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Messaggi - Donalduck

#271
Tematiche Filosofiche / Re:Realtà e rappresentazione
18 Novembre 2016, 00:25:23 AM
Apeiron ha scritto:
Citazionenon nego che ci siano più prospettive e che ci sia oggettività tra le varie prospettive. Quello che mi da problemi è l'asserire che c'è una realtà "oggettiva" indipendente da OGNI prospettiva. Questo perchè sarebbe "oltre i limiti del linguaggio"
Credo che questa frase centri il problema più di tutto il resto.

1) Secondo me cercare qualsiasi tipo di "verità ultima" o "assoluta" attraverso la logica (ossia il linguaggio) è futile. O meglio lo è se si pensa di poter arrivare a una conclusione. Il linguaggio non può mai superare i limiti del relativo, pretendere di usarlo per "definire" l'assoluto (ammesso che questa parola abbia un referente in qualche modo esperibile) lo trovo fallimentare in partenza.

2) Trovo che pensare di poter separare del tutto l'oggettivo dal soggettivo sia semplicemente un'assurdità. Oggettivo e soggettivo si presuppongono a vicenda e non possono avere alcuna forma di esistenza indipendente. Per questo motivo ritengo che parlare di una realtà esistente indipendente dalla coscienza (o viceversa) sia un nonsenso.

3) Tuttavia soggetto e oggetto hanno una loro relativa indipendenza, il che ci consente di pensarli e studiarli separatamente. Quel che possiamo verificare è che sia il soggetto che l'oggetto fanno la loro parte nella costruzione dell"esistenza" (che risulta appunto dalla relazione soggetto-oggetto)

4) A proposito di questi temi trovo molto interessanti le speculazioni epistemologiche legate alla fisica quantistica e ai suoi paradossi, in particolare quelle di David Bohm e altri che seguono un simile linea di pensiero. In estrema sintesi, la tesi di fondo (secondo la mia interpretazione) è che ci sia un "ordine implicito" di natura virtuale, potenziale, "non locale" (ma non per questo "non reale") che guida il "flusso indiviso" dell'esistenza, flusso (quindi processo, divenire) da cui trae origine la "realtà", che sarebbe una manifestazione indotta dall'osservazione (ossia dalla relazione, o meglio una catena di relazioni che all'estremità è connessa a un soggetto). La differenza principale rispetto alla "cosa in sé" kantiana è costituita dal suo carattere potenziale (strettamente imparentato con concetto di "campo" nella fisica) e dal fatto che costituisce solo una componente della realtà (un lato della medaglia) e non una realtà a sé stante. In questa prospettiva non c'è esistenza senza conoscenza, e soggetto e oggetto fanno entrambi parte di questo flusso indiviso (una sorta di monismo dinamico).

5) Diverse tendenze di pensiero della recente epistemologia (con i suoi risvolti ontologici) portano a mettere in primo piano (fino a considerarlo il concetto più fondamentale che possiamo raggiungere a proposito dell'"essenza dell'esistenza") il concetto di informazione. E, se ci riflettiamo, ci rendiamo conto che in effetti possiamo "tradurre" qualunque elemento dela nostra esperienza in termini di informazione. E l'informazione presuppone un emittente, un ricevente e un codice (una "trinità" in stretta relazione con quella della semiotica, particolarmente evidente nei concetti di Peirce di "primità", "secondità" e "terzità")

Tutto ciò non esclude la possibilità di esperienze extrarazionali come il Nirvana o altro, che possano rendere l'"esperienza dell'assoluto", ma si tratterebbe comunque di dimensioni dell'esperienza inafferrabili per il linguaggio, riferibili solo attraverso allusioni e metafore.
#272
Tematiche Filosofiche / Re:Nulla è contro-natura
08 Novembre 2016, 21:46:19 PM
Uno dei problemi è che, come spesso accade, il termine viene usato con significati differenti, senza mai ben specificarli.
Esiste la contrapposizione naturale-artificiale per distinguere i prodotti "tecnologici" umani da quelli in cui la volontà umana non interviene.
Ed esiste la contrapposizione naturale-soprannaturale per distinguere fenomeni di cui si conoscono i meccanismi per mezzo della scienza dagli altri (la cui esistenza è, come sappiamo, molto discussa).
Ed esiste la contrapposizione naturale-contronatura intendendo con quest'ultimo termine atti e pensieri che vanno in direzione opposta a quella che si suppone sia suggerita dall'"ordine naturale delle cose", quell'ordine che ci sembra di vedere nel mondo.

In generale porsi il problema se qualcosa sia o no "naturale" lo considero fuorviante. Ognuno di questi significati affronta problemi diversi e sollecita riflessioni di diversa natura. E in ogni caso il problema non è stabilire la naturalità o meno, ma dare una valutazione delle cose sulla base di cosa si ritenga giusto o sbagliato, vantaggioso o dannoso.

Il problema degli OGM non è stabilire se sono o no "naturali", ma quanto possano essere rischiosi per la salute e quanto valga la pena di affrontare questi rischi.
Bisogna però aggiungere che questa contrapposizione uomo-natura è anche figlia di quella concezione (che ritengo radicalmente sbagliata) che vede l'uomo come una sorta di anomalia nell'ambito dell'universo e la coscienza come un "epifenomeno" piuttosto che un elemento fondante dell'esistenza.

Il termine "soprannaturale" può solo servire a definire e insieme mistificare la nostra ignoranza. Non so se esistono spiriti e fantasmi, ossia delle entità coscienti disincarnate, ma se esistono, è chiaro che sono naturali quanto tutto il resto. Se ne fosse accertata l'esistenza, si tratterebbe di incorporare questa nuova conoscenza con le altre consolidate, non di creare una categoria di conoscenza a parte.

Forse la contrapposizione più insensata è quella rappresentata dal termine "contronatura". E' chiaro, per fare un esempio classico, che se un omosessuale è tale, lo è perché questa è la sua natura. Perfino un serial killer con i suoi istinti sadici, deve queste tendenze alla sua natura, dato che la loro presenza non è stata determinata dal soggetto. Il termine acquista senso solo in una prospettiva fideistica in cui la "natura" si identifica con una presunta "volontà del nostro creatore" a cui non è lecito opporsi. Posizioni che semplicemente non possono essere oggetto di discussione, in quanto esplicitamente irrazionali.

In definitiva, se si abbandonassero i discorsi su natura e la naturalità, si risparmierebbero inutili disquisizioni spesso viziate da un'ambiguità irrisolta sul significato del termine, e si guadagnerebbe in chiarezza, precisione e correttezza logica.
#273
Tematiche Filosofiche / Re:IO
02 Settembre 2016, 23:34:18 PM
CitazioneIO, i miei pensieri e i miei sogni. Queste cose sono un enigma per me.
Queste cose sono un enigma per chiunque si ponga delle domande sui fondamenti dell'esistenza. Non ci sono risposte definitive, ma cercare una risposta può portare a una visione delle cose più lucida e profonda.
CitazioneL "io", che confondo continuamente, non sapendo se ciò che faccio lo voglio fare veramente o anche solo perché lo faccio, facendomi trascinare da chiunque
L'io, o meglio l'ego, è in gran parte una costruzione sociale, o meglio una nostra costruzione fatta con materiali forniti dalla società e costruta seguendo il "libretto di istruzioni" che la società, attraverso l'educazione e le molte influenze che esercita sull'individuo, fornisce. La società, per motivi di autoconservazione, promuove l'uniformità e non vede di buon occhio (in generale) una eccessiva specificità dell'individuo. Tutti sono sottoposti a queste pressioni e a un costante, non sempre esplicito, ma comunque costante e forte invito: sii come devi essere (come tutti devono essere), non come sei, o senti di essere.
Non conosco il tuo caso, ovviamente, ma personalmente ho sempre avvertito come un peso e una violenza questa costante pressione, irrispettosa delle peculiarità individuali e soprattutto irrispettosa della verità, intesa come autenticità.
CitazioneTutto sembra finzione. Finto, maschere su maschere. Non sono sincero onesto spontaneo naturale.
Stai solo seguendo le istruzioni. Sono convinto che la nostra civiltà sia fondata sulla finzione, sulla menzogna, sulla distorsione della realtà. Non esiste tabù più forte e onnipresente della spontaneità, della semplice e schietta onestà, priva di secondi e terzi fini. Esistono diversi libri e film su questo argomento, in cui vengono mostrati gli effetti esilaranti o disastrosi che può avere l'infrangere questo tabù. Se uno dovesse davvero dire ciò che realmente pensa (semplicemente quello che gli passa per la testa, senza elaborazioni) sarebbe considerato pazzo o antisociale e non avrebbe vita facile e probabilmente neppure lunga.
CitazioneSOGNO. CONTINUAMENTE. COSTANTEMENTE. NON VIVO, SOGNO. COSE CHE NON SI AVVERANO. SITUAZIONI IDDILIACHE, PERFETTE.
E' una normalissima reazione alla difficoltà di adattarsi a tutto questo, e alle difficoltà di relazione. Come anche la ricerca di diversi stati di coscienza, con l'aiuto di sostanze psicoattive. Ovviamente c'è il rischio di staccarsi dalla realtà e di cedere alla tentazione di non affrontare i problemi e la dipendenza, sia dai sogni che dalle sostanza, va evitata di sicuro. Ma c'è anche qualcosa di positivo in questo sognare, in questo cercare un "altrove". Se si riesce a trovare abbastanza forza interiore, questa tendenza può risolversi in qualche forma di creatività, e anche portare a un lavoro introspettivo e di riflessione che può dare buoni frutti.

Certamente i consigli che altri ti hanno dato, di vivere qui e ora, di mettere una distanza tra la tua coscienza e i tuoi pensierie le tue emozioni, ossia di cercare un distacco, un'attitudine da osservatore imparziale, sono ottimi, ma non di facile realizzazione. Secondo me, vale comunque la pena di provarci, e non credo che esista un altro modo di trovare un equilibrio non superficiale.
Per me le cose hanno cominciato a cambiare solo quando son riuscito a concretizzare una sorta di centro immobile e imperturbabile che non è il mio modo costante di essere, ma è una condizione in qualche misura e per qualche tempo raggiungibile, qualcosa di cui avverto costantemente la presenza, anche quando sono in preda alle emozioni più invadenti e magari più stupide. Questa "presenza" mi permette sia di non prendermi troppo sul serio (cosa fondamentale), sia di non prendere troppo sul serio gli altri. E anche di capire, e soprattutto accettare, l'inconsistenza e la falsità del mio ego (e di quello altrui), col quale ritorno sempre a identificarmi, ma dal quale so di potermi distaccare attraverso una operazione di disidentificazione e reidentificazione col mio centro immobile (per me non è qualcosa di netto o di qua o di là, a piuttosto un essere in varie gradazioni un po' qua e un po' là).
A questo sono arrivato dopo molti anni di vagabondaggi interiori. Se tu, che sei così giovane (penso a quante difficoltà avrei avuto in meno se ci fossi arrivato prima), troverai il tuo modo di percorrere una strada simile - tenendo presente che gli altri possono solo darti delle indicazioni di massima, ma il tuo percorso preciso non te lo può tracciare nessuno, e tutto dipende dal tuo lavoro - credo che possa trasformare il tuo disagio in una spinta alla crescita, quella crescita individuale, spirituale (e non quel gonfiaggio dell'ego a cui i valori correnti troppo spesso portano) che la società non incoraggia, ma di cui abbiamo un gran bisogno.
#274
Citazione di: cvc il 25 Giugno 2016, 14:51:15 PMIn effetti l'autorealizzazione è un mito quando con essa si intendono i simboli del prestigio: ricchezza, popolarità, fascino. È un mito, o una chimera, perché tali obbiettivi sono difficilmente raggiungibili, o lo sono ad un costo elevato in termini di tempo e serenità e comunque, in ogni caso, è impensabile che la torta basti per tutti, se ognuno vuole la fetta più grossa. È evidente che c'è chi ha interesse che si corra dietro a tali sogni o chimere, per motivi economici o politici. Certamente esiste anche un altro tipo di autorealizzazione che consiste nel far quadrare il proprio cerchio. Ma è giusto e credo non scontato capire la differenza fra le due cose, in quanto si tratta di far luce sulle proprie aspirazioni, le quali influenzeranno la nostra volontà.
Secondo me il punto non è la realizzabilità o meno, ma l'autenticità, l'originalità di desideri e aspirazioni. Molti desideri sono indotti attraverso azioni ripetute e sistematiche di martellamento comunicativo, e coercizione (se desideri questo sei come tutti e ricevi plauso, se desideri quello sei disapprovato ed emarginato). Far "quadrare il proprio cerchio" consiste appunto nel distinguere l'originale dall'inculcato a forza.
CitazioneÈ  il tema  della scelta dei desideri: valutare ciò che si desidera prima di desiderarlo convintamente. Ma mi pare che domini la convinzione per cui il desiderio sia un fatto del tutto spontaneo, per cui uno non può farci niente se desidera questo invece di quello. Così se all'improvviso desidero una bella e giovane fanciulla, al diavolo dieci o venti o trenta anni di matrimonio! Che ci posso fare se la desidero? Questo e ciò che mi pare di riscontrare nel modo di pensare dei più e al quale sono contrario. O cerco di esserlo, perché non è facile. Quello della fanciulla è solo un esempio.
Questo è un altro tema, ossia l'interazione, la combinazione e la compatibilità o meno tra i diversi desideri e aspirazioni a cui siamo soggetti, che necessita dell'intervento della coscienza in qualità di supervisore. Il desiderio di una giovane amante è in contrasto con quello di non compromettere un matrimonio pluridecennale, ed eventualmente con quello di rispettare i propri valori etici. Ovviamente non possono esistere regole generali, la decisione va presa sulla base delle sensazioni e delle valutazioni razionali, in considerazione dei propri valori di riferimento, ma nulla è scontato. In alcuni casi può essere preferibile (più rispondente a un'autentica realizzazione, alle proprie aspirazioni più intime e genuine, e alla propria visione della vita) la scelta dell'amante, in altri quella del matrimonio.
#275
La prima cosa che mi vien da dire a proposito de tuo intervento, Andrea, è che mi piace il fatto che, anziché rifarti a teorie e autori conosciuti (anche se ovviamente le tue idee saranno influenzate da letture e informazioni raccolte in vario modo), magari con citazioni e disquisizioni sul "vero significato" di questo o di quello, ti sei messo in gioco in prima persona, e hai deciso di "fare filosofia" in proprio. Una pratica che andrebbe incoraggiata.

Sul contenuto del saggio, in sintesi posso dire che, nonostante in generale mi abbia dato l'impressione di una pervasiva ingenuità e di insufficiente riflessione su diversi temi, ho trovato diverse idee interessanti e condivisibili.

Partiamo dalle critiche.

La prima ingenuità che mi è saltata agli occhi è quella di collocare una serie di passi avanti di enorme portata, fino ad arrivare a una virtualizzazione quasi completa della vita (e addirittura a una condizione di immortalità e "quasi onniscienza") in un arco temporale di soli cento anni (uno o più millenni sarebbe stato un po' più realistico). Si tratta di un aspetto marginale, ma che mi fa pensare a un'immaginazione un po' sbrigativa e poco meditata.

Parlando invece delle idee, quella che trovo più infondata (in base a quanto sappiamo e possiamo immaginare) è l'idea di una "realtà vera" contrapposta a "realtà virtuali". Secondo me questa impostazione mentale deriva a sua volta dall'idea, o dalla pretesa, di poter in qualche modo raggiungere, con la mente, con la conoscenza, l'assoluto. Dimenticando che tutta la conoscenza che la nostra mente può raggiungere è sempre e solo relativa. Quindi si può parlare di una realtà che è virtuale in relazione ad un'altra realtà, ma parlare di una realtà "vera" in assoluto, a mio parere non ha alcun senso, o almeno nessun senso oggettivabile.
Un videogioco, ad esempio, in cui la ma mente interagisce non solo con quella di chi ha preogettato e realizzato il software, ma anche di altri giocatori che manovrano altri personaggi virtuali, non è, in assoluto, né reale né irreale, ha semplicemente un tipo o una modalità di realtà diversa da quella del nostro mondo "reale". E si può dire che è "virtuale" rispetto alla nostra realtà quotidiana. Ma se vogliamo avventurarci nell'assoluto - che, ammesso che abbia una sua forma di "esistenza" è precluso a tutto ciò che usa segni per comunicare, quindi non solo il linguaggio, ma il pensiero in tutte le sue forme - non potremo che approdare a qualche forma di incongruenza. Come nel caso in cui ci si chieda l'"origine ultima" delle cose, è evidente che la regressione infinita è inevitabile. Quindi, per me, niente "origine ultima" e niente "realtà ultima", se non, semmai, come ineffabili e incriticabili esperienze della coscienza (la famosa "illuminazione") al di là di qualunque comunicabilità.

Se si adotta la linea di pensiero che suggerisco, "realtà" e "illusione", valgono solo in termini relativi, e l'illusione è semplicemente scambiare un tipo (o piano, o dimensione) di realtà per un altro. Se scambio un sogno per un fatto accaduto nella "normale" realtà, si tratta di un'illusione, ma il sogno in sé non è affatto un'illusione, non è meno reale della nostra quotidianità, sta solo su un piano di realtà differente.

Quindi, applicando questa impostazione al tuo saggio, eliminerei il concetto di "realtà vera" e metterei al centro il concetto di informazione, che secondo me è forse il più illuminante e prolifico che abbiamo attualmente a disposizione. Se riflettiamo sulla natura della nostra esperienza di vita, ci rendiamo conto che tutto è riconducibile a acquisizione ed elaborazione di informazioni. Le stesse sensazioni corporee non sono altro che informazioni che giungono alla coscienza. Pensiamo all'ipnosi: la cosiddetta "suggestione" (che consiste in un flusso di informazioni che giungono alla coscienza da un canale "anomalo", interferendo con quelle provenienti dalla "realtà", come potrebbe fare un virus informatico) riesce ad alterare anche in maniera eclatante le percezioni stesse (ad esempio provocare anestesia).

Anche nell'ambito della scienza e della filosofia, diverse correnti di pensiero cominciano a convergere nell'assegnare all'informazione il ruolo di "costituente base" della realtà. Il che non significa individuare una "realtà ultima", ma casomai la "materia" di cui sono fatte tutte le realtà. Da questo punto di vista, una realtà "virtuale" è una realtà costruita con elementi di un'altra realtà, non meno reale, ma dipendente da quest'ultima, e ovviamente meno complessa. E possiamo benissimo immaginare che la nostra realtà quotidiana sia virtuale rispetto a un altro piano di realtà, o, come hai fatto tu, pensare di creare, a partire da "questa" realtà, una realtà virtuale rispetto a quella "ordinaria" che imiti in quasi tutti gli aspetti la realtà di riferimento (ma quel "quasi" è ineliminabile, altrimenti le due realtà arriverebbero a coincidere).

Ma non dobbiamo dimenticare che l'informazione ha due "polarità": la fonte e la destinazione. Quest'ultima, perché il processo informativo abbia luogo, deve essere in grado di decodificare ed elaborare l'informazione, e quindi svolge un ruolo sia passivo che attivo. Non so se ti sia mai capitato di leggere i libri di Carlos Castaneda. Se no, ti consiglio di farlo. Castaneda, al di là di ogni valutazione sul grado di "veridicità" di quanto scrive (se si tratti di un resoconto veritiero, come l'autore sostiene, o di invenzioni della fantasia), contiene idee estremamente interessanti, in particolare quello che l'essere umano sia in grado di "visitare" altri mondi, modificando il modo in cui seleziona, organizza ed elabora le informazioni che giungono da un "substrato comune". Castaneda parla di uno "spostamento del punto d'unione" (ache non starò qui a tentare di spiegare) che funzionerebbe più o meno come la sintonia di un apparecchio radio o TV. Spostando il punto, cambia la "realtà" con cui ti sintonizzi. Per farsi un'idea del fenomeno prospettato si può pensare agli effetti di alcune sostanze psicoattive (di cui pure Castaneda parla diffusamente) o alle "allucinazioni" che si verificano in certi stati ritenuti patologici. La realtà comune  non cambia, ma il soggetto la percepisce in un modo diverso dal solito.
Queste idee ci fanno capire come le possibilità di variazione della realtà, o meglio delle diverse realtà, che la nostra immaginazione ci consente di concepire, siano quasi infinite. E aggiungo che considero il fatto che certe cose possano essere immaginate, è qualcosa di assai significativo di per sé, costituendo un indizio di una sua possibile forma di realtà o realizzabilità.

Per ora mi fermo qui (altrimenti finirei con lo scrivere anch'io un saggio), ripromettendomi di continuare in prossimi interventi (e arrivare anche alle idee del tuo scritto che considero più interessanti).
#276
Citazione di: Loris Bagnara il 15 Luglio 2016, 11:45:17 AMIl fatto è (per me stupefacente) che i darwinisti non sentono nemmeno il bisogno di fornirle queste prove.
Quello che è ancora più stupefacente è che questa storia sta andando avanti da almeno un secolo. A quanto ho letto,  l'ostracismo, le campagne denigratorie, o, quando possibile, la semplice mancanza totale di considerazione nei confronti di tutti i tentativi di far notare le evidenti falle di questa "teoria", risale almeno al neo-darwinismo. Un miscuglio di una sorta di malintesa opposizione al dogmatismo religioso, insieme a ideologie di stampo positivista in filosofia, e della "libera concorrenza" in economia (con le sue derivazioni sociologiche) è andato a formare un mastice che si attacca con estrema facilità alle menti umane disabilitandone alcune funzioni nella percezione e elaborazione di determinati aspetti della realtà. E' il funzionamento di tutte le fedi: certe aree di pensiero sono interdette alle facoltà razionali, e il normale giudizio è sostituito da risposte precostituite che scavalcano ogni attività razionale. L'irritabilità fa parte della sindrome. E' chiaro che, per quanto l'effetto del "mastice" sia forte, rimane un residuo di consapevolezza punzecchiato dall'impossibilità di trovare argomenti razionali a sostegno del dogma, che si vuol spacciare invece per razionale. Questo non può non creare un certo disagio, che viene espresso con l'ostentazione di superiorità, con denigrazioni a priori e con atteggiamenti del tutto simili a quelle dei politici colti con le mani nel sacco, disposti a inventare le giustificazioni più assurde con la più sfacciata tracotanza pur di non ammettere i loro errori e i loro abusi.
Incuranti del ridicolo, i Testimoni di Darwin vedono come un affronto la richiesta di prove, così come il facoltoso personaggio fermato per eccesso di velocità vede come un affronto la richiesta di documenti da parte di un modesto funzionario di polizia. "Come si permette? Lei non sa chi sono io!". E purtroppo questa farsa secolare non accenna a finire, e quel che è peggio è che ormai si è diffusa la peggiore di tutte le mistificazioni: che chi si oppone a questo dogma sia un retrogrado, uno che vorrebbe far retrocedere non solo la scienza, ma la civiltà tutta, per tornare a menti guidate da miti e superstizioni. Proprio il contrario della verità: l'intento (almeno di una certa parte dei critici dell'evoluzionismo) è invece di liberare la scienza (e il pensiero umano nel suo insieme) da questo scoglio fideistico in cui si è andata (solo in parte, per fortuna) a incagliare.
La cosa grave, è che questo "blob" sia andato a contaminare proprio quella che dovrebbe costituire il baluardo della razionalità, la comunità scientifica, favorendo ancora una volta il predominio della fede (e dietro di essa, spesso i più bassi interessi) sulla ragione, proprio nei territori in cui quest'ultima dovrebbe dominare incontrastata.
#277
Citazione di: altamarea il 12 Luglio 2016, 22:48:51 PM
Credere nel Dio creatore è forse razionale ? Anche il dio di Abramo onnipotente, onnisciente ed onnipresente è un'ipotesi metafisica.
Allora quale ipotesi più realistica proponi ?
Credere è sempre irrazionale. La credenza presuppone per sua intima natura un apporto irrazionale, che serve a colmare i vuoti lasciati da argomenti razionali insufficienti, oppure da una franca mancanza di interesse per la razionalità. Questo apporto irrazionale può essere di natura intellettuale (il desiderio di "far quadrare le cose"), ideologico (un ateo può essere portato verso il darwinismo per il semplice fatto che sembra opporsi a certi dogmi di natura religiosa), emotivo (la cosiddetta "fede", o la semplice fiducia), ma ci deve essere. Perché, se avessi sufficienti motivi razionali per ritenere qualcosa "vero" non avrei bisogno di credere, mi basterebbe osservare, "constatare". Si crede a qualcosa che non è evidente, altrimenti si "vede".

Prima di formulare un'ipotesi, il punto di partenza è riconoscere che nessuno ha un'ipotesi non dico dimostrabile (col che smetterebbe di essere una sempice ipotesi) ma con un dimostrabile alto grado di probabilità di avvicinarsi alla verità, sull'origine della vita e sulla sua evoluzione. Se si vuole assumere un atteggiamento scientifico, bisogna attenersi ai fatti, e i fatti (fino a prova contraria che nessuno ha mai dato), lasciano spazio alle ipotesi più disparate, ma non convergono in maniera evidente su nessuna direzione.
Quindi, quello che si può fare è solo formulare ipotesi. Tu mi chiedi quale ipotesi più relistica della mutazione-selezione potrei fornire.

La mia ipotesi preferita è l'unica che abbia trovato che rispetti sia la natura fisica che quella psichica (senza eliminare arbitrariamente una delle due, assecondando le inclinazioni aggressive e assolutiste di un certo modo di intendere la conoscenza): che la psiche sia una dimensione dell'esistenza che compenetra un tutto multidimensionale, dotata di sue specifiche forze analoghe a quelle fisiche del "modello standard", che applicano alla materia impulsi guidati da consapevolezza, razionalità, intelligenza, sensibilità, sentimento.
Naturalmente non potrei portare argomenti convincenti a favore di questa ipotesi, perché i dati a disposizione non sono sufficienti a confermare o smentire né questa, né altre ipotesi.
C'è chi ipotizza o sostiene che siamo stati creati da un essere "onnipotente" non ben identificato, altri invece da più esseri, inseriti in complicate cosmogonie, altri che siamo di origine extraterrestre (spostando il problema un po' più in là)... e poi c'è l'abiogenesi, la "generazione spontanea". Quest'ultima si differenza dalle altre perchè non fornisce un modello, sia pur vago, sia pur fantasioso, che consenta una qualche rappresentazione del processo di formazione della vita. Si limita a profetizzare che "un giorno" si scoprirà e si capirà tutto.
La mia ipotesi, pur essendo molto vaga e astratta, almeno fissa dei passaggi logici: se le forze agenti sono quelle stesse dell'intelligenza, di quella stessa intelligenza e di quella coscienza che viviamo ogni giorno, sappiamo bene che è in grado di realizzare progetti complicati, atti e  meccanismi complicati e perfettamente coordinati in grado di compiere azioni estremamente complesse ed efficaci, e molto altro: tutto ciò, insomma, che ritroviamo negli esseri viventi. Viceversa, supporre che forze cieche come quelle elettromagnetiche e gravitazionali possano, combinandosi casualmente, dare origine a un fenomeno come la vita, e addirittura la coscienza e l'intelligenza, non poggia né su fatti osservabili, né su qualunque inferenza razionale: è arbitrio puro e semplice. E' un'ipotesi indimostrabile come le altre, ma in più arbitraria, ingiustificata, non ragionata, ma voluta.

Comunque sia, se vogliamo rimettere le cose al loro posto, queste ipotesi le dobbiamo collocare tutte nel territorio di loro competenza: la filosofia, la metafisica. Sono questioni che la scienza non ha i mezzi per affrontare. Qualcuno dice che un giorno li avrà. Bene, se ne riparlerà, in termini scientifici, se e quando la scienza dovesse acquisire i mezzi conoscitivi necessari. Ma fino a quel momento, l'ipotesi di uno scienziato sull'origine e l'evoluzione della vita vale quanto quella di chiunque altro.
#278
Come diversi altri hanno evidenziato la cosiddetta "autorelizzazione" non è che il perseguimento di un obiettivo indotto dalle culture sociali (potentemente e subdolamente installate come parassiti nelle nostre menti da ciò che chiamiamo educazione e dall'influenza dell'ambiente sociale). Ma il concetto di autorealizzazione, correttamente inteso, ritengo sia tutt'altro che un mito. L'autorealizzazione, secondo me, consiste soprattutto nello sbarazzarsi dei questi parassiti sociamente inoculati, che fanno di noi delle mistificazioni viventi, per ritrovare ciò che sentiamo come autentico.
#279
Cerco qui di riprendere il filo del discorso del mio precedente post "Ma davvero chi non è d'accordo con i darwiniani è un retrogrado?" e focalizzarlo meglio, anche in base agli esiti di quella discussione. Lì il discorso si è allargato ed è poi scivolato su altri argomenti correlati sì, ma un po' troppo fuori tema (salvo un ultimo ritorno al tema principale che ha visto un confronto interessante ma inevitabilmente polemico tra l'apertura mentale da libero pensatore e la chiusura mentale accademica pseudoscientifica).

Cerco quindi di precisare meglio i miei obiettivi.
Per comodità definisco un acronimo che rappresenti l'esatto obiettivo delle mie critiche: TEGMS, ossia Teoria dell'Evoluzione Guidata da Mutazioni casuali e Selezione naturale, che rappresenta la vita come un risultato possibile di un meccanismo guidato dalle forze fondamentali (cieche) che la scienza ha finora individuato.

In sostanza mi convinco sempre di più che:

1) La TEGMS non solo non è un fatto, come alcuni dicono, ma non è neppure una teoria scientifica.
Si tratta di una ipotesi metafisica per di più priva di fondamento razionale (ossia non basata su fatti osservati e inferenze logiche) ma tenuta artificialmente in vita solo da un forte apporto di "energia ideologica".

2) Nessuno è in grado di fornire queste tanto sbandierate "prove" della TEGMS, o anche soltanto della sua plausibilità. Ne ho avuto conferma per l'ennesima volta anche nella discussione precedente, in cui invitavo a fornire queste prove, ma nessuno ne ha esibito neppure una.
Le uniche cose che la biologia ha provato sono:
A) L'evidente "parentela" tra le varie specie, che hanno in comune una gran quantità di caratteri strutturali, funzionali e genetici. Ad essere accertate sono solo le somiglianze, e non l'origine e la natura di queste somiglianze. L'unica cosa evidente è la somiglianza nel progetto ("scritto", almeno in parte, nel genoma), somiglianza che quindi potrebbe anche essere di natura "mentale" o "ideale" e non derivare da una diretta generazione fisica. Ossia le specie potrebbero benissimo non discendere l'una dall'altra per via riproduttiva ma essere semplicemente il risultato dell'applicazione (da parte di agenti sconosciuti operanti con modalità sconosciute) di progetti basati su principi comuni e derivati gli uni dagli altri.
B) La possibilità che mutazioni genetiche causate da errori di duplicazione possano diventare prevalenti se favoriscono la sopravvivenza e la proliferazione, in sostanza la sussistenza (ma non la rilevanza) del fattore mutazione-selezione limitatamente alla microevoluzione. Per quanto riguarda la macroevoluzione (ossia il passaggio da una specie a un'altra) invece, non esiste nessuna prova che il fattore mutazione-selezione possa avere un ruolo rilevante o anche solo rilevabile, e neppure che ci sia effettivamente un "passaggio" da una specie a un'altra, ossia che una specie sia generata fisicamente da un'altra.

3) La teoria della mutazione-selezione è strettamente legata a quella sull'origine "meccanica" della vita, la cosiddetta abiogenesi. Infatti è assai probabile, se non scontato, che chi crede nella TEGMS creda anche nell'abiogenesi. Perché accanirsi tanto a difendere la tesi di un'evoluzione priva di intelligenza, guidata solo da forze cieche, se non si dovesse estendere questa visione all'origine stessa della vita? E nel caso dell'abiogenesi l'assoluta mancanza di prove e l'estrema debolezza delle ipotesi si manifesta in tutta la sua evidenza. Resta solo la fede cieca, a sua volta generata da una visione materialistica del mondo, in cui il mondo interiore, psichico, spirituale, comunque lo si voglia chiamare, che noi percepiamo e viviamo con altrettanta evidenza di quello fisico, è considerato solo un "epifenomeno", tanto per sbarazzarsi di uno scomodo quanto macroscopico problema. L'attitudine che il grande scrittore umorista Douglas Adams chiamava "not my problem" a proposito di un divano comparso improvvisamente al centro di un campo di cricket (se non ricordo male) che nessuno dei numerosi spettatori vedeva, in quanto in contrasto con la propria visione del mondo.

Sia per l'abiogenesi che per la TEGMS è importante precisare che eventuali prove dovrebbero spiegare innanzitutto l'origine dell'organizzazione, della creazione di sistemi complessi che agiscono in collaborazione che non può che essere definita intelligente, in cui ogni elemento fa la sua parte in perfetta (o quasi) sinergia e sincronia e comunità di intenti (anche qui non esiste altro termine per definire l'evidente carattere finalistico anche delle più semplici caratteristiche del vivente come l'autoconservazione e la tendenza alla riproduzione). Le presunte "prove", o "passi avanti nel dimostrare" queste teorie sono solo irrilevanti esperimenti, come quelli su aggregazioni spontanee di organismi unicellulari (ma privi di organizzazione) che trarrebbero vantaggio da questa aggregazioni rivelandosi "più adatti" alla sopravvivenza, e altre amenità simili. Tutte cose lontane anni luce dal nocciolo del problema.

In sintesi, la tesi che sostengo, e che TEGMS e abiogenesi siano solo inconsistenti tesi filosofiche (loro malgrado) senza nulla di scientifico, sostenute da una fede irrazionale, da cui il termine "Testimoni di Darwin".

Data la scarsità di presunte prove dell'abiogenesi e invece l'abbondanza di presunte prove della evoluzione darwiniana, il dibattito è molto più vivo su quest'ultima, anche perchè il mainstream scientifico si è ormai sbilanciato a tal punto da definire l'"intuizione darwiniana" "una delle idee più brillanti della storia della scienza" (mentre io la considero l'esatto contrario). Ma, data la stretta parentela con l'abiogenesi, eventuali inrventi su questa non sarebbero fuori tema.
Spero che in questo caso la discussione (se ci sarà) si riveli più pacata e fruttuosa, e auspico che chi non è in grado (o non vuole) tenere a bada le proprie emozioni e limitarsi a rispondere alle argomentazioni piuttosto che mettere su carta virtuale i suoi travasi di bile, per poi magari abbandonare sdegnosamente il confronto, eviti questa discussione. Lasciamo queste cose ai talk-show televisivi.
#280
Tematiche Filosofiche / Re:Che cos'è la verità?
31 Maggio 2016, 22:17:39 PM
La verità è uno dei tanti termini "asintotici". Qualcosa a cui ci si può solo avvicinare, ma mai raggiungere.
L'unica definizione che potrei dare è riportare (riflettere) un flusso di informazione senza distorsioni, aggiunte o filtri di nessun genere.
#281
Cvc ha scritto:
CitazioneIl punto di vista dell'eternità potrebbe corrispondere al noumeno, all'essere in sé che noi non siamo nemmeno in grado di definire con precisione. Quindi facciamo lunghe disquisizioni sul sapere tralasciandone l'essenza stessa. Forse è questa la differenza fra la nostra cultura e quella orientale: per noi ciò che pensiamo intorno alle cose è la loro essenza, per la cultura orientale invece il pensiero e funzione dell'essenza. La quale è inconoscibile e indefinibile.
Non mi par proprio che per la "cultura orientale" il pensiero sia "funzione dell'essenza". La tendenza prevalente mi pare che invece sia che il pensiero, sotto la spinta dell'ego, con i suoi desideri e la sua intrinseca limitatezza, maschera, nasconde, distorce l'essenza.
E neppure che questa "essenza" sia inconoscibile (indefinibile, magari, sì). Per molti pensatori e mistici orientali (ma non solo) l'essenza del "tutto" è "conoscibile" per fusione della coscienza individuale con quella universale attraverso pratiche meditative (che non sono pratiche di pensiero, ma ne implicano il superamento).
Ma bisogna precisare che in molti dibattiti filosofici del mondo occidentale si parla di "pensiero" con significati assai diversi, e certamente molto diversi dalla concezione "orientale" (o "orientaleggiante") come rappresentante del mondo psichico in generale, oppure come fonte archetipica delle forme tangibili (le idee platoniche), o altro ancora.
Nella cultura orientale spesso il pensiero non è tenuto in gran considerazione, ma ritenuto un mezzo pittosto rozzo e imperfetto di conoscenza della "realtà", che necessita dello sviluppo di "sensi superiori" per poter essere in qualche modo afferrata.
E in effetti credo sia innegabile che nessuna logica ci potrà mai fornire alcuna risposta a domande sui fondamenti dell'esistenza (può invece smontare delle asserzioni gratuite o incongrue in proposito). La prima difficoltà, secondo me insormontabile, sta nel definire l"esistenza". Cosa vuol dire che qualcosa esiste o non esiste?
#282
Davintro ha scritto:
CitazioneForse precedentemente sono stato impreciso... quando parlavo di indipendenza della realtà dalla soggettività mi riferivo alla soggettività intesa come soggettività "mentale", soggettività pensante
Effettivamente parlando di "linguaggio" ho reso la frase un po' ambigua, ma non mi riferivo a un soggetto come entità puramente linguistica, intendevo proprio il soggetto come coscienza pensante. E' da questo soggetto pensante che ritengo la realtà non possa essere in alcun modo affrancata. O per lo meno non abbiamo nessun dato che ci possa indurre a pensarlo, anche se, ovviamente, mi rendo conto che nel "senso comune corrente" non sembra proprio essere così.
Ma se riflettiamo sul fatto, per quanto ovvio, che tutto quello che forma il soggetto di tutto il nostro sapere, e che forma quella che chiamiamo "realtà", proviene da un "atto cognitivo" della coscienza e alla coscienza si indirizza, può capitare che arriviamo alla conclusione che supporre una "realtà" che esiste "inosservata" è una libera fantasia priva di basi sia nell'esperienza che nella logica. Infatti qualunque elemento di qualunque realtà risulta da un processo di trasmissione di informazioni che deve avere un mittente e un destinatario. E un destinatario in grado di "riconoscere" l'informazione, di attestarne l'esistenza, non semplicemente di esserne il bersaglio. Qualunque cosa possiamo intendere quando designamo un oggetto, ad esempio "tavolo", risulta dalla nostra percezione di segnali provenienti dal "mondo esterno" e dalla loro elaborazione soggettiva. Possiamo attribuire alla "cosa in sé" qualunque grado o modalità di "realtà" vogliamo, ma quello che sappiamo, quello di cui siamo effettivamente testimoni, è un processo di comunicazione che non potrebbe avvenire senza un "due".
L'uno è solo la potenzialità, il due l'attualità, il tre il riconoscimento. Ho trovato interessante lo sviluppo che ha fatto Pierce di questi "concetti numerici", come anche qualcosa relativo alla "genesi", ricondotta a questi stessi concetti, che mi capitò di leggere in un peraltro piuttosto oscuro testo (la cui lettura ho presto interrotto), "La dottrina segreta" della teosofa Blavatsky.
Una coscienza senza nulla da osservare non può essere cosciente di nulla; anche per essere cosciente di sé stessa deve in qualche modo sdoppiarsi e generare l'oggetto. Una realtà senza osservatori non ha la possibilità di essere rilevata, quindi risulta assai arduo dire in cosa consisterebbe la sua "esistenza". Ma nel momento (logico) in cui si attua una comunicazione, un flusso di informazioni, si hanno realtà e coscienza "in esistenza" ossia "in atto". Non credo sia un caso, se anche tra i fisici, qualcuno stia cominciando a prendere in considerazione l'ipotesi che il "fondamento più fondamentale" dell'esistenza che conosciamo sia l'informazione.
Quindi l'incongruenza "linguistica" di cui parlavo riflette un'incongruenza concettuale, relativa ai significati: volevo dire che son questi, e non soltanto i termini che li designano, ad essere come i due lati inseparabili di una moneta.
#283
Maral ha scritto:
CitazioneMa non è vero che le forze cieche del caso non determinino alcun ordine. La deriva genetica in campo evolutivo ne è la dimostrazione. Anzi, è assai più difficile prevedere un ordine quando ad agire sono delle intenzionalità e soprattutto quando queste intenzionalità manco si riescono a definire: dove sta l'intenzione finale dell'evoluzione naturale? In che cosa consiste il suo progetto?
Non ho sostenuto che le forze cieche non possano generare alcun ordine. Anche il sistema solare ha un ordine, e anche i cristalli. Questo tipo di ordine si può ricostruire, logicamente o sperimentalmente con i soli ingredienti delle forze cieche e della materia dotata di massa. Invece la deriva genetica non stabilisce nessun ordine, ma potrebbe condizionare l'ordine e l'organizzazione di esseri viventi dotati intrinsecamente di ordine, organizzazione eccetera, il che è molto diverso.
In ogni caso quello che dico e che non è che le forze cieche non possano determinare nessun ordine, ma non esiste indizio che possano generare quel tipo particolare d'ordine del vivente, e l'organizzazione, il coordinamento e la cooperazione e quello che viene definito "carattere teleologico" del vivente stesso.

Ho anche chiarito che questo discorso si situa al di fuori della scienza e che secondo me la teoria che contesto non è affatto una teoria scientifica, e quindi non va sostituita con altre teorie scientifiche. E ho anche chiarito che secondo me non abbiamo nessun dato per poter rispondere a domande come "dove sta l'intenzione finale dell'evoluzione naturale? In che cosa consiste il suo progetto?". Ci son cose che semplicemente non abbiamo i mezzi per indagare, almeno non razionalmente, inutile far girare la mente in folle.

CitazioneCapisci che quello che sembra tanto evidente e banale (c'è intelligenza nel cosmo) non lo è per nulla? E anche che di quello che percepisci con i tuoi sensi non è assolutamente facile dare ragione? Che pure quell'ordine, cooperazione, progettazione non implica per nulla l'esistenza di una volontà ordinante, progettante e cooperante? C'è solo l'uomo, per quanto ne sappiamo, che in tutto l'universo può progettare e può parlare di progetti o di mancanza di progetti e la natura include l'uomo, ma non lo include come suo progetto, ma come un semplice evento naturale.
Se l'intelligenza è un evento naturale, come dici, significa che deve esistere in natura qualche "principio fondamentale" che renda possibile la sua esistenza. La scienza non ha fatto che questo, nell'ambito del mondo fisico: ha studiato eventi percepibili e li ha "ricondotti", messi in relazione con principi e "leggi" fondamentali, in base ai quali è in grado di ricostruire un percorso logico di relazioni che conducono dal semplice al complesso, da un piccolo insieme di fattori generativi a una enorme molteplicità di fenomeni osservabili.
Ora, delle due una: o si riesce a ricondurre agli stessi principi la vita e i suoi fenomeni, oppure si deve presupporre l'esistenza di altri fattori fondamentali.
Inoltre si deve render ragione anche della candidabilità dei "fattori generativi" conosciuti dalla scienza a generatori della vita.
Prendiamo uno che si addormenta nel suo appartamento, in cui vive solo, la notte del 5 gennaio. Se il giorno dopo, senza aver sentito nulla, trova sulla scrivania un bel regalo impacchettato e non capisce chi possa avercelo messo e come sia entrato, l'ipotesi della Befana non è sullo stesso piano di, che so, un amico o parente a cui aveva lasciato (magari senza ricordarsene) una copia delle chiavi, o che si sia servito delle prestazioni professionali di un abile scassinatore. Ma la spiegazione potrebbe anche essere qualcsa che è al di fuori delle sue capacità di verifica (che so, qualche bizzarro scassinatore filantropo). Ci sono comunque cause "candidabili" e altre meno candidabili, e cause che si sottraggono alle tue capacità di trovarle.
La teoria della mutazione-selezione, per i motivi che ho estesamente spiegato, equivalgono per me all'ipotesi Befana. E non vedo nessun dato o indizio che possa indurmi a pensare che con l'andar del tempo si arrivi a giustificarla sulla base di nuove scoperte (anche se non posso escluderlo del tutto, anche perché contrasterebbe con le mie abitudini).

Per quanto riguarda il discorso sul progetto è comunque arbitrario dire che la "natura" (cosa sarebbe, poi, questa natura? Piu che altro uno dei termini usati per mascherare una sostanziale ignoranza, come le "qualità emergenti" o l'"effetto placebo") non progetta e non ha volontà.
La volontà e la progettualità esistono, e lo possiamo testimoniare direttamente, l'intelligenza esiste, e lo possiamo testimoniare direttamente. Se esiste in noi, e se noi siamo parte di questa "natura" possiede queste caratteristiche se non altro attraverso di noi. Ossia se noi vogliamo, progettiamo, capiamo e siamo coscienti, significa che la "natura" ha volontà, progettualità, intelligenza e coscienza, perché noi siamo parti di essa. Potremmo anche pensare che questa fantomatica "natura" esprima queste "qualità" solo attraverso di noi, ma se attorno a noi (e in noi stessi) vediamo cose che hanno tutte le caratteristiche di un prodotto di queste "qualità" e non si spiegano come prodotto delle "forze cieche", e non le abbiamo fatte noi, mi sembra che l'ipotesi di una comune origine di queste qualità in un fattore (o magari più fattori) costituente la "natura" stessa (se vogliamo usare questo ambiguo termine) sia la più razionale che abbiamo attualmente a disposizione.
#284
HollyFabius ha scritto:
CitazioneQui mi pare che tu confermi la mia impressione, ovvero non è come mi pareva ti configurassi sopra, non sei un evoluzionista dissidente per capirci -e qui mi pare che tu ti contraddica-, è proprio l'idea di evoluzione guidata dal caso e dalla selezione naturale che non accetti.
Spero tu ti renda conto che considerare ogni tipo di credenza solo un handicap è a sua volta una credenza.
Il punto è che se l'evoluzionismo per te non esiste avrai sicuramente una ipotesi sulle ragioni dei cambiamenti che nel tempo vediamo attorno a noi oppure semplicemente negherai che questi cambiamenti esistano. In ogni caso dopo aver letto le tue tesi alternative sicuramente potrò prendere nota delle tue idee ma certamente non avrà senso realizzare una dialettica sul tema dell'evoluzionismo ma piuttosto su altro e certamente su un livello diverso da quello strettamente scientifico e legato alle osservazioni.
Non capisco dove vada a parare il tuo intervento.

Primo qui non è in discussione che etichetta dare al mio pensiero (preferirei proprio nessuna), sei io sia da considerare evoluzionista o non evoluzionista (noto per inciso che il modo di concepire l'evoluzione non è certo limitato a quello attribuitogli della teoria evoluzionistica di stampo darwiniano, anche nel campo della evoluzione del vivente) e altre divagazioni del genere, che ritengo francamente inutili e fuorvianti.

Secondo quello che intendo per credenza non è semplice convinzione (che comunque per essere sana deve sempre essere temperata da una certa quantità, anche minima, di dubbio). La convinzione si basa sui dati dell'esperienza e sulla riflessione su tali dati. La credenza si basa su una scelta arbitraria tra una serie di "verità" già preconfezionate e difesa sulla base di motivazioni simili a quelle dei tifosi delle squadre di calcio. Esistono naturalmente forme intermedie, ma resta il fatto che ciò che viene accettato senza venir sottoposto al vaglio della ragione costituisce un handicap per l'esercizio della ragione stessa.

Terzo, non è che se qualcuno tira in ballo una teoria strampalata e priva di fondamento razionale, per criticarla si debba per forza avere una teoria alternativa. Un bambino che ancora non sa come vengono al mondo i bambini può benissimo rendersi conto che la storia della cicogna o del cavolo è inverosimile, senza per questo avere i mezzi per costruire una "teoria alternativa"

Quarto, ho già chiarito che secondo me la causa che sta dietro la formazione delle diverse specie e la complessità crescente delle forme di vita (ma più in generale della organizzazione e del carattere teleologico del vivente), che i neodarwiniani pretendono di aver scoperto nella combinazione mutazione-selezione, è un tema che la scienza, ora come ora, non ha affatto i mezzi per affrontare, e forse non li avrà mai. Secondo me questa teoria della mutazione-selezione non è una teria scientifica, ma una tesi metafisica, quindi filosofica, piuttosto sgangherata, che si tenta per far passare per scientifica (con notevole successo, non lo nego, da un secolo a questa parte).

Quinto, ho gia scritto più volte (ne deduco che non hai letto in realtà i miei interventi che pure sembri voler discutere) che l'ipotesi che mi sembra più attendibile, sulla base di quei pochi elementi che abbiamo, è che ci sia un "fattore X", che sia alla base dei fenomeni della coscienza e dell'intelligenza, come costituente essenziale e imprescindibile della realtà, (allo stesso modo di quei fattori costituiti da spazio, tempo, forza e materia, che la scienza prende in considerazione) e che costituisca la sorgente sia della vita che della nostra coscienza e intelligenza individuale. Non ritengo inverosimili altre "teorie" formulate, come la creazione da parte di un essere con una forma di esistenza non fisicamente rilevabile, un "creatore" o anche di un'intera schiera o gerarchia di simili esseri, come certe dottrine esoteriche sostengono. Oppure che siamo stati creati da qualche razza di esseri extraterrestri esistenti nel mondo fisico. Tutte ipotesi plausibili ma indimostrabili e non smentibili che, fino a prova contraria, lasciano il tempo che trovano. In ogni caso, anche eventuali creatori, presupporrebbero comunque un "principio fondamentale" alla base di coscienza e intelligenza di cui, come noi, sarebbero partecipi.

Ti sarei grato se, visto che il tema in qualche modo sembra interessarti, dessi un contributo attivo e concreto alla discussione, commentando ed eventualmente contestando puntualmente le numerose argomentazioni che ho inserito nei miei interventi, piuttosto che fare discorsi di principio, generici, che prescindono da quello che ho scritto e fanno riferimento a vaghe ipotesi su cosa potrei o non potrei pensare.
#285
HollyFabius ha scritto:
CitazioneSe accettiamo il significato di retrogrado come di colui che è legato alle consuetudini e avverso al cambiamento del pensiero attorno al paradigma del senso della vita la risposta può essere solo "si è retrogrado".
Dovresti però spiegare il perché, ovviamente non si tratta di una domanda che richiede come risposta solo un si o un no.
La mia posizione non è affatto legata alle consuetudini, tutto il contrario, perché le attuali consuetudini sono proprio di dare un credito immotivato a questa teoria per puro conformismo, favorito anche dalle campagne sistematiche di discredito che i neodarwinisti hanno attuato nei confronti dei "dissidenti", accusati di irrazionalità e oscurantismo (che invece, a mio parere, sono proprio le caratteristiche del neodarwinismo). E questa "consuetudine" è diffusissima sia tra gli atei che tra i credenti, cattolici o no. Alla fine questa "teoria" è diventata praticamente un dogma intoccabile.

CitazioneL'intuizione che è dietro alla teoria evoluzionista può semplicemente venire accettata o negata, la teoria invece criticata in molti o tutti i suoi aspetti ma la teoria presenta solo delle possibili declinazioni dell'intuizione.
Chiedo a chi critica l'evoluzionismo se nega le teorie evoluzioniste ma ne accetta l'intuizione o se invece nega l'intuizione originaria.
Anche qui vai un po' troppo per le spicce e non chiarisci cosa esattamnte intendi per "intuizione originaria".
Mi sembra di aver abbondantemente chiarito, nel post iniziale, che quello che critico principalmente è l'idea che la combinazione di mutazioni casuali e selezione naturale possa essere il principale motore dell'"evoluzione" ossia dell'origine delle specie e del progressivo aumento di complessità, sia strutturale che funzionale, delle forme viventi.
Più in generale (ma questo non riguarda solo l'evoluzione ma la vita in generale) critico l'idea che la vita possa essere spiegata (in base alle attuali conoscenze) come risultato di meccanismi automatici guidati unicamente da forze cieche.
Quindi, probabilmente, critico proprio quella che chiami "intuizione originaria".
Ma tutto questo non ha nulla ache fare con le credenze religiose, dal momento che non sono affatto un credente, anzi considero ogni tipo di credenze (tra le quali compare, secondo me, a pieno titolo il neodarwinismo) solo un handicap mentale (non nel senso comune del termine, ovviamente, ma di elemento che distorce i processi di pensiero).