questa sezione ti permette di visualizzare tutti i messaggi inviati da questo utente. Nota: puoi vedere solo i messaggi inviati nelle aree dove hai l'accesso.

Mostra messaggi Menu

Messaggi - green demetr

#2596
Citazione di: Kobayashi il 03 Ottobre 2017, 09:40:45 AM
....Quello dell'uomo terrorizzato. L'uomo attaccato dai propri nemici, dalla povertà, dalla malattia etc.
Un uomo che si avvicina alla morte in solitudine. Ma l'uomo è un mammifero sociale, non è capace di affrontare il terrore da solo. Ha bisogno di essere accompagnato.
Così invoca l'aiuto di un Dio che gli sta accanto, che c'è, che è lì con lui.
E' un'immagine di Dio che nasce nel deserto, dal terrore specifico del deserto.


Lasciando perdere il discorso della bontà di Dio, che è semplicemente il contraltare di un patto legale di chi deve dominare.
Ossia la mera scusa.

Mi hai ricordato che quando iniziai i miei studi giovannei, la curiosità mi spinse a guardare i luoghi del mare tiberiade.
Come al solito guidato da un intuito che è costantemente in contatto con l'originarietà dello stesso: un brivido mi è corso, a vedere quei luoghi arsi, aridi, salini, pieni di luce che immagino accecante insopportabile.
All'improvviso prendeva forma l'assoluto da cui nasce la grande storia ebraica.
Dio è il deserto, concludi con sicurezza tu.
Facendo dei brevi sillogismi, credo di essere d'accordo.

Il discorso del terrore, è per mimesi, il discorso della bontà. Ossia la produzione dall'annientamento si riversa nella costituzione di una storia fantasma. Un fantasma riparatore. Persino, e per me sopratutto, un discorso di comunità.

Mi pare che la bontà nasca dalla miseria, come cotraltare, come esecuzione (di psicosi controllata come asserivi nel tuo trhead).
E seguendo i miei ultimi pensieri come produzione.

Come al solito per intendere la metafisica serve un salto qualitativo, che chiamo metafisica 2.0

Ossia per re-intendere il terrore, c'è bisogno di un controllo sul discorso, ossia il meta-discorso.

In questo senso la questione della bontà di Dio, va rianalizzata, come passo successivo alla presa di coscienza che per esempio fa un Leopardi con la Ginestra, salvo poi appunto, tornare al terrore iniziale, che non è più il terrore di non potersi aggrappare a qualcosa, a qualche storia, a qualche filosofia o religione, ma è di intendere il Vero Terrore.

Ossia vivendo il deserto, o come direbbe il Baffo, diventando deserto. Ci si appropria del proprio essere niente che viene dal Niente.  Cioè di essere parte del Niente. Per ora sono pensieri non ancora decisi, ma ci sto lavorando su.

Ma insieme aggiungo come in notazione, lasciando i diversi discorsi aperti, e tutti da intendere ed approfondire: Deserto, Paura, Coscienza della Paura, Coscienza del processo di produzione, e ritorno al Deserto.

Quello è DIO? Sì, a patto di non chiamarlo niente. A patto di non chiamarlo male.

Certo il dolore come dice Paul rimane, e insieme ad esso gli infiniti fantasmi. E certamente per avere una vera coscienza non va dimenticata come questione, molto materiale e immediata, e proprio per questo la più difficile da pensare. Anzi pensandola io continuo a fare danni agli altri e quindi per contraltare a me stesso.

Questa questione del male, non è semplicemente un sofisma. Anche se è facilmente liquidabile come tale.

Mixarla con Dio, rende la cosa veramente ardua. La stanchezza del mondo è evidente, la morte di Dio, non ha ancora un lutto.
E' morto e sepolto il dio naif della bontà, ma rimane ancora come quel suo odore dolciastro, di frutta marcia, nell'aria.
#2597
Tematiche Filosofiche / Re:Il filosofo riluttante
09 Ottobre 2017, 22:55:42 PM
Citazione di: Kobayashi il 07 Ottobre 2017, 12:56:30 PM
Nelle ultime pagine di un suo breve testo dedicato agli effetti antropologici della rete ("Nello sciame. Visioni digitali"), il filosofo tedesco-coreano Byung-Chul Han parla di un articolo della rivista Wired che ipotizzava la fine della teoria. In sostanza l'autore dell'articolo (Chris Anderson) sosteneva che la disponibilità di un'enorme quantità di dati insieme alla potenza straordinaria degli attuali sistemi informatici di analisi avrebbero portato ad una conseguenza precisa: il rifiuto nel fare ipotesi sul perché di un certo fenomeno sostituito dal come.
In pratica non si perderà più tempo a interrogarsi sulla causa di un fenomeno. Ci sarà la correlazione statistica a mostrare l'esistenza di un legame tra certi fenomeni. Dal software utilizzato emergerà questa misteriosa correlazione che ci dice che cosa accade nella realtà.

Sempre nello stesso testo Han fa notare che pensare significa fondamentalmente separare l'essenziale dall'inessenziale.
Siamo costantemente bombardati da flussi di informazioni ma queste ondate di dati non stimolano affatto la riflessione, anzi, piuttosto la soffocano. Per poter pensare bisogna fare silenzio, "scollegarsi". Bisogna sapersi concentrare su una sola cosa, guardarla da tutti i punti di vista possibili, avere il tempo e la capacità di concentrazione per rimanere in compagnia di quella cosa e delle sue infinite sfumature per ore.
È così difficile che si finisce spesso per inventare un alter ego con cui poi costruire un dialogo sull'oggetto della propria ricerca. Una psicosi controllata senza la quale non ci sarebbe mai stata la storia della filosofia...

Quindi l'attività del pensare, così come la conosciamo, è destinata a sparire.
Volendo essere ottimisti però possiamo pensare che continuerà a sopravvivere una minoranza ribelle, così come "la morte di Dio" non impedisce l'esistenza di qualche comunità monastica cristiana.
A che cosa assomiglierà il filosofo del futuro?
Al monaco di oggi?
Non avendo una lingua in comune con gli altri esseri umani come potrà comunicare la propria verità?
Con il proprio corpo? Incarnando la propria visione del mondo accettandone i rischi e i paradossi così come i primi monaci, con il loro ascetismo e l'accettazione del martirio, hanno mostrato la (loro) verità del cristianesimo?

Che il pensiero sia in difficoltà è abbastanza evidente, anche senza dover arrivare alle intelligenze artificiali, che costruiscono modelli di fenomeni sicuramente più consistenti di quelli umani.

(Rimarrà sempre il fatto di quale modello scegliere. Quale sovvenzionare. Etc...etc...im quanto la manipolazione dei dati matematici è potenzialmente infinita nelle sue variazioni e campionamenti)

Per me la filosofia è sempre un modo del vivere, una riflessione non sul fenomeno, ma sull'impatto del fenomeno sul soggetto.

Al contrario del cristianesimo, la filosofia non si perderà mai nella negazione del soggetto, in nome di un Dio. (il che vuol dire semplicemente che quello è un discorso Altro per me)

Anche se quel nome di Dio fosse la Filosofia stessa.

Al di là di questo, sono comunque d'accordo, che il pensiero esisterà sempre e solo tramite la sua testimonianza terrena in acto. (mentale o agente che sia)

Ma il problema del fenomeno (sociale in primis) non è forse quello che per primo impedisce qualsiasi testimonianza che non sia nevrotica (psicotica...non esageriamo!).

E' il fenomeno in sè nel suo apparire, non la sua causa, che instaura la nevrosi.

Non è importante tanto capire la causa di quel fenomeno, ma innanzitutto riconoscere i fantasmi che crea (le forme mimetiche) la nevrosi, lo sdoppiamento in ciò che non siamo.

L'incisione sulla Sfinge vale sempre "conosci te stesso, per poter conoscere meglio gli altri".

Che varrebbe come dissipazione del fantasma di ciò che non siamo anzittuto.

Solo allora ritorna la questione del fenomeno in sè. Come politica e come potenza:
(controllo e potenziamento del fenomeno).

#2598
Allora, non nego che anche io faccio a fatica a collegare la realtà e il discorso filosofico severiniano.
Di certo però non possiamo relegare a puro formalismo la filosofia di Severino.

Nel senso che tautologia (per Maral) o Niente (per Garbino) sembrano liquidare il senso che invece Severino riprende proprio dai Greci.

Ossia quello di ESSERE (qualcosa). Dove il vero arrovelamento è il capire che è l' "essere" ad essere il soggetto grammaticale e "qualcosa" a essere la copula.

Ossia l'inversione perfetta di quello che è il nostro linguaggio comune.

Infatti diciamo Il vaso è rosso. Intendiamo soggetti il vaso e il rosso, e l'essere è semplicemente un segno di relazione. Ossia qualcosa è qualcos'altro.

Ma nella filosofia greca e in quella di Severino è il contrario,  essendo la forma che crea la sostanza.

Ossia ciò che crea (sottende) la sostanza, è appunto l'ESSERE.

L'esistente non è qualcosa. E' qualcosa che è l'esistente.

Ora che l'ente primo, sia col passare del tempo diventato un ente tra gli enti, credo sia il problema principale.

Almeno io cerco di leggere sempre in questa maniera.

Altrimenti avrebbe ragione Garbino, sarebbe un falso problema. Se qualcosa sia Niente o un Mondo di Folletti, che cambierebbe?

Stessa cosa per Marl, se il discorso dell'ente primo riguarda solo l'ente primo, allora è un falso problema.
Infatti l'essere è, d'accordo, ma come si relaziona con qualcosa? Ed è quello, a mio parere il problema.

Per capire le modalità di relazione dell'essere a qualcosa dobbiamo andare a rintracciare la "condizione di contraddizione necessaria" esposta da Severino, e che avevamo studiato insieme 2 anni fa con Berto.
(la memoria è labile a quanto sembra).

Io non la ricordo più (appunto).  E mi dovete scusare. Riesco appena a scrivere sul forum, e ragiono con la mia testa. Ma non riesco a riaccendere il motore delle letture.

Saluti.
#2599
Tematiche Filosofiche / Re: Dove c'è l'IO c'è Dio
03 Ottobre 2017, 21:58:03 PM
x Phil

Ah ecco! Allora c'è un lavoro da fare!

La penso come te, in effetti il nome di Austin sta veramente dilagando, ormai è riuscito a bucare anche la coltre della filosofia continentale.

La performatività come uso storico della funzione di linguaggio (e non più di soggetto) riferito alle pratiche tecniche.
Ossia un mondo artificiale sul mondo reale della produzione capitalista.(per come la leggo io)

Un tentativo mirato e controllato, di far emergere una deformazione, del reale prodotto dal capitale, in vista di un cambiamento REALE della distribuzione dei prodotti e degli artefatti, compreso il linguaggio stesso, nella visione più propria filosofica. (beh questo è quello che ricaverei io come futura conclusione, o forse già in atto rivoluzione)

Probabilmente i tempi sono maturi per questo cambio di punto vista, ai miei occhi radicale. Ma che nello stesso tempo considero rilevante, molto più di tanti altri progetti come il trans-umanesimo, che alla fine a mio parere verrà inglobato dalla potenza (essendo una tecnica) di questi studi.

Devo leggere molto e approfondire, però su quali siano le politiche collegate  a questo, chi sono gli autori che le propongono. Sono totalmente ignorante in questo. (su you tube non trovo traccia nelle mie ricerche quotidiane, credo che farò una ricerca più selezionata)

a presto.
#2600
"Chi ha detto che il fenomeno é solo materiale  ? ! ? ! ? !
"Fenomeno" = "apparente", cioé avvertito coscientemente.
E i pensieri, i ragionamenti, i sentimenti, gli "stati d'animo", le emozioni, ecc. (grosso modo la cartesiana res cogitans) si avvertono coscientemente.
Ergo: sono fenomeni (né più né meno delle sensazioni materiali)."

E la coscienza cosa è?


"No, per me il soggetto delle sensazioni(fenomeni) non é relazionato al noumeno, bensì noumeno.
Ergo: non é nemmeno res cogitans, dal momento che la res cogitans, esattamente come la res extensa (per me e contro Cartesio) é costituita da fenomeni."

Ascoltami non si può sentire che il soggetto è noumeno....sul serio!

"A me pare che a distinguere fra le due res sia innanzitutto Cartesio.
La res cogitans cartesiana (ma pure la res extensa cartesiana) non é fenomeno, certo; ma la mia, molto immodestamente, presume invece di esserlo (con Berkeley quanto alla res extensa, con Hume quanto ad entrambe)."

Essendo res, e ritenendo tu il fenomeno apparenza (ma apparenza di qualcosa), è dunque apparenza fenomenica.
Quindi anche Cartesio è da assimilare a Locke-Berkley, non so bene Hume.


"Chi ha detto che il fenomeno é solo materiale  ? ! ? ! ? !"

Ma rimane il fatto che il fenomeno è relato ad un oggetto (presunto o reale che sia) e quindi è relato al materiale.


"E poiché non é dimostrabile propongo alla riflessione di chi sia interessato la teoria della trascendenza fra res cogitans e res extensa (entrambe da intendersi come  fenomeniche, contro Cartesio); nella quale arbitrariamente dcredo."

Ascolta il Cartesio vero, non quello dei manuali, a cui ho fatto riferimento fino ad ora, ricerca proprio quella trascendenza.

E l'idealismo proprio a partire da Cartesio è giunta con Kant all'idealismo, e cioè a ragionare la trascendenza della continguità tra le res, come Soggetto.

Ma questa trascendenza è indagabile. Ossia le funzione del soggetto è relata alla relazione con gli oggetti (con il noumeno) ossia con i fenomeni.

Quindi stiamo dicendo la stessa cosa. ::)

L'unica differenza è che tu neghi il soggetto. Ossia non ti interessa analizzare la funzione di soggetto. (cosa che la storia della filosofia ha fatto e continua a fare imperterrita, ma evidentemente tu sei un essere superiore).

Il che è sospetto. E quindi mi sento libero di lanciare ipotesi come quella che tu sia un riduzionista. 

Solo cos'  al di là del tuo impianto teorico conoscitivo, mi tornano tutti i tuoi interventi, sempre volti a intervenire su questioni meramente scientifiche.

E comunque l'esperimento di Libet è stato ampiamente criticato, in quanto è esperimento solo per Libet. Non per la comunità scientifica evidentemente.
Quindi per favore non dirmi che quello che dice Libet è indimostrabile (e lo è eccome), ma però tu lo presumi liberamente.

La verità è che tu ci credi per davvero, e lo porti all'interno dell'argomentazione generale.

Questa mi dispiace è mimesi. (di chissà quali tue paranoie...sai che c'è? non mi interessa!)
#2601
Citazione di: sgiombo il 01 Ottobre 2017, 10:05:21 AM
Beh, nessuno che obietti alla mia (deliberatamente provocatoria) affermazione che conditiones sine qua non per la valutabilità etica dell' agire umano (ed eventualmente domani "robotico") sono la libertà da costrizioni estrinseche e l' assenza di libero arbitrio ?

Non posso crederci!

Per parte mia non esiste il libero arbitrio. La morale è semplicemente una scelta utilitarista. Programmazione artificiale è uguale a programmazione mentale.
Si tratta di riempire tutte le caselle delle diagramma. sì, no. 1, 0.

Altra cosa è la questione dell'utilitarismo, utile per chi?

PS Si va bene ho capito che Maral ha sbagliato, ma non penso che il tema generale fosse sull'assolutismo della tecnica, anche se per carità hai fatto bene a notarlo. (per me non cambia di una virgola il senso generale)
#2602
Sgiombo

rispondo perchè mi fai andare sempre in bestia. Tu evidentemente scherzi. E mo ti becchi sto scritto polemico.

"Da dove salterebbe mai fuori che nel mio discorso generale non si potrebbe constatare alcunchè???
Nei miei ragionamenti si constatano fenomeni materiali e fenomeni mentali, non reciprocamente identificabili, né riducibili; e nemmeno tali che gli uni possano in alcun modo "sopravvenire a" o "emergere da" gli altri."

E dove sarebbe il dualismo?

Visto che il fenomeno è solo materiale. Che fine fa il soggetto? Che fine fa Sgiombo che parla del fenomeno materiale?

Vivono su mondi separati come il pappagallo? Ridicolo. Come è ridicola la tua filosofia.


"E la critica dell' inferenza non è negazione o divieto di praticare l' inferenza (è solo invito a considerane razionalmente i limiti)."

Sei patetico. Perchè la tua supposizione ti porta alla teoria dei mondi separati. Appunto una supposizione che evidentemente fa a meno dell'inferenza che determina il soggetto. E perciò che relazione le due res.
Quindi non dire che si può praticare quando tu NON la pratichi. (se non nella tua professione)


"L' avevi capito talmente bene che hai interpretato il ragionamento sul pappagallo inverificabile come riferito al dualismo res cogitans-res extensa, anzché al problema idee innate-idee acquisite; copio incollo:

"Non era una battuta era una argomentazione."

Eccoci alle tue solite arroganze, che persona triste che devi essere.

L'argomentazione era di Phil, io invece ci ho visto, e quindi separatamente dalle intenzioni di Phil, invece una frecciatina indiretta al tuo modo di filosofare. "Invece", NON "di conseguenza", che diavole c'è da capire???? MAH!


"Ma da dove salterebbe mai fuori questa mi pretesa "dimenticanza???
Ho affermato "innumerevoli" volte a chiarissime lettere (sempre, ogni volta che ho considerato la questione; l' ultima, per ora, appena qui sopra in obiezione al tuo punto "1") il contrario di quanto qui mi attribuisci!!! (Maiuscole a parte)."

Ma santo cielo, ma cosa c'hai in testa "i criceti?".

Non hai capito che era un tentativo (più per inerzia e noia che altro) per confrontarci sulle questioni di partenza del filosofare?

"Tu dimentichi" era da intendere come "Perchè non provi a pensare in questa maniera diversa etc...etc...."

Una semplice questio. (mi piace la tua passione polemica e la forza filosofica delle tue posizioni, ma a volte, spesso, per me, esageri, ma tantè visto che vuoi stare sopra le righe, eccomi, per stavolta).


"Non ho mai negato la mia esistenza come soggetto, né quella delle altre persone umane.
Con Hume ho invece sempre rilevato che essa non è né mostrabile empiricamente né dimostrabile logicamente."

E siccome non è dimostrabile ti inventi la teoria dei mondi separati? perchè scusami è quello che fai.
O mi sto inventando pure questo?
Qui non è in ballo la dimostrabilità, che è una questione meramente formale, utile, utilissima nella critica alle pretese della scienza. Qui è in ballo il soggetto Sgiombo, che filosofeggia con il freno a mano costante, salvo poi buttarsi in ipotesi altamente fantasiose. Sei un aporia costante, non ti sopporto proprio. ;)

cit sgiombo
"Ma se esiste (come credo, ma è indimostrabile) un soggetto (e pure oggetti) delle sensazioni fenomeniche coscienti, reali anche indipendentemente da esse (se e quando esse non accadono), allora non può che essere cosa in sé o noumeno, e non affatto né res cogitans, né res extensa le quali (contro Cartesio; con Berkeley per la sola extensa, con Hume per entrambe) sono ambedue fenomeni (sarebbe una spettacolarissima contraddizione pretendere il contrario)."

Certo che il soggetto è relazionato al noumeno! come potrebbe sennò andare alla ricerca di se stesso?

Infatti il soggetto non è res cogitans per un idealista, che "rompe" proprio con Cartesio.

Sei tu che distigui le due res. E comunque sia la res cogitans cartesiana non è fenomeno.
Solo i mentalisti che pensano che il Pensiero sia la materia grigia, pensano a simili sciocchezze.
Non per questo è quello il pensiro dominante: un pensiero idiota.

Non capisco questa tua esigenza di andargli incontro, vedi "gli esperimenti di libet."

Inoltre se tu stesso ammetti che il soggetto è relato al noumeno, come diavole fai poi a identificarlo con l'oggetto cervello?
Visto che dici di essere d'accordo col fatto che il fenomeno (che anche tu ritieni sensibile) sia anche quello mentale.

Tra l'altro contraddicendoti, nell'aporia definitiva che sei, visto che per te, il mentale è separato dal materiale.

Probabilmente il delta di distanza è a livello di cosa sia la coscienza per te.

Forse per te, la coscienza sensibile mentale, è diversa dalla coscienza sensibile materiale.

Praticamente spacchi in due il soggetto, esattamente come aveva fatto cartesio, negandogli però il dio mediatore.

Supposizioni fantasiosa se ce n'è una. Sopratutto perchè per te coincidono (indimostrabilmente).

Ma se due coscienze sensibili coincidono foss'anco nella relazione, allora ciò che le accomuna non è proprio il fenomeno sensibile materiale?

Insomma quando ammetterai di essere un gretto monista?


"Imbarazzante è come tu ripiombi indietro all' idealismo tedesco!"

Invece tu ripiombi indietro a Berkley e Hume....fai tu!
#2603
Tematiche Filosofiche / Re: Dove c'è l'IO c'è Dio
02 Ottobre 2017, 11:13:43 AM
cit Phil
"Da dove inizierebbe tale spirale? Ciò è esattamente l'aporia fondante del pensiero umano a cui mi riferivo... in fondo, dentro e fuori dalla metafora della spirale, siamo sempre e solo noi a porci il problema di trovare la "formula aurea" di quella spirale, conferendole una stabilità eterna; sebbene tale regolarità che renderebbe quasi superfluo il tempo (sebbene non il suo scorrere) può essere solo una supposizione, non una conclusione risolutiva. 
E se il famigerato "nulla" non fosse un meta-luogo dove regna la negazione dell'essere, ma semplicemente un altro modo di intendere il passato e il futuro nella temporalità a spirale?"

Esatto! E' proprio quello che penso.

Anche se non capisco per quale motivo ho bisogno di trovare quella regola aurea.

Voglio dire il me della giovinezza e infanzia la cercava disperatamente, pensava fosse nei libri (e in fin dei conti qualcosa di quella aspettativa è rimasta, ed effettivamente il pensiero altrui ci aiuta nella ricerca, ma niente più), ora nella maturità non mi aspetto di trovare alcuna regola, è come se viaggiassi per inerzia, per una passione che per storia culturale sta vivendo tempi bujssimi, e quindi difficile trovare anche l'entusiasmo per andare avanti.

Il che non mi sembra un buon segno, anche se con la cultura di oggi (mia questa volta), trovo assurdo pensare che l'obiettivo sia trovare una regola aurea.

Diciamo che ho proprio un problema di prospettiva.

cit Phil
"Un formalista (la metto nella lista delle mie etichette con cui ho fatto ormai una collana  ;D ) può avere, appunto, solo l'idea di Dio... quale idea? Tante: l'idea di una possibilità, se parliamo di ontologia; l'idea di un fattore fra i più rilevanti della storia umana, se parliamo di antropologia filosofica; l'idea di un concetto-limite, se parliamo di logica; l'idea di un pilastro teoretico, se parliamo di metafisica; etc. dipende sempre dai discorsi... e dalla prospettiva scelta dal formalista che li affronta... "

Ma le etichette sono di comodo, poi ho ancora l'elasticità mentale per guardare tutto in maniera dinamica.

Ovviamente il formalismo ha avuto e tutt'ora ha una parte rilevante se non maggioritaria nel processo filosofico.

Nella produzione di concetti cioè.

Forse è che tendo sempre più a far coincidere la formalità come la negazione della vita.

Mi pare strano che gli intellettuali si pongano idee formali e non guardino più alla vita.

Voglio dire mi pareva strano, poi ho dovuto interrogarmi sul perchè di questa svolta culturale.

E il tema della morte della filosofia è più volte comparso nella mia ricerca.

Laddove si deve capire che per morte della filosofia io non intendo la morte della filosofia come edificio sistematico, voglio dire se uno vuole creare un sistema lo faccia, ma fare diversamente non mi pare un vero problema.
No io intendo la morte della Metafisica, e cioè del rapporto tra esistenza e mondanità.

E tra esistenza e mondanità la formalità manco dovrebbe esistere come argomento a sè.
La formalità dovrebbe essere una delle formule presunte che lega i 2 mondi di cui sopra.

Invece la formalità ormai (con i vari monismi, con la specializzazione delle tecniche) crea mondi artificiali che non riescono più a capire la relazione di chiusura - apertura di quelli che abbiamo chiamato cerchi, e che alla fine sono Discorsi.
#2604
Tematiche Filosofiche / Re: Dove c'è l'IO c'è Dio
02 Ottobre 2017, 11:12:24 AM
Si scusate Paul e Phil, rispondo ad alcune considerazioni precedenti il vostro ulteriore dibattito, che ho letto ora di fretta.
Volevo dare delle risposte, scritte in precedenza, non postate, per non appesantire troppo il 3d.  ;D


parte 1

cit Phil
"la genealogia, squisitamente metafisica, di questa esigenza di chiusura del cerchio, di bilanciare i due lati dell'uguale (per inaugurare un'identità dialettica letteralmente definitiva), può essere secondo me approcciata con due inclinazioni differenti: quella che vede in tale chiusura la convergenza di dovere e volere, in una sorta di "deontologia" del pensare metafisico (il cerchio deve chiudersi perché voglio che l'etica il senso della vita siano "stabilizzati" metafisicamente) e quella che invece vede in questa chiusura una contingente proiezione "estetica" delle piccole chiusure immanenti che riscontriamo nella nostra esistenza... c'è il cerchio che si chiude, e chiudendosi si "esaurisce" (lasciando però sempre qualcosa "chiuso fuori" dal suo perimetro ;) ), e il cerchio apparente che non si chiude, ma si apre dipanandosi a spirale all'esterno, e sembra poter avanzare all'infinito (d'altronde, il tempo e lo spazio possono davvero essere pensati come chiusi?). "


Nel tema perso che avevo scritto proponevo la distinzione tra cerchio umano e cerchio divino.
Nel senso di criticare l'idea di cerchio divino, e far notare che era solo umano.

Non ho le forze per riscriverlo in questo momento, vediamo nei giorni prossimi. (ci sono domande più urgenti)

Mi piace parecchio la tua distinzione tra cerchio metafisico e cerchio estetico.

Anche se non vi trovo traccia polemica (come al tuo solito sei sempre molto distaccato, e in fin dei conti il contegno è una delle nobili virtù richieste da Nietzche).

La polemica allora la faccio io. Perchè è evidente che il cerchio che si chiude, sopratutto a livello metafisico, è l'errore madornale del canone occidentale.

Apprezzo molto l'idea di cerchio estetico, che ha comunque in mente una traiettoria, un ethos di ricerca, di ampliamento, che di fatto è per se stesso, un senso.

Se fossi un esteta seguirei certamente quella strada. E sicuramente la maggior parte degli intellettuali (brillanti) segue quel cline. (penso a Carmelo Bene in primis).

Il mio problema è che sono un metafisico, e capisco benissimo l'esigenza che dice Paul.


Per rissumere rispetto al tema che avevo scritto (e perso)

A mio parere però nella storia della filosofia avviene una rivoluzione che purtroppo viene sempre poco intesa, ossia quella copernicana portata da Bruno, per cui L'uomo è il decentramento di Dio.
A mio parere è questo il tema. Ossia capire come mai necessitiamo di un discorso sulla teologia negativa.
Da chi partire, quali sono le idee particolari su cui lavorare.

Tutti piani di ricerca, che dopo il progetto Nietzche e il progetto Severino, sono in attesa del mio interesse. (sempre più ristretto temporalmente).


Ecco per chi conosce Bruno forse ne ho già detto qualcosa.
#2605
Ciao Sari

sì il discorso sulla Paura.  :-[  Avrei dovuto affrontarlo questa estate nel confronto con Hobbes.

Ma è veramente arduo ricavarlo, Hobbes è un cinico, e non sono nemmeno riuscito ad avvicinarmi a quella lettura.

Ma rimane il vero punto di svolta. E' il tema che mi accompagna fin da bambino.

A differenza degli altri (tutti i bambini pensano la morte in maniera assolutamente radicale, sono gli adulti che si spaventano, e anche questo è materiale clinico psicanalitico e quindi scientifico), non l'ho affatto dimenticato. Si è radicato troppo in profondità.

E la profondità gli appartiene.

Certo in qualsiasi momento facciamo "spallucce". Ne va del nostro vivere quotidiano.

Per quel che mi riguarda (e ovviamente vivendo in un cultura cattolica, ma leggendo solo testi induisti) Dio è proprio ciò che valica la morte.

Ma che sta già dentro la morte. Hai perfettamente ragione a intuirlo.

Qui non voglio fare filosofia, solo raccontare la mia esperienza.

L'esperienza limite dei miei 13 o 14 anni, quando arrivato al quarto livello di meditazione ho cominciato a percerpire gli effetti della tecnica (meditativa), ossia la completa sparizione del mio IO.
Diffido tantissimo di chi ne parla come se fosse qualcosa all'acqua di rose, qualcosa di raggiungibile.
E' l'esperienza più terrificante. Perchè si perde controllo di se stessi.
L'unica cosa che ricordo era il pensiero: "no! io voglio essere vivo."


Quando scrivi dei progetti quotidiani, della nosta routine, e della paura di perderli, mi hai evocato qualcosa della mia angoscia quotidiana.
Ma che come sempre ha evocato i fantasmi dell'inconscio.

E poi quella terribile parola: fantasma di controllo. Non è semplicemente il fatto della routine, c'è veramente qualcosa di oscuro nel depensamento del nostro essere così come siamo, così come la nostra cultura ci ha "informati".
C'è veramente qualcosa "dentro" l'angoscia.
Nel senso che è qualcosa del mito, cioè la sua radice, è rimasto.
E cosa altro non è se non il fantasma stesso. Nel senso proprio di spirito cattivo.

Mi ha sempre fatto ridere l'idea che i fantasmi esistono. Solo con la maturità ho capito quanto questi esistano nella vita reale delle persone. Nel senso che interrogati la paura radicale era proprio quella.

Nei miei vent'anni e gli studi sulla morte, mi è rimasto in mente sopratutto un libro che descriveva le necropoli.
(modo di dissipazione dell'angoscia, che poi tratterò qualche riga più sotto)

Le città dei fantasmi erano veramente delle metropoli al confronto con i villaggi dei vivi.
(a testimonianza della sproporzione tra produzione dell'angoscia di morte e produzione dei vivi)

E' impensabile che non vi sia un meccanismo dietro alla produzione umana.

E' troppo comune, questa visione.

Ma dietro i meccanismi. Vi sono i contenuti.

Dietro il controllo vi è veramente un angoscia che ha a che fare con DIO.

Non ho idea da dove ti venga questa intuzizione, ma è assolutamente visionaria, e ha prodotto una serie di eco a cascata in me.

Non te ne so neanche dire tutta la portata. Dovrei lavorarci sopra per farli emergere tutti.

vado a farlo adesso, piccolo elenco.

Il tradimento....

Il tradimento, mi porta in mente alla "trade" e in effetti in latino tradeo è commercio.

Ossia transitazione da uno stato all'altro.

Non è dunque evidente per tutto quanto scritto prima, che effettivamente noi abbiamo tradito l'angoscia in cui risiede Dio.(l'abbiamo scambiata per un pizzico di sicurezza in più ( vedi anche freud))

Ma Dio lo si percipisce tranquillamento già al terzo stadio. Quando si ha la netta sensazione di essere tutto uno con il cosmo, nel mio caso, nella mia tecnica, trattasi della fissazione con la potenza del suono.

E' nel quarto nel momento della strada del nirvana direbbe Buddha (scusa non sto leggendo il 3d sul buddismo) che arrivano i fantasmi di controllo a impedire al fantasma di Angoscia di prenderci e portarci via. (come canta anche il divino Caposella, cantautore italiano).

Il punto è che è il passo successivo, affrontare questa paura ancestrale.

D'altronde Heidegger ha cominciato la sua filosofia proprio da lì.

La filosofia è però l'analisi dei prodotti mediati dall'uomo, rispetto al confronto con il fantasma ancestrale.

Non è l'indagine del fantasma, perchè non esiste indagine sul fantasma ma sua dissipazione.

l'indagine che vado sostenendo per chi vuole vivere e non morire, è gli effetti relativi a questo fantasma.

Perchè è evidente che DIo abita la Morte e da quella trascendendola ci fa arrivare "messaggi".

Il moto degli antichi Greci era infatti "la natura (Dio) ama nascondersi".

Per loro era ovvio.

Per noi non più.

La scienza è forse il più grande metodo di dissipazione del fantasma, l'umanità proprio a partire dai greci ci ha lavorato tantissimo.

Anche a mio parere è intollerabile far fronte all'angoscia.

Per intendere Dio, e cioè per intendere la sua mediazione tramite noi umani, ci siamo completamente dimenticati di lui.

Il tradimento è il vitello d'oro, credere che il mezzo per la dissipazione dell'angoscia (il vitello) sia d'oro (sia Dio) che invece era il motivo per cui volevamo dissipare l'angoscia.

Perchè noi vogliamo vedere Dio al di là della morte. (è questo che il bambino invariabilmente si chiede).

Il lavoro verso l'origine è quello che dovrebbe garantire il senso di dissipazione delle angosce verso il futuro.

Per chi sa leggere è il leit-motiv della Filosofia.

In questi tempi BUJO PESTO la dissipazione dell'angoscia è solo relativa alla potenza umana di poterlo fare.

Io temo che si cominci a pensare che lo stesso Dio non solo abiti l'angoscia, ma sia l'angoscia stessa, il che è evidentemente, per esperienza vissuta, FALSO.


Per quanto riguarda l'incubo cito solo Montale. (per me massimo poeta dietro solo a Rilke)

Ciao Sari

sì il discorso sulla Paura. Avrei dovuto affrontarlo questa estate nel confronto con Hobbes.

Ma è veramente arduo ricavarlo, Hobbes è un cinico, e non sono nemmeno riuscito ad avvicinarmi a quella lettura.

Ma rimane il vero punto di svolta. E' il tema che mi accompagna fin da bambino.

A differenza degli altri (tutti i bambini pensano la morte in maniera assolutamente radicale, sono gli adulti che si spaventano, e anche questo è materiale clinico psicanalitico e quindi scientifico), non l'ho affatto dimenticato. Si è radicato troppo in profondità.

E la profondità gli appartiene.

Certo in qualsiasi momento facciamo "spallucce". Ne va del nostro vivere quotidiano.

Per quel che mi riguarda (e ovviamente vivendo in un cultura cattolica, ma leggendo solo testi induisti) Dio è proprio ciò che valica la morte.

Ma che sta già dentro la morte. Hai perfettamente ragione a intuirlo.

Qui non voglio fare filosofia, solo raccontare la mia esperienza.

L'esperienza limite dei miei 13 o 14 anni, quando arrivato al quarto livello di meditazione ho cominciato a percerpire gli effetti della tecnica (meditativa), ossia la completa sparizione del mio IO.
Diffido tantissimo di chi ne parla come se fosse qualcosa all'acqua di rose, qualcosa di raggiungibile.
E' l'esperienza più terrificante. Perchè si perde controllo di se stessi.
L'unica cosa che ricordo era il pensiero: "no! io voglio essere vivo."


Quando scrivi dei progetti quotidiani, della nosta routine, e della paura di perderli, mi hai evocato qualcosa della mia angoscia quotidiana.
Ma che come sempre ha evocato i fantasmi dell'inconscio.

E poi quella terribile parola: fantasma di controllo. Non è semplicemente il fatto della routine, c'è veramente qualcosa di oscuro nel depensamento del nostro essere così come siamo, così come la nostra cultura ci ha "informati".
C'è veramente qualcosa "dentro" l'angoscia.
Nel senso che è qualcosa del mito, cioè la sua radice, è rimasto.
E cosa altro non è se non il fantasma stesso. Nel senso proprio di spirito cattivo.

Mi ha sempre fatto ridere l'idea che i fantasmi esistono. Solo con la maturità ho capito quanto questi esistano nella vita reale delle persone. Nel senso che interrogati la paura radicale era proprio quella.

Nei miei vent'anni e gli studi sulla morte, mi è rimasto in mente sopratutto un libro che descriveva le necropoli.
(modo di dissipazione dell'angoscia, che poi tratterò qualche riga più sotto)

Le città dei fantasmi erano veramente delle metropoli al confronto con i villaggi dei vivi.
(a testimonianza della sproporzione tra produzione dell'angoscia di morte e produzione dei vivi)

E' impensabile che non vi sia un meccanismo dietro alla produzione umana.

E' troppo comune, questa visione.

Ma dietro i meccanismi. Vi sono i contenuti.

Dietro il controllo vi è veramente un angoscia che ha a che fare con DIO.

Non ho idea da dove ti venga questa intuzizione, ma è assolutamente visionaria, e ha prodotto una serie di eco a cascata in me.

Non te ne so neanche dire tutta la portata. Dovrei lavorarci sopra per farli emergere tutti.

vado a farlo adesso, piccolo elenco.

Il tradimento....

Il tradimento, mi porta in mente alla "trade" e in effetti in latino tradeo è commercio.

Ossia transitazione da uno stato all'altro.

Non è dunque evidente per tutto quanto scritto prima, che effettivamente noi abbiamo tradito l'angoscia in cui risiede Dio.

Ma Dio lo si percipisce tranquillamento già al terzo stadio. Quando si ha la netta sensazione di essere tutto uno con il cosmo, nel mio caso, nella mia tecnica, trattasi della fissazione con la potenza del suono.

E' nel quarto nel momento della strada del nirvana direbbe Buddha (scusa non sto leggendo il 3d sul buddismo) che arrivano i fantasmi di controllo a impedire al fantasma di Angoscia di prenderci e portarci via. (come canta anche il divino Caposella, cantautore italiano).

Il punto è che è il passo successivo, affrontare questa paura ancestrale.

D'altronde Heidegger ha cominciato la sua filosofia proprio da lì.

La filosofia è però l'analisi dei prodotti mediati dall'uomo, rispetto al confronto con il fantasma ancestrale.

Non è l'indagine del fantasma, perchè non esiste indagine sul fantasma ma sua dissipazione.

l'indagine che vado sostenendo per chi vuole vivere e non morire, è gli effetti relativi a questo fantasma.

Perchè è evidente che DIo abita la Morte e da quella trascendendola ci fa arrivare "messaggi".

Il moto degli antichi Greci era infatti "la natura (Dio) ama nascondersi".

Per loro era ovvio.

Per noi non più.

La scienza è forse il più grande metodo di dissipazione del fantasma, l'umanità proprio a partire dai greci ci ha lavorato tantissimo.

Anche a mio parere è intollerabile far fronte all'angoscia.

Per intendere Dio, e cioè per intendere la sua mediazione tramite noi umani, ci siamo completamente dimenticati di lui.

Il tradimento è il vitello d'oro, credere che il mezzo per la dissipazione dell'angoscia (il vitello) sia d'oro (sia Dio) che invece era il motivo per cui volevamo dissipare l'angoscia.

Perchè noi vogliamo vedere Dio al di là della morte. (è questo che il bambino invariabilmente si chiede).

Il lavoro verso l'origine è quello che dovrebbe garantire il senso di dissipazione delle angosce verso il futuro.

Per chi sa leggere è il leit-motiv della Filosofia.

In questi tempi BUJO PESTO la dissipazione dell'angoscia è solo relativa alla potenza umana di poterlo fare.

Io temo che si cominci a pensare che lo stesso Dio non solo abiti l'angoscia, ma sia l'angoscia stessa, il che è evidentemente, per esperienza vissuta, FALSO.


Per quanto riguarda l'incubo cito solo Montale.




Forse un mattino andando in un'aria di vetro

Forse un mattino andando in un'aria di vetro,
arida, rivolgendomi, vedrò compirsi il miracolo:
il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro
di me, con un terrore di ubriaco.

Poi come s'uno schermo, s'accamperanno di gitto
Alberi case colli per l'inganno consueto.
Ma sarà troppo tardi; ed io me n'andrò zitto
Tra gli uomini che non si voltano, col mio segreto.


come a dire ovviamente l'incubo è reale.
#2606
Citazione di: sgiombo il 30 Settembre 2017, 08:55:32 AM
Citazione di: maral il 30 Settembre 2017, 07:51:30 AM
Citazione di: sgiombo il 21 Settembre 2017, 12:07:51 PM
L' amianto come copertura degli edifici funzionava.

Il DDT come insetticida funzionava.

I motori a due tempi per i veicoli funzionavano.

Eppure si tratta di tecnologie che sono state arrestate (e ragionevolmente si può presumere in via definitiva, nei limiti di prevedibilità del comportamento umano).

Eccezioni che confermano la regola?

Secondo me confermano la regola che sono gli assetti sociali dominanti e i rapporti di forza nella lotta di classe (in ultima analisi e solitamente attraverso complesse mediazioni) a condizionare l' uso (o meno; o più speso l' uso più o meno limitato) delle tecniche, e non demiurgicamente le tecniche stesse.
No non sono eccezioni, a un certo punto si è constatato che non funzionavano (tutti i funzionamenti sono contingenti e temporanei). Se mi faccio un tetto di amianto che mi protegge dal freddo invernale, ma poi scopro che con quel tetto di amianto rischio l'asbestosi, difficile sostenere che l'amianto funzioni anche se mi protegge dal freddo. Se scopro un modo migliore di costruire un motore, il funzionamento del vecchio motore non risulta più abbastanza funzionale quindi non lo si fa più e così via. E Cambiando i modi di operare cambiano ovviamente anche quelli di pensare che a loro volta fanno di nuovo cambiare i modi di operare e così via.
CitazioneOvviamente nessuna tecnica é esente da "effetti collaterali indesiderati e dannosi" (anche se l' ideologia dominante pretenderebbe assurdamente che qualsiasi danno potrà essere rimediato con nuove tecnologie pretese "innocue").

Ma ciò non toglie che funzionino.

E non per questo non resta falso che "lo sviluppo di nessuna tecnologia se funziona può essere arrestato": infatti vengono arrestati quelli delle tecniche che presentano troppo gravi effetti collaterali (un bilancio costi/benefici peggiore) rispetto ai vantaggi procurati  e relativamente ad altre tecniche alternative; e il bilancio fra vantaggi e svantaggi é soggettivo (ciò che per qualcuno é positivo per qualcun altro può essere negativo) ragion per cui le scelte in proposito sono condizionate dai rapporti di forza e di potere nella lotta di classe).

Quello che (presumo) intende Maral è che tecnica non è arrestabile in funzione della sua funzionalità.
La robotica non è arrestabile, al massimo sempre migliorabile.

Certo posso arrestare un processo che va a cattivo fine. Ma il discorso è più generale.

Non perdimaoci in un bicchier d'acqua Sgiombo!! Che alla fine i tuoi interventi me li leggo tutti.
#2607
Tematiche Filosofiche / Re:L'inutile Popper.
30 Settembre 2017, 11:11:39 AM
"No, trattandosi di una sciocchezza irrazionalistica che non ha proprio nulla di scientifico (neanche "in senso lato", come "scienza umana")."

Veramente è suffragata da decine di casi nevrotici, che sono scienza, dati empirici alla mano, cartelle cliniche etc...etc...

Come al solito applichi 2 pesi e 2 misure. Che pazienza!


In questo caso sono d'accordo con Pierini, anche a mio parere la falsificabilità è tutta nella testa di chi vuole falsificare.

Tanto è vero che la matematica e la scienza (a sentire la Wiki per lo meno, ammetto che non mi interessa molto la qeustione, ma giusto per avere una infarinatura) procedono tranquillamente nonosta Popper Godel e chi altro per loro.


Dunque l'utilità è tutta nel chi vuole utilizzarla come argomentazione. (per le sue fisime personali)


Per chi come me o Carlo è metafisico però è evidente quanto sia triste quel personaggio.

(tra l'altro mi sono fatto una mezza idea, un bel pregiudizio, che lui fosse un liberale che tanto voleva essere Fascista! vedi il libro su Platone, che si concentra SOLO, e quindi è nella testa dell'autore, sui lati nefandi del filosofo greco).

Si mi piace il gioco "spariamo al piccione popper!" lol


#2608
Cit Sgiombo
"Il dualismo non lo si presume, ma lo si constata (se non si hanno gli occhi coperti da spesse fette di salame (alquanto rancido, scadente)."

1. E come si constata? abbi pazienza. Visto che nel tuo discorso generale non si può constatare alcunchè.

2. Avevo capito benissimo che Phil parlava dei discorsi chiusi, quelli che si chiudono a qualsiasi tipo di inferenza. (come i tuoi d'altronde). 

3. Parlavo dell'unicorno pensato, non di quello reale (ovviamente inesistente).

Scrivendo per inciso: tu dimentichi che il discorso è a sua volta un oggetto, produzione del Pensiero. (che non è per nulla la Res Extensa Cartesiana).

Quale è il tuo errore e il sottotesto dei nostri scontri inevitabili?

Il fatto che non esisterebbe più inferenza alcuna, per costruire il soggetto.
A meno che tu non pensi che Sgiombo sia sempre stato Sgiombo dall'atto della nascita.
Perchè è vero-simile (in quanto non dimostrabile, nemmeno inferenzialmente, poichè l'uomo non può andare prima della sua nascita. In termini di grammatica. I genetisti possono continuare a cercare il segreto dell'evoluzione, ma è proprio un altro campo semiotico) che l'uomo nasca con un corredo genitale. E' troppo evidente per negarlo. Ma è l'ambito semiotico che lo distingue per diventare soggetto. Vediti il Film se non l'hai ancora fatto di Kaspar Hauser, l'unico film veramente filosofico, che sbarella qualsiasi nostra abitudine "semplice".

Il soggetto è una costruzione e come tale è una res extensa, è cioè una collezione di segni, è una grammatica.

Questi segni, queste grammatiche tu ritieni siano res cogitans.

Ma la res cogitans ha un suo inferente. Si conosce cogitans solo perchè sà di non poter essere altro che prodotto di "qualcosa che viene prima di lei".

Se non avessimo co-scienza, non sapremmo nemmeno della res cogitans.

Ma la coscienza a sua volta si conosce solo come cogitans, come intellezione, come collezione di segni.

Come esistente in funzione dei suoi oggetti.

L'esistente senza il suo oggetto, è l'Essere.

Perciò appiattire l'esistenza con la sua estensione, la forma con la sua sostanza direbbe Aristotele.

Ma la sostanza è la forma in atto.

Trovo sempre molto bizzarro che questo concetto sfugga sempre di più all'intellettuale. (e tu Sgiombo lo sei per certo)

E' un errore il dualismo cartesiano proprio perchè non intende che nel dualismo vi è una forma trascendente.

In questo senso capisco benissimo quello che intende Barbella.

Non sono d'accordo con lui però, nel caso lui intenda questo soggetto universale. Questa proiezione trascendente. Coincidente col soggetto umano.
Perchè in quel caso non avrebbe capito che il Soggetto diverebbe un Oggetto.
(e sarevve grave, ripiombiamo nel metafisico).

Per capire la differenza tra soggetto divino e soggetto umano:
Io proporrei la distinzione che era già di Bruno (ma poi anche Leibniz) : ossia che la proiezione divina è eccentrica rispetto alla proiezione umana.

Che poi vorrebbe dire che l'insieme delle inferenze che riguardano le proiezioni umane ossia le proprie intuizioni, ricostruiscono un senso umano "dettato" dal divino.

Il problema del senso è infatti proprio lì, perchè come brillantemente Marx liquidava la questione: l'uomo è angosciato dal suo essere un collezionista di oggetti.

L'alienazione è il frutto della proiezione umana sul mondo reale, pensando che quello che ci ritorna (esse est percepi) non è il "percepito" ma proprio lo stesso oggetto del percepito.

In realtà come Kant ha insegnato, spaccando in 2 la storia della filsofia:
Il percepito deve fare i conti col il percepente.

Così l'uomo è spaccato tra il richiamo inferente a Dio, e il richiamo deducente all'oggetto.
Ossia dal grado massimo dell'inferenza (l'incertezza) al grado minimo dell'inferenza (la presumibile certezza).
E i loro 2 oggetti privilegiati dal canone occidentale: Dio e la Cosa.

E questa filosofia si chiama idealismo tedesco.

E' imbarazzante come gli analitici americani invece ripiombino indietro nella storia, con Locke e Berkley.
#2609
Tematiche Filosofiche / Re: Dove c'è l'IO c'è Dio
28 Settembre 2017, 18:21:11 PM
Citazione di: epicurus il 25 Settembre 2017, 15:47:47 PM
Citazione di: green demetr il 14 Settembre 2017, 13:15:15 PM
Infatti se potessimo prevedere con sufficiente aderenza alla realtà i comportamenti umani, allora entreremmo in una nuova era dell'umanità.
Mi sembra che sia questo la volontà (il delirio) delle scienze dell'IT.
Se per "IT" intendi "Information Technology", allora no, il suo scopo non è di prevedere i comportamenti umani.

Citazione di: green demetr il 14 Settembre 2017, 13:15:15 PMMa non era bastato il nazismo vero? (ironico) No troppo ideologico. Qua ci vuole qualcosa di scientifico.
[...]
No l'impatto della macchina di turing è chiaramente il desiderio di controllo sociale.

E l'operato di Turing come quello di tutti i Figli della Mezzanotte è solo l'orrore del fantasma di controllo che li muoveva al discorso.

Nessuna scelta altra, nessuna alternativa al principio di non contraddizione. o sei bianco o sei nero, non esistono le scale dei grigi, sono inamissibili.

Falso, la MdT è un modello astratto di macchina che esegue algoritmi, un modello per il concetto di calcolabilità. Inoltre l'alfabeto della MdT non è necessariamente formato di due soli simboli, ma può averne un numero arbitrario.

E per finire, Turing (il creatore del modello della MdT) non era nazista, anzi, ha dato un grandissimo contributo alla sconfitta dei nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale. E fu proprio grazie ai suoi studi sulla MdT che riuscì nella sua impresa.

Faccio rientrare L'intelligenza artificiale nelle scienze dell'information technology.


Per quanto riguarda il discorso sul controllo della realtà vedo che non hai capito assolutamante nulla-

Nè l'ironia, nè l'analogia, nè il suo intento.

Complimenti.

So Benissimo chi era Turing e quello che ha dovuto passare. Quindi lascia perdere va.
Non era un attacco all'uomo Turing, ma agli effetti sociali che le sue ricerche hanno portato.
(e di certo non è una questione matematica, nè informatica).

#2610
sgiombo


"ipotizza molto acutamente un' interazione consistente nel fatto che la mente interverrebbe determinando i singoli eventi quantistici nel cervello"

Ma da quando gli scienziati sono esperti di fisica quantistica?
Che riguardo tra l'altro campi entropici di diverso livello atomico.
Tutti supposti matematicamente.

Chi è che decide? L'entropia? gli atomi? le forze interazionali?
A quale livello visto che ogni livello ha leggi ed enti completamente diversi (e completamente inventati, per dare nome a calcoli matematici).

Non c'è spiegazione inter-levellare, quindi come si fa a dare un quadro generale?

(se non appunto presuppponendolo).

Ed è lì il punto perchè presumerlo da un lato dualista quando si può farlo tranquillamente da un lato monista?

"Un singolo ente fa parte a un solo "dominio ontologico" per definizione."

Appunto! che un monismo non può che portare ad altro che ad un altro un monismo! Perchè aggiungere un altro elemento, che fine fa il rasoio di Occam?

"Ma Eccles é dualista e per lui mente cosciente e cervello non sono la stessa cosa, bensì due enti distinti appartenenti a due "domini ontologici" distinti"

E quale sarebbe il dominio di quello pensante? perchè è lì che si vede se uno è monista o dualista.


"Beh, Cartesio, certissimamente dualista, ha preceduto di ben 2 - 3 secoli la scuola analitica americana!"

Certo.


"Se lo scienziato si occupa di gravità o di batteri non può che condurre i suoi sperimenti o nel mondo prescindendo dagli effetti di eventualmente inevitabili interferenze umane o "neutralizzandoli", annullandoli appositamente, oppure in adeguati laboratori."

Ovviamente.

"Per me l' uomo non é solo una macchina (é anche res cogitans); ma il corpo umano é certamente solo una macchina, per quanto complicatissima "sofisticatissima", come mi pare stia chiaramente emergendo anche nella discussione sull' intelligenza artificiale."

Certo (anch'io vado regolarmente dal medico) ma da bravo comunista saprai anche che il corpo è passibile di scelte politiche.

Voglio dire non è che la res estensa non conti con quella cogitans.

Sto solo dicendo che il topic avrebbe un orizzonte maggiore di quanto non lo sia concentrarsi sul corpo esteso.(soggetto o oggetto, ha veramente importanza?)


Non ho capito bene cosa pensi dei risultati di Libet. (li conoscevo già, ma vedo che dalla wiki le risposte critiche nel frattempo si sono addensate. Ah questi analitici! sempre a litigare!)