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Messaggi - sgiombo

#2716
Caro Sari, innanzitutto cercherò di seguire il saggio consiglio circa il vino di molte osterie (é meglio, almeno per me, impiegare il mio tempo libero in interminabili risposte e obiezioni a Maral, approfittando poco sportivamente del fatto che lui ne ha certamente meno per replicare; ma anche in questo una certa moderazione sarebbe comunque preferibile, se non altro perché la pazienza degli amici del forum ha un limite e rischio di scoraggiare chiunque a prendere in considerazione i miei troppo lunghi sproloqui; anche se esagerare col vino -anche col vino buono e con quello ottimo purtroppo!- é molto più dannoso per la salute che esagerare con le elucubrazioni metafisiche o epistemologiche).

Sul non attaccamento alla vita cosciente mi ritrovo in quella situazione contraddittoria cui altre volte ho accennato.
Sono ottimista e (almeno per ora; non faccio scongiuri perché me lo impedisce il mio razionalismo...) fortunato e mi sento attaccato alla vita e alle sensazioni (per lo più gradevoli, interessanti, "positive" che mi da); anche se mi propongo di seguire gli antichi stoici ed epicurei nel cercare di trovarmi pronto a rinunciare a ciò che é irraggiungibile e ad accontentarmi di ciò che mi posso permettere (e anche questo in fondo é "ottimismo").

Però non posso non considerare la coscienza e soprattutto l' autocoscienza un pericolo (di infelicità) cui trovo inammissibile esporre altri senza il loro ovviamente impossibile consenso "mettendoli al mondo", procreandoli.
#2717
@Sriputra

Beh sono proprio contento di aver fatto qualche considerazione non del tutto impertinente sul buddismo.
D' altra parte, anche da ignorantissimo in materia, trovo comunque abbastanza ovvio che il pensiero occidentale e l' orientale (nella presumibile varietà di entrambi), malgrado i limiti di comunicazione reciproca persistiti fino a un recente passato, in buona parte tendano a "sovrapporsi" o "intersecarsi" soprattutto quanto a problemi affrontati, ma in parte anche quanto a soluzioni tentate.
 
Si, concordo che il pensiero occidentale per lo più (quasi unanimemente) accredita come minimo un' intersoggettività al mondo (per me fenomenico, credo in netta minoranza risetto al pensiero occidentale) materiale naturale (la cartesiana "res cogitans" per così dire "correttamente percepita": non sogni e allucinazioni, oltre che non i fenomeni mentali).
Invece sui rapporti coscienza/materia o mente/cervello le opinioni sono molto più disparate, anche se mi sembra di rilevare una crescente tendenza (favorita dalle scoperte neuroscientifiche in genere poco o punto criticamente abbracciate, soprattutto fra gli scienziati ma anche da parte di non pochi filosofi) al prevalere di un monismo materialista che tende in vari modi a identificare (fra gli altri per riduzione, per emergenza o per sopravvenienza), secondo me a torto, la coscienza con determinati eventi neurofisiologici cerebrali (o al limite, in qualche variante particolarmente "radicale" di materialismo, a considerare il pensiero e la coscienza dei meri "epifenomeni" irrilevanti, per così dire "di mero accompagnamento inefficace e pleonastico" al cervello, o addirittura a negarne l' esistenza reale: "eliminativismo").
 
Quanto brevemente accenni sul buddismo ovviamente lo comprendo solo in minima parte.
Soprattutto mi risulta inverosimile la possibilità di annullare (attraverso al meditazione) la realtà (fenomenica, percepita?) per il fatto di non essere qualcosa di in sé, di indipendente dalle sensazioni coscienti stesse (cosa, quest' ultima che mi sembra invece di ben comprendere, e sulla quale concordo).
Ti ringrazio comunque per le delucidazioni.
Mannaggia alla vecchiaia: se fossi più giovane mi metterei d' impegno a cercare di conoscere un po' anche la filosofia orientale!
#2718
Tematiche Filosofiche / Re:Riconosci i due filosofi
28 Aprile 2017, 12:04:40 PM
Citazione di: Lou il 28 Aprile 2017, 10:09:05 AM
forse il primo potrebbe pure essere Rousseau...
CitazioneRousseau era venuto in mente anche a me, ma non vi avevo accennato perché lo conosco pochissimo (purtroppo).
#2719
Tematiche Filosofiche / Re:Riconosci i due filosofi
27 Aprile 2017, 19:51:04 PM
IL secondo potrebbe forse essere Hobbes, con le sue tesi sull' "homo homini lupus" (e -tanto per riderci su- un mio collega aggiungeva "medicus medico lupissimius") e di "stato - Leviatano".
#2720
Premetto innanzitutto che mi rendo conto che, che da ignorante crassissimo di filosofia orientale, potrei sparare delle gran cazzate (anzi, ho "ottime" probabilità di farlo).

Chiedo anticipatamente venia.

Ho trovato la discussione veramente interessante e mi sembra di poter fare qualche considerazione (probabilmente del tutto fuori luogo).

La realtà che sperimentiamo, se ho ben capito, può essere considerata "vacua" sostanzialmente in due sensi.

I - Nel senso che tutto diviene e nel suo divenire é condizionato da, o almeno in qualche modo correlato a, tutto il resto della realtà: niente é/accade indipendentemente dal resto della realtà, niente é "assoluto" ma tutto ciò che é o accade é o accade, o meglio diviene, secondo determinate relazioni con tutto il resto che ne limitano e "stabiliscono in qualche modo" le modalità del divenire stesso (e viceversa, in un rapporto di reciprocità "qualcosa"/"tutto").
Così anche la montagna più -letteralmente o almeno metaforicamente- granitica, o la galassia più duratura si formano per determinate cause e prima o poi si disfano per determinate cause, più o meno simili oppure diverse da quelle della loro formazione.
Nulla é "divino", dal momento che (per dirlo all' occidentale, con Eraclito) "panta rei".

II - Nel senso che ciò che si vive coscientemente ovvero si percepisce é di per sé un insieme-successione "indefinito" o "informe" o "grezzo" di sensazioni; nel senso che, almeno in linea di principio può essere preso in considerazione in infiniti modi diversi.
Che ci sia un albero (un magnifico cedro del Libano) é una considerazione (mia arbitraria) circa ciò che vedo nel bel giardino del mio vicino di casa; ma potrei (o qualcun altro potrebbe) anche altrettanto arbitrariamente (e "lecitamente", correttamente in linea di principio) considerare l' esistenza di due cose diverse come il suo tronco e le sue radici da una parte e i suoi rami e le sue foglie dall' altra; oppure quattro cose: foglie, rami, tronco e radici; oppure tot cose: ciascuna foglia, ciascun ramo, ecc,; oppure potrebbe considerare come un unica "cosa" tutti gli alberi del giardino, ecc., ecc., ecc.).
Secondo me a far preferire certe interpretazioni dei "dati sensitivi grezzi" é la maggiore o minore costanza del loro associarsi nel divenire.
Cioé ha molto più senso considerare un oggetto "sasso", che rotola compattamente, può essere compattamente spostato qua e là e usato per vari scopi come rompere il guscio di una noce o difendersi da un aggressore e solo applicandovi -fatto molto raro- una notevole forza può essere frantumato, piuttosto che considerare gli oggetti "i tre quarti che vedo a destra del sasso" oppure "il sasso unitamente all' albero vicino al quale si trova ora (ma non ieri e non domani); e questo anche se si tratta comunque in tutti e tre i casi e negli infiniti altri possibili in linea di principio di considerazioni soggettive, arbitrarie del "totale immediatamente esperito".
La visione del bimbo appena nato di cui parla Bluemax é indubbiamente molto più "approssimativa", "limitata", meno "sofisticata" di quella di un adulto; ma in un certo senso é molto più oggettiva o forse, per meglio dire, meno soggettiva, più limitata al darsi immediato e non interpretato della realtà.

Ci sarebbe secondo me un terzo modo di intendere la relatività o limitatezza (vacuità?) delle cose percepite, ed é il loro essere (costituiti da) nient' altro che meri fenomeni, mere apparenze sensibili, reali solo ed unicamente allorché e fintanto che accadono come percezioni: il magnifico cedro del Libano di cui sopra (costituito unicamente da determinati qualia visivi, per lo più verdi e marroni), se chiudo gli occhi non c' é, non esiste, non accade più; e se qualcosa ancora c' é o accade, a spiegare il fatto che se riapro gli occhi immancabilmente (salvo catastrofi naturali o artificiali) immediatamente l' albero c' é o accade di nuovo, allora questo "qualcosa" non é l' albero stesso (quei qualia visivi, che ovviamente quando non ci sono non possono essere), ma "altro (altre cose)".

Sono prontissimo a sentirmi dire che non ho capito una mazza, e ringrazio comunque per l' attenzione (non scrivo "cortese" per non copiare Garbino).
#2721
Tematiche Filosofiche / Re:Che è l'uomo?
27 Aprile 2017, 16:46:23 PM
Citazione di: maral il 27 Aprile 2017, 14:05:54 PM
Rispondo in modo abbozzato alle precedenti osservazioni di Sgiombo. Mettendo qualche titolo qua e là per cercare di rendere l'ammasso un po' più leggibile a tutti.

1-TAVOLI E SENSAZIONI
La sensazione per l'essere umano non significa altro che il presentarsi di una domanda: "C'è qualcosa, che cosa è?" E questo è già un significato: ogni sensazione significa precisamente questo.
Il falegname che ha fatto il tavolo della tua sala da pranzo, sapeva benissimo il significato di quello che faceva e perché lo andava fare e il suo fare aveva per lui un significato che richiedeva una risposta condivisa da altri soggetti sempre nell'ambito dei significati: "questo è un tavolo ben fatto", di modo che il suo progetto si realizzasse come un ulteriore significato (questo tavolo significa qualcosa di utile che mi dà da vivere) in cui convenire pubblicamente. Tutto questo è nel mondo delle parole (la nostra vita stessa è nel mondo delle parole e dunque dei significati), non delle cose e io non confondo le cose con le parole, proprio per questo so che "tavolo" è una parola e non una cosa, ma so anche che ogni cosa richiede la parola, un nome che le dà significato di modo da poter apparire chiamandola. In quel nome che però non è e non sarà mai, la cosa è sempre chiamata a partire dalla sensazione che significa  "C'è qualcosa, che cosa è?"
CitazioneQuel falegname sapeva bene ciò che faceva; e ciò che faceva (il tavolo), contrariamente ad esempio alla scritta "vernice fresca" che ha apposto al tavolo dopo averlo verniciato o la sua probabile frase "questo è un tavolo ben fatto" (che è tutt' altro che il tavolo stesso!), non significava proprio nulla.
Non ogni cosa, ma casomai il pensiero, la conoscenza (verbale) di ogni cosa richiede parole (delle quali le cose stesse sono i rispettivi significati, nel senso di denotazioni, e non viceversa), e tu continui proprio imperterrito a confondere questi due ben diversi casi.

2- LE VERITA' E LE SCIENZE
Non ci sono verità tra loro maggiori e minori, semplicemente perché noi ci troviamo sempre nel senso tra noi comune di una sola di queste verità (e questo è il punto fondamentale, per il quale non è possibile nessun "chissenefrega", perché è da qui che si istituisce la prospettiva a cui ci affidiamo). E' da questa verità comune che culturalmente condividiamo che andiamo a misurare tutte le altre e la prendiamo come unità di misura per tutte, il nostro punto di osservazione è sempre al centro ogni volta che giudichiamo del vero o del falso, che lo si voglia o no è il pregiudizio a noi comune. E certo che la scienza istituisce un punto assolutamente centrale in una particolare forma del pensare umano che vuole valere per l'universo intero e poi verifica secondo le condizioni poste da questo stesso modo di pensare che non si verifica, ma è il metro pregiudiziale per ogni verifica. Noi partiamo da questo centro, dove stiamo noi anche quando diciamo che l'universo è infinito e non ha centro, perché qui è centrata la prospettiva del mondo, ma da qui possiamo però riconoscere che ogni prospettiva del mondo è un centro ed è vera nell'ambito della prospettiva da cui è prodotta. Per ogni centro si mostra una verità diversa, quindi la irriducibile pluralità delle verità, tutte fra loro diverse che si rispecchiano e rimandano reciprocamente, tutte in qualche misura in errore, quindi anche la nostra, quindi anche quella scientifica, ma ognuna in errore in modo diverso.
CitazionePosto che lo scetticismo non è razionalmente superabile e allora se si vuole essere razionalisti del tutto conseguenti bisogna limitarsi a dubitare di tutto, sospendere il giudizio su tutto (anche sulla non superabilità dello scetticismo, e allora la discussione è "morta lì"; se invece si assume un minimo di credenze indimostrabili proprie del cosiddetto "senso comune" e tali che chiunque è correntemente considerato sano di mente per lo meno agisce come se vi credesse, allora è falso che qualsiasi credenza su qualsiasi cosa è vera.
Molte sono false e per quanto riguarda la conoscenza del solo mondo materiale che ne è oggetto nessun sistema teorico è neanche minimamente paragonabile per quantità di verità affermate (tutti gli altri ne affermano di gran lunga di meno) e per quantità di falsità affermate (tutti gli altri ne affermano di gran lunga di più) alle scienze, grazie alla critica razionale cui si servono di osservazioni empiriche e ipotesi teoriche.

Non ha nessun senso dire che la medicina scientifica è oggettivamente e in assoluto la più vera  pratica di cura rispetto a ogni altra mai praticata. E' la più vera per chi abita in questa prospettiva del mondo istituita da un certo modo di fare le cose, di dirle, di pensarle, di utilizzare certi strumenti cognitivi (e questa prospettiva ormai è ovunque nel senso comune di riferimento, anche se, come sempre, ripresenta a se stessa le proprie dirompenti contraddizioni). La nostra prospettiva non ha migliorato per nulla la vita di chi non conosceva o ancora non conosce questa prospettiva di esistenza, questo contesto in cui risulta utile e vera, ma diventa indispensabile quando instaura il suo doversi adeguare ad essa. Il fatto è piuttosto che questa prospettiva è la più potente, non perché è più vera (la potenza non ha nulla a che fare con la verità), ma perché è quella che meglio riesce a illudere chi la adotta di un controllo assoluto sul reale, essa trasforma il reale in un mosaico di tessere, lo smembra con un pensiero analitico che fa a pezzi la realtà. Il problema è che questo stesso pensiero analitico, proprio come una macchina impazzita, si perde sempre di più nei suoi pezzi e viene smembrato dal suo medesimo procedere.  
CitazioneTi sbagli di grosso (ritenendo in pratica che in terapia esista unicamente l' effetto placebo, che invece è qualcosa di molto limitato e marginale!): indipendentemente da ciò che ne sanno o meno, le cure scientifiche curano allo stesso modo (molto efficace e non infallibile) tutti: noi occidentali, aborigeni australiani e amazzonici, ecc.
E, a parte effetti placebo, molto limitati, la stessa indiscriminatezza e indipendenza dalle opinioni di chi se ne serve è propria anche dell' efficacia (incomparabilmente minore e dipendente: o da quel poco di verità empiriche pre-scientifiche o al massimo prortoscientifiche che ne sono alla base, o dell' effetto placebo, oppure del "puro culo") delle medicine degli stregoni.

Citazioneperché non fondare una cultura che affermi l' immortalità umana con la stessa validità e verità (secondo le tue pretese) delle teorie scientifiche (efficaci, che curano efficacemente esattamente come affermano di fare -cioè non in assoluto, non infallibilmente- tantissime malattie)?
Mi sembra chiaro a questo punto: è impossibile in quanto non siamo noi a decidere di fondare culture, noi ne siamo i prodotti e non i fondatori e in questo esserne prodotti troviamo verità che poi contribuiamo a cambiare. Non siamo noi gli autori dei nostri pensieri, non li scegliamo noi.
CitazioneSe così fosse non si spiegherebbe come sia nata naturalmente (cioè in un mondo naturale nel quale prima non c' era) la cultura umana: poiché per lo meno prima della comparsa dei primati (a voler essere molto prudenti in proposito) non esisteva cultura, come potrebbe essere sorta? Forse perché Dio avrebbe insegnato agli uomini le prime verità, i primi elementi di cultura, le prime conoscenze vere ("pensieri veri") di cui non potevano essere rispettivamente "gli autori" e "i fondatori" per lo meno quanto non potremmo esserli noi dei nostri?

CitazioneMa la scienza (le scienze naturali), astrattamente intesa, si pone (di fatto, se e quando correttamente praticata, tende a porsi) di fronte al mondo in maniera avalutativa, ha per scopo il cercare ciò che é/accade realmente e non ciò che è bene che sia/accada realmente.
No, questo è il trucco, ormai svelato da molto tempo. La scienza parte sempre da una prevalutazione dei dati, quindi non si pone per nulla di fronte al mondo in maniera avalutativa, ma al contrario comincia sempre con una valutazione dei dati da considerare in base a presupposti procedurali prefissati che sono dati e accettati prima di qualsiasi altro dato. Chiunque pratica la scienza, soprattutto se "dura", quantificata e oggettiva, fa sempre valutazioni a priori, anche se poi rimuove questo fatto.
CitazioneNon confondiamo valutazione di fatti constatati con valutazione di giustezza o doverosità di azioni!

Come mi sembra fosse del tutto inequivocabile dal contesto della discussione, per "avalutatività" scientifica non intendevo l' acritica accettazione delle prime ipotesi che "capita di partorire", che è casomai il contrario di ciò che fa la scienza, ma la il non far dipendere le tesi teoriche da proporre da valutazioni deontologiche.

Circa la non dimostrabilità (l' essere "a priori") di importanti conditiones sine qua non della conoscenza scientifica (rilevate per primo da genio di David Hume!) chi fa scienza (e non filosofia) può ben non esserne consapevole ("rimuovere questo fatto"): sbaglia, in campo filosofico, ma non è detto che per questo la conoscenza scientifica sia altrettanto arbitraria di qualsiasi altro sistema di teorie irrazionalistiche (superstiziose, religiose, new age, olistiche, ecc.).

3- IL SENSO COMUNE E LA REALTA'
Il senso comune è davvero matrice ed espressione dell'intera conoscenza umana, qualsiasi cosa si dica e comunque la si dica riferisce ad esso, ma il senso comune  non è né semplicemente definito, né definitivo, è invece una pluralità di sensi che nella storia umana si presenta continuamente in modo diverso: rilegge se stesso, si capovolge e cambia di significati, ritorna sui propri resti e sulle proprie tracce fissate in memoria, ne produce di nuovi che poi re-ingloba e dimentica mutando continuamente i significati per quanto li si voglia fissare con linguaggi astrattamente oggettivi. E' un magma sempre in movimento da cui esalano astrazioni, definizioni, sogni, immagini di grande potenza, scienze, filosofie, miti, superstizioni che continuamente si intrecciano nel loro significare, ossia nel fare segno della cosa per poter dire che cosa è senza mai poterla dire, proprio perché è necessario dirla e dirla di nuovo diversamente, perché è la cosa stessa a chiedere il suo nome che non è la cosa.
E per questo motivo nessun senso particolare è più fondato di un altro, nessuna conoscenza che può solo essere parziale, ma ogni conoscenza è fondata e vera nel contesto di pratiche in cui è prodotta, quando non è fondata si disintegra con grande angoscia di chi vi faceva affidamento. Lo stiamo vivendo oggi, è la nostra catastrofe, che è catastrofe di segni e significati, è catastrofe della nostra conoscenza, non della "realtà".
CitazioneE' vero che il senso comune è abbastanza difficile da definire e può essere inteso anche diversamente (più "largamente") di quanto da me proposto in questa discussione.
Ma ciò non toglie che implica comunque un "minimo comun denominatore" comprendente il superamento del solipsismo, l' intersoggettività e il divenire ordinato secondo modalità generali-astratte universali e costanti dei fenomeni materiali -la tendenza a "fare induzioni"- tale che chiunque è comunemente considerato sano di mente per lo meno si comporta come se vi credesse; e a questo "minimo comun denominatore del senso comune" sui limitano gli assunti indimostrabili della conoscenza scientifica (mentre qualsiasi altro meno razionalistico sistema teorico accetta acriticamente a man bassa una gran quantità di ulteriori credenze infondate).

Sì, la realtà è una sola, ma conoscere non è predicare ciò che realmente accade, perché ciò che si dice che realmente accade è ancora un predicato, non la realtà in-predicata. E ogni predicare, proprio perché predica, è sempre contraddittorio, ha comunque in sé ciò che lo contraddice, il proprio "non (essere così)". Vale anche per quello che sto dicendo, che non è altro che un dire, come non è altro che un dire il tuo che mi contraddice, come non è altro che un dire quello che dice la scienza, ogni filosofia, ogni religione, senza che nessuna di queste forme di conoscenza abbia uno statuto privilegiato di verità rispetto alle altre, perché ognuna presenta la propria verità e il proprio errore cercando di dire meglio che può.
Anche le "componenti materiali" sono un dire, un voler significare. La realtà non ha né componenti materiali né spirituali che sono solo predicati, non conosce né soggetto né oggetto né relazione tra questi, ma continuamente li genera come significati e nomi da poter un po' trattenere qualcosa, dei resti da condividere su cui fissare dei punti di orientamento.
CitazioneChe ciò che si dice che realmente accade è ancora un predicato è un' ovvia tautologia: come dire conoscere è ancora conoscere.

Contraddittorio non è affatto ogni predicare per il fatto che la stessa cosa potrebbe predicarsi in linea di principio anche in forma negativa: dire "l' Everest é più alto di tutti gli altri monti della terra" e "tutti gli altri monti della terra sono più bassi dell' Everest" non sono affatto predicati reciprocamente contraddittori; anzi, sono sostanzialmente identici.

Se il mio dire contraddice il tuo, come in effetti accade, non per questo il mio dire (né il tuo) è un dire intrinsecamente contraddittorio.
E non per questo, quanto a verità, l' uno vale l' altro.

Il dire è una cosa, la realtà (in generale) è un' altra.
Ma non per questo non si può veracemente dire qualcosa (molto? Poco? Valutazioni meramente soggettive e opinabili) della realtà.

4- TOLLERANZA E ONNISCIENZA  
CitazioneScusa eh, ma a parte la reiterazione veramente fastidiosissima (al limite dell' offensivo) della Verità con l' iniziale maiuscola riferita del tutto indebitamente a me, qui cadi nella stessa fallacia di Angelo Cannata consistente nell' identificare del tutto indebitamente "convinzione ritenuta certa" con intolleranza delle convinzioni altrui" e "indifferenza" con "tolleranza"!
No, ogni contesto genera del tutto lecitamente delle convinzioni certe e deve farlo, non si può essere né indifferenti alla verità, anche se si sa che in qualche misura è sempre in errore, né comunque tolleranti. Perché è solo in questa nostra prospettiva relativa che noi viviamo che troviamo senso, non certo nella "realtà" assoluta, quindi si tratta di difendere quello che siamo, quello in cui possiamo vivere propriamente noi stessi.
CitazioneSe ben capisco, così dicendo semplicemente ammetti che tolleranza e relativismo non sno la stessa cosa e che si può essere sostenitori convinti e perfino dogmatici delle proprie credenze senza per questo necessariamente imporle con la forza e l' intolleranza agli altri.

Anche se nessuna verità può coincidere con la realtà, poiché riguarda il suo significato e non il suo essere, pur tuttavia ogni verità è reale parte della realtà e quindi non può essere scelta come si vuole (nessuna), essa è ciò a partire dalla quale riusciamo a riconoscerci e quindi umanamente a vivere. Non possiamo rinunciarvi, ma proporla agli altri, affinché negli altri ci si possa riconoscere (e non c'è altro modo di conoscersi se non negli altri, per questo non può esserci alcuna coscienza unica e assoluta che non ha altro da sé, qualcosa che le rimandi l'immagine di se stessa).
La fondatezza vera delle nostre convinzioni e conoscenze la si può misurare solo negli effetti che producono nell'ambito culturale che li produce, non certo in generale, non certo nell'universo mondo e per tutti, pipistrelli compresi. Il problema sorge invece quando due culture si incontrano, ma questo è un discorso da affrontare a parte.
CitazioneChe la realtà è una cosa e la conoscenza un' altra (è infatti il predicare vero circa la realtà) è pacifico.
Cos' come che ogni verità reale è parte della realtà.

Ma ciò non significa certo che, come sembrerebbe di capire dall' espressione "non può esserci alcuna coscienza unica e assoluta", ogni predicato o teoria valga l' altro –a indifferentemente quanto a verità.

Purtroppo per noi innocenti, per i pipistrelli e per ogni altra cosa, animale o persona, e contrariamente a quanto pretenderesti tu, la fondatezza vera delle conoscenze (scientifiche) in base alle quali si sono prodotte le bombe atomiche (e tanti altri artefatti dannosissimi) non la  si può misurare solo negli effetti che producono nell'ambito culturale che li produce, ma in qualsiasi altro ambito materiale, culturale e pure naturale (quello dei chirotteri compreso).

CitazioneBeh, se invece di filosofia, come mi era sempre parso, intendi discutere di religione, la cosa non mi interessa (più).
E comunque non mi pare che quel Dio (se è quello cui credo tu alluda), per il fatto di non essere di questo mondo, abbia mai negato di poterlo conoscere.
Moltissimi teologi che vanno per la maggiore gli attribuiscono anzi l' "onniscienza"!
Sempre se ho inteso bene a quale Dio alluda (ma a me risulta un solo Dio che abbia affermato che il suo regno -e dunque anche lui in esso- non è di questo mondo).
Parlavo di Dio filosoficamente, non certo religiosamente. Il Dio onnisciente è un Dio che gode la panoramica trascendente su tutto l'universo, quindi deve essere fuori da esso e infatti lo crea dal nulla e così lo conosce. Credo che il tecnico scienziato (ma non solo, anche un certo tipo di filosofi), abbia inconsciamente ereditato dalla religione questa immagine così suggestiva. D'altro canto è più allettante cercare di assomigliare a Dio che a un pipistrello, soprattutto dopo che la scienza spiega cosa sono "oggettivamente" i pipistrelli mostrandoci che solo dei selvaggi o dei matti possono vederci degli Dei.
CitazioneScusa, ma questa tua credenza mi sembra proprio un pregiudizio infondato.
So di molti scienziati e qualche filosofo che sono pessimi filosofi e pretendono ridicolmente l' onniscienza, ma di nessuno scienziato che pretenda che la realtà venga creata dal nulla o e in questo modo conosciuta da parte della scienza.

Per credere (giustamente) che solo dei selvaggi incivili o dei matti possono ritenere i pipistrelli degli dei non è necessaria la scienza: basta molto meno!
#2722
Tematiche Filosofiche / Re:Che è l'uomo?
27 Aprile 2017, 15:25:05 PM
Citazione di: myfriend il 27 Aprile 2017, 11:09:14 AM
Citazione di: sgiombo il 26 Aprile 2017, 16:18:29 PM
Citazione di: myfriend il 26 Aprile 2017, 13:53:41 PM
@sgiombo

No no.
Nella natura ci sono entrambe queste Realtà.

C'è la Realtà della sopravvivenza, che spinge il leone a uccidere i cuccioli della giraffa per sfamarsi e per sfamare i propri cuccioli.
E c'è la Realtà della salvaguardia dei piccoli che spinge la giraffa a proteggere i propri cuccioli dal pericolo dei leoni e spinge la leonessa a trovare cibo per sfamare i propri cuccioli.

Entrambe questi aspetti (sopravvivenza personale e protezione dei cuccioli) fanno parte della Realtà della "natura inferiore". Anche se a volte sono in competizione.
Affermare che la Realtà non tiene conto dei cuccioli è falso come una banconota da 300 euri.  :D
CitazioneDi natura "inferiore" e "superiore" dovresti dare dimostrazione....

Ma comunque nella natura vi sono soggetti (individui) che hanno a cuore altri individui, mente invece nel suo complesso la natura é indifferente alla sorte di tutti (ogni e ciascun individuo; a meno che non sia frutto della provvidenza divina, cosa pure da dimostrarsi e comunque palesemente confutata dai fatti quoitidianamente osservabili).

Prova ad andare a raccontare la storia della banconota da 300 euri al padre di uno dei tantissimi bimbi morti per malattie e/o fame o per terremoti, alluvioni, incidenti stradali, ecc., ecc., ecc.

...Ma mi raccomando: prima assicurati che non abbia a portata di mano un corpo contundente!
Ho dato dimostrazione scientifica della natura inferiore e superiore quando ho parlato del cervello umano e della sua struttura a strati.
Non posso ogni volta ripetere le stesse cose.

mentre invece nel suo complesso la natura é indifferente alla sorte di tutti


Questo non solo è sbagliato, ma è falso.
Come ti ho già dimostrato, l'evoluzione, per quanto riguarda la vita animale, ha sviluppato quattro caratteristiche nella "natura inferiore":
- la sopravvivenza personale
- la procreazione
- la protezione dei cuccioli
- l'inidividuazione

Prova ad andare a raccontare la storia della banconota da 300 euri al padre di uno dei tantissimi bimbi morti per malattie e/o fame o per terremoti, alluvioni, incidenti stradali, ecc., ecc., ecc.

Tu metti insieme la vita animale con i terremoti e le alluvioni.
Non sai che la Realtà è costituita da "sistemi" e ogni sistema si muove e si sviluppa secondo le proprie regole.
Le regole del sistema "vita animale" sono fatte per preservare la vita individuale e di specie.
Le regole del sistema "crosta terrestre" sono fatte pre creare un ambiente che sia favorevole alla vita. Se non ci fosse la "tettonica a zolle" che crea terremoti e alluvioni, non ci sarebbero le montagne, non ci sarebbero i fiumi e non ci sarebbero le pianure. In poche parole il nostro pianeta sarebbe inospitale e disabitato gà da qualche miliardo di anni.
E' proprio la tettonica a zolle (che causa terremoti e alluvioni) che consente al nostro pianeta di essere "vivo" e di poter ospitare la vita.

Poi..è chiaro che se stai facendo un picnic su una pianura alluvionale e ti becchi una alluvione e crepi, questo non vuol dire che la Realtà se ne frega della tua vita. Significa che ogni sistema segue le sue regole.
La stessa cosa accade se ti avventuri nella savana a piedi. Se incontri una leonessa ti sbrana. Perchè queste sono le sue regole.
La stessa cosa accade se bevi acqua che contiene dei batteri. I batteri ti sbranano e muori. Perchè queste sono le sue regole.
La Realtà è fatta a livelli e ogni livello è costuituito dai propri sistemi. E ogni sistema ha le sue regole, tutte indirizzate a preservare e continuare la vita nel suo complesso.

Prova ad andare a raccontare la storia della banconota da 300 euri al padre di uno dei tantissimi bimbi morti per malattie e/o fame o per terremoti, alluvioni, incidenti stradali, ecc., ecc., ecc.


La frase che hai scritto e che io ho riportato è una tua fede.
Ed è la prova provata del fatto che le fedi, tutte le fedi, nascono dalla inconsapevolezza.
CitazioneQui di inconsapevolezza c' é solo la tua circa l' infondatezza delle sciocchezze che sciorini con sicumera pari solo alla loro infondatezza stessa, dispensando a vanvera giudizi infondati e falsi circa la presunta altrui ignoranza delle scienze naturali e pretesi atteggiamenti fideistici.
#2723
Tematiche Filosofiche / Re:Che è l'uomo?
26 Aprile 2017, 22:11:10 PM
Citazione di: maral il 26 Aprile 2017, 21:54:51 PM
Diavolo di uno Sgiombo, tu mi sommergi  ;)
Ci vorrebbero delle giornate a risponderti. Dammi il tempo di raccapezzarmi nel tuo discorso, poi vedrò come e dove posso risponderti.
CitazioneEh, si vede che sono andato in pensione (da poco) e ho molto tempo!
Comunque cercherò di non esagerare (anche perché scrivere troppo scoraggia chiunque a leggere).
#2724
Citazione di: myfriend il 26 Aprile 2017, 13:31:41 PM
@sgiombo

Dov'è o dove sarebbe il "nulla" nella Realtà?  :D
Dov'è o dove sarebbe "l'asino che vola" nella Realtà?  :D
CitazioneSe non vuoi deliberatamente capire, allora é inutile che perda altro tempo per cercare di spiegartelo.

Dove avrei mai sostenuto che c' é il nulla (assoluto; che nulla esiste nella realtà) ? ? ?
Ho invece proprio sempre sostenuto a chiarissime lettere che ciò é (sensatissimo) e falso!

Idem per quanto riguarda l' asino che vola (a meno che non sia stato caricato su un aereo o un elicottero oppure non sia -grazie Sari!- un asino dipinto o scolpito o vagheggiato in una poesia, ecc.).

#2725
Tematiche Filosofiche / Re:Che è l'uomo?
26 Aprile 2017, 16:18:29 PM
Citazione di: myfriend il 26 Aprile 2017, 13:53:41 PM
@sgiombo

No no.
Nella natura ci sono entrambe queste Realtà.

C'è la Realtà della sopravvivenza, che spinge il leone a uccidere i cuccioli della giraffa per sfamarsi e per sfamare i propri cuccioli.
E c'è la Realtà della salvaguardia dei piccoli che spinge la giraffa a proteggere i propri cuccioli dal pericolo dei leoni e spinge la leonessa a trovare cibo per sfamare i propri cuccioli.

Entrambe questi aspetti (sopravvivenza personale e protezione dei cuccioli) fanno parte della Realtà della "natura inferiore". Anche se a volte sono in competizione.
Affermare che la Realtà non tiene conto dei cuccioli è falso come una banconota da 300 euri.  :D
CitazioneDi natura "inferiore" e "superiore" dovresti dare dimostrazione....

Ma comunque nella natura vi sono soggetti (individui) che hanno a cuore altri individui, mente invece nel suo complesso la natura é indifferente alla sorte di tutti (ogni e ciascun individuo; a meno che non sia frutto della provvidenza divina, cosa pure da dimostrarsi e comunque palesemente confutata dai fatti quoitidianamente osservabili).

Prova ad andare a raccontare la storia della banconota da 300 euri al padre di uno dei tantissimi bimbi morti per malattie e/o fame o per terremoti, alluvioni, incidenti stradali, ecc., ecc., ecc.

...Ma mi raccomando: prima assicurati che non abbia a portata di mano un corpo contundente!
#2726
Tematiche Filosofiche / Re:Che è l'uomo?
26 Aprile 2017, 16:08:36 PM
Citazione di: maral il 25 Aprile 2017, 23:40:05 PM
Citazione di: sgiombo il 25 Aprile 2017, 22:17:36 PM
No, guarda che il fatto che la durata media della vita dove si pratica la medicina (e in particolare l' igiene)  scientifica é di molto maggiore che presso le tribù animiste non é un' opinione che rientra solo nel discorso che (arbitrariamente) facciamo noi adesso, ma un fatto reale.

Scusa, ma non mi sembra proprio di avere usato a vanvera iniziali maiuscole.

Si tratta proprio del fatto che veniamo ad approssimare sempre più la conoscenza della realtà grazie alla scienza che finalmente ci dice le cose come sono sempre state (e attribuirmi indebitamente iniziali maiuscole a mo di pretese "soprannaturalizzazioni" della realtà e della scienza non mi sembra proprio un modo corretto di polemizzare).

Se fosse solo fatto di un mutazioni di pratiche e di contesti, se
ogni confronto con contesti precedenti non avesse assolutamente nessun senso e non potesse pretendere nessuna verità oggettiva, allora basterebbe praticare in modo unanime (per così dire "universalmente limitatamente a un certo contesto culturale") la credenza che non si muore mai per divenire ipso facto eterni:

troppo comodo!
Sgiombo, non ho attribuito a te le maiuscole, è qualcun altro che ce le mette, ma mi servivano per rendere più chiaro il discorso.
Il successo della medicina soprattutto in merito alla mortalità infantile, resta un successo misurato da noi con le nostre pratiche di conoscenza, dunque è ancora soggettivo.
CitazioneMa per carità!
 
In che mondo vivi?
 
Ti sconsiglio comunque vivamente di dire queste cose ai genitori dei tanti bimbi che in Africa e parte dell' Asia e America Latina (ma sempre più anche qui in Occidente) muoiono per malattie curabilissime dalla medicina scientifica; specialmente se quei genitori avessero a portata di mano qualche corpo contundente!
 


Che non vuol dire né arbitrario, né falso, è vero nel contesto interpretativo che definisce cosa si deve intendere per vita media e come la si calcola e la si misura. E' vero nella nostra mappa del mondo che non è il mondo, ma ne dà un'interpretazione.
Continui ad attribuirmi assurdità fraintendendo: non ho mai detto ed è assurdo dedurlo da quanto dico che si possa non morire mai decidendo di credere tutti insieme di non morire mai. Ho detto e sopra l'ho pure stra evidenziato che la nostra soggettività non siamo noi a deciderla, dunque non siamo noi a decidere della verità che questa soggettività determina sulla conoscenza che abbiamo delle cose , conoscenza che a sua volta non è la cosa, né vi aderisce identica.  
CitazioneMa hai anche detto che ciò che è condiviso da una qualsiasi cultura è solo per questo altrettanto valido e vero che ciò che dice la scienza.
 
Ergo: perché non fondare una cultura che affermi l' immortalità umana con la stessa validità e verità (secondo le tue pretese) delle teorie scientifiche (efficaci, che curano efficacemente esattamente come affermano di fare -cioè non in assoluto, non infallibilmente- tantissime malattie)?
 
Chi ce lo vieta?
 
Te lo dico io: il fatto che non sono vere le premesse del ragionamento!
 
***************************
Citazione Non vedo perché mai per il fatto che siamo uomini e non dei e che non siamo fuori dalla realtà (ma anche se fossimo -realmente- dei ne faremmo comunque parte, non ne saremmo affatto fuori!) non dovremmo per forza conoscerla veracemente; mentre addirittura potremmo (come se invece fossimo proprio dei!) far sì che sia come noi arbitrariamente (sia pure nel contesto di una cultura più o meno antica e diffusa) vorremmo che sia.
Perché il Dio a cui mi riferivo ha detto Lui di non essere di questo mondo. E, lo ripeto ancora, noi non decidiamo cosa siamo, veniamo a esserlo, quindi non decidiamo nemmeno della nostra soggettività.
CitazioneBeh, se invece di filosofia, come mi era sempre parso, intendi discutere di religione, la cosa non mi interessa (più).
E comunque non mi pare che quel Dio (se è quello cui credo tu alluda), per il fatto di non essere di questo mondo, abbia mai negato di poterlo conoscere.
Moltissimi teologi che vanno per la maggiore gli attribuiscono anzi l' "onniscienza"!
Sempre se ho inteso bene a quale Dio alluda (ma a me risulta un solo Dio che abbia affermato che il suo regno -e dunque anche lui in esso- non è di questo mondo).

A questo punto credo di aver ripetuto a sufficienza il concetto che ciò che è soggettivo non è per nulla il risultato di una scelta o di una volontà, né implica che lo sia, anzi vale l'esatto contrario.
Citazione Se vale l' esatto contrario allora inevitabilmente è (ciò che è), per lo meno anche (per quanto riguarda certi aspetti di esso; potendovene pure essere anche, ma non solo di soggettivi) indipendentemente dal soggetto (-i) della sua credenza (che lo crede o credono essere in certi modi, più o meno veracemente a seconda dei casi).
Ergo: è ciò che é dipendentemente da qualcosa (di reale) diverso dal soggetto della conoscenza, dalla realtà per come è indipendentemente dagli (eventuali) soggetti che la conoscono.
#2727
Tematiche Filosofiche / Re:Che è l'uomo?
26 Aprile 2017, 16:05:09 PM
CitazioneCONTINUAZIONE
 
Sgiombo:
Mi era proprio sembrato (anche in questo intervento) che tu invece sostenga che 
il mondo sia quello che ci pare e piace secondo il nostro soggettivo arbitrio (sia pure "condiviso nell' ambito di culture secolari").

Maral:
E continui a fraintendermi completamente. Non c'è nessun soggettivo arbitrio, non in questi termini. Il mondo soggettivo non ha nulla di arbitrario.[/glow] Non so quante volte ancora dovrò ripeterlo per farmi capire. Le culture, pur essendo autoreferenti nella loro validità, non decidono niente in merito al mondo, essendo anch'esse prodotte dal mondo e nel mondo. Vale per gli indigeni della Amazzonia quanto per i ricercatori del CERN. Entrambi parti del mondo, entrambi soggetti del mondo e soggetti al mondo. Entrambi senza pretese di conoscenze oggettive, proprio perché parti del mondo.
Copio-incollo:

Citazioneil suo mostrarsi che è molto diverso ed è questo che fa di quest'unico mondo in sé due mondi diversi [contraddizione, N.d.R.]

Bon c'è nessuna contraddizione, perché il mondo può benissimo essere uno, ma mostrarsi solo secondo modalità diverse, perché diversi sono i soggetti che lo vedono e lo abitano. (e ringraziamo che sia così). Illogico e assurdo è invece pensare che c'è un mondo oggettivo che tutti i soggetti vedono com'è allo stesso modo e qualcuno (sempre noi) nell'unico modo giusto.

Sgiombo:
E' del tutto ovvio che le credenze sul mondo possano essere diverse (e nella di fatto notevole misura in cui sono reciprocamente incompatibili non sono tutte vere e fondate, e men che meno ugualmente vere e fondate).Ma (se si ammettono le suddette verità indimostrabili "di senso comune" tali che chiunque sia comunemente considerato sano di mente per lo meno si comporta come se le credesse, allora) le culture, pur essendo ovviamente tutte prodotte dal mondo e nel mondo, non sono affatto solo per questo autoreferenti ma si riferiscono a un mondo reale intersoggettivo; e infatti, come dimostrano il differente stato di salute medio e la differente durata media della vita nelle diverse culture, differiscono assi nella loro validità: non decidono niente in merito al mondo, essendo anch'esse prodotte dal mondo e nel mondo, ma sono prodotti ben diversi fra loro quanto a verità. 
Non per fare il pignolo, ma"un unico mondo in sé" =/= "due mondi diversi"e identificarli è una contraddizione (ma ho capito che in questo caso semplicemente avevi espresso male ciò che pensavi, che se ben espresso e dunque ben inteso, non era contraddittorio).
 

 
*************************************************

Sgiombo:
L' interpretazione scientifica (correttamente intesa, non scientisticamente, cioè irrazionalisticamente, deformata) della natura materiale – naturale che ne è oggetto di ricerca (e non di ciò che da questa esula, come pure irrazionalisticamente pretende lo scientismo) pretende giustamente solo di essere (relativamente) più vera, meno limitata, più completa di qualunque altra meno criticamente vagliata e fondata (non è l' unica, ma è di gran lunga la migliore se per "criterio di bontà" si prende la verità.


Maral:
Credo che, volendo proprio un criterio, valga il contrario: ossia che il criterio di verità sia la bontà dell'effetto che questa verità produce, ovviamente nell'ambito in cui si vive, non per tutti in assoluto.

Sgiombo:
La dipendenza fra verità teorica e (tendenziale) efficacia pratica è reciproca: ciò che la scienza dice (sa teoricamente) del mondo materiale - naturale è più vero di ciò che ne dice qualsiasi altra pretesa conoscenza, e dunque applicarlo praticamente comporta (in generale e ceteris paribus) maggiori successi nel conseguimento di scopi che qualsiasi pretesa conoscenza alternativa; e allo stesso tempo il superamento (pratico) di prove sperimentali da parte di ciò che dice la scienza (e non di ciò che pretendono pseudoconoscenze alternative) ne conferma la verità teorica. Unica alternativa per spiegarsi ciò che è quotidianamente sotto gli occhi di tutti (non allo stesso identico modo) sarebbe il "puro culo".
************************************


Sgiombo:
Essa cerca di rilevare la posizione effettiva dell' uomo nel mondo fenomenico materiale senza pretendere aprioristicamente che sia centrale (e di fatto la riconosce periferica da almeno 3 - 400 anni).


Maral:
E chiaramente non ci riesce peché mette di nuovo al centro un'interpretazione del mondo che è quella di un particolare tipo di essere umano, tra l'altro molto minoritario.

Sgiombo:
Le interpretazioni scientifiche del mondo non sono messe dalla scienza al centro di alcunché (casomai sono messe nei libri e files dei computer e chiavette che son ritenuti decisamente periferici nel mondo materiale naturale; secondo me erroneamente poiché credo che non abbia centro né periferia essendo infinito).Ma non sono arbitrariamente o comunque infondatamente stabilite (contrariamente a pretesi modi alternativi di conoscere il mondo materiale – naturale), bensì sono confermate empiricamente (ovviamente alla condizione che le indimostrabili -Hume!- conditiones sine qua non della conoscenza scientifica siano vere).
 
Sgiombo:
Ci dice (fallibilmente, com' è ovvio; ma comunque molto meno di qualunque alternativa meno rigorosamente razionale) come divengono i fenomeni; è proprio per questo che le sue previsioni sono generalmente esatte (incomparabilmente più spesso e più completamente di qualsiasi alternativa meno razionalmente fondata), salvo ovvi errori ed omissioni.


Maral:
Ci dice a noi che, sulla base di una tradizione culturale, possiamo crederci. In realtà sa assai poco e praticamente nulla di come evolvano i fenomeni, tant'è che il mondo, dominato dalla visione scientifica, non si è mai sentito tanto vicino alla catastrofe finale e tanto lontano al riuscire a porvi rimedio, fermo restando che anche nella ragione scientifica la discordia impera e ogni corrente si ritiene più oggettiva dell'altra. Ah, questa benedetta oggettività!                     

Sgiombo:
Ma che c' entra la vicinanza alla catastrofe finale ? ? ? Le conoscenze vere (non quelle non scientifiche, per quanto riguarda il mondo materiale – naturale!) possono ovviamente essere usate tanto a scopo costruttivo quanto a scopo distruttivo! Sono efficacissime, essendo vere, in entrambi i casi! A parte il fatto che non concordo per nulla che il mondo (e in particolare l' Occidente dominante) sia "dominato dalla visione scientiica, anzi: tutt' altro!Ed è anche per questo che tende a usare la scienza (efficacissima perché verissima; N. B.: qui il grado assoluto dei superlativi è meramente metaforico: nessuna "iniziale maiuscola o affini" per favore ! ! !) a scopi distruttivi. La discordia impera fra gli scienziati (soprattutto "grazie" al capitalismo).Ma la scienza (le scienze naturali), astrattamente intesa, si pone (di fatto, se e quando correttamente praticata, tende a porsi) di fronte al mondo in maniera avalutativa,ha per scopo il cercare ciò che é/accade realmente e non ciò che è bene che sia/accada realmente.
#2728
Tematiche Filosofiche / Re:Che è l'uomo?
26 Aprile 2017, 15:59:51 PM
Citazione di: maral il 25 Aprile 2017, 23:16:20 PM
Citazione di: sgiombo il 25 Aprile 2017, 21:18:21 PM
No, "a posteriori" appare (accade l' insieme di sensazioni mentali costituente) il pensiero che si sono avute tali sensazioni, la conoscenza (più o meno vera a seconda dei casi) del loro essere accadute (se e quando appare) e non le sensazioni stesse.

Le sensazioni che hai nello stare seduto al computer sono qualia (dati fenomenici di coscienza) costituiti da macchie di colore, sensazioni tattili-propiocettive, rumori, ecc.; la fisiologia non c' entra nulla: potresti anche ignorarla completamente e i tuoi qualia fenomenici coscienti non cambierebbero "di una virgola" (N. B.: questa è una metafora!).
E tutto questo come fai a dirlo? quali percezioni te lo dicono? "Esse est percipi" ricordi?
La percezione di un tavolo può benissimo avere in sé sia la certezza di cos'è, sia il dubbio, oppure il dubbio può entrare in gioco in una successiva percezione del medesimo oggetto, ma anche il dubbio è presente nel significato di ciò che percepisco soggettivamente o relativamente a un'altra percezione. Non è data nessuna percezione senza significato, semplicemente non c'è e se mi invento che ci sia, posso farlo solo in quanto ho già dato un significato a quello che dico essere senza significato. Gliel'ho già dato, per questo dico, a posteriori, dopo averglielo dato, che non aveva significato.  
CitazioneLo si constata empiricamente (appunto: "esse est percipi"!).
 
La visione del tavolo ("quella roba lì") è una serie di sensazioni (esterne materiali); invece il pensiero della certezza che sia un tavolo e quello del dubbio in proposito sono altre, diverse serie di sensazioni (interne mentali), che possono:
 
a)    non accadere, oltre le sensazioni esterne, "accanto ad esse", "in aggiunta ad esse";
b)     accadervi insieme da subito, immediatamente, appena scorta quella roba lì";
c)    accadervi dopo un po' che la si vede,
d)     accadere dopo, allorché non la si vede più, riferendosi più precisamente in questo caso al ricordo di "quella cosa lì".

Se non è data nessuna sensazione senza significato, allora che cosa significano le sensazioni di un tavolo (per esempio quello che presumibilmente hai nella sala da pranzo) da parte di chi e a chi?
(Quelle che costituiscono) Il tavolo nella mia sala da pranzo è stato fatto da un falegname che producendolo non intendeva comunicare alcun significato a nessuno ma solo procurarsi onestamente da vivere producendo un oggetto utile.
 
Tu confondi le sensazioni (l' oggetto costituito dal tavolo) con le (sensazioni delle) parole con le quali le si pensa e se ne parla (la parola "tavolo"): sono le seconde ad avere significati (il tavolo esiste anche quado nessuno lo vede e inoltre pensa: "ecco un tavolo", avendo un significato questa parola e non quella cosa).
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CitazioneQuello che hai imparato a scuola è (relativamente) ben più vero che quello che pensavi ingenuamente nella tua spontaneità di bambino.
E' più vero perché mi fa partecipare di un modo di pensare collettivo (con la sua millenaria ascendenza), mi consente una soggettività condivisa, ma non perché è vero in sé. E' vero perché in questo mondo in cui esisto mi permette di vivere meglio. E questo vale anche per l'indigeno che si mantiene fedele al suo mondo in cui vive e si affida alla cultura del mondo in cui vive. Il problema, per l'indigeno, è che è costretto a vivere nel nostro mondo senza avere i millenni di tradizione culturale che gliene restituiscono il senso e quindi la sua vita perde di senso e quasi sempre finisce emarginato in preda all'alcol e alle droghe (hai mai visitato una riserva indiana? io sì, dei Moicani, vai a vedere come si riducono nel nostro mondo del benessere, con tutta la nostra medicina scientifica e la nostra astronomia).
CitazioneLa verità maggiore di quello che hai imparato a scuola non centra punto con la numerosità di chi la conosce, né con la sua antichità.
Può anche darsi (e di fatto non di rado accade) che una stragrande maggioranza pensi cose false e una piccola minoranza pensi cose vere.
C' è stato un  periodo nel quale il solo Copernico sapeva che la terra gira intorno al sole e tutti gli altri pensavano il contrario, ma ciononostante Copernico conosceva il vero e tutti gli altri pensavano il falso; e fra l' altro allora questa verità non consentiva a nessuno, nemmeno a Copernico di vivere meglio; anzi pochi anni dopo qualcuno (Galileo) l' ha fatto vivere alquanto peggio!
 
Ma che c' entrano i Moicani, purtroppo vittime dell' imperialismo (anche perché purtroppo l' imperialismo dispone di molte più conoscenze vere di loro)?
Le loro sofferenze non sono provocate dalla medicina scientifica, ecc., bensì (e non è affatto la stessa cosa!) da come le conoscenze scientifiche sono applicate praticamente da chi ne dispone e dispone in generale del potere!.
Se un moicano affetto da polmonite si fa curare dallo stregone rischia fortemente di schiattare e se guerisce è "per puro culo", mentre se si fa curare da un medico -ammesso che ne abbia la possibilità effettiva, cosa di cui dubito assai, anche in presenza della colossale bufala dell' "obamacare"- ha buone probabilità di guarire, esattamente come un wasp (in linea puramente teorica, ripeto: ammesso che...).
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CitazioneCerto che la scienza si basa sul senso comune e poi lo modifica, criticandolo razionalmente.
Esso si può definire come un insieme minimo di conoscenze indimostrabili dato per scontato (più o meno consapevolmente e criticamente; più nel caso dei filosofi, meno nel caso di chi si lasci vivere passivamente e conformisticamente) da tutte le persone comunemente considerate sane di mente.
Il senso comune non è un insieme minimo, ma è l'insieme che contiene ogni ulteriore specifica conoscenza che da esso si sviluppa per astrazioni per poi tornare a istituire un nuovo senso comune comunque legato al precedente. Il senso comune ha in se stesso la propria eccezione che lo nega ed è da questa che si rinnova.
CitazioneE cche vvorr dì ? ? ?
Apparentemente che il senso comune è l' intera conoscenza umana ("l'insieme che contiene ogni ulteriore specifica conoscenza che da esso si sviluppa per astrazioni per poi tornare a istituire un nuovo senso comune comunque legato al precedente" (evidenziazione in grassetto mia).
Ma (anche se non mi stupisco più di niente) dubito assai che intendessi affermare questo.
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CitazioneE' perfettamente ovvio (e banalissimo) che i giudizi di fondatezza rispetto alle diverse letture del mondo partono sempre da una determinata "lettura del mondo"; ma c' è lettura del mondo e lettura del mondo, le une più vere, le altre meno: non è che si equivalgono tutte essendo ciascuna autoreferenziale, dal momento che invece intendono riferirsi al mondo fenomenico che nella sua componente materiale può ritenersi (non dimostrarsi) intersoggettivo (nell' ambito di molte è ritenuto erroneamente oggettivo); e le une ci riescono più e meglio, le altre meno e peggio.
Non so come farti capire che qualsiasi differenza di valore di fondatezza si istituisca tra le culture è sempre pronunciata da una cultura, non può essere in alcun modo reale in senso oggettivo. Questa pretesa di giudicare al di fuori della propria cultura cosa è vero e reale per tutti è una palese assurdità. Il mondo fenomenico, se è fenomenico, è sempre soggettivo, perché solo soggettivamente può apparire e il giudizio di fondatezza sta tutto e solo nell'ambito culturale in cui si vive, rispettando i propri termini di contesto. Se finalmente imparassimo a farlo quanto dolore e catastrofi risparmieremmo alle nostre esistenze! Quanta follia nel dover convertire a LA Verità oggettiva per tutti! Cercate di vivere bene con la vostra verità minuscola, non con la nostra ugualmente minuscola! Questa è la sola verità.
E, nota bene: nessuna verità è equivalente a un altra, perché ogni verità rappresenta un aspetto diverso della realtà, ma, per la medesima ragione, nessuna cultura può valutare la fondatezza reale di un'altra cultura. Può invece (e sempre lo fa), incontrandola modificarla e modificarsi a causa del nuovo contesto che l'incontro inevitabilmente produce su entrambe.
E nessuno si è mai costruito il mondo a piacimento, poiché è il mondo in cui vive che costruisce lui per quello che è.
CitazioneE chissenefrega se (del tutto ovviamente) qualsiasi valutazione circa differenze di valore di fondatezza si istituisca tra le culture è sempre pronunciata da una cultura ? ? ?
 
Ciò non toglie affatto che vi siano culture complessivamente più fondate, portatrici di maggior verità e altre meno.
Sarebbe come dire che poiché comunque ogni credenza creduta vera è creduta vera, allora sono tutte ugualmente vere, anche se reciprocamente contrarie e anche se per definizione:
a)    la realtà (complessivamente intesa (il tutto reale) è una sola;
b)    conoscere = predicare che é/accade realmente ciò che é/accade realmente e/o che non é/accade realmente ciò che non é/accade realmente;
E dunque se si fanno predicati reciprocamente contraddittori sulla realtà (o meno) si predicano congiuntamente cose reciprocamente incompatibili, che dunque non possono essere tutte congiuntamente conoscenze vere, dell' unica realtà,
 
Il mondo fenomenico è per definizione sempre e comunque necessariamente soggettivo (i fenomeni accadono nell' ambito di esperienze coscienti, e se ve ne sono più di una e se ciascuna di esse ha un soggetto -affermazioni indimostrabili- allora sono tutte -ciascuna la è- relative a soggetti reciprocamente diversi).
Ma ciò non toglie che (in particolare per quanto riguarda le loro componenti materiali – naturali) possano essere reciprocamente corrispondenti, nel loro divenire, in modo puntuale ed e univoco (= intersoggettive).
 
Scusa eh, ma a parte la reiterazione veramente fastidiosissima (al limite dell' offensivo) della Verità con l' iniziale maiuscola riferita del tutto indebitamente a me, qui cadi nella stessa fallacia di Angelo Cannata consistente nell' identificare del tutto indebitamente "convinzione ritenuta certa" con intolleranza delle convinzioni altrui" e "indifferenza" con "tolleranza"!
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CitazioneChe pure nelle società occidentali si diffonda in misura tendenzialmente crescente, in questa epoca di profonda reazione e decadenza, l' irrazionalismo è verissimo (e per un marxista come me alquanto ovvio), ma ciò non scalfisce minimamente la netta maggiore adeguatezza alla ricerca della verità del razionalismo (e, nell' ambito di sua competenza, della scienza).
E si diffonde proprio come effetto del voler costruire un mondo razionale oggettivo che si rivela una gabbia ancora peggiore di quella da cui voleva liberarci.
CitazioneInterpretazione del tutto fantasiosa, secondo me infondata e non esente da contraddizioni.
 
Da seguace del materialismo storico ne do una ben diversa spiegazione relativa alle relazioni fra (oggettivamente superatissimi) rapporti di produzione e sviluppo delle forze produttive (ma non è questa la sede per discuterne).

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Citazione(Se sono veri alcuni assunti indimostrabili tali che chiunque non sia considerabile insano di mete per lo meno si comporta come se vi credesse, allora) Il mondo naturale materiale umano è esattamente lo stesso dei pipistrelli e degli altri animali: di ben diverso c'è invece la conoscenza che ne hanno uomini e altri animali.
Vabbèm se vuoi crederci, credici. Ma quali sono questi assunti? Il "mondo" in generale è uno e lo stesso per tutti, ma il mondo che è lo stesso per tutti, resta diverso per ciascuno e nessuno può dire com'è per tutti, scienza e filosofia comprese che sono solo nel mondo umano. Poi figuriamoci, il mondo è già diverso per me e per te, figuriamoci quanto può essere diverso per me e per un pippistrello o per me e un Cedro del Libano.
CitazioneSe tu non cuoi crederci, non crederci (ma lascia che dubiti assai che tu non viva per lo meno come se ci credessi; anche perché credo tu sia sano di mente).
 
Questi assunti sono:
a) la realtà di altre esperienze fenomeniche coscienti, oltre al "propria" immediatamente esperita (accadente):
b) la realtà di oggetti e soggetti in sè (noumena) delle esperienze fenomeniche coscienti;
c) la corrispondenza puntuale e univoca (o "poliunivoca") fra le componenti materiali – naturaie delle varie esperienze fenomeniche coscienti.
 
Che nessuno possa sapere ciò che sanno e anche che solo credono di sapere tutti gli altri è ovvio.
Ma ciò non fa di certo dell' unica realtà complessivamente intesa più diverse realtà ciascuna delle quali (autocontraddittoriamente) intesa come la totalità (per definizione unica) di ciò che é/accade realmente.
 
Il mondo come appare al pipistrello e come appare a me =/= il mondo come è (che io e/o il pipistrello ce ne rendiamo conto o meno).
I primi sono cose diverse, il secondo un' unica cosa (non conoscibile integralmente e assolutamente da nessuno; ma che c' entra ? ? ?).

CONTINUA
#2729
Tematiche Filosofiche / Re:Che è l'uomo?
26 Aprile 2017, 13:51:37 PM
Citazione di: maral il 26 Aprile 2017, 11:52:39 AM

CitazioneE si può scoprire la verità solo indagando la realtà per ciò che oggettivamente è.
Dunque senza soggetto che la indaghi
CitazioneNon capisco proprio questa "soggettofobia"!

La realtà é quella che é anche con il soggetto che la indaga e la conosce, e che ne é parte.

Perché mai non si potrebbe indagare e conoscere (ovviamente limitatamente, relativamente; e limitatamente alla sua componente materiale naturale assolutamente in nessun modo minimamente paragonabile per efficacia -efficacia conoscitiva = verità- a quello proprio della scienza) se non pretendendo un' impossibile eliminazione del soggetto di conoscenza?

Perché mai non sarebbe possibile per lo meno in linea di principio una conocenza riflessiva da parte di un soggetto di se stesso (in quanto anche oggetto, fra gli eventuali altri oggetti)?

Se un soggetto di conoscenza esiste e se dice "io esisto", allora per definizione si ha (accade realmente) autocoscienza riflessiva (di se stesso da parte del soggetto-oggetto): che ci sarebbe mai in ciò di autocontraddittorio, assurdo, tale da renderlo impossibile?



#2730
Tematiche Filosofiche / Re:Che è l'uomo?
26 Aprile 2017, 13:39:43 PM
Citazione di: myfriend il 26 Aprile 2017, 11:47:33 AM


la quale appare del tutto indifferente che gli infanti  vivano più o meno a lungo


E' talmente falso quello che dici che uno dei quattro elementi della Realtà, che ha preso forma grazie all'evoluzione, è la protezione dei cuccioli. Oltre alla sopravvivenza personale, ovviamente.
Questa dinamica appartiene al "ciò che è" e quindi fa parte della Realtà. E, quindi, fa parte de LA VERITA'.

A volte mi chiedo dove tu viva. Sicuramente fuori dalla Realtà, visto che ignori completamente cosa essa sia e come funziona.  ;)

CitazioneNon vedo alcun problema per quanto ha affermato il sempre argutissimo Sari:

La cura e la protezione dei cuccioli é un aspetto del comportamento innanzitutto dei genitori e poi di altri animali, soprattutto se umani.

Ma certamente é del tutto indifferente alla natura in generale, che infatti ne prevede il continuo sterminio indiscriminato, anche perché allorché la leonessa non uccide i cuccioli della giraffa (la natura non li condanna a morte), allora la natura stessa condanna comunque a morte (forse anche più atrocemente, penosamente, dolorosamente per fame prolungata) i cuccioli della leonessa.