Un caso antichissimo Ox. Un caso che rinnova delle domande ancora senza risposta a proposito della nostra condizione di "moderni".
Condizione, quella dei moderni, che ci sbilancia inesorabilmente verso la legge scritta, o giuspositivismo. Quella che Nietzsche disprezzava chiamandola "il moderno socratismo".
Credo che non esista una soluzione a questo dilemma, simile ad altri irrisolvibili (salute/malattia, libero arbitrio/determinismo, mito/razionalità ...).
Siamo dalle parti del pharmakon, che contemporaneamente cura ed avvelena, come magistralmente dimostrato da Girard a proposito del capro espiatorio.
Infatti concedere il predominio alla legge è stato un artificio, un metodo interessante per superare la guerra di tutti contro tutti. Il leviatano hobbesiano ne rappresenta la prima potente immagine.
Ma quel Leviatano sorge da un problema precedente, dalla "malinconia del sovrano", di cui parla Benjamin in "l'opera barocca". Ovvero nella fine della certezza che il sovrano fosse sempre la giustizia (wo ist das szepter da ist furcht). Il potere diventa riflessivo e riconosce la mimesi della propria violenza, identica a quella del brigante.
La legge scritta appariva come una soluzione, ma di breve respiro, appena qualche secolo. Perché anche nella legge scritta si può annidare la prepotenza e la violenza.
Il pendolo allora dovrebbe tornare ad Antigone, ma chi ci assicura che nel nome della "legge naturale" non si possano commettere i più efferati delitti? D'altro canto, la posizione legalitaria di Creonte fu duramente punita dalle Erinni, che condussero all'Ade suo figlio e sua moglie, per via di questa ostinazione a far rispettare la legge.
Il pendolo proseguirà la sua corsa. A noi spetta controllarne il cammino affinché non si blocchi da un solo lato, e l'unico criterio utilizzabile non sono tanto gli iura quanto piuttosto la prudentia o forse ancor più la Grazia, ma in questo modo torniamo a sfiorare il mondo mitico che il il diritto scritto vorrebbe addomesticare.
Condizione, quella dei moderni, che ci sbilancia inesorabilmente verso la legge scritta, o giuspositivismo. Quella che Nietzsche disprezzava chiamandola "il moderno socratismo".
Credo che non esista una soluzione a questo dilemma, simile ad altri irrisolvibili (salute/malattia, libero arbitrio/determinismo, mito/razionalità ...).
Siamo dalle parti del pharmakon, che contemporaneamente cura ed avvelena, come magistralmente dimostrato da Girard a proposito del capro espiatorio.
Infatti concedere il predominio alla legge è stato un artificio, un metodo interessante per superare la guerra di tutti contro tutti. Il leviatano hobbesiano ne rappresenta la prima potente immagine.
Ma quel Leviatano sorge da un problema precedente, dalla "malinconia del sovrano", di cui parla Benjamin in "l'opera barocca". Ovvero nella fine della certezza che il sovrano fosse sempre la giustizia (wo ist das szepter da ist furcht). Il potere diventa riflessivo e riconosce la mimesi della propria violenza, identica a quella del brigante.
La legge scritta appariva come una soluzione, ma di breve respiro, appena qualche secolo. Perché anche nella legge scritta si può annidare la prepotenza e la violenza.
Il pendolo allora dovrebbe tornare ad Antigone, ma chi ci assicura che nel nome della "legge naturale" non si possano commettere i più efferati delitti? D'altro canto, la posizione legalitaria di Creonte fu duramente punita dalle Erinni, che condussero all'Ade suo figlio e sua moglie, per via di questa ostinazione a far rispettare la legge.
Il pendolo proseguirà la sua corsa. A noi spetta controllarne il cammino affinché non si blocchi da un solo lato, e l'unico criterio utilizzabile non sono tanto gli iura quanto piuttosto la prudentia o forse ancor più la Grazia, ma in questo modo torniamo a sfiorare il mondo mitico che il il diritto scritto vorrebbe addomesticare.