Citazione di: Angelo Cannata il 21 Dicembre 2016, 23:56:35 PM
Mi sembra che la questione posta da Barbella riguardi il rapporto tra mittente (Dio) e destinatario (quello che Barbella chiama IO) della Parola di Dio. Una volta posta la questione in questi termini, viene fuori che il problema di Barbella risente di una certa disattenzione verso il mittente, come se fosse tutto un problema di cosa deve fare il destinatario. Ma se Dio ha deciso di mandare questa Parola, vuol dire che egli ha ritenuto che tale Parola poteva essere compresa: non possiamo pensare l'abbia fatto per il puro gusto di divertirsi proponendo enigmi difficilissimi.
Ora, se la Parola di Dio, con tutte le difficoltà che pone, è un problema, significa che il suo autore è un problema. Ma è intenzione di Dio essere un problema per noi o creare problemi a noi?
A questo punto la questione mi sembra che diventi questa: cosa fa Dio per non ridursi ad essere per noi nient'altro che un problema, cosa fa affinché la sua Parola non si riduca per noi a nient'altro che un problema? Vogliamo pensare che ha inviato il suo Figlio? Ma non è stato anche questo per noi un problema ulteriore? Vogliamo pensare che il fatto che si tratti di problemi è tutta colpa nostra? Ma in questo caso Dio si confermerebbe ulteriormente essere nient'altro che un problema, cioè nient'altro che uno pronto ad accusarci, a colpevolizzarci tutte le volte che le cose non gli vanno per il verso giusto.
Io, quando non riesco a farmi capire, provo ad ascoltare, in modo da conoscere meglio il mio interlocutore e così adattare meglio il mio linguaggio. Dio ascolta noi come interlocutori? Non sembra proprio.
Alla fine la domanda diventa questa: se Dio non mostra nessuna preoccupazione di ascoltare me o l'IO, visto che abbandona l'IO nelle sue sofferenze più terribili, perché l'IO dovrebbe avere tutto questo scrupolo ad impegnarsi per capire la Parola di questo Dio?
Supponendo che la Parola di un tale Dio contenga ammaestramenti da parte di lui, ne consegue che, se io cercherò di essere un buon discepolo, imparerò le virtù di questo Dio, imparerò a farle mie e a imitarlo. Ora, se tra le virtù più vistose di questo Dio c'è la mancanza di ascolto verso di me, significa che essere discepolo della sua Parola mi indurrà a diventare una persona che non sa ascoltare gli altri, a somiglianza del mio maestro Dio.
In effetti, mi pare che ciò succeda. Cioè, non mi sembra che sia tanto difficile individuare, sia nel presente che nella storia passata, esempi di fedelissimi alla Parola di Dio i quali, quanto più le si ritengono fedeli, tanto meno si dimostrano capaci di ascolto, di sforzarsi di comprendere chi la pensa diversamente da loro.
Inoltre, mi sembra che succeda anche l'opposto: quanto più le persone si ritengono lontane dalla comprensione della Parola di Dio, tanto più sono umili e disposte all'ascolto. Si veda, ad esempio, l'episodio del centurione, che si ritenne talmente lontano, indegno della maestà di Gesù da sconsigliargli di andare a casa sua: "... ma dì soltanto una parola e il mio servo sarà guarito". Oppure l'episodio del buon samaritano, portato da Gesù come esempio proprio in quanto straniero, eretico, in contrapposizione al sacerdote e al levita, che si ritenevano invece vicinissimi alla comprensione della Parola di Dio.
Da qui seguirebbe una conseguenza brutta per la Chiesa Cattolica, in quanto essa si ritiene interprete autentica della Parola di Dio perché guidata dallo Spirito Santo; secondo ciò che ho detto prima, ne verrebbe a conseguire che la Chiesa Cattolica sia l'istituzione che più di ogni altra rispecchia la mancanza di ascolto imparata da Dio, modello primario.
Dunque il nocciolo della questione diventa l'ascolto, tra la preoccupazione dell'IO nei confronti della Parola, così come l'ha presentata Barbella, e un girare la questione in direzione opposta, sfidando Dio e i suoi seguaci all'ascolto.
Una cosa curiosa può essere che eventuali risposte accusatorie nei confronti di questo mio post, da parte di fedelissimi alla Parola, non farebbero che confermare come la vicinanza alla Parola di Dio educhi effettivamente alla mancanza di ascolto o addirittura all'accusa, alla colpevolizzazione, che sembra essere un'altra virtù tipica di questo Dio, virtù che egli riesce tutt'oggi a trasmettere ed inculcare agli ascoltatori della sua Parola.
Caro mio, il tuo discorso accusatorio verso il Signore Dio, che altro non è che una bestemmia, è tale perché è mancante di un soggetto che prende parte alla contesa. Infatti c'è il Signore Dio Onnipotente, c'è l'uomo e c'è satana che per sua natura è scemo. Se non lo fosse non farebbe quello che fa. La parola del Signore Dio è rivolta ai peccatori, i santi la leggono nei loro cuori ed ascoltano la coscienza, nei quali dimora il peccato. Il peccato è satana che come detto è scemo, per cui l'uomo sotto il suo potere è incapace di pensare, sentire, ragionare, comprendere, obbedire ecc... Ciò nonostante il Signore ha mandato i Suoi santi e profeti e, per finire, il Suo Figlio come esempio da seguire, con la speranza di trovare qualche cuore aperto capace di comprendere in primis, non la Sua parola, ma condizione umana in cui si trova il peccatore. Infatti qualcuno ha trovato, anche se pochi. A quelli che non possono comprendere ha detto: Lasciate che i morti seppelliscano i loro morti ed ai portatori della parola ha detto di non buttare le perle davanti a chi non è in grado di apprezzarle.
In conclusione la Sua parola è incomprensibile per i peccatori il cui salario è la morte.
In verità ti dico, che chiunque non comprende la sua Parola, se considera questo fatto un segno di morte, ha già qualche speranza di risveglio, anche se poca.