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Messaggi - cvc

#271
Tematiche Filosofiche / Il coraggio
17 Maggio 2017, 11:00:12 AM
L'immagine stereotipata del coraggio che si ricava dalle rappresentazioni cinematografiche o letterarie è quella del soggetto che compie imprese eroiche affrontando il pericolo a testa bassa, con impeto rabbioso o furioso, oppure addirittura impassibile, con totale autocontrollo. Mi vengono in mente gli eroi dei colossal anni '50, Rambo che si cuce diligentemente la ferita, l'epico duello sulla teleferica di "Dove osano le aquile", lo sguardo truce di Jhon Wayne e altre scene del genere. Ma anche i poemi epici della cultura classica, fatta di eroi che erano impersonificazioni dell'audacia, tanto suggestivi da influenzare poi personaggi storici reali come Alessandro Magno. O le leggende come quelle di Muzio Scevola che per impressionare l'etrusco Porsenna "rimase immobile a guardare la sua mano destra cadere a gocce sul bracere del nemico, e non ritrasse la mano – oramai ridotta alle nude ossa – finchè il nemico non gli tolse il fuoco..... e si può vedere come sia più pronto il valore ad affrontare il pericolo che la crudeltà ad infliggere pene..." (Seneca). E gli spartani che in trecento si sacrificarono alle Termopili per impedire il passaggio ai persiani.

Però, il coraggio è questo? L'ardore dell'eroe che si distingue dalla massa e che si sacrifica per essa? Si potrebbe intanto osservare che l'eroe agisce non solo per spirito di sacrificio ma anche per ragioni proprie, per sete di gloria. Difatti Plutarco scrive di Cesare che non stupiva il modo in cui metteva a repentaglio la vita se si pensa alla sua brama di gloria. Ma, al di là della gloria, credo che la spinta più nobile del coraggio sia quella del senso del dovere, il sentire di dovere fare una certa cosa anche se ci terrorizza, il "farsela sotto" eppure farlo lo stesso, senza preoccuparsi che gli altri pensino di te che sei un eroe o che non ti preoccupi di nascondere le paura. Lessi da qualche parte che il coraggio non è assenza di paura, ma agire in presenza di paura. E forse è proprio così.
#272
Tematiche Filosofiche / Re:L'elemosina di Hobbes
14 Maggio 2017, 11:07:29 AM
Citazione di: maral il 14 Maggio 2017, 10:23:38 AM
Citazione di: cvc il 12 Maggio 2017, 07:22:57 AM
Non so se a te capita di fare la spesa al supermercato e, uscendo, di trovare il mendicante che vorrebbe sollevarti dall'incombenza di riagganciare il carrello vuoto agli altri, per tenersi la monetina. In quel momento ciò che ho in mente è che se costui dovesse prendersi un euro per ogni persona che fa la spesa, guadagnerebbe in un giorno quello che guadagno io in un mese. Poi a volte, se magari sono di fretta, gli lascio immediatamente il carrello giusto perchè non ho tempo e voglio levarmelo di torno (ancor più cinico di Hobbes). Ma quella intima necessità di donare di cui parli, non è anch'essa un dare per avere qualcosa in cambio, se non altro la soddisfazione di aver donato? Quel "nulla" su cui spesso ci si accapiglia tanto in filosofia, siamo sicuri che in questo caso - donare per nulla in cambio - sia proprio nulla?
Non mi pare che qui ci sia dono di alcunché c'è invece un doppio calcolo, il calcolo di chi valuta il suo gesto di portare il carrello pari a una moneta e il nostro calcolo di quanto potremmo guadagnarci facendo noi al posto suo la stessa cosa. Dove sta il dono se c'è solo un calcolare? Se non c'è ormai altro modo di pensare che non sia un calcolo costo / benefici?
Sul dono si è detto molto, si è rilevato come, proprio per la sua incommensurabilità stia alla base di un debito inestinguibile che rende per sempre schiavo del donatore chi lo riceve (come disse il padre al figlio: ti ho donato la vita! e così il figlio e ogni figlio sarà per sempre soggetto al "nome del padre"). L'economia basata sul dono precede nella storia umana quella dello scambio che viene a rimediare e a liberare. Se si vuole ancora salvare il dono occorre che sia assolutamente anonimo.
Ma tutto questo è detto a posteriori, non nell'atto e tradisce il senso dell'atto di soccorrere l'altro nel suo bisogno. Cosa accade mentre soccorro l'altro? Sono davvero io che lo soccorro? O non è il senso di bisogno che avverto nell'altro che letteralmente mi costringe? Non c'è merito, non c'è nulla di cui possa compiacermi, non ci sono io in quell'atto, men che meno l'aspettarmi di sentirmi poi meglio. E', nel suo accadere, un puro automatismo senza attesa di ricompensa in cui poi si scopre che poi ci si sente meglio. C'è solo un atto che sento che non può non essere fatto e proprio per questo non si interessa né di ricompense né di soddisfazioni, non si interpreta, non valuta, non dice "hai fatto bene", gli è indifferente far bene e solo per questo fa bene, fa quello che non può non fare, senza resistenza.
Dice bene Green, l'altruista dovrebbe solo togliersi di mezzo, il problema è che se non è un ipocrita non può proprio togliersi di mezzo, è costretto dal bisogno dell'altro che gli appare davanti con l'assoluto del suo volto nudo esposto all'offesa e non gli basta volgere lo sguardo, perché quel volto con il suo nudo esporsi ritorna. E' costretto senza avere nulla in mente e senza meritare niente. Poi contabili molto razionali specialisti in partita doppia gli diranno che l'ha fatto solo per avere un ritorno, perché solo questo spiega bene tutto e così tutto torna senza resti, mentre in realtà non spiega assolutamente nulla, a parte l'esigenza di una contabilità.
Ma credo che in questo caso l'egoismo prescinda dal calcolo. La brama di possesso e di nutrire l'ego talvolta spinge ad agire contro i propri interessi, come lo speculatore che per volere troppo si ritrova a perdere tutto. Oppure semplicemente siamo esseri calcolanti che non possono prescindere dal calcolo. Il buon Pascal da un lato affermava che il cuore ha ragioni che la ragione non può comprendere, ossia che prescindono il calcolo. Ma d'altra parte affermava anche che uno dovrebbe credere in Dio anche per puro calcolo costi/benefici: se credi in Dio e poi Dio non esiste hai un danno minore di quello che subiresti a non credere in Dio e poi, invece, Dio esiste davvero.
Certo esiste l'empatia che ci spinge ad aiutare il prossimo perché ci fa immedesimare nella sua sofferenza, perché la sua sofferenza diventa la nostra. E forse sarebbe giusto fermarsi qui, non indagare oltre col rischio di disconoscere il merito di chi si dedica al prossimo. Ma qui non si tratta tanto di sminuire l'altruismo, ma di capire che c'è sempre l'amor proprio a fondamento del donare.
#273
Tematiche Filosofiche / Re:L'elemosina di Hobbes
13 Maggio 2017, 16:58:57 PM
Può essere che io sia un egoista che cerca l'egoismo negli altri per lavarsi la coscienza. Di sicuro non ho la certezza matematica di essere io un altruista. Poi non è che per pensare se l'uomo sia buono o cattivo sia necessario essere buoni o cattivi. Solo che la filosofia - o perlomeno l'atteggiamento filosofico per come lo intendo - porta ad addentrarsi nelle cose fino a portarle alle estreme conseguenze. Quindi io non mi accontento di definire uno altruista (parliamo in generale senza fare riferimenti personali) se compie talvolta un atto di generosità. Deve esserlo sempre, chi è in grado di riuscirci?  Oppure, statisticamente, compiamo più atti egoistici o altruistici nella vita? Preferisco partire dal constatare la mia corruzione in quanto uomo per cercare poi, eventualmente, di migliorarmi. E la condizione di uomo è quella di essere imperfetto, sebbene perfettibile.
Ripropongo la metafora di Baudelaire: siamo alberi con le radici immerse nell'impurità e i rami che puntano verso il cielo.
#274
Tematiche Filosofiche / Re:L'elemosina di Hobbes
13 Maggio 2017, 09:31:00 AM
Sgiombo
Sarà misconosciuto l'egoismo dell'altruismo, ma non l'altruismo dell'egoismo. Basta pensare alla mano invisibile di Adam Smith o a Bertrend Russell quando diceva che senza accentramento della ricchezza (frutto dell'egoismo) non ci sarebbe potuta essere nessuna civilizzazione, nessuna cultura.
Ora mi pare che noi crediamo che l'altruismo sia una questione di civilizzazione e di cultura

Sariputra
Scrivi:
"si dona perché "aiutando l'altro" si aiuta l'altro e se stessi nello stesso momento, si allevia l'altrui e la propria sofferenza"
e poi:
"Solo quando viene messo da parte l'ego ( e quindi l'egoismo) si ha un 'puro' atto d'amore che supera la divisione mentale soggetto/oggetto ( donatore/ricevitore) "

Ma se uno aiutando l'altro aiuta anche se stesso, forse non ha proprio messo da parte l'ego...

Jacopus
Forse l'altruismo e l'egoismo puro non esistono, sono astrazioni della mente, come le rette parallele. Ciò che esiste è la tensione fra i due estremi

Paul11
Se non ci fosse la credenza che "omo homini lupus", non ci sarebbe bisogno del Leviatano. Ma senza il Leviatano ci sarebbe la legge della giungla. Forse, pensando alla piramide di Maslow, l'altruismo nasce quando l'uomo, soddisfatti i desideri più bassi legati alla sussistenza, sente via via bisogni sempre più alti, sublima la propria esistenza e cerca di organizzare la società civile, dove compaiono quei valori che dopo vengono dati per scontati ma che prima erano sconosciuti

Green demetr
Siamo ipocriti perchè abbiamo bisogno di sentirci buoni. Possiamo sfuggire a qualsiasi giudice, ma non a quello interno della nostra coscienza. Per accogliere l'altro occore avere fiducia, ma, in questo mondo, chi si fida di chi?

Angelo Cannata

Il fatto è che anche l'odio ha un limite, non ci si potrebbe odiare ad oltranza per via di quel intimo bisogno che abbiamo di sentirci a posto con la coscienza. Quanti uomini ci sono stati che per tutta la vita hanno maltrattato quelli che avevano intorno salvi poi, sul letto di morte, invocare il loro perdono?
#275
Citazione di: Jean il 11 Maggio 2017, 20:52:41 PM
Artifizio, non arfizio... bada bene alle parole,
salvo in caso di licenza non smarrire la decenza.  
Come sposa al dì di nozze alla qual s'offrono viole
vanno unite nel contesto sia la forma che l'essenza...


Ogni cosa può sedurci (se in noi c'è il recettore specifico...), una persona, un oggetto oppure concetti, ideali, idee... filosofia, spiritualità, scienza... e naturalmente il bene e il male...

Riferendosi all'etimologia e alle spiegazioni che ne da Wiki si vede come l'ambito sia ben vasto e dall'originale (forse) accezione negativa, quella di separar se stesso dal retto cammino a sua causa, nel tempo si son consolidate anche le connotazioni positive.

Una gran parte della seduzione avviene tramite le parole che nel mio piccolo cerco di manipolare con cura, qual uomo normale, non a causa di studi ma da principiante che non ambisce ad accrescer il proprio status.
E in tal posizione mi chiedo se d'altro canto (come da titolo discussione) posso dir d'esser stato anche loro vittima, delle seducenti parole, appunto... ma ci debbo ragionar su un po'...

È risaputo che tra gli attori ve ne sono capaci di giocarsi la propria vita per completar la parte, come tra i comici per una battuta, magari l'ultima... in quei casi direste che siano le parole cariche del potere evocativo a sedurre a tal punto chi le interpreti... o v'è anche un gioco di rimando col pubblico... senza il quale nessun attor si dedicherebbe a quell'arte, ed allora chi seduce o vien sedotto?

Ho apprezzato la poesia dell'amico CVC senza la quale non sarebbe  nata la mia... ne son stato sedotto, per lo scritto in sé, per quanto ha cercato d'illustrare e per la ricerca d'un modo alternativo d'esprimersi che talora diversi tra noi s'adoperano a postare.

Ho apprezzato per gli stessi motivi quella dell'amico Jacopus che ha collocato in un contesto sociale che par quello odierno (ma modificando televisione e giornalisti va bene pure per tempi di molto lontani) l'inestricabile "gioco" in atto nella seduzione, sempre quello a ben vedere, di chi propone  e di chi accetta, destinatario-ricevente/datore-mittente...


Chi rubi per sopravvivere
Non sta rubando
Alla morte
Un po' di vita?


Saludos cordiales, amigos...

Jean
Ciao Jean, è sempre un piacere leggerti anche per come sai cogliere nel segno a tuo modo e per la tua educazione. Per me sei "Il gentleman del forum".
Certo bisognerebbe distinguere la seduzione che è tale perchè è nella natura delle cose da quella fittizia, di chi usa gli altri per un proprio scopo
#276
Tematiche Filosofiche / Re:L'elemosina di Hobbes
12 Maggio 2017, 07:28:07 AM
Citazione di: sgiombo il 11 Maggio 2017, 22:55:01 PM
Ma non dobbiamo confondere soddisfazione (ovvero piacere, felicità, benessere interiore) con egoismo e insoddisfazione, sofferenza, dolore con altruismo.

C' é una bella differenza!

L' egoista che soddisfa il proprio egoismo (per esempio accumulando ricchezza da taccagno senza fare né dare mai nulla per chi ha bisogno di essere in qualche modo aiutato) é felice (ceteris paribus), ma non per questo non é egoista.

L' egoista che non riesce ad ottenere tutto quello che vorrebbe per sé malgrado la sua taccagneria (e magari invidia altri più fortunati) é infelice (ceteris paribus), ma non per questo non é egoista, non per questo diventa altruista.

L' altruista che non riesce a soddisfare la propria generosità (per esempio perché troppo povero per poter fare regali a chi ne ha bisogno) é infelice, ma non per questo non é altruista.

E l' altruista che soddisfa il proprio altruismo (per esempio elargendo denaro o aiutando in altri modi chi ne ha bisogno; come Thomas Hobbes, per lo meno nel frangente di questo aneddoto, se vero) é felice (ceteris paribus), ma non per questo non é altruista, non per questo diventa egoista.

Egoismo =/= soddisfazione, benessere interiore, felicità
e

altruismo =/= insoddisfazione, sofferenza, infelicità (e anche =/= masochismo).
Ma  io non sto facendo una distinzione fra egoismo e altruismo. Al contrario, il ragionamento di Hobbes porta a pensare che anche l'altruismo sia impregnato da una componente egoistica, che anche il far del bene abbia il proprio tornaconto. Certo si tratterebbe di due forme di egoismo diverse, ma si potrebbe dire che l'egoista, per lo meno, è cosciente del proprio ego(ismo), l'altruista no.
#277
Tematiche Filosofiche / Re:L'elemosina di Hobbes
12 Maggio 2017, 07:22:57 AM
Citazione di: maral il 11 Maggio 2017, 22:33:42 PM
La differenza sta nel che cosa si ha in mente quando si dona. E forse la cosa migliore sarebbe non avere in mente proprio nulla, donare perché non se ne può fare a meno, senza progettare alcunché, né per sé né per altri.
Non so se a te capita di fare la spesa al supermercato e, uscendo, di trovare il mendicante che vorrebbe sollevarti dall'incombenza di riagganciare il carrello vuoto agli altri, per tenersi la monetina. In quel momento ciò che ho in mente è che se costui dovesse prendersi un euro per ogni persona che fa la spesa, guadagnerebbe in un giorno quello che guadagno io in un mese. Poi a volte, se magari sono di fretta, gli lascio immediatamente il carrello giusto perchè non ho tempo e voglio levarmelo di torno (ancor più cinico di Hobbes). Ma quella intima necessità di donare di cui parli, non è anch'essa un dare per avere qualcosa in cambio, se non altro la soddisfazione di aver donato? Quel "nulla" su cui spesso ci si accapiglia tanto in filosofia, siamo sicuri che in questo caso - donare per nulla in cambio - sia proprio nulla?
#278
Tematiche Filosofiche / L'elemosina di Hobbes
11 Maggio 2017, 20:04:32 PM
Un aneddoto su Thomas Hobbes. Una volta facendo l'elemosina ad un mendicante confessò ad un amico che con tale questua non alleviava solo la condizione del povero, ma anche il proprio dolore nel vedere tale miserevole condizione. Quindi, da misantropo convinto qual era, inseriva anche in un contesto altruistico, perlomeno apparente, la motivazione dettata dall'egoismo. Con tale ragionamento si può perciò supporre che la natura egoistica dell'uomo sia totale, persino in quegli atteggiamenti che parrebbero confutarla nettamente. L'amore per il prossimo, la compassione, non sarebbero altro che atteggiamenti volti a mitigare la sofferenza nei nostri occhi più che nell'animo altrui. Certo, trasformare ora tutti i benefattori in perfetti egoisti pare un eccesso di cinismo. Ma nemmeno si può negare che il filantropo tragga un certo beneficio dal suo donare. Si potrebbe dire provocatoriamente che un perfetto altruista per meglio giovare al prossimo dovrebbe..... togliersi di mezzo! Così la torta delle risorse da dividere sarebbe più ampia per gli altri. A meno che pensasse che la sua presenza sia un bene per gli altri. In questo caso sarebbe però un altruista un po' egocentrico.
#279
Citazione di: Jean il 07 Maggio 2017, 22:23:27 PM
LA SEDOTTA

È  vero non mi tolsi dall`ascoltar la voce
neppur m'allontanai al suo venir vicino.
Del poi il senno dice che mi causai la croce
come chi moltiplica l'inizial bicchier di vino.

Or che mi vedete, affranta e senza pace,
ascolto il vostro scherno vestito di pietà.
Ma quando si fa sera ed ogni cosa tace
pure il Signor del Mondo ignora l'empietà.

E mi rivedo pura qual acqua di sorgente
del qual il sol torto fu di scivolar nel letto.
Ed appoggiato il volto scordai d'aver la mente,
il corpo e tutti i sensi mi furon di diletto.

Voi che vi credete immuni all'arfizio
saldi nel sentiero e dalla moral guidati,
voi che non cedeste a quel che dicon vizio
pensate d'aver visto ma l'occhi son bendati.

J4Y
Trovo molto baudelairiana questa poesia: il vizio dal punto di vista di chi lo commette, il fascino del male e non la sua giustificazione. Il sapere di essere dalla parte sbagliata, il confronto con il pregiudizio, il vizio maledetto ma non rinnegato, le ragioni dello spirito anche quando è avvolto dalla scure coltre della libidine clandestina: un piccolo fiore del male.

Per qualche motivo ancora non esplicito mi viene da associarla a questa canzone di David Bowie, anche se il tema non è proprio lo stesso


DIO SA CHE SONO BUONA

Stavo camminando tra i banchi di un supermercato
E un registratore di cassa stava sputacchiando alle mie spalle
E vidi la moltitudine di facce, oneste, ricche e pulite
Come la merce scambiata ed il suono dei soldi
E una donna – che ansia aveva - fece scivolare furtivamente un barattolo di stufato
Nella borsa al suo fianco
Era bianca per la paura che i suoi gesti
fossero osservati
Così chiuse gli occhi perché la sua coscienza non vedesse

Piangendo
"Dio sa che sono buona
Dio sa che sono buona
Dio sa che sono buona
E forse oggi guarda dall'altra parte

Dio sa che sono buona
Dio sa che sono buona
Dio sa che sono buona
E forse oggi guarda dall'altra parte "

Poi andò verso l'uscita stringendo forte la sua borsa
Il sudore le colava dalla fronte
E il cuore sobbalzò quando la mano le si posò sulla spalla
E venne portata via confusa e imbarazzata
Nelle sue orecchie i registratori di cassa facevano un rumore assordante
Quando l'addetto le chiese piano come si chamasse
E una folla di persone oneste corse ad aiutare una vecchia signora stanca
Che era svenuta sul
pavimento di legno che vorticava

Piangendo
"Dio sa che sono buona
Dio sa che sono buona
Dio sa che sono buona
Sicuramente Dio non guarda dall'altra parte

Dio sa che sono buona
Dio sa che sono buona
Dio sa che sono buona
Sicuramente Dio non guarda dall'altra parte "
Già...
#280
La mia dedica alle vittime della seduzione voleva essere più generale, un qualcosa che comprendesse chi seduce per denaro, per potere e anche per amore. Vi rientra quindi anche la sedotta di Jean, per quanto in questo caso mi pare si tratti più di una seduzione dei propri sensi che di quella di un manipolatore. Voleva essere anche una critica a chi elogia la seduzione e sospende il giudizio morale nei confronti dei seduttori, perdonati dei danni che creano dal fascino che emanano,

come se il male che recano fosse una sorte di licenza poetica. In virtù del loro intrigante affabulare gli viene perdonato il male che compiono. Per la seducenza si perdona tutto
#281
IL SEDUTTORE

Con un gioco di sguardi dissolve ogni preoccupazione,
Con discrezione e grazia addomestica ogni sospetto,
Alchimista di idee e sentimenti, maestro d'illusione,
Una  pianta sintetizza coi raggi  del sole, lui con paura e affetto.

La sua voce si insinua come acqua che scende dalla montagna,
Nella dura roccia trova un comodo letto e descrive curve voluttuose,
Scova ricche terre da nutrire il suo percorso che bagna,
Si fa sempre più donna ammiccante con forme sinuose.

Il suo corpo è fedele servitore della sua volontà e del suo scopo,
In qualche caso traspare un fremito convulso e incontrollato,
La sua corazza è l'esperienza, sa sempre cosa viene dopo,
Sa quando tradire e quando essere un degno soldato.

E infine la sua anima, ahimè, giunge il turno di parlar di questa;
Impenetrabile, imperscrutabile, non ci sono entrate né aperture.
Intrighi, tradimenti, falsità, ipocrisie, qui mai si concedono una sosta,
Come non l'hanno le ansie, i turbamenti: le dissimulate paure.
#282
Tematiche Filosofiche / Re:Che è l'uomo?
22 Aprile 2017, 09:53:54 AM
OMO OMINIS LUPUS: IL DISPREZZO DELL'UOMO PER L'UOMO

Su questa antica massima, che mette in guardia l'uomo - oltre che dagli agenti atmosferici, dalle fiere, dalle malattie -  da se stesso, vorrei porre una variazione sul tema. Anche perché spesso si credono gli antichi assai più ingenui di quello che erano. La scoperta psicanalitica dell'inconscio sembra aver creato uno spartiacque fra una anteriore visione semplicistica e ingenue di un uomo che non conosceva se stesso perché ignorava il suo alter ego inconscio. In realtà in una prospettiva post-psicanalitica si può fortemente dubitare dell'esistenza di un alter ego inconscio, come una ulteriore personalità ed individualità di un soggetto. I vari complessi classificati dalla psicanalisi parrebbero mostrare una sorta di volontà inconscia diretta ed orientata ad uno scopo. Ma il voler prendere il posto del padre - per esempio - forse non è altro che un tentativo di voler razionalizzare un impulso bestiale che, se ha per certo un contenuto, non è detto che debba avere anche un valore. Razionalizzare gli impulsi significa conferirgli anche una giustificazione. Ma come ho detto nel post precedente l'uomo è - questione Dio a parte - l'unico essere giudicante dell'universo. Un animale non giudica, almeno nel senso umano del termine. L'animale è poi detto più spregiativamente bestia quando i suoi impulsi ci paiono tanto più disordinati, irrazionali, brutali. E questa bestialità ad un certo livello appartiene anche all'uomo  quando si sente spinto da un istinto morboso e incontrollabile. Fin tropo facile trovare degli esempi nei fatti di cronaca. Fatti che poi possono essere razionalizzati, o semplicemente accettati come fatali manifestazioni del omo ominis lupus. Ci si domanda cos'è l'uomo e ci si danno risposte razionali ed astratte, ma l'omo ominis lupus è dannatamente concreto. Il filosofare di certo nobilita l'uomo, esalta la sua facoltà razionale. Ma essa non è che una faccia della medaglia, sul rovescio si trovano le zanne della bestia ansimante. La quale si è tentato in ogni modo di educare. Ma non si è ancora visto un animale diventare uomo, di uomini che diventano animali invece....
#283
Attualità / Re:Che significa "America first"?
19 Aprile 2017, 16:53:03 PM
Sicuramente ci sono menzogne montate ad arte ma, secondo me, anche il cogliere del pulsare profondo dell'inconscio collettivo. Trump nell'immaginario popolare interpreta l'uomo forte che mette ordine, una speranza per le paure che attanagliano le persone, terrorismo e povertà in primis. Secondo me anche un bambino capirebbe che con un approccio mercantilista non si genera alcuna ricchezza aggregata. Ma quando si è in balia della paura o dell'avidità si accoglie volentieri chi da risposte immediate. Come l'idea che lanciare qualche missile qua e la possa riequilibrare la situazione in scenari dove si combatte da anni.
Certo che si dicono grandi menzogne, come quella che gli Usa non si sarebbero immischiati nelle situazioni internazionali che non li riguardano
#284
Attualità / Re:Che significa "America first"?
19 Aprile 2017, 15:01:52 PM
Citazione di: InVerno il 19 Aprile 2017, 13:42:11 PM
Citazione di: cvc il 19 Aprile 2017, 11:51:13 AMMa, pur non essendone profondo conoscitore, credo esista anche una parte di America sana che lotterà per recuperare il lume della ragione. Sperando che nel frattempo non si scateni una guerra atomica.
L'america "sana" , o per meglio dire l'opposizione, a mio avviso vive in maniera quasi stupefacente gli stessi problemi che l'Italia visse nell'affrontare il fenomeno Berlusconi.Difficoltà di contrastare l'aritmetica delle balle, che raccontate a valanga sfruttano quello che si potrebbe chiamare "effetto Goebbels" riguardo all'efficacia delle bugie ripetute e l'impossibilità di verificarle tutte. Ne deriva un incapacità di tenere una linea politica di reale contrasto, tanto che già i democratici sono piegati a sperare nell'empeachment per le infiltrazioni russe tanto quanto la sinistra Italiana aspettava speranzosa le sentenze. La polarizzazione politica avviene intorno alla persona di Trump anzichè alle vicende politiche, degenerando la precedente frattura sociale (del presidente nero) come in Italia fu mani pulite. Trump dal canto suo , cerca di mantenere lo status di permanente campagna elettorale come da manuale del buon populista. Tante sono le similitudini nella reazione al Trumpismo, molte di più di quante ce ne sono (e sono state vagamente sottolineate) nelle specifiche figure dei due leaders in questione. Ciò che va a vantaggio americano, nel senso che potrebbe accorciorare la loro permanenza in questo stato narcolettico rispetto all'esperienza italiana, sono la questione del controllo dei media e in generale il peso specifico dell'individuo se rapportato all'economia nazionale, che nel caso di B era notevolmente più ampio. Inoltre l'opinione pubblica si destreggia in un onesto e sano esercizio di dialogo nel capire quale sia la migliore strategia di opposizione e sembra aver già digerito alcuni concetti che in Italia si sono capiti decenni dopo.D'altro canto loro sono la patria dello star sistem, se non hanno loro i mezzi culturali per contrastareun fenomeno mediatico, non li ha nessuno.

Più che di raccontar balle si tratta di dire alla gente quello che vuole sentirsi dire. Se tu indovini quello che uno vorrebbe sentirsi dire poi difficilmente lo metterà in discussione. Cesare docet: gli uomini credono facilmente in ciò che sperano. Come dicevo riguardo al populismo oramai i politici non si pongono più il problema di inventare soluzioni, leggono semplicemente il pensiero della gente (che coi social deve essere piuttosto facile) e propongono di conseguenza le soluzione auspicate ( dalla massa incompetente) come portate che si ordinano al ristorante. È il verificarsi della profezia di Le Bon: siamo nell'era delle folle. Tutte disposte a farsi comandare (saranno loro stesse a volerlo profetizzava Le Bon) dal meneur de folle, un qualsiasi energumeno dall'oratoria stringente e insolente, dai temi semplici e istintivi, che dispensano i più dal supplizio di dovere ragionare con la propria testa.
#285
Attualità / Re:Che significa "America first"?
19 Aprile 2017, 11:51:13 AM
Citazione di: InVerno il 19 Aprile 2017, 11:06:27 AM
Un punto che non viene quasi mai dibattuto in Europa e io stesso non ho menzionato ma è ben conosciuto in america è l'influenza della filosofia di Ayn Rand e la corrente oggettivista sul liberismo moderno. Parlando con amici americani della questione, ho avuto nette impressioni sull'influenza di questa scrittrice sulla cultura americana e sulla corrente dei tea party. Ayn Rand sta all'adolescente americano come Nietzsche sta all'adolescente europeo voglioso di "filosofia col martello", salvo che il paragone tra i due pare perlomeno improprio nei contenuti. America first, che potrebbe tranquillamente essere riprodotto in "me first" è anche questo, la degenerazione del partito repubblicano americano, passato dal conservatorismo di illustri presidenti all'egotismo del recentissimo Trump, non una questione sottotraccia tuttavia. E mentre l'imperialismo americano ha subito alti e bassi indipendentemente dal partito alla presidenza, questioni tipiche del conservatorismo sono passate dalla conservazione alla demolizione. In primis la questione ambientale già citata e che rappresenta per noi europei forse il più imminente pericolo. Basti sapere la linea Reagan o Nixon, se non addirittura Bush senior, e confrontarla con la linea Trump per tracciare questa metamorfosi della conservazione, dalla conservazione per principio alla conservazione di se stessi, dalla conservazione del sistema alla conservazione del momento attuale e dei benefit immediati. Come ha recentemente sottolineato in note satiriche Bill Maher, la domanda per il repubblicano medio si è trasformata da una generica domanda di conservazione a "what would a dick do?" ("che cosa farebbe una testa di cazzo?") E qui si ritorna ad Ayn Rand, che pare onestamente ossessionata nel porsi questa domanda e fornire peraltro risposte convincenti nella formazione dei suoi eroi, emerite teste di cazzo alla sempiterna ricerca di mantenere e conservare questo status "alternativo" composto di scelte al limite della sociopatia e l'anafettività, scelte operate "col martello" nel tentativo di divinizzare se stessi, la generica moda di rendersi odiosi e astiosi per rendersi felici e famosi. Da non dimenticare poi l'endorsement di Putin, un altra traccia importante per comprendere come "america first" stia realmente in piedi. Chi segue anche lontanamente la retorica putiniana sa bene che la difesa retorica di Putin davanti ai criticismi sia principalmente puntare il dito contro l'america. Lo scopo principale della retorica di Putin è quello di dimostrare che gli U.S.A. sono uguali se non peggio, per esempio i media russi sono i primi a segnalare eventuali brogli nelle elezioni americane per il semplice scopo di dimostrare che non esiste un "mondo migliore" e che le elezioni per esempio sono "sempre corrotte, anche in America". Putin non poteva trovare miglior alleato per le prossime presidenziali e specialmente per l'elaborazione del motto della prossima campagna elettorale, sdoganato abilmente dall'alleato dalla capigliatura arancione. E questo non solo offre un dejavu di guerra fredda, ma anche e specialmente un esempio di come "America first" potrebbe diventare il primo tassello di un domino di reazione a catena per tantissimi altri stati connessi. Ayn Rand, bisfrattata e poco considerata in Europa, potrebbe in realtà diventare una pensatrice fondante della nuova Europa, basata sull'individualismo sfrenato in un campo già preparato dal neoliberismo. La nota positiva è che solitamente queste società durano molto poco, la nota negativa è come e perchè finiscono.
Interessante questa analisi sociologica di una deriva individualista e nazionalista dell' intellighenzia americana che, se da un lato non se ne capisce bene la necessità, d'altra parte si vede bene dove porterà: alla distruzione di quei valori di liberismo e progresso che sono l'essenza stessa degli Usa, perlomeno nella nostra concezione ideale d'oltre oceano.
Ma la cosa più sconcertante è il livello di un uomo che dimostra deficit cognitivi, compie gaffe tremende, parla davanti al mondo confondendo in continuazione i nomi dei paesi dimostrando una cultura inesistente e pur avendo sempre dichiaratamente difeso i più ricchi, è stato eletto col voto dei poveri. Certo dev'essere un'America strana se nemmeno lo star System  riesce più ad avere influenza sull'immaginario della popolazione. È un'America che credo abbia perso il contatto con la realtà e sta vivendo una psicosi collettiva. Ma, pur non essendone profondo conoscitore, credo esista anche una parte di America sana che lotterà per recuperare il lume della ragione. Sperando che nel frattempo non si scateni una guerra atomica.
Io continuo a pensare che il meccanismo delle primarie è una pianta velenosa che sta dando i suoi frutti.