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Messaggi - paul11

#271
Citazione di: Lou il 31 Agosto 2020, 18:07:56 PM
Citazione di: Socrate78 il 30 Agosto 2020, 17:16:52 PM
Secondo la filosofia di Nietzsche (vedi l'opera "La nascita della tragedia dallo spirito della musica") la figura di Socrate rappresenta un elemento negativo nello sviluppo della cultura greca, infatti per Nietzsche fu proprio il pensiero socratico a determinare la decadenza di una forma letteraria che il filosofo tedesco apprezzava molto: la tragedia. Tuttavia mi chiedo: qual è il vero motivo per cui Socrate viene visto da Nietzsche in maniera così negativa? In effetti Socrate non faceva altro che voler superare il relativismo dei sofisti affermando che, dietro ai pregiudizi di ogni uomo, si trovava nascosta in ognuno di noi la verità e che quindi era necessario interrogarsi sul bene e sul male, sul giusto e sull'ingiusto per arrivare ad una verità universale. Che cosa c'entra tutto questo con la decadenza della tragedia greca?
La decadenza della tragedia greca è sì, agli occhi di Nietzsche, il decadimento di una " forma letteraria", ma in modo acuto e in forza di ció che le forme artistiche recano in sè, il nostro rintraccia in ció il decadimento di una sapienza intera che caratterizzó gli antichi greci sino a Socrate: la sapienza tragica. Se vogliamo caratterizzare il sapere tragico esso è una forma di conoscenza di tipo estetico ed estatico, che non elimina nè supera le contraddizioni e mantiene, a dirla tutta quella tensione eraclitea tra gli opposti in una unità originaria dove il gioco tra differenza è identità è preservato, dove Apollo non puó vivere senza Dioniso. Il coro dionisiaco si sprigiona e mantiene una pluralità di voci che suonano e disvelano gli abissi di una civiltà che non si sottrae all'assurdo. Dopo Nietzsche i greci non possono più pensarsi come quella civiltà armoniosa, misurata e serena che si è pensata essere. Il dissidio esistenziale non si compone, non si risolve, si svela e l'esperienza estetica lo conosce e lo accetta in tutto il suo orrore.
Ora, da questa primaria introduzione, si puó capire come, Socrate e, principalmente direi che l'antagonista è il Socrate di Platone, che irrompe con un metodo, dialettico per superare logicamente le contraddizioni e arrivare a quella conoscenza razionale che solo da garanzia di virtù e conseguente felicità è una inversione, o meglio una svolta storica, di tutto ció che la tragedia è il suo sapere aveva fatto emergere, non insegnato. L'uomo teoretico è così e l'intellettualismo  etico è a suo modo uno scandalo. Conosco il bene e lo faccio. Davvero?
È una questione morale la conoscenza?
Un daimon che si fa coscienza critica e una coscienza che ascolta un daimon?


Gnosi se auton.
É possibile?


Sono domande.


Forse è questo che avvicina così Nietzsche e Socrate, queste domande.


"Socrate mi è così vicino -lo confesso- che sono quasi sempre in lotta con lui."




Condivido quasi tutto, meno la parte finale, se ho capito.
E' vero che Nietzsche pensa all'estetica fino direi ad una mistica, ma perché i presupposti con il Socrate di Platone sono opposti. La via dialettica, attraverso i dialoghi, è una via razionale.
Platone /Socrate ritiene che l'arte sia immagine e rappresentazione e quindi non verità.
Lo esplica bene in alcuni passi dei dialoghi socratici e verso la fine di "Repubblica".
Se per Nietzsche la vera tragedia inizia e finisce con Eschilo, in quanto gli altri due, Sofocle e infine Euripide lo hanno ormai "annacquata", per Platone/Socrate seppure riconoscano sopratutto nella musica un potere evocativo, l'estetica non può portare alla verità.
Il presupposto di Nietzsche  che esprime bene la sua posizione in "Su verità e menzogna in senso extramorale", è che l'uomo non può pervenire ad una verità, è una illusione, una menzogna.
Se si accetta la sua tesi, significa che semplicemente l'uomo si prende il mondo come si dà, e tutte le strutture culturali che si danno l'attribuzione di razionali, compreso il linguaggio sono vane, poiché prive di qualità veritative. Non resterebbe che accettare la condizione umana di esistere, senza costruirvi strutture linguistiche culturali. E' una tesi a mio parere forte, ma allo stesso tempo ambigua.
Nella struttura filosofica di Platone c'è una distinzione fra ontologia e gnoseologia(conoscenza,  scienza per il tempo di Platone).
E' proprio l'intellezione che sopravanza la sensibilità, il pensiero è superiore ai sensi, tant'è che differenza la dianoia in quando mediano, dalla noesis, in quanto intellezione veritativa.
Platone eredita a sua volta dagli antichi il principio del cosmos, dell'ordine universale, domanda che Nietzsche nemmeno si pone o comunque glissa ambiguamente. Non è possibile accettare la condizione tragica umana, senza chiedersi "un perché"? Tutte le tradizioni sanno che la natura stessa ,compresa quella umana, deriva in qualche modo dal moto cosmologico, e cosmos in greco significa appunto ordine e aletheia svelamento,  verità.
Allora la verità della condizione tragica umana, questo andirivieni di vite e di morti, (tant'è che alla fine di "Repubblica" viene svolto il "mito di Er", è una reincarnazione in cui l'esempio del fuso con anelli concentrici, rappresentano i moti del cosmos dove le Diadi sono svolte dall'Uno) che senso ha? Da cosa,come e perchè "è"?
Quindi, se Nietzsche accetta come veritativa la condizione umana, altrettanto compie Platone per altri versi e in modi anche diversi. Se si accetta la condizione del cosmos, delle regole universali, queste vengono dichiarate come Bene, come Idea del Bene. Se la condizione tragica umana porta ad una mistica dell'estetica, l'altrettanto Idea di un Bene supremo originario , in quanto non può essere che bene ciò che viene generato dal cosmos, ha al proprio interno il significato di morale, la mistica la porta al comportamento virtuoso coerentemente e confacente all'ordine supremo he detta la morale.. E l'Idea di Bene originaria che costruisce la morale. L'estetica non può costruire una morale, può semmai arrivare ad una pietas. E Nietzsche non è vero che crede ad abomini, stermini o comunque dove il forte uccide il debole. Sta al forte avere la pietas verso il debole, ma non è un obbligo morale, una virtù dettata da un Bene originario, rimane una sollecitazione interiore e singolare, individuale, dovrebbe essere una verità intrinseca non al cosmos, ma alla stessa condizione esistenziale umana.
Il cristianesimo originario ebbe entrambe le tesi: un bene supremo rappresentato da Dio e una pietas nel Figlio incarnato nella condizione umana, nella sua tragedia nella passione.
#272
Tematiche Filosofiche / Re:L'ira
10 Giugno 2020, 13:33:35 PM
 Se è vero che le passioni anticamente avevano un signifcato almeno un poco diverso di quanto oggi le intendiamo, rileggendo dopo parecchi anni Platone/ Socrate, mi ha incuriosito come viene interpretata
l'ira.


Nel libro quarto della Repubblica di Platone, Socrate riconosce pulsioni antagoniste nell'anima che provano l'esistenza della facoltà razionale, irascibile e concupiscibile.
Nell'uomo vi è un principio che spinge e un altro che trattiene. La spinta viene dalla passione, il trattenere dalla ragione. L'ira combatte contro il desiderio, come un impulso contro un altro impulso. L'anima irascibile è naturale alleata di quella razionale.
Dice Socrate:
"Non è forse vero che quanto più è di animo nobile, tanto meno risponde con l'ira alla fame, al freddo e a tutte le altre pene dello stesso tipo che gli siano inflitte da colui che a suo parere agisce secondo giustizia, e anzi direi che non vuole neppure che  la sua rabbia accenni a destarsi contro di lui?"
"Passiamo  ora al caso in cui uno è convinto d'aver ricevuto un torto. Non c'è in lui tutto un ribollire, un esacerbarsi, una volontà di combattere a difesa di quello che gli sembra un suo diritto?"


Socrate pone un esempio di Omero nell'Odissea: "Colpendosi il petto con la parola rimproverava il suo cuore". E dice Socrate: "Omero ha rappresentato le due facoltà come se l'una muovesse rimprovero all'altra: quella  che sa giudicare del meglio e del peggio all'altra senza che il lume della ragione si muove all'ira".


A mio parere Socrate interpreta l'ira non come una vera e propria passione, ma direi quasi come una "indignazione" che potrebbe diventare funesta passione o ragione mediata da una virtù: la temperanza.
#273
 Ciao CVC,


sono d'accordo.
Ma ciò che mi interessa del capitalismo sono i suoi fondamenti. E la storia cammina su gambe umane, Quindi è nella natura umana che vanno cercati i postulati.
Le rivoluzioni storiche vanno cercate in "atti morali". Dai capostipiti delle grandi tradizioni: Lao Tzè, Confucio, Buddha, Mosè, Gesù, fino ai Robespierre, ai Gandhi, erano rivoluzionari prima dentro di sé, come personalità interiore.
Persino dei borghesi come Marx ed Engels, o il principe Kropotkin che era anarchico.....ma chi glielo ha fatto fare....se non un atto morale, una rivoluzione di virtù e valori prima nella loro intimità.


Potrebbe significare che il modo convenzionale su cui si reggono le organizzazioni umane è fondato su una "pacificazione ostile", dove a tutti conviene stare in società perché è più sicuro, ma dove nello stesso tempo regna egoismo individuale, di gruppi, associazioni e e tutto tendente a raggiungere le posizioni dominanti.
Il capitalismo più evoluto ha inventato il miraggio della mobilità sociale: far credere anche all'ultimo che può diventare primo.
C' è qualcosa di speranza (una virtù teologale) e di fede( credere in se stessi? Nei figli?) anche in questo, come se anche da ogni virtù e valore possano ambiguamente nascere altri processi mentali, psichici, volti a tutt'altro scopo. L'origine è forse identica, ma gli scopi sono antitetici.
Ma d'altra parte la morale non è naturale, diversamente sarebbe vincente, non sarebbe mai nato lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo. Richiede uno sforzo superiore con la temperanza (altra virtù questa volta socratica) per arginare i piaceri e i desideri, per non essere preda e loro schiavi.


Il capitalismo ha quindi le stesse premesse che la filosofia dà alla tecnica, convola a nozze naturali.
Ciò che originariamente era controllabile, ora nessuno può arrestarle, né il progresso della tecnica che porta ad un delirio di onnipotenza sugli umani stessi e sulla natura ,così come il capitalismo ,che da semplice mercato del baratto, poi del valore d'uso e infine del valore di scambio con tanto di moneta e di nuove figure intermediarie, ci ha portato ad esserne individualmente, supini: come se tecnica e capitalismo avessero una loro propria volontà. Lo trovo paradossale ,se sono riuscito a farmi capire.


L'uomo da sempre ha paura e timori verso qualcosa. Ha inventato il "controllo" per capire i fenomeni naturali nell'antichità dentro un sistema per certi versi ancestrale.
Noi non abbiamo più il controllo sulla tecnica e capitalismo, neppure i ricercatori, scienziati, economisti e gli stessi capitalisti...avanti, avanti, andare avanti.....perché chi si ferma è perduto.
Assurdo.
#274
 Ciao Green,
e chi crede nel progresso morale dell'uomo? Nemmeno le religioni ci credono avendo parusie ed escatologie come quella cristiana.


Ritengo che il fallimento marxista vada cercato nella sfera del piacere e del desiderio umano :questo è il vero segreto umano per cui anche il comunista se vince la lotteria diventa il peggior padrone..
E' sempre più potente l'uovo oggi che la gallina domani. Si piglia il denaro e si abbandonano le idee. Ogni cosa ha un prezzo.
E' la concupiscenza . Per questo credo nella morale; oggi è una scelta di vita.


Sicuramente l'ebraismo ha dato una mano al capitalismo . Un dio che promette e patteggia con la propria sacralità in cambio di ricchezze, e questo lo dice il Vecchio Testamento che  è ebreo, significa in qual modo giustificare il più "meritevole" come quello "più vicino a dio". Non è così nel cristianesimo originario .Il problema giuridico nasce dal diritto romano con quello canonico.
Si focalizza sulla proprietà privata e sulla successione ereditaria. Questi due concetti sono il puntello di ogni forma di originario futuro capitalista, nobile o borghese che fosse.
Il protestantesimo con le sue derivazioni come il puritanesimo  e il calvinismo inglese, sono le altre basi del futuro capitalismo a venire e da qui nascono i futuri pensatori economici.
Perché hanno basi più materiali come l'ebraismo che non il cattolicesimo latino che è più trascendente.


La politica non è mai morta, come penso anche  la filosofia
#275
 Il cosiddetto capitalismo fiorisce e si evolve fra due concetti politici e dialettici fra loro: libertà individuale e sicurezza da parte dello Stato: si è visto nel 2001 con l'attentato alle torri gemelle e lo si vede oggi con il covid-19. Questa dialettica ,fra libertà e sicurezza, fu fondamento dell'idea politica liberale.
E' dialettica, perché senza sicurezza da parte dello Stato non può vigere la libertà; ma nello stesso tempo una maggiore sicurezza rende costrittiva l'azione della libertà. Perchè la sicurezza essendo una protezione limita la libertà. Questa è la natura contraddittoria nella dialettica fra statalismo e liberalismo individuale.
Il liberismo ,come concetto economico, si insinua storicamente dentro il pensiero politico liberale.
Lo fa con gli scozzesi dalla prima ora, A. Smith, lo fa la scuola austriaca marginalista,  lo fa la scuola di Chicago con Milton Friendman consigliere economico di Regan, secondo cui la libertà economica è il presupposto della libertà politica,culturale,creativa.


Ci sono pensieri sociologici che dicono che il pluralismo  di centri di potere indipendenti dal potere politico, controbilanciano quello politico statale.


Ci sono altrettanti tesi giuridiche secondo cui  il governo della legge sostituisce il governo degli uomini


Un'altra variante è la tesi dei frazionamenti dei poteri  che dovrebbe limitare il potere politico.


E' altrettanto chiaro che tutti questi pensieri succintamente elencati si incrociano fra loro trasversalmente.
Ma possiamo come in filosofia, distinguere in due i filoni culturali: uno anglosassone e l'altro continentale europeo. E se avete notato i comportamenti su come affrontare il covid-19 da parte degli USA e della Gran Bretagna sono accomunati e diversi da quelli europei, così come lo smarcamento svedese e di come l'Olanda fosse ostica alla solidarietà europea sui debiti pubblici.
I paesi nordici, come Olanda e Svezia, seguono lo "spirito" anglosassone.


Lo scenario che già stiamo assistendo è multipolare politicamente e potrà condizionare lo scacchiere internazionale anche sul piano economico. Gli USA stanno decadendo, e anche la loro popolazione lo hanno capito, come i loro migliori strateghi ,a favore della Cina.
Gli europei sanno di trovarsi in mezzo e il contratto/accordo è fra la posizione francese e tedesca che sono interlocutorie anche rispetto ad un altra potenza: la Russia di Putin .


A mio parere stiamo entrando in una nuova fase di "evoluzione" capitalista: green, sostenibile che già muove enormi capitali di investimento in parecchi settori di punta dell'Hi-Tech e francamente è difficile capire, in questa fase di emergenza di "potere d'eccezione" creato dal covid-19 dove i PIL si inabisseranno con forti debiti pubblici soprattutto da parte di chi non era preparato strutturalmente e con le infrastrutture (come l'Italia...sic).


Quando recentemente sul "Wall Stree Journal", un  vecchia volpe come H.Kissinger scrive che alla fine della crisi molte istituzioni saranno percepite come fallite e che nessuna potenza, nemmeno gli Stati Uniti può vincere una pandemia con uno sforzo solo nazionale...............


Penso che la storia si rappresenti  per cicli e per linearità: cicli di egemonie geopolticoeconomiche, linearità dell'evoluzione tecnica(che non coincide necessariamente con quella umana che per me rimane morale).Stiamo assistendo alla fine lenta del ciclo statunitense, e se includiamo quello inglese, diremmo anglosassone e mi trovo d'accordo con le analisi di Max Weber sull'indole diversa fra protestantesimo calvinismo rispetto ai latini, ci sono radici culturali e motivazioni diverse che hanno inciso sul modo di colonizzare, sul modo di pensare e fare economia, sul modo di agire nel diritto e nella politica.
Quindi quella contrapposizione anglosassone versus continentale europea si sta spostando verso l'asse orientale e penso che ancora una volta l'Europa sarà centrale nello scontro fra USA  e Cina.
Bisognerebbe capire bene a sua volta l'indole cinese, la sua antichissima cultura passata fra taoismo e confucianesimo, fra comunismo e un capitalismo misto centralizzato come agirà con interlocutori globali, come e cosa intende il bilancio mondiale economico politico, quale cultura economica saprà sviluppare. In questo bilancio globale l'asse europeo è decisivo e Macron infatti ha proposto che i cinque Paesi a fondamento del consiglio di sicurezza dell' ONU siano equiparati per l'ordine globale: è un'apertura verso Mosca e Pechino . Perché intuisce che l'asse strategico  passa per l'Europa. I tedeschi che sono in parte legati alla cultura anglo americana, ma consapevoli da secoli di essere una potenza nonostante il passaggio falso nazista, si pongono ancora come asse della bilancia interna all'Europa: senza di loro è impossibile agire come Europa.


Il capitalismo ha necessità di accordi transnazionali per agire come con il WTO e poi la globalizzazione con la caduta del muro di Berlino. Gli accordi strategici plenipotenziari, di esportazioni in cambio di protezionismi armati , vedi il caso turco che agisce geo politicamente pur essendo nella NATO, mostrano che la politica semina e il capitalismo raccoglie in funzione di di un ordine strategico globale che è in continuo movimento.


Penso che la sede decisionale  politica stia tornando ad essere importante, perché la globalizzazione come lo abbiamo conosciuta sino ad ora, cambierà in qualcosa e con essa il capitalismo.
#276
Tematiche Filosofiche / Re:Morale e libero arbitrio
28 Maggio 2020, 11:41:53 AM
 Ciao Green,
a scanso di equivoci, avendo letto tutti i dialoghi socratici ed essendo arrivato alla "Repubblica" di Platone, dove Socrate enuclea le quattro virtù che dovrebbero sorreggere il rapporto popolo e Città (Atene), ciò che emerge è semmai il carattere molto "empirico" ,terra-terra e poco o niente iperuranio come certa critica  ha voluto fare.
Infatti i sofisti come Zenone(non quello della scuola eleatica di Parmenide) e Crisippo furono grandissimi estimatori di Socrate ed erano assai "empirici" e molto meno metafisici.


I ragionamenti di Socrate sono di tipo osservativo e riflessivo su come le persone e la città vive, cercando di capire attraverso i dialoghi cosa e come determina comportamenti atti a costruire soddisfazione, giustizia nelle persone e nella città. Vede che le persone "stanno bene", così come la città, quando le virtù prevalgono sui vizi. Se vuoi Socrate individua le virtù nell'anima e i vizi nel corpo fisico, questo può essere metafisico.


Il Teeteto è un dialogo sulla scienza.


Nelle virtù ebraiche vi sono anche quelle socratiche.
Per almeno completare un poco aggiungerei quelle del cristianesimo:
4 cardinali: prudenza, giustizia,fortezza, temperanza (molto simile a quelle socratiche)
3 teologali: fede, speranza, carità


Le virtù teologali non possono essere date solo per sforzo umano,come quelle cardinali,
bensì per grazia divina.
#277
Citazione di: Lou il 26 Maggio 2020, 18:06:23 PM
Citazione di: Jacopus il 25 Maggio 2020, 22:30:25 PM
Lou. Lo stato etico di solito si contrappone allo stato liberale, perchè presuppone che abbia il compito di tutore dell'etica e della morale, mentre lo stato liberale ritiene che ogni considerazione morale (etica direbbe Viator) debba risolversi nella sfera individuale. Per lo stato liberale l'etica entra nella vita associata e quindi nello stato, solo attraverso le norme, tutte egualmente valide se promulgate seguendo la procedura corretta.
Infatti, una altra contrapposizione è quella fra stato etico e stato di diritto. Gli eccessi fanno male, e quello che volevo sottolineare è che lo stato di diritto non necessariamente è quello più giusto, solo perchè le leggi sono promulgate correttamente. Dipende dalle leggi promulgate.
Al contrario uno stato etico rischia di abusare della sua posizione di potere e infischiarsene delle leggi, come è accaduto negli stati etici più esemplari, quelli totalitari di destra e sinistra. In questi stati il diritto aveva sempre una doppia struttura, quella scritta, e quella "etica", a cui ci si poteva rifare per i "superiori fini dello stato".
Questo teoricamente. Nella pratica la distinzione è molto più sfumata. Tutti i più tenaci sistemi liberali avranno anche una componente etica e viceversa. Basti pensare alla nostra costituzione, un vero giacimento di comandi etici a cui teoricamente la legge dovrebbe piegarsi.
Ma nella linea politica generale, l'etica in politica è diventata sempre più una sorta di "prodotto" da consumare o da offrire ai consumatori/elettori, che si reputano gli ultimi decisori anche in fatto di etica. Questo sarebbe un bene in una società dove tutti gli elettori fossero competenti, istruiti, critici e diventa un male dove questo non accade, perchè in questo caso le manipolazioni permettono lo stravolgimento delle forze in campo e tutta una serie di strategie strumentali che non fanno altro che accrescere le differenze e le disuguaglianze.
Quello che è accaduto con la pandemia, è che si è insinuata l'idea che lo stato possa imporre dei comportamenti per il "bene" dei cittadini.
Bisogna sempre preoccuparsi se qualcuno fa qualcosa per il bene di qualcun altro. Ma l'altro estremo è "crepa pure nella RSA perchè la legge regionale ha privatizzato la sanità" oppure "crepa pure sul ponte crollato, perchè il controllo fissato dalla legge ha stabilito la solidità del ponte".
In sintesi, in altri momenti storici era importante difendere la libertà, minacciata da stati etici autoritari e sanguinari. In questo momento storico forse occorre riscoprire il senso dello stato etico, perchè la libertà portata agli estremi delle tesi neoliberiste è solo la libertà dei padroni. Padroni, tra l'altro che non esiterebbero neppure un secondo a schierarsi ancora una volta con uno stato "etico" a loro favorevole, se le cose dovessero volgere al peggio.
Sono molti i punti che hai toccato.
Se per stato etico intendiamo quello stato in cui il singolo soggetto, nome e cognome, è sacrificabile in nome del sistema, come dimostrano gli abomini del secolo scorso, e che sono i cittadini ad essere in funzione dello stato e non lo stato in funzione dei cittadini, ecco io lo rifiuto.
Detto ciò, le tesi neoliberiste sono criticabili, ma non puó essere in alcun modo, almeno per me, la soluzione di riscoprire uno stato etico  -poi in quale sessione? Platonica, Hobbsiana, hegeliana e/o altre e/o inedite? - mi mette la pelle d'oca.


...forse allora è bene inserire ancora G.Agamben con un correlato rispetto all' homo sacer che derivava dai concetti di zoè e bios. Iniziamo dicendo che l'homo sacer era considerato fuori da ogni giurisdizione e in quanto non appartenete più a niente, era uccidibile e paradossalmente forse diventa "sacro". Il correlato moderno nasce dal pensiero del famoso giurista,filosofo Carl Schmitt : lo stato di eccezione. Diciamo subito che Schmitt appartenne al movimento nazionalsocialista tedesco, tanto per capirci quello di Hitler.
Dallo studio fra i concetti di  legalità e legittimità , nasceva l'esigenza in particolari momenti, come guerre, appunto epidemie e aggiungerei crisi economiche, la sovranità (governi, presidenti,ecc.), appunto per "stato di eccezione", di svincolarsi da ogni relazione formale dello Stato e di poter quindi imporre la sua volontà.


Allora siamo al punto: quanti stati di eccezione nei momenti più critici: governo Monti che nasce in tre minuti "sopra la testa del popolo", per volere del presidente Napolitano; bolle economiche con decreti "salvabanche", epidemie, pandemie........se siamo accorti (così come fra mucche pazze, influenza aviaria, il primo Sars, il secondo Mers, ed ora il Covid-19,...siamo in un eterno stato di emergenza che implica lo stato di eccezione con colpi di mano. Ad esempio questo governo( chiarisco che non ho intenzione di colpevolizzare nessuno, mi interessa sottolineare il concetto di eccezione) con colpi di decreti, saltando i passaggi parlamentari, di fatto promulga uno stato di eccezione.


Attenzione allora e lo ribadisco, alle formule statiche: democrazia, libertà, stato etico.
Perché le dinamiche ormai pongono volutamente o no, i governi a soprassedere alla cosiddetta "volontà popolare", per imporre per stato di emergenza quello stato di eccezione in cui i poteri costituiti possono saltare a piè pari lo stato di diritto. Per imporre "la propria volontà" svincolata dall'assenso  o meno del popolo.


E finisco riflettendo: quell'homo sacer latino antico non è forse accomunabile all'appestato antico,
e un poco all'epidemico contemporaneo?
Deve stare fuori dalla comunità, fuori dalla socialità, quasi in stato di "interdizione giuridica", perché come un criminale può uccidere(certo involontariamente.....ma non proprio se sa di essere un potenziale contagiatore e quindi avrebbe delle responsabilità giuridiche.....) ha lo stesso effetto infatti ,anche se per cause diverse.
E' un vivere in sospensione, non essere più parte di niente........
Oggi siamo nel doppio "stato di eccezione" per l'emergenza  il covid-19 più quello economico.
E sarà pesante....
#278
Citazione di: Ipazia il 26 Maggio 2020, 06:36:00 AM
Mi sa che è sfuggito a Paul11 il concetto di "alienazione" di Marx che si estende dall'espropriazione (privatizzandole) delle risorse, a quella del tempo di vita dell'operaio salariato fino a quella della polis divenuta agenzia privata d'affari della borghesia.

Concetto di alienazione che investe anche le sovrastrutture ideologiche di propaganda (media) e di episteme ufficiale (la scienza del capitale).

Cui è seguita una messe infinita di produzione marxista che ha investito tutte le scienze umane inclusa la filosofia marxista: teoresi che la globalizzazione economica e l'uso capitalistico della tecnoscienza continua ad alimentare incessantemente (tra cui Agamben...)

Come diceva un saggio: "scherza coi fanti, ma ..."


Ciao Ipazia
Se allarghi così tanto  il concetto di alienazione rischi di comprenderne anche.....i capitalisti stessi che sono alienati in un altro modo. Così che troverebbero giustificazioni al loro modo di essere; basta leggersi alcuni passi di A. Smith che in sintesi dice che in fondo il proprietario dando da lavoro e quindi sostentamento a persone umili, compie un ruolo sociale.
Ci sono persone, e sono tante, che hanno necessità che qualcuno li sovraintenda.
Questa è una giustificazione "forte" della divisone sociale delle ricchezze, che è meritocratica.
Non vorrei essere frainteso, non è che che condivida la tesi capitalista, ma non è con "slogan"  che si cambiano le culture.
Marx la sua parte in fondo lo ha fatta: ha smascherato lo sfruttamento economico per primo introducendo il plusvalore. Manca tutta l'analisi giuridica che permise di scambiare e fondersi l'antica nobiltà con l'alta borghesia, mantenendo i privilegi negli Stati moderni.
Non sarà con alcuna rivoluzione o lotta che muterà la condizione di alienazione fra la fabbrica comunista o capitalista, non basta dipingere le bandier di rosso, fin quando sussisteranno condizioni nella teoria politica dello Stato e dal punto di vista pratico di come il popolo interagisce con le strutture giuridiche. Oggi è inerme e imbelle, come nelle strutture a suo tempo comuniste con le loro nomenklature e privilegi di partito.
#279
 Ciao Jacopus,


(Quì lascio da parte la divisone di significato fra morale ed etica e li coniugo come sinonimi, per non creare problemi interpretativi).
Penso che saprai che lo stato etico man mano che si è passati dalla modernità alla contemporaneità, è aborrito, a favore dello stato di diritto. E anche qui ci vorrebbe....un volume, non un forum.
I diritti sociali e individuali sono diventati fonte di negoziazione/conflitto nello stato di diritto moderno.. lo Stato diventa il mediatore di forze elettoralistiche,  tendo presente i capisaldi costituzionali, per non mandare i deriva l'intero sistema che diventerebbe un coacervo individualistico e di lobby.... E forse ,dico io, siamo già in deriva da anni.


Ma qui voglio richiamare quanto ha scritto Green nell'altra discussione citata sopra :
citaz, Green
E' sempre la tematica di Agamben tra zoe (corpo naturale) e bios (corpo vivente).


Spero che anche Green lo legga ,perché Agamben coglie un problema antico quanto il diritto romano, anzi addirittura dalla peste in Atene, quando si divise il significato filosofico di vita ZOE' che è l'essenza della vita, la "nuda vita" , dal BIOS  che riguarda più il "COME"  si esprime la vita, la vita come la viviamo.
Ora quando la sovranità dentro una democrazia repubblicana indica che per "salute pubblica" può limitare fino a sanzionare i cittadini, mi chiedo :"con quale diritto una sovranità che si definisce democratica e popolare, decide cosa sia la SALUTE, prima ancora che sia pubblica o privata?"
Le misure adottate sono funzionali al rapporto fra popolazioni nel territorio e ricezione possibile dentro gli ospedali dei malati, dopo la distruzione della sanità pubblica che fino a qualche mese prima era chiamata "malasanità" e poi "beatificazione...." Ma è solo un breve accenno per non uscire da quanto vorrei esprimere.
Qui parliamo di vita da salvare la Zoè, adottando costrizioni all'altra definizione di vita Bios, il come ogni singolo individuo decide, sceglie di voler essere e fare.
Non è un caso che la stessa natura del problema la troviamo nelle manipolazioni genetiche, nelle fecondazioni assistite, nell'eutanasia, nell'aborto ( a suo tempo), nelle staminali.
Lo Stato si appropria della nuda vita per condizionare la vita stessa. E' qualcosa di più del problema dello stato etico......e ben pochi se ne sono accorti.
Uno stato etico dovrebbe avere dei capisaldi costituzionali con delle virtù, non con "slogan" e nello stesso tempo, affinché il potere sovrano non diventi dispotico imponendo una "sua "morale sopra i diritti sociali e individuali, accettare il processo dialettico interno della polis, nell'agone politico.
E' accaduto che i valori sono diventati "slogan" retorici e  pubblicitari e le istituzioni intanto con i riformismi imposti dai poteri forti a colpi di accetta con i ricatti economici finanziari, impongono  una vita sociale che ovviamente condiziona quella individuale, fuori da ogni etica(morale), fuori da ogni valore che rimangono lì appese come bandiere  da sbandierare, simboli privi di concretezza, appunto slogan.
Il capitalismo,  non poteva che alzare le vele nell'esaltazione della libertà a scapito della morale(etica) nella rivoluzione borghese illuministica del 1789 e qualche anno dopo con lo scozzese A. Smith che formula il caposaldo delle scienze economiche  " Sul principio della ricchezza delle nazioni ". L'esaltazione della libertà non è mai stata intesa socialmente, ma come privilegio individuale. I Lloyds e le Compagnie delle indie ricattarono la sovrana londinese, dicendo che il rischio dell'impresa ( e ricordo che nelle scienze economiche il rischio è l'utile dei dividendi nelle società di capitali, definito anche come tornaconto imprenditoriale) portava nelle casse della sovrana tante sterline, per cui la sovrnana doveva in cambio dare un privilegio. Inventarono la società di capitali privata che giuridicamente divide il patrimonio societario dal patrimonio privato individuale, per cui ,come oggi, in caso di fallimento i creditori possono richiedere solo il risarcimento sul patrimonio societario non su quello privato individuale. Questo concetto è sfuggito praticamente a tutti, compreso Marx, compreso il pensiero socialista.
Ciò ha permesso che la nobiltà si riciclasse nei capitali societari borghesi e che i borghesi prendessero dei privilegi dalla vecchia nobiltà. Tutto in nome della libertà.
Indovinate chi ci ha perso?


La vera rivoluzione sarebbe la fine della società di capitali che furono chiamate anche società anonime, la fine della divisione fra diritto pubblico e diritto privato.
Troppi politicanti e ideologhi non hanno capito che dentro le gabole delle scienze giuridiche sta la grande fregatura
#280
Tematiche Filosofiche / Re:Morale e libero arbitrio
25 Maggio 2020, 21:51:32 PM

Apeiron,
Citazione
@giopap,il problema che vedo io nella descrizione delle 'qualità' è che esse rappresentano una 'tendenza' ad agire, secondo me.

Facendo una analogia, se ho due dadi 'truccati' in modo che uno cada sul numero N il 95% delle volte e l'altro sul numero M il 95% delle volte, dirò che lo fanno per cause 'interne' ad essi. Ovvero, spiegherò la tendenza di uno o dell'altro postulando una certa 'variabile nascosta', ovvero una caratteristica interna ad essi, che possa spiegare tali comportamenti (ovviamente queste 'caratteristiche' sono diverse nei due casi).

Posso pensare che due persone 'tendono' a comportarsi in modo diverso. Magari una tende a comportarsi in modo più 'virtuoso' mentre un'altra tende a comportarsi più facilmente in modo opposto. Possiamo pensare che queste 'qualità morali' siano in qualche modo analoghe alle 'variabili nascoste' dell'esempio dei dadi. Ovvero possiamo postulare che esse sono dovute a cause 'interne', a caratteristiche interne ecc. D'altra parte, però, queste rimangono pur sempre 'tendenze' (che possono cambiare) e non penso che sia sufficiente basarsi su tali 'tendenze' per 'fondare' la 'responsabilità'.

Personalmente, infatti, credo che una azione su cui possiamo davvero parlare di 'responsabilità'* non sia qualcosa che date determinate condizioni interne ed esterne sia inevitabile. Credo che comunque serva una qualche 'autonomia'. Autonomia chiaramente limitata, ma che riesce (in parte) anche a far compiere azioni che possano andare (nel bene o nel male) anche contro le 'tendenze' più radicate (magari portando eventualmente ad una modifica anche parziali di tali 'tendenze'...).
*Si badi bene che NON voglio affermare che, per esempio, un sistema filosofico deterministico non possa contenere al suo interno determinati aspetti etici (vedi per esempio Spinoza, filosofo secondo me molto profondo... col quale però dissento).
Citazione



Concordo e ha parecchia importanza nel giudizio delle scienze forensi e giuridiche.
Quando dicano che una persona è "legalmente interdetta" necessita o di un curatore o di una patria potestà, in quanto la firma dell'interdetto non vale nulla. E' ritenuto privo di una volontà responsabile.
Altro aspetto inerente sono gli avvocati che chiedono pene inferiori in processo per il loro cliente, "in quanto incapace di intendere e di volere" durante ad esempio un atto criminoso.
Significa che il livello di responsabilità, che è anche formulabile come "conseguenza di un'azione",si abbassa tanto più si abbassa la consapevolezza in un momento di ira, di pulsioni psichiche schizofreniche ,psicopatiche, ecc.
Si è arrivato, e questo a mio parere è pericoloso, a stabilire che gli alleli genetici (utilizzate un motore di ricerca con : "alleli genetici sentenze tribunale") sono quella tendenza da te descritta.
#281
Tematiche Filosofiche / Re:Morale e libero arbitrio
25 Maggio 2020, 12:28:27 PM
Citazione di: green demetr il 25 Maggio 2020, 00:53:24 AM

x paul

D'altronde Paul stai parlando del passaggio dalla civilità agricola ancora strettamente costretta alla natura, ossia dalla campagna, alla civilità del sacrificio, ossia alla civiltà del senso dell'esistenza, ossia alla città.


E' sempre la tematica di Agamben tra zoe (corpo naturale) e bios (corpo vivente).


Portando la questione nel campo del novecento, la crisi europea è come se germinasse, meglio verminasse, da quell'incredibile errore, di considerare il senso della vita, una verità.
A questa verità presunta, si aggiunse fino dall'antichità, quello che Agamben chiama il mistero del sacro.
Ossia la sacralità avviene per una sanzione che precede la colpa.
Leggendo il suo ultimo libro, primo dell'istant book sul corona virus dico, ovvero Karman, leggo che coincide con la giurisprudenza classica del Kelsen dove si distingue norme primarie e norme secondarie. Sono solo le norme secondarie, ossia quelle che a buon senso dovrebbero arrivare dopo a dare un senso alle prime.
E' dunque la teoria delle seconde, ossia le sanzioni, a decidere sulla prassi delle prime, ossia le colpe.
Che traducendo dal platonico diventa a mio parere che la giustizia anticipa l'etica, e che l'etica viene prima della morale.
Lo stato dell'arte del pensiero è totalmente avviluppata su questa demenza.
Perchè è ovvio che la morale dovrebbe convertirsi in una etica e l'etica in una giustizia.
E cioè la morale andrebbe decostruita (come Nietzche saggiamente consigliava).
Il punto è che a quel punto non ci siamo mai arrivati.
E la continua sanzione si è arricchita del potere tecnico di poterla implementare, si è passati così dalla spada alle armi nuclerai.
Fino alla guerra delle armi biochimiche. Perchè fin dall'inizio l'obiettivo era quello.
Il nichilismo è non solo l'evacuazione del pensiero, ma proprio della carne viva delle persone (della zoe).
Ecco che allora magari un riflessione sulle 4 virtù di socrate servirebbe, io però non me le ricordo  :P .
Ovviamente dovresti aprire un 3d sul senso della giustizia di Platone, così aiuti pure noi a ricordare qualcosina.
NB
Dai ti sto rivitalizzando il buon Platone! (un fascista per me insopportabile da sempre  ;) )


saluti


Ciao Green,
lo studio sull'antichità in me nacque dal fatto che se si vuol capire come e perché si è
nella società attuale, come pensiero, come comportamenti, è necessario capire da dove arriviamo e dove vi sono le contraddizioni. In filosofia è addirittura necessario, perché quasi tutti i filosofi moderni si rifanno o per lode o per critica al pensiero di qualche filosofo antico.


Discutere di morale e libertà in questo forum è comunque limitativo, data la complessità che questi due concetti si portano dietro.


Se non è chiaro il concetto di "bene" è inutile qualunque morale.
In Genesi è scritto che Dio creò l'universo e alla fine disse che era "bene".
La cultura vedica indiana ha costruito gli Yuga,i cicli celesti e storici, prima delle spiritualità.
Le spiritualità e le religioni devono prima di tutto sancire cosa significa "bene".
E il "bene" è anche dentro gli Stati moderni, almeno come vestigia retorica.


Il mio personale giudizio su Socrate è che la sua esigenza umana è potente, ma è debole come costruzione filosofica.. Su Platone devo completarlo per dare un giudizio.


Non si parla di libertà , ma neppure di morale nel mondo greco, non così espressamente come si fa dalla modernità ad oggi. Perché derivavano dai "massimi sistemi".
E' la religione cristiana che apre alla libertà e sembrerebbe paradossale, visto che una regione per antonomasia è morale necessariamente.
Se Socrate indica la via virtuosa affinché ciascun cittadino sia soddisfatto di essere governato da una società, da una Città giusta, quindi un soddisfatto cittadino è possibile se anche la Città è soddisfatta dai suoi cittadini, la cristianità apre alla libertà perché è possibile che un uomo possa scegliere il bene e il male,  il probo e il criminale. E' una indicazione assai importante non solo dal punto di vista religioso, ma anche sociale.


La sacralità è il "bene" ed è l'universo stesso per così come è. Perché non abbiamo scelta di mutarlo, per questo indicavo come "determinismo" ciò che è inviolabile, fonte di vita stessa per la nostra esistenza. Noi possiamo pensare altrimenti, pensare ad universi e mondi diversi, ma non possiamo modificare regole e ordini che sono anche le grandi leggi scientifiche dei massimi sistemi moderni , possiamo agire in alcuni "spazi" rispetto alle leggi fisiche e naturali, ma possiamo agire molto nelle organizzazioni umane, intese come artificio umano e quindi nato dal pensiero umano e agito.


Socrate intende la giustizia come una virtù e quindi è interna alla morale e l'etica non è prima della morale.
Ma questo non avviene storicamente nemmeno nelle scienze giuridiche.
Non sono gli usi e costumi che costruiscono morali e legislazioni , è esattamente l'opposto.
Fu dal F.Barbarossa in età comunale che inserì gli usi e costumi nelle legislazioni.
Addirittura, visto che citi Kelsen, nei primi del Novecento i giuristi teorizzarono che "Sono le legislazioni che costruiscono il popolo"....e nella pratica hanno perfettamente ragione, perché sono le leggi che definiscono gli spazi di azione e se le leggi, dico io, non sono ispirate ai principi morali, e ridico io che infatti non lo sono più, significa che gruppi sociali, ruoli, professioni, diventano corporazioni che negoziano con il legislatore i propri privilegi a scapito del "bene" comune che dovrebbe rappresentare lo Stato.
Il mio giudizio sull'attuale stato dell'arte del sistema di pensiero e azione contemporaneo, nato nella modernità, è che non vi è morale condivisa, vi è educazione personale, vige quindi non l'etica, ma infinite etiche di gruppi sociali, etiche aziendali, etiche come privacy, etiche capitalistiche, etiche sindacali........comportamenti dove il "bene" e la morale sono scomparsi come concetti fondativi e identitari di un popolo e nazione, e dove ogni gruppo sociale anche trasversalmente, agisce con lo Stato negoziando . La morale è finita e si utilizza il nuovo vocabolario: utile, conveniente, funzionale.
La morale, la stessa giustizia che ne è parte deve essere prima di tutto pensiero, perché è ciò che determina prima ancora che agisca un comportamento.


E qui mi sovviene una differenza sostanziale fra il pensiero antico e quello moderno.
La morale nel pensiero antico è nel "reale", nella modernità il reale viene sostituito dal soggettivo, per cui diventa psicologia e finisce per attuarsi nel solipsismo, perché è impossibile trovare due umani identici. La modernità esalta le differenze, perché ha perso le identità antiche che erano i fondativi filosofici .
La libertà nella modernità agisce in contrapposizione alla morale, tanto più la morale viene mortificata, tanto più la libertà viene esaltata. Si perde l'una per acquisirne un 'altra.
Se questo è vero significa che morale e libertà non sono della stessa natura, che la libertà non è una virtù....è qualcosa d'altro.
#282
Tematiche Filosofiche / Re:Morale e libero arbitrio
22 Maggio 2020, 23:19:57 PM
Citazione di: Ipazia il 22 Maggio 2020, 16:27:44 PM
Vedo che Paul11 sposa la semantica etica/morale di viator contro la filologia ed Hegel. Mi viene da chiedermi se sotto questa apparente disputa semantica non vi sia qualcosa di più sostanziale, ontologico, tipo il voler anteporre un qualche tipo di morale (un nomos trascendente ?) all'ethos.



Non mi pare che Viator pensi le stesse definizioni date dalle mie.
La morale è sintassi prima di essere semantica. Senza sintassi è fondata sul nulla. per questo ha necessità di una filosofia, o di una sacra scrittura.


Spiegami la filologia (quale filologia?) che dichiara l'opposto


Ho impiegato un anno a studiarmi Fenomenologia dello spirito di Hegel?
Secondo  te come arriverebbe allo spirito Hegel?


Cosa significa "anteporre una morale"? Secondo te come vengono costruite le legislazioni, che cosa le ispira?




Citazione di: Ipazia il 22 Maggio 2020, 22:07:22 PM[/size]
Invece io perseguo la terza via della libertà possibile e della sua correlazione con la morale, laddove si pongano delle scelte di vita tra varie opzioni. Questo livello di libertà è alla nostra portata ed a questo livello del reale antropologico si gioca la partita etico/morale con le aperture e le chiusure del contesto storico ed esistenziale in cui essa avviene. 
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condivisibile
#283
Tematiche Filosofiche / Re:Morale e libero arbitrio
22 Maggio 2020, 14:17:19 PM
 In origine la morale non era la conseguenza di un'azione che essendo pratica sarebbe da ascrivere nell'etica: se l'etica è intesa come comportamento pratico.
La morale inizialmente era da ascrivere ai principi fondativi di una filosofia che dopo l'osservazione del cielo e della terra, del mondo fisico e naturale che appariva con un loro ordine intrinseco e
armonico fra loro dichiarava come sarebbe dovuta essere anche la società umana. Questa armonia era il bene, in quanto donava alla vita umana la possibilità di sussistere.


Il secondo passaggio morale sono le virtù che diverranno nella modernità principi di valori, importanti nelle Costituzioni degli Stati moderni .
Basta studiare i primi libri della Repubblica di Platone dove Socrate dichiara quattro virtù fondamentali per la costruzione della Città(Atene) di uno Stato.


La libertà, e questa è la mia posizione personale, aumenta man mano che l'uomo si svincola dalla natura e costruisce l'artificio organizzativo che nella pratica si esplica appunto nella costruzione sociale delle Città, degli Stati, ricalcando proprio quella repubblica di Platone, ma con un pensiero diverso, moderno e contemporaneo.
Le Città umane sono tanto più artificio del pensiero e pratica umana quanto meno natura vi domina.
Un atto di volontà libera perturba gli eventi anche naturali e fisici, in quanto l'uomo può costruire e plasmare a suo scopo fisica e natura, seppur da esso venga comunque dominato, in quanto l'uomo non può svincolarsi dagli ordini fisici e naturali che dichiarano le condizioni di vita. Questi vincoli fisico e naturali e quegli svincoli culturali, definiscono i gradi di libertà in cui l'uomo può agire secondo volontà.
L'urbanistica, quanto le  Costituzioni, seguono dei "piani" umani e per nulla naturali ,fuoriescono dalla natura  per essere invece cultura .


La Legge deve rispondere alle Costituzioni che dichiarano i principi dei valori identificativi di un popolo . Quindi ha una sua ispirazione morale se non vuole essere anti costituzionale.  I comportamenti , la legalità, la licealità, è lo spazio dei comportamenti che la Legge la scia libera per l'azione umana: questa è l'etica. La morale è teoretica, l'etica è pratica. Dalle virtù, valori, morali nascono le legislazioni e le etiche sono le pratiche comportamentali .


Se il DNA vincola il vegetale e l'animale, la morale educa gli istinti nella temperanza (una delle virtù socratiche), vale  a dire che la cultura umana decide se è congruo, armonico, quindi buono e giusto, comportasi in una data maniera. Se il codice della vita,il DNA, condiziona l'essere vivente, il codex legislativo umano in qualche modo interagisce fra natura e cultura.
#284

ciao Aperion,


citaz. Jung
Fu il primo a parlare della sofferenza del mondo, che ci circonda visibilmente e palesemente, e della confusione, della passione, del male - tutte quelle cose che gli [altri filosofi] difficilmente sembravano notare e cercarono sempre di risolvere in un'armonia e in una comprensibilità onnicomprensive. Qui finalmente c'era un filosofo che ha avuto il coraggio di vedere che tutto non era per il meglio nei fondamenti dell'universo.
[Ricordi, Sogni, Riflessioni,Libri D'epoca, 1961, p. 69] 


Non conosco a quale tempo Jung faccia riferimento. Non mi sembra che almeno da parte filosofica non si siano trattati praticamente da sempre le tematiche indicate. Le religioni addirittura hanno codificato la dicotomia fra imperfezione e perfezione.


Quindi è esatta la considerazione che fai su Schopenhauer, che non è affatto il primo a porre la problematica. Semmai lui la risolve in una maniera originale.


E' vero che se c'è una influenza su Nietzsche, e la stima a mio parere rimarrà, questa è già labile o addirittura opposta a quella di Schopenhauer fin dalle prime opere.


Penso che se si accetta il mondo per quel che è, per quel che si mostra, per quel che si vive, allora la necessità è trovare una soluzione interna ad essa. A mio parere è difficile se non impossibile dimostrare una morale in un tale sistema. E infatti Nietzsche ha una lettura storica politica non certo di "sinistra". Pur, a mio parere, non essendo un cinico, tutt'altro.
#285
 Ciao Aperion,
penso anch'io che il legame con Eraclito fosse più solido che non con Schopenhauer, Quest'ultimo ha una sua importanza in quanto quasi contemporaneo a Nietzsche, quindi "più prossimo" ad un certo tipo di analisi come quella su Kant della "cosa in sé". Penso, ma non sono sicurissimo, che la volontà originaria di Schopenhauer, non ancora coniugata ad un pessimismo esistenziale, abbia influito su Nietzsche.
Stavo appunto studiando "Filosofia nell'età tragica", quando mi sono accorto di spunti su Schopenhauer. Ho dovuto studiarmi prima l'influsso di quest'ultimo su Nietzsche in due testi :
" Volontà e rappresentazione" e " La quadruplice radice del  principio di ragion sufficiente", poi sono tornato a Nietzsche ma all'opera precedente che è " La Nascita della tragedia" che è allo studio; poi ritornerò alla "filosofia nell'età tragica". Tutto questo perché, in quest'ultima opera quando passa in rassegna i filosofi greci, ha già chiaro i giudizi su di loro. Mi interessava capire come ha costruito i suoi giudizi, da dove venissero.
Tieni presente che il post di apertura di questa discussione, che è una sintesi,  è rivolto proprio a Schopenhauer. Il giudizio è positivo perché nonostante le differenze e polemiche su Schopenhauer lo stima come filosofo ,come "grande" pensiero.


Penso che Nietzsche, prenda "pezzi" qua e là degli specifici testi e pensieri filosofici, ciò che è "funzionale" al suo modo di pensare, lasciando perdere il resto. Non è correttissimo come concezione, è come estrapolare da un testo che ha un determinato significato, solo ciò che si ritiene opportuno ai propri fini , ma che esula dal senso testuale originario.


La lotta con la natura c'è , dicano che dalla modernità al giorno d'oggi, le città umane hanno ben poco di naturale ,essendo artificiali, prodotti culturali urbanistici tanto più si è al centro di metropoli. La natura diventa "arredo" urbanistico, come qualche pianta in un appartamento, anche se la bioarchitettura ha scopi importanti oltre alla moda consumistica.


Nietzsche accetta la condizione umana più come "dato di fatto" che come una cosa "bella in sé", per questo esalta la tragedia. Dioniso viene ucciso e risorge almeno tre volte e una volta prende il nome di Zagreo. C' è qualcosa di fortemente spirituale ma non "religioso" ante litteram. E' la stessa condizione della stirpe umana da Adamo . Non ci si può ribellare al proprio destino fattuale di nascere e morire, ma posso rappresentare la sofferenza di questo destino non voluto.
La tragedia dionisiaca è alla pari delle preghiere di tutte le tradizioni, nascono da un destino che ci rende schiacciati e succubi come dato di fatto. I riti "pagani" e religiosi compiono sincretismi storici, ognuno prende qualcosa dell'altro, perché hanno in origine lo stesso stato umano.




Eraclito:
Se la processione che fanno e il canto del fallo che intonano non fosse in onore di Dioniso, ciò che essi compiono sarebbe indecente; la medesima cosa sono Ade e Dioniso, per cui impazzano e si sfrenano. (frammento 15)

Il pensiero di Eraclito è volto a qualcosa d'altro rispetto a Nietzsche, sono d'accordo con te.