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Messaggi - green demetr

#2821
Hai ragione Angelo!  :-[

Ancora una volta mi hai fatto pensare del perchè ho ignorato la parola "vita interiore"! 

Ma immagino che forse questa cosa non richieda chissà quali analisi:

E' perchè da tempo non ho più una "vita interiore". (ma ti ringrazio tantissimo, è sempre importante riesumare domande dimenticate).

1 - Una storia personale.

La mia crisi non è mai stata come la tua di tipo fenomenologico (Dio esiste o meno? ed esiste come lo possiamo intendere o in altro modo da intendere? ), bensì legato al sospetto, che fosse una narrazione per sottrarre soldi alla gente, per configurarsi come potere  per avere accesso al femminile tramite una co-optazione.

Un sospetto eminentemente politico, dietro cui ogni singolo "DEVI" delle religioni (sì anche quella indiana) si risolveva facilmente, in un "tu DEVI a ME", principio cardine di ogni gerarchia.

Ma questo non ha mai intaccato il mio sentire interiore. Forse all'improvviso mi piace leggerti proprio perchè anche tu seppur per vie diverse, ti stai ponendo il modo di ri-affronare la vita, prima che la teoria.
Riaffrontarla tentando di mantenere un filo rosso con "un vecchio amore".

Come si evince dalla radice però spiritualità è un termine compromesso, nato nel 1300, ossia molto avanti con il processo di secolarizzazione della ecclesia. (a proposito grazie, ho smarrito il mio zanichelli!!!)

Purtroppo questo nella mia vita ha inciso e tutt'ora incide, visto che la morale è ancora ampiamente sotto l'ala cattolica.

Ora per me nel tentativo di riconcilarmi con un sentire (che ovviamente col passare degli anni acuisce il senso dello svanimento, in quanto il tempo in gioventù è promessa e in eta matura è rimpianto) sto tentando di unire il messaggio metafisco con quello pratico.

2 - In effetti a mio parere se la filosofia è in crisi, la religione lo è ancora di più.

A meno che di non cambiare il quadro antropologico, che per esempio continua a resistere (ma ha subito colpi durissimi dal capitalismo) in India. Dove la sacralità si respira ad ogni piè sospinto.
Noi viviamo in tempi Buj, totalmente addentro ad una immanenza sorda (meglio sarebbe dire, che non sa ascoltare).
Se uno non riesce più ad ascoltare e ad ascoltarsi (ossia a intepretare le proprie trascendenze): come fa ad esistere una vita interiore?
Sopratutto ragioniamo: ma la sacralità riesce ancora a legare la socialità? (domanda mia, non tua, lo so).
E comunque in cosa consiste la vita interiore, seppure sia del tutto individualista? Quale il cammino solitario vissuto?

Perchè se è vero che la scala è reale, anche i vincoli sociali sono reali. (come conciliare un Dio che si fa immanenza, con i vincoli sociali? più che la scala, che voglio dire non so bene cosa c'entri con la divinità, con il sacro).

3 - Alcune Osservazioni

Ecco io non riesco a vivere una vita spirituale, forse è per questo che a me ispira la imitatio christi, e a te spaventa.
Perchè di fatto è una via, praticamente impossibile.

Come nella serie tv del "premio oscar" Sorrentino, il Papa Giovane, immagina: i fedeli sarebbero scossi, impauriti e si allontanerebbero dal credo.
Se veramente la vita coincidesse con lo spirito.
E' per questo che sono un debole, anch'io come tutti i miei fratelli cristiani. (noi possiamo solo "sentire", ma vivere.... quello è un rompicapo difficile!)

Ma questa era solo la mia di narrazione.


4-Le mie Domande per Angelo

Nella tua (narrazione) mi sembra che invece sia più legato ad un discorso di conoscenza.

E allora la tua vita spirituale in cosa consisterebbe : forse in un tentativo di trovare Dio, nel flusso stesso della vita?
(è una tesi di un altro mio vecchio amico, tra l'altro).

Certamente può essere, ma a me non torna mai, il quotidiano uccide qualsiasi tentativo di arte.

La violenza, l'ipocrisia, la superbia, l'individualismo cinico sono ad ogni svolta del "nostro tempo". Come può esserci Dio in tutto ciò?
No! la strada deve essere diversa, non può essere quella conoscitiva.

L'arte...l'arte come diceva sempre Carmelo Bene al massimo è una consolazione. Non ha nulla dei trasporti di un frate Cupertino.
Non ha nulla della vita reale. E in me Dio è reale. Non è una consolazione.
#2822
x apeiron

sono d'accordo con Lou, se il dubbio su cui ci dobbiamo interrogare è di carattere negativo, allora ci avvitiamo su noi stessi.
E per inciso è esattamente quello che succede a chi cerca una oggettività atemporale.
(tra l'altro mi viene in mente, che ci cerca il rettilineo sovente rimane chiuso in una spirale).

Forse apeiron puoi trovare l'oggettività nell'equilibrio di cui parla Angelo. Ossia una oggettività che ogni tanto ha bisogno di piccoli aggiustamenti, di modo che se la realtà è una curva, tutti questi aggiustamenti produrranno il risultato reale di una curva.
Ma nondimeno nel breve periodo son una piccola linea retta, o meglio dei punti fissi.
Forse per te che cerchi l'oggettività è un immagine che torna (e tra l'altro non è forse nei concetti di fisica che studi: la realtà come insieme punteggiato? o era la matematica? ;) boh)
Se invece la realtà che cerchi deve essere rettilinea, allora devi sperare che la realtà lo sia per davvero!
Molto suggestiva l'immagine della bici. :D  :D  :D
#2823
segmento 3 di 3 -   precisazioni, polemiche e prime conclusioni.  ;)


riguardo il par.5
Su Heidegger citi il medesimo mondo di appartenza, (sono arrivato solo alla fine del primo capitolo di essere e tempo, che a mio parere suscita una marea di quesiti ben più radicali di quanto non sembri, e su cui non concordo per esempio nell'utilizzo naive del concetto di tempo come universale: ma il tempo è relativo!).

Siccome non specifichi vorrei proporre un precisazione, che il medesimo mondo, è il mondo della medietà, fra ente ed oggetto.
Ma poichè la medietà è una proprieta dell'essere, allora l'unico ente in grado di comprenderla è quell'ente che è la medianità stessa, ossia l'Uomo.
Non sono sicuro che Heidegger convenga con noi perciò (nel senso che il soggetto dunque non soggiace a quella unità, semplicemente perchè l'unità soggiace a lui che la intende).


Dovremmo cioè e qui sta il compito della filosofia formale, intendere quel "soggiace", come una questione formale.
E che l'"unità" è il "domandante formale", non effettivo, non reale. Ci deve quindi essere la meta-narrazione, il controllo delle istanze di verità tra soggetto formale, e oggetto formale.

In questo paragrafo però non mi sembra che contenga elementi per la decidibilità del carattere formale.
(che desumo dal tuo attacco a tarsky)

riguardo il p.6

cit
"L'estrema conseguenza di questo è il decadimento dell'uomo come osservatore privilegiato."

Qua dobbiamo intenderci, perchè questa è la tipica posizione del neo-realista.
La cui ingenuità è quella di pensare a quella unità come reale.
E invece è "solo" eminentemente formale. (e perciò non ha alcuna rilevanza la polarizzazione tra soggetto e oggetto, in quanto abbiamo privilegiato il reale, che è una unità e non un dualismo).
Ma spero tu possa capire e correggere tale posizione.  :'(

Nel proseguimento dell'argomento sulla decidibilità introduci il concetto della cardinalità degli enti. Così da poter dire che un ente segue sempre un altro, ma che ogni ente è separato da esso. Penso sia una soluzione soddisfacente e ben addentro alla classicità della filosofia.   :D  :D  :D

Spezzerei una lancia in favore di Platone, in quanto la cardinalità è esattamente quello che introduce sulla scorta del suo maestro Pitagora, come elemento di indagine.  E che fa da paio con quanto scrivo sopra.
http://www.filosofico.net/numer37.html

La polemica che tu indichi a mio parere è esatta nella misura in cui intendiamo che le idee e i numeri siano quelli ideali.
E non quelli reali.
In particolare forse tu (come me) rigetti l'idea che l'ideale possa avere una valenza etica che sia pre-ordinante il reale.
Ma ideale e reale per Platone non coincidono. (se ho ben intuito sono gerarchici il secondo al primo)
E' il matema che decide del reale, esattamente come stiamo cercando di accordarci noi altri



Non ho capito bene la tua posizione su Kant, mi sembra una grossolana considerazione.
Cosa c'entra l'idealità con la cosa in sè (mi pare tu ci veda un parallelismo)?
:'(


Idem su Nietzche intendere il nichilismo come nonsense sulle cose, piuttosto che sui valori, dimostra quanto poco hai presente del discorso Nietzchiano. :'(  :'(  :'(  :'(  :'(

Comunque al di là delle definizioni, conta la sostanza.(del formale, perciò sorvolo la questione del confronto con la storia della filosofia.)  ;)  ;D

Sostanza che torna di nuovo a trovarmi d'accordo su Hegel (autore da cui prendo spunto come te).  :D  :D  :D

Passiamo alla tua proposta di portare

cit
"Tesi dell'essere:
- L'unità è il principio di conoscenza;
- La verità è la possibilità di conoscenza;
- La realtà è la necessità di conoscenza.
Antitesi dell'appartenere:  (o Tesi dell'esistente).
- La realtà è dell'oggetto;
- La verità è del soggetto;  (che si scontra con un oggetto, sempre, ricordiamo)
- L'unità è di ogni cosa.
Sintesi dell'unione:
- L'unità di ogni cosa è il principio di conoscenza;
- La verità del soggetto è la possibilità di conoscenza;
- La realtà dell'oggetto è la necessità di conoscenza."

Molto interessante la sintesi. Complimenti.   :)  :)  :)  :)  (premierei sopratutto questo ultimo punto)

par.7

Dunque annoto verità di ragione, e verità sensibili.

Non trovo però elementi sulla decidibilità nuovi. Trovo cioè sempre il tema della cardinalità. ;)

par 8

Noto una debolezza della teoria, che era poi anche la debolezza kantiana. (quindi insomma siamo in buona compagnia). ;)  ;D

Se è decidibile che la soggettività esista, in quanto non può non esistere.

Diverso è il caso della oggettività, in quanto non possiamo dimostrare che è parimenti esistente.

Cioè la cosa in sè è indecidibile. (che è una falla che kant lascia aperta nel suo sistema, e che prova a coprire con la trascendenza nel critica del giudizio, fallendo a trovarla, e rimanendo trascendentale). (prigioniero del soggetto verrebbe da dire a me, o della ragione per i kantiani più radicali).
Rimane come d'altronde anche tu scrivi dunque la verità computabile, ovvero in sè. (che poi sarebbe la ragione in sè, o il soggetto idealista come dico io)



cit
"Così che non esista cosa che possa percepirsi fuori dagli apparati del sensibile – materia
universalis – o cosa che possa affermarsi fuori dai predicati dell'intelletto – ratio
universalis –. Si dice: - La "percezione" della materia è l'atto sensibile e primordiale di presa della
realtà (sulla terra responsum della realtà);
- L'"affermazione" della ratio è l'atto intellettuale e finale di presa della
realtà (sul cielo veritas della realtà)."

Vedi qua è un problema serio. Lo dico sempre ad un mio amico kantiano. Chi decide di quella "ratio"?
E' una petitio principii.
Se noi introduciamo la cardinalità (da pitagora in poi) poi non possiamo riferirci ad essa come testimonianza di verità.

Come spero di non sbagliare possiamo dire che la cardinalità è necessaria, ma non sufficiente per dimostrare la relazione di ragione.

Pensiamo solo ai risultati delle fisica quantistica, che intende il campo e non la posizione.

Il campo non è una cardinalità. Principio di indeterminatezza di Schroedinger.

Il tempo è una piegatura dello spazio. Principio di relatività di Einstein.

cit
"Cioè la ragione in sé a fondamento d'ogni cosa"

Ma questo è Hegel (oddio io rispetto tantissimo il maestro, anzi lo adoro  :)  :)  :) ) però il punto che cercavo non è quello amico mio! Ti sei perso sul più bello!  :'(



Cerchiamo di tornare sui nostri passi e di ricordarci cosa abbiamo detto.  8)

Che la formalità è un principio dell'unità, se non ci fosse formalità saremmo in una metafisica di primo grado.

Hegel è un metafisico infatti.

Ma all'altezza dei nostri tempi. La formalità va considerata solo come strumento di controllo, e non come strumento  veritativo.

Dovremmo a questo punto tornare sulla tua proposta, che non mi dispiaceva per niente.

Dicevi che dato L linguaggio la veritatività è etc....etc.....

Ora noi a questo punto dobbiamo interrogarci sul linguaggio e non sull'unità di razionalità in sè.

E' il linguaggio che decide della unità e non la ragione in sè, che usa quel linguaggio per ottenere una unità.

Possiamo ben dire in un discorso semiotico che predicato e realtà, siano deducibili come cardinalità.
E che la veritatività sta proprio nel fatto che è la riflessività di quella cardinalità. Se esiste o meno.
Ma non possiamo dire per via della cardinalità allora esiste una realtà. E' un errore logico, che la filosofia continua a perpretare contro se stessa.

Conclusioni

Ben venga un libro che parli della portante ragione in sè-fenomeno. (sono povero, attenderò qualche anno se verrà acquistato da qualche biblioteca milanese. il prezzo mi sembra onesto comunque.)  :'(
(sopratutto perchè non ho ben capito che differenza c'è tra razionalità e ragione in sè.)

Mi rimane un senso di incompiuto, e sopratutto non ho letto l'orizzonte Mondo che dovrebbe aprire.

La prassi, il paradigma, io lo legherei sempre ad un orizzonte. E non mi pare di averlo colto.

Rimane aperta la critica di Kripke, non  mi pare abbiamo risposto. (e d'altronde sono d'accordo con lui sul principio di indecidibilità formale che non prevede un contenuto.  (ps io ODIO kripke)

In generale però la composizione formale è ben fatta, e mi convince su molti punti. (non su quello fondamentali ahimè!)  :D  :D  :D  :D

Spero vivamente che continuerai a riservare qualche spazio a questo forum.
E nel frattempo ti ringrazio per i molti spunti.
#2824
parte 2 di 3 in cui anche tenendo conto delle mie polemiche finali vi sono paralleli molto forti con le mie posizioni

Allora definiamo la realtà dunque come adequatio rei et intellectu, e come coerenza a sè dell'interpretazione.

Sono assolutamente d'accordo, sopratutto perchè il punto su cui dovrebbe cadere l'interesse dell'intellettuale (maturo) è su quel "in sè" della interpretazione, per cui non potrà che essere che formale.
L'in sè deve essere formale. E quindi a sè, a sè stante. Un invenzione intellettuale (che tu aggiungi deve essere coerente, e mi sta bene).  (mi rendo conto che non era questo quello che volevi intendere, prendi queste note come un parallelismo, se è possibile, e rimando invece a ulteriori approfondimenti, al segmento 3 direttamente)

Sul paradosso del mentitore, siamo parimenti d'accordo. In effetti era stato già risolto dalla logica: in quanto la categoria dei predicati è valida solo se non applicata a se stessa, quindi deve essere applicata ad un oggetto esterno.
Si ha sempre un predicato ogettuale, come dico io una funzione d'oggetto. Ma va benissimo anche la tua regola che il predicato deve essere coerente con se stesso.  :D

La realtà dell'oggetto garante del predicato, è la cosa in sè kantiana, non ritengo di aggiugervi ulteriori impianti concettuali.    anche se poi tu critichi questo concetto vedi poi

Non so cosa sia il diallele scettico, ma rimane la problematica di dire cosa è reale, senza cadere nella petitio principii. 8)

Anche se siamo d'accordo che lo scettico confonde il suo predicato con il reale. Dunque traspongo la tua formula nel mio impianto funzionale insiemistico (è quello che ho scelto io  ;) ).

Lo riscriverei così   Lf(a)=1 ; solo e solo se a < cosa in sè 

L'immaginario non aderisce alla definizione della cosa in sè, mi sembra inutile aggiungerlo.

Ti poni poi il problema della decidibilità della cosa, afferendo che di una cosa dovremmo potere dire sia se il suo reale, che l'impossibilità del suo essere immaginario (visto che lo hai introdotto), o semplicemente della sua irrealtà.  appunto il problema della decidibilità di tarsky

Successivamente torni ad argomentare sull'adequatio rei et intellectu. Proponendo la distinzione agostiniana della verità lucente del soggetto e della verità redarguitrice (?) dell'oggetto.  :)
Qui certamente si sofferma tanta filosofia contemporanea, in primis lo strutturalismo.(intendo il primo argomento, la verità lucente)  ;)

La logica di Tarsky come ogni logica formale non intende il senso di esistenza a onore del vero.

Comunque poichè necessitiamo di una nuova logica formale, va anche bene far notare come notazioni complesse come quella di Tarsky si risolvano in maniera banale per un filosofo.

Siamo a metà articolo. Direi che ci intediamo perfettamente.  col senno del poi mica tanto, ma le cose simili sono notevoli

Sullo statuto degli oggetti reali non mediati dall'uomo:
Infatti Heidegger parla di analitiche possibili infinite. Infatti ci può essere anche una analitica diversa da quella umana (Che concerne l'uomo specifico).
(essere e tempo).


Mi piace il tuo tentativo di salvare il costruttivismo, presumendo una unità in cui giacciono sia soggetto che oggetto.

Il punto che ti vorrei chiedere è però se tu sposi l'idea che questa unità sia a sua volta un oggetto.
(questo punto magari si intende meglio nelle critiche che faccio nel terzo segmento)
in effetti anche col senno del poi non riesco a ricavarlo

In passato in questo forum ho già avuto un violento litigio su questo punto, e in effetti la cosa che più detesto del costruttivismo o nuovo realismo come lo si voglia chiamare, è che si illude che di questa unità si possa parlare in maniera oggettiva.  diciamo che ho una flebile speranza che così non sia perchè la ragione in sè, ha un carattere oggettivo solo nel campo della relazione, che di oggettivo ha ben poco. O meglio l'oggettivo è la relazione.
Dunque è un in sè, che contiene un dualismo. Spero ma non sono convinto che sia così per te.


Se noi poniamo l'unità come relazione del predicato e oggetto. Siamo chiamati ad una doppia analisi del predicato e dell'oggetto.
Cosa che formalmente è indecidibile, a mio parere. (ma non è importante per i miei fini).
Cioè non è dimostrabile tout-court. (lato esistente sì - lato inesistente no, vedi segmento 3)

Ma seguiamo invece la tua contro-argomentazione (che in parte (o del tutto?) riferendosi a Severino, intendo benissimo).  :D

Finisco qui il secondo segmento. Nel terzo che si sta rivelando piuttosto ampio ci occupiamo di alcune notazioni erronee, e di possibili alleanze.
#2825
parte 1 di 3  utile anche per altri utenti, dalla 2 è un discorso privato.

buonasera ceravolo

Mi permetto di dividere il post in 3 segmenti. (tutti spropositatamente lunghi visto l'esito tiepido a cui giungo  ;) ).
Ma non è una questione di tempo, prenditi per favore tutto il tempo per leggerli con calma.
Ci terrei particolarmente ad un confronto. Che sebbene alla fine ci distanzierà come mi sembra, mi aiuterà, ne sono sicuro.
A rinfrescarmi le idee su questioni che sono bollenti.

Il primo segmento è di carattere generale, per vedere se riesci a trovare delle assonanze, qualcosa che caldeggi un nostro (seppure dilatato nel tempo mi par di capire) eventuale dialogo.

E' la prima volta che ti leggo, non ho seguito lo spiegarsi della discussione. (ma il tuo ultimo intervento mi ha colpito molto).  :D

Ho letto quindi solo i tuoi interventi e conoscendo più o meno il pensiero degli altri utenti, credo che la discussione sia ancora nella premesse.

E' invece per me un piacere immergermi subito nel discorso del formale dialettico.
(senza troppi preamboli, visto comunque la mole che segue di riflessioni  ;D  )

Penso che sia una porta da cui assolutamente passare per un rinnovamento proficuo del pensare, foss'ancor metafisico come nel mio caso.
E penso che sia anche una questione sostanzialmente per pochissimi eletti che la intendono.

Proprio per via della penuria di tali intellettuali, rinuncio alle mie argomentazioni standard (il ruolo della metafisica nel Mondo).

E procedo cercando punti di incontro o di aiuto nello sviluppo di un nuovo formalismo. (certo potrebbe benissimo essere un abbaglio, sarebbe un caso strano, se ci intediamo su una cosa così urgente per la filosofia, sono diventato cinico in questo  :'( ).

Spero che nel mentre scrivo, riesca a riformulare le istanze per cui ero arrivato a intuire della necessità per una nuova riformulazione. (purtroppo la penuria di contributi assottiglia il mio desiderio di confronto, raffreddando entusiasmi epocali a mio modo di sentire e vedere  :'( )

Non so se intuitivamente si riesce a capire, ma il punto è questo: si tratta di inventare le forme di una nuova metafisica, che io chiamo metafisica di secondo livello o di secondo grado, che faccia attenzione a non cadere negli errori delle metafisiche di primo grado.

Per cercare anche di capire se riusciamo ad essere più o meno vicini, provo ad aggiungere altri elementi per indicare l'emergenza assoluta che l'intellettuale riesca ad intendere la questione.

Punto primo: nessuno uomo può fare a meno di una metafisica.

Secondo punto : la metafisica di secondo grado non può che essere che formale.

e infatti tu (ti dò del tu, scusa) scrivi molto bene che

cit
"- La cancellazione dell'oggetto per la verità del soggetto è un dogma dell'ingenuo nichilista;

- La cancellazione del soggetto per la verità dell'oggetto è un dogma dell'ingenuo realista."

Il dogma in cui cadono le 2 metafisiche, è tale , e cioè ingenuo, proprio per la portante formale, che si astrae dalle loro narrazioni, perdendo consistenza.

Vedi Ceravolo, è la qualità dell'invenzione formale che deciderà sul valore o meno, dell'inadeguatezza o meno. delle metafisiche di primo grado.

Come dico io, si tratta di trovare una meta-narrazione all'altezza dei nostri tempi.

Ossia nel nostro mondo occidentale, del rapporto tra soggetto e realtà.

(Che poi non è molto dissimile dal problema tra trascendentalità e "cosa in sè".)

Ma ora dammi il tempo di leggere il tuo "unione tra costruttivismo e realismo"

ne trarrò nel secondo segmento alcune considerazioni mie, e domande per te.
#2826
Citazione di: Angelo Cannata il 09 Maggio 2017, 11:23:38 AM
Proverei a porre la questione nei seguenti termini.

Il dubbio è indispensabile al crescere, progredire, divenire. Esso non è altro che critica, cioè un mettere in questione, per poter esplorare altre possibilità: se non si dubita, l'esplorazione di altre possibilità finisce.

Ultimamente il mio pensiero si sta focalizzando su questo: il mondo è esplorazione di possibilità, a qualsiasi prezzo. In questa visione, il dubbio non è altro che una via di esplorazione.

In questo esplorare ad oltranza delle possibilità, da parte dell'universo in cui siamo e che siamo, viene esplorata anche la possibilità del dubbio totale generalizzato, cioè il dubbio paralizzante, che t'impedisce di prendere qualsiasi decisione perché ti accorgi che anch'essa può essere criticata, sottoposta a dubbio.

In questa prospettiva, anche la morte non è altro che una forma di dubbio che l'universo impone sulla vita, cioè come se l'universo si chiedesse: "Ma chissà se la vita è davvero il meglio delle possibilità? Proviamo anche con la morte". Lo stesso vale per la sofferenza: essa è quanto di più odioso ci possa essere nell'esistenza, ma per l'universo è solo una via da esplorare tra le tante. Procedendo in questa direzione, perfino l'ingiustizia, la slealtà, il tradimento, sono possibilità che l'universo fa affacciare nella nostra mente per mettere in atto la sua ricerca senza scrupoli di ogni possibilità.

In questa condizione di sperimentazione ad oltranza universale, in cui siamo cavie dell'universo, abbiamo la sensazione, non sappiamo se illusoria o meno, di poter dare un nostro contributo, dandoci da fare attivamente per favorire certe direzioni piuttosto che altre. Tutto ciò può apparire una condanna in cui siamo imprigionati, ma è possibile limitare questo essere condanna apprezzando questo cercare, sperimentare nuove possibilità, orgogliosi di potervi apportare un nostro contributo attivo. Dunque, dalla schiavitù del dubbio non è possibile uscire, ma possiamo apprezzarne gli aspetti che riteniamo positivi e provare a dare nell'universo i nostri microscopici colpi di timone soggettivi, verso ciò che ci sembra bene.

Ovviamente, di tutto ciò che ho appena scritto sto già dubitando e mi chiedo in che modo si possa fare e pensare meglio, eventualmente anche al prezzo di buttare tutto questo post nella spazzatura e ricominciare da zero, cioè similmente al morire che l'universo sperimenta sulla nostra pelle.

Dipende se è da buttare nella spazzatura.
Il punto sarebbe ma tu come lo senti il dubbio.
Come qualcosa che apre possibilità o come Blocco.
Perchè hai descrittp entrambe le possibilità.

Che in te convivano 2 così diversi modi di sentire?
#2827
Citazione di: Apeiron il 08 Maggio 2017, 21:42:43 PM
"Secondo la Bhagavadgita, è perduto, per questo mondo e per l'altro, colui che è «preda del dubbio», quello stesso dubbio che il buddismo da parte sua cita fra i cinque ostacoli alla salvezza. Perché il dubbio non è approfondimento, bensì ristagno, vertigine del ristagno..."

E io sono il "campione del dubbio", totalmente "impossessato" da esso. Mi servono evidenze, mi servono prove, la curiosità mi spinge continuamente a farmi domande e il dubbio mi ridesta dalle (false?) convinzioni che inevitabilmente mi faccio. Se la Verità è l'obbiettivo (irragiungibile) della ricerca filosofica (e umana in generale...), il dubbio è quello che ci permette di non ancorarci a mete temporanee. Per esempio Buddha cominciò a dubitare della propria "salvezza" quando ebbe quello che io definisco il primo risveglio: l'emozione del samvega (non spiego il significato perchè a volte penso di non esserne all'altezza, in italiano si può tradurre con "trasalimento"). Ma il dubbio è insidioso e maligno perchè distoglie da ogni percorso umano. Se si dubita di riuscire a trovare lavoro è quasi certo che non si riuscirà a trovarlo, se si dubita di sé stessi non si riuscirà a "fiorire", se si dubita di un cammino spirituale ci si blocca, se si dubita della propria capaicità artistica non si fanno più opere. Il dubbio è il nemico di ogni azione, buona o cattiva che sia. Sempre lì insidioso ad ogni pensiero, parola o azione il Dubbio è pronto a travolgerti. E più uno è attivo, più uno è vitale e più uno si impegna nel cammino, più il dubbio cerca di schiacciarlo e bloccarlo.

Come tutte le cose il Dubbio può portare buoni e cattivi frutti. Il Dubbio è l'unoco strumento per smascherare la falsità o per riorganizzare la propria prospettiva (ad esempio grazie al dubbio uno può avere un rapporto più autentico con una qualsiasi religione). MA il dubbio è anche sempre lì, meschino, pronto a ingannare. Si prende gioco di noi e ci fa continuamente pensare cose che non vogliamo. Ci vuole fare fare arrendere, bloccarci la strada.  

In sostanza la filosofia è in un certo senso "dubitare, testare, mettere in discussione". Si può davvero "mettere in discussione" in continuazione? La filosofia dunque può passare dall'essere uno slancio per il miglioramento all'essere il ristagno assoluto, la catena che non si riesce più a spezzare perchè ormai la si ama troppo, quasi fosse una sorta di "Sindrome di Stoccolma"? Ebbene sì, il dubbio diventa un problema perchè in fin dei conti lo amiamo troppo, ma tale amore nasconde un artiglio. Il ristagno.

Come vivete voi l'esperienza del Dubbio?

E' da tempo per me, che il dubbio non torna più come emozione, trasalimento.

Il dubbio però è iniziato in terza liceo, ed è stato proprio un trasalimento.

La miccia di un decennio di riflessioni incompiute e mareggiate sentimentali.

E' stato un amico prezioso, un faro. Non l'ho mai sentito come qualcosa di negativo.

Dovrei rispondere del perchè ad un certo punto della mia vita (vicino ai 30 anni) si è spento.

Ovviamente non saprei dare mai una risposta esauriente, troppe componenti in gioco.

Credo che la grande lezione che arjuna ottiene da krsna sia la seguente.

Tu o principe, seppure hai mille perplessità e dubbi, devi continuare sulla tua strada.

Ossia il dubbio viene introiettato nel flusso vitale della persona, e offerto al grande gioco della vita (di Maya).

La visione indiana è estremamente giocosa e primordiale (quando la morte e la festa si univano armoniosamente, e in parte lo è ancora).

Devo dire che pur avendo perso la dimensione giocosa che quei testi descrivono (il ramayana, ma non solo) probabilmente inconsciamente ho assimilato quella idea.

Che il dharma, è questo scegliere di vivere (di lottare nel caso romanzesco), al di là dei propri dubbi che comunque fanno parte di quello che siamo.

Se invece il dubbio deve trasformarsi nel genio maligno cartesiano saremmo in una situazione che ricorderebbe il cane che si mangia la coda.
#2828
Citazione di: paul11 il 08 Maggio 2017, 18:50:49 PM
Provate ad andare a vedere il risparmio privato, E' quello su cui puntano. La quantità è nettamente superiore al debito pubblico
Uno dei problemi italiani è aver protetto i patrimoni privati  rispetto al lavoro, comprese le leggi fiscali.
L'italiano è risparmiatore per natura direi ed è quello che non può farci andare in default finanziario.
Quindi ci sono ragioni strettamente politiche sia in Europa che i Italia sulle modalità di tassazione che di scelte economiche di fatto, e non di proclami demagogici.
Eravamo qualche decennio fa  secondi al mondo dietro i giapponesi, dovremmo essere ancora fra le prime posizioni.
Altra statistica, le case di proprietà privata sono notevolmente superiori a quelle in affitto, è un'altra anomalia italiana.
Quindi grosse quantità di risparmio e grandi patrimoni.
Significa che il capitale è immobile, fermo, non produce reddito di lavoro, ma rendita.
Il problema diventerebbe smobilizzare i capitali immobili sia castigando le rendite patrimoniali aumentando le tassazioni che premiando il reddito di lavoro sia imprenditoriale che del prestatore d'opera, artigiano e professionista.
Affinchè cresca la quantità di società imprenditoriali, ci vorrebbe anche un sistema bancario/finanziario adeguato,
con bassi tassi di interesse sui prestiti per premiare il rischio imprenditoriale.
ma su  questo giocano le corporazioni in difensiva  e il motivo per cui la patrimoniale non è mai stata fatta è la grande pressione sulla politica ogni volta che la paventa. motivi elettorali quindi.

azz non bastava l'impennata l'IMU!!!

Dopo avermi portato via il lavoro, ora stai consigliando ai potenti di togliermi pure la casa?????
Paul!! :o  :o  :o  :o  :o  :(  :(  :(  :(  :(  :(  :(  :(

Incredibile!!!

Te l'avevo detto che il tuo pensiero filosofico gerarchizzante avrebbe prima o poi mostrato la falla.
Questa però è ENORME.

Leggiti anche Fusaro sul tema della Emigrazione come stato Costante.

https://www.youtube.com/watch?v=kYM_jMouriE

https://www.youtube.com/watch?v=Pyil22s9qE0


#2829
Interessante.

Per vita spirituale io ho sempre inteso qualcosa di aristorcratico, un disprezzo per le cose materiali, un vivere fuori dal mondo.
Invece intendo diversamente con la parola spiritualità. (me ne accorgo mentre ci sto pensando)
Intendo come lo zingarelli intende alla voce interiore, come qualcosa legato al mondo dello spirito.
Ma lo spirito per me si è manifestato come alterità totale, come qualcosa che mi sottende.
E' una sensazione decisiva anche per alcune scelte della indagine filosofica.
Spiritualità per me è dunque questa comprensione del mondo "altro".
Rispetto alle grandi narrazioni religiose, infatti per esempio, quello che cerco è dove cade il momento di questa alterità.
Qualcosa che insomma metta in parole una sensazione che dagli 8 anni non mi ha più lasciato.
Quale è la differenza con la filosofia? che la filosofia la ritiene qualcosa di materno, e invece per me non ha mai avuto questa valenza, probabilmente una volta era più paterno (d'altronde anche la religione induista ha divintà maschili).
Ad oggi caro Angelo invece è come se non avesse "gender".
La spiritualità come Nulla, è una sensazione che si acuisce sempre di più.
(un nulla che accompagna sempre, che conforta non so come dire).

La spiritualità come sfera della coscienza o come sfera del sentimento, invece devo amettere che non ha eco nel mio cuore (e nemmeno nel mio intelletto.)

Sarebbe interessante vedere lo Zingarelli cosa scrive (compreso il significato della radice, unico dizionario a farlo).
#2830
Tematiche Filosofiche / Re:Che è l'uomo?
09 Maggio 2017, 13:49:47 PM
Citazione di: paul11 il 09 Maggio 2017, 13:25:06 PM
Citazione di: maral il 09 Maggio 2017, 10:25:31 AM
Vedo che tutti siamo più o meno d'accordo sulla necessità di trovare un equilibrio tra razionale e irrazionale. Però da inveterato provocatore mi viene da pensare che questo equilibrio non è semplicemente il razionale a stabilirlo. Ossia non è con un calcolo razionale dei pro e dei contro che lo si riesce a determinare. Credo sia piuttosto attraverso una riflessione su di sé acquisita con un attento e paziente esercizio di automodulazione in cui l'aspetto mentale razionale è solo uno dei fattori in gioco.
Si tratta forse di arrivare a conoscere la propria irrazionalità e quindi a comprenderla razionalmente per vedere come essa alla fine comprenda sempre la razionalità che la conosce.
..... ed  ancora sono d'accordo.
E' proprio l'insieme di più fattori a costituire la complessità umana e forse questa che descrivi Maral è l a più difficoltosa: fare una sorta di oggettivazione della propria soggettività, è l'introspezione per rimodulare se stessi. E quì si aprono difficoltà, perchè al fondo noi ci chiediamo "siamo nel giusto o nello sbagliato, ci stiamo rimodulando bene o male per capire se stessi e il mondo?"
E' questa difficoltà a mio parere ad essere  incolmabile: è il limite umano, perchè non basta più solo l alogica.

Il punto non è sulla razionalità, che è sempre presunta, ma sulla soggettività.

Il modello che ne nasceva da questa consapevolezza di fine 800 è la nuova fenomenologia.

Il cui punto focale era la questione dell'intenzionalità.

Poichè anche quella che viene chiamata irrazionalità è invece all'analisi una conseguenza razionale. Un calcolo che avviene eminentemente nella intenzionalità.

Si tratta dunque di de-costruire l'intenzionalità.



#2831
Per senso critico, io intendo la capacità analitica di comprensione. Tanto essa sarà maggiore, tanto il soggetto sarà più definito.
Più il soggetto è consapevole, più aumenta la sua capacità razionale.
Quindi la razionalità è proporzionale al senso critico.

Ed è lì che la battaglia intellettuale diviene aspra a mio vedere.
Per esempio non capisco perchè Maral debba escludere il nostro modo di sentire.
E' invece proprio il modo di sentire che decide ampiamente della qualità della comprensione.
In quanto ogni nostro sentire è legato alla formazione di quello che noi chiamiamo Io, ossia il soggetto.
L'esautorazione dell'Io, del soggetto, con le sue emozioni, con le sue relazioni, a cosa porterebbe?
Lo hanno descritto ampiamente (fra gli altri) Focault e Agamben, che parlano chiaramente di bio-potere.

Ma andiamo a fare qualche considerazione su alcune domande che hai portato all'attenzione (e che per me andrebbero ri-comprese ovviamente), qui mi limito dunque a qualche nota a margine).

cit acquario
"si potrà mai arrivare ad una conclusione che comporta la conoscenza della "cosa in se" o se non piuttosto un ripresentarsi ogni 

volta, cosi da rimettere sempre tutto in discussione in un processo senza fine?"

Vedi la cosa in sè risponde ad un modo di pensare dualista, se io conosco solo una parte, ciò significa che vi è sempre un intero da qualche altra parte.
Di fatto per il pensiero dualista non si arriverà mai ad una sintesi, perciò la cosa in sè non verrà mai raggiunta.
A mio modo di vedere è semplicemente l'effetto dell'applicazione di una logica. (quella dualista appunto).
Il punto (per me e per esempio) è qui non vi è alcuna consapevolezza, e dunque nessun senso critico.

cit acquario
"Se si avvalora questa ipotesi sopra allora si dovrebbe dire che non esiste nessuna conoscenza ma che tutto e' inconoscibile (?)..nonostante pero non si capisca il motivo che spinge comunque al chiederci delle cose o in definitiva alla conoscenza stessa."

Esatto acquario, come vedi se ci limitiamo a farne una questione di mera consocenza, non intendiamo minimamente le nostre esigenze 

come uomini, esigenze che ogni essere umano ha in sè come potenziale, come scelta. (la scelta di senso, la scelta valoriale).

cit acquario
"ma se esiste in noi questa tensione alla conoscenza allora si dovrebbe presumere che questa esista,perche se cosi non fosse da dove e per quale motivo si originerebbe?"

Esatto! Ma è proprio nell'origine che si decide della destinalità dell'uomo. (ossia nelle sue scelte, nelle sue emozioni).
In questo senso la com-prensione, ossia la quantità di "cose" disvelate, maggiore sarà, maggiore sarà il suo grado di suscitare emozioni e possibilità di scelta. (e in quel delta di possibilità che risiede nella criticità, la battaglia intellettuale, se sufficientemente intesa).
Se invece cerchiamo un sistema formale (dualista, riduzionista etc.) che sostituisca la nostra capacità critica, andremo verso errori, ed errabondaggio sempre pià disumani. In quanto l'errare è sempre dell'uomo, non di alcuna logia, matesi, geometria.

cit acquario
"Sul fatto che determinate cose ci risultano inconoscibili non vuol dire che non esistano ma che non siamo arrivati ancora conoscerle..sei d'accordo?"
Ascolta, è su questo genere di domande, che a mio parere l'uomo rischia di immolare la sua libertà.
Non tanto per la domanda in sè, che penso chiunque possa ragionevolmente attendere che venga posta e risolta.
Quanto per la logica che la domina.(di cui sopra)


cit acquario
"(ma sono qui apposta per discuterne criticamente  :)  ) che la conoscenza significa apprendere (o com-prendere?) cio che già esiste ed e' sempre esistito,indipendentemente da noi e indipendentemente dal soggetto."

Possiamo ragionevolmente concordare che questo tipo di conoscenza (che non dipende dal soggetto, ma dall'esperimento di laboratorio)sia valida ed esistente.
Ma il fatto di sostiuire le emozioni umane con le sue leggi, per dare adito al nuovo pensiero ideologico disumano, a me non suscita l'idea di "pensiero critico."

ciao!

ps leggo ora la risposta di maral (con cui non concordo per tutto quanto scritto sopra, e con cui concordo nella teoria delle prassi), trovo bizzarro che a entrambi è venuta l'idea dell'erranza umana. Mi ha fatto sorridere. :)
#2832
Credo Garbino che ci dobbiamo metterci d'accordo su alcune cose, sennò il fronte della discussione diventa troppo vasto.

E' ovvio che per Nietzche la politica contro i dispositivi non serve a nulla.
A me Agamben (e Focault) servono "solo" per intendere l'aspetto nascosto del potere.

Sono 2 discorsi diversi.
Quello dei 2 latini possiamo ascriverlo al politico sociale (delle rappresentanze).
Quello del Sassone è invece ascrivibile al singolo, al soggetto. (il soggetto contro lo stato per l'esattezza).
Possiamo dire che Nietzche sia un socialista che prevede un periodo anarchico di resistenza.

Questo per quanto riguarda il politico. Ossia il pensiero politico.

Ridurre Nietzche al discorso politico ovviamente non ha senso, ma se introduciamo elementi politici nella discussione, ritengo sia valido usare degli strumenti opportuni.

Tra l'altro anche Focault e Agamben non possono minimamente essere ridotti al solo discorso politico.

Detto questo non ho quindi ben capito in cosa consista la critica. ???

O hai un'idea politica diversa dalla mia, o hai mischiato (ai miei occhi sia chiaro, non in assoluto, se vuoi un discorso diverso dal mio ci sta, qua si tratta di capire anche che tipo di metodo si usa, e se vi è o meno un metodo) i discorsi.

Io distinguerei sempre il Nietzche politico, da quello ironico, da quello polemico rispetto a quello metafisico-etico che è quello maggiore.

Poi ripeto basta intendersi.

Frattanto sto cercando di seguire il tuo filo rosso (quello che spiegherebbe l'eterno ritorno....che mi sembra interessante anche solo come spunto )

ps

per citare la comunità degli amici, devi attendere dopo l'estate! devo fare un lungo lavoro di raccordo.
#2833
Tematiche Filosofiche / Re:essere e divenire
08 Maggio 2017, 18:13:32 PM
Cit Sgiombo
Ma casomai fra soggetti e oggetti in sé o noumenici.

Va bene stiamo parlando di fenomeni.
Ma allora dove risiede la bi-univocità di cui parli spesso? (si torna con le lancette del tempo a 2 anni fa)

Sto impazzendo  ;) : adesso c'è un soggetto? E in cosa consiste allora? (visto che è difficile che sia quello idealista di cui vado parlando da anni....ci saremmo intesi molto tempo fa!)


nb
il paradigma di Kuhn porta (a mio parere *) alla teoria dei modelli.
(https://it.wikipedia.org/wiki/Teoria_dei_modelli).
Non so forse nel marasma dei ricordi questo parallelo si è infiltrato clandestino.
(è da tempo che non ci ragiono ho appena scaricato il pdf consigliato.)

Per quel (molto poco) che intendo si tratta di teorie che cercano un  equivalente nel modus operandi pressochè infinito di predicati (siano essi fisici, matematici etc...)

Si tratta di proprietà eminentemente formali, che decidono il valore (variabile di verità).

E su cui un matematico di un altro forum di un'altra epoca mi aveva spronato a studiare.
(visto l'imbarazzante ritardo logico che la filosofia ha nei confronti della matematica: In ballo era il principio di non contraddizione, a suo modo di vedere già sorpassato nell'800)
Ma non ho mai ottemperato. (essendo il formale per me sempre e solo uno strumento che non decide della realtà).
#2834
Dipende poi caro Elektra da cosa c'è scritto sul manuale di filosofia.
Dovresti darci i riferimenti. Di Nietzche (purtroppo) vi sono centinaia di interpretazioni.

E mi sa che quello conta nella tesina finale. :'(

Invece se mantieni il discorso su un carattere generale dimostri una intelligenza che (a mio parere) va oltre la media dei tuoi coetanei. Questo è sicuramente positivo.

Ripeto siccome è una cosa che ritrovi anche all'università, più che alla tua opinione il riferimento va ai testi che hai fatto durante l'atto.
Si tratta di trovare una via di mezzo, tra il giusto riportare quello che dice il testo, e Partendo da quello Provare a imbastire un discorso più complesso e attuale.

Se poi sia giusto quello che dici, avrei parecchio da ridire, ma da un giovane mi sembra già TANTA TANTISSIMA ROBA. (come dice Paul siamo nella direzione giusta!)

Complimenti e vieni a dira la tua ogni tanto sul forum! (e ricordami che sei giovane, tendo a essere crudele  ::))
#2835
cit anthonyi
"Non so se ci sia qualcosa di segreto nei patti alla base dell'Euro."

Ti voglio aiutare. Delle decine, forse centinaia di video visti, questo è quello che preferisco.
(è pure contro keynes! che vuoi di più! ;) )

https://www.youtube.com/watch?v=3ols5fnvHjw

dal minuto 13 al minuto 14.Il fondo salva stati (con annesso il divieto di diritto di voto....).

Chissà cosa è successo da allora: era il 2012....(sono fermo con le analisi ad allora  ;) )

cit anthonyi
Quello che è esplicito però mi basta a farmi un'opinione e la mia opinione è che a noi Italiani conviene restare nell'Euro. Naturalmente sono anche convinto che la realizzabilità concreta di un'uscita, in un sistema democraticamente gestito (il quale ha quindi necessità di molteplici passaggi di verifica che durano tempo) sarebbe come un maremoto sul sistema finanziario Italiano.

Direi di più, il sistema finanziario italiano NON può più uscire per legge.(essendo inquinato dai titoli tossici).


cit anthonyi
Dal punto di vista tecnico c'è poi il problema dell'indebitamento associato al QE, a tutt'oggi circa 400 miliardi di Euro che, semplicemente, lo stato non ha e non potrebbe dare alla Banca centrale in caso di uscita...
porc! nel 2012 era 100 miliardi....che fonte hai preso? Rimane la predizione della Undiemi, che l'economia reale non riparte.
Ci tolgono il voto a quanto dice la Undiemi. :-X

Lol...Sti quattrocento miliardi li ripaghiamo in un 20ennio-50ennio! (sempre che riparte l'economia reale) oppure come mi pare la soluzione più ovvia, introduciamo una moneta locale, per far ripartire l'economia reale, e manteniamo l'euro per tutte le operazioni finanziarie. (cosa che mi sto inventando, non so se esiste una teoria economica che lo avvalli).
Rimarrebbe il problema della BCE e del MES.
Il governo italiano dovrebbe riuscire a farsi concedere la libertà di stampa di moneta, per quanto riguarda i beni di primo consumo.
(di modo da abbattere il problema esponenziale della disoccupazione).
(reintroducendo i servizi, che in questo momento sono in mano a "ditte che non ho ben capito chi sono....." )
Per il 5stelle non sarà facile. Ma delle soluzioni intermedie noi abbisognamo.
(verranno guerre per la sopravvivenza, manca poco)


cit anthonyi
....per cui in caso di uscita il Default sarebbe automatico.


Non ci fanno andare in default, stai tranquillo! ci tolgono il voto di poterlo fare. Come è successo in Grecia.
Non stiamo parlando di fantascienza. :'(

Si tratta di fare resistenza locale. ( e infatti non so se sai che ormai non si parla più di mondializzazione, ma di geolocalizzazione, ossia guerra locale.)
Si tratta di riavere una sovranità monetaria (foss'anco visto l'incredibile garbuglio giuridico, di sovranità "locale").

note sparse. pensieri estemporanei (ancora di più del solito  ;D )

Tra l'altro mi sembra già qualcuno vorrebbe dividere l'europa, in europa 1 ed europa 2, per evitare le ulteriori complicazioni con gli investitori esteri, con facilitazioni per gli stati più deboli. Per evitare le monete locali.

In realtà ci sarebbe il problema dei servizi e delle infrastrutture, che mi pare di annusare nell'aria, è in realtà il vero obiettivo delle speculazioni (Cinesi per lo più), privatizzazione degli ultimi avamposti statali.

Devo dire che è allucinante come sia vasto il piano della politica cinese, come abbia saputo attendere per oltre un 50-ennio, per sferrare quello che sembra uno scacco matto a livello globale.

La Le Pen è caduta (grazie sinistra francese!!! :( ), trump è già ostaggio, dopo nemmeno un mese dalle elezioni, rimane ultimo baluardo il 5 stelle.