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Messaggi - niko

#2746
Tematiche Filosofiche / Democrazia e Nichilismo
14 Marzo 2021, 15:22:52 PM
Io penso sempre che la democrazia, nelle sue forme storiche, nel bene e nel male è sempre stata solo una democrazia d'elite, una democrazia delle elite: se la seguiamo un po' nel suo percorso storico reale, comincia come la democrazia assembleare dei maschi autoctoni proprietari di schiavi e di mogli in condizione di servitù, con assoluta esclusione appunto degli schiavi, delle donne e degli stranieri non assimilati.


Il modello di perfezione della società che nella democrazia antica si persegue, direi l'areté come perfezione e virtù, ha per base, di riflesso, un grado minimo di perfezione richiesto ai membri stessi dell'assemblea per essere tali, che sono emancipati dal lavoro manuale e di sopravvivenza, perché un certo numero di inferiori, appunto donne, schiavi e stranieri, svolgono il lavoro manuale e di sopravvivenza anche per loro: in generale, è l'uomo emancipato dal lavoro, tendenzialmente grazie allo sfruttamento del lavoro servile di un altro uomo, che può occuparsi dei quattro punti fondamentali intorno a cui direi si struttura nucleo etico e valoriale di tutto l'occidente antico, quanto meno pre-medioevale, nel valutare come degno, o buono, uno stile di vita umano rispetto a un altro: quattro punti che elencherei come: guerra/atletica (come professione, pensiamo agli spartani, o agli atleti olimpici antichi), filosofia/religione, arte, e, ultima ma non meno importante, politica come professione (cursus honorum tutto il pensiero antico sul buon governo).


Ricapitolando quindi, solo chi ha la tavola imbandita può fare il guerriero di lavoro, solo chi ha la tavola imbandita può fare l'artista di lavoro, solo chi ha la tavola imbandita può fare il "filosofo", nel senso antico del termine, di lavoro (filosofia che, vale la pena di ricordarlo, nel mondo antico era un esercizio spirituale per la felicità e dunque una condizione di vita totalizzante, non una questione accademica o al limite dilettantesca come è adesso), solo chi ha la tavola imbandita può fare politica di lavoro, e anzi gli antichi avevano già ben capito che più un politico è già ricco di suo, meno è tentato di farsi corrompere e quindi di danneggiare il bene pubblico per il suo bene privato. Ma i valori del guerriero, del buon governate, del filosofo/sacerdote e dell'artista, sono, i valori dell'uomo antico civilizzato, non esiste un riconoscimento etico del lavoro manuale se non come premessa a tutto il resto, quindi il rapporto tra ideologia e realtà nel mondo antico è col senno di poi più facilmente leggibile: una assemblea elitaria ritiene di funzionare secondo valori elitari, che i membri dell'assemblea sanno essere tali. Tale assemblea è l'unione degli uomini liberi che sanno di essersi resi tali grazie all'asservimento degli altri, l'attività del loro "spirito", corrisponde in gran parte ad una cessazione effettivamente reale della loro manualità (da un punto di vista prettamente manuale non fanno niente tutto il giorno), e a un abbassamento del livello di urgenza dei loro istinti e bisogni elementari, fame, sonno, riparo eccetera.
Il valore del dialogo come modo per garantire la pace, si comprende abbastanza bene in questo contesto: vi può essere un'alternanza di potere tra fazioni nell'assemblea e quindi nel governo della città, ma nessun membro dell'assemblea ha interesse a che il meccanismo assembleare sia definitivamente sovvertito, quindi, mentre i primi filosofi denunciavano le fallacie logiche e la condizione di vita mercenaria dei sofisti, i sofisti, che non erano degli scemi, già teorizzavano che il risolvere i conflitti tra gli uomini con la parola è una soluzione imperfetta, ma un male ben maggiore sarebbe prescindere completamente dalla parola, e risolverli con la pura forza. Il caos totale, in cui potrebbe dissolversi l'assemblea e dunque la stessa città se non si accettasse il dialogo come mezzo supremo di risoluzione dei conflitti, metterebbe in dubbio il diritto dell'uomo proprietario di schiavi ad essere mantenuto e non fare niente per occuparsi di cose "spirituali" tutto il tempo, e questo nessuno, degli uomini mantenuti, che si radunano in assemblea, lo vuole: da questo punto di vista, i sofisti e i primi filosofi sembrano più che altro in conflitto su quale e quanto, grado minimo di caos, in una comunicazione finalizzata alla persuasione intendo, sia accettabile.


Ma veniamo all'oggetto dell'argomento, alle democrazie moderne: le democrazie moderne sono, in parte, elitarie quasi come quelle antiche, nel senso che possono esistere perché un sistema-mondo, coloniale prima e neocoloniale poi, le fa esistere: il mondo non sarà mai tutto costituito da paesi democratici per come è allo stato attuale, perché alcune forme di dittature fanno in modo che stati oggetto di saccheggio e depredazione di materie prime rimangano tali, altre fanno in modo che il costo del lavoro in certi stati dove gli stati ricchi  "delocalizzano" rimanga basso, ci sono troppi interessi in gioco, e insomma il diffondersi della democrazia non dipende dallo spirito democratico, ma dall'assetto economico e geopolitico del mondo.


Però l'insieme dei votanti non è solo un'elite improduttiva, c'è un'integrazione di chi svolge lavoro manuale in quanto operaio, o impresa così piccola da prevedere il lavoro manuale del proprietario (esercenti, artigiani eccetera), e c'è quindi un'integrazione dell'etica del lavoro nelle ideologie delle moderne democrazie.


Nonché dell'etica della scienza, della tecnologia eccetera. La questione è che gli eletti sono tutti fancazzisti, ma gli elettori non lo sono, e questa è la grande differenza ideologica, di autorappresentazione, tra democrazie antiche e moderne: il discorso sul lavoro ci deve stare nella propaganda e anche nelle costituzioni, perché l'elettore deve avere quanto meno l'illusione, di votare qualcuno che rappresenti i suoi interessi: è anche per questo che valori filosofici, militareschi, o estetici, sono stati spazzati via da un discorso sulla solidarietà, sulla produttività, sulla tecnoscienza: i lavoratori non sono più dei disabili mentali a cui la miglior cosa che possa capitare è essere governati da un governante abile, un buon tutore per un tipo umano che non saprà mai trovare il bene in se stesso ma saprà al limite, con massimo sforzo, obbedire formalmente a morali esterne, come li vedeva per esempio Platone nella Repubblica, ora, ai giorni nostri, la democrazia ha assunto in sé l'aspetto cristianeggiante socialista del discorso, pretende di essere l'autogoverno di tutti e quindi anche dei lavoratori, e tutto si complica di conseguenza.
Però la falsificazione in senso popperiano del discorso cristiano-socialista applicato alla democrazia, la falsificazione dell'etica democratica del lavoro è immediata ed evidente agli occhi di tutti secondo me: se davvero le esigenze dei lavoratori fossero integrate nella democrazia, dato che il lavoratori sono di più degli improduttivi, possono formare stabilmente maggioranza e i loro partiti dovrebbero essere per definizione i più forti, la democrazia stessa non esisterebbe o esisterebbe in forma transitoria per diventare comunismo, dittatura del proletariato: se così non avviene, e così non avviene, perché la democrazia è una forma stabile, c'è qualcosa che non va nell'integrazione reale degli interessi del lavoro nella democrazia, e il discorso sull'etica del lavoro e sul progresso garantito dalla scienza e dalla tecnica è in gran parte falso, ideologico, perfino quello sulla solidarietà lo è, perché la solidarietà dovrebbe prevedere, un certo prevalere degli interessi della maggioranza su quelli dell'infima minoranza, evidentemente qualcosa neutralizza il "naturale" funzionamento della democrazia, e i moderni schiavi votano per i moderni padroni di schiavi e il sistema schiavistico si rinnova, cioè il fancazzismo degli eletti, in termini di potere e rapporto di forza, conta di più e plasma la forma di vita di più, della probabile e frequente vita lavorativa manuale e orientata alla sopravvivenza degli elettori.


Io direi che il pensiero democratico ha preso la strada sbagliata, ovvero a partire da un sogno in cui le macchine e l'intelletto generale, il sapere come potere, nelle democrazie moderne avrebbero avuto l'esatta funzione, sia pure a mutate condizioni, degli schiavi e delle donne nelle democrazie antiche, cioè avrebbero emancipato l'uomo dal lavoro manuale per orientarlo, in fondo, agli stessi quattro grandi valori dell'elite antichi "democratici": guerra, auspicabilmente sublimata dallo sport e dal perfezionamento fisico, (cosa che in fondo si rende necessaria perché le armi potenziate dalla tecnica stessa in tempi moderni arrivano a un livello di distruttività per cui la guerra in senso stretto è impossibile, o almeno è impossibile volerla, se si preme il bottone, finisce l'umanità, quindi si può supporre che a umanità esistente, il bottone non sia stato premuto), filosofia come perfezionamento spirituale dell'uomo data la conoscenza e l'accettazione delle condizioni della realtà, arte, e politica nel senso del buon governo: in questo primo modo di porre le cose, viene riconosciuta la durezza e il disvalore del lavoro manuale, e le macchine, la scienza, i valori recenti dell'occidente, sostituiscono gli schiavi e le donne, gli stranieri non integrati, gli inferiori in generale,  nell'essere l'elemento non valorizzato e oggettificato che mantiene e rende possibili tutti gli altri, in vista della possibilità di un'assemblea davvero universale, e quindi di una democrazia, davvero universale; l'oggettificazione delle macchine per la prima volta nella storia avrebbe potuto essere sfruttamento senza violenza, perché corrispondente alla realtà; le macchine sono, effettivamente oggetto, e come tale possono essere inserite al grado più basso nella scala di valori della società senza che questo comporti sofferenza inflitta a un essere cosciente, senza che questo comporti struttura di classe/casta e quindi, in linea generale, violenza. Quando le macchine li sostituiscono, gli esseri umani finora in condizione di debolezza, vengono lanciati verso la loro libertà, sostituiti in un modo a loro favorevole, espulsi dalla loro stessa sopravvenuta obsolescenza, ma verso una condizione migliore, di parità con gli altri uomini.


Un mondo libero può essere immaginato come un mondo in cui a tutti è possibile fare filosofia o buon governo nel senso profondo e totalizzante che gli antichi davano a questi termini, o fare arte, o essere sacerdoti e uomini sacri o donne sacre in un contesto politeista, insomma liberati dal lavoro dalle macchine e dalla conoscenza, avremmo potuto perseguire una perfezione, un auto perfezionamento, basato sulla virtù sia come possibilità di felicità che come forma riconoscibile dell'essere-umano, simile a quella che gli antichi perseguivano in quanto liberati dal lavoro attraverso lo sfruttamento dell'energia manuale dell'uomo. Lavorare magari due ore al giorno eccetera. Usando con più saggezza le nostre risorse, avremmo potuto fare le stesse cose che faceva l'elitie "democratica" degli antichi in condizioni diverse, inseguire i loro stessi valori in condizioni diverse. L'uomo vitruviano di Leonardo applicato ad ogni uomo, ogni uomo che diviene così.


Invece la modernità e la storia del mondo è andata in senso opposto, nel senso dell'integrazione del lavoro manuale e macchinico nella categoria dell'eccellenza, o quanto meno del riconoscimento sociale e giuridico dovuto e garantito.
Visto che si rinuncia al sogno, e si ammette che i subordinati e gli ultimi sono destinati a restare tali per un tempo indefinito/infinito, il sistema si abbassa a dare il contentino, le briciole, e ormai sempre più nemmeno quelle, per rappresentare le loro istanze. Ecco la linea di tendenza in cui si iscrive il fordismo il welfare state, tutto il discorso, sui diritti umani prima, e sul politicamente corretto poi. Quello che rende (rendeva) umane, sopportabili, le nostre democrazie.


E questo davvero ha posto una distanza assoluta, un essere su due piani diversi, tra noi e loro, tra la democrazia antica e quella moderna.


Areté, virtù, non è più un qualcosa che comincia contemplando il mondo con lo stomaco pieno e il contesto di ozio e agio che può avere chi è oltre la lotta per la sopravvivenza, è qualcosa che può valere per tutto e per tutti, in un universalismo che si pretende contro ogni evidenza già realizzato: perfino per macchine e animali umanizzati comincia a valere, nel pensiero contemporaneo, il concetto di virtù (da paperino alle intelligenze artificiali). A partire da qualsiasi posizione, si può parlare del bene e definire una forma.


L'essere poveracci, l'essere incatenati al lavoro, l'essere in condizioni di lotta per la sopravvivenza, dall'essere il problema di cui ci si doveva liberare nelle utopie della prima modernità, quelle progressiste, ha assunto dignità, e quindi, inevitabilmente, stabilità, pretesa di eternità, nelle utopie contemporanee, socialiste e totalitarie, neoliberismo compreso direi, per riprendere un po' quella distinzione tra utopie moderne e contemporanee di cui parlava Cacciari, in un recente video che è stato commentato sul sito. E se un certo tipo umano acquisisce dignità, i suoi oggetti più prossimi acquisiscono dignità, i suoi animali più prossimi acquisiscono dignità, inevitabilmente, diviene una questione di ambiente umano, di seconda natura, di ecosistema.


E dunque, come dicevo prima, non solo i poveracci hanno acquisito dignità, persino le macchine di per se stesse, le conoscenze di per se stesse.


Il discorso sul lavoro, il discorso sull'integrazione di chi non può, a prescindere dal volere, fare una vita spirituale e speculativa perché vincolato dalla necessità, comincia a entrare nell'ideologia della contemporaneità non come discorso provvisorio, ma come permanente, perdendo così ogni senso: se la democrazia universale sarà prima o poi realizzata, che senso ha fare dell'integrazione un valore? Se saremo emancipati dal lavoro, che senso ha fare del lavoro un valore? Se saremo emancipati dagli istinti, che senso ha fare degli istinti un valore?


Io non sono qui a dire se questa integrazione delle lotta per la sopravvivenza e del lavoro domestico, riproduttivo, manuale, biologico e chi più ne ha più ne metta, nella possibilità di felicità per come modernamente, e democraticamente, concepita, sia o no un bene. Non sono qui a dire se questa integrazione delle macchine e dei subordinati più o meno disperati nel discorso, e nel discorso che regge le nostre democrazie, nelle nostre costituzioni ad esempio, sia o no un bene.

Mi sento però di dire che tale integrazione non è reale, non è vera. Ad esempio se i lavoratori fossero al potere, sia pure nei limiti della democrazia, eleggerebbero rappresentati che farebbero i loro interessi. Se le donne fossero realmente al potere molti dei loro problemi e discriminazioni, tipo i femminicidi, non avverrebbero. Se i rappresentanti degli interessi degli animali fossero al potere, gli animali non sarebbero trattati come sono trattati.

Quindi, dovendo descrivere il presente, è l'improduttività degli eletti che catalizza il potere e la forma del mondo, non la presunta produttività degli elettori. Anche e soprattutto rispetto al discorso sulla democrazia. I politici sono un'assemblea di elite che prima di ogni identificazione ideologica è identificata dall'avere qualcuno che lavora e produce beni anche per loro, e il centro delle loro priorità è, e sarà sempre, mantenersi tali.













#2747
Tematiche Filosofiche / Metafisica del coronavirus
09 Marzo 2021, 18:47:00 PM
Citazione di: Jacopus il 09 Marzo 2021, 18:32:51 PM
Ripeto quello che ho già scritto. Il Covid 19 ha esaltato ciò che già stava accadendo, ovvero l'accentuazione delle diseguaglianze, non solo nella classica divisione mondo occidentale/terzo mondo, ma anche all'interno dello stesso mondo occidentale. Nessuna ricchezza viene eventualmente creata con la libertà di movimento in questa fase, perchè se attuata comporterebbe semplicemente il crollo del sistema sanitario, con l'impossibilità di curare anche tutto ciò che è extra-Covid. Ma la ricchezza è presente in modo fantastico nel nostro "mondo occidentale" solo che è mal distribuita e una diversa distribuzione non è prevista nella agenda tecnocratica. Esigendo libertà di movimento e di impresa, ingessate dal Covid, paventando complotti e trame da arcana imperii, otteniamo un duplice risultato negativo:
1) non cambiamo il trend negativo economico, specialmente in un paese come il nostro, che è un paese con una alta percentuale di ricchezza proveniente da servizi;
2) non cambiamo la filosofia di fondo del capitalismo, che è fondata sul consumo illimitato di risorse. Se invece si considerassero le risorse "finite" come effettivamente sono, si inizierebbe a pensare ad una loro più equa redistribuzione, magari pensando di privilegiare la sanità. Ma queste sono opzioni politiche e la politica è scomparsa per essere sostituita da semplici esecutori tecnici che fanno in modo che la macchina proceda senza che ci si ponga tante domande sull'origine della ricchezza e sulla sua disuguaglianza.


Il sistema sanitario non è una cosa intangibile, iscritta nella roccia, immodificabile, in tempi di pandemia può (deve!) essere ampliato e potenziato per permettere alla gente di circolare e avere libertà non ostante tutto, invece si è scelto di non potenziare, o potenziare poco e niente il sistema sanitario in termini strettamente di posti, strutture e personale, e perseguire solo una linea di contenimento, o al limite di contenimento più vaccini, e questa è una scelta politica.


Poi che accettare di perdere la libertà di riunione e di circolazione, libertà fondamentali alla democrazia e alla felicità individuale e di gruppo, sia una "preziosa" occasione di riflettere sulla limitatezza delle risorse in questa fase storica, me lo sarei risparmiato volentieri, le persone ragionevoli lo sanno già, che le risorse sono limitate intendo, non ci vuole un cataclisma "salvifico" ad aprire loro gli occhi, quelle irragionevoli, penso che tanto non lo capiranno mai...



#2748
Tematiche Filosofiche / Metafisica del coronavirus
09 Marzo 2021, 16:53:05 PM
Citazione di: baylham il 09 Marzo 2021, 15:04:36 PM
Citazione di: niko il 09 Marzo 2021, 13:09:07 PM

Che per contenere un virus si possa rinunciare alla libertà di riunione, circolazione e in parte di associazione per un anno, sospendendo di fatto l'assetto costituzionale e liberale dello stato e generando immensa povertà, è molto più difficile da sostenere.



Non vedo dove stia la difficoltà, è ovvio che se si vuole contenere un virus si deve separare la popolazione e limitare la libertà, è una semplice relazione inversa.
Tu invece vuoi l'impossibile, contenere il virus e riunire la popolazione senza limitare la libertà.


I negazionisti semplicemente negano il virus.




Il problema è il calcolo costi benefici, separare la popolazione e limitarne la libertà a tempo indefinito alla lunga produce, per gli individui coscienti compositivi di tale popolazione una vita indegna di essere vissuta, una vita da vivere sotto una campana di vetro di protezione non richiesta e quindi annichilente e persecutoria (anche per la povertà in cui vengono precipitate persone che fino a un anno prima erano lavoratori o ceto medio ed erano nell'orizzonte psicologico ed esistenziale di essere tali, in un mondo come il nostro non avere reddito significa non avere futuro, e non poter mantenere i legami minimi che per molti danno senso alla vita, come la famiglia).


Quindi la sopravvivenza vegetativo-biologica indotta di per sé dall'isolamento e dall'igiene non è più un valore per chi non può più vivere dignitosamente, ma un disvalore, un accanimento terapeutico.


Ci sono persone, e non solo malati di covid o medici eroi, che non ci stanno più a "vivere" per fare gli schiavi, per fare le cavie o per non fare nulla dalla mattina alla sera tutto il tempo, la voce di queste persone non può essere zittita con l'etichetta "negazionisti", la stragrande (penso il 90 percento o giù di lì) maggioranza dei cosiddetti negazionisti non nega il virus come realtà materiale, afferma la necessità di rivedere il calcolo costi benefici per cui si segregano gli innocenti in nome della pura sopravvivenza fisica di una quota più o meno numericamente alta della popolazione, pronosticata tale da una pseudo scienza che non ha contradditorio, ne sul metodo ne sul merito...


La surrogazione virtuale dei legami di amicizia, della comune libertà di riunione e associazione, della comune possibilità di svolgere un lavoro per mantenersi o realizzarsi, non può bastare per tutti, esistono, purtroppo o per fortuna, individui che percepiscono ancora la differenza tra una videoconferenza e la realtà, o che fanno -facevano- lavori che non si surrogano su internet.


Tu dici, se si vuole contenere il virus, si deve separare la popolazione, io non ho parlato né di quello che si vuole ne di quello che si deve fare, ma di quello che si può, e così non c'è nessuna relazione inversa, la volontà di quelli che vogliono alcune cose, si scontra con quella di quelli che ne vogliono altre, e non può che risultarne un rapporto di potere, un qualcosa di esistente sul piano di quello che si può, o non si può, fare.
#2749
Tematiche Filosofiche / Metafisica del coronavirus
09 Marzo 2021, 15:58:49 PM
Citazione di: Jacopus il 09 Marzo 2021, 13:43:42 PM
Per Niko. Che vi siano aspetti manipolatori da parte di lobbies di potere è certo. I pescecani da guerra escono quando c'è una guerra su cui mangiare. Questa è una guerra particolare ma gli interessi sono alti e i pescecani sono già in cerca delle loro prede. Non credo però ad una dittatura gestita dall'alto con scopi anche piuttosto oscuri. Per quanto riguarda il "generando immensa povertà", a livello globale la contrazione del PIL è stata del 4 per cento. Statisticamente significa che se io guadagnavo 1000 euro, oggi ne guadagno 960. Non mi sembra corretto il termine "immensa". Detto questo credo che il COVID non stia facendo altro che redistribuire in modo ancora più ingiusto la ricchezza, ma questo non dipende dal Covid, ma dagli assetti geoeconomici del mondo attuale. Il Covid è fastidioso proprio per questa sua naturale democrazia, che pone in dubbio tutte le fantasiose creature ideologiche del capitalismo globalizzato, come quella dello sgocciolamento (se i ricchi sono ricchi qualcosa arriverà anche ai poveri, che saranno meno poveri e così via). Il mondo è "terminato" e questo è inaccettabile da una religione come quella "mercatistica" fondata sull'incremento infinito degli indici, dei capitali, degli oggetti da acquistare ed ora, scusata la battuta macabra, dei morti da conteggiare.


Beh penso che avere il comando sui poveri perché continuino a lavorare e consumare in condizioni di povertà e totale ignoranza per mantenere i ricchi, sia più che sufficiente, come scopo, neanche tanto occulto, di una dittatura o di un'oligarchia. Quelli che hanno lo yacht, si devono pur assicurare di continuare ad averlo su tempi lunghi, in qualche modo.


I paesi europei hanno perso in media l'otto, e non il quattro, per cento del pil, perché hanno attuato misure di contenimento più severe, il più basso quattro, viene come risultato mondiale al netto dei paesi che se ne sono infischiati, delle misure di contenimento, magari perché avevano ben altri problemi a cui pensare.


Ovviamente guardo al mio dato locale, quindi l'otto e non il quattro.


Poi siccome come dici anche tu, l'economia nel capitalismo deve sempre crescere, anche stare a più zero, cioè non crescita, è un grave problema, meno otto è un disastro, non è solo la media del pollo per cui qualcuno guadagna pochi euro di meno, è un insieme di effetti deleteri a lungo termine, che più a lungo dura la situazione di emergenza, e quindi di povertà, più sono pericolosi: inflazione, aumento delle tasse, disoccupazione, compressione dei salari, taglio dei servi pubblici, taglio del welfare, eccetera.


L'Euoropa contemporanea con il meno otto per cento del pil, per dire, è proprio il mondo in cui, finita l'emergenza, i disoccupati e gli imprenditori falliti durante l'emergenza proveranno a rifarsi una vita, e non ci riusciranno, date le mutate condizioni economiche, quindi andranno a costituire una riserva di lavoratori o aspiranti tali disperati, pronti ad accettare le peggiori condizioni di esistenza e sfruttamento. Dalla Cina non impariamo e importiamo solo a combattere il virus, purtroppo impariamo e importiamo il modello specificamente dittatoriale e pseudo socialista di gestione sociale e della forma di vita.
#2750
Tematiche Filosofiche / Metafisica del coronavirus
09 Marzo 2021, 13:09:07 PM
Citazione di: niko il 08 Marzo 2021, 12:55:35 PM
rinunciare a un aperitivo per un anno è sospensione della libertà di riunione e di circolazione in un paese, e quindi dittatura in quel paese.
Quindi l'argomento vero: sospensione della libertà di riunione e circolazione nel paese perdurante da un anno; viene ridotto all'argomento falso: aperitivo.
Intervento di InVerno: Anzichè quotare il post di Niko, lo ho erroneamente in parte cancellato (è rimasta solo la parte che volevo quotare), non so come sia successo, mi sono confuso, se non si potrà tornare alla situazione precedente mi scuso davvero molto con Niko.
#2751
Tematiche Filosofiche / Metafisica del coronavirus
08 Marzo 2021, 13:29:44 PM
Citazione di: baylham il 08 Marzo 2021, 12:16:27 PM
Citazione di: niko il 07 Marzo 2021, 01:07:53 AM

E noi, da bravo popolo bue abbiamo fatto la nostra parte, siamo riamasti a casa, con inni dai balconi e strombazzamenti vari.
Poi a novembre ricomincia l' "emergenza" insomma questa storia "emerge" ancora. Ancora la motivazione per la privazione della libertà è l'intasamento (termine sempre idraulico) degli ospedali.
Ora, non so se qualcuno ha idea di quanto, in soldi, in euro, sia costata la gestione di questa pandemia, chiudendo tutto, dando ristori alle imprese, sussidi a chi rischiava la fame, azzerando l'intrattenimento, il turismo, l'immobiliare, buona parte dell'istruzione. Miliardi e miliardi e miliardi andati in fumo o dirottati da un uso produttivo a un uso meramente speculativo o parassitario. Gestione basata sulle chiusure, sulla negazione della libertà che genera stress problemi psicosomatici e altre malattie, e sul mantenimento assistenziale, welferistico eccetera, (contro la loro volontà!) di lavoratori e piccoli imprenditori disperati.


E' un'ordine di grandezza di ricchezza persa che si misura in miliardi di euro, generazione di debito pubblico, dissesto finanziario a livello nazionale ed europeo eccetera. E il problema, secondo la grancassa ideologica del regime è che si intasano gli ospedali. State a casa, ci dicono perché si intasano gli ospedali. A novembre, come a marzo, come a febbraio, come sempre. E' un mantra.
Gli ospedali si intasano, sempre.

Ora, mi chiedo io, con un decimo dei soldi, dei quattrini sonanti, ma anche delle energie lavorative, delle conoscenze, della forza lavoro che questi geni di politici tecnocrati hanno buttato, hanno letteralmente mandato in fumo, per affossare intenzionalmente il mio paese e far regredire di duecento anni la mia civiltà (politica delle chiusure e del creare milioni di nuovi poveri, sfamati con le briciole di un welfare che alla lunga non reggerà), quanti ospedali, si sarebbero potuti costruire?


Invece di pagare miliardi di ristori, costruiamo gli ospedali. Invece di affossare la mobilità con danni per miliardi, costruiamo gli ospedali. Invece di creare un debito che dovremo pagare per decenni tra tasse e inflazione, costruiamo gli ospedali. Invece di distruggere le imprese e i posti di lavoro, costruiamo gli ospedali.



E' ovvio che non ci sono gli ospedali, le apparecchiature, i medici, gli infermieri, le cure: per averli bisogna investire risorse e soprattutto il tempo necessario per costruire gli ospedali, le apparecchiature, per formare i medici, gli infermieri, per trovare le cure. Proprio perché non ci sono devi trovare alternative. Si chiama economia.
Inoltre anche se ci fossero non sono risolutivi per salvare tutte le vite umane.
Capisco che per te la vita di un anziano non vale niente, ma per l'anziano e per chi vuole bene all'anziano vale tutto.


Per quanto riguarda la dittatura, è ovvio che siamo in una dittatura, è la dittatura della democrazia. Se qualcuno conosce una dittatura migliore lo ringrazio.


E' ovvio che non ci sono gli ospedali, le apparecchiature, i medici, gli infermieri, le cure: per averli bisogna investire risorse e soprattutto il tempo necessario per costruire gli ospedali, le apparecchiature, per formare i medici, gli infermieri, per trovare le cure. Proprio perché non ci sono devi trovare alternative. Si chiama economia.

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e questo vale al massimo per Marzo. poi sono seguiti: aprile, maggio ecc, fino a novembre. Che scuse hanno per giustificare che gli ospedali non ci sono ancora, pur essendo decorso l tempo per allestirli, magari non costruendoli da capo ma dedicando altre strutture? questo si fa in caso di emergenza, si requisisce, si cambia di destinazione ad altri servizi, si ingaggia il personale.

Non si investe su un sistema di chiusure e securitario, che costa molto di più, decine di volte di più, di quanto sarebbe costata una soluzione prettamente sanitaria del problema. Se fosse appunto una emergenza "normale", non strumentalizzata. Constatare che le risorse non ci sono, si chiama "economia" nel senso colloquiale in cui lo intendi tu, chiedersi perché e per come non ci siano, si chiama invece senso critico.

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Inoltre anche se ci fossero non sono risolutivi per salvare tutte le vite umane.Capisco che per te la vita di un anziano non vale niente, ma per l'anziano e per chi vuole bene all'anziano vale tutto.Per quanto riguarda la dittatura, è ovvio che siamo in una dittatura, è la dittatura della democrazia. Se qualcuno conosce una dittatura migliore lo ringrazio.


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Il raggiungimento dell'immunità di gregge, il non sfacelo economico e sociale dei (loro) figli e del paese, il poter campare anche in futuro e non solo nell'eterno presente, è tutto nel pieno interesse degli anziani.


Un'epidemia ha una conta dei morti complessiva, intendo dal suo inizio alla sua fine, e non solo una conta dei morti per unità di tempo. Un anziano può morire non solo di covid, ma anche di povertà, malasanità o di isolamento, per così dire, anti-covid, come quelli che sono stati reclusi nelle rsa senza più diritto di visita, o che sono stati lasciati morire soli.


Siccome c'è una dittatura e non una democrazia, voi pensate di avere il diritto, o comunque la facoltà, di dire che io abbia in qualche modo o in qualche punto affermato che per me (ma quando mai?) la vita di un anziano non vale niente, senza prove, e senza citare dove e quando lo averi affermato.


Vedete, questa naturalmente è come l'oliva nell'aperitivo, un argomento puramente mediatico che avete imparato per condizionamento e ripetete a pappagallo. Non avete diritto all'insulto al negazionista, ne a dire che il negazionista vuole gli anziani morti. Questo diritto ve lo da la dittatura, come (falso) diritto al trascendimento nell'insulto.


Se ci fosse una dittatura della democrazia, e non una dittatura punto e basta, allora la conseguenza del punto in cui siamo arrivati, cioè il punto di saturazione, sarebbe dovuta essere, fine dello stato di emergenza e libere elezioni. E non il governo dei draghi e degli speranza che restano al loro posto.



#2752
Tematiche Filosofiche / Metafisica del coronavirus
08 Marzo 2021, 12:55:35 PM
Citazione di: InVerno il 08 Marzo 2021, 11:56:47 AM
Citazione di: niko il 08 Marzo 2021, 11:18:43 AM
Comunque, visto che siamo alle domande retoriche, ma secondo te che deve fare un sedicenne in queste condizioni da un anno? Tu ci staresti a sedici anni a queste regole? Il mondo non è solo degli adulti e degli anziani, il mondo è di tutti...
Di stare a vento, perchè questa non sarà nè la prima nè l'ultima volta che le teorie di crescita infinita andranno a cozzare con la realtà, e quando succederà di nuovo, perchè succederà inevitabilmente di nuovo, e sarà peggio, di trovarsi con una vita il più possibile cucita intorno ad un idea di vita che sia il più possibile protetta dai collaterali del prossimo schianto. E' difficile, certo, ma a volte bisogna guardare un pò più in là dell'oliva nell'aperitivo, e bisogna cominciare presto. Comunque se vuoi continuare a non esplicitare i fatti e i nomi, non vedo perchè continuare. Se qualcuno ha preso la palla al balzo, manca l'intenzionalità che è necessaria a sostenere il resto della "dittatura", c'è sempre qualcuno che prende la palla al balzo, e a sedici anni mi preoccuperei di capire dove dovranno essere i miei piedi per prendere il prossimo.


"di stare a vento"

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se mi rispondi con una frase così dialettale che non si trova neanche su google, non ti seguo... forse intendevi stare in campana, stare attento?

Non potremmo stare attenti noialtri, intendo noi come resto della società, a chi non è nel periodo vitale ed esistenziale dell' "attenzione", e della "prudenza", e ha tutto il diritto di non esserlo? O forse pure i bambini in questa logica devono "stare attenti"? per me comunque, l'attenzione in se non è un valore, la libertà e l'autodeterminazione, lo sono.

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"perché questa non sarà ne la prima ne l'ultima volta che le teorie di crescita infinita andranno a cozzare con la realtà, e quando succederà di nuovo, perché succederà inevitabilmente di nuovo, e sarà peggio, di trovarsi con una vita il più possibile cucita intorno ad un idea di vita che sia il più possibile protetta dai collaterali del prossimo schianto."

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Frase sempre un po' misteriosa, non ti seguo del tutto, ma un'idea di vita immune agli effetti collaterali dei disastri mi pare sia impossibile, i disastri vanno evitati e prevenuti, e quando succedono non vanno strumentalizzati politicamente.

La vita che prescinde dai disastri, non vorrei che sia il solito discorso, questo sì trito e ritrito (sai, visto che poi fai seguire la giornalistica e a me insopportabile oliva nell'aperitivo, sono un po' prevenuto, eh) sui "veri valori", "le cose importanti nella vita" che dovrebbero portare gli schiavi e i sudditi ad essere "resilienti" e ad accettare qualsiasi prepotenza il prepotente di turno voglia loro imporre. Costruitevi un tesoro in cielo, così ogni disastro naturale e artificiale avvenga sulla terra non vi toccherà.

Costruitevi amore, così non lo vedrete interrompersi per la povertà o la chiusura delle frontiere, costruitevi amicizia, così non la vedrete finire nell'imposizione di pratiche competitive, macchiniche e disumane, costruitevi un posto di lavoro del cazzo così non ve lo toglieranno.

(E sempre allegri, bisogna stare, che il nostro piangere fa male al re, cit)

Ebbene la vita non deve essere fatta di rinunce, la gioia non è una ricompensa, la sofferenza non è ne una punizione ne una prova, sono qui, non so per quanto tempo ci sarò, ogni spirito decadente e cristianeggiante non mi interessa e non mi riguarda, è lungi da me in ogni senso, preferisco di gran lunga l'aperitivo, ovvero quello che certi soloni sapientoni vedono e simbolizzano nell'aperitivo.

Si dice che il capitalismo non abbia religione, ma in tempi di magra qualcuno è sempre pronto a riscoprire una morale della rassegnazione e della sofferenza considerata come punizione o prova, quindi istruttiva quando non salvifica, c'è sempre un Lama che viene a chiedere di fare sacrifici. Per me respinti tutti al mittente, verdi, rossi, cinesi, neri, andassero a fare la predica altrove: io sono un uomo libero e tale voglio rimanere, i sacrifici, li facesse qualcun altro, o meglio ancora chi li chiede, o meglio ancora di più, nessuno.

Poi vai a vedere che cosa sono questi "veri valori", queste "cose importanti nella vita": tutto conformismo e accettazione delle briciole che i tecnocrati hanno stabilito siano necessarie in questi tempi. Questa inchiesta sui veri valori della vita ti dovevo, e questa inchiesta ho fatto. Di fare i nomi, le date eccetera, è un argomento ridicolo, come l'oliva nell'aperitivo. Ma come si fa ad essere così succubi ad un linguaggio mediatico fatto di paura, nullità, pseudoscienza e stilemi da ripetere, letteralmente, a pappagallo? Io non lo so, veramente.

Vi contagiate davanti alla tv.
#2753
Tematiche Filosofiche / Metafisica del coronavirus
08 Marzo 2021, 11:18:43 AM
Citazione di: InVerno il 08 Marzo 2021, 09:37:03 AM
Ti rendi conto, spero, che le "dittature" di natura politica generalmente non nascono con l'intento di creare disoccupazione, ma di saccheggiare i diritti dei lavoratori  a favore della clack del dittatore? Ti rendi conto, spero, che far precipitare nella povertà le persone non va a favore dell'eventuale "clack capitalistica" \ "plutocrazia" o che altro tu voglia chiamarla, che abbisogna di consumatori sufficientemente dotati economicamente, e non di nullatenenti? Vuoi parlarci apertamente di chi sono questi dittatori così capiamo il famoso "cui prodest?" oppure vuoi lasciarlo indefinito così da poterci incollare qualsiasi teoria, sebbene contradditorie una con l'altra, perchè è celato il conflitto di interessi che le tiene insieme? Non siamo per niente OT, questa è pura metafisica, della più fumosa e vaga delle specie, assente di qualsiasi appiglio con il reale, manca di nomi, manca di fatti, manca di relazioni, manca di storia, è carne senza osso, incapace di sopravvivere al più basilare scrutinio fattuale del "chi\come\dove\quando", e sopravvive solamente nel fantastico teatrino di enti metafisici che interagiscono tra loro come presi da vita propria.


La disoccupazione è un modo come un altro per saccheggiare i diritti del lavoratore, non c'è contraddizione tra disoccupazione e saccheggiare i diritti del lavoro ma sinergia, appunto l'esercito industriale di riserva, se in tanti sono disoccupati, i pochi che lavorano accettano, e sempre più accetteranno, di lavorare come schiavi, ecco un bel cui prodest.


Sul fatto che secondo te servano consumatori abbienti anche nell'interesse degli industriali e dei grandi ricchi, beh, che dire, il fordismo è strafinito, ma era strafinito pure prima di questa situazione, si può avere consumo sufficiente pure in condizioni di povertà generalizzata, basta che il sistema si regga sui consumi di lusso e sulle grandi differenze di reddito tra cittadini, sulla guerra, o meglio sull'alternanza pace e guerra che crea nuovi mercati, e sulla sovrappopolazione data anche dal non controllo delle nascite e dall'immigrazione indiscriminata: se si è in tanti, se si è stipati, mediamente qualcuno dei tanti consuma e gli atri possono andare a farsi benedire ed ecco che anche solo per questo il padrone non ha più la maschera del padre buono; lo stesso saccheggio infinito dei beni pubblici, delle conoscenze e dei flussi di informazione spontaneamente prodotte dalla vita umana, dei vari aspetti biopolitici dell'esistenza non ultimo quello medico, per poi rivenderli, in forma privata, e ridarli a chi ne fu il legittimo proprietario in modo però che a condizioni mutate di esistenza questi debba pagarli (l'essenza del postfordismo è Totò che vende fontana di Trevi), è un trovare all'infinito nuovi mercati e nuove scoperte dell'America anche se le verdi praterie del pianeta in senso prettamente geografico appaiono ben esaurite; per tutti questi motivi dovrebbe esserci chi consuma i balocchi inutili che escono dalle catene di montaggio del capitalismo ancora per qualche secolo anche in condizioni di grave impoverimento, mancanza di welfare e di diritti elementari, se era questa la tua preoccupazione, tranquillo...


su chi sono i nuovi dittatori mi vuoi tirare dentro a tutti i costi in una discussione che come ho già detto prima non mi interessa: non c'è nessun complotto, qualcuno ha preso la palla al balzo di un'epidemia al 99% delle probabilità assolutamente naturale, per farsi "gli affari suoi", più realistico di così, si muore.


Comunque, visto che siamo alle domande retoriche, ma secondo te che deve fare un sedicenne in queste condizioni da un anno? Tu ci staresti a sedici anni a queste regole? Il mondo non è solo degli adulti e degli anziani, il mondo è di tutti...
#2754
Tematiche Filosofiche / Metafisica del coronavirus
07 Marzo 2021, 21:22:58 PM
Citazione di: InVerno il 07 Marzo 2021, 07:35:53 AM
Nella consapevolezza che le dittature cambiano di forma ma non di segno, e perciò bisogna essere guardinghi nell'individuare nuove forme di totalitarismo comunque esse si presentino e al di là del quantitativo di zucchero dietro le quali esse si nascondono, ci troviamo in una forma di strana dittatura, unica nella storia umana : anzichè lottare per autoalimentarsi, ha messo in moto una macchina gargantuesca per autoestinguersi il prima possibile. Salutiamo con nostalgia le vecchie dittature che tentatavo di propagarsi e di autoalimentarsi perpetuamente, oggi abbiamo le dittature con il timer per l'autodistruzione.
Le scuse sono dovute. Ricordate prima di internet si diceva : il problema è che manca l'accesso all'informazione, è per questo che le persone hanno idee balzane. Scusate, ci siamo sbagliati. C'è una certezza tuttavia. Alla fine di tutto questo, e la fine ci sarà, quando questa famigerata dittatura scomparirà come una bolla di sapone quando incontra la punta di un ago, l'ago della siringa di un vaccino, i suoi teorici non faranno un post per presentare la più semplice ed umile ammissione, sempre la stessa: Scusate, ci siamo sbagliati. Scompariranno, cambieranno discorso, sarà acqua sotto i ponti, si ricicleranno, come se non fosse mai successo che un granchio grosso come un tir gli avesse mosso l'alluce, o ci sarà da puntare il dito altrove. Ma "scusate ci siamo sbagliati"? L'attesa sarà lunga e invano, per leggere queste poche e semplici parole.


primo, se pure questa storia finisse nel giro, diciamo, di due anni, due anni di dittatura mi basterebbero e mi avanzerebbero, sarebbe semmai chi mi ha tolto la libertà per due anni che mi dovrebbe, al limite, deve delle scuse: non c'è bisogno di nessun complottismo, l'esagerazione di questa emergenza al fine di rimuovere ogni libertà e precipitare milioni di persone nella povertà avviene per strumentalizzazione politica anche senza una regia occulta e un complotto vero e proprio, ovvero è un problema di rapporto costi e benefici, per limitare la circolazione di un virus non si può rinunciare ad essere una società aperta e liberale, perché se si smette di essere una società aperta e liberale ne conseguono fame, morte, imbarbarimento e abrutimento che fanno tanti morti quanti il virus, e comunque uccidono la qualità della vita, a prescindere dalla sua durata o quantità.


Si è detto, abbastanza impropriamente, che il lavoro per i più è stato conservato e sono state tolte cose secondarie, come divertimenti e svaghi: innanzitutto milioni di persone hanno perso il lavoro, chi dice che per i più la possibilità di lavorare è stata conservata dovrebbe vergognarsi, milioni di persone hanno perso il lavoro milioni di imprese hanno chiuso, e visto che anche se il virus passerà, la povertà e la barbarie che il virus ha portato non passeranno, tutti quei milioni di persone che oggi hanno perso il lavoro, un domani non lo ritroveranno o lo ritroveranno a condizioni peggiori di prima, e le imprese chiuse non potranno riaprire, o riapriranno a condizioni peggiori di prima, perché come a seguito di ogni crisi, il capitale si sarà concentrato nelle mani di pochi, che avranno potuto sfruttare il tempo di crisi per investire su, e comprare, ciò che i disperati saranno stati costretti a vendere, con conseguenti condizioni di lavoro più disumane per tutti, e conseguenti minore possibilità di autorealizzazione e di impresa per tutti, quindi scordiamoci che tutto sparirà con un vaccino, le conseguenze di impoverimento e di abrutimento psicologico le porterà un'intera generazione, se ancora questo non vi è chiaro, che dire, svegliatevi...


secondo, appunto, vengono tagliati gli svaghi, (con questo, con svaghi, si intende non solo divertimento, ma anche turismo, arte, cultura... fatti non foste a viver come bruti, non vale più di questi tempi) ma questo configura, appunto una figura generazionale di schiavo, perché chi lavora senza poi, almeno nel tempo libero, svagarsi e senza usufruire di socialità umana e arricchimento culturale questo tipo umano è, appunto, uno schiavo, chi lavora oggi solo per portare a casa la pagnotta con cui avere le forze per lavorare domani, il lavoratore non emancipato e senza diritti, che dopo il lavoro sta segregato in casa, è una figura di transizione tra un cittadino, che un tempo era, verso un robot senza diritti, che è quello che lo stanno facendo diventare.


Distruggere il cosiddetto "tempo libero", con la scusa che tanto, secondo i tecnocrati, il tempo libero non è una necessità, è immediatamente distruggere la dignità e l'emancipazione del lavoro, se non si lavora per il tempo libero, la conseguenza sul piano umano e sociale è che allora, tragicamente si lavora per il lavoro, cioè si è schiavi, si vive come bruti, si va verso un futuro di ancora minore libertà rispetto al presente; che il senso critico sia così mancante che neanche questo si capisca anche mi sembra terribile. Che cosa è un lavoratore di venti, trenta o quaranta anni che dopo il lavoro non esce di casa? Che cosa è uno studente che dopo lo studio non esce di casa? Se non un recluso, uno ai lavori o agli studi forzati? Quello che mi pare incredibile è che la dittatura, sia sul piano dei diritti sociali, che sul piano dei diritti politici, ce l'abbiamo sotto gli occhi ma non vogliamo vederla. Ci beviamo la scusa che la dittatura è per il nostro bene, che senza dittatura sarebbe peggio. Beh vi dirò una cosa sconvolgente, tutte le dittature, in passato, hanno detto di essere per il bene dei sudditi, e che senza di esse sarebbe stato peggio.


Per rispondere anche a viator, la sanità deve essere al servizio del cittadino, questo vuol dire che la priorità deve essere lavoro, dignità e socialità: ogni misura sanitaria deve essere compatibile con queste priorità o essere accantonata. Quindi è una risposta "sanitaria" e quindi secondo me accettabile al virus, potenziare medici e ospedali, ma è una risposta inaccettabile recludere la popolazione, perché così si salava la vita ma non la qualità minima della vita. Lo scopo in cui dovrebbe muoversi la sanità dovrebbe essere solo e limitatamente curare e assistere i malati, non impedire al massimo la circolazione del virus con misure da stato d'assedio francamente disumane qualora protratte per più mesi, il medico, l'esperto della sanità non è un igienista, non è un induttore di ipocondrie, sta lì per curare gli ammalati, di questo si è persa la dimensione con questa crisi: i riduttori dei contagi, quelli che devono occuparsi dall'aspetto propriamente igienico, e non sanitario del problema, sono i politici, che devono farlo nel rispetto della libertà e della sanità anche mentale del popolo, quindi trovare misure di sanità compatibili con una vita normale e qualora non siano compatibili accantonarle e accettare il rischio calcolato che qualcuno si ammali, perché il disagio di una malattia per alcuni cittadini, non è minore o di minor valore del disagio di una reclusione, di un rapporto tra persone spezzato, di una scuola negata per altri, e il tema deve essere equilibrare costi e benefici, non contrastare il virus rinunciando alla nostra umanità, cioè fare una cura peggiore del male. Io chiamo negazionisti dell'ovvio, quelli ce ancora non vedono che la cura, da oltre un anno, in mezzo mondo, è peggiore del male.


La sanità è al servizio del malato, e, dato che fino a prova contraria il malato è un essere umano civilizzato e socializzato, che di solito lavora o studia, il limite intrinseco di un atto per poter essere definito "sanitario" è che quell'atto deve permettere il più possibile il lavoro, la dignità e la socialità del "curato", di colui che usufruisce dell'atto sanitario. Deve dunque facilitare tutto ciò, e non impedirlo. Si cura un uomo per facilitare la sua auto realizzazione, rimuovere gli ostacoli ad essa che possono essere a volte le malattie fisiche, non certo per farlo vivere uno, o due, o cento giorni in più come una pianta, come una bestia o comunque in un modo in cui lui, o la maggior parte degli uomini, non vorrebbe vivere.


Ogni medico o operatore sanitario in senso lato ha una responsabilità, secondariamente verso tutta la società, ma primariamente verso lo specifico paziente, verso le singole persone di cui si prende cura, che è prioritaria e va oltre quella verso la società in generale. Se la sanità si pone contro le attività realizzative e auto realizzative dell'uomo non è sanità, è tecnocrazia, è ospedalizzazione del mondo. Un uomo che vive quantitativamente e temporalmente di più rispetto a una presunta data destinale o prestabilita di morte ma vivendo male, non avendo intorno a se le condizioni minime per essere felice, si riduce a uno strumento utile a chi lo sfrutta, ad esempio un moderno sistema più o meno impersonale di sfruttamento tramite consumo e lavoro come il capitalismo, non a se stesso, e quindi quella "cura" non è una cura rivolta a lui, è una cura verso i suoi nemici o sfruttatori, verso il sistema che a vari livelli su di lui ci campa. Lo schiavo funzionerà meglio per un po' e questo farà la felicità dei padroni di schiavi, non dello schiavo. Per curare davvero qualcuno in carne ed ossa, ti devi fermare quando la cura lede la sua dignità. Tale limite è stato, presso di noi come popolo di malati, di recente abbondantemente superato.
#2755
Tematiche Filosofiche / Metafisica del coronavirus
07 Marzo 2021, 01:07:53 AM
Ma come fate a non vedere la dittatura:


negazione dei più elementari diritti umani, istituzionalizzazione della delazione e dell'infamità, segregazione di milioni persone che non hanno commesso reati, modello lavoristico e familistico di tipo ottocentesco dei criteri di elargizione della poca libertà di movimento residualmente concessa, con segregazione particolare persecutoria e infame dei giovani, degli studenti, degli artisti, dei vagabondi, dei sessualmente non conformi, delle prostitute e degli improduttivi in generale: chi non ha un lavoro e una famiglia è un cittadino di serie b che secondo loro può essere segregato in maniera più crudele e più duratura di tutti gli altri, la vita di chi non ha un lavoro e una famiglia non è necessaria, ribadisco, non è una vita necessaria, per questa dittatura tecnocratica di merda, ma un comitato di medici che mi dice in base alle mie personali scelte (abitative, riproduttive, occupazionali eccetera, insomma scelte ricadenti nell'ambito dell'autodeterminazione come intangibile valore) se io, cittadino come gli altri che vota e paga le tasse, posso camminare per strada o no, se posso varcare una frontiera o no, non è un comitato di medici, è un comitato di nazisti, qui si è impedito ad ognuno, individuo, famiglia, gruppo sociale di vario tipo che sia, di scegliere il livello di accettazione rischio che era disposto a correre, e si invece è imposta una soglia di accettazione del rischio standardizzata da pazzi ipocondriaci, da gente che accetta (accetta per modo di dire, nel senso che comunque lo fanno accettare) oltreché di perdere l'umanità di sorrisi e strette di mano, oltreché di perdere l'intangibile diritto costituzionalmente sancito di far entrare in casa propria chi cavolo si voglia a che ora si voglia e in che numero si voglia (a questo punto siamo arrivati...), accetta anche, per colmo dell'assurdo, di impoverirsi fino a non avere più un futuro e una dignità, e tutto questo pur di non ammalarsi di una cosa che se sei sano e non anziano non uccide e ti fai cinque-dieci giorni al letto.


Il fatto è che se io come individuo intangibile, soggetto di diritto, cittadino ed essere umano, maggiorenne, in pieno possesso delle mie facoltà mentali, voglio rischiare la morte (ovvero di avere un rischio di morte di un milionesimo per cento più di un anno solito al netto di tutta la montatura)  pur di non piegarmi a una regola da ipocondriaci che mi impone di lavarmi le mani quando tocco un mio simile, non lo posso fare perché qualcuno a già deciso per me il livello di accettazione del rischio relativo a questa "emergenza", e questo livello di accettazione del rischio, deciso dallo stato, prevede una gerarchia di valori, da me assolutamente contestata, per cui la mia sopravvivenza fisica viene prima del mio diritto a toccare un mio concittadino non convivente senza prima e dopo lavarmi le mani, ma la questione è, di di chi sono le mani? Le mani sono mie, la vita è mia, il corpo è mio, e questa dittatura lede il diritto più fondamentale dai tempi della magna carta inglese, l'habeas corpus, il possesso individuale e non statuale dei corpi, inteso principalmente come il diritto a non essere imprigionati senza processo.


Vogliamo poi parlare del termine "emergenza" usato per una situazione che si strascina da un anno?


Emergenza semanticamente significa qualcosa che "emerge" e coglie tutti di sorpresa, quindi semmai, soluzioni da dittatura e coprifuoco erano vagamente accettabili a marzo scorso, quando nessuno sapeva la letalità del virus ne come affrontarlo, ne vi erano misure di contenimento, cura, ricovero, monitoraggio e risposta all' "emergenza" adeguate appunto perché l'emergenza coglieva tutti di sorpresa, quindi si poteva sostenere che "nel dubbio" erano state scelte le misure più drastiche.
Ma cosa sta a significare lo strascinarsi dell' "emergenza" in una situazione completamente mutata come a novembre, in cui ormai, avendo visto la situazione a marzo, si sapeva tutto della malattia, della sua (blanda) letalità, di come il problema fosse l'afflusso eccessivo e non gestibile di malati negli ospedali e nelle strutture di cura e non la letalità in se.


Ricapitolando marzo ci hanno detto: "dovete restare a casa (negazione di ogni libertà, socialità e  e autodeterminazione) perché sennò si intasano (neanche fossero gabinetti) gli ospedali, oltre un certo numero di malati, i malati rimarrebbero abbandonati nelle ambulanze (come poi è anche successo) non curati eccetera. C'è la soglia non ben definita ma sempre gravante come minaccia, della soglia di malati da non superare, se no, oltre quella soglia non verrà curato più nessuno, se no non verremo più curati neanche noi, sennò i medici dovranno scegliere chi far vivere o no e avranno tanti problemi di coscienza eccetera. Non si sa mai bene quale sia tale soglia, ma è sempre, nella rappresentazione ideologica dell'emergenza infinita, a un passo dall'essere raggiunta, e, naturalmente, pur non essendo facile da quantificare, sicuramente ci deve entrare ben in testa che essa deriva da una questione prettamente di allocazione delle risorse, ovvero naturalmente sta per essere raggiunta la soglia critica di saturazione degli ospedali perché le disponibilità degli ospedali sono poche e contate, perché i medici sono pochi, perché i farmaci sono pochi, perché tutto è poco. Come se questi parametri non potessero, in tempi ragionevoli, essere corretti e aumentati. Come se l'essere "poco" di tutte queste risorse fosse un destino, una iattura per cui davanti al virus invincibile tutto è per definizione poco, e non una cosa contingente (se fosse reale e comunicata in buona fede), che deriva non solo dall'avere in generale in Italia una sanità sfasciata anche da prima dell'emergenza, ma dal non averla aggiustata con una mobilitazione straordinaria di mezzi e risorse tra marzo e novembre, cosa per cui l'intero consiglio dei ministri Conte è secondo me da mandare ai lavori forzati in miniera, il peggiore dal dopoguerra.


E noi, da bravo popolo bue abbiamo fatto la nostra parte, siamo riamasti a casa, con inni dai balconi e strombazzamenti vari.
Poi a novembre ricomincia l' "emergenza" insomma questa storia "emerge" ancora. Ancora la motivazione per la privazione della libertà è l'intasamento (termine sempre idraulico) degli ospedali.
Ora, non so se qualcuno ha idea di quanto, in soldi, in euro, sia costata la gestione di questa pandemia, chiudendo tutto, dando ristori alle imprese, sussidi a chi rischiava la fame, azzerando l'intrattenimento, il turismo, l'immobiliare, buona parte dell'istruzione. Miliardi e miliardi e miliardi andati in fumo o dirottati da un uso produttivo a un uso meramente speculativo o parassitario. Gestione basata sulle chiusure, sulla negazione della libertà che genera stress problemi psicosomatici e altre malattie, e sul mantenimento assistenziale, welferistico eccetera, (contro la loro volontà!) di lavoratori e piccoli imprenditori disperati.


E' un'ordine di grandezza di ricchezza persa che si misura in miliardi di euro, generazione di debito pubblico, dissesto finanziario a livello nazionale ed europeo eccetera. E il problema, secondo la grancassa ideologica del regime è che si intasano gli ospedali. State a casa, ci dicono perché si intasano gli ospedali. A novembre, come a marzo, come a febbraio, come sempre. E' un mantra.
Gli ospedali si intasano, sempre.

Ora, mi chiedo io, con un decimo dei soldi, dei quattrini sonanti, ma anche delle energie lavorative, delle conoscenze, della forza lavoro che questi geni di politici tecnocrati hanno buttato, hanno letteralmente mandato in fumo, per affossare intenzionalmente il mio paese e far regredire di duecento anni la mia civiltà (politica delle chiusure e del creare milioni di nuovi poveri, sfamati con le briciole di un welfare che alla lunga non reggerà), quanti ospedali, si sarebbero potuti costruire?


Invece di pagare miliardi di ristori, costruiamo gli ospedali. Invece di affossare la mobilità con danni per miliardi, costruiamo gli ospedali. Invece di creare un debito che dovremo pagare per decenni tra tasse e inflazione, costruiamo gli ospedali. Invece di distruggere le imprese e i posti di lavoro, costruiamo gli ospedali.


Un piano di gestione territoriale razionale del problema, per costruire altri due ospedali (che poi, in realtà, quasi sempre bastano strutture para ospedaliere tipo rsa per i problemi posti dal covid) per ogni ospedale già presente in Italia, riempirli di personale, attrezzature, assoldare cinque medici per ogni medico operante in Italia, cinque infermieri per ogni infermiere e cinque oss per ogni oss, sembra una cosa costosissima richiedente un dispendio di energie al limite dell'impossibile?  Una mobilitazione appunto "da guerra"? un'operazione con mobilitazione incredibile dello stato e del popolo tipo ritirata di dunkirk? Nel tempo tra marzo e novembre? Con i prefabbricati  e i tendoni, se necessario? Ma questo si fa quando c'è una pandemia. Si cerca di ridurre i danni, non di aumentarli. La mobilitazione straordinario dovrebbe essere di aiuto, non di isolamento e terrore.


In realtà, tutto questo sarebbe costato un decimo, un ordine di grandezza minore, dei soldi che hanno speso per risolvere il problema assistenzialmente, a suon di assistenzialismo a chi ha perso l'impresa e il lavoro che poi genererà tasse e debito pubblico per tutti, isolazionisticamente e evitando fisicamente i contagi con interi settori della vita sociale educativa ed economica andati distrutti, a suon di persone recluse che hanno perso la libertà e visto il paese andare in pezzi, danni per miliardi di miliardi che a triplicare gli ospedali e i medici di tutta Italia in confronto era un decimo o un centesimo della cifra con cui si possono quantificare e qualificare quei danni.


Il problema è che una vota che gli ospedali esistessero e fossero efficienti, e si sapesse dove mettere i malati, tutto il costrutto paranioco della pandemia si smonterebbe. Gli ospedali non si intaserebbero. La gente potrebbe camminare per strada. Invitare in casa propria chi vuole. Non ci sarebbe più motivo di spiare. Di ridurre al fallimento. Di licenziare. Un gran numero di medici assoldati temporaneamente per l' "emergenza" potrebbe sia lavorare negli ospedali, che assistere a domicilio chi facesse la scelta, più razionale e anche più civica in caso di forma non grave, di fare la malattia a casa. I malati starebbero negli ospedali, e la gente sana starebbe per strada, a casa o nei posti di lavoro a fare una vita quasi normale, come nei paesi civili tipo Svezia. Non ci sarebbe più la ratio, la ragione, di medicalizzare, e quindi di disumanizzare, la gente sana. L'ospedale permette di metterci dentro i malati anche per distinguerli dai sani. E' anche un contenimento delle anzie, delle paure e delle ipocondrie, utile, in questo senso psicologico, a chi è dentro e a chi è fuori. Per questo in una dittatura di tipo nazista sorta strumentalizzando una blanda pandemia l'ospedale si deve intasare. Sovraccaricare. Perché così non si distinguono, o meglio non si collocano più ben precisamente nel tempo e nello spazio i sani e i malati. Non c'è più il luogo dei sani e il luogo dei malati e il mondo intero diventa ospedale, o, che è lo stesso, il mondo intero diventa luogo sano redento dalle pratiche mistiche dei medici e politicanti dittatori.


Il tempo si è fermato. Non si ammette che l'emergenza è un metodo di governo. Si sentono gli annunci nei supermercati: Per la vostra sicurezza dovente rispettare delle norme sul mettere la museruola e distanziarvi come alieni in questi giorni. Ma quali "in questi giorni", dico io? E' un anno che va avanti sta storia. Di solito non linguaggio comune, ordinario, non si dice "in questi giorni" per indicare un anno o una questione che va avanti da un anno. Eppure l'annuncio non lo hanno aggiornato. Dovrebbe dire: "  gentili clienti, non c'è nessuna emergenza, dovete distanziarvi come alieni e mettere la museruola perché come soluzione a quella che a suo tempo fu un'emergenza, non si è trovato niente di meglio." Questo è il minimo che mi aspetto da una comunicazione veritiera e non dal bollettino di una dittatura.
Lo stesso ogni singolo cartello che sta in giro per la città che dice "emergenza coronavirus, fate questo e questo, con i disegnini eccetera". Ormai è un anno. Non c'è nessuna emergenza. Ci stanno pigliando per i fondelli. Dovrebbero dire "gestione ordinaria dell'emergenza coronavrus". Perché ormai lo sanno com'è la questione e la malattia, sanno tutte le variabili in gioco, e hanno deciso di gestirlo così. Ma Essendo diventata una questione ordinaria dovrebbe passare al vaglio della volontà popolare, quantomeno con fine dello stato di emergenza e libere elezioni o un referendum, se vogliamo rinunciare alla nostra libertà per la nostra salute o no. Per questo la chiamano ancora emergenza. Anche se ormai emerge solo la bassezza umana.









#2756
Citazione di: Ipazia il 03 Marzo 2021, 19:41:45 PM
Che esista un mondo-realtà a prescindere dalla nostra coscienza individuale lo dimostrano i nostri genitori che ci pre-esistevano. Che ci sia un mondo-realtà a prescindere dalla nostra specie lo dimostrano geologia e astronomia. Questo è il dato fisico non ancora falsificato da nessuno. Il dato metafisico ognuno se lo può girare come vuole.




Si tratta di pensare la relazione della parte con il tutto, io credo che la maggior parte degli uomini non sia interessata all'esistenza oggettiva del mondo come costrutto fisico o geologico, ma alla realtà dei valori, degli affetti e delle relazioni eticamente significative, insomma si interroga sul fondamento, ponendo se stesso come problema; queste "cose", relazioni, pensieri, sentimenti eccetera, stanno nel grande mondo, come lo definisce ad esempio anche viator, mondo come grande insieme di cause ed effetti, principio per cui all'infinito le cause producono gli effetti, di cui la coscienza, secondo me, è un ritaglio in senso prospettico e insiemistico, quindi sì, per me i fondamenti della vita culturale e relazionale umana esistono oggettivamente, "stanno" nel mondo nel senso dello stare sul quadro o sull'arazzo a cui il mondo potrebbe essere paragonato,  tra questi vari costrutti culturali esiste la visione scientifica, geologica e cosmologica del mondo che ne è una piccola parte, di solito nemmeno tanto interessante per l'uomo della strada.


Quindi se lo dovessi descrivere per contenuti e matriosche, c'è prima il mondo come grande contenitore di tutto, assoluto con tutti problemi che l'assoluto pone, di concetto senza referente eccetera; dentro il mondo c'è la coscienza, un micro pezzetto di mondo dedicato ad esseri che non attingeranno mai l'assoluto come totalità, ma solo la parte che non è e non sarà mai il tutto, e non darà mai informazioni sufficienti alla deducibilità del tutto, e sarebbe meglio, secondo me, che se ne facessero una ragione; dentro la coscienza c'è, insieme a mille altre cose, quello che gli scienziati e tutti quelli istruiti che avendo fatto un po' di scuola attingono alla divulgazione scientifica considerano il mondo o l'universo nel senso fisico e cosmologico del termine, compresi i terrapiattisti che se ne fanno una loro idea un po' particolare.


Può sembrare naif che il mondo fisico e cosmologico secondo me stia dentro la coscienza, ma penso che pianeti e meteoriti se ne infischino delle teorie con cui li descriviamo, e così pure leptoni e compagnia bella, quindi dal mio punto di vista ci sta benissimo. Ma il punto fondamentale è che stare dentro la coscienza, secondo me non è diverso da stare nel mondo, solo una posizione più centrata e meglio definita di un qualcosa che diversamente sarebbe indefinito: se nel cassetto c'è una pistola, e nella pistola c'è una pallottola, la pallottola sta nel cassetto, non chissà dove altro, la domanda sulla pallottola riguarda anche il cassetto e non solo la pistola, anche se magari ci vuole astrazione e un po' di attitudine contro-intuitiva per capirlo.
#2757
Citazione di: Phil il 03 Marzo 2021, 16:56:00 PM
Citazione di: niko il 03 Marzo 2021, 13:50:52 PM
non c'è il mondo esterno da percepire tramite la coscienza, ma la coscienza stessa è contenuto mondano.
Non direi debba esserci necessaria contrapposizione, quel «ma» può essere un «e» (che cancella il «non» iniziale): la coscienza è contenuto mondano, il suo esser-contenuto presuppone (fenomenologicamente) l'esserlo per-qualcuno, per-una-coscienza; quindi l'esser-contenuto-di-coscienza può essere esterno (mondo) o interno (auto-coscienza). Questo mi pare renda più nitido il ruolo di "punto prospettico/insiemistico" della coscienza, intesa come «un limite o un ritaglio passante per il mondo che finché esiste definisce primariamente cosa del mondo sia arbitrariamente interno o esterno per un soggetto»(cit.).

Citazione di: niko il 03 Marzo 2021, 13:50:52 PM
(prima relazione possibile col mondo, abitazione di un corpo, la pelle) [...] (seconda relazione possibile col mondo, abitazione di una parte del mondo che definisce il mondo in quanto conosciuto, il mondo come casa; che poi a ben vedere l'insieme delle nozioni nella mente di un uomo sono micro-modificazioni del suo corpo, soprattutto del cervello
Dal discorso proposto sembra che nella tua prospettiva ci sia anche una (implicita) terza (pseudo?)relazione possibile con il mondo: quella con il mondo supposto come ulteriorità mondana (dissimulato nell'incipit del tuo post), come idea di spazio oggettuale eccedente il mondo circoscritto di ciascun soggetto; nel momento in cui anche ipotesi, possibilità, aspettative e teorie sono pur sempre contenuti di coscienza (con annesse micro-modificazioni), tale terza relazione si invera (per dirla in metafisichese), pur restando priva di un referente oggettuale extra-soggettivo (trattandosi di contenuti di coscienza puramente teorici; il che, se magari non denota una terza relazione autonoma, suggerisce almeno una rilevante dicotomia all'interno della seconda relazione, fra micro-modificazioni che richiamano un oggettualità esterna e micro-modificazioni che sono incentrare sulla soggettività pensante).
Questa relazione terziaria che, seppur prima negata dalla «legge dell'esistenza, l'idea di una ulteriorità della realtà che si possa rivelare in una ulteriorità del conoscibile, non è e non può essere mai attualmente valevole per l'uomo» (cit.), poi si afferma con la postulazione, attuale solo nella sua astrazione, di un "grandissimo" extra-coscienziale, un «arazzo o un quadro astratto grandissimo con una cornice grandissima, quanti sotto-quadri più piccoli ci potresti ricavare sovrapponendoci delle cornici più piccole, sono i viventi ognuno preso nella "sua" visione del mondo»(cit.). Tale "grandissimo arazzo" non può essere, nella sua totalità mondana, contenuto oggettuale di coscienza individuale, tuttavia resta possibile postularlo come teorica proiezione esponenziale del piccolo arazzo oggettuale che è contenuto nella singola coscienza.
Questa implicita terza relazione con il mondo, in quanto mondo-oggettuale-eccedente-la-coscienza e i suoi contenuti mondani (eppure pensato come esistente fuori dalla coscienza con un salto "meta-fenomenologico"), si conferma, pur nella sua problematicità, nel momento in cui «quello che non sappiamo di essere finché resta tale non ci riguarda, e quando ci riguarda è perché in una certa qual misura "entra" nella nostra coscienza, ed è dunque presupponibile che sia contenuto mondano anch'esso, sia nel suo entrare nella nostra coscienza, che nel suo non-entrarvi»(cit.); nondimeno, solo il postulare tale terza relazione con il mondo rende possibile presupporre che anche ciò che "non entra" in una coscienza possa essere comunque un contenuto mondano (pur non entrandovi, pur essendo extra-coscienziale) e non solo contenuto astratto privo di referente oggettuale (detto più in sintesi: il pensare la possibilità d'esistenza oggettuale in assenza di esperienza mondana).

Citazione di: niko il 03 Marzo 2021, 13:50:52 PM
c'è il mondo con tutta la verità in se stesso e la sovrapposizione delle varie coscienze al mondo come spazi visibili e vivibili di mondo, le "intersoggettività" che in questo gioco di disegni e sovrapposizioni ben possono darsi, sono solo sovrapposizioni doppie, triple, ennesime che determinano una conseguente intersezione, gli spazi condivisi da più di una vita che cadono sullo stesso tratto di mondo e lo mettono in particolare evidenza, dando ad esso un visibilità condivisa
Riguardo alla intersoggettività come mera intersezione fra quadri e ritagli, mi pare sia una rappresentazione spaziale bidimensionale a cui va aggiunta una tridimensionalità dinamica, ovvero la "profondità" del tempo (di tale sovrapposizione) in cui tali intersezioni producono ulteriorità, altro da ciò che sono, non limitandosi a coincidere nel medesimo spazio bidimensionale come l'intersecazione di due insiemi. Un esempio di tale terza dimensione (che a suo modo presuppone la terza relazione con il mondo, la presupposizione del non-ancora-noto, non-ancora-"oggettivato"-eppure-teorizzato), può essere il tuo stesso post: non si tratta di una parte di mondo pre-esistente in cui ci incontriamo (intersecando le nostre coscienze), ma di una tua produzione che diventa un mio contenuto di coscienza che a sua volta genera una mia produzione (questo post) che diventa tuo contenuto di coscienza (se lo stai leggendo), etc. nella parte di mondo in cui ci intersechiamo, ovvero questa pagina di forum, avviene non la mera «messa in evidenza»(cit.) di ciò che già è, bensì la creazione (oltre che di dati digitali prima non esistenti nel server del sito, etc.) di una "fetta di mondo" che prima non c'era e che ora entra a far parte nei nostri rispettivi mondi di coscienza, oltre ad essere ormai disponibile anche ad altre coscienze (neonata parte del mondo che innescherà differenti vissuti a seconda che si tratti della mia coscienza, della tua o di quella di un terzo lettore).


Beh,si può certamente affermare che l'idea che il mondo esista come ulteriorità rispetto a (qualsiasi) coscienza è spesso, se non quasi sempre, presente alla coscienza, e sicuramente modifica anche di conseguenza il cervello, ma come dici tu questo mondo ulteriore alla coscienza non ha oggetto, non ha referente, quindi la coscienza nel suo tentare di riferirvisi è l'essere più il nulla, nel senso della totalità e dell'imperfezione, quindi questo referente nullo è la verità della coscienza stessa, quindi il mio ragionamento è semplicemente supponiamo che la coscienza possa davvero conoscere il mondo, allora, se così fosse, il mondo "vero", numenico, non potrebbe essere altro che il doppio così perfetto della coscienza da essere da essa indistinguibile, la sovra-posizione perfetta, per quanto parziale, insomma mi trovo a riempire questo nulla con la verità della coscienza, che tanto è quello che succede nel disincanto nichilistico e post-metafisico come accesso residuale alla verità laddove ci si rende conto che nessun'altra verità è possibile.
Il fatto però che la verità coincida con la coscienza, non vuol dire che anche la totalità vi coincida, la totalità come combinazione di essere e nulla è modellizzata e attraversata in questo tipo di pensiero, quindi quello che è vero perché cade sotto i sensi e sotto la coscienza, materialismo e sensismo assoluto secondo me, potrebbe essere una parte della verità, o falso, se il vero è l'intero e solo l'occhio di Dio può osservare simultaneamente tutto il mondo, il problema della verità in questi termini non è neanche più posto.


Quindi la coscienza che si suppone ci sia un mondo oltre la coscienza, per me ricade in quello che ho chiamato abitazione del corpo e del mondo, non fa da terza relazione; per spiegarmi meglio, io penso che l'interiore ed esteriore, il distinguere in generale il pensiero dalla realtà, siano già pertinenza del corpo e quindi della mente; invece la presenza complessiva al mondo che va al di là di interiorità ed esteriorità, è data dal fatto che ogni attimo di coscienza si dispiega, e entro certa misura si accumula, al netto delle dimenticanze, nel tempo, e dal fatto che l'uomo suppone esistente un mondo ulteriore a quello che conosce e si comporta di conseguenza, e non solo per sua scelta m perché presupporre esistente il mondo è necessario a sopravvivere, e quindi rientra nel progetto in generale della vita ben al di là della storia del singolo, quindi qui siamo oltre la percezione istantanea e fotografica, sia perché ci percepiamo come esseri temporalmente perduranti e tendenzialmente desideriamo percepirci come tali (come detto prima vogliamo sopravvivere) sia perché presupponiamo, a fini sia partici che meramente speculativi, che il mondo esita, tutto questo l'ho chiamato abitazione del mondo come conoscibile e come casa.


Per quanto riguarda il tempo, di cui tu parli rispondendo a quello che io ho definito intersoggettività, io ho un'idea abbastanza strana di come sia e "scorra" il tempo nell'infinito, per me è la condizione di prossimità -spaziale- da ridefinire per definire il tempo, il passato e il futuro esistono fisicamente come esiste il presente, il che vuol dire che c'è armonia prestabilita tra più mondi che corrispondono a più attimi e la coscienza fa il salto continuo da un mondo all'altro per farci vedere il film del tempo come coerente, se vedessimo a raggio di visione più ampio, il tempo sarebbe fermo, e ad uno ancora più ampio di quello che ci restituisce il tempo fermo, tutto starebbe avvenendo contemporaneamente, quindi la bi-dimensione del quadro o dell'arazzo è solo una metafora come un'altra che se presa troppo sul serio non va bene in nessun senso a descrivere una singola vita umana, figuriamoci l'incontro tra due o più.
#2758
Io penso che la coscienza sia parte del "mondo" nel senso lato e filosofico del termine, quindi non parto dal presupposto che il mondo sia un numeno/verità fondamentalmente inattingibile da recepire ed elaborare nelle sue varie forme (variamente trasfigurate) tramite la scienza e la coscienza, ma che la coscienza stessa sia il numeno/verità o meglio parte del numeno/verità che ci è toccata in quanto parte del mondo, la parte di verità e di esperibilità che ci è toccata in sorte (se il vero è l'intero, allora quanto è conoscibile in vita, è per me tutto falso!) insomma non c'è il mondo esterno da percepire tramite la coscienza, ma la coscienza stessa è contenuto mondano.
Dunque solo il mondo (che poi secondo me è infinito) ha in se tutta la verità e la realtà, e la coscienza è solo un limite o un ritaglio passante per il mondo che finché esiste definisce primariamente cosa del mondo sia arbitrariamente interno o esterno per un soggetto, (prima relazione possibile col mondo, abitazione di un corpo, la pelle) e secondariamente cosa al netto di una vita umana istantaneamente o complessivamente considerata, sia noto o ignoto a questa vita (seconda relazione possibile col mondo, abitazione di una parte del mondo che definisce il mondo in quanto conosciuto, il mondo come casa; che poi a ben vedere l'insieme delle nozioni nella mente di un uomo sono micro-modificazioni del suo corpo, soprattutto del cervello, che gli definiscono e gli disegnano il mondo alla rovescia rispetto al "vero" come macro-corpo, proiezione dell'io).



Messe così le cose l'entità/oggettività di quello che siamo prevale sulla relazionalità, ma non è un solipsismo o un'idea di onnipotenza perché penso che ci sia altro oltre noi, solo che l'altro che c'è oltre noi, finché è oltre noi, per definizione non ci riguarda, l'insieme dei vissuti e delle relazioni è il destino di ogni singolo uomo/ente e come non vediamo nulla oltre un muro o oltre l'orizzonte, non vediamo nulla oltre la morte, ma questo non significa che un oltre in generale non esista, non esiste per noi. Credere di essere coscienti, è (immediatamente!) credere di avere limite nell'oblio, queste due cose, che spesso arbitrariamente dalle grandi narrazioni religiose o filosofiche sono state separate, in realtà non sono separabili, se io sono, ciò di cui sono cosciente o consapevole, non sono, ciò di cui non sono cosciente o consapevole, e questo vale in generale come legge dell'esistenza, l'idea di una ulteriorità della realtà che si possa rivelare in una ulteriorità del conoscibile, non è e non può essere mai attualmente valevole per l'uomo, e ciò che vale nel passato o nel futuro si riduce all'atteggiamento psicologico che si può avere nel presente verso il passato o verso il futuro, quindi principalmente alla disperazione/speranza, per il futuro o soddisfazione/rimorso per il passato, c'è poca realtà nell'accumulo infinito di conoscenze per come esso si definisce nell'utopia scientifica moderna, come nella rivelazione religiosa, e tutti gli stati di coscienza di cui possiamo avere coscienza o sono normali/vigili o confinano con quello normale/vigile, degli altri, ovviamente, non possiamo ne sapere ne parlare.


Insomma quanto possiamo pensare e conoscere in un secondo è di un certo ordine di grandezza, quanto possiamo pensare e conoscere in una vita è di un ordine di grandezza superiore e contiene quanto pensiamo in un secondo come una goccia di pioggia nel cielo, quanto realmente esiste ed è conoscibile nel mondo contiene quanto possiamo pensare in una vita come un'altra goccia di pioggia più grande in un cielo più grande, il mondo è come un arazzo o un quadro astratto grandissimo con una cornice grandissima, quanti sotto-quadri più piccoli ci potresti ricavare sovrapponendoci delle cornici più piccole, sono i viventi ognuno preso nella "sua" visione del mondo, la cosiddetta intersoggettività è quando un quadretto si sovrappone in parte a un quadretto e fa un'intersezione, ma è tutto vero, tutto reale, sia quanto è intersoggettivamente condivisibile che quanto no.


Nella misura in cui siamo e ci definiamo coscienza, finiamo e confiniamo con l'oblio, certo non siamo solo coscienza, esistono istinti, realtà oggettive, cose ulteriori alla coscienza che condizionano la vita, ma queste cose si palesano a noi solo entrando nella coscienza, quindi quello che noi sappiamo di essere è contenuto mondano, quello che non sappiamo di essere finché resta tale non ci riguarda, e quando ci riguarda è perché in una certa qual misura "entra" nella nostra coscienza, ed è dunque presupponibile che sia contenuto mondano anch'esso, sia nel suo entrare nella nostra coscienza, che nel suo non-entrarvi.


Con questo pensiero cerco di sbarazzarmi di ogni oltre mondo che possa essere nell'interiorità (non ci credo affatto) o nella favole dei miti e della religione, o anche nell'intersoggettività o nell'intesa con l'altro, non c'è nessun oltre mondo, c'è il mondo con tutta la verità in se stesso e la sovrapposizione delle varie coscienze al mondo come spazi visibili e vivibili di mondo, le "intersoggettività" che in questo gioco di disegni e sovrapposizioni ben possono darsi, sono solo sovrapposizioni doppie, triple, ennesime che determinano una conseguente intersezione, gli spazi condivisi da più di una vita che cadono sullo stesso tratto di mondo e lo mettono in particolare evidenza, dando ad esso un visibilità condivisa, cosa che comunque non nega la verità anche dello spazio singolare possibile di una singola vita.




#2759
Citazione di: green demetr il 27 Febbraio 2021, 00:50:47 AM
cit Niko
"Cacciari sembra parlare di se stesso da uomo vecchio e stanco che è, ed esprimere il suo personale disincanto verso le utopie; ma in realtà io direi che le utopie moderne saranno pure esaurite come dice lui, ma quelle contemporanee sono più vive che mai."


E ma quello è il problema! non è certo la soluzione.

cit Niko
"Il mondo contemporaneo è una continua crisi, e le utopie dei potenti, che sostanzialmente si avverano sempre di più e/o sono vere da sempre, sono le distopie della stragrande maggioranza delle loro vittime: la mia generazione ha visto le contestazioni no-global, poi l'undici settembre, poi questo disastro del virus (zero virgola cinque per cento di mortalità) strumentalizzato politicamente per costruire un totalitarismo del consenso, l'avvento dell'uomo-virus: ad ogni supposta "emergenza", si è risposto comprimendo i diritti della stragrande maggioranza dei cittadini occidentali e creando facile consenso intorno a una politica e a una comunicazione mediatica del terrore, quindi io ci vedo una rottura della linearità del progresso verso un qualcosa, un sistema-mondo, che è sempre meglio per l'infima minoranza dei dominanti e sempre peggio per i dominati, l'utopia dell'uno è la distopia dell'altro, e in questo non c'è nessun compimento dell'occidente, ma un disvelamento del meccanismo -potrei dire della natura- che vi sta alla base, meccanismo e natura che mi sento facilmente di identificare con il capitalismo in senso marxiano e con la decadenza in senso nietzschano, sappiamo che l'uno inizia da circa l'ottocento, l'altra dai tempi di Socrate, ma strutturalmente hanno molto in comune."


Si ma appunto l'utopia rivoluzionaria è evaporata.
Io non credo che si possa parlare di utopia dei ricchi, ma di destino incrementale della tecnica. "Che ne sanno della vita i ricchi? al massimo possono tentare a indovinare" (cit Celine)

cit Niko
"Ma senza andare troppo fuori argomento, direi che il punto è che la decadenza (che è un inversione del ruolo tra debole e forte e un sentimento della direzione entropica e tanatologica del tempo) non può di per se stessa decadere, e il capitalismo (che è un sistema economico, non un Moloch omnicomprensivo) non può finire se non con la rivoluzione o con la rovina comune delle classi in lotta (socialismo o barbarie), quindi il concetto di attimo e di crisi/rivoluzione, sono stati più che mai presenti nella storia recente, solo che non ne è seguita l'utopia per i più, ma per i pochi."


I ricchi non hanno utopia, solo noia. Appunto non esiste felicità umana, ma loro che ne sanno? Sotteso sempre al video di Cacciari.

cit Niko
"La realtà dell'utopia è molto simile alla posizione del soggetto rispetto alla natura, quindi al discorso che si faceva in precedenza sul dovere, di amare la natura o no."


Ma il discorso sulla natura come ti ha spiegato Cacciari nelle risposte che ha dato nel finale, è una ideologia, instaurata dalla tecnica e dal suo bisogno incrementale, che ad oggi spinge le scienze dell'IT (industria tecnlogica) e della comunicazione, e che Sloterdijk chiama Sfera, e io sulla scorta di Baudrillard chiamo Ipersfera, e di cui la green ecology, con la letterina della Greta a Draghi (cioè è già avvenuto, quello che prospettavo ironicamente, ma appunto la velocità del cambiamento si mangia anche qualsiasi possibile ironia), è semplicemente solo una delle infinite mimesi. Ovvero la potenza della Realtà Virtuale.
La capacità dell'intero sistema industriale di convertirsi in un immensa produttrice di bolle virtuali, come i giovani ventenni oggi le chiamano, nella più totale tranquillità.
Insomma non è un problema. E' un problema di chi insiste nel voler vedere l'utopia.

cit Niko
" Insomma la società è una "seconda natura" rispetto alla natura nel senso tradizionale del termine, alla natura "selvaggia"; ma la posizione di amore, odio, ignoranza o indifferenza del singolo verso la società attuale in cui questo si trova a vivere non è, non costituisce, di per sé, una terza natura, per questo le utopie "buone" raramente si realizzano... esattamente come chi ama, odia, ignora o è indifferente alla natura, non per questo è salvo dai suoi problemi, e dai suoi "doni".


Ma vedi riproponi ancora la questione ideologica come problematica (non lo è per le nuove generazioni dai millenials in su). In realtà è la questione sentimentale ad essere sotto-attacco. O distinguiamo, o rimarrai sempre nel tuo discorso fatalista. E allora ha ragione Ferraris a parlare di "piangina".

cit Niko
"fenomeni sociali, come il denaro, la legge, la morale, hanno potere vincolante come se fossero, leggi della natura, pur senza realmente essere, leggi della natura: possiamo maneggiare il denaro, amministrare la legge, rispettare al morale eccetera, solo obliando, in una certa qual misura, che tutto ciò sia del tutto artificiale, che le regole di scambio e di utilizzo dei dispositivi e delle conoscenze generazionalmente tramandate siano puramente convenzionali, quindi alla base del "gioco" della tecnoscienza e del sapere come potere, visto come un gioco proattivo, manipolatore, simulativo, incrementabile all'infinito, c'è sempre il gioco del fare finta che non sia un gioco, l'eterna natura dissimulante dell'umano, che non è mai cambiata nemmeno con il passaggio alla modernità, l'oblio dell'artificiale che ri-manifesta il paesaggio naturale; è questa la vera posta in gioco delle utopie e delle distopie"


si infatti, vedo che capisci benissimo la questione dell'infosfera (dell'antropocene, come è alla moda dire), della sfera, dell'ipersfera etc..

Ma poi in coda mi dici che questa è la posta dell'utopia?
Non capisco proprio.

Se il fenomeno (supposto naturale, non essendo mai naturale) si conforma come quello dell'apparire dell'immagine all'interno dell'infosfera (Ossia dei simulacri come diceva Baudrillard), è chiaro che è di nuovo un simbolo (e rientra nella tradizione magica, incantatoria, ingenua). Se le utopie rivoluzionarie e messianiche sono morte, che sono le più recenti, quella magica a maggior ragione, è morta da tempo.
(e nell'antropocene, quali volevi che fosse l'utopia? se non quella utopica magica, che tra l'altro è quella dei ricchi, appunto illusioni!)

cit Niko

"il velo di maya che ci fa accettare l'ingiustizia sociale non durerebbe neanche un secondo se si mostrasse l'artificialità della maggior parte di quello che consideriamo come "naturale", e per fondare una nuova utopia funzionante, che si contrapponga in qualche modo allo stato di cose presente, bisogna ri-tessere il velo di maya e obliarne la fondazione, il contrario esatto di una concezione giuridica o associativa del concetto di fondazione."


Esatto, e per togliere il velo magico, cosa c'è di meglio che seguire con attenzione il disvelamento fenomenico storico?
L'antropocene, non come ricerca spirituale (figuriamoci) ma come apparire dei morti discorsi del passato (gnosi e compagnia bella).
Discorsi di morte, che velano il discorso di morte della tecnica.
Sembra proprio una schisi nella vita nevvero? E infatti è così, isteria all'interno dell'orizzonte paranoico.

La risposta sarebbe trovare il discorso morto di vita (l'utopia certo), che sia mimesi del discorso di morte reale (come nel caso dell'utopia magica contemporanea), ovvero che si contrappone alla vita reale. Cioè al sentimento. O lo diciamo o giriamo a vuoto! Non è questione del sapere e basta quindi!
Noi sappiamo che queste utopie sono sintomi di un discorso di morte, che fa finta di essere di vita. Ha il volto magico di Greta (al di là di Greta).
E' la telepatia. Si sintonizzano tutti su quel discorso.
Le domande che fanno a Cacciari sono le domande di Greta.
Capisci Niko? Ma Cacciari sorride, amaramente.

Cit Niki
"A ben vedere, anche in senso psicologico, la promessa stessa di felicità per come essa può essere significativa per l'uomo, non si riferisce mai a un indefinito futuro di felicità, volto all'accumulazione indefinita di qualcosa o tanto meno alla trasformazione indefinita di qualcosa, ma al desiderio e al bisogno di saturare lo "spazio" del futuro con una felicità in qualche modo esperita, quindi passata:"


Si, dannazione si.
infatti è così vedo che anche tu intuisci qualcosa nella direzione giusta. Passata, dunque morta.
Non passata dunque futura. Non esiste felicità, lo dice Cacciari no?
E' il dialogo che ci porta oltre. Lo spazio futuro va riempito col dialogo coi morti. E' ora di prendere commiato da loro.
Il viandante e la sua ombra di Nietzche, mi capisci?

cit Niko
" nessun uomo può "insegnare" a nessun altro uomo come essere felice, e nessun uomo può auto-rappresentarsi la sua felicità, senza implicare in qualche modo il passato, e questo implica il fallimento delle utopie di progresso eterno, e l'insufficienza delle utopie di crisi: bisogna sempre in qualche modo fare un uso non scontato della storia in vista della propria e altrui felicità, come se la manifestazione improvvisa di futuri alternativi, la scelta, implichi sempre, in qualche modo, un desiderio verso il passato remoto."


Un desiderio verso il presente (non verso il passato come scrivi) che si nutre nel dialogo con gli amici morti. L'archeologia del sapere intesa da Agamben.
Se è un desiderio verso il passato per il passato, è ancora una volta un sotterrarsi.

Ci sei quasi, ma lo sviamento finale, potrebbe essere il sintomo di un discorso paranoico ben più vasto di quel che credi (forse).
Buon lavoro.




Molto rapidamente: io sarò pure su una posizione paranoide, ma tu mi sembri su una posizione abbastanza per così dire "romantica" se pensi che i ricchi provino noia come sentimento prevalente e non lottino per i loro interessi, costruendo, vittoria per vittoria, le loro utopie.


La tecnica implica per sua principale conseguenza storica, direi, che i ricchi solo ricchi tendenzialmentenon esistono, o, al limite, sempre meno possono esistere all'avanzare della tecnica: più la tecnica "incrementa" più necessariamente i ricchi sono anche-potenti, quindi vivono tutto il dramma e la gamma completa delle emozioni nel detenere e cercare di mantenere il potere e il controllo, come vedi la mia posizione posizione "paranoide" si contrappone alla tua posizione romantica: il modo determinato in cui i ricchi hanno cambiato il mondo, dal mio punto di vista e per quello che ho potuto vedere nella mia generazione, non è certo per la noia, ma per il potere.

Poi non capisco io, come fai a dire che il discorso sulla natura è ideologia? Banalmente, io volevo dire che si può dissimulare verso il bene o verso il male, quindi una futura società utopica sarà basata lo stesso sull'oblio dell'artificiale che genererà una seconda (e non mai una terza) natura, penso che questo aspetto dell'uomo non cambierà mai, forse così sarà per l'individuo post umano, ma a te da altre cose che hai scritto altrove mi sembra che non piace la categoria del bene, e nemmeno del post umano, quindi la metto nel modo in cui la mettete tu e Cacciari:

la felicità non esiste!

questo è un po' il punto chiave, quindi la felicità terrena promessa delle utopie moderne è stata criticata principalmente in due modi.

1 perché banale e squallida, 2 perché impossibile.

Cacciari faceva l'esempio di Leopardi e Schopenhauer come esempi di autori che hanno mosso simili critiche, ma tanti altri ce ne potrebbero essere.

Quello che è importante notare, è che per entrambi questi problemi, quello per cui la felicità è impossibile, e quello per cui la felicità quando collegata a beni materiali o a definizioni della felicità stessa massificate, è falsa e squallida, la soluzione possibile è una misura della felicità: infatti la felicità terrena se "misurata", ovvero considerata, dal suo interno si polarizza in un meglio e in un peggio, per cui sarà pure vero che non si può essere completamente felici, ma ci possono essere modi sensati di quantificare, o meglio di calcolare, la felicità, al fine di per preferire un quanto maggiore di felicità piuttosto che un quanto minore, insomma un'arte del vivere che venga dalla mensura intesa più che in senso greco classico, in senso in senso ellenistico ed epicureo, e su tale arte del vivere potrebbero fare presa le utopie "riscuotendosi" così dalla critica che in precedenza avevamo visto, soprattutto dalla critica numero 2, impossibilità della felicità terrena; ma non è tutto, perché se invece consideriamo la felicità terrena come misurata nel suo complesso, non quindi una misura delle articolazioni interne della felicità terrena ma una misura della felicità terrena stessa come entità unica rispetto ad altro, ne risulta che questo uno della felicità terrena, si coniuga con i vari altro della felicità intesa nei modi considerati tradizionalmente più "nobili", come felicità in senso religioso, spirituale, estetico, artistico, erotico eccetera, insomma la mensura è anche misura del trascendibile rispetto alla trascendenza, o, in parole, più semplici, è il prima vivere e poi filosofare di aristotelica memoria, che se preso sul serio, è il presupposto, cognitivo e psicologico, e non il vano fronzolo, di tutte le altre forme di felicità, e così le utopie contemporanee potrebbero risollevarsi dalla critica numero 1, quella secondo cui la felicità terrena è squallida e intrinsecamente insufficiente: sia in risposta ad una critica che all'altra insomma, bisogna avere misura per avere relazione, quindi l'utopia non contende allo stato di cose presenti l'incremento all'infinito della tecnica, ma il momento propriamente creativo, che in negativo si può vedere anche come un oblio dell'artificiale che genera la natura, cosa di cui parlavo prima. Il fatto è che per Cacciari l'utopia é, di per se stessa, l'incremento all'infinito della tecnica e del sapere, è questo che la caratterizza, e quindi la distingue dalle forme chiuse delle scorrettamente dette "utopie" antiche, come la Repubblica di Platone eccetera, ma io sono su una posizione più barbosamente marxista per cui quello che davvero caratterizza la modernità è l'incremento all'infinito del denaro-capitale e la tecnica è al servizio, è ancella di questo scopo, scopo che non deriva dalla noia, ma semmai dalla lotta per il potere con tutta la conseguente gamma delle emozioni umane al seguito.
Quindi secondo me abbiamo, incremento all'infinito del denaro, da cui solo consegue, l'incremento all'infinito della tecnica, e il concetto di capitale è l'unione di lavoro vivo con lavoro morto, di "macchine" in senso lato e forza lavoro, quindi accanto alla tecnica come evento e fenomeno di cui parliamo da un po', non c'è l'uomo nella sua presunta libertà, ma l'uomo in una relazione sociale e di produzione ben determinata, quella del lavoro salariato: è per questo che la tecnica poi viene spesso recepita e descritta come un destino. Quindi è ovvio che io veda l'utopia come la rottura di questa relazione determinata che incatena l'uomo alla macchina e l'inizio di relazioni altre (tra uomini e uomini, macchine e uomini e macchine e macchine) al momento presente solo supponibili e immaginabili, e non come un competere di un modo di produzione su un altro, o di un' "idea" su di un altra, sul piano dell'incremento all'infinito della tecnica. Non dovrebbe essere una rottura della linearità del tempo, ma della relazione, quindi non qualcosa che riguardi i rapporti tra padri e figli o tra vivi e morti, ma tra fratelli, tra persone che in qualche modo si possano guardare negli occhi nella stessa generazione.
Ma penso anche che inevitabilmente, o almeno io da una prospettiva umana immagino questo come inevitabile, che, qualsiasi utopia seguirà al presente, il fondamento giuridico, o mitico, di tale utopia, sarà sempre meno importante dell'oblio del fondamento stesso e dell'assunzione della società umana come natura, questo finché l'uomo sarà uomo, insomma.

#2760

Federico may ha scritto:


Il nucleo originario, il livello più basso è il sesso penetrativo, l'atto sessuale di base, in cui l'elemento femminile subisce sofferenza (e da ciò trae piacere) mentre l'elemento maschile trae piacere dalla sofferenza inflitta al partner. Elevandosi di un livello, lo stesso mix di sofferenza e di piacere si ritrova estendendosi alle innumerevoli attività sessuali diverse dal sesso penetrativo di base, cioè il Sadomasochismo (SM), di cui l'atto sessuale di base è soltanto un caso particolare.

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Assolutamente falso che il sesso penetrativo corrisponda necessariamente ad una dinamica sadomasochistica; di per se è solo una stimolazione meccanica che dà piacere, magari in modi e tempi diversi, a entrambi i partner; insomma al netto dell'amore e del sentimento che possono esserci o non esserci, l'atto in sé è un po' come una masturbazione a due, che, se approcciata appunto con intenti non sadomasochistici, prevede che il poco dolore che si prova sia solo il prezzo da pagare per il piacere finale ed intermedio di uno o più spesso di entrambi i partner, assunto invece come obbiettivo. Poi se si è "cattivelli" ci si può andare forti apposta ed entrare in una dinamica specificamente sadomasochistica e trarne godimento, ma dire che tutti i rapporti sessuali tra uomo e donna siano necessariamente così è solo una grande generalizzazione ed esagerazione.



Perfino gli antichi greci, che erano pederasti e la cosa era considerata normale e anzi una fase di iniziazione ed educazione extra-familiare propria dell'elite dei cittadini liberi (pederastia come paideia), quando andavano con un ragazzino spesso non facevano il rapporto anale perché sapevano che faceva, ovviamente, male, e praticavano altre forme di unione meno dolorose in rispetto appunto del giovane partener, insomma se vuoi unirti con qualcuno senza fargli del male un modo lo trovi, poi se si è consenzienti a praticare forme anche soft di sadomasochismo tipo rapporto sessuale brutale, è un altro discorso...