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Messaggi - sgiombo

#2686
Tematiche Filosofiche / Re:Che è l'uomo?
08 Maggio 2017, 11:25:54 AM
Citazione di: paul11 il 08 Maggio 2017, 09:27:12 AM


Appunto, Sgiombo, non siamo distanti  su questo argomento, quindi non obbietto, sono solo considerazioni come le tue.

Per me il delirio di onnipotenza nasce da due presupposti, o si è ignoranti da non capire i limiti umani, oppure si è consapevoli dei limiti umani. Il primo ha una buona fede perchè è proprio ignorante, non sa di avere dei limiti; il secondo invece è tipico di coloro che "forzano" la storia, che cinicamente costruiscono culture di costrizioni e sudditanze perchè sanno che l'uomo è limitato, compreso loro ,ma applicano la posizione "naturale" della forza, imponendo il loro modello, prima con le convenzioni intese come sedimentazioni culturali contraddittorie, secondo quando non sono sufficienti con la costrizione della sanzione e della pena, costringendo le vite altrui alla sudditanza, terzo se ancora non servisse con le armi.
Quindi chi non sa di avere dei limiti è in buona fede per ignoranza; chi sa di avere dei limiti e persegue un piano cinico di dominio è un delirante onnipotente perchè vuol sottomettere per i propri privilegi e scopi che non sono certamente umanitari.

Spiego meglio  il sottolineato, così chiarisco il rapporto fra natura e cultura, fra natura e fisicità e diciamo astrazione metafisica.
La cultura non ha superato  le regole e i rapporti di forza che governano le regole ecologiche, i rapporti fra predatori e predati, lo ha semplicemente trasposta, lo ha spostato dentro gli oggetti culturali , i segni  i simboli i significati.
Vuol dire ,tanto per essere chiari che lo Stato è un'invenzione  a doppio scambio, uno è protettivo come comunità rispetto ad altre comunità, secondo la regola interna è la sublimazione dei rapporti di forza, soprattutto economici, vale a dire la sua base fondatiiva è la pacificazione della conflittualità disarmando il singolo per armare se stesso come Stato e applicare la regola / pena/sanzione.

Tutte le forme culturali e quì sono d'accordo con Green presuppongono la paura di fondo umana, il despota deve imporre la sua forza  imponendosi con la  paura. La democrazia moderna è l'ipocrisia di illudere che si possano cambiare le regole del gioco pacificamente.Nessuna democrazia è mai riuscita a cambiare la forma dei rapporti di forza  ad esempio capitalistici ,tanto per essere chiari, perchè  i contratti le negoziazioni che vanno dai privati ai trattati internazionali rientrano nella grande regola che le strutture mutano  storicamente ma sempre dentro la stessa forma culturale.
Quindi i rapporti di forza animali e le gerarchie dei predatori / predati sono dentro le sublimazioni culturali "pacificate" delle organizzazioni umane:, la trasposizione delle relazioni dal dominio della natura dentro il dominio della cultura.
CitazioneHo capito e sono d' accordo.

Ma il delirio di onnipotenza é superabile da parte dell' umanità?
Da parte di singoli uomini mi sembra pacifico, "sotto gli occhi di tutti".
Da parte dell' umanità complessivamente (cioé in sostanza da parte del potere) é molto più dubbio.
Per parte mia lo ritengo senz' altro possibile in linea di principio: in teoria se é stato possibile a tanti stoici ed epicurei nell' antichità, a San Francesco (per citare un esempio paradigmatico e piuttosto popolare) e a tanti altri più o meno noti più recentemente, allora é possibile per chiunque.
Di fatto mi sembra improbabile (pessimismo della ragione); e comunque é una conditio sìine qua non per la sopravvivenza umana, per evitare la nostra estinzione "prematura e di nostra propria mano" (donde la necessità di aggrapparsi con tute le forze all' ottimismo della volontà e di lottare: fin che c'é vita c'é speranza).
#2687
Tematiche Filosofiche / Re:Che è l'uomo?
07 Maggio 2017, 21:59:07 PM
Citazione di: maral il 07 Maggio 2017, 20:49:46 PM
Citazione di: sgiombo il 07 Maggio 2017, 10:40:24 AM
L' osservatore è sempre in una determinata posizione, ma ciò non implica che una prospettiva vale l' altra!
E sia pure, ma quale osservatore (dato che è sempre un osservatore che mappa, prospetta e verifica) può stabilire quale prospettiva vale di più?
CitazioneIn linea teorica chiunque, sottoponendo a critica razionale le varie "prospettive" (ovviamente non in maniera infallibile ma "salvo errori od omissioni").


CitazioneChe (ovviamente!) ogni forma di sapere è sempre limitata e relativa non significa, non implica affatto che la credibilità, e men che meno la verità (limitata e relativa) di ciascuna di esse dipenda dalla sua condivisibilità soggettiva, né che sia pari fra tutte.
Dalla condivisibilità soggettivamente stabilita dall'epoca in cui ci si trova. Da cos'altro altrimenti? Da come stanno le cose in sé, ossia in assoluto? Come sarà mai possibile se nessuno lo sa?
CitazioneDal confronto con argomentazioni razionali e osservazioni empiriche.

Ma perché mi chiedi "come stanno le cose in sé, ossia in assoluto" quando ho sempre affermato a chiare lettere che non lo si può sapere???
Che "con il tempo si impari qualcosa di più sulla realtà " è un dato di fatto solo in relazione alla nostra fiducia che con il tempo si impari qualcosa di più sulla realtà.  
No, é una constatazione empirica incontrovertibile.

CitazioneNon vedo alcuna "esperienza storica del franare di ogni disegno globale del sapere" scientifico, ma invece periodi di aumento del sapere alternati a periodi di stasi e a periodi di diminuzione (perdita di conoscenze), e in tempi lunghi una tendenza complessiva all' incremento.
Bè la conscenza degli antichi egizi è franata, ogni pretesa filosoficamente epistemica è franata, franerà pure quella delle scienze esatte, proprio perché la tecnologia avanza.

CitazioneCiò che é "franato" delle conoscenze (pre- e proto-) scientifiche degli antichi Egizi, e ciò che "franerà" delle conoscenze scientifiche attuali sono solo determinati elementi di falsità, superati da maggiori (ma pur sempre relative, limitate) acquisizioni di verità, le quali non negano integralmente e in assoluto le conoscenze scientifiche precedenti, ma le superano dialetticamente, sviluppandone e incrementandone gli elementi di verità.


CitazioneNessun razionalista ha mai preteso che la verità circa la realtà possa avvicinarsi fino ad aderire alla (confondersi con la) realtà in sé delle cose, ma invece nel procedere di una parzialità di visione che riconosce la propria parzialità (e non è affatto dipendete da soggettivi consensi, né equivalente nei casi del mero senso comune, delle concezioni pre- e proto- -scientifiche e nelle varie fasi della storia della scienza; e magari perfino, come sembreresti suggerire, nei casi delle più disparate religioni e superstizioni di tutti i tempi).
Se la nostra visione (compresa quella scientifica) è sempre parziale come possiamo dire, da questa parzialità, che le altre visioni sono più parziali delle nostre? Le abbiamo forse comprese nella nostra visione facendone parte di essa? Non mi pare, anzi.
In realtà poi tutto quello che diciamo fa sempre riferimento al senso e alle costruzioni del linguaggio comune, anche tra chimici non si parla solo con formule chimiche per capirsi.
CitazioneLo si fa confrontandole di volta in volta criticamente, razionalmente fra loro e con i dati di fatto empiricamente constatabili, come fa ordinariamente la scienza.

Ovviamente tutto ciò che diciamo lo diciamo mediante il linguaggio (compreso il linguaggio dei chimici, costituito in buona parte di formule chimiche).
#2688
Tematiche Filosofiche / Re:Che è l'uomo?
07 Maggio 2017, 21:39:04 PM
Citazione di: paul11 il 07 Maggio 2017, 18:54:41 PM
Sgiombo, prendo due piccioni con una fava, vale adire i tuoi due post con una risposta.
al tempo di Senofonte, lo ribadisco, credevano nella terra piatta e che finisse alle Colonne d?Ercole,,l'attuale Gibilterra: ci credevano e vivevano.
Se c'è una una disciplina che muta è proprio il concetto di empirico e le sue derivazioni, il che significa che non sarà mai definitivo, nè certo e quindi tanto meno verità.
Se vuoi dire che l'empirico è ciò che a "misura d'uomo" ci permette di sopravvivere, questo lo  si faceva dalla preistoria ad oggi senza necessità di una scienza naturale e fisica.

E ribadisco pure che l'armamentario, gli strumenti che utilizza la scienza naturale/fisica per costruire nozioni, postulazioni, enunciati derivano dalla metafisica antica. Ribadisco la logica non è un animale, non è un minerale e nemmeno un vegetale.


La mia non è un'apologia della metafisica, se l'uomo utilizzasse SOLO  la metafisica così come utilizzasse SOLO  la fisica naturale in tutte e due casi sbaglia. la coscienza deve mediare attraverso la conoscenza i due domini che per me equivalgono al rapporto fra ESSERE ed ESISTENZA, in quanto il primo è deduttivo logicamente, i l secondo è oltre che percezione del sensibile induttivo logicamente.
Se esisite una verità quella non può che essere eterna ed appartiene all'Essere, mentre l'esistenza è iil divenire temporale, ciò che appare e muta, è la nostra condizione fisica/naturale, I

CitazioneA parte la confusione da parte tua di Senofane con Senofonte, non capisco proprio che cosa tu intenda obiettarmi.
 
Di empirismo e di "armamentario e degli strumenti che utilizza la scienza naturale/fisica" non ho proprio parlato nelle mie precedenti risposte cui qui obietti.
 
Anch' io ho sempre sostenuto che non ci basta la scienza ma occorra anche la filosofia (e anche la metafisica).

E infatti:


Ma non siamo così distanti, Sgiombo, perchè alcune tue specificazioni rientrano in quello che penso.
Vale quello che ho scritto con Green, forse ci sono malintesi e punti da chiarire.
La razionalità e l'irrazionalità più che essere complementari direi che convivono come ignoranza e conoscenza, nel contraddittorio dialettico della coscienza che ribadisco vive la difficoltà in termini logici razionali e dall'altra il disagio come difficoltà emotiva.


Hegel nella famosa " Fenomenologia dello spirito" applica il metodo dialettico mediato dalla coscienza, che nella storia diventa o meglio può diventare coscienza sociale. La contraddizione per Hegel è prendere un pensiero astratto, o un fenomeno naturale, e ritenerlo veritativo IN SE' E PER SE',vale adire che un pensiero non è mai verità concettuale se non è relazionato ad esempio a quel fenomeno, e quindi il fenomeno non èmai verità concettuale se preso in sè e per sè senza una logica razionale che lo analizzi.
Quindi quel trasporre per me signifca quando un fenomeno diventa segnico nel linguaggio logico razionale, tutto quì.
Quando avevamo il problemino alle elementari di Pierino che comprava con i soldini, noi trasformavamo un discorso di parole in segni matematici, questo è trasporre. persino un artista, un pittore  traspone una osservazione fisica in impressioni oggetti artistici mediati da una sua tecnica e dalla sua coscienza,

L'uomo prende dalla natura, la usa e la sottomette all'arteficio. Certo che è delirio di onnipotenza, ma le cause sono la contraddizione di cui dicevo prima
CitazioneNon é delirio di onnipotenza, se l' uomo si rende conto dei suoi limiti e in particolare che può "sottomettere la natura all' artifizio" solo adeguandosi alle leggi del divenire naturale per applicarle al conseguimento di scopi realistici a partire dalle condizioni date.
#2689
Tematiche Filosofiche / Re:essere e divenire
07 Maggio 2017, 21:23:54 PM
Citazione di: green demetr il 07 Maggio 2017, 14:14:46 PM
cit sgiombo

"Inoltre nel pensare me stesso (senza affatto ritenermi Dio!) non trovo assolutamente nulla di psicotico (il che mi conferma nelle mie convinzioni circa la psicoanalisi, se è vero quel che ne dici; mentre la psichiatria scientifica, di cui peraltro so ben poco, non mi pare proprio lo consideri "psicotico", bensì normalissimo)."

Ho mai detto questo?
CitazioneCopio-incollo dal tuo intervento # 60 in questa discussione:

"Ma io rigetto qualsiasi cosa voglia chiamarsi auto- (autocoscienza, autoconsapevolezza, automazione), non esiste una cosa del genere.
Il soggetto parte sempre dal rapporto con un altro oggetto, nel caso si rapporti con se stesso, come ampiamente dimostrato dalla letteratura psicanalitica, psichiatrica etc...
Cade irrimediabilmente nel delirio psicotico".



Ma il pensare te stesso si chiama co-scienza (la conoscenza di ciò che ti accompagna, e che ti definisce).
CitazioneIl sentire e pensare te stesso da parte tua in italiano si chiamo autocoscienza

********************************
cit sgiombo
E come si può dimostrare questa negazione?
In questo momento accadono le sensazioni visive (la visione) dello schermo del computer, e inoltre le sensazioni mentali del pensiero (predicato):"accadono le sensazioni visive (la visione) dello schermo del computer".

Non ho capito Sgiombo, puoi riformulare?
A che negazione ti riferisci cioè.
Comunque lo so che per te predicato e sensazione, a buon senso, formano una ragione.
Ma non riesco a collegarlo con il mio scritto.
CitazioneTu hai scritto (sempre in quell' intervento #60):

"Ma io rigetto qualsiasi cosa voglia chiamarsi auto- (autocoscienza, autoconsapevolezza, automazione), non esiste una cosa del genere."
Mi sembra evidente e chiarissimo che ti chiedevo di dimostrare questa negazione dell' autocoscienza della quale affermi appunto che non esisterebbe.

E inoltre ti riferivo di un caso reale di autocoscienza (secondo la lingua italiana): la coscienza -in atto mentre scrivevo- del fatto di coscienza costituito dal vedere lo schermo del computer.

Il collegamento con quanto da te scritto mi sembra evidentissimo.

 
Ma non capisco a mia volta cosa possano significare le parole "Comunque lo so che per te predicato e sensazione, a buon senso, formano una ragione" ? ! ? ! ? !

******************************
cit sgiombo
"Di credere (in maniera "politicamente scorretta", come mi capita spesso) che il mondo naturale – materiale (che per me non è, non esaurisce la realtà in toto) sia caratterizzato da un divenire deterministico – meccanicistico l' ho deciso solo io e nessun altro al mio posto"

Non so! faccio fatica a capire i tuoi salti logici. :(
Io sto parlando di modelli scientifici, che vengono usati come "unità di misura" per discorsi che con la scienza non contano nulla.
(tipo spiegare l'uomo in termini di volta in volta meccaniscistici, relativistici o quantistici).
Se ho capito invece per te il modello scientifico (a ragione) costituisce un modello affidabile, e escludi che possa avere qualche relazione con il soggetto politico.
Liberissimo di pensarlo.(ovviamente dissento)
Le mie non sono considerazioni di tipo gnoseologico.  Ma perchè insisti  ;)  ?
CitazioneMa quali salti logici?

Hai affermato (in risposta a Paul11):

"se fossi nato tu nel 700 cadremmo in regole meccaniche, oggi diremmo che cadiamo sotto regole relative, se non proprio statistiche.
Qualcuno ha deciso per noi cioè"!.


E io nego che questo valga nel mio caso.


Per me la scienza (ma che sarebbe il "modello scientifico?) é affidabile nella conoscenza del mondo materiale – naturale, il quale non esaurisce la realtà (che non è limitata cioè ad esso); e nego che sia riducibile a ideologia, cioè a falsa coscienza al servizio del potere (della " politica"?).


Tu sei liberissimo di pensarla diversamente (ovviamente insisto a dissentire).
#2690
Tematiche Filosofiche / Re:Che è l'uomo?
07 Maggio 2017, 11:27:51 AM
Citazione di: paul11 il 07 Maggio 2017, 00:32:28 AM


La civiltà ,se ne vediamo il cammino se vediamo le metropoli moderne è sempre più artefatto, artificiale, produzione dell'uomo e sempre meno della natura. Noi alteriamo i cili della natura dentro una serra, l'industria è tutto arteficio, i concetti giuridici sono tutti artetefatti.

Ora se il "concreto" o "reale" fosse il mondo naturale e fiscio noi ci allontaniamo sempre più pur facendo parte biologicamente, ma noi alteriamo il bios, lavoriamo sul dna, parliamo di eutanasia, perchè vogliamo uscire dalla schiavitù temporale del ciclo della vita, non accettando la condizione di un inizio e di una fine. E' accaduto quindi che a differenza di quanto si creda, i concetti astratti hanno modificato la realtà del concreto, sono entrati nel governo della civiltà e questo pardossalmente è compiuto tanto più si è "materialisti".
CitazioneMa la cultura, l' artificio nasce nella e dalla natura e non la trascende (data la mia idiosincrasia per Hegel non vorrei dire uno strafalcione, ma credo si possa parlare a proposito di "superamento dialettico", cioé non di negazione-alterità assoluta o annullamento totale, ma invece di cambiamento in cui il conseguente sviluppa il precedente, sia pure in una sorta di "salto diqualità).

Pretendere di uscire dalla schiavitù temporale del ciclo della vita, non accettando la condizione di un inizio e di una fine, anche se attraverso la cultura, l' artificio di tipo razionale - scientifico - tecnico é irrazonalistissmo delirio di onnipotenza (di fatto propalato dall' ideologia dominante).

#2691
Tematiche Filosofiche / Re:Che è l'uomo?
07 Maggio 2017, 11:12:35 AM
Citazione di: paul11 il 06 Maggio 2017, 17:21:27 PM
Citazione di: sgiombo il 04 Maggio 2017, 22:54:11 PM
...............
A Paul11:


Mi permetto brevemente come una pozioncina da stregone animista (mi scuso per l' ironia intenzionalmente, ma non malignamente, provocatoria).

Per me L'uomo è centrale anche quando si cerca o si vuole esautorarlo dalle forme ontologiche, epistemologiche e fenomenologiche, ma "solo" soggettivamente, arbitrariamente per se stesso, nei suoi pensieri (per altri uomini che continuano comunque a ritenerlo centrale e probabilmente di fatto, poco o punto consapevolmente, anche per molti di quelli che vorrebbero decentrarlo o del tutto ignorarlo); invece oggettivamente, nella realtà è pari a qualsiasi altro ente/evento.

Credo che vi sia una realtà "più realistica" della visione umana (o meglio: di qualsiasi visione umana; e che non tutte le visioni umane siano ugualmente realistiche, talune avvicinandosi di più, talaltre di meno al "realismo della realtà"; credo che non esista un' unica "visione umana" della realtà).

Credo che chiunque, pur essendo più o meno gravemente limitato per intelligenza e cultura, possa sottoporre a critica razionale quegli schemi mentali accettati dalla comunità e divenuti convenzioni, linguaggi culture, ideologie (anche se di fatto ciò, oggi più o meno come ieri, non accade di frequente).


Sul resto delle tue considerazioni mi trovo sostanzialmente d' accordo.

Hai semplicemente dichiarato l'ambivalenza umana, una sua soggettività dettata da una autoconsapevolezza grazie  a sue facoltà , soggetta ad una oggettività delle condizioni naturali fisiche delle regole dell'universo e del pianeta ospitante.

Quale sarebbe una realtà più vera della visione umana, visto che è il soggetto umano che descrive il mondo e non il mondo che si autodescrive o il mondo che descrive l'uomo?

Se la razionalità vincesse, non avremmo un mondo diviso, uomini divisi, guerre economiche ,militari e politiche.
E' l'irrazionalità che ci governa la cui fonte è la contraddizione umana
CitazioneHo affermato la soggettività arbitrarietà (e non oggettività) del fatto che (giustamente) l' uomo si pone "al centro dell' universo" (o meglio della propria attenzione).
Già anticamente Senofane notava se i buoi, i cavalli, i leoni avessero le mani, o potessero disegnare e costruire monumenti alla maniera degli uomini, I cavalli rappresenterebbero gli dei come cavalli e i buoi come buoi, i leoni come leoni e raffigurerebbero i loro corpi simili al proprio.
 
Un predicato o un discorso può essere più o meno vero di altri predicati o discorsi.
Ma la realtà non può essere più o meno vera, semplicemente realmente è, accade (ho messo fra virgolette il concetto di "realtà realistica", seguendo le tue parole per criticarle, intendendolo in senso metaforico, improprio, volendo significare solo che il "realismo" (propriamente la "verità") delle varie forme di conoscenza umana non è affatto pari fra tutte, ma nelle une è maggiore che nelle altre, dipendentemente dal come è la realtà e non dai rispettivi contesti culturali o dalle mere preferenze soggettive di chi vi crede.
 
La razionalità coesiste con l' irrazionalità nell' uomo, ma sono sue caratterist5iche complementari, che a seconda dei casi si armonizzano più o meno bene fra loro (a volte anche malissimo o quasi per niente, ma non è destino ineluttabile che la seconda domini sulla prima).

#2692
Tematiche Filosofiche / Re:Che è l'uomo?
07 Maggio 2017, 10:40:24 AM
Citazione di: maral il 06 Maggio 2017, 14:37:28 PM
Certamente i miti dei popoli primitivi sono molto diversamente veri dalla scienza moderna, ma in minor misura solo dal punto di vista della scienza moderna appunto, che, come tu stesso dici, non aderisce alla realtà delle cose fino ad essere lo stesso con esse, con la realtà stessa. Se tu ammetti questo (e mi pare che lo ammetti), puoi anche vedere che miti e scienza moderna sono due modi diversi con cui la realtà risuona in noi facendosi discorsi diversamente significanti, ma senza preminenze (quello che ho indicato come "gerarchie"), perché se collochiamo la scienza moderna in una posizione preminente sul significato delle cose, dovremmo essere in una posizione neutra rispetto sia al mito che alla scienza, ma così non è, l'osservatore è sempre in una posizione, dunque gode di una prospettiva di parte e la parte in cui ci troviamo oggi è quella della scienza, non perché siamo tutti scienziati, lo sono pochissimi e anche quei pochissimi lo sono in termini estremamente limitati e specialistici, ma perché il nostro modo di cogliere le cose è nel significato di questa prospettiva che vanifica quella del mito.
In altre parole e come dici, ogni forma di sapere è sempre limitata e relativa, ma noi non siamo sempre in una forma di sapere che è una visione del mondo ed è a partire da questa che giudichiamo le altre rispetto alla nostra che assumiamo come unità di misura valida per tutti, poiché si dà tra noi come condivisibile. E solo in questa condivisibilità soggettiva e delimitata sta ciò che ritieniamo oggettivamente valido, dunque "normale" (ossia secondo norma, ove la "norma" un tempo indicava una specie di squadra che serviva a misurare se l'angolo di costruzione era o meno retto).
Per questo non è che con il tempo si impari qualcosa di più sulla realtà secondo una visione positivistica e a mio avviso molto ingenua del sapere, ma piuttosto che in ogni tempo si praticano le esperienze di quel tempo ("Esse est percipi", ma ancor più l'essere è fare, ossia ci rimbalza come significato dal diverso fare proprio di ogni tempo) e in quelle esperienze si stabilisce un senso retto (quindi normale) prt quel contesto. E proprio perché vivo in questo contesto posso dire pure queste cose, non potrei dirle se vivessi nell'Egitto dei Faraoni o ai tempi di Carlo Magno o in un villaggio del Neolitico. E' la lunga esperienza storica del franare di ogni disegno globale del sapere, per come oggi lo percepisco che mi dice questo e mi permette di vedere che ogni preminenza gerarchica di una forma di sapere sull'altra è solo una superstizione. Ma nello stesso tempo mi permette di pensare che ogni sapere nel suo errare è sempre in un cammino di verità, nel suo errare è sempre una parzialità in atto della realtà.
Se è così allora la verità non sta nell'avvicinarsi fino ad aderire alla realtà in sé delle cose, ma nel procedere di una parzialità di visione che riconosce la propria parzialità e riconosce se stessa vera in ciò che concretamente sa fare, pensare e dire e misura la propria giustezza nella propria postura lungo il percorso che la trasforma. E questo significa a mio avviso oggi farsi filosofi: trovare se stessi nel mondo e in rapporto al mondo in cui si esiste   facendo e pensando insieme con i suoi co-abitanti e per come le nostre pratiche ci permettono di fare e pensare. Sono le cose stesse che maneggiamo che ci parlano e ci ispirano i significati con cui evocarle, non siamo noi ad attribuirglieli ad esse arbitrariamente o casualmente, come da sopra.
Nulla è un puro oggetto passivo che assume forma secondo il nostro progetto, è esso stesso a determinare, con il significato, il nostro stesso progetto, ma un significato è solo un modo della cosa per farci segno e lasciare un segno.

CitazioneIl fatto che la conoscenza scientifica propria della scienza moderna si "altra cosa" alla realtà materiale naturale che né oggetto (cosa che non ammetto affatto, ma ho sempre sostenuto a chiarissime lettere!) non significa affatto che sia equiparabile alle antiche mitologia quanto a verità:
 
 
conoscenza vera =/= onniscienza
 
e a maggior ragione:
 
conoscenza vera =/= realtà veracemente conosciuta.
 
 
 
 
L' osservatore è sempre in una determinata posizione, ma ciò non implica che una prospettiva vale l' altra!
Un conto è vedere una montagna in una giornata nuvolosa in cui è in gran parte coperta da ammassi di vapore acqueo, un conto è vederla in una giornata luminosa e serena; un conto è vedere il Monte Bianco dalla cima del Gran Paradiso, un conto vederlo da Aosta.
 
 
 
 
Che (ovviamente!) ogni forma di sapere è sempre limitata e relativa non significa, non implica affatto che la credibilità, e men che meno la verità (limitata e relativa) di ciascuna di esse dipenda dalla sua condivisibilità soggettiva, né che sia pari fra tutte.
 
 
 
 
Che con il tempo si impari qualcosa di più sulla realtà (tendenzialmente e considerando periodi abbastanza lunghi, non in maniera lineare costante: la storia in generale, e anche la storia della scienze in particolare, conosce anche fasi di stagnazione e di regresso) non è affatto una visione positivistica molto ingenua del sapere, bensì un dato di fatto.
Anche se è pur vero (ma non v' è alcuna contraddizione in questo!) che in ogni tempo si praticano le esperienze di quel tempo ("Esse est percipi", ma ancor più l'essere è fare, ossia ci -per dirlo metaforicamente- rimbalza come significato dal diverso fare proprio di ogni tempo.
 
 
 
 
Non vedo alcuna "esperienza storica del franare di ogni disegno globale del sapere" scientifico, ma invece periodi di aumento del sapere alternati a periodi di stasi e a periodi di diminuzione (perdita di conoscenze), e in tempi lunghi una tendenza complessiva all' incremento.
 
 
 
 
Nessun razionalista ha mai preteso che la verità circa la realtà possa avvicinarsi fino ad aderire alla (confondersi con la) realtà in sé delle cose, ma invece nel procedere di una parzialità di visione che riconosce la propria parzialità (e non è affatto dipendete da soggettivi consensi, né equivalente nei casi del mero senso comune, delle concezioni pre- e proto- -scientifiche e nelle varie fasi della storia della scienza; e magari perfino, come sembreresti suggerire, nei casi delle più disparate religioni e superstizioni di tutti i tempi).
 
 
 
Ritengo assolutamente necessaria la critica filosofica razionale di tutto, comprese le scienza, ovviamente.
 
 
 
 
Le affermazioni che sono le cose stesse che maneggiamo che ci parlano e ci ispirano i significati con cui evocarle, non siamo noi ad attribuirglieli ad esse arbitrariamente o casualmente (omissis), e che nulla è un puro oggetto passivo che assume forma secondo il nostro progetto, è esso stesso a determinare, con il significato, il nostro stesso progetto, ma un significato è solo un modo della cosa per farci segno e lasciare un segno le posso intendere e condividere solo nel senso che non è la nostra conoscenza a plasmare ad libitum la realtà, ma la realtà a condizionare (la verità della) nostra conoscenza.
#2693
Tematiche Filosofiche / Re:essere e divenire
07 Maggio 2017, 10:03:30 AM
Citazione di: green demetr il 06 Maggio 2017, 21:33:28 PM


Ma io rigetto qualsiasi cosa voglia chiamarsi auto- (autocoscienza, autoconsapevolezza, automazione), non esiste una cosa del genere.
Il soggetto parte sempre dal rapporto con un altro oggetto, nel caso si rapporti con se stesso, come ampiamente dimostrato dalla letteratura psicanalitica, psichiatrica etc...
Cade irrimediabilmente nel delirio psicotico.
Infatti in quali regole cadremmo noi? se fossi nato tu nel 700 cadremmo in regole meccaniche, oggi diremmo che cadiamo sotto regole relative, se non proprio statistiche.
Qualcuno ha deciso per noi cioè.
E' questo il grave problema.
CitazioneE come si può dimostrare questa negazione?


In questo momento accadono le sensazioni visive (la visione) dello schermo del computer, e inoltre le sensazioni mentali del pensiero (predicato):"accadono le sensazioni visive (la visione) dello schermo del computer".
Questo (che esiste, accade) normalmente in lingua italiana viene detto "coscienza della coscienza", ovvero "autocoscienza".


Inoltre nel pensare me stesso (senza affatto ritenermi Dio!) non trovo assolutamente nulla di psicotico (il che mi conferma nelle mie convinzioni circa la psicoanalisi, se è vero quel che ne dici; mentre la psichiatria scientifica, di cui peraltro so ben poco, non mi pare proprio lo consideri "psicotico", bensì normalissimo).


Di credere (in maniera "politicamente scorretta", come mi capita spesso) che il mondo naturale – materiale (che per me non è, non esaurisce la realtà in toto) sia caratterizzato da un divenire deterministico – meccanicistico l' ho deciso solo io e nessun altro al mio posto (anche perché vivo in un' epoca nella quale l' ideologia prevalente, in proposito, dovrebbe casomai condizionarmi (decidere per me) a pensare ben altro!.
#2694
Tematiche Filosofiche / Re:essere e divenire
05 Maggio 2017, 22:38:57 PM
Citazione@ Davintro:
 
A parte l' uso del termine "essenze", che mi fa un' impressione "esteticamente" non troppo soddisfacente (ma ovviamente la cosa non ha la minima importanza), concordo pienamente che il linguaggio deve conformarsi o per lo meno in qualche modo adattarsi alla realtà e alle caratteristiche (o essenze) proprie della realtà stessa, e non viceversa.
 
C' è una certa arbitrarietà nelle definizioni delle cose reali: anziché gli oggetti "sasso" si potrebbero considerare gli oggetti "corpo solido minerale" (di qualsiasi grandezza e forma); anziché gli oggetti "uccello", distinti dagli oggetti "pipistrello" e dagli oggetti "insetto volante" si potrebbero considerare gli oggetti "volatile".
Tuttavia si tratta di un' arbitrarietà limitata: non solo l' oggetto (e il relativo concetto) "volatile" è molto meno atto di quello "uccello" o di quello "chirottero" a cogliere regolarità reali nel divenire ordinato materiale (e dunque molto meno utile ai fini della sua conoscenza scientifica e utilizzazione tecnica-pratica), ma per esempio, pur essendo possibile stabilire arbitrariamente per definizione anche concetti di oggetti materiali inesistenti (come quello del mio amato "ippogrifo"), non è possibile applicarli per denotare cose reali.
Ovvero non si può fare essere reali ad libitum cose pensate semplicemente definendole concettualmente: si può definire (non univocamente, con una limitata "libertà di scelta") ciò che è reale, non rendere reale ciò che si definisce; se non talora, in certi casi limitati, attraverso un intervento attivo sulla realtà stessa che ne utilizzi finalisticamente le sue proprie (non arbitrariamente ad essa attribuibili)- regolarità nel divenire.
Lo stesso dicasi per gli eventi (come la vita di una pianta): sono i concetti (ad esempio quelli di "nascita", "sviluppo", "riproduzione attraverso semi", "morte", ecc. delle pianta) che devono adeguarsi ai fatti e non viceversa).
 

Meno convincente trovo il discorso su "dipendenza" o "autosufficienza" in quanto mi sembra che in natura nulla sia autenticamente autosufficiente ma nel divenire ogni ente o evento consegua ad altri enti o eventi e a sua volta ne condizioni altri ancora (in questo credo di essere in accordo con Sariputra; ma anch' io sono disposto ad autopunirmi in caso di fraintendimento: potrei rinunciare alla torta che mi preparerà domani mia moglie come ogni domenica; di solito sono molto buone: sarà anche o soprattutto per questo che la "sopporto tutto sommato felicemente" da ormai 35 anni?).
#2695
Tematiche Filosofiche / Re:essere e divenire
05 Maggio 2017, 21:49:01 PM
Citazione di: Lou il 05 Maggio 2017, 17:45:32 PM
Citazione di: sgiombo il 04 Maggio 2017, 21:30:09 PM
Citazione di: Lou il 04 Maggio 2017, 21:09:17 PM
@sgiombo
sì però è ammissibile pure una certa continuità tra pensiero e realtà e realtà è pensiero, una cesura netta non mi convince.
CitazioneBeh, qui il problema é quello, per me "fondamentalissimo", per l' appunto dei rapporti fra realtà e pensiero, queste due "cose" (ontologicamente) distinte e (ontologicamente e gnoseologicamente) reciprocamente in relazione.
Brevissimamente, ho notato che hai Spinoza in firma, celebre è il suo "ordo et connexio rerum idem est ac ordo et connexio idearum" che affronta e a suo modo risolve  il problema fondamentalissimo che attraversa tutta la filosofia: seppur in modo ancora superficiale poichè i vari topic e molti vs interventi sono densi e per rispondere e argomentare in modo adeguato dovrei soffermarmi in maniera diversa, mi è parso che nei tuoi (ma non solo) di interventi, pur distinguendo il piano chiamiamolo del pensiero dal piano dell'essere, ne ammettano una relazione, sarebbe interessante sviluppare che tipo di relazione intercorre tra i due piani, a mio parere la proposta di Spinoza (che se non erro pure Hegel riprende) che vede garante della relazione manina manina  delle due espressioni, uno stesso ordine è affascinante.
CitazioneHo sempre trovato molto affascinante Spinoza (in genreale) fin dal liceo, ma devo confessare che allora cercai di leggere l' Etica (naturalmente in traduzione italiana) e, con molta frustrazione (paragonabile solo a quella procuratami dal rifiuto che allora subii da una ragazza di cui ero innamoratissimo: ricordi della lontana gioventù!), non ci riuscii; é una di quelle tre o quattro opere molto impegnative che vorrei tanto aver letto e mi piacerebbe riuscire a leggere prima di morire, ma che temo che non leggerò mai.

Anche se dopo questa "ammissione di colpa" mi risulta difficile, mi sento in dovere di precisare che dissento dalla tesi "razionalistica" dell' aprioristica identità (o anche di una più "lassa correlazione" comunque a priori) fra le relazioni e nessi della realtà e le relazioni e i nessi fra le idee e gli oggetti del pensiero.
Mi sento molto più vicino all' empirismo.
Nelle scegliere "la firma" non ho pensato ai filosofi a cui mi sento più vicino dai quali credo di aver più imparato (avrei senz' altro scelto Hume! Ma non ho trovato in lui un motto adatto all' uopo), ma a sentenze brevi e incisive che esprimessero in pochissime parole verità per me importanti e, sempre a mio avviso, "diffusamente ignorate", negate o sottovalutate, o per lo meno fraintese.

(E' stato un anno veramente sfortunato il mio della seconda liceo classico. Meno male che si é trattato di un periodo di sfiga nera ma transitorio e fugace).
#2696
Tematiche Filosofiche / Re:essere e divenire
05 Maggio 2017, 15:17:50 PM
Citazione di: myfriend il 05 Maggio 2017, 14:13:15 PM
@sgiombo

Comunque dovresti metterti d' accordo con te stesso:
"Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma in proporzioni definite universali e costati"?

O invece "ogni cosa nell'universo funziona secondo questa legge (creatore e creato)"?
Perché l' una cosa esclude logicamente l' altra!


Avevo specificato che l'uso del termine "crea" o "nasce" era una scelta terminologica fatta solo per semplificare la scrittura. Infatti ho detto:
(Non sono un "creazionista". Il termine "nascere" - o "creare" - l'ho usato al posto di "manifestarsi a seguito di una trasformazione"...poichè nell'universo nulla si crea e nulla si distrugge, ma tutto cambia forma). Questa è la logica che pervade tutto l'universo.

Dici che usi la "ragione" e, anche per questo, sei comunista?

Il comunismo è stata una religione e una fede che, esattamente come il cattolicesimo, con l'uso della ragione, non c'entrava proprio nulla.
Esdattamente come il cattolicesimo, il comunismo è stato la negazione della ragione.

Il comunismo era una fede del tutto irragionevole, esattamente come era e come è il cattolicesimo.
Una fede che, ahimè. è rimasta senza chiesa (il partito) e senza preti (la nomenklatura del "partito del popolo").

CitazioneOpinioni non argomentate.

D' altra parte non credo che questo forum possa essere la sede adatta per costruttive discussioni su questo argomento per cui anch' io, per parte mia, mi limito a proclamare semplicemente le mie convinzioni.

Che sono in totale, completo dissenso da quelle qui affermate.
#2697
Tematiche Filosofiche / Re:Che è l'uomo?
04 Maggio 2017, 22:54:11 PM
Risposta a Maral:


Non era un' imputazione ma un' obiezione.
Comunque chi, facendo confusione, crede che ci sia o sia possibile arrivare a un discorso (filosofico, scientifico o religioso) capace di aderire sempre più alla essenza reale del mondo, fino a essere lo stesso con essa [evidenziazione mia, N.d.R.] non sono di certo io, che invece insisto noiosissimamente a mettere in guardia dal fare questa identificazione.
Tutti i discorsi sono ovviamente (se realmente accadono) fatti reali.
Ma non invece sono parimenti veri: i miti dei popoli primitivi lo sono molto, ma molto diversamente (in minor misura) della scienza moderna in generale (ma non credo invece in particolare delle teorie astrofisiche più accreditate; che peraltro a mio parere hanno ben poco di scientifico, e ancor meno di comprovato).
Possono al massimo (e spesso lo sono di fatto) essere ritenuti veri parimenti (o anche maggiormente) in modo fortemente convinto e generalizzato nelle rispettive culture.


Se ritieni assurdo credere che il faraone sia morto per una maledizione del Dio e non per una infezione batterica, ma lo ritieni assurdo in quanto sai che il tuo ritenerlo assurdo è il pensiero condiviso di un contesto che è il contesto in cui vivi e che ti esprime, e non perché è così, allora é altrettanto assurdo del credere che sia morto per un' infezione batterica da parte dei suoi sudditi non perché sia così ma perché era il pensiero condiviso di un contesto che era il contesto in cui vivevano e che li esprimeva.
Il che è per così dire "assurdo al quadrato"!


Il sapere è sempre limitato, relativo (ma non per questo pari fra tutte le possibili e di fatto reali teorie o credenze: scientifiche, filosofiche, religiose, ecc.): l' ho sempre sostenuto a chiarissime lettere!
Il reale (in generale; non in particolare la conoscenza nel suo ambito) puramente e semplicemente é/accade realmente.


Non so cosa possa essere una "gerarchia di saperi", ma so che vi sono saperi più veri (ovvero meno falsi) e saperi meno veri (ovvero più falsi).
E la scienza moderna si è sviluppata, anche con salti rivoluzionari", ma in continuità, senza "iati ontologici" o "discontinuità (soprannaturali?) nel divenire storico" dalle credenze antiche; il che significa che, più o meno indirettamente (attraverso percorsi di crescita e miglioramento delle conoscenze più o meno lunghi e accidentati) da parte di moltissimi si è imparato di fatto che i faraoni non sono morti per il malocchio ma per cause naturali scientificamente riconoscibili e descrivibili).
D' altra parte ci sono stati (di fatto soprattutto in Cina; e in India, ove ancora presentemente ce n' è qualcuno) non pochi casi di bimbi nati in campagna e formatisi in una cultura sostanzialmente animistica nella prima infanzia, o per lo meno politeistica, poi scolarizzati, che hanno capito e imparato benone che le credenze trasmesse loro dai genitori erano piene di falsità e hanno acquisito conoscenze scientifiche anche avanzatissime; addirittura che hanno dato rilevanti contributi al progresso scientifico.
In generale se non si potessero criticare razionalmente e superare le credenze più primitive e rozze, avvicinandosi maggiormente alla conoscenza vera della realtà (di "ciò che realmente accade"), saremmo ancora all' età della pietra o a prima ancora.


Che tutti i filosofi possano sbagliare mi pare ovvio, ma non significa certo che tutte le filosofie siano ugualmente errate e non si dia verità filosofica!

Credo che La filosofia sia anche (non solo) continua critica verso chi pensa che vi sia un solo modo di dire valido per tutti e per sempre. Per questo la vera filosofia dà fastidio, ha sempre dato fastidio (e oggi in misura massima, tanto da proclamarla futile e inutile) e deve dare fastidio: essa mette continuamente in discussione quello che si deve prendere per buono, perché così le ideologie dominanti pretendono che si sia "normalmente sani di mente".
Il che non toglie che tutti i sani di mente seguono indimostratamente certe limitate credenze (non di tutto di più, non necessariamente tutto quanto pretendono e millantano le ideologie dominanti! Comprese quelle reazionarie, new age, ecc.) e chi non le crede o per lo meno non si comporta come se le credesse non è (normalmente considerato) sano di mente.

Il filosofo non è necessariamente scettico assoluto (mai sostenuto), ma ancor di più non é necessariamente relativista!
Ancor più non ritiene necessariamente che ogni presa di posizione cognitiva abbia una sua verità e un suo errore, per cui non sarebbe superiore o inferiore rispetto a un altra che partecipi di contesti di significato diversi; per lo meno nei casi in cui è capace di non fare nessuna confusione tra realtà e pensiero della realtà.

Non pretenderai mica di "scomunicare" (negare che siano filosofi rispettabili) tutti i filosofi non relativisti?

No, perché dall' affermazione:

"Il filosofo [articolo determinativo; letteralmente: non qualche filosofo, taluni fra gli altri altrettanto rispettabili in quanto tali, N.d.R.] però (omissis) sa che ogni presa di posizione cognitiva ha una sua verità e un suo errore, per cui non è superiore o inferiore rispetto a un altra che partecipi di contesti di significato diversi e proprio perché è capace di non fare nessuna confusione tra il significato con cui la realtà si mostra sempre in modo prospettico e parziale e la realtà stessa che, al di fuori del suo significare parziale, quindi in qualche misura sempre errato, nessuno vede, ma non può evidentemente non esserci"

Sembrerebbe quasi!


L' essere umano vive la sua vita reale altrettanto (non certo di meno!) di qualsiasi altro animale.
Ma incomparabilmente più e meglio di qualsiasi altro animale (attraverso un vero e proprio "salto di qualità" ha conoscenza della realtà (non indiscriminatamente altrettanto vera in tutti i casi, ma ben diversamene da caso a caso).
E questo non è un modo di dire.


*********************
A Paul11:


Mi permetto brevemente come una pozioncina da stregone animista (mi scuso per l' ironia intenzionalmente, ma non malignamente, provocatoria).

Per me L'uomo è centrale anche quando si cerca o si vuole esautorarlo dalle forme ontologiche, epistemologiche e fenomenologiche, ma "solo" soggettivamente, arbitrariamente per se stesso, nei suoi pensieri (per altri uomini che continuano comunque a ritenerlo centrale e probabilmente di fatto, poco o punto consapevolmente, anche per molti di quelli che vorrebbero decentrarlo o del tutto ignorarlo); invece oggettivamente, nella realtà è pari a qualsiasi altro ente/evento.

Credo che vi sia una realtà "più realistica" della visione umana (o meglio: di qualsiasi visione umana; e che non tutte le visioni umane siano ugualmente realistiche, talune avvicinandosi di più, talaltre di meno al "realismo della realtà"; credo che non esista un' unica "visione umana" della realtà).

Credo che chiunque, pur essendo più o meno gravemente limitato per intelligenza e cultura, possa sottoporre a critica razionale quegli schemi mentali accettati dalla comunità e divenuti convenzioni, linguaggi culture, ideologie (anche se di fatto ciò, oggi più o meno come ieri, non accade di frequente).


Sul resto delle tue considerazioni mi trovo sostanzialmente d' accordo.
#2698
Tematiche Filosofiche / Re:essere e divenire
04 Maggio 2017, 21:35:20 PM
Citazione di: Lou il 04 Maggio 2017, 21:18:18 PM
@sariputra
è per gran parte dei motivi poetici che adduci che ritengo importante fissare il divenire come stabile realtà. Sapere del passare e della fragilità e della fugacità rende ogni cosa preziosa, ogni istante, ogni accadere, unico.

Così parlò l'elefante Lou nella sala dei cristalli.:)

CitazioneNon mi sembrano affatto considerazioni grossolane ("elefantiache").

Si può logicamente dire "permane il mutamento" (che mi pare pure vero; per lo meno -ma non necessariamente solo!- per un tempo finito, con un inizio e una fine) esattamente come si può logicamente dire: "c' è il nulla" (ovvero "non esiste/accade alcunché" (che invece mi pare falso; ma non affatto illogico, assurdo = autocontraddittorio = insensato).
#2699
Tematiche Filosofiche / Re:essere e divenire
04 Maggio 2017, 21:30:09 PM
Citazione di: Lou il 04 Maggio 2017, 21:09:17 PM
@sgiombo
sì però è ammissibile pure una certa continuità tra pensiero e realtà e realtà è pensiero, una cesura netta non mi convince.
CitazioneBeh, qui il problema é quello, per me "fondamentalissimo", per l' appunto dei rapporti fra realtà e pensiero, queste due "cose" (ontologicamente) distinte e (ontologicamente e gnoseologicamente) reciprocamente in relazione.
#2700
Tematiche Filosofiche / Re:essere e divenire
04 Maggio 2017, 21:25:04 PM
Citazione di: myfriend il 04 Maggio 2017, 14:18:16 PM
@sgiombo

Perché mai dovrebbe esserci bisogno di altro (preteso necessario) oltre a ciò che di fatto é/accade (preteso contingente)?
Come si dimostra questa affermazione?


Dalla qualità delle domande si deduce tutto.  ;)

Facciamo così.
Prova a guardare un quadro....uno che ti piace. Uno qualunque. Ad esempio "La Gioconda".
L'hai guardato? Bene!
Ora dimostrami che non l'ha dipinto un pittore. Dimostrami che "prima" di quel quadro (e "dietro" quel quadro) non c'è una "mente" che l'ha concepito e disegnato. Dimostrami che quel quadro è il semplice frutto di "ciò che accade da sè" senza che ci sia bisogno di altro.  :D

Se riuscirai a dimostrarmelo, allora possiamo dire che il "contingente" semplicemente accade e non ha bisogno di altro.  :D

La verità è che quando guardiamo un quadro riteniamo del tutto sensato chiederci "chi e cosa c'è dietro quel quadro. Chi l'ha fatto e perchè?".

Quando, invece, guardiamo la "Realtà" pretendiamo di dire che dietro la "Realtà" non c'è  niente e che la Realtà si autodetermina da sola.  :D

CitazioneMa perché mai per dimostrare che non c' è alcun bisogno di altro (preteso necessario) oltre a ciò che di fatto é/accade (preteso contingente), ivi compreso l' accadere della pittura di un quadro (da parte ovviamente di un pittore intenzionato a farlo) dovrei dimostrare che (assurdamente) un quadro potrebbe essersi dipinto da sé ? ! ? ! ? !
 
"Ma mi faccia il piacere!" (Totò)
 
Nella realtà le cause determinano gli effetti (se -cosa indimostrabile! Anche se pochi premi Nobel per la fisica se ne rendono conto- è vera la conoscenza scientifica).



Due modi diversi di pensare che denotano solamente una "scelta ideologica" per supportare una visione del mondo e della Realtà priva di ogni senso (il "nichilismo").
Questa è la tua "fede", sgiombo.

CitazioneNichilista sarà "tua sorella" (in senso metaforico, sia ben chiaro; una tua eventuale sorella reale potrebbe anche essere rispettabilissima e dai forti valori etici ...casomai potrebbe essere immeritata sfortuna l' avere certi parenti)!


Io (invece) ho fede nella ragione e (anche per questo) sono comunista!



Una fede che ti porta a dire che un quadro (il contingente) si è fatto da sè.

CitazioneMolto, molto comodo attribuire agli interlocutori cazzate colossali!


Molto, molto comodo, ma ancor più scorretto!

E ora la domanda: dobbiamo ridere o dobbiamo piangere?  :D

Se c'è una "creazione" (contingente) ci deve necessariamente essere un "creatore" (l'essere immutabile). Perchè questa è la logica che impregna tutto l'universo e ogni cosa che appartiene all'universo (la pianta nasce dal seme, i pianeti nascono da una stella, il quadro nasce da un pittore, un sasso nasce da un pianeta, la materia nasce dall'energia, l'energia nasce dalla Coscienza eterna e immutabile) (Non sono un "creazionista". Il termine "nascere" l'ho usato al posto di "manifestarsi a seguito di una trasformazione"...poichè nell'universo nulla si crea e nulla si distrugge, ma tutto cambia forma). Questa è la logica che pervade tutto l'universo.

CitazioneLogica vorrebbe (se -ammesso e non concesso- fosse rispettata da parte tua) che, prima di trarne qualsiasi deduzione, si dimostrasse che c' è (stata) una creazione della materia, ovvero massa e/o energia (contraddittoriamente al principio di conservazione: nulla si crea, nulla si distrugge!, N.d. R.) e inoltre che esiste una Coscienza eterna e immutabile che genera la materia (energia).



Ma se questa è la logica che pervade tutto l'universo, come puoi sostenere che l'universo nel suo complesso (cioè la "Realtà"...il "contingente") sfugga a questa logica e si è fatto da sè senza bisogno che derivi da qualcos'altro, senza bisogno che ci sia UN altro "dietro le quinte"? Se ogni cosa nell'universo funziona secondo questa legge (creatore e creato) come possiamo sostenere che l'universo stesso, invece, nel suo complesso sfugge a questa logica? Sarebbe piuttosto illogico e bizzarro da un punto di vista puramente filosofico sostenere una simile "fede". Non credi?  :D
Sarebbe come dire che tutti i "contenuti" seguono una stessa logica, ma il "contenitore", nel suo complesso, (che è la somma dei contenuti...cioè non è "altro" rispetto ai contenuti, ma è l'insieme dei contenuti) non segue alcuna logica, ma si è fatto da sè in modo del tutto spontaneo e casuale.
E' una filosofia illogica e bizzarra. Una filosofia così a me fa un po' ridere. E lo dico col massimo rispetto.  :D

CitazioneAppunto, quando mi avrai dimostrato che questa è la logica che pervade tutto l'universo ne riparleremo!


(Fra l' altro nemmeno questo "qualcosaltro" o questo "UN altro", "dietro le quinte", se fosse vero quanto sostieni, potrebbe "essersi fatto da sé", ma esigerebbe "qualcosa o qualcUN altro ancora", a sua volta "dietro ulteriori quinte", in un regresso all' infinito.


Comunque dovresti metterti d' accordo con te stesso:


"Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma in proporzioni definite universali e costati"?


O invece "ogni cosa nell'universo funziona secondo questa legge (creatore e creato)"?
 
Perché l' una cosa esclude logicamente l' altra!


Sarebbe, oltre che del tutto illogico, anche alquanto bizzarro, non credi?


E che mi fa anche ridere.


Anche perché un contenitore è una cosa, dei contenuti sono altre, diverse cose.