Citazione di: green demetr il 20 Settembre 2021, 17:35:50 PM
"io sono felice di non avere nulla da spartire con tutto ciò, sono altro, e se sbaglio, sbaglio in altri modi e per altri versi...
e tu Green, sentenzi di voler costruire comunità tra me e te tranne poi arrogarti il diritto di discriminare tra quello che è analisi, quello che è augurio e quello che è sedimento ideologico... questo riconferma la mia sfiducia verso ogni forma "comunità"." cit niko (messaggio 53284 del 28 giugno)
Il diritto è uno dei problemi più gravi che deve affrontare un discorso sul comunitarismo.
Il mio comunitarismo coincide con quello della società degli amici, che Nietzche ha cominciato a pensare.
Il comunitarismo di Preve devo ancora studiarlo.
L'idea di usare la parola comunitarismo me la diede proprio lui in uno dei suoi interventi pubblici.
Ma, probabilmente differisce in maniera radicale (Preve è contro Nietzche). Forse userò un nuovo termine per indicare ciò a cui mi riferisco.
Caro niko io non arrogo proprio un bel niente, semplicemente, come tutti, ho una mia posizione, che però rimane generalista e in fieri.
Anch'io sono nichilista, per me è un destino a cui tutti sono chiamati a rispondere.
E' però il destino del soggetto. Questa è la mia filosofia metafisica, non altre.
Invece non riesco a capire, e ti domando quindi, a cosa allude il tuo globalismo, proprio rispetto al fatto che per me le questioni filosofiche sono sempre legate al soggetto.
Provo a immaginare che tu ti riferisca, per contrario, a quelle condizioni del post-umano, post-moderno, post-x che insistono così tanto, e indugiano fino alla persecuzione, del nuovo uomo-macchina dell'età attuale.
Naturalmente se questo è il caso, faccio fatica a seguire, in primis perché non mi interessa affatto.
Ma poi faccio fatica a vedere come il globalismo sia in alcun modo funzionale al progresso a cui ti riferisci, mi pare come interesse tuo principale.
Soprattutto legato al concetto di Natura (e anche qui mi pare che se dovessimo riferirci ad essa entreremmo in un ginepraio di questioni e contro-questioni): ma il tema post-umano del cambiamento climatico non va esattamente nella direzione opposta a quello che affermi (il capitalismo come soluzione ottimale al progresso naturale)?
Comunque nei prossimi anni sappiamo benissimo tutti, che diverrà quello il tema caldo dei post-(x)ismi, quindi avremo tempo di discuterne. Quello che mi preme è avere una base teorica di comprensione, il più possibile nitida e sintetica, prima che scoppi l'ennesimo bubbone, del post-capitalismo (come già alcuni think tank hanno cominciato a chiamarlo).
ciao, con stima
Sarò il più breve possibile, per me l'eudaimonia/felicità è mimesi della natura, accettare un ordine cosmico compreso e non sottrarvisi, e il capitalismo è la miglior mimesi della natura mai apparsa nella storia umana, solo il comunismo che viene e verrà secondo necessità come superamento del capitalismo può essere migliore ancora.
Il centro della mia riflessione non è non può essere il post umano poiché penso che la natura si auto-continua nella scienza e nella tecnica, come l'uomo è continuazione della natura con altri mezzi, la scienza e la tecnica sono continuazione della natura con altri mezzi, quindi, mentre molti vedono nel capitalismo uno stile di vita "innaturale", io ci vedo l'auto innovazione della natura anche a prescindere dall'"uomo", stante che la natura come totalità non può cambiare unitariamente, non può essere soggetta unitariamente al divenire, ma il suo divenire, il divenire complessivo della natura, è sempre tramite l'azione di una sua parte sull'altra e dell'azione delle sue parti tra di loro.
L'animale umano smette di essere animale umano quando comincia a parlare e usare la parola, la parola è protesi ed è tecnica, e siccome parlare e usare la parola lo caratterizza come animale umano, in un certo senso non è mai esistito, il mio personale concetto di post-umano comincia quindi con la preistoria e l'età della pietra, l'uomo in quanto tale nasce già post-umano, non ci diventa; verso il post-umano io assumo dunque sostanzialmente un atteggiamento di accettazione e non di critica.
La questione centrale è invece che la natura è slancio verso l'infinito e il capitalismo anche, la mimesi che si instaura tra capitalismo e natura sta in questo, nel comune (e non comunitario) slancio verso l'infinito, quello che hanno in comune natura e capitalismo non è certo la guerra e la competizione, perché la competizione, l'hobbesiano tutti contro tutti, nella natura come nel capitalismo, è la maschera e il velo della reale e sottostante cooperazione e della possibilità della pace; difatti l'appropriazione è privata, ma la produzione nel capitalismo è comune e collettiva; la guerra e la competizione, se c'è, è tutta nel soggetto e nella soggettività, ma le conseguenze estreme del capitalismo mirano a distruggere, il soggetto e la soggettività, quindi io auspico che le conseguenze estreme del capitalismo (socialismo o barbarie, comunismo o estinzione) siano raggiunte.
Come ho scritto in un precedente intervento, l'elemento ciclico, che sembrerebbe contraddire la corrispondenza diretta natura-infinito è obbiettivo della volontà di potenza e della vita come differenza/differimento dalla natura, e data l'identificazione della volontà di potenza con il divenire e l'incompiuto, il ciclo si manifesta in realtà come elemento "spiraliforme" che anziché contraddire l'infinito lo conferma, esattamente come nell'analogia natura-capitale, il ciclo rispetto alla natura è l'origine e non ha dunque reale possibilità di compimento, la volontà non può volere la permanenza del voluto, il ciclo nella sua pluralità di fasi si compie solo quando qualcuno lo vuole e lo ama, l'eterno ritorno soddisfa la volontà di potenza, ma questa soddisfazione non può avere la forma di una permanenza del voluto e di un velle eterno, si può volere tutto solo se in passato non lo si è voluto, e questo "tutto voluto" anche se si realizza, ripropone fasi ulteriori in cui il tutto di nuovo non è voluto, perché le comprende in sé, la vera con-versione filosofica e la vera felicità dal saggio è voltarsi a guardare il passato come oggetto di volontà, questo è il vero "sole" fuori dalla caverna, difficile o impossibile da vedere senza bruciarsi gli occhi, ma se pure io arrivassi a vedere la totalità del passato come oggetto di volontà, da quel punto in poi la volontà stessa cambierebbe, quindi sarei finalmente cosciente dell'azione della volontà su se stessa e non su oggetti esterni ma con ciò non avrei esaurito il tempo nella sua immanenza o il divenire storico, inizierei semplicemente una nuova era, perché laddove tutto il passato è voluto, dall'attimo della "conversone" verso il "sole" in poi, non si potrebbe più volere nulla del passato, l'infinito non sarebbe dunque la chiusura del cerchio ma l'apertura di un cerchio più grande.