Citazione di: Ipazia il 14 Marzo 2022, 08:27:11 AMLa filosofia è costituita su metafisiche che a lungo andare si rivelano essere mitologie. L'Uno, la cosa in sé, l'iperuranio, il mondo dietro il mondo,...e pure il logos e la sua archè.
Tornando al logos-linguaggio, mi convince poco la riduzione del sapere all'analitica alfabetica, e altrettanto alla sintetica numerologica (l'Uno relazionale). Sono più propensa a credere che la diffusione del pensiero greco sia dovuta a fattori quali le falangi dell'allievo di Aristotele e, successivamente, alle legioni di un impero che, pur avendo una scrittura alfabetica, non ha certo brillato in produzione filosofica originale.
La Cina lo ha fatto, pur avendo una scrittura ideografica. Insomma la tesi di iano è altamente controversa. Il pensiero umano si nutre di analisi e sintesi e i due tipi di scrittura esemplificano il duplice approccio al logos.
Relazionandosi tra loro e rendendosi traducibili in una supersintesi logica che è sapere libero, indeterminabile secondo una archè fissa e immutabile, ma piuttosto evolventesi nel suo tempo, per nulla nichilistico, ma creativo. Come si conviene alle creature del logos, qualunque cosa lo abbia generato ed esso sia.
Ovviamente, la tesi alfabetocentrica, il cui piu' illustre sostenitore e' Eric Havelock, NON si propone di collegare IL SAPERE umano in generale all'analitica alfabetica (del resto, come si potrebbe, sostenere una cosa cosi' palesemente falsa ed etnocentrica?), ma "solo", molto piu' limitatamente, di collegare la genesi della filosofia occidentale greco-classica come fenomeno storicamente determinato, all'analitica alfabetica.
Per questo tale idea, in gran parte non mia, mi e' sembrata interessante nel contesto di un discorso sul logos, e probabilmente non mi sarebbe sembrata altrettanto interessante, o pertinente, in un discorso sul sapere umano in generale.
Naturalmente, anche una volta compreso nei suoi termini corretti il problema, si puo' continuare a non essere d'accordo, ma vale la pena di rilevare che
* c'e' una bella differenza, di metodo e di merito, tra la filosofia
greco-occidentale e quella cinese
* una volta inquadrato correttamente il problema nella sua geografia e cronologia, appare immediatamente ovvio, che Aristotele e Alessandro Magno sono cronologicamente troppo tardi per entrarci qualcosa.
Io parlo, e qui si parla, dell'origine, della filosofia, non del suo consolidamento imperiale o comunitario.
E all'origine per quanto mi riguarda non puo' che esserci il male di vivere, e dunque la funzione espressiva, e non analitica, del linguaggio: molti sono allergici, alla parola NICHILISMO, ma qui voglio dire solo che il nichilismo, soprattutto antico piuttosto che moderno, di cui troviamo gia' tracce in Eraclito, in quanto istanza che nega l'essere, e' falso analiticamente; quindi, se e' valido o interessante, e' valido o interessante solo espressivamente, come lamento e meraviglia della condizione umana.
Che non ci sia tempo, di essere o di esistere, che in quanto viventi si sia condannati ad "iniziare all'infinito", non puo' essere vero, su un piano analitico, eppure il pathos della vita, l'effetto che fa' vivere, e' proprio questo.
La mistica unitaria, si da' sempre su un piano di desiderio, perche' il tempo e' sia l'elemento divisivo, che l'elemento sovversivo o innovativo, di tutto l'esistente, da cui il pensiero umano, nella forma principalmente di speranza, che il tempo possa sovvertire e innovare la divisione "comunicante" tra gli enti operata dal tempo stesso.
Ma il desiderio non e' la realta'. Per questo anche la forza unificatrice del logos e' sempre un incompiuto, un dis-corso posizionale in cui la posizione conta, e il senso emerge dalla combinatoria di piu' non-sensi.








