Menu principale
Menu

Mostra messaggi

Questa sezione ti permette di visualizzare tutti i messaggi inviati da questo utente. Nota: puoi vedere solo i messaggi inviati nelle aree dove hai l'accesso.

Mostra messaggi Menu

Messaggi - Sariputra

#271
Attualità / Re:Crocefisso il classe?
10 Ottobre 2019, 17:10:43 PM
Sono piuttosto d'accordo con gi interventi di @Phil. Attualmente il simbolo della croce è piuttosto svuotato di significato nella nostra cultura postmoderna e in ogni caso poco avvertito dalla maggioranza degli studenti (salvo eccezioni...). Anche i ragazzi che vanno a scuola indossando il velo o il turbante sikh probabilmente lo fanno perché costretti dai loro genitori e, per non sentirsi dei 'diversi', ne farebbero a meno...
Un crocefisso non è un simbolo di potere. E' il simbolo di chi si riconosce in un particolare credo religioso. Il crocefisso non è proprietà di nessuna chiesa, di nessuna istituzione religiosa, di nessun consacrato. Il più misero e pezzente dei credenti può portarlo al collo con lo stesso diritto del papa o del pope o di una pastora protestante (forse anche con più diritto, visto che il nucleo di questa religione è un messaggio di salvezza per tutti i poveri, di qualunque povertà si tratti: economica, sociale, mentale, spirituale, ecc.). Anni fa seppellivo ogni coniglio morto mettendoci sopra, per far piacere a mia figlia piccola, una croce in legno... Il fatto che sia stato strumentalmente usato per secoli anche come simbolo di potere temporale non è responsabilità del crocefisso in quanto tale e del suo autentico significato, e nemmeno dei 'poveri' cristiani stessi, che spessissimo sono stati essi stessi vittime di questo potere. Va tolto dalle aule? E i ragazzi cosa ne dicono? Gli da fastidio? O non se ne accorgono manco? E' forse più un problema ideologico dei loro genitori? Perchè si vogliono eliminare tutti i simboli religiosi come se questi, invece che proprietà di coloro che credono o hanno creduto nel loro significato, fossero invece il simbolo della malvagità di chi li ha sfruttati? Se io devo sopportare la vista pubblica della sede di un partito politico con tanto di stemma bene esposto, in cui altri credono, allora altri dovrebbero avere la cortesia di sopportare la vista di un'immagine sacra (un crocefisso, una statuetta del Buddha, un frontespizio del Corano, ecc.) a cui loro simili credono. Se appendere qualcosa ad un muro può sembrare 'impositivo' allora si lasci alla libertà di ogni studente esporre sul proprio banco, se lo desidera e lo ritiene opportuno, i simboli sacri in cui ripone le sua fiducia. Così come vestiti, copricapi, abbigliamento tipico, ecc. dovrebbero rientrare nella libertà di ognuno (naturalmente con dei limiti dati dalla necessità della sicurezza..)...
Concordo quindi con @davintro: più libertà è sempre preferibile a meno libertà. Le pareti delle aule scolastiche sono grandi...ci stanno diverse immagini sacre. Si dovrebbe promulgare l'ennesima legge che dice: ogni credente di qualunque religione ha il diritto di avere la propria immagine sacra esposta (non necessariamente su di un muro..)., purché questa non offenda la decenza ed entro determinate misure . Questo avrebbe anche l'effetto di incuriosire i ragazzi verso altre forme di spiritualità e magari approfondirne la conoscenza, con effetti benefici sull'intelligenza e la maturazione di quel senso di tolleranza che spesso viene a mancare. Se il mio amico e compagno di banco espone la sua statuetta vicino al mio crocefisso capisco che il semplice credere in questo o quello non ci fa migliori o peggiori...
E' comunque l'ultimo dei problemi della scuola pubblica italiana...Il problema vero è la qualità degli insegnanti, quasi sempre pessima, visto che si entra per graduatorie e per titoli e non per provata capacità ad insegnare (salvo eccezioni che fanno addirittura 'innamorare' i ragazzi di materie anche ostiche...).
#272
Tematiche Filosofiche / Re:Del suicidio
10 Ottobre 2019, 15:10:55 PM
Non solo l'esegesi ma anche la prassi millenaria buddhista è contraria al suicidio (e sempre e solo degli "illuminati" perché per i non illuminati la questione non si pone...) e quindi, mi dispiace, ma è assolutamente errato affermare che il Buddhismo ammetta apertamente il suicidio. Questo anche se non ci sono passi in cui il fondatore sia esplicito al riguardo. Sarebbe come affermare che l'Ebraismo ammette che i bambini dei nemici possono venire sfracellati contro le rocce perchè questo è presente in un salmo antichissimo...
E' molto più importante in casi come questi in cui non abbiamo o non sono pervenuti testi chiari al riguardo, o sono presenti testi controversi, la riflessione che consegue ad una linea logica sulla dottrina stessa. Che è quello che si fa naturalmente, e si è fatto nel corso dei secoli, nell'approfondimento nei vari commentari, del significato dei testi nel Sangha buddhista stesso (comunità monacale)...Tenendo naturalmente conto anche che, come sicuramente sai, non esiste " IL " Buddhismo (termine coniato dagli occidentali...)ma una serie numerosa di scuole con ampie differenze dottrinali (come tra lo zen e il lamaismo, per es.). Personalmente mi rifaccio più alla cosiddetta Scuola degli Anziani o dei Nikaya che prende spunto dal Canone Pali che è la raccolta più antica di testi buddhisti e che ritengo la più vicina all'insegnamento originale (anche se, tra gli stessi studiosi , non c'è unanimità su questo punto..).
saluti

P.S. Non c'entra niente con la discussione, ma sentivo ieri per radio che un notissimo cantante "si è avvicinato molto" al Buddhsimo (non ricordo più il nome, data la mia poca conoscenza del mondo musicale giovanile...). E' interessante interrogarsi sui motivi di questa propensione attuale di molti occidentali verso il B. nel mentre c'è un calo generalizzato di interesse verso il Cristianesimo (almeno nei paesi occidentali ricchi..). E qui, ahimè, sono particolarmente critico perché un'errata interpretazione di questa dottrina, anche da parte di molti 'maestri' , presenta il B. come una religione in cui l'etica è meno vincolante (cosa graditissima a noi occidentali nichilisti e soggettivisti) e quindi più 'tollerante' verso comportamenti di vita non propriamente 'etici'. Naturalmente è una interpretazione errata. L'etica nel B. è più importante che non nel Cristianesimo, per fare un esempio. Non esistono "grazia" e "perdono" nella visione karmica buddhista (a parte naturalmente in quelle scuole che hanno deificato Siddhartha...)... :(
#273
Tematiche Filosofiche / Re:Del suicidio
09 Ottobre 2019, 15:56:35 PM
Sappiamo che è sempre molto difficile conciliare l'etica con tutte le variabili della vita concreta. Per questo, come giustamente ha scritto anche Eutidemo, bisogna prestare attenzione ad ogni singolo caso e "osservarlo" alla luce dell'etica in cui si ripone il proprio giudizio. L'etica dovrebbe essere una cosa che indirizza il comportamento e le scelte, ma non una sorta di imposizione esterna. Nel Buddhsimo, per ritornare all'argomento del mio precedente post, pur nell'oggettiva difficoltà interpretativa di testi così antichi, si manifesta questa difficoltà. Abbiamo così il monaco che, sopraffatto dalla sofferenza, decide di por fine alla vita ritenendo che la pratica gli permetta di morire senza alcun residuo kammico (cioè senza rinascere..).La sofferenza è tale che il Buddha stesso, pur non ammettendo il gesto in sè (l'uso dell'arma), e conoscendo la virtù palesata in vita da quest'uomo, "certifica" per così dire la sua dipartita "senza residuo kammico" . Channa era o non era illuminato ? Non possiamo saperlo con certezza, pertanto non si devono tirare conclusiosi affrettate dicendo: "Il Buddha ha sdoganato il suicidio". Diversissimo il caso del samurai che fa seppuku. Le motivazioni infatti sono del tutto mondane: l'onore, l'orgoglio, la vergogna, ecc. Ma ovviamente l'uomo piega l'etica alla cultura in cui vive e per un guerriero 'perdere' è umiliante. ...Qui sì si vede l'orgoglioso "Io" in piena attività, con tutta evidenza...
Il non riuscire più a sopportare il peso della sofferenza e finire per cedere sotto questo fardello è ben diverso da una morte dimostrativa piena di sé, ovviamente...
In queste ( e altre) grandi differenze sta tutta la difficoltà di conciliare i principi con il vissuto particolare, con l'unicità di ogni singola esistenza. Questo significa che dobbiamo rinunciare ai principi? No, a parer mio, significa che ognuno è chiamato a conciliare questi principi col proprio mestiere di vivere. E non è semplice...
Un tempo ci fu uno che disse che il sabato è fatto per l'uomo e non l'uomo per il sabato. Ed è vero...ma se non ci fosse alcun sabato quando potrebbe 'riposare' l'uomo?
#274
Tematiche Filosofiche / Re:Del suicidio
09 Ottobre 2019, 15:06:47 PM
Un'interpretazione errata di pochi testi canonici buddhisti ha portato alla conclusione che il Buddha  abbia avallato il suicidio dei monaci cosiddetti già "illuminati" (e quindi senza ulteriore rinascita..). e , sulla base di quest'erronea interpretazione molti monaci (e non monaci..) si sono sentiti, nei secoli e in vari ambiti culturali, leggittimati a farlo. In realtà il Buddha ha esonerato il monaco Channa, per esempio, che "impugnò il coltello", dagli effetti karmici del suo gesto, ma non ha condonato il gesto in sé.
Invito , per chi lo desiderasse come approfondimento, la lettura di questo testo molto chiarificatore di Damien Keown dell'Università di Londra che è troppo lungo e articolato per poterlo riassumere in breve in questo post.
Questo articolo chiarisce anche alcuni errori interpretativi di termini pali come "upavajja" e "anupavajja ", alla luce dei commentari, che hanno determinato alcuni errori interpretativi...

https://www.google.com/search?client=firefox-b-d&q=suicidio+nel+buddhismo#

Riporto solamente le conclusioni:

  A cosa ci porta tutto ciò nei confronti del consenso settantennale che il suicidio sia permesso agli arahat?   Penso che ci dia un buon numero di motivi per metterlo in dubbio.  Il primo è che non c'è ragione di ritenere che l' esonerazione di Channa costituisca un precedente che introduca una norma sul suicidio.  Questo perché l'esonerare dalla colpa non è la stessa cosa che condonare.

  Secondo: ci sono ragioni basate sui testi per pensare che l'apparente esonerazione del Buddha non sia invece per niente un'esonerazione.  I problemi legati a[lla corretta interpretazione de]i testi sono troppo complessi e non sarebbe prudente trarne conclusioni definitive.  Si può osservare al volo che l'evidenza contenuta nei testi che il suicidio possa essere permesso è molto maggiore nel cristianesimo che nel buddhismo.  Ci sono molti esempi di suicidio nel vecchio testamento: questo non ha tuttavia impedito alla tradizione cristiana d'insegnare con ferma continuità che il suicidio sia un errore grave.  In confronto i testi theravāda sono un modello di coerenza nel loro rifiuto di ammettere la distruzione intenzionale di vita.

  Terzo: la tradizione dei commentari trova l'idea che un arahat si tolga la vita come Channa ebbe a fare completamente inaccettabile.

  Quarto: c'è una quarta considerazione logica che, per quanto ovvia, sembra sia stata trascurata nelle precedenti discussioni.  Se assumiamo, come fa il commentario e la letteratura successiva, che Channa non fosse un arahat prima del suo suicidio, l'estrapolare da questo caso una regola che ammetta il suicidio come una pratica ammessa per gli arahat è fallace.  La ragione perché sia da ritenersi tale è che il suicidio di Channa era - sotto tutti i punti di vista degni di nota - il suicidio di una persona non illuminata.  La motivazione, la deliberazione e l'intenzione che hanno preceduto il suo suicidio - tutto fino all'atto dell'afferrare la lama - tutto ciò era stato compiuto da una persona non illuminata.  Il suicidio di Channa non può quindi essere preso come un precedente valido per gli arahat per la semplice ragione che lui stesso non lo era fino a dopo ch'ebbe portato a termine l'atto di suicidarsi.

  Quinto e ultimo: il suicidio è ripetutamente condannato nelle fonti canoniche e non canoniche e va direttamente "contro la corrente" degli insegnamenti morali buddhisti.  Un elenco di motivi per i quali il suicidio è sbagliato si può trovare nei testi, anche se non è sviluppata nessuna obiezione di principio contro il suicidio.  Questa non è una cosa facile da farsi, Schopenhauer non aveva completamente torto nel dichiarare che le motivazioni morali contro il suicidio "risiedano nel più profondo [dell'animo] e non sono scalfiti dall'etica ordinaria".  In precedenza ho affermato come la critica del suicidio quale "radice del male", ossia che il suicidio sia sbagliato a causa della presenza del desiderio o dell'avversione, sia insoddisfacente in quanto conducente verso il soggettivismo.  L'obiezione più profonda al suicidio mi sembra non si possa trovare in uno stato emotivo dell' agente, piuttosto trovo sia da ricercare in una qualche caratteristica intrinseca dell'atto del suicidio che lo renda moralmente sbagliato.  Credo, tuttavia, che ci sia una maniera di conciliare i due modi di affrontare la questione.  Per farlo sarà necessario riconoscere l'erroneità del suicidio come risiedente nell'illusione (moha) piuttosto che nelle "radici" emotive del desiderio e dell'odio.

  Considerato su queste basi il suicidio è da ritenersi sbagliato in quanto costituente un atto irrazionale.  Questo non significa che è attuato [solo] quando l'equilibrio della mente è alterato, ma che è incoerente nel contesto degli insegnamenti buddhisti.  E questo è da intendersi nel senso di essere contrario ai valori fondamentali buddhisti.  Quello che per il buddhismo ha valore non è la morte, ma la vita.  Il buddhismo vede la morte come un' imperfezione, un difetto della condizione umana, una cosa che dev'essere superata piuttosto che ricercata.  La morte compare nella prima nobile verità come uno degli aspetti primari della sofferenza (dukkha-dukkha).  Una persona che opti per la morte credendola una soluzione alla sofferenza dimostra un'incomprensione fondamentale della prima nobile verità.  La prima nobile verità insegna che la morte è il problema, non la soluzione.  Il fatto che la persona che commette il suicidio rinascerà e vivrà di nuovo non è importante.  La cosa più rilevante [del suo gesto] è che con l'esaltare la morte egli abbia, nel suo cuore, abbracciato Māra.  Da un punto di vista buddhista questo è chiaramente irrazionale.  Potendo quindi considerare il suicidio [un atto] irrazionale, sotto questo punto di vista si può sostenere che ci siano basi oggettive perché sia considerato moralmente sbagliato (dal punto di vista buddhista nota d.Sari)..
Trad. di Alessandro Selli
#275
Tematiche Filosofiche / Re:Del suicidio
09 Ottobre 2019, 10:04:33 AM
Catone Uticense non era quello che "diede in prestito" la moglie a tale Quinto Ortensio?.. :( .Ed era così intransigente, anche con se stesso, che metteva a morte tutti gli oppositori politici vicini a Catilina, anche se altri propendevano per pene più miti visto la mancanza di reati commessi?..Già questo spiega molte cose. E infatti io vedo un che di 'intransigente' nell'abito mentale dell'aspirante suicida, in molti casi. Uno che non accetta compromessi , che pone la sua idealità al di sopra di ogni cosa (come Mishima, il cui suicidio, se non fosse tragico e atroce, sarebbe una scena che avrebbe  molto del patetico, quasi del ridicolo, molto "teatrale" , com'era lui in definitiva...).,che non ammette 'interferenze' nella sua volontà...E qui ritorna il discorso sulla super-considerazione che abbiamo del nostro"Io"  illusorio , come scritto da @bobmax...Il suicidio è infatti spesso, quando non indotto da uno stato di prostrazione fisica o mentale dovuto a qualche gravissima malattia, una dimostrazione di volontà di auto-affermarsi e di profonda avversione di questa illusione tenace...
I lama tibetani che si danno fuoco per protesta commettono una grave infrazione al primo precetto buddhista, in cui hanno dichiarato di 'prendere rifugio', ossia quello di cercare di non-nuocere ad alcun essere vivente, compreso se stessi.
Questo fatto è inaccettabile per un monaco buddhista. Il Dalai Lama stesso ha criticato questi atti e invitato a rinunciarvi...
Non è ammissibile per un monaco buddhista porre la libertà (politica in questo caso..) al di sopra della non-violenza... o far uso della violenza per fini politici. Ci sono diversi passi nel Canone che riportano discorsi di Siddhartha molto chiari in proposito...
Resto convinto che questi gesti violenti siano in definitiva inutili... ci sono altre strade (disobbedienza civile, dimostrazioni pacifiche, testimonianza di vita, ecc.) che spesso danno frutti, come nel caso dell'India gandhiana.
#276
Tematiche Filosofiche / Re:Del suicidio
08 Ottobre 2019, 15:55:42 PM
cit.:
...in molte altre culture il suicidio era "consentito", e, a volte, addirittura "prescritto", sia in "forma rituale", come nella "devotio" romana,  e nel "seppuku" giapponese...


"[...]Dobbiamo morire per restituire al Giappone il suo vero volto! È bene avere così cara la vita da lasciare morire lo spirito? Che esercito è mai questo che non ha valori più nobili della vita? Ora testimonieremo l'esistenza di un valore superiore all'attaccamento alla vita. Questo valore non è la libertà! Non è la democrazia! È il Giappone! È il Giappone, il Paese della storia e delle tradizioni che amiamo."

Queste sono le ultime parole del "discorso al Giappone" tenuto da Yukio Mishima prima di morire, di fronte a qualche migliaia, fra soldati di fanteria e giornalisti di radio e televisione, dal balcone dell'ufficio del Ministero della Difesa.
Lo scrittore giapponese ha occupato l'ufficio del generale Mashita con quattro dei suoi compagni più fidati e si appresta a compiere l'estrema rimostranza contro l'occidentalizzazione del Giappone (nello specifico, Mishima si scaglia contro il Trattato di San Francisco).
I suoi adepti fanno tutti parte del Tate no Kai (Società degli scudi) e fra di loro c'è un nervosissimo Masakatsu Morita. Il 25 novembre, nell'immaginario di Yukio, è un addio già scritto e da tempo deciso. La data, oltre che in alcune lettere agli amici più cari, compare sull'ultimo foglio del suo ultimo romanzo, già concluso in marzo, consegnato al suo editore il giorno precedente come una sorta di testamento letterario.
Per la sua dipartita, Mishima sceglie l'unica morte consona ad un poeta-samurai: il seppuku. Rito suicida tradizionale Giapponese, figlio originario della spada e del sangue di Minamoto no Yorimasa, che nel 1180, dopo aver perso la battaglia di Uji, si trafigge con la propria katana per non cadere nella prigionia e nella vergogna, il seppuku diventa per tradizione la "morte onorevole" che il guerriero si concede per mantenere la sua anima libera dalla vergogna.
Il suicida pratica infatti un profondo e grave taglio (hara) all'altezza del ventre (kiri), luogo dove, secondo la cultura nipponica, risiede l'anima che, grazie al taglio praticato, può volare via pura e incontaminata da dolore e vergogna. La cultura, gli usi, i costumi e le tradizioni del Giappone consistono nel nucleo pulsante dell'arte di Mishima; la loro preservazione e gloria diventano per Yukio un ideale (a)politico, perseguito con tenacia lungo tutta la sua giovane e vigorosa esistenza.
Yukio Mishima, nel giorno della sua morte, è uno scrittore, drammaturgo e poeta giapponese di fama internazionale che conta solo quarantacinque inverni. La pubblicazione di Kamen no Kokuhaku (Confessioni di una maschera) nel 1949 gli aveva spalancato i cancelli della gloria e della fama in ambito letterario: da allora il nome di Yukio Mishima diventa il simbolo di un Giappone che al contrario del significato del proprio nome (Nippon) sta tramontando e si sta globalizzando sempre di più.
Yukio è per molti anni icona di un patriottismo romantico ormai passato e nostalgico, di cui possono essere testimoni Foscolo, D'Annunzio e forse Panagulis. Visto come un nazionalista dagli intellettuali di sinistra e come un anarchico dai pensatori di destra, vive la sua lotta ideologica in estrema solitudine, senza bandiere, slogan o partiti, ma dando spazio alle tradizioni più antiche del Giappone nelle sue opere letterarie e di teatro (i cinque No moderni ne sono un ottimo esempio).
Come in vita, così in morte. Il suo estremo gesto suicida diventa così un ultimo pretesto per omaggiare la cultura nipponica e la figura dell'imperatore, non nella sua accezione politica bensì per il ruolo simbolico che ricopre all'interno della cultura del Giappone. Qualcosa però va storto e il kaishakunin (il nervoso Morita), colui che è responsabile di decapitare il suicida nel momento del seppuku, affinché il volto non gli sia macchiato da smorfie di agonia, sbaglia il colpo di grazia per ben due volte. Deve intervenire Hiroyasu Koga per porre fine al rito, guadagnandosi così il titolo di più recente kaishakunin della storia giapponese. 

Morita, che secondo alcuni critici e biografi, era l'amante omosessuale dfi Yukio non sopporta l'errore commesso e, travolto dall'onda di vergogna, si trafigge anch'egli. I restanti tre si consegnano alle forze dell'ordine e vengono condannati a quattro anni di prigionia per aver occupato illegalmente il ministero.
Il corpo di Yukio giace glorioso in avanti, come vuole la tradizione, e vicino a lui fa capolino il suo biglietto d'addio che recita: – La vita umana è breve, ma io vorrei vivere per sempre –.

da un articolo di Federico Josè Bottino



La macabra scena degli uffici del ministero della Difesa dove si è consumato il suicidio rituale di Mishima e del suo allievo più caro: le due teste mozzate. Dopo l'harakiri, il taglio profondo del ventre un assistente mozza di netto la testa del suicida per evitare che il volto sia contratto dal dolore


Questo suicidio rituale, molto famoso, di Mishima è un chiarissimo caso di suicidio per dimostrare qualcosa....Fu un suicidio inutile: il Giappone divenne molto velocemente uno dei paesi più consumisti e occidentalizzati del pianeta...e l'incredibile talento letterario di Yukio venne sprecato...
#277
Tematiche Filosofiche / Re:Del suicidio
08 Ottobre 2019, 15:05:30 PM
Visto che si parla del suicidio dobbiamo considerare anche un tipo particolare di questo...
Spesso il suicida è anche omicida. Le cronache sono sempre più invase da queste notizie terribili. Il suicida  vuol portare con sé nella morte, vista come risolutoria di ogni problema, le persone più care o quelle che viceversa osteggiano la sua bramata, illusoria forma di felicità. Allora rivolge ai bimbi, o alla compagna, la pistola o il coltello da macellaio e colpisce: "Mi ammazzo!!" urla l'insensato "MI ammazzo! Uccido tutti!!". In questi casi estremi il suicida-omicida rivela la vera causa dell'insano gesto: la frustrazione profonda del proprio desiderio mal riposto. Nessun problema esige una simile raccapricciante soluzione. Non possono esserci giustificazioni a simili atti, se non la pietas che s'impone nel caso di un malato psichico...ma non sembra che questi siano la maggioranza dei casi. Il poliziotto che si suicida dopo aver ammazzato i colleghi; lo studente che si suicida dopo aver sterminato metà classe; il padre di famiglia che uccide i familiari senza aver mai dato segni di squilibrio anzi, stimato e rispettato; l'uomo che ammazza il vicino di casa, e poi s'uccide, perché le foglie del giardino dell'altro cadono nel proprio...che ferocia alberga nell'animo umano! Come una bestia in agguato, sempre pronta al balzo per azzannare e che ignoranza, che profondissima ignoranza rivela questa bestia...
E' possibile odiare così profondamente gli altri da arrivare ad odiare intensamente anche se stessi? O è possibile odiare così intensamente se stessi da arrivare ad odiare così tanto gli altri da considerarli colpevoli del fatto che ci si odia? E' possibile arrivare ad odiare così intensamente la vita stessa da desiderare di sopprimerla? O è forse perché si continua, senza posa, a ripetere a se stessi "Io"..."Io"..."Io"..?
#278
Tematiche Filosofiche / Re:Del suicidio
08 Ottobre 2019, 08:57:17 AM
Molti aspiranti suicidi considerano, consciamente o inconsciamente, di dare, con questo atto, una 'dimostrazione: a qualcuno, alla società, al mondo, alla vita, a Dio...
Considerare la sostanziale indifferenza, a parte pochissimi intimi, di chi si vuol 'colpire'  può aiutare a riconsiderare il gesto.
Per quelli che invece ritengono la vita come intollerabile, una profonda riflessione sulla sua impermanenza può aiutare a riconsiderare il gesto.
Per quelli che considerano come importante l'opinione contraria dei propri pochissimi intimi a riguardo del gesto a cui aspirano, la riflessione su questo può aiutare a riconsiderare il gesto.
Coloro che non si fanno influenzare da letture, storie od opinioni altrui dovrebbero superare la visione nichilista dell'esistenza che porta a considerare questo gesto come risolutorio.
Coloro infine che hanno "la pistola carica" dovrebbero meditare sulla violenza del gesto...
#279
Attualità / Re:Crocefisso il classe?
06 Ottobre 2019, 11:20:48 AM
Crocefisso "il" classe o crocefisso "in" classe? Forse sarebbe più opportuno riflettere sul crocefisso "di "classe. Sì, di classe perché ce ne sono in giro un'infinità di orribili, malfatti, sgraziati. Questi andrebbero immediatamente tolti: dalle classi perché sono senza classe; dalle aule o dai muri delle case. Ci sono poi i crocefissi fatti "con" classe: artistici, benfatti, aggraziati. Questi andrebbero lasciati, custoditi, puliti dalla polvere posatasi; perché il mondo ha bisogno di classe e di oggetti belli, pieni di grazia, artistici. Come i capitelli votivi...chi non si ferma, durante una camminata salutare, davanti ad un bel capitello adornato di fiori freschi, profumati  e colorati? E se custodisce una bella statuetta di madonna, con un volto pieno di grazia, tenero e dolce, s'inveisce forse perché è il simbolo di qualcosa in cui non si crede? Chi può avere un animo così gretto e meschino da porre la propria fede sopra la bellezza stessa? Immediatamente andrebbero però demoliti i capitelli votivi che offendono il paesaggio, che urtano l'animo sensibile del viandante. Capitelli con statuette terribili prodotte da mani maldestre, inette, grossolane. I paeselli ne sono ricolmi e, se non fosse per il loro valore di testimonianza di un'epoca e di un costume, andrebbero abbattuti per far posto a colonnine di ricarica per auto elettriche a guida autonoma ...auto belle, di classe, silenziose  e con delle treccine penzolanti nel posteriore...
#280
Tematiche Filosofiche / Re:Del suicidio
06 Ottobre 2019, 10:38:25 AM
Il suicidio è sostanzialmente una forma di protesta e di fuga.
Protesti contro la natura per la sofferenza , ma puoi protestare quanto vuoi: La natura è indifferente alla tua protesta.
Protesti contro gli altri, ma puoi protestare quanto vuoi: a parte pochissimi intimi, gli altri sono indifferenti alla tua protesta.
Protesti contro Dio, ma puoi protestare quanto vuoi: Dio è indifferente alla tua protesta.
Protesti contro il tuo corpo che s'è ammalato, ma puoi protestare quanto vuoi: il tuo corpo è indifferente alla tua protesta.
Finalmente protesti contro la tua stessa mente che protesta, ma puoi protestare quanto vuoi: la tua mente non ha risposte.
Allora decidi di fuggire, ma puoi fuggire quanto vuoi:
la natura è indifferente alla tua fuga,  rimani suo.
Gli altri sono indiffenti alla tua fuga, a parte pochissimi intimi, l'orario del tuo funerale è il loro problema.
Dio è indifferente alla tua fuga, se c'è non puoi fuggirgli in alcun modo.
Il tuo corpo è indifferente alla tua fuga, si ricombina in altre forme.
E finalmente , solo la mente non è indifferente alla tua fuga, quando si convince di non poter sopportare tutta questa indifferenza...
#281
Tematiche Filosofiche / Re:La felicità
01 Ottobre 2019, 09:32:56 AM
In un mondo totalmente impermanente qualunque tipo di felicità non può essere che passeggera, fugace. Illusorio pensare che la felicità data dal possedere , persone , cose o stati mentali, sia duratura. Eppure a questa si anela costantemente, senza posa. Infelice è l'uomo che cerca di essere felice..
C'è però un tipo di felicità che è data dal non pensare più di trovare felicità nel mondo.. E' quando sai rinunciare all'affannosa ricerca. Quando la mente è esausta nel cercare senza trovare. Allora, inspiegabilmente...sei felice!
Questa è una felicità meno effimera, più costante e profonda. Perché è così? Perché la 'mente' gioisce allora nel dominare le cose, invece che nel venirne dominata...
Un'altra  forma di felicità pofonda è quella data dalla condivisione. Condividere insieme l'esistenza, sotto ogni forma, fosse anche condividere solamente la propria povertà e farsi carico della sofferenza altrui, è una forma nobile di felicità. Si respira il sacro in questa condivisione...La premessa però per questa felicità dimora sempre nella capacità di rinuncia. E' perché rinuncio a qualcosa di mio che posso far "spazio per te"...
#282
Citazione di: paul11 il 25 Settembre 2019, 17:47:13 PMIl cuore è fondamentale, ma non fondativo e lo sanno da sempre le scuole filosofiche indiane di tutte le forme spirituali . Il cuore è una premessa, ma tutti seguono le passioni, anche Hitler e i serial killer. Perchè il cuore è "ambiguo", se non è accompagnato dalla ragione, saremmo in balia delle passioni,fino alle perversioni alla cecità stessa del cuore. Cuore e ragione devono accompagnarsi dentro il senso della misura.

Sono d'accordo. Qualche domanda bisogna pur porsela prima di "sposarsi"... :) 
un saluto
#283
Dal mio punto di vista, la somministrazione, per esempio, di morfina (anche in dosi importanti..), ad un paziente molto sofferente e a fin di vita, non può considerarsi una forma ipocrita di eutanasia. I farmaci hanno tutti degli effetti collaterali sull'organismo. Spessissimo questi effetti sono negativi per la salute. Il farmaco viene usato lo stesso perché si valuta che i suoi effetti benefici superino quelli dannosi. Nel caso di un malato in così gravi e irreversibili condizioni, la somministrazione di un farmaco che può provocarne la morte, peraltro inevitabile in qualunque caso, ha degli effetti positivi, come quello analgesico, tranquillizzante, ecc. che superano il dubbio, e lo rendono di fatto inesistente, sugli effetti collaterali futuri (in quanto non c'è 'futuro' in un paziente terminale...). La terapia del dolore, per esperienza posso dire assai modestamente usata, se i sanitari (non tutti) possono evitarla (questi farmaci costano al SSN...?), soprattutto nei pazienti molto anziani, non può dunque, a mio parere, ritenersi una forma occulta di eutanasia attiva. Infatti i medici non oppongono obiezioni...cosa che invece fanno per le forme di eutanasia attiva. Già adesso l'ordine dei medici fa infatti sapere che, nel caso, dovrà essere un funzionario pubblico (magistrato?Ci vorrebbero mesi, se non anni...nel frattempo muori di tuo) che si assume la responsabilità. Il che complica tutto. Almeno stando alle prime dichiarazioni del presidente dell'ordine dei medici...La stragrande maggioranza delle persone non è come il padre di Eluana, che ne fa una battaglia di vita ( di morte in questo caso..). Preferisce 'aspettare gli eventi': soffrendo, lamentandosi, imprecando, chiedendo spiegazioni, pregando, rassegnandosi, percependo l'indennità e la pensione, ecc.
Sono tutti problemi che sorgono per effetto dei successi in campo medico, che permettono di allungare l'esistenza (?) a fronte di malattie che, in natura, costringerebbero un essere vivente alla morte in pochissimo tempo e senza tutto quel carico da novanta di sofferenza protratta nel tempo. Per non ripetere sempre la famosa e saggia storiella cinese "Fortuna, sfortuna, chi lo sa?" si potrebbe paradossalmente dire che, per voler far del bene, spesso si fa del male...E lo so ben io, che per imboccare mia madre completamente paralizzata da sei anni, a seguito di una grave forma di demenza da Corpi di Lewy, le ho accidentalmente e involontariamente provocato una grave polmonite ab ingestis che l'ha portata al decesso...Se da una parte le ho forse fatto del bene, dall'altra non l'ho fatto a me stesso, visto che il kamma di quell'azione maldestra mi tormenta spesso...
#284
Il problema del concetto di Dio è veramente complesso e nulla se ne può dire in breve. Io ho fatto il processo inverso: ho passato un lungo periodo in gioventù da ateo per poi abbandonare questa posizione che alla mia riflessione più matura mostrava punti deboli, come quella teistica d'altronde, per rivolgermi  ad un agnosticismo su queste tematiche metafisiche irrisolvibili e abbracciando il "nobile silenzio" buddhista (su queste tematiche, che per altre chiacchero anche troppo.. :-[  ) che è sicuramente un atteggiamente più "open" e meno dhitti (opinioni), si direbbe in pali.
Comunque non si  crede, di solito, in Dio o nell'Insegnamento del Buddha storico, per esempio, in virtù di un'analisi logica, ampiamente insufficiente al riguardo, ma per delle ragioni che si potrebbero definire del "cuore". Ogni conversione spirituale è una forma di 'incontro tra il proprio essere e Altro  per cui ci si traforma (l'acqua si con-verte in ghiaccio..). Spesso la spiritualità ti impone un'apertura, un'uscita da sé. E' per questo che è molto difficile da vivere autenticamente (facendosi cosi spesso "chiesa", nel senso deteriore del termine..) e spesso violentemente rifiutata  o derisa (nella società attuale)....
La 'conversione' suggerisce piuttosto un cambiamento di moto, di movimento. Stai andando per una certa strada e poi cambi direzione, intraprendendone un'altra che senti più vicina alle tue corde esistenziali...
E' sempre un incontro: un'imbattersi in un altra strada e decidere di seguirla (con atroci dubbi che sia quella giusta, di solito...dimenticandosi che la risposta non starà mai in una frase o in un pensiero).
Banalizzando è un pò come l'incontro con una donna. Non saprai mai se è quella giusta, ma certamente non la scegli in base ad un'analisi logica. E' una scelta del 'cuore'...La vita ti dirà forse se era quella giusta...
Eh, si!...la 'conversione' ad una fede spirituale è anch'essa sostanzialmente una scelta d'amore...a volte non c'è una vera logica sottostante. Lo fai perchè senti interiormente che è giusto per te farlo, in quel momento...
Poi naturalmente, se una persona ama approfondire...cammina, cammina, cammina...
#285
Tematiche Spirituali / Re:Serpente
25 Settembre 2019, 09:24:49 AM
cit.@E.A.Rossi:
Quindi il solito discorso che la spiritualità sta nella schiavitù e nell'arrendersi alla sofferenza.
La tua Shiatsuka sarebbe una persona vile. Solo perchè è nata così.
Per di più tu la frequenti per il tuo vile benessere.
Ipocrisia!
Basta questa noia!
Per favore.


Ehm!..."interazione rispettosa e dialogante" è scritto bene in vista dal nostro WM Ivo Nardi... ;)  

A parte questo, guarda che la mia massaggiatrice shiatsu non considera certo ( e nemmeno agogna ad avere..) un potere soprannaturale il 'dono', chiamiamolo così , che possiede ( e con cui ci campa..). 
Il termine "vile" che tu estrapoli dal contesto del discorso di Ramakrshna è riferito a quelle persone che cercano (agognano dice..) in un cammino spirituale dei poteri psichici per farne un uso egoistico, per "vendere se stessi" per scopi spregevoli. R. intende sottolineare che la ricerca di questi 'poteri' non è il fine di un sentiero spirituale, anzi ci allontana dalla vera spiritualità che dovrebbe ridurre , e non invece accrescere, l'egoismo e la ricerca di beni materiali...Non è certamente il caso di quelli che usano le loro qualità innate per il bene degli altri. Devi considerare anche il contesto storico e sociale in cui l'invettiva di Ramakrshna si cala: un India ottocentesca pullulante di ciarlatani e imbroglioni che si spacciavano per 'guru' per raggirare la gente credulona. Purtroppo anche oggi tantissima gente, anche in Occidente, cade nella rete ben orchestrata da molti di questi soggetti che sfruttano la debolezza o la malattia altrui vendendo fumo...
Personalmente concordo con questa interpretazione che non intende svilire alcunché di nobile e bello, ma anzi sprona a ricercare ciò che veramente merita di essere cercato.
E non pensare che mi riferisca alle tue idee,o alla tua ricerca sui simboli archeologici e mitologici, era un discorso generale sul tantrismo e sull'abuso di certi cosiddetti "poteri"...

un saluto  :)