Risposta a @Iano,
sollevi un punto interessante, in realtà. E a dire il vero una cosa simile a quella che ti riferisci è la teoria della "funzione d'onda oggettiva" alla Ghirardi-Rimini-Weber o quella di Penrose. Per loro la funzione d'onda realmente collassa. Il problema è che questo tipo di teoria hanno problemi epistemologici non indifferenti. Per esempio non si sa bene come possano conservare l'energia. Inoltre, hanno il problema della non-località.
Anche ciò che stai proponendo tu, in realtà, ha problemi di non località. Se la particella si estende in tutto lo spazio, allora all'"interno" di essa l'informazione viaggia a velocità superluminali, violando la relatività. L'alternativa sarebbe quella di estenderla nello spazio-tempo ma non cambierebbe molto: ci sarebbe ancora la non-località e bisognerebbe rinunciare alla relatività ristretta o addirittura bisogrebbe abbracciare la nozione di "retrocausalità". Personalmente sicccome credo che la relatività sia "giusta" e allo stesso tempo però non credo alla retrocausalità, non riesco ad accettare la non-località in ogni sua forma.
Comunque la tua idea è interessante! E in realtà ci sono vari fisici che pensano che lo spazio sia meno fondamentale delle particelle. In questo caso la tua teoria sarebbe molto vicina a tali posizoni.
Risposta a @sgiombo
Ti rispondo in modo conciso sulle tre prinicipali questioni che hai messo in luce.
Primo: sia Bohm che t'Hooft sono deterministi e accettano la "definitezza controfattuale". Ergo, per entrambi a livello "ultimo" il colpo di fortuna non esiste, così come non esiste per un Newtoniano. Però a livello pratico si può parlare di colpo di fortuna quando, per esempio, sono nel caso della lotteria. Se io vinco sempre allora significa: 1) o che l'evoluzione deterministica dell'universo ha fatto in modo che succeda così, 2) c'è una "connessione" tra me e il sistema di vincite, magari non osservabili in alcun modo (= non scientificamente osservabile!!!) che mi fa vincere sempre. Vediamo che le mele cadono dagli alberi. Questo significa che: 1) l'evoluzione deterministica dell'universo ha fatto in modo che succeda così 2) esiste la gravità e quindi un effettivo legame tra la mela e la Terra. Supponendo però che non ci sia alcun modo sperimentale che ci possa far "vedere" la gravità, non è possibile falsificare una o l'altra. Bohm, in sostanza dice che c'è la "gravità" (ovvero l'interazione non-locale) e t'Hooft dice che non c'è - entrambi concordano che non c'è alcun esperimento scientifico che possa farci decidere chi ha ragione. Va meglio così? (sinceramene non credo di riuscire a spiegarmi meglio - secondo me la confusione tra noi due è che mentre io mi riferisco a metodi "sperimentali" di falsificazione, tu ti riferisci all'epistemologia. Ma a priori ci potrebbero essere modi non-scientifici (per esempio una conoscenza "sovrumana" o "paranormale") che ci permeterebbe di falsificare una delle due teorie...). Tra le due preferisco la versione di Bohm, perchè in questo caso la connessione mi sembra più "naturale" se si accettano le variabili nascoste.
Secondo: posso anche concordare con le tue perplessità su Bohr. Anche io ho problemi seri ad accettare che l'inter-soggettività è spiegata in quel modo. Ma d'altro canto accettare sia la relatività ristretta che la teoria di Bohm significa accettare la "retrocausalità". Se non accetto né la teoria di Bohm né quella di Bohr allora potrei pensare ai molti mondi. Ma la teoria dei molti mondi, sinceramente, mi sembra una non-risposta. Ce ne sono anche altre che però rifiutano il "realismo" (sia quello "classico" di Einstein, ovvero la "definitezza controfattuale" che quello dei molti mondi) come la teoria di Rovelli, la quale però è perfettamente compatibile con la relatività. Ovviamente se uno non può rinunciare a certi assiomi non può accettare una teoria. Per esempio tu non puoi fare a meno della "definitezza controfattuale", io invece ho seri problemi con la non-località.
Terzo: per "non-separabilità" si intende semplicemente che il sistema non puoi non considerarlo come uno. Questo lo accettano tutte le interpretazioni in varia misura, a parte t'Hooft. Per Bohm la non-separabilità è naturale. Per i "danesi" invece visto che le proprietà esistono solo all'atto della misura la correlazione non c'è tra "le proprietà". Ma questo, usando il gergo Aristotelico, è vero solo in atto. In atto non c'è alcun "vero legame" tra le due particelle. Però c'è in potenza. Alice sa che se ottiene un risultato, Bob ne ottiene un altro. Ma questo non implica che ci sia una vera "connessione" in atto, ma solo in potenza. Dal punto di vista di Copenaghen puoi pensarla così. Hai due calzini. Quando li osservi possono avere quattro colori: rosso, blu, giallo e verde. Per qualche strano motivo però sai che se i due calzini sono accoppiati può succedere che "li invii" a due tuoi amici, Alice e Bob questi osserveranno solo la coppia "rosso-blu" oppure "giallo-verde". Ma questo lo possono predire anche Alice e Bob. Alice osserva il calzino e vede che è "rosso", quindi sa che Bob le dirà che lui ha osservato un calzino blu. La differenza coi calzini reali è che al'infuori dell'osservazione i colori solo in potenza.
Risposta a Il_Dubbio
La correlazione c'è anche prima, ma è una correlazione tra risultati di potenziali risultati di misura. (vedi anche la discussione con @sgiombo). Bohr accetta tale correlazione. Non accetta però che la correlazione sia sempre in atto (conseguenza del realismo Einsteiniano). Inoltre il fatto che all'atto della misura i risulati siano effettivamente "correlati" come atteso non implica la connessione (vedi l'esempio dei calzini che ho fatto a @sgiombo in questo post).
Spero di aver chiarito l'equivoco
No problem
come vedi anche le mie risposte sono abbastanza lente!
Per tutti: "reale" significa "in atto" per i fisici. La fisica non si interessa dello status ontologico delle proprietà "in potenza", qualunque esso sia.
sollevi un punto interessante, in realtà. E a dire il vero una cosa simile a quella che ti riferisci è la teoria della "funzione d'onda oggettiva" alla Ghirardi-Rimini-Weber o quella di Penrose. Per loro la funzione d'onda realmente collassa. Il problema è che questo tipo di teoria hanno problemi epistemologici non indifferenti. Per esempio non si sa bene come possano conservare l'energia. Inoltre, hanno il problema della non-località.
Anche ciò che stai proponendo tu, in realtà, ha problemi di non località. Se la particella si estende in tutto lo spazio, allora all'"interno" di essa l'informazione viaggia a velocità superluminali, violando la relatività. L'alternativa sarebbe quella di estenderla nello spazio-tempo ma non cambierebbe molto: ci sarebbe ancora la non-località e bisognerebbe rinunciare alla relatività ristretta o addirittura bisogrebbe abbracciare la nozione di "retrocausalità". Personalmente sicccome credo che la relatività sia "giusta" e allo stesso tempo però non credo alla retrocausalità, non riesco ad accettare la non-località in ogni sua forma.
Comunque la tua idea è interessante! E in realtà ci sono vari fisici che pensano che lo spazio sia meno fondamentale delle particelle. In questo caso la tua teoria sarebbe molto vicina a tali posizoni.
Risposta a @sgiombo
Ti rispondo in modo conciso sulle tre prinicipali questioni che hai messo in luce.
Primo: sia Bohm che t'Hooft sono deterministi e accettano la "definitezza controfattuale". Ergo, per entrambi a livello "ultimo" il colpo di fortuna non esiste, così come non esiste per un Newtoniano. Però a livello pratico si può parlare di colpo di fortuna quando, per esempio, sono nel caso della lotteria. Se io vinco sempre allora significa: 1) o che l'evoluzione deterministica dell'universo ha fatto in modo che succeda così, 2) c'è una "connessione" tra me e il sistema di vincite, magari non osservabili in alcun modo (= non scientificamente osservabile!!!) che mi fa vincere sempre. Vediamo che le mele cadono dagli alberi. Questo significa che: 1) l'evoluzione deterministica dell'universo ha fatto in modo che succeda così 2) esiste la gravità e quindi un effettivo legame tra la mela e la Terra. Supponendo però che non ci sia alcun modo sperimentale che ci possa far "vedere" la gravità, non è possibile falsificare una o l'altra. Bohm, in sostanza dice che c'è la "gravità" (ovvero l'interazione non-locale) e t'Hooft dice che non c'è - entrambi concordano che non c'è alcun esperimento scientifico che possa farci decidere chi ha ragione. Va meglio così? (sinceramene non credo di riuscire a spiegarmi meglio - secondo me la confusione tra noi due è che mentre io mi riferisco a metodi "sperimentali" di falsificazione, tu ti riferisci all'epistemologia. Ma a priori ci potrebbero essere modi non-scientifici (per esempio una conoscenza "sovrumana" o "paranormale") che ci permeterebbe di falsificare una delle due teorie...). Tra le due preferisco la versione di Bohm, perchè in questo caso la connessione mi sembra più "naturale" se si accettano le variabili nascoste.
Secondo: posso anche concordare con le tue perplessità su Bohr. Anche io ho problemi seri ad accettare che l'inter-soggettività è spiegata in quel modo. Ma d'altro canto accettare sia la relatività ristretta che la teoria di Bohm significa accettare la "retrocausalità". Se non accetto né la teoria di Bohm né quella di Bohr allora potrei pensare ai molti mondi. Ma la teoria dei molti mondi, sinceramente, mi sembra una non-risposta. Ce ne sono anche altre che però rifiutano il "realismo" (sia quello "classico" di Einstein, ovvero la "definitezza controfattuale" che quello dei molti mondi) come la teoria di Rovelli, la quale però è perfettamente compatibile con la relatività. Ovviamente se uno non può rinunciare a certi assiomi non può accettare una teoria. Per esempio tu non puoi fare a meno della "definitezza controfattuale", io invece ho seri problemi con la non-località.
Terzo: per "non-separabilità" si intende semplicemente che il sistema non puoi non considerarlo come uno. Questo lo accettano tutte le interpretazioni in varia misura, a parte t'Hooft. Per Bohm la non-separabilità è naturale. Per i "danesi" invece visto che le proprietà esistono solo all'atto della misura la correlazione non c'è tra "le proprietà". Ma questo, usando il gergo Aristotelico, è vero solo in atto. In atto non c'è alcun "vero legame" tra le due particelle. Però c'è in potenza. Alice sa che se ottiene un risultato, Bob ne ottiene un altro. Ma questo non implica che ci sia una vera "connessione" in atto, ma solo in potenza. Dal punto di vista di Copenaghen puoi pensarla così. Hai due calzini. Quando li osservi possono avere quattro colori: rosso, blu, giallo e verde. Per qualche strano motivo però sai che se i due calzini sono accoppiati può succedere che "li invii" a due tuoi amici, Alice e Bob questi osserveranno solo la coppia "rosso-blu" oppure "giallo-verde". Ma questo lo possono predire anche Alice e Bob. Alice osserva il calzino e vede che è "rosso", quindi sa che Bob le dirà che lui ha osservato un calzino blu. La differenza coi calzini reali è che al'infuori dell'osservazione i colori solo in potenza.
Risposta a Il_Dubbio
CitazioneL'influenza causale tra apparato di misura e sistema quantistico non può essere messo in dubbio. Ovvero se c'è interazione tra apparato di misura e sistema quantistico abbiamo la misura. Per cui c'è bisogno di una interazione (oggettiva) per ottenere una misura. Quindi l'interazione è la causa della misura.Quello che intendevo era che l'influenza causale tra i sistemi distanti si riduce solo alla comunicazione degli osservatori. Effettivamente quanto ho scritto poteva essere visto come una negazione dell'interazione che corrisponde alla misura. Come ben dici nessuno nega ciò. Hai fatto bene a farlo notare! Perdona l'equivoco.
CitazioneSe sostieni che la correlazione sia un atto di misura provocato dalla comunicazione tra i due osservatori, stai (secondo me) sorvolando sul concetto di misura che è un atto preciso ovvero una interazione tra l'apparato e il sistema di misura. Nella comunicazione fra i due osservatori l'apparato non c'è, avviene solo uno scambio di informazione (a voce, o tramite telefono, o anche personalmente) tra due fisici che ovviamente hanno gia fatto le loro misure e quindi hanno gia operato per creare le condizione per fare una misura. Per cui secondo me o è vera la 2) oppure la 3)Questo per me invece è un non-sequitor. Gli atti di misura sono "atti precisi", ma sono atti che avvengono anche in uno spazio e in un contesto preciso. La misura è una interazione tra l'apparato di misura e il sistema quantistico. Ma il fatto che i risultati delle due misure sono correlati e ottenuti con atti precisi non implica che tra di loro ci sia una connessione. Implica solo la correlazione. L'eventuale interazione tra i due osservatori (o tra i due apparati o tra i due sistemi) avviene sempre a velocità subluminali. Discorso diverso è se accetti la "definitezza controfattuale" (il realismo Einsteiniano), in tal caso, invece, non riesci a spiegare la correlazione senza una connessione (a meno che non scegli la non-spiegazione superdeterministica).
Citazioneammettiamo che io faccio la misura e tu ne fai un'altra da un'altra parte. I nostri sistemi quantistici non sono correlati (questo sembra tu dire con la contraddizione che io leggo) fino a che noi due non siamo in grado di comunicarci le reciproche misure.
La correlazione c'è anche prima, ma è una correlazione tra risultati di potenziali risultati di misura. (vedi anche la discussione con @sgiombo). Bohr accetta tale correlazione. Non accetta però che la correlazione sia sempre in atto (conseguenza del realismo Einsteiniano). Inoltre il fatto che all'atto della misura i risulati siano effettivamente "correlati" come atteso non implica la connessione (vedi l'esempio dei calzini che ho fatto a @sgiombo in questo post).
Spero di aver chiarito l'equivoco

Citazionescusa il ritardo della risposta
No problem

Per tutti: "reale" significa "in atto" per i fisici. La fisica non si interessa dello status ontologico delle proprietà "in potenza", qualunque esso sia.