Citazione di: iano il 05 Settembre 2022, 00:10:09 AMAlla coppia istinto-azione si è affiancata evolutivamente la coppia pensiero-azione, la quale ha un senso evolutivo se alternativa alla prima coppia, e un pensiero che sia ossessivo sembra poco alternativo, perché al pari dell'istinto ti pone dentro una gabbia, con l'aggravante di essere una gabbia visibile, ma siccome visibile evitabile o da cui si può evadere.
Un pensiero cattivo e' un pensiero che non fa' il suo dovere di rendere possibile il libero arbitrio.
Non vedo altro modo di distinguere pensieri buoni dai pensieri cattivi, che i pensieri cattivi siano dei non pensieri di fatto apparendo tali solo nella forma.
Ma il pensiero , pur eventualmente ossessivo, di fare sesso o di soddisfare un qualunque istinto, non è un cattivo pensiero, ma solo un pensiero inutile, ridondante.
Non occorre pensare di soddisfare un istinto per poterlo soddisfare, ma in quanto esseri pensanti , anche in forma di pensiero ridondante può manifestarsi l'istinto, che in tal modo però acquisisce connotati culturali che diventano parte integrante dell'istinto.
Così, anche quando si ammette di dover soddisfare un istinto, c'è però modo e modo di farlo.
Una volta che l'evoluzione ci ha dotati di coscienza è nato il problema di doverla gestire in quanto causa del nostro agire.
I pensieri buoni sono quelli il cui conseguente agire non diventi una gabbia comportamentale.
Però la tentazione di ricadere in una rassicurante gabbia nel bene e nel male agisce, come una voglia di regredire.
In tal caso il pensiero viene indirizzato ad un obiettivo da raggiungere ad ogni costo, divenendo schiavo dell'obiettivo.
Ma in tal modo, più che esprime una convinzione, ho provato a illustrare un possibile metodo per distinguere pensieri cattivi da quelli buoni, anche se c'è molto di autobiografico.
L'invito implicito è quello di trovare possibili metodi simili, perché il cattivo pensiero e il pensiero buono possano essere connotati nella loro generalità , e non assumere una fattezza solo nominale, solo perché gli abbiamo dato un nome, diavolo demone o diavoletto, come mi pare richiedesse Niko.
La battaglia se c'è è sempre contro se stessi, fra chi siamo e chi crediamo di essere.
Le tue parole mi sembrano condivisibili. Mi permetto solo di integrare la tua definizione di pensieri cattivi aggiungendo anche tutti quelli che fanno male agli altri, oltre che a sé stessi.
Anche se, in ultima analisi, fare male agli altri significa anche farlo a sé stessi.
E' per questo che mi sento di condividere anche la tua conclusione e cioè che la battaglia è, in definitiva, contro sé stessi. Anche se penso, come San Paolo, che c'è chi sta dalla parte del nostro cattivo sé stesso, lo fomenta e lo aiuta a precipitare nel baratro
