Menu principale
Menu

Mostra messaggi

Questa sezione ti permette di visualizzare tutti i messaggi inviati da questo utente. Nota: puoi vedere solo i messaggi inviati nelle aree dove hai l'accesso.

Mostra messaggi Menu

Messaggi - niko

#2836
Tematiche Filosofiche / Re:evoluzione o involuzione
17 Maggio 2020, 16:32:14 PM

I virus non hanno vita perché non hanno automovimento, metabolismo o nutrizione, semplicemente inducono le cellule infette a produrre degli altri virus, quindi copie di se stessi, in condizioni in cui normalmente esse, in assenza di infezione, produrrebbero proteine, in pratica inseriscono nuove istruzioni nel meccanismo normale con cui le cellule fabbricano proteine, e lo cambiano per far fabbricare alle cellule altri virus, cambiando in piccola parte l'istruzione fondamentale alla base del meccanismo, quindi il dna o l'rna della cellula infetta.


Un virus è anche l'unica forma di vita che ha nella sua struttura o solo rna o solo dna, mentre tutte le altre, tutti  non virus, le hanno entrambe. Quando sovrascrive quel singolo pezzetto di dna o di rna che ha lui, e che in effetti è lui, nella sequenza di un non virus ha svoltato, perché quel non virus diventa una fabbrica di virus, in pratica cambia un'istruzione che normalmente ci sarebbe in una cellula, del tipo "adesso servono proteine", con un'istruzione che in condizioni normali non ci sarebbe, del tipo "adesso servono virus". Dall'istruzione scritta una volta, quindi da un solo virus che riesca a infettare una cellula, derivano migliaia di virus, come normalmente deriverebbero migliaia di proteine da una sola singola istruzione iscritta nel normale e inalterato dna della cellula. I virus in più stanno per un po' nella cellula, essendo meno utili alla sua vita di quelle che sarebbero dovute essere le normali proteine derivanti da una sequenza non sovrascritta, quando non completamente inutili, e quando essa muore, naturalmente o perché indebolita dal virus, si diffondono nello spazio circostante, potenzialmente infettando altre cellule e il ciclo ricomincia. Il parassita definitivo, il virus, non ha altro modo di riprodursi che non questo, e non fa niente da solo, per fare qualsiasi cosa di biologico da solo, come muoversi, nutrirsi o riprodursi autonomamente, dovrebbe avere la doppia presenza di dna ed rna, che appunto non ha, avendo solo uno di essi, e quindi è al limite tra vivente e oggetto, un oggetto autoriproducentesi grazie alla flessibilità e all'indeterminatezza di fondo del meccanismo di autoriproduzione dei viventi, autoriproduzione che dipende da una sequenza, che non è fissa ma che può essere cambiata da certi particolari eventi, appunto infezioni da virus, ma anche dal caso o dalla tecnologia. Non si può escludere che l'oggetto autoriproducentesi primario, il vivente, produca, volontariamente o no, alcuni oggetti autoriproducentesi secondari, che dipendono originariamente dal vivente per la loro comparsa, ma che una volta comparsi si continuano nel tempo identicamente a come si continua nel tempo la vita del vivente originario che li ha fatti comparire, basti pensare non solo a un vivente che ospiti e riproduca involontariamente virus, ma anche a un vivente evoluto che costruisca robot e automi, nati come oggetti, ma divenuti indistinguibili dai viventi (e quindi volenti la loro vita) a un certo livello di complessità, sia pure originariamente indotta.



Per quanto riguarda il discorso su evoluzione e involuzione, io penso che un essere perfetto possa creare solo al di fuori di sé, sennò non sarebbe perfetto, ma ciò significa che a partire dal bene, l'unico oggetto possibile di creazione è il male: pensiamo all'istante zero del tempo, al momento in cui un ipotetico dio creerebbe il mondo: lo stato iniziale del mondo in cui "ci sono" solo il nulla e dio, lo stato in cui Dio galleggia senza tempo nel nulla, tolto il nulla che logicamente deve togliersi, è lo stato del mondo in cui c'è solo dio; ma se dio è il bene, lo stato del mondo in cui c'è solo dio, è lo stato del mondo in cui c'è solo il bene: quindi chi avrebbe il coraggio di sostenere logicamente che a partire da tale stato, la solitudine di Dio nel nulla, già di per sé perfetto, si possa creare altro bene? Si può creare solo quello che non c'è, quindi da uno stato in cui il bene c'è, il bene non si può creare, si può creare solo quello che non c'è superando i limiti e le condizioni date dello stato iniziale, quindi il male: da un istante iniziale perfetto, si può creare solo il male; è intrinseco che la perfezione sia unica, se cambia, come stato perfetto del mondo, decade, il creato per definizione non è necessario, se il creatore è perfetto e parte da uno stato iniziale in cui è lui, il creatore, l'unico ente esistente.
Lui è il bene e crea fuori di sé, crea, cioè trae dal nulla, effettivamente l'altro da se, però c'è la foglia di fico di non ammettere che con ciò, con questo atto, crei il male. Ma che cavolo di altro deve creare un essere perfetto che crea qualcosa, qualunque cosa, fuori di sé, dico io? Se Dio è il bene, non crea il mondo, riconosce il bene in sé e si astiene dal fare altro. Se tu sei il bene, e galleggi nel nulla, l'universo, che al momento contiene solo te e nessun altro, è in uno stato complessivo perfetto -letteralmente, di solo bene senza male- che tu, con la tua azione "creatrice", puoi solo peggiorare, e se sei onnisciente, dovresti anche saperlo. Un dio creatore non è un dio buono. La religione può escludere il panteismo dagli stati successivi ma non può escluderlo dall'istante zero, se a un certo punto, il punto iniziale in cui il mondo non è ancora creato, c'è solo Dio, in quel punto, a quell'istante, dio è l'unico contenuto del mondo, quindi c'è almeno uno stato in cui Dio si identifica col mondo, anche volendo escludere tutti gli altri, quelli in cui il mondo è creato, e dio si può logicamente disidentificare da esso. Ma il punto in cui dio si identifica col mondo è anche un mondo perfetto, un mondo che ha il bene come suo unico contenuto, che quindi esclude, eticamente e gnoseologicamente, la sua modifica in favore della creazione di altri mondi, necessariamente imperfetti, caratterizzati da contenuti ulteriori oltre al bene, quindi in certa misura malvagi. Se ogni cosa è contenuto mondano, il bene non può essere all'origine del mondo, perché un eventuale mondo iniziale contenente solo il bene, in quanto perfetto, sarebbe rimasto tale, e invece tutti facciamo l'esperienza del male. Se invece qualcosa non è contenuto mondano, non esiste, e non può giungere ad esistere, e non può esistere in un senso che mi possa filosoficamente  interessare. Bisogna negare che lo stato nullo iniziale sia di per sé un mondo, per rendere plausibile che un mondo creato sia buono. Cioè ammettere che Dio, o il bene, possano esistere senza mondo, che pur esistendo in qualche modo, non siano contenuti mondani. Ma ciò che non è contenuto mondano, non esiste per me. In ogni caso insomma, ho seri problemi con la creazione. Dal male invece, potrebbe nascere il bene, per il suo stesso desiderio, il desiderio del bene, che nel male, cioè nella sofferenza, si avverte. Il desiderio del bene, se intendiamo quel del come appartenente al bene, proprio del bene, è un ossimoro, perché il bene è la felicità, e la felicità non ha desideri. Il desiderio del bene come desiderio di dio è una stupidaggine, perché si suppone che dio, almeno lui, stia bene, sia felice, e quindi non abbia desideri. Non voglia niente da nessuno. Il desiderio del bene logicamente possibile, quello non ossimorico, è nell'altro senso del del: il desiderio del bene nel senso di desiderio rivolto al bene, quindi il desiderio di chi soffre, di chi concepisce il bene  ma non lo ha, non lo sperimenta.  Un essere malvagio, o quantomeno desiderante, sofferente, potrebbe creare secondo la sua volontà, cioè secondo la sua personale idea di bene. Ma allora Dio è l'uomo in grande, è solo una versione più potente, e più arrogante, dell'uomo. E' volontà arbitraria, volontà come un altra, con il vantaggio relativo della priorità nel tempo, quindi volontà che fa le regole, che detta legge, legge a cui le altre volontà, in quanto volontà secondarie, non prime nel tempo, volenti o nolenti si conformano. E in quanto uomini, siamo sempre creati dall'uomo come esseri sociali, civilizzati. Creati dalla parola, soprattutto, e da chi originariamente la insegna, da chi ne è custode. E' l'altro uomo, in tutti i sensi, che ci fa essere quello che siamo.
#2837
Attualità / Re:COVID19 - I "congiunti" "disgiunti"!
29 Aprile 2020, 21:22:39 PM

Vergogna, bastardi, la mascherina il nuovo burka di questo paese di merda, su questa cosa dei congiunti e dell'obbligo di mascherina per chi "è in visita" o "riceve visite" sono così arrabbiato che non riesco a esprimere un pensiero elaborato...


penso solo a quest'idea folle che i fidanzati non coabitanti che finalmente si incontrano dopo mesi, secondo il genio Conte devono restare a un metro e con la mascherina... e dopo cinque moduletti di autocertificazione l'unico modo legale di trombare in questo paese è, e resta, quello di non essere "in visita", cioè di avere lo stesso indirizzo anagrafico della persona con cui si tromba. Un modello familista da milleottocento che così si può sintetizzare: "caro cittadino suddito, arrivi a casa tua, se ne hai una, e ti togli il burka -mascherina-, e le mutande." Altro modo legale non c'è.


E si basano sul fatto che questa legge verrà percepita come un aumento di libertà, perché nessuno rispetterà il dettaglio che non si possono avere rapporti sessuali in visita, laddove uno dei due non è a casa propria: non ci si rende conto della gravità assoluta del precedente, di quanto sia discriminatorio, classista, familista, sessuofobico, ipocondriaco e da stato etico quello che hanno avuto il barbaro coraggio di scrivere (i rapporti stabili preferenziali per legge, ma preferenziali solo fino a un certo punto, perché solo quelli stabili e coabitanti, hanno la preferenzialità massima graziosamente accordata dallo zar di tutte le Russie, cioè possono trombare). Mi raccomando, continuiamo a farci governare per dpcm, che questa è l'era dei sacrifici e delle responsabilità.
#2838
Storia / Re:Le guerre civili romane e la resistenza
28 Aprile 2020, 13:40:11 PM
Citazione di: anthonyi il 28 Aprile 2020, 05:23:24 AM
Citazione di: Jacopus il 27 Aprile 2020, 22:40:27 PM
Ed è anche per questo che continua ad avere tanti oppositori, perché agisce ancor oggi su una ferita viva, sulla nostra incompleta opera di costruzione dell'Italia come società condivisa, come casa comune.

Questa storia della ferita viva però sarebbe da approfondire, è mai possibile che quando senti parlare un nostalgico lui tende a precisare che si, è fascista, ma del fascismo prima del 38, prima delle leggi razziali. Dopodiché parli del 25 aprile e lui si sente offeso per la festa della liberazione. Ma se disconosce il fascismo dopo il 38, non dovrebbe a maggior ragione disconoscere la RSI ?




Parliamo di fascisti, quindi di gente che, condizionata da un'ideologia quantomeno gregaria, e da uno stile di vita quantomeno gregario, ha un concetto di giusto e sbagliato basato quasi esclusivamente sul dominio e sulla forza: per la stragrande maggioranza, quando dicono "sbagliato" intendono molto semplicemente "perdente", o al massimo "disfunzionale". Quando dicono "giusto", intendono qualcosa del tipo vincente, risolutivo o funzionale.
Quindi nel loro cervello -bacato- la guerra mondiale è sbagliata perché l'hanno persa, perseguitare gli ebrei è sbagliato perché non sono riusciti a sterminali tutti e ora i sopravvissuti li accusano.
Poi, accanto a queste cose manifestamente sbagliate, cioè che hanno tentato e non hanno funzionato, ci sono tutta una serie di cose giuste, ovvero cose con cui sono stati al potere vent'anni anche se alla fine hanno dovuto schiodarsi, quindi in cui qualcosa di "giusto", per come intendono giusto loro, ci deve pur essere stato: il partito unico, la guerra d'Abissinia, i patti lateranensi, lo squadrismo, lo stato di polizia, il carcere e l'omicidio per uomini come Gramsci, Amendola, Matteotti, Gobbetti e tanti altri, figli e oro alla cara patria, libro e moschetto Balilla perfetto, chi è lo stato? la polizia! chi è il capo? Mussolini!, eccetera.
In questa ideologia efficientista basata sul primato (per non dire primate, nel senso di scimmione) nazionale e sul risultato, milioni di persone, tra cui loro e i loro familiari, non si possono sacrificare, in guerra persa o in un olocausto, ma alcuni sparuti rompicoglioni per il piacere di bonificare l'agro pontino e far arrivare i treni in orario, certo che sì. Quando accusano il fascismo, lo accusano da fascisti.


E quindi niente, se capite cosa intendono veramente con giusto e sbagliato i "nostalgici", smettete di trovarli incoerenti laddove non lo sono. Si offendono per il 25 aprile perché alla fine credono di aver detto, e fatto, delle cose giuste anche loro, e gli sembra ingiusto essere tagliati fuori dalla celebrazione di una patria che dicono di amare.



#2839
Storia / Re:Le guerre civili romane e la resistenza
26 Aprile 2020, 23:16:40 PM
Citazione di: Jacopus il 26 Aprile 2020, 21:43:34 PM
Citazionegià il pretendere di ricordarli "affettivamente" e soprattutto "collettivamente" quei morti guarda caso proprio in certe date è bieca manifestazione fascista, secondo me... se si ammette che il movimento storico del fascismo non ha nessuna dignità ne onorabilità, e al massimo sono onorabili le singole persone che ne hanno fatto parte, si traggano le giuste conseguenze e si ricordino le singole persone con commemorazioni singole, e non raduni fascisti e nostalgici di nessun tipo, che sono volti a onorare la collettività dei morti in quanto tale, in quanto collettività, e quindi a giustificarne l'ideologia, e la coesione sociale fondata sugli ideali sbagliati che essi ebbero in vita..


Per Niko. Io non la vedo esattamente così ma, perdonami, devo partire da lontano. Una interpretazione corrente dei discorsi della prima deca di Tito Livio, di Machiavelli, indica come Machiavelli abbia sottolineato come punto di forza della civiltà romana proprio il conflitto fra le sue parti sociali. Si tratta di un rovesciamento della visione più tradizionale, per cui il successo di una società deriva dalla sua omogeneità e dalla mancanza di conflitti, perchè si è tutti protesi verso obiettivi condivisi.
Machiavelli invece propende verso la seguente spiegazione: essendo impossibile che una società sia animata da un'unica volontà ma si sviluppa attraverso diverse forze spesso confliggenti, la forza di uno stato è rappresentata dalla possibilità che il conflitto sia continuamente mediato da istituzioni che regolino il conflitto e lo "simbolizzino" invece che farlo esplodere nella violenza pura.
L'intento di Machiavelli era ovviamente quello di paragonare la virtuosa Roma, alla società italiana del suo tempo, dove, invece la violenza pura esplodeva in tutte le salse.


Nel nostro piccolo, dovremmo cercare di adattare questo sistema "machiavellico" a questa situazione. Tenuto conto che i fascisti, i criptofascisti, i reazionari continueranno a vivere in questo paese anche nei prossimi secoli, occorrerebbe almeno intendersi su procedure di accettazione reciproca, per cercare di superare questi conflitti latenti, che covano sotto la cenere e che molti settori della società non hanno alcun interesse a spegnere.
Un metodo alquanto fantasioso (o delirante) potrebbe proprio essere quello di accettare anche un ricordo collettivo e pubblico (non solo privato) di quelle vittime, che scelsero di stare dalla parte sbagliata e, in cambio, che venga riconosciuto il carattere violento e delinquenziale del fascismo. Non dovrebbero ovviamente essere le singole persone a fare questa sorta di scambio, ma i partiti e le organizzazioni politiche, almeno quelle più rappresentative, perchè non credo che si riuscirà mai a mettere d'accordo i piccoli movimenti di estrema destra.





Il fascismo non è un'istanza conflittuale come un'altra, che in presenza di controparti tolleranti e che non cadono nelle provocazioni possa essere simbolizzata e riassorbita nel contesto civile e democratico, arricchendo la società: è già di per sé, intrinsecamente, un passaggio alla violenza, che appena può uccide le controparti tolleranti, le incarcera, le aspetta sotto casa eccetera.


Non cerca nessuna simbolizzazione, neanche se eventuali altri (ingenui) gliela permettono, è un'istanza brutale di pura reazione, che punta direttamente all'instaurazione di uno stato etico e totalitario, quindi violento, ma non violento nel senso in cui poteva intendere il termine "violento" Macchiavelli, violento nel senso pienamente moderno e liberale del termine, quindi non voglio dire necessariamente violento contro la nuda vita, la tradizione, la cultura, la sicurezza pubblica e altri criteri con cui gli antichi identificavano la violenza: concedo che possono ben esistere versioni "illuminate" del fascismo che rispettino queste cose, questi aspetti, diciamo così, statici ed eternizzanti del vivere umano; dico violento sempre, in ogni caso, contro la volontà dell'altro e il diritto dell'altro di scegliere e di non identificarsi necessariamente e totalmente, come stile di vita e di pensiero, con lo stato, per quanto potenzialmente etico e giusto lo stato sia o si dichiari: se vuoi instaurare uno stato etico e totalitario, al limite, se tu che lo vuoi instaurare sei intelligente e persuasivo nei metodi con cui lo instauri, puoi rispettare la vita di tutti intesa come sopravvivenza, la cultura, il diritto a un'esistenza dignitosa, ma non puoi mai rispettare il diritto di tutti di scegliere, e di autodeterminarsi, come individui e come gruppi differenziati dallo stato e non in esso riassorbibili, il diritto di tutti a non essere formiche e robot, cosa che proprio gli antichi, Macchiavelli compreso, non avrebbero mai messo a tema, inquadrato specificamente come problema, tantomeno nel tentare di dare una definizione di cosa intendevano per violenza.


Il fascismo non accetta le istanze della rivoluzione francese, ci riporta a prima dell'illuminismo, ha una visione finalista e tradizionalista del mondo, in cui stante la conoscibilità e l'oggettività del bene, il rispetto dell'altro non è dovuto, ma il bene si deve imporre anche con la violenza sui "malvagi", che non lo accettano.
Con fatica abbiamo conquistato un punto di vista più moderno e disincantato, in cui il bene non lo conosce nessuno, e proprio per questo violenza è non rispetto dell'autodeterminazione dell'altro, del diritto di ognuno a cercare il proprio bene finché non nuoce all'altro.
Che i fascisti ci riportino a un mondo violento proprio perché loro hanno una concezione arcaica della violenza e non si rendono conto di essere violenti agli occhi di tutti gli altri per come la violenza è definita in un contesto moderno e liberale, come esclusione dell'altro, proprio non possiamo accettarlo, e da uno scambio (!?) con costoro  non abbiamo niente da guadagnarci, quantomeno perché il fascismo è già, per fortuna definito criminale e delinquenziale dalla nostra Costituzione, insieme alla guerra che del fascismo è sia causa che conseguenza, quindi, non avendo loro niente di buono da "concederci", nello "scambio" che noialtri non "abbiamo già" in questo senso (insomma non devono farci il favore di ammettere di essere delinquenti, perché noialtri lo sappiamo che lo sono, grazie -cit. Se il fascismo è un'associazione a delinquere, io sono il capo di questa associazione a delinquere, Mussolini sul delitto Matteotti-) se noialtri gli concedessimo qualcosa come onorare pubblicamente e collettivamente i loro morti, dovremmo concederglielo gratis, fuori da ogni reale scambio, e gratis a questa gente non si concede niente, non so se mi sono spiegato..
#2840
Storia / Re:Le guerre civili romane e la resistenza
26 Aprile 2020, 17:46:23 PM
Citazione di: Jacopus il 26 Aprile 2020, 16:54:43 PM

Per Niko. La pietà per i morti  nel senso non religioso che qui ci interessa, esiste non sui morti in quanto morti, ma sull'importanza affettiva che essi hanno per tanti viventi attuali. Solo riconoscendo questa importanza possiamo tentare di curare questa eterna contrapposizione. I fascisti vivi vanno combattuti, ma i fascisti morti hanno diritto a rispetto e alla memoria onorevole per chi li voglia ricordare. Questo proprio per distinguerci dai fascisti stessi.
Infatti, questo rispetto è proprio quello che i fascisti non hanno spesso avuto. Piazzale Loreto non fu scelto a caso. Un anno prima in quel piazzale furono fucilati dei partigiani che rimasero in quella piazza finché non iniziarono a decomporsi. Noi, liberali, comunisti, socialdemocratici, non possiamo mai abbassarci a questa barbarie.



Scusa ma la memoria dignitosa collegata all'importanza affettiva del defunto uno la può avere in privato per chi vuole, e i morti di cui parliamo sono morti da un sacco di tempo, e mi sorprende che ci sia (ancora oggi) tutta questa urgenza nel ricordarli "affettivamente" in un qualche tipo di spazio o di dibattito mediatico pubblico: per quanto uno possa essere attaccato a un parente della generazione dei nonni o dei bisnonni, quel lutto dovrebbe essere abbastanza remoto nel tempo, ormai..


quello che si deve evitare è comunque una commemorazione ideologica, appunto perché non ci fu niente di onorevole nel fascismo e nelle modalità con cui esso fu attuato, fin dall'inizio della sua storia, e anche a prescindere dagli eventi relativamente tardi ed estremi delle leggi razziali e della guerra...



già il pretendere di ricordarli "affettivamente" e soprattutto "collettivamente" quei morti guarda caso proprio in certe date è bieca manifestazione fascista, secondo me... se si ammette che il movimento storico del fascismo non ha nessuna dignità ne onorabilità, e al massimo sono onorabili le singole persone che ne hanno fatto parte, si traggano le giuste conseguenze e si ricordino le singole persone con commemorazioni singole, e non raduni fascisti e nostalgici di nessun tipo, che sono volti a onorare la collettività dei morti in quanto tale, in quanto collettività, e quindi a giustificarne l'ideologia, e la coesione sociale fondata sugli ideali sbagliati che essi ebbero in vita..


Per spiegarmi meglio, voglio dire, non siamo in una situazione simile alla guerra civile tra Cesare e Pompeo, e nella decisione di scegliere se commemorare o no la vittoria di uno sull'altro, quantomeno perché possiamo vedere le cose a mente fredda e immaginare che la storia romana nel suo complesso sarebbe andata in una maniera abbastanza simile a come è andata realmente se avesse vinto Pompeo, mentre se avessero vinto Mussolini e Hitler il mondo sarebbe, per quanto possa sembrare incredibile, peggio ancora di come è oggi...
#2841
Storia / Re:Le guerre civili romane e la resistenza
26 Aprile 2020, 11:49:48 AM
Citazione di: Jacopus il 26 Aprile 2020, 10:01:35 AM
CitazioneE' per questo che i morti partigiani e fascisti non sono uguali, non hanno fatto la stessa cosa davanti allo stesso comando e allo stesso problema


Ritengo invece che i morti siano tutti uguali e tutti meritano la stessa pietà. Furono i vivi a non essere tutti uguali e quindi serve distinguere fra chi fece una scelta di libertà e chi una scelta di oppressione. Ma il vincitore deve avere anche la mente aperta e domandarsi le mille ragioni che hanno spostato l'ago da una fazione all'altra. Non sempre è stato opportunismo. Le più disparate ragioni possono aver influito ed anche i fascisti sono esseri umani. Necessariamente dovevano essere uccisi, ma una volta morti, è altrettanto necessario ricordarci della loro natura umana, e dei mille accidenti che hanno condizionato la loro scelta.






Pietà può significare due cose:


1: Sentimento di dolorosa e premurosa partecipazione all'infelicità altrui.

2: più raro e letterario: rispetto per il sacro.

Ora, se intendiamo il significato uno, i morti, se si prescinde un attimo dalle religioni che credono all'inferno o a reincarnazioni negative, non soffrono, e quindi non meritano la nostra pietà. Da un punto di vista ateo, o agnostico, si può dire solo metaforicamente "ho pietà per il morto", nel senso di dire ho pietà per il vivo, che in vita si fa delle illusioni, delle speranze e invece davanti alla morte tutto finisce, e la stragrande maggioranza di quei sogni di gloria, non si avverano manco per niente.
Ma è così per tutti, non solo per i fascisti.
Il ricordo di uno, un combattente qualsiasi, di qualsiasi schieramento, che magari pensava, o almeno sperava, di sopravvivere alla guerra e morire tranquillo nel suo letto, è triste, è un ricordo triste, se si sa a posteriori che invece lo stesso che aveva questi pensieri e queste speranze è morto a venti anni con una pallottola in fronte.
Se pensiamo che magari davanti agli orrori e alla paura della guerra si consolava dicendo: "forse muoio, ma almeno se muoio sarò ricordato come un eroe", è triste il ricordo, se invece si sa a posteriori che costui era fascista e viene quindi, giustamente, ricordato come il contrario di un eroe.
Ma non cambio il mio ricordo e il mio giudizio per questo. Ancora di più, chi aveva questi sogni e queste consolazioni ha sprecato la sua vita, semmai è per quello che mi fa pietà. Ma è pietà per il vivo, e per il ricordo del vivo. Da morto tutto ciò non è più un suo problema, quindi se ricordo con più piacere dei morti che ci hanno insegnato più cose, e che ci hanno fatto progredire verso una vita migliore, come i morti partigiani, non vedo al morto fascista come ciò possa dispiacergli.

Se invece intendiamo il secondo significato del termine pietà, per cui i morti sono sacri, per me è l'ordine naturale che conta: i morti sono sacri perché fanno spazio ai vivi, la vita riesce a "volere", consciamente o no, la morte come mietitura e per questo la morte esiste, banale considerarla male necessario o incidente; ma questo ha senso solo se il raccolto è migliore della semina, ovvero, in altre parole, lo spazio "sacro" che ci lasciano (o meglio, che ci donano) i morti con la loro morte deve servire a migliorarci, e non a perpetuarci: mi interessa la morte solo in quanto permette la vita, in quanto permette la sopravvivenza, non penso di doverle alcun rispetto.
Il potere dei morti sui vivi è il mondo in quanto dato, in quanto seconda natura in cui siamo gettati; il potere dei vivi sui vivi è il mondo che costruiamo, che cambiamo: penso di avere il diritto di svalutare il primo per il secondo.


#2842
Storia / Re:Le guerre civili romane e la resistenza
26 Aprile 2020, 09:54:17 AM
Citazione di: cvc il 26 Aprile 2020, 08:25:17 AM
Citazione di: anthonyi il 26 Aprile 2020, 07:19:38 AM
Al di là dei numeri, che probabilmente viator contesterà, i morti non sono tutti uguali, da una parte ci sono quelli che hanno combattuto, o quanto meno hanno rifiutato di collaborare con il nazista invasore, dall'altra ci sono quelli che hanno collaborato con il nazista invasore sostanzialmente per combattere e vessare altri italiani, contravvenendo all'ultimo ordine ricevuto il giorno dell'armistizio dal capo del governo italiano: "Interrompere le ostilità con gli alleati e reagire alle ostilità provenienti da qualsiasi altra nazione."
Certo i morti non sono tutti uguali. Ci sono morti di serie A e serie B. Quelli di serie A sono commemorati e ricordati con tutti gli onori. Quelli si serie B devono a loro volta essere commemorati come traditori nel disprezzo in eterno. Se tu nel 43/45 fossi stato arruolabile e non avessi avuto un presidio partigiano vicino, che avresti fatto? O il disertore o il traditore della patria. O magari Rambo che combatte da solo contro tutti.
Io ho solo detto il mio parere. Che sarebbe ora di farla finita con questa storia, non serve a niente la retorica della liberazione a meno che non si trovi un modo per applicarla al presente. Siamo in un paese che è agli ultimi posti come libertà di stampa, dietro al Burkina Faso, però ci gonfiamo il petto coi fatti di 75 anni fa. Ma continuiamo pure a fare partigiani contro fascisti, continuiamo a celebrare la divisione dell'Italia. Continuiamo ad idealizzare i fatti del passato. Gli USA alfieri della libertà nel 45, hanno poi fallito clamorosamente 20 anni dopo nel Vietnam. Per arrivare poi alle fialette di Powell. Invece il mito del partigiano è eterno. Io ringrazio quelli che sono morti per la libertà e l'Italia, ma non idealizzo il partigiano. Anzi proprio per rispetto evito di citare fatti e letteratura a lui contraria che potrebbe portare a galla più di una pecca. Viva la liberazione si, culto del partigiano no.





Disertare, soprattutto una guerra d'aggressione ingiusta fin dall'inizio, (attaccare la Francia, e la Grecia, e la Jugoslavia, e un piccolo paesino eurasiano che solo a guardarlo sulla mappa si capisce subito che è facile da invadere come l'urss, per non parlare di tutto il fronte coloniale) non è tradire, o almeno non è tradire niente che non valga la pena di essere tradito.
Il culto del partigiano ci dovrebbe portare oltre la retorica di guerra, retorica secondo cui disertare (usare il proprio cervello per salvare la pelle in una situazione critica e magari invecchiare facendo l'amore, mangiando e godendo della vita) è tradimento di qualcosa o qualcuno, non si sa bene come ne perché.
A un certo punto, proprio come specie umana, si evolve, e si capisce che la retorica della guerra è una gran cazzata.


Lo stigma sul traditore e sul disertore è falso, uno stigma su chi ha fatto la cosa giusta nella storia, e almeno lui è rimasto fisicamente nella storia a perseguire i suoi piccoli o grandi obbiettivi nel tempo naturale di una vita umana, tempo non violabile per motivi banali, e non è morto come un coglione appresso a uno straccio di bandiera per la storia, cioè non è morto in guerra.


Il partigiano è il disertore in armi, per questo è l'eroe, eroe della razionalità del disertore che si impone sull'irrazionalità della guerra: dal culto retorico del


"sacrifico della vita per il bene superiore della patria: la mia vita vale solo se vinco, la vita del nemico non vale niente",


al culto reale e realistico del


"il mondo non si divide in vincitori e perdenti, la mia e altrui vita valgono, e le difendo dai pazzi furiosi che mi vogliono mandare in guerra contro altri esseri umani miei fratelli, se necessario sparando anche a codesti pazzi furiosi, cioè ai miei stessi comandanti".


E' per questo che i morti partigiani e fascisti non sono uguali, non hanno fatto la stessa cosa davanti allo stesso comando e allo stesso problema.


Dire che sono diversi perché avevano due diversi concetti di patria, o due diverse interpretazioni dello stesso concetto di patria è oggettivamente orribile (mi dispiace per i vecchietti che vanno alle manifestazioni del 25 aprile col tricolore), a questo punto meglio dire che sono uguali.


#2843

La poesia è usare il linguaggio per fare, non per dire...


Quindi semmai la fai per fare qualcosa che ha già fatto, qualcun altro... di solito peggio.
#2844
Storia / Re:Le guerre civili romane e la resistenza
25 Aprile 2020, 22:38:56 PM
Citazione di: viator il 25 Aprile 2020, 22:12:34 PM
Salve niko. Secondo me hai ragione nell'affermare che la Resistenza sia stata fenomeno nato dal disfacimento (stendiamo un velo pietoso sulle presunte motivazioni ideologiche da te addotte a giustificazione dei "disertori)) delle Forze Armate. Certo poi in essa sono confluite anche altre figure (tra le quali - per valutazione mia personale - includerei un 10% di disinteressati idealisti)




Quale velo pietoso? Disertare una guerra di aggressione ingiusta e disumana è il vero onore, l'aspetto che più merita di essere ricordato, e ci includo anche i semplici imboscati, oltre ai partigiani, tra coloro che si sono ricoperti di (vero) onore, salvando la pelle piuttosto che crepare "per la gloria di Roma", "per non tradire l'alleato tedesco" e simili amenità..
#2845
Storia / Re:Le guerre civili romane e la resistenza
25 Aprile 2020, 20:25:31 PM

Non erano italiani contro italiani, ma progresso contro reazione, democrazia contro dittatura, esaltatori sadici della guerra contro disertori armati.


La posta in gioco andava ben al di là dell'Italia, e anche della guerra civile ideologica mondiale di nazifascismo contro comunismo: la resistenza è nata dalla diserzione, incarnando il grande sogno pacifico (e non pacifista) del comunismo come già esso fu diserzione dalla prima guerra mondiale e rivolta contro l'autorità, zarista prima e borghese poi, che ordinava illegittimamente e irrazionalmente la prosecuzione della guerra.


Se il re del paese ordina ai suoi sudditi: "fate una corsa coi sacchi e vincete tutti" è evidente che il comando nella sua interezza non si può eseguire. Qualcuno arriverà primo, qualcuno secondo e così via. E il re sarà insoddisfatto chiunque vinca. E anche i sudditi, se hanno provato a eseguire il comando in buona fede.


Se il re del paese ordina: "costruite una casa e aiutatevi tutti a vicenda". C'è almeno la possibilità teorica che il comando venga eseguito, e bene. Quando la casa sarà costruita, saranno tutti soddisfatti, re e sudditi, se hanno provato a obbedire in buona fede.


Insomma il primato nazionale, la guerra per la guerra, non può valere come legge universale. Il comunismo sì.

Per questo si festeggia la liberazione. Liberazione dai comandi idioti dei re idioti. La resistenza è nata dalla diserzione.
#2846
Scienza e Tecnologia / Re:Inflazione cosmica
25 Aprile 2020, 17:23:30 PM

La cosmogenesi ha lo stesso problema della biogenesi: se si ipotizza un universo finito di spazio omogeneo e privo di materia in cui a un certo punto "avviene" il big bang, per postulare che il big bang sia un evento "unico", bisogna prima spiegare come l'avvento del big bang eroda, sempre di più, nello spazio precedente, la possibilità di un altro big bang, in modo tale che più il big bang si "consolida" come evento produttivo di conseguenze, più improbabile diventa l'eventuale "gemello" del big bang; esattamente come alcune teorie sulla biogenesi, che postulano che la biogenesi, come evento che si verifica a un certo punto sulla terra, eroda la probabilità stessa che la biogenesi avvenga ancora, in modo tale che la probabilità che la vita nasca da vita, "si mangia", con il suo stesso esistere e continuare, la probabilità che la vita nasca da materia inanimata, determinando così uno stato evoluto tardo e stabile, in cui è pressoché certo che una vita individuata nello stato tardo sia nata da vita, e pressoché impossibile che sia nata da materia inanimata. Il nostro ambiente terrestre è un ambiente in cui la vita non nasce dalla materia inerte, anche e soprattutto perché è un ambiente già modificato dalla vita: lo stato "antico" della terra, da cui la vita poteva sorgere spontaneamente, è stato definitivamente distrutto e trasformato da una serie di eventi, tra cui l'evento della vita stessa, per cui non ha senso chiedersi quanto le germinazione spontanea sia intrinsecamente probabile, ma quanto sia probabile in alcune condizioni date piuttosto che in altre.
Per quanto riguarda il discorso sulla ripetibilità o meno del big bang, ipotizzando che il big bang avvenga in un qualche tipo limitato di "spazio" precedente, è esattamente lo stesso: più il big bang ha prodotto conseguenze sullo stato omogeneo precedente, più è probabile che un secondo big bang non avvenga, determinando uno stato temporale tardo, in cui noi effettivamente siamo ed esistiamo (principio antropico, per cui questo stato tardo è un punto di osservazione privilegiato per noi), in cui è pressoché certo affermare che il big bang sia unico, è pressoché demenziale affermare che sia ripetibile, esattamente come le probabilità statistiche che adesso come adesso ci sono che un batterio dei giorni nostri, individuato nei giorni nostri, sia nato da un altro batterio, confrontate con quelle che lo stesso batterio sia nato a casaccio da un goccia d'acqua (certezza assoluta da una parte, contro impossibilità assoluta, dall'altra).


Se invece ipotizziamo uno spazio infinito, o molto più grande,  e un tempo infinito, o molto più grande, in cui possa a un certo momento e in un certo punto avvenire il big bang, abbiamo, grazie alla maggior grandezza di questo spazio e di questo tempo, la "non connessione" causale necessaria tra regioni ed ere lontanissime, perché il big bang possa ri-avvenire, o anche la biogenesi, possa       ri-avvenire; ovvero per quanto la probabilità di un big bang eroda la probabilità dell'altro big bang, e per quanto la vita eroda la probabilità dell'altra vita, ci sono sempre, alzando lo sguardo all'infinito, regioni distanti di spazio, ed ere distanti di tempo, "vergini", in cui questa erosione, di una probabilità sull'altra, che nasce da un punto preciso e si espande, non ha mai fatto, ne mai farà, alcun effetto, e allo stesso tempo quelle regioni possono essere "scosse", dalla loro "inerzia",  possono "vedere la luce", della vita o della cosmogenesi, solo da un'altra biogenesi spontanea, o da un altro big bang ulteriore ad uno già avvenuto, perché la vita meramente "portata in giro" da altra vita, o l'ordinamento dello spazio meramente "portato" dall'espansione decentrantesi a partire da un punto, non le raggiungerà mai. Pensare che il big bang possa riavvenire, è come pensare che un pianeta diverso dalla terra possa avere vita intelligente, cosciente ed evoluta, come conseguenza del suo stesso assetto come pianeta, e senza una colonizzazione aliena o terrestre a giustificare l'origine e/o l'evoluzione: altissimamente improbabile in uno spazio e in un tempo piccoli, con una quantità di materia presa in considerazione piccola, ma se pensiamo all'abisso dello spazio e del tempo, alla quantità inimmaginabile di pianeti, l'improbabilità si assottiglia, e diventa probabilità: ugualmente a seconda di quanto spazio e quanto tempo siamo disposti ad immaginare abbia a disposizione per esistere e per "essere", anche in senso filosofico, l'universo, o meglio il multiverso, il big bang può essere considerato un evento unico, o al contrario, ripetibile.


L'universo è una forma di vuoto, ma è immensamente differente dal vuoto (pensato come interno) che esso stesso come universo contiene, e dal vuoto (pensato come esterno) che lo contiene o lo potrebbe contenere (lo spazio prima del big bang, o lo spazio in cui si espande l'universo che si espande): il "resto" del vuoto, il vuoto non identico all'universo, non contiene, ovviamente, il nostro universo nella sua realtà e totalità, ma la generica probabilità, in quanto vuoto in cui possono "accadere" delle cose, di (ri)generare l'universo, o quantomeno un universo: quanto sia bassa questa probabilità, esprime quanto sia raro l'universo, o un universo, e più vuoto "c'è", e perdura nello spazio e nel tempo, più gli universi sono ripetibili.


Se tutto il vuoto non è uniformemente la stessa "cosa", ma al contrario alcuni tipi di vuoto  sono diversi e diversamente probabili da alcuni altri, l'estensione del vuoto nello spazio e nel tempo, quanto "vuoto" inteso come cosa in comune a tutti i vuoti in assoluto c'è, determina il ritmo, ovvero la frequenza, finita o infinita, con cui le varie tipologie di vuoto si alternano e si sovrappongono tra di loro, tipologie di cui il nostro universo è solo una tra le tante; e questo ritmo e frequenza, determina la risposta alla domanda se l'universo sia o no unico, se ve ne siano in numero finito, o se siano infiniti.
#2847
Citazione di: viator il 14 Aprile 2020, 21:32:55 PM
Salve niko. Citandoti : "A parte che trovo veramente stupido libertà sessuale scritto con "libertà" tra virgolette, ti ripeto, trovo certi tuoi argomenti inquietanti, perché non capisco dove vuoi andare a parare (ma anche "mentalità giovanilistica", "tempi appena trascorsi", come ti ho scritto prima)". ----------------------------------Cosa sia secondo me la scelta di fare del sesso (una facoltà consentita dalle Leggi a patto di trovare persona consenziente e circostanze permettenti)-----(non certamente un diritto od una "libertà" garantito da qualcuno o da qualcosa) te l'ho già spiegato, ma non lo capirai neppure ora poichè credo di conoscere la struttura mental-ideologica di stampo giovanilistico (la mentalità per la quale tutto ciò che esisteva prima della nostra nascita è superato, tutto quello che viene dopo è o deve essere "il meglio")...... la mentalità, dicevo, di chi, come te è nato nei tempi appena trascorsi (cioè, secondo la mia ottica, i DECENNI appena trascorsi).....cioè, per intenderci, dopo il 1968. -------------------------
E' quindi ovvio che quelli come te conoscano benissimo le parole (ho detto LE PAROLE, non I SIGNIFICATI) "libertà" e "diritti" (gratis per tutti ed a spese della collettività) ed ignorino i concetti di DOVERI e FACOLTA'. Saluti.





Si vabbè, a te forse andavano bene le "circostanze permettenti" il sesso che c'erano prima del 68...
io invece non le tollero nemmeno per il tempo di una quarantena non etimologiamente letterale, cioè che esuli dalla Legge
(L maiuscola) dei quaranta giorni...
#2848
Citazione di: viator il 14 Aprile 2020, 15:38:44 PM
Salve niko. Dal tuo ultimo intervento capisco quali sono le tue preoccupazioni attuali. L'ultima sembra essere il tentativo (non si quanto efficace) di contenere il coronavirus, in quanto prima di esso tu "piazzi" i timori per svolte autoritarie, la libertà di movimento, la "libertà" sessuale, l'integrità costituzionale. ----------------------------------


Stando così le cose capisco i tuoi appelli alla mobilitazione (possibilmente oceanica) delle masse che :


       
  • da una parte possano vigilare contro i pericoli corsi dalla nostra luminosa Costituzione, evitando tentativi di colpi di stato da parte del Ministero della Sanità;
  • dall'altra, provvedere a votare, attraverso democraticissimi referendum a cadenza quotidiana quali misure adottare o cancellare sul fronte della fastidiosa e limitante pandemia che disturba le nostre abitudini e libertà.
A questo punto.........................auguroni !





A parte che trovo veramente stupido libertà sessuale scritto con "libertà" tra virgolette, ti ripeto, trovo certi tuoi argomenti inquietanti, perché non capisco dove vuoi andare a parare (ma anche "mentalità giovanilistica", "tempi appena trascorsi", come ti ho scritto prima).


Comunque io non vedo come ciò che è intrinsecamente innaturale e disumano, alienante dal contatto fisico e dalla prossimità, possa diventare abitudine: c'è qualcosa di colpevolmente idiota nel definire certe prassi abitudini, laddove si parli di abituarsi (sì, ma...) all'orrore, e si voglia insistere sulla parola/abitudine appunto perché permette di tenere in riga un popolo di "abituati"per un tempo indefinito, per giunta illudendoli di fare il bene, mentre fanno solo il meno peggio: non è necessaria l'abitudine al male e non è necessario il tempo indefinito intrinseco nella parola abitudine, questo una civiltà evoluta, come noi non siamo, lo avrebbe capito al volo, e integrato nella comunicazione politica.


Quindi il tempo indefinito intrinseco sempre nella parola abitudine, si sarebbe potuto evitare dando dei tempi e degli spazi ai divieti anche a costo di cambiarli all'ultimo momento se non fossero andati bene, l'abitudine al male, intrinseca nella parola abitudine usata in questo contesto, si sarebbe potuta evitare evitando di insistere su una retorica compensatoria e surrogatoria,   tanto psicologico-consumista che informatico-tecnologica, di cui il sesso virtuale di cui parlava Eutidemo per fare una battuta che poi tanto battuta non è, è solo la punta dell'iceberg.


Che poi tutto questo sia autoritario, o pubblicitario, o semplicemente demente, non mi pare questo il punto fondamentale, infatti sei stato tu a parlare di autoritarismo, voto, manifestazioni... insomma capisci sempre quello che vuoi capire...
#2849
Tematiche Filosofiche / Re:La potenza del caso.
14 Aprile 2020, 15:43:01 PM
Io penso che ci sia un limite a quanto il futuro possa in assoluto differire dal passato, e a quanto un luogo possa in assoluto differire da un altro (chiamo questo limite congenericità della natura). Per questo il tempo (per quanto infinito) non si divide in epoche definitive non-ritornanti e lo spazio (per quanto infinito) in regioni isolate non-comunicanti, ma è tutto un circolo e una distribuzione ubiquitaria di omologhi.                                                                                                                                                                                                                                                                   

Certo, a volte ci stupiamo di quanto il futuro possa differire dal presente, perché non ne abbiamo la visione complessiva, però a me piace pensare che se l'infinità del tempo non mi ha impedito di nascere, ci deve pur essere un ordine in questa infinità: se ogni attimo almeno tra quelli che ho dietro di me differisse dall'altro infinitamente, e se tutti questi attimi fossero infiniti nel senso di innumerabili, l'eternità, o meglio la perennità, del tempo che ho dietro non sarebbe mai trascorsa, e io non sarei mai nato. E quello che vale per l'infinito passato, cioè per una perennità, dovrebbe in linea di principio valere anche per l'altra, per l'infinito futuro.                                                                                                                                                                                                                                                 

A meno che naturalmente il mondo non abbia inizio da un punto preciso con Dio, con il big bang o con un colpo di bacchetta magica, ma questa è una banalità che da un punto di vista filosofico non mi ha mai soddisfatto.
#2850
Citazione di: Eutidemo il 13 Aprile 2020, 06:25:34 AM

Ciao Niko. :)
Hai perfettamente ragione: "non sono state date garanzie su quanto questa cosa durerà".
Pertanto, secondo me, bisognerebbe organizzare subito una bella manifestazione di massa contro quello stronzo di COVID19, affinchè, una buona volta, si decida a dirci quando ci lascerà in pace; e vedrai che il numero di contagiati diminuirà immediatamente ed il COVID19 ci abbandonerà per sempre!

***
Quanto al vaccino, ripeto per la terza volta quanto avevo scritto all'inizio: ""...sarebbe insensato attendere la scoperta del vaccino ed essere tutti vaccinati prima di riprendere a lavorare e ad uscire di casa per diletto".
Dico solo, però, che "Est modus in rebus!"

***
Quanto al riprendere a lavorare, ovviamente, mi riferivo alle attività necessarie per la sopravvivenza sociale ed economica; anche considerando che, come diceva Celentano, chi non lavora non solo non ha da mangiare, ma non ha neanche da fare l'amore.
https://www.youtube.com/watch?v=wHmt7pDq_Uo
Lavorare per produrre e poi comprarsi lo smartphone, almeno a mio avviso, è secondario; per me può benissimo avvenire più tardi o non avvenire affatto (come pure presa del campionato di calcio).
Ma lavorare per la sopravvivenza, individuale e collettiva, per me, è primario!

***
Il distanziamento sociale, non è a tempo "indefinito", bensì a tempo "determinato" da quando le circostanze consentiranno di allentarlo; il che è una cosa completamente diversa.

***
Hai invece ragione nel dire che gli amanti e le famiglie, ed anche gli amici, separati in questa situazione da muro di Berlino siano presenti nel discorso mediatico e politico sulle priorità; ed infatti, anche secondo ma sarebbe irragionevole non tenerne conto.
Ma sarebbe anche irragionevole non tenere conto di chi è morto (e sta morendo), per non aver osservato le necessarie precauzioni antivirus.

***
Nel discorso logico sulle priorità, peraltro, non si può non tenere conto del fatto che:
1)
Nei luoghi di lavoro ed in quelli  di approvvigionamento alimentare, farmaceutico ecc., si può limitare il rischio di contagio:
- usando le mascherine;
- mantenendo le distanze di sicurezza.
2)
Diversamente:
- fare sesso con le mascherine è un po' più difficile; ed infatti pare che il solo contraccettivo non preservi dal contagio del COVID19.

- fare sesso mantenendo le distanze di sicurezza, invece, è possibile facendolo con appositi "device" ONLINE, ammesso che lo si trovi soddisfacente.
[IMG]http://cdn-
<a href="http://www.imagevenue.com/MENWKVH" target="_blank"><img src="http://cdn-


***
Quanto alla "paura", non si sa mai dove si va a finire quando non si possiede la saggia paura necessaria per sopravvivere.

***
Quanto allo "stato di carcere o di libertà", dovresti cercare di capire che c'è una certa differenza tra un "carcere" ed un "rifugio antiatomico" (anche se imposto); in quanto, ovviamente, il secondo è precipuamente nell'interesse di chi ci sta dentro.
Ed infatti, per quanto concerne il COVID19:
1)
Nel caso di persone dotate di un minimo di buon senso e di un minimo di istinto di sopravvivenza, il "rifugio domestico" dovrebbe essere un'ovvia scelta personale.
2)
Nel caso di persone che ne sono prive, invece, il "rifugio domestico",  non può che essere imposto dallo Stato:
- nel loro stesso interesse;
- nell'interesse collettivo, perchè a nessuno può essere consentito, in queste condizioni, di andarsene in giro a contagiare il prossimo.

***
So benissimo quello che diceva Socrate a Santippe, ma, in determinati casi, bisogna rassegnarsi.

***
A parte il fatto che un tempo "indefinito" NON è come un tempo "eterno" (cosa, questa, molto chiara ai dannati dell'inferno), in questo caso, come ti ho spiegato sopra, si tratta di un tempo "determinato" da circostanze contingenti; le quali, come tutti gli epidemiologhi ci assicurano, per fortuna non possono che essere temporanee.
E saranno molto più brevi con uno stretto "lock down", come i fatti ci stanno dimostrando.

***
Un saluto! :)





In sintesi:


1 il rifugio antiatomico è identico al carcere dal momento che è imposto, la retorica non cambia la realtà.


2 non vuoi sublimare la sessualità e il contatto fisico andandoti a comprare lo smartphone e lavorando dodici ore al giorno, appunto, neanche io, ma rischiamo oggettivamente di fare questa fine (la fine dei robot, che hanno i loro sistemi naturali di gratificazione sostituiti con altri innaturali), da cui i miei interventi in merito.


3 il tempo "determinato dalle circostanze" è di fatto, come ho detto io, un tempo indeterminato (pane al pane e vino al vino, retorica non è realtà), anche se non eterno.


Ora, il diritto di un governo o delle regioni a sospendere la Costituzione a tempo indeterminato non esiste, da cui la temporizzazione (e la localizzazione) dei provvedimenti restrittivi con relativa comunicazione ai cittadini dei tempi (e dei luoghi), che non è incidentale e facoltativa, ma dovuta ai cittadini stessi da parte delle istituzioni, dato che la Costituzione, almeno in teoria, dovrebbe essere, e restare, vigente.
Talmente dovuta che semmai vanno rivisti di volta in volta gli spazi e i tempi in base all'evoluzione dell'epidemia, ma si dovrebbero comunque comunicare.
Questo (e non altro)
definisce l'emergenza come tale, il fatto che lo stato d'assedio si sovrapponga alla Costituzione, e non la sospenda.
Il colpo di stato invece, come evento che trascende l'emergenza, è esattamente la sospensione della Costituzione a tempo indefinito, con cui alcune (singole) istituzioni, come schegge impazzite, si arrogano diritti che non hanno ("diritto" di sospensione a tempo indefinito del diritto di tutti, che semplicemente non esiste e non è contemplato dall'ordinamento). Dal caos, emerge solo il tiranno.


Dobbiamo cambiare abitudini ci dicono (il mantra), cioè dobbiamo prendere abitudini anticostituzionali (malvage, almeno rispetto a un precedente punto di riferimento) al posto di precedenti abitudini costituzionali (buone). Proprio il tempo indefinito definisce l'abitudine come tale, come non temporanea, ovvero chi vuole imporci l'abitudine robotica non si sente in obbligo di comunicarci i tempi, dando per scontato che sia possibile vivere come robot, che questa sia un'esperienza come un'altra (ho già spiegato in che senso intendo come robot e non vorrei ritornarci).
La comunicazione dei tempi definirebbe come dignitosa -in entrambi i sensi- la scelta individuale (dell'individuo davanti all'emergenza) o di prendere un'abitudine (emergenziale) temporanea, o di ritirarsi -fisicamente e moralmente- dalla scena della vita sociale e aspettare che tutto ciò finisca (e la Costituzione sia effettivamente ripristinata); davanti a un incubo, per alcuni potrebbe essere meglio il sonno senza sogni. Invece c'è lo stigma, e l'eclissi mediatica e rappresentativa, contro chi l'abitudine "temporanea", pur senza rompere i coglioni a nessuno e rispettando per quanto possibile le regole, non la prende ed è fiero di non prenderla, che nasconde la convinzione, conscia o inconscia, che la nuova abitudine spacciata come temporanea, sia invece permanente o indefinita, cioè eticamente quantomeno neura, invece che intrinsecamente malvagia, rispetto all'etica e allo spirito che ispira la Costituzione.



La libertà di movimento, di riunione, sessuale eccetera, non è opzionale, ma concerne la realizzazione dell'individuo e della società. Comprimere tutto ciò nello spazio e nel tempo (dare risposte precise su dove si può/potrà fare, quando si può fare, a che condizioni preliminari si può fare) ha molto più senso che (pretendere di...) sospenderlo a tempo indefinito. Sospenderlo a tempo indefinito è solo dittatura.