SEPARAZIONE DELLE CARRIERE
Approfondimento del terzo quesito, riguardante la separazione delle carriere dei magistrati inquirenti e di quelli giudicanti.
A quanto mi risulta il Portogallo è l' unico paese europeo in cui le carriere sono separate ma i pm sono indipendenti e garantiti da un Csm autonomo; in tutti gli altri Stati, invece, laddove esiste, la separazione delle carriere significa sostanzialmente che i pm sono sotto il controllo -diretto o indiretto- dell'esecutivo.
Però anche così, sembra che la soluzione portoghese non sia risultata ottimale; ed infatti, sganciati dalla cultura delle imparzialità e della verità tipiche del giudice, molti dei pm portoghesi, lasciati "liberi" di scorrazzare, si sono trasformati in mastini, superpoliziotti piuttosto "accaniti".
Tanto è vero che la classe politica portoghese medita di riunificare carriere e Csm per riportare un po' di equilibrio nella loro magistratura; in Italia, invece, molti si illudono di ottenere lo stesso effetto separandole (una vacanza di studio in Portogallo non guasterebbe).
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Al riguardo, rammento che il 16 marzo 2000 il Parlamento europeo approvò l' annuale "Relazione sul rispetto dei diritti umani nell' Ue" bocciando la proposta di Forza Italia, che intendeva propugnare la separazione delle carriere dei magistrati.
Rammento anche che il 30 giugno 2000 la Commissione anti-crimine del Consiglio d' Europa decise che: "Gli Stati, ove il loro ordinamento giudiziario lo consenta, adotteranno misure per consentire alla stessa persona di rivolgere successivamente le funzioni di pubblico ministero e poi di giudice, e viceversa, per la similarità e la natura complementare delle due funzioni".
Affermazione, questa, ribadita in successive risoluzioni UE, fino all'anno scorso!
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Per cui penso proprio che voterò NO, visto che non mi piace:
- nè l'idea di PM sotto il controllo -diretto o indiretto- dell'esecutivo (come probabilmente accadrebbe da noi);
- nè l'idea di PM indipendenti, ma trasformati in "superpoliziotti".
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L'idea di fondo del SI', in sintesi, – indubbiamente suggestiva – è più o meno la seguente: il pubblico ministero deve diventare un "accusatore professionista", e non può condividere le sorti del giudice, "imparziale amministratore della giustizia"; ma è un'idea che, almeno secondo me, non sta in piedi, per ragioni costituzionali, culturali, processuali.
Ed infatti:
a)
L'art.107 primo comma della Costituzione, infatti, sancisce che la magistratura è considerata unitariamente, in quanto: "I magistrati si distinguono fra loro soltanto per diversità di funzioni", e non certo per "diversità di carriera" (che è una cosa completamente diversa)
b)
Ai sensi dell'art. 106, primo comma della Costituzione, tutti i magistrati godono di un comune retroterra ideale e culturale, perché debbono concorrere – sebbene in modi differenti – all'esercizio della giurisdizione e alla ricerca della "verità giudiziaria".
c)
L'attuale art. 358 c.p.p. attribuisce al pubblico ministero anche il compito di "svolgere accertamenti su fatti e circostanze a favore della persona sottoposta a indagini", e non di perseguire esclusivamente l'accusa a suo carico (come accade nei Paesi nei quali esistono carriere distinte).
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In tal modo, i PM sono posti il più possibile al riparo da tentazioni isolazionistiche e da malintese "concezioni messianiche" del proprio ruolo accusatorio, maturando e perfezionandosi sempre immersi nella stessa cultura giurisdizionale, della tutela dei diritti fin dai prodromi di ogni processo (segnatamente penale) e non soltanto nel corso e all'esito di quest'ultimo.
Cosa accadrebbe di questa autodeterminazione, oggi votata alla tutela del "favor libertatis" – anche grazie alle altre disposizioni di rito concretizzanti il principio della condanna "beyond any reasonable doubt", se il pubblico ministero fosse configurato quale "avvocato dell'accusa", anziché "parte pubblica" del processo; e, cioè come autorità giudiziaria (sebbene non giusdicente), tutore della legalità in senso sostanziale ma anche processuale (dunque tenuto, se corretto nell'adempimento della propria funzione, a scongiurare la condanna dell'innocente)?
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Se al pubblico ministero spetta la ricognizione dei reati commessi, sarebbe esiziale crederlo – o peggio: prodigarsi per renderlo nei fatti – quale organo processuale monodirezionale, rappresentativo dell'interesse ad una condanna purché sia.
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E' una tentazione in cui spesso cadono anche adesso alcuni P.M. (malati di protagonismo), nonostante le dette garanzie costituzionali e procedurali!
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Figuriamoci cosa accadrebbe nello scenario di una definitiva dissociazione fra giudice e pubblico ministero; si avrebbe il rischio di una fossilizzazione della funzione inquirente su tesi sistematicamente colpevoliste, al quale non corrisponderebbe alcun beneficio per il sistema giudiziario.
Un "avvocato dell'accusa" per carriera, invero, non potrebbe mai incarnare quell' "amicus curiae" interessato a far prevalere la verità e arrestare in tempo utile la macchina giudiziaria, a beneficio dell'indagato: ed è difficile sostenere come la separazione delle carriere non provochi, nel pubblico ministero, proprio effetti del genere.
Come, appunto, sta avvenendo in Portogallo!
Se poi, a tale rischio, aggiungiamo quello di un possibile "asservimento", o "condizionamento" più o meno indiretto dei PM al potere esecutivo (come accade quasi dappertutto, laddove esiste la separazione delle carriere), a mio parere è assolutamente necessario votare - NO_ al quesito referendario in questione.