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Messaggi - sgiombo

#2671
Tematiche Filosofiche / Re:L'elemosina di Hobbes
12 Maggio 2017, 08:38:17 AM
Citazione di: cvc il 12 Maggio 2017, 07:28:07 AM
Citazione di: sgiombo il 11 Maggio 2017, 22:55:01 PM
Ma non dobbiamo confondere soddisfazione (ovvero piacere, felicità, benessere interiore) con egoismo e insoddisfazione, sofferenza, dolore con altruismo.

C' é una bella differenza!

L' egoista che soddisfa il proprio egoismo (per esempio accumulando ricchezza da taccagno senza fare né dare mai nulla per chi ha bisogno di essere in qualche modo aiutato) é felice (ceteris paribus), ma non per questo non é egoista.

L' egoista che non riesce ad ottenere tutto quello che vorrebbe per sé malgrado la sua taccagneria (e magari invidia altri più fortunati) é infelice (ceteris paribus), ma non per questo non é egoista, non per questo diventa altruista.

L' altruista che non riesce a soddisfare la propria generosità (per esempio perché troppo povero per poter fare regali a chi ne ha bisogno) é infelice, ma non per questo non é altruista.

E l' altruista che soddisfa il proprio altruismo (per esempio elargendo denaro o aiutando in altri modi chi ne ha bisogno; come Thomas Hobbes, per lo meno nel frangente di questo aneddoto, se vero) é felice (ceteris paribus), ma non per questo non é altruista, non per questo diventa egoista.

Egoismo =/= soddisfazione, benessere interiore, felicità
e

altruismo =/= insoddisfazione, sofferenza, infelicità (e anche =/= masochismo).
Ma  io non sto facendo una distinzione fra egoismo e altruismo. Al contrario, il ragionamento di Hobbes porta a pensare che anche l'altruismo sia impregnato da una componente egoistica, che anche il far del bene abbia il proprio tornaconto. Certo si tratterebbe di due forme di egoismo diverse, ma si potrebbe dire che l'egoista, per lo meno, è cosciente del proprio ego(ismo), l'altruista no.
CitazioneEvidentemente non ci intendiamo per nulla.

Infatti io sostengo invece che quello che tu chiami il "proprio tornaconto del fare del bene", il preteso "egoismo (per di più misconosciuto) dell' altruismo" in realtà é la soddisfazione dell' altruismo stesso, che non lo rende per nulla meno altruistico o più egoistico.
Mentre l' insoddisfazione dell' egoismo non o rende certamente meno egoistico o più altruistico.

L' altruismo é un modo di essere caratterizzato da una serie di aspirazioni, esattamente come lo é (però caratterizzato da aspirazioni opposte) l' egoismo.

Le aspirazioni (egoistiche, altruistiche o di qualsiasi altra natura) possono essere soddisfatte o meno (o meglio: in maggiore o minor misura), e questo significa che chi le prova può essere più o meno contento, felice, può sentirsi più o meno realizzato; ma ciò non significa certo che la soddisfazione equipari tutte le motivazioni né che lo faccia l' insoddisfazione: un egoista insoddisfatto non é (per chi come me é altruista) meno spregevolmente egoista di un egoista soddisfatto, né un altruista soddisfatto meno apprezzabilmente altruista di uno insoddisfatto.
#2672
Tematiche Filosofiche / Re:L'elemosina di Hobbes
11 Maggio 2017, 22:55:01 PM
Ma non dobbiamo confondere soddisfazione (ovvero piacere, felicità, benessere interiore) con egoismo e insoddisfazione, sofferenza, dolore con altruismo.

C' é una bella differenza!

L' egoista che soddisfa il proprio egoismo (per esempio accumulando ricchezza da taccagno senza fare né dare mai nulla per chi ha bisogno di essere in qualche modo aiutato) é felice (ceteris paribus), ma non per questo non é egoista.

L' egoista che non riesce ad ottenere tutto quello che vorrebbe per sé malgrado la sua taccagneria (e magari invidia altri più fortunati) é infelice (ceteris paribus), ma non per questo non é egoista, non per questo diventa altruista.

L' altruista che non riesce a soddisfare la propria generosità (per esempio perché troppo povero per poter fare regali a chi ne ha bisogno) é infelice, ma non per questo non é altruista.

E l' altruista che soddisfa il proprio altruismo (per esempio elargendo denaro o aiutando in altri modi chi ne ha bisogno; come Thomas Hobbes, per lo meno nel frangente di questo aneddoto, se vero) é felice (ceteris paribus), ma non per questo non é altruista, non per questo diventa egoista.

Egoismo =/= soddisfazione, benessere interiore, felicità

e

altruismo =/= insoddisfazione, sofferenza, infelicità (e anche =/= masochismo).
#2673
Citazione di: sgiombo il 10 Maggio 2017, 21:16:25 PM
Citazione di: Vito J. Ceravolo il 10 Maggio 2017, 15:08:54 PM


No  Sciombo: tu parli di affermazione. Io parlo della differenza fra affermazione e oggetto.

(rinvio all'articolo sulla "verità" per chi non ha il libro).


Citazione
Riscrivo correggendo un deplorevole errore (chiedo scusa a tutti):

Cerca per lo meno si spiegarti (se vuoi che si discuta).

In maniera logicamente corretta puoi affermare che se si afferma che il nulla non esista é necessario che qualcosa di reale esista (per lo meno l' affermazione del nulla - negazione di alcunché di esistente stessa); dunque l' affermare che il nulla esiste é falso; ma non contraddittorio: smentito (nel senso di: falsificato) dall' osservazione inevitabile che accade quantomeno il predicare l' esistenza di nulla (dunque qualcosa esiste) e non negato intrinsecamente dalla sua stessa affermazione (che, se per assurdo accadesse, significherebbe "contraddittorio").

Un oggetto può darsi che sia o che non sia.

Un' affermazione (l' oggetto affermazione) può essere contraddittoria, oppure vera o falsa.

L' oggetto "nulla" realmente non si dà (e lo stesso pretendere di affermare che si dia -dandosi e non essendo nulla bensì qualcosa- implica la falsità -e non la contraddittorietà- dell' affermazione stessa).
Sarebbe contraddittoria invece l' affermazione "si dà il nulla e anche qualcosa".



#2674
Citazione di: Vito J. Ceravolo il 10 Maggio 2017, 15:08:54 PM


No  Sciombo: tu parli di affermazione. Io parlo della differenza fra affermazione e oggetto.

(rinvio all'articolo sulla "verità" per chi non ha il libro).


CitazioneCerca per lo meno si spiegarti (se vuoi che si discuta).

In maniera logicamente corretta puoi affermare che se si afferma che il nulla non esista é necessario che qualcosa di reale esista (per lo meno la negazione del nulla stessa); dunque l' affermare che il nulla esiste é falso; ma non contraddittorio: smentito (nel senso di: falsificato) dall' osservazione inevitabile che accade il predicare l' esistenza di nulla (dunque qualcosa esiste) e non negato intrinsecamente dalla sua stessa affermazione (che, se per assurdo accadesse, significherebbe "contraddittorio").

Un oggetto può darsi che sia o che non sia.

Un' affermazione (l' oggetto affermazione) può essere contraddittoria, oppure vera o falsa.

L' oggetto "nulla" realmente non si dà (e lo stesso pretendere di affermare che si dia -dandosi e non essendo nulla bensì qualcosa- implica la falsità -e non la contraddittorietà- dell' affermazione stessa).
Sarebbe contraddittoria invece l' affermazione "si dà il nulla e anche qualcosa".



#2675
Tematiche Filosofiche / Re:Che è l'uomo?
10 Maggio 2017, 13:49:30 PM
Citazione di: maral il 10 Maggio 2017, 11:05:13 AM
CitazioneSecondo me la razionalità può (e per quanto mi riguarda deve) cercare di trovare il migliore equilibrio possibile fra i diversi impulsi irrazionali (desideri, aspirazioni, ecc.) onde valutare nella maniera migliore (più vera possibile) quali cercare di soddisfare a scapito di quali altri (e in che misura), potendo essere (e di fatto non di rado essendo) gli impulsi irrazionali stessi incompatibili reciprocamente fra loro e/o con la realtà di fatto in cui si agisce per soddisfarli (= per essere più felici ovvero meno infelici possibile); nonché cercare di valutare mediante quali mezzi si possano conseguire nelle condizioni di fatto date i fini che si preferiscono ad altri con essi ritenuti incompatibili.
Certo, razionalmente si fa il calcolo stabilendo il bilancio (oggettivo) dei pro e dei contro in base al quale ritenere di poter fare con giudizio la miglior scelta tra direzioni che ci si mostrano incompatibili. Ma questo non è mai stato sufficiente, come se il calcolo che misura con la massima esattezza possibile il pro e il contro, fosse sempre affetto in una certa misura da un errore di base. Forse l'errore è proprio quell'incompatibilità escludente. Di sicuro per muovere un passo occorre rivolgersi in una direzione o nell'altra, ma ogni direzione presa poi, entrando nel mondo, non procede mai convenientemente diritta, è come se mantenesse in sé quello che per prenderla era stato escluso.
CitazioneCertamente spesso non é facile mantenere salde le decisioni prese razionalmente: pesano sia la non misurabilità (ma solo vaga "ponderabilità" o "soppesabiltà" non esattamente quantificabile) di desideri e aspirazioni, sia la complessità dei calcoli che sarebbero necessari per una valutazione della realizzabilità degli scopi e dei mezzi a ciò necessari e dunque l' esistenza di insuperabili margini di incertezza in proposito; inoltre sia il mondo sia noi stessi che in esso agiamo possiamo cambiare, e anche notevolmente, "in corso d' opera".
Capita che si sbandi dalle direzioni scelte.

Malgrado questo credo che le maggiori chances di essere felici siano offerte dalla valutazione in più possibile rigorosamente razionale di desideri e aspirazioni e della realtà nella quale si agisce e dunque si devono valutare il realismo o meno dei vari insiemi di aspirazioni ritenuti soddisfacibili e reciprocamente alternativi nonché dei mezzi necessari nelle condizioni date (penso secondo gli insegnamenti soprattutto degli antichi stoici).
#2676
Citazione di: maral il 09 Maggio 2017, 20:07:26 PM
E perché mai si dovrebbe criticarlo, anziché comprenderlo sia pure in modo critico?
Sarà questione di punti di vista, ma a me pare proprio che il bambino piccolo sia quello che crede di vedere indiscutibili verità oggettive assolute, mentre si tratta solo dei suoi fantasmi.
E' che noi vediamo sempre solo i significati e non le cose, anche se vorremmo tanto prendere i significati per cose e li usiamo come fossero cose in sé.
CitazioneA-ri-ohibò!

Dopo essere stato d' accordo (per un attimo) con Maral, ora mi trovo d' accordo anche con Myfriend (in compenso "contro" Maral).

Non c' é più religione...

Ma perché mai per negare il relativismo si dovrebbe cadere nel dogmatismo e nel delirio di onniscienza, sostenendo che si possono conseguire "indiscutibili verità oggettive assolute"?

Noi pensiamo i significati di concetti, i quali possono benissimo denotare (non: devono necessariamente; infatti esiste anche il concetto di ...indovina! Sì, proprio quello di "ippogrifo"!), e non di rado di fatto denotano, cose (enti ed eventi) reali (per esempio ...sì, proprio i cavalli!).

Lo so, sono monotono.

.Quasi quasi mi do all' ippica (eventualmente alata)!
#2677
Citazione di: acquario69 il 09 Maggio 2017, 15:15:18 PM


infatti,quando dico:
Se si avvalora questa ipotesi sopra allora si dovrebbe dire che non esiste nessuna conoscenza ma che tutto e' inconoscibile (?)..nonostante pero non si capisca il motivo che spinge comunque al chiederci delle cose o in definitiva alla conoscenza stessa.

Si riferisce appunto al fatto di intendere (non io ma in risposta alle cose che diceva Maral all'inizio e poi confermate da lui anche dopo) che la conoscenza e' sempre un processo continuo e mai definitivo...Io pero contestavo questo punto (non lo avvaloravo) ..e percio mi chiedevo a mia volta come era possibile e se questo non comportasse appunto al contrario che tutto e' poi inconoscibile.

e poi proseguivo e mi chiedevo:
se tutto risulterebbe inconoscibile e' quantomeno curioso (almeno per me) considerare che l'uomo e' spinto alla conoscenza..alla ricerca.
secondo me questo sottintende che vi sia "l'oggetto" della sua stessa ricerca...una sua mancanza e non una dualità
CitazioneAnch' io penso, come Maral (ohibò! Ci dev' essere qualcosa che non va...), che la conoscenza umana (in particolare la conoscenza scientifica, per parte mia) non sia e non possa mai essere completa e assoluta.

Non capisco comunque in questo tuo intervento l' ultima frase qui citata:
Secondo me si esiste l' oggetto (anche se qui le virgolette sono per me fonte di oscurità) della ricerca (della conoscenza), allora c' é una dualità fra l' oggetto stesso e il soggetto della ricerca della verità e non una mancanza dell' oggetto (che credo risolverebbe la conoscenza nell' unicità del soggetto).

-----
ora e in generale vorrei provare a dire cosa intendo io per conoscenza intesa come identificazione tra conoscente e conosciuto portando ad esempio l'opera di un artigiano e la sua creazione.

qualunque sia il suo operare e qualunque sia la sua opera,non ha bisogno di leggere e "imparare" attraverso il libretto dell'istruzioni, (come invece facciamo noi con quelle dell'ikea!) procedera spedito, non formulera' teorie.
Costui in quel tempo (che non e' tempo) sarà una medesima cosa con l'oggetto creato.

detto cio...si può dire che questo e' un esempio di cosa sia la conoscenza ? (punto interrogativo)
CitazioneBeh, intanto é per lo meno dubbio che l' artigiano, almeno nel caso delle suo opere più impegnative, proceda spedito, senza fare ipotesi (alcune delle quali scarterà) e progetti teorici.

Inoltre dire che sarà una medesima cosa con l' oggetto realizzato é una mera metafora (...per fortuna dell' artigiano: meno male -per lui e per tutti i virtuosi del violino- che, per esempio, il mio illustre concittadino Antonio Stradivari non é letteralmente diventato il primo strumento musicale che ha creato!).

E poi creare un oggetto di artigianato =/= conoscere (anche se implica necessariamente conoscenze).

Ultimo punto di incomprensione (almeno per ora...): che può mai significare che il tempo in cui la creazione artigianale é compiuta non é un tempo?
#2678
Citazione di: acquario69 il 09 Maggio 2017, 12:34:31 PM
Citazione di: sgiombo il 09 Maggio 2017, 11:18:38 AM
Il fatto che la conoscenza umanamente conseguibile sia inevitabilmente limitata, relativa non significa che sia (assolutamente, "illimitatamente") nulla, che non esista proprio o che sia impossibile che accada.

Ma a me non mi pare di aver detto che la conoscenza umana (sia pur limitata) non esista o che sia impossibile...io ho detto che la conoscenza (cioè arrivare al conoscere l'esistenza di qualcosa) esiste indipendentemente da noi..in questo caso diciamo che per conoscenza e' l'identificazione con la cosa conosciuta (conoscente e conosciuto non sono separati..da qui il termine com-prendere,prendere a se')
CitazioneLe tue parole:

"Se si avvalora questa ipotesi sopra allora si dovrebbe dire che non esiste nessuna conoscenza ma che tutto e' inconoscibile (?)..nonostante pero non si capisca il motivo che spinge comunque al chiederci delle cose o in definitiva alla conoscenza stessa".

Mi sembrava significassero  che la conoscenza umana sia impossibile.

Comunque secondo me la conoscenza non é un' identificazione fra conoscente e cosa conosciuta (peraltro secondo me impossibile; il che mi induce ulteriormente a dubitare che tu intenda la conoscenza possibile ...ma se lo neghi tu...). 
#2679
Il fatto che la conoscenza umanamente conseguibile sia inevitabilmente limitata, relativa non significa che sia (assolutamente, "illimitatamente") nulla, che non esista proprio o che sia impossibile che accada.
#2680
Tematiche Filosofiche / Re:Che è l'uomo?
09 Maggio 2017, 11:11:30 AM
Citazione di: maral il 09 Maggio 2017, 10:25:31 AM
Vedo che tutti siamo più o meno d'accordo sulla necessità di trovare un equilibrio tra razionale e irrazionale. Però da inveterato provocatore mi viene da pensare che questo equilibrio non è semplicemente il razionale a stabilirlo. Ossia non è con un calcolo razionale dei pro e dei contro che lo si riesce a determinare. Credo sia piuttosto attraverso una riflessione su di sé acquisita con un attento e paziente esercizio di automodulazione in cui l'aspetto mentale razionale è solo uno dei fattori in gioco.
Si tratta forse di arrivare a conoscere la propria irrazionalità e quindi a comprenderla razionalmente per vedere come essa alla fine comprenda sempre la razionalità che la conosce.
CitazioneSecondo me la razionalità può (e per quanto mi riguarda deve) cercare di trovare il migliore equilibrio possibile fra i diversi impulsi irrazionali (desideri, aspirazioni, ecc.) onde valutare nella maniera migliore (più vera possibile) quali cercare di soddisfare a scapito di quali altri (e in che misura), potendo essere (e di fatto non di rado essendo) gli impulsi irrazionali stessi incompatibili reciprocamente fra loro e/o con la realtà di fatto in cui si agisce per soddisfarli (= per essere più felici ovvero meno infelici possibile); nonché cercare di valutare mediante quali mezzi si possano conseguire nelle condizioni di fatto date i fini che si preferiscono ad altri con essi ritenuti incompatibili.
#2681
Tematiche Filosofiche / Re:Che è l'uomo?
09 Maggio 2017, 10:57:57 AM
Citazione di: maral il 08 Maggio 2017, 23:20:57 PM


Il confronto con argomentazioni razionale e osservazioni empiriche secondo te è solo della scienza moderna? Prima della visione scientifica l'uomo dunque brancolava nel buio assoluto con qualche rara e del tutto casuale illuminazione? Bè se è così, bisogna dire che queste casuali illuminazioni nelle tenebre onnipervasive della conoscenza hanno funzionato egregiamente dato che l'essere umano è comunque sopravvissuto moltiplicandosi anche a dismisura.
CitazioneQuesta domanda (e questa conclusione condizionale) francamente mi stupisce.

Mi sembra infatti del tutto evidente e inequivocabile che ho sempre considerato la razionalità ben più estesa della scienza, comprendendo anche la filosofia, le cosiddette "scienze umane", aspetti del senso comune e delle concezioni pre- e proto- scientifiche (compresi alcuni limitati aspetti più o meno elementarmente empirici delle medicine degli stregoni e degli sciamani e di quelle degli antichi Egizi, nonché probabilmente altro).


E come si fanno a prendere le osservazioni empiriche senza che esse si presentino come significati? E non è proprio solo quei significati che tra loro si verificano, fissandone alcuni come unità di misura per gli altri? Cos'altro si va a verificare se non l'appropriatezza di un significato rispetto a un modo prestabilito e condiviso di significare? Anche chi contraddice il modo comune di pensare non può farlo in altro modo se non a partire da quel modo comune di pensare.
CitazioneAnche tu mi fai veramente disperare (a questo proposito siamo proprio pari)!
Quante volte ho scritto a chiarissime lettere che a significare non sono in generale le osservazioni empiriche bensì (i concetti costituenti i) i pensieri, i predicati circa le osservazioni empiriche (mediante i quali le si conoscono; ivi compresi i predicati delle verifiche empiriche, sperimentali delle scienze)?


Sinceramente non ho proprio nessuna constatazione empirica che noi abbiamo imparato di più sulla realtà delle cose, quindi trovo assolutamente controvertibile affermarlo. Abbiamo imparato invece qualcosa di diverso che ha sostituito quello che si pensava prima e ci consente ora di vivere, al netto delle evidenti inadeguatezze che mostra la nostra attuale visione del mondo, ma non penso affatto che siamo più "realistici" rispetto ai tempi passati o che la sappiamo molto più lunga sulla realtà. Ognuno sa nella misura in cui sa vivere nei significati che gli presenta il suo mondo, secondo i modi in cui agisce e gli strumenti che usa e in rapporto a questo mondo verifica gli effetti del suo fare nei significati che facendo gli si presentano. Vale per noi come per gli antichi Egizi o per un indigeno che sa vivere perfettamente nel suo mondo con tutte le prospettive che gli sono necessarie per starci, finché non arriviamo noi a distruggerglielo per trasformarlo, bypassando tranquillamente millenni di storia, nel nostro mondo, a cui lui ovviamente non è per nulla adeguato. Questo saper funzionare in risonanza significante con il mondo in cui ci si trova a esistere è a mio avviso l'unico modo di essere realistici, non certo credere di arrivare a poter dire cos'è davvero la realtà, che è invece un sognare. Poi tutti più o meno sogniamo e pensiamo che i nostri sogni siano la realtà, l'importante è che i sogni possano funzionare. Quelli attuali funzionano? Temo, nonostante tutta la scienza, tragicamente poco. Non sarà che siamo poco realistici?
CitazioneIl progresso tendenziale delle conoscenze scientifiche (non lineare e ininterrotto) è un tendenziale miglioramento quantitativo e qualitativo delle nostre conoscenze scientifiche (della loro verità); che implica anche il superamento di credenze errate e false..
Cercare di distinguere in proposito fra qualità e quantità mi sembra decisamente una questione di lana caprina, un ozioso (in senso deteriore) cercare il pelo nell' uovo.
Poiché ancora continui a sostenere che la scienza moderna non ci dice (non consce) più e meglio la verità sul mondo naturale – materiale di quella per esempio degli antichi Egizi (per non parlare di peggio; "peggio" in senso negativo: meno bene di...), che saper funzionare in risonanza significante con il mondo in cui ci si trova a esistere è a tuo avviso l'unico modo di essere realistici, non certo credere di arrivare a poter dire cos'è davvero la realtà, che è invece un sognare, non posso che considerarti un "caso disperato" (dal mio punto di vista, ovviamente) e desistere dal cercare inutilmente di fartelo capire.

Quella delle malefatte e dei crimini contro l' umanità dell' imperialismo occidentale é un' altra questione.
E comunque essi fra l' altro si sono potuti perpetrare proprio anche e soprattutto grazie alla migliore-maggiore conoscenza (scientifica) del mondo materiale naturale di cui l' imperialismo stesso dispone rispetto alle sue vittime, per quanto ineluttabilmente limitata e relativa essa sia.



CitazioneCiò che é "franato" delle conoscenze (pre- e proto-) scientifiche degli antichi Egizi, e ciò che "franerà" delle conoscenze scientifiche attuali sono solo determinati elementi di falsità, superati da maggiori (ma pur sempre relative, limitate) acquisizioni di verità, le quali non negano integralmente e in assoluto le conoscenze scientifiche precedenti, ma le superano dialetticamente, sviluppandone e incrementandone gli elementi di verità.
Quali sono gli "elementi di verità"? C'è una tavola come per gli elementi chimici?
I dati di fatto? Ma i dati di fatto non sono altro che qualcosa che significa "dato di fatto" alla luce delle nostre mappature procedurali prestabilite e che variano da epoca a epoca, senza che vi sia un'epoca che stia sopra a tutte le altre a guardarle dall'alto in basso in nome della sua superiore conoscenza e scienza.
CitazioneNo, c' è una sterminata bibliografia di scritti che parlano veracemente (in misura limitata, relativa) dei dati di fatto, rilevati e sottoposti al cimento sperimentale attraverso le procedure scientifiche, che tendono (non linearmente ed ininterrottamente)  a migliorare di epoca in epoca, cosicché in linea di massima (=nel lungo periodo e salvo eccezioni che confermano la regola) le epoche successive tendono a disporre di più conoscenza vera delle precedenti.

CitazioneOvviamente tutto ciò che diciamo lo diciamo mediante il linguaggio (compreso il linguaggio dei chimici, costituito in buona parte di formule chimiche).
Sì ma anche una formula chimica non significa nulla se non passa attraverso un senso comune, magari finendo poi con il modificarlo, è nel linguaggio comune che va cercato il mistero del significato con cui le cose vengono a rappresentarsi rappresentandoci a noi stessi.
CitazioneNon vedo proprio alcun mistero nell' ovvia "continuità semantica" fra linguaggio specialistico scientifico più o meno rigorosamente formalizzato e linguaggio comune, nella traducibilità (e in un certo senso nella necessità di tradurre) l' uno nell' altro.
#2682
Tematiche Filosofiche / Re:essere e divenire
08 Maggio 2017, 21:28:22 PM
CitazioneX GreenDemetr
 
Pazienza, non si può pretendere di capire tutti, né di essere capiti da tutti.

Evidentemente io e te siamo destinato a non capirci (e non è il caso di impazzire e nemmeno di prendersela più di tanto).

Ti auguro comunque ogni bene.
#2683
Tematiche Filosofiche / Re:Che è l'uomo?
08 Maggio 2017, 16:28:13 PM
Citazione di: anthonyi il 08 Maggio 2017, 16:05:01 PM


La mia non è una provocazione ma è l'evidenziazione di una semplificazione del ragionamento che porta a rappresentazioni errate. Io la rappresenterei con un'equivalenza:

Razionalità:Irrazionalità=Bene:Male

che ci portiamo indietro dalle origini del pensiero umano, dalla relazione:

Ordine:Caos

Per evidenziare i limiti di questa semplificazione basta notare che la razionalità è uno strumento, il bene è un fine.
CitazioneConcordo.

Secondo me razionalità e pulsioni irrazionali sono complementari.

E bene e male sono quanto irrazionalmente vine avvertito essere tale (buono o cattivo).

La razionalità può essere considerata "bene" non in assoluto, bensì unicamente in quanto capace di aiutarci a valutare quali insiemi intrinsecamente compatibili di desideri e aspirazioni irrazionali, cioé di scopi, in alternativa a quali altri insiemi intrinsecamente compatibili (essendo invece reciprocamente incompatibili gli uni insiemi complessivi di scopi rispetto agli altri) e attraverso quali mezzi nelle circostanze di fatto date.

Può quindi essere usata per conseguire il massimo bene ovvero il minimo male possibile (ma in teoria anche per evitare il bene e fare del male).
#2684
Tematiche Filosofiche / Re:Che è l'uomo?
08 Maggio 2017, 16:14:13 PM
Citazione di: paul11 il 08 Maggio 2017, 13:33:32 PM
Sgiombo scrive:
Ma il delirio di onnipotenza é superabile da parte dell' umanità?
Da parte di singoli uomini mi sembra pacifico, "sotto gli occhi di tutti".
Da parte dell' umanità complessivamente (cioé in sostanza da parte del potere) é molto più dubbio.
Per parte mia lo ritengo senz' altro possibile in linea di principio: in teoria se é stato possibile a tanti stoici ed epicurei nell' antichità, a San Francesco (per citare un esempio paradigmatico e piuttosto popolare) e a tanti altri più o meno noti più recentemente, allora é possibile per chiunque.
Di fatto mi sembra improbabile (pessimismo della ragione); e comunque é una conditio sìine qua non per la sopravvivenza umana, per evitare la nostra estinzione "prematura e di nostra propria mano" (donde la necessità di aggrapparsi con tute le forze all' ottimismo della volontà e di lottare: fin che c'é vita c'é speranza).


Il delirio di onnipotenza a mio parere è superabile solo se l'individuo nella sua singolarità non si individualizza, quindi  solo se si sente parte di un insieme sociale, per cui la coscienza individuale diventa sociale.
L'errore è quando  il sociale annichilisce  il singolo individuale e dall'altra quando l'individuo crede solo in se stesso.
In tutte e due casi è contraddittorio perchè sono solo in sè e per sè , l'individuo e la comunità, non sono in relazione.
Invece la mediazione è proprio nell'individuo singolo umano che utilizza le sue facoltà per la comunità e la comunità rende a lui ciò di cui bisogna in senso emotivo, affettivo e materiale. Il sentirsi parte e l'essere gratificati sono nella sfera insopprimibile della nostra umanità.
CitazioneSecondo me (da convinto seguace del materialismo storico) tutto ciò é realizzabile alla condizione di socializzare la proprietà dei mezzi di produzione.
#2685
Tematiche Filosofiche / Re:essere e divenire
08 Maggio 2017, 16:09:18 PM
Citazione di: green demetr il 08 Maggio 2017, 13:40:27 PM
cit sgiombo
"Il sentire e pensare te stesso da parte tua in italiano si chiamo autocoscienza"

No. L'ho pure citato il vocabolario....abbi pazienza! Quella si chiama coscienza.

(Il vocabolario) Parla di consapevolezza, quindi la coscienza della coscienza è un doppio (senza senso), un rafforzativo se proprio vogliamo essere indulgenti.
La paurola autocoscienza ha radici che sono da rintracciare nel religioso.
In Italiano perde completamente la sua area simbolica.
Diventando un pasticcio semantico. (mia personalissima opinione)

Ovviamente la negazione si riferisce ad una diversa visione di cosa sia l'autocoscienza.
Come detto a Paul, se per te è quella.
Non faccio obiezioni. Fine della polemica.
CitazioneSe si vuol ragionare insieme, dialogare, discutere, allora é necessario intendersi sui significati delle parole.

In lingua italiana l' avere sensazioni (interiori o mentali oppure esteriori o materiali) dicesi "coscienza", la consapevolezza di se stessi, dei propri contenuti di coscienza (sensazioni materiali, pensieri, ecc.) dicesi "autocoscienza".



cit sgiombo
"E io nego che questo valga nel mio caso."

E io stavo parlando in generale, non ci voleva molto per capirlo. ::)
CitazioneIl generale dovrebbe secondo logica comprendere qualsiasi particolare, compreso il mio particolare.

cit sgiombo
"modello scientifico?"

Il modello scientifico è quello che spiega Kuhn, scienziato.
Non esiste Una Scienza, e questo tuo riduzionismo mi ha ampiamente stancato.
CitazioneA me mi ha ampiamente stancato il relativismo tuo e di Kuhn (che a fare i pignoli parlava (nelle traduzioni italiane) di "paradigmi".

Certo che esiste la conoscenza scientifica di più ambiti e aspetti della realtà.
Ma anche un "minimo comun denominatore" fra di esse, tale da potersi parlare del tutto sensatamente di "scienza" in generale.

cit sgiombo
"e nego che sia riducibile a ideologia, cioè a falsa coscienza al servizio del potere (della " politica"?)."

appunto! e allora basta insistere! siamo di 2 parrocchie diverse.
CitazioneBene.
Se non insisti tu non insito nemmeno io.
Noi possiamo interagire (fra mille incomprensioni, solo quando ci interessiamo al piano gnoseologico).
(e per parte mia aprezzo sempre la tua posizione)

Al qual proposito scrivevo che predicato (l'irrazionale prendere posizione per una verità piuttosto che un altra, ti ricordi quando parlavamo della intenzionalità?) per te coincide (indimostrabilmente) con la sensazione (che sarebbe il rapporto bi-univoco fra fenomeno sensitivo e fenomeno mentale. La quale sensazione non riduce assolutamente il reale.)
Spero vivamente che questa specificazione me la fai passare.
Ossennò impazzisco come Maral, dopo 2 anni di scambio mi dispiacerebbe che non riusciamo a intenderci nemmeno su quell'aspetto (l'aspetto gnoseologico).
CitazionePurtroppo non posso fartela passare perché non hai proprio capito (non ho difficoltà ad ammettere come possibilità che sia magari per un' insufficiente capacità di spiegarmi per parte mia) che per me: la sensazione non é il rapporto biunivoco fra i fenomeni sensitivi materiali e mentali (gli uni e gli altri parimenti sensitivi, ovvero fenomenici; ragion per cui non avrebbe nemmeno senso parlare di "sensazione come rapporto fra sensazione e sensazione"), ma casomai fra soggetti e oggetti in sé o noumenici.

Inoltre non credo che il credere a una verità piuttosto che a un' altra debba necessariamente essere irrazionale.

Beh, se non riusciamo a capirci siamo tentati tutti di credere di impazzire.
Ma per fortuna si può anche non riuscire ad intendersi (per lo meno nella misura in cui si vorrebbe) restando ben sani di mente.