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Messaggi - green demetr

#2836
Tematiche Filosofiche / Re:Che è l'uomo?
18 Aprile 2017, 13:47:09 PM
x sgiombo

cit sgiombo
"Cerco di capire, ma continuo a non riuscirci.

Se per "rappresentazione" intendi (i fenomeni, le sensazioni mentali costituenti) "il pensiero dei (di altri) fenomeni predicati dal pensiero stesso accadere realmente e -se essi effettivamente accadono realmente- conosciuti accadere realmente" (in generale; e in particolare i fenomeni, le sensazioni mentali costituenti il pensiero, il predicato "io penso"), allora non vedo come lo scetticismo possa essere superato.
Infatti (con Hume contro Cartesio) ritengo che di tali sensazioni fenomeniche ("cogito"), come di qualsiasi altra sensazione fenomenica (anche di quelle materiali), l' "esse est percipi": di sicuro vi è unicamente il loro accadere in quanto tali (sensazioni fenomeniche; e null' altro di in sé, permanente anche oltre ad esse e dunque - distinto da esse, che ne sia il soggetto-oggetto (l' ego che cogitat – cogitatur); ed anche questa conoscenza certa certezza -se e quando accade-  è effimera, limitata al fuggente lasso di tempo presente in cui accade (in cui accadono le sensazioni fenomeniche costituenti il pensiero "cogito", dalle quali non consegue necessariamente l' ulteriore "esse" di un "ego")."

Certamente se l'in-se che tu poni nella argomentazione stia all'interno del fenomenico. Ma io prendo in considerazione l'in-sè come categoria dell'esistente, dell'essere, dell'esistenzialità (scegli pure il termine che più ti confà) fuori dalla rappresentazione.
Quindi non parlo dell'esse percepi. Dovresti capirmi meglio se uso il termine anima, spirito, Dio. Il fatto è che quei termini andrebbero ridefiniti razionalmente e non irrazionalmente come di solito si fa.Nella storia della filosofia l'hanno chiamato il problema dell'Essere, ma avrebbero potuto anche chiamarlo pinco-palla, in quanto riguarda qualcosa che è fuori dall'esistente fenomenico, e che ha a che vedere con la stessa categoria, universale di esistente. Qualcosa esiste, qualcosa è come se esistesse.
Come hai detto tu trattasi di una ulteriore congettura. Che io credo tu ritenga pretenziosa.
All'interno invece del campo fenomenico, la temporalità è ovviamente una delle molte sfacettature del discorso scettico.
Però ti faccio notare che hai usato nella argomentazione il termine accade, qualcosa se pur di effimero, accade.
E se accade dovrebbere in linea di principio esistere. Cosa sia non si sa perchè non si vede. Ma per esempio un Platone afferma che si puà udire, ascoltare nell'altro. E l'altro qua è da intendere proprio come esistente di una alterità assoluta.
Diffido di Platone, perchè non capisce che questa alterità in fin dei conti è una semplice categoria. Non è Il BENE!
(vabbè le ultime note sono per un pubblico più vasto, non solo per te Sgiombo, comunuqe...)


cit sgiombo
"Continuiamo a non capirci, purtroppo.
Per me la rappresentazione co-sciente non presuppone necessariamente un ipotetico "in sè", che per l' appunto é ipotetico, non dimostrabile logicamente -cioè "teoricamente evitabile", pensabile non essere reale "senza alcuna contraddizione di ogni categoria di esistente"- né tantomeno constatabile empiricamente).
 
Ma questo ipotetico "in sé", se realmente esiste, allora necessariamente, onde evitare una patente contraddizione, non può essere "rappresentabile (fenomenicamente per l' appunto", ma solo pensabile, congetturabile ("rappresentazione sensibile, apparente ai sensi, fenomenica" è ben altra cosa che "supposizione" o "congettura") senza alcun problema, a mio parere."

No hai capito benissimo, infatti per me è una congettura, la contraddizione sarebbe se fosse esistente come fenomenico.
Ma come ho tentato di spiegarti sopra è invece un esistente logico, formale se vuoi. Una mera astrazione.

cit sgiombo
"E senza per questo porre scarsa attenzione, se non addirittura ignoranza del problema dei rapporti fra cosa in sé e fenomeni, che credo invece della massima importanza filosofica.
 
Le cose in sé, infatti, se reali, avrebbero ben altra "consistenza" degli unicorni: questi ultimi (se la conoscenza scientifica è vera) sono fenomeni che si può dimostrare (se si ha sufficiente conoscenza della biologia) non esistono realmente, mentre quelle, se reali, anche se non lo si può dimostrare, esistono realmente."

Se provi a rileggere quanto da me scritto però ti comincerai a chiedere quale è la consistenza, la realtà di questa congettura, ossia della cosa in sè.
Se la cosa in sè esiste per sè, allora non potrà mai essere fenomeno.
Questo fu il problema su cui Kant stesso si arenò (mi informa un giovane amico) infatti per esigere che la cosa in sè abbia a che fare col mondo fenomenico, si deve inventare, ideare, fare astrazione su una relazione.
Ma quale relazione ci può essere fra qualcosa che è congettura e ciò che è fenomeno/realtà? se non appunto che una altra rappresentazione.
Nel mondo odierno conveniamo che sia la scienza a darne conto, con uno dei modelli verificazionisti da essa scienza ideati.
Ma il rompicapo è proprio questo che se una cosa in sè diventa rappresentazione-realtà, allora quella cosa in sè altro non sarà che una rappresentazione. Dunque la rappresentazione della cosa in sè, è di fatto la rappresentazione di una cosa, e non la cosa in sè.
Spero mi stai seguendo.

alcune notazioni di storia della filosofia.
Ci voleva una distinzione, che venne solo in seguito a kant che comunque aveva già apparecchiato lui stesso per tutti i filosofi a venire, quando si dice che kant è la ripartenza della filosofia, si parla ovviamente della sua invenzione delle categorie, degli apriori, e della cosa in sè.
Questa distinzione si chiama filosofia negativa, ossia la cosa in sè, è l'in-sè della sua contraddizione.
In sè è noumeno solo perchè non può essere fenomeno.
Le implicazioni sono quelle che la relazione è il frutto di una negazione infinita. Perchè se il fenomeno appare per quello che NON è, in quanto la cosa in sè è negazione, allora qualsiasi fenomeno è la negazione della sua negazione. Che non è come in matematica
 una doppia negazione, ma una negazione alla potenza. Ossia la relazione è una assoluta negazione che possa essere qualcosa, appunto che sia qualcosa d'altro, ma non il fenomeno stesso.
La rilevanza che vado dicendo se sia materia dell'universo degli unicorni o se sia la verità, è a mio parere frutto di una lunga meditazione sul nostro vivere quotidiano, sui fatti che ci succedono.
Quando ai giorni nostri si parla di filosofia dell'evento, non si parla tanto di un accadimento del qui ed ora, piuttosto del suo contrario, ossia che vi sia una eventualità, che questo accadere accade.
Ossia che non vi è una storia qualsiasi, ma questa storia, questo succedersi di cose, esiste una immanenza, che si descrive solo come 
 impermanenza, noi siamo solo perchè scompariamo, moriamo dirà infine Heidegger.
Ossia tutto ciò che è reale è razionale, a patto che sia una razionale negativo.


Tornando di nuovo a noi dunque possiamo certamente dire che laddove per te è importante la coincidenza fra cosa-in-sè e fenomeno, dove la cosa in sè diventa sinonimo di mentale, per me invece questa coincidenza è del tutto fittizia, in quanto si dà come relazione misteriosa, fra un dato e la sua causa, ove con causa si intende non la meccanica, ma il suo darsi formale-logico di co-relazione impossibile e dunque come relazione negativa.

In parole povero non coincidono eppure nella loro alterità sono correlate come negativo, o è l'una o è l'altro.
O è parte o è Universale.

Ma il punto che chiedevo, e solo ora mi rendo conto che effettivamente è una sedimentazione mia, forse troppo ardita per i limiti di questo forum, che in fin dei conti cerca di essere il più generico e intendibile.
Dicevo che il mio punto sta che per me, qualcosa non è la cosa in sè. Se fosse mera correlazione negativa, infatti non si capirebbe come mai esiste qualcosa di originario, e se esiste non può essere il tutto (che in hegel vuol dire il niente, e forse meno del niente, come dirà Zizek)
Ossia che esiste qualcosa che pre-esiste al riflesso o meglio come dico io, che accompagna.
La cosa in sè in fin dei conti è semplicemente una congettura di tipo logico categoriale.
Come potrei dire albero se non sapessi che esiste qualcosa d'altro, altrimenti chiamerei qualsiasi cosa albero.
Ma il fatto che esista in quanto qualcosa, foss'anche tutto albero, è il problema stesso del presupporre che esista una materia sottesa primordiale.
Era stato per Primo Aristotele a parlare di forma e sostanza. Ma è ovvio che quello che ci interessa non è mai la sostanza, bensì la forma che esso prende.
Rimane però imprescindibile che ci può essere forma solo se vi è sostanza.
La scienza Sgiombo si è così per dire ferrata sulle forme, sui fenomeni e sulle loro leggi.
Come avviene che qualcosa si formi. Ma la riflessione sulla sostanza è rimasta nell'ombra.
Ma d'altronde quando Aristotele parla di sostrato sensibile, non si riferiva proprio a quella cosa in sè.
Ossia ad una sua categorizzazione formale, logica.

La mia domanda è invece proprio su cosa consista la sostanza. Perchè se non riesco a decriverne nulla, ne va della stessa concezione di cosa sia umano.
L'unico ad averci capito qualcosina è stato heidegger, che vedeva nella medianità del rapporto con la sostanza, con l'essere dice lui, il problema di qualsiasi ontologia. Ossia dell'entificazione di quell'essere.
Noi siamo un ente, siamo qualcosa, che attinge da una dimensione evenenziale, la filosofia dell'ereibnis, è questa germinazione alla radura dell'essere. E' l'inizio della stradina nel bosco dirà ancora in Sentieri.
La nostra entificazione ha a che fare con questa dimensione abissale, con questa proiezione, con questo essere per la morte.
Noi siamo enti destinali, destinati alla morte.

Certamente se uno è interessato solo all'aspetto formale, delle forme, di come una fenomeno sia correlato, irrelato, relato, univocamente, biunivocamente, è lecito e forse anche meno complicato.
Ma non capiremo mai quale sia il suo fine ma solo i suoi mezzi, i suoi enti.

cit sgiombo
"Beh, di solito per "delirio" si intende un discorso fantastico senza denotazioni reali e non le asserzioni empiricamente non falsificate delle scienze.
Non so Tesla, ma non credo proprio che Einstein gradirebbe l' epiteto di "visionario".
 
Credo, da seguace di Hume piuttosto che di Popper, che sia razionalmente possibile dimostrare con certezza la falsità e non la verità delle leggi fisiche ipotizzabili.
 
Non ho capito le tue ultime considerazioni: credi forse che religioni, superstizioni e "affini" siano o possano esser considerati razionali o razionalistico il seguirli?"

Povero einstein, il termine è proprio infelice.
Non penso affatto che le considerzioni cui sopra possano essere considerate religione, al massimo fantasmagorie.
Questione di opinioni se lo siano o meno.
Le religioni io non le sopporto più.



cit sgiombo
"Continuo a non capire: i mezzi per perseguire scopi quali l' obbrobriosa pretesa imperialistica di esportare la (pseudo!)- democrazia" possono essere più o meno razionali e "razionalmente corretti".
Ma gli scopi si avvertono e non si deducono razionalmente."

Ma se gli scopi appartengono ad una presunta conoscenza, in questo caso di cosa sia la democrazia, e chi debba appropriasene, allora saranno deducibili razionalmente.

Nella lunga serie di cosultazioni ai membri del consiglio presidenziale, il problema non era quale era lo scopo ma perchè razionalemte non funzionava quel tipo di esportazione.

Lo scopo è semplicemente l'applicazione di una presunta conoscenza, quella della democrazia.

Quando dico che tutto è politica mi riferisco ovviamente al fatto che anche la conoscenza, non è una mera conoscenza, ma è una conoscenza che qualcuno ha deciso essere tale.

Ma siccome l'ideologia la spaccia per episteme, allora non mi rimane che conludere che allora ogni azione deriva da quella episteme.

Vi è una decisione su cosa sia episteme che poco ha a che vedere con la scienza. Per tutto quello che abbiamo detto prima sulla efferemità delle cose. E cosa c'è di più effimero di un uomo di una politica etc....???

Direi che sono epistemi assai deboli. Che hanno bisogno sempre dell'imboccata tecnica-tecnologica, magari un f-25 a ricordare a tutti chi esporta cosa.
L'f-25 non parte mica per una mera azione.

Non capisco cosa c'è che non capisci. Dovresti saperlo bene.

quello che intendo è che se tutto nasce da una politica, tipo faccio partire l'f-25, poi per convincere la nazione, invento una epsiteme, che dice che democrazia è quella cosa che deve essere esportata.
e che episteme è allora mi chiedo io??? :(

Con lo scontro di Eutidemo mi riferivo al fatto che lui leggeva la storia in chiave atlantista e tu in chiave filo-russa.
Ognuno di voi 2 si è riferita a fonti e uomini, totalmente in buona fede, ma senza porvi minimanente il dubbio delle fonti.il sottotesto alla vostra diatriba sarebbe stato chi decide cosa.


e ora penso che mi riposerò un pò!!!
scusa per la brevità delle ultime considerazioni.
#2837
Tematiche Filosofiche / Re:Che è l'uomo?
18 Aprile 2017, 12:04:07 PM
x Garbino  :(

cit Garbino
"Mio caro Green, ma che cos' è l' uomo se non un essere vitale e naturale? Come lo è qualsiasi forma vivente? E te lo ripeto io non vedo in ciò un sistema, un tutt' uno, ma soltanto un tentativo di dare a ciò che è vivo e naturale un' identità. Nient' altro. In senso metafisico sono con Nietzsche entrambe sono dei contenitori vuoti come l' essere."

Non capisco perchè continui ad usare il termine naturale con tale disinvoltura (con me per lo meno).
Mi fermerei al termine vitale, nel senso di partecipante della Elrlebnis della vita vissuta in carne ed ossa, secondo la famosa frase di Husserl. Penso non dovremmo essere troppo lontani come concettualizzazione.
Io non ti contesto niente a questo riguardo, al fatto del tentativo di identificazione cioè, ora però non capisco perchè hai liquidato il mio intervento così.
(Tra l'altro non so nemmeno come faccio a essere ancora sveglio, non ho chiuso occhio.)

La mia domanda (come fai a liberarti dai lacci culturali in cui sei immerso) non è mica per forza legata ad un sistema.

Che vi sia una possibile sistematica potrebbe benissimo essere un mio problema, ed esclusivamente mio.

Ma la domanda su come avviare il "nuovo", sarebbe lecita comunque, con o senza sistema.

cit Garbino
"E cosa vuoi che mi importi che a livello matematico si siano fatti progressi da gigante sull' infinito? Carta è carta rimane, come la quantistica e molto altro in campo scientifico. "

Non capisco questa volgarità che hai scritto, a parte che sei tu che hai fatto l'esempio matematico, io ho solo fatto una notazione a margine di quello che tu hai scritto. Non c'era nessuna critica occulta.

cit Garbino
"Contemporaneamente alla dimostrazione di Aristotele, ricordo, ancora prima di leggere Nietzsche, che mi trovai a confutare quella scienza meravigliosa che è la matematica, ritenendola troppo inficiata da criteri volti a superare le sue contraddizioni. E non dimentichiamo che la logica non è che l' applicazione della matematica al discorso. E mi sembra strano che proprio tu che contesti il ritrovare ciò che era dato in partenza, possa poi avere dei dubbi su quanto da me opinato. "

Continuo a non capire, ci deve essere stato un fraintendimento, io non ho dubitato di alcunchè ,mi sembra ,rispetto al matematico, che tu hai tirato in ballo.

cit Garbino
"Per quanto riguarda la logica, ripeto ancora una volta, sono con Kant che afferma: Non è possibile l' uso della logica nella Metafisica."

Ma infatti siamo d'accordo, se hai la pazienza di leggere la mia risposta a Paul (mi sembra) c'è un pezzo che dice esattamente lo stesso.

Lasciando da parte la questione del naturale, che prima o poi dovremo trattare, e che presupporebbe che mi informassi meglio su come nella storia della filosofia è emersa come problema (da Montesquieu in poi, mi par di ricordare, ma non ci giurerei, non è mai stato un mio "tema caro", ma mi sto accorgendo che necessita di una esposizione esauriente, se no rimane nebuloso).
E quindi presuppone che io mi sbatta per qualcosa su cui non voglio sbattermi.Sorry per la terminologia il sonno comincia a diventare tiranno.

Appunto dicevo tralasciando il naturale, a mio avviso non hai ancora esposto almeno approssimativamente la questione.
Per i chiarimenti poi c'è tempo! così per la volontà di potenza heidegeriana.
Faresti un favore a tutti credo esponendo il tuo sunto, la tua opinione, che appunto è figlio/a di un altro "sbattimento" (questa volta tutto tuo, e di questo ti ringrazieremo sempre).
#2838
Interessante, ma a cosa alludi con scherzare sulle paure.
Quali paure?

Mi viene in mente l'ironia inglese un pò macabra del comprarsi la tomba prima d'esser morti, e metterla in bella vista in salotto.
Poco altro....in attesa di ulteriori input saluto...ho sottratto un numero esorbitante di ore al sonno.  :-X
#2839
Citazione di: paul11 il 17 Aprile 2017, 10:16:04 AM

Manca la specificità dei riferimenti, così come hai scritto devo andare ad intuito.

Se per economia reale si intende materiale, immobili e mobili, merci,ecc) e finanziaria il solo denaro, la legge della domanda e dell'offerta continua ad avere la sua efficacia fondamentale nelle economie, ma sapendo che nella fattispecie nelle transazioni internazionali il peso delle monete, vale a dire il cambio, è importante e lo è tanto più la moneta è ormai svincolata dal rapporto fisico con l'oro, bensì il suo valore è determinato da un insieme di politiche economiche come gli indicatori de ldebito e del prodotto interno lordo, le politiche di abbassare o alzare il tasso di sconto da parte delle banche centrali e quindi di dare o togliere liquidità al sistema economica che porta come effetto l'aumento o l'abbassamento delle transazioni economiche e quindi della quantità di moneta circolante.

Si concordo, ma l'economia finanziaria è quella dei derivati. Insomma dalla speculazione, fare soldi su altri soldi.
Con il famoso effetto leva, che se compro 1 prendo 100.
Lo scambio monetario o i tassi di interesse sull'acquisto di beni lo ritengo all'interno delle politiche reali, nel senso di classiche. Quelle che non potevano prevedere la radicalizzazione di alcune strategie di monetizzazione bancaria.
Se io calcolo 10 monete che girano per l'europa e quei pazzi mi investono le monete per 1000....a voglia a trovare compratori!
Eppoi essendo moneta che compra moneta, la cosa è veramente surreale.
Non tanto sugli effetti a cascata, e cioè sulla loro narrazione alla "Wolf Street" il film di Di Caprio, che spero avete visto.
Quanto per quella contro-narrazione che si impegna a mantenere dei criteri che come tu stesso hai spiegato agli altri dopo Breton-Wood  è totalmente cambiata.



Citazione di: paul11 il 17 Aprile 2017, 10:16:04 AM
Si sta dando troppo peso alla svalutazione. Può essere all'interno della dinamica del ciclo economico, ma può anche essere una leva politica della banca centrale, perchè un effetto dell'abbassamento dei tassi può essere la svalutazione che può portare inflazione con una moneta di meno valore sui mercati valutari e che quindi abbassa i prezzi e i relativi costi di quella economia di quella moneta, rendendo competitivo il sistema.

Qualche anno fa gli USA pretesero l' apprezzamento e non la svalutazione dello yuan cinese. Quando la Cina ha  avuto per anni un PIL del 10%, perchè pur avendo una gran quantità di capitali stranieri che investivano in Cina ,l'economia andava molto forte e i cinesi compravano il debito pubblico statunitense i poteri centrali cinesi tenevano bloccato il valore dello yuan così che le merci che uscivano dalla Cina erano fortemente competitivi come prezzi.

Infatti è proprio quello che ho detto. Siamo in totale sintonia.

Citazione di: paul11 il 17 Aprile 2017, 10:16:04 AM
Ci vorrebbe una discussione a parte sulla storia, politiche del sindacato italiano e anche internazionale.
Cominciamo con il dire che sono legati, più o meno, ai partiti di riferimento, anche se oggi non lo sono più come in passato. Il loro ruolo è comunque subordinato al mercato del lavoro.Se ci sono molti disoccupati, calano le rivendicazioni e la strategia è difensiva, come oggi.

Dico la verità sono ignorante sulla storia dei sindacati, ma ho vissuto in prima persona il trattamento che mi hanno voluto dare.
I disocuppati li creano loro, e io sono solo uno di quei milioni, da loro non protetti, anzi prima mazziati e poi diffamati come non-lavoratori.
Una decina d'anni fa, mi mandarono via perchè disoccupato...(loro che avevano firmato per farmi essere disoccupato, quantunque io li pagavo proprio per non farlo....sono riuscito a lavorare solo un ventennio).
Non serve alcuna cultura quando certe cose le vivi, per capire il marcio che aleggia su quei buffoni.
Difensiva? lol, intendi dire conservativa delle loro poltrone, perchè la credibilità l'hanno persa da tempo.
Almeno a Milano è così, se poi a Torino ancora trovano chi li sostiene fino a farli tentare la via politica, non lo so.
Con me hanno finito di fare i loro giochetti.


Citazione di: paul11 il 17 Aprile 2017, 10:16:04 AM
Se il riferimento è l'eurozona, che ha alterato le dinamiche classiche del mercato, in cui il valore della moneta è unico per economie invece anche molto differenti, la dinamica è contraddittoria e si muove in maniera inversa.
Quindi i capitali fuggono da economie deboli dell'eurozona verso gli Stati più forti. In altre parole ci guadagna la Germania,non l'Italia.
Beh ma per forza, si cede alle minacce. Io però le proteste per l'abbassamento forzoso delle quote latte, o per quelle degli aranceti me le ricordo ancora!
Quindi vuol dire che una volta tanto deboli non eravamo, o sbaglio?
Poi ho smesso di interessarmi, quindi non saprei quanto siamo strutturalmente deboli nel presente.
Perchè chissà quante aziende avranno dovuto smantellare o ridurre proporzionalmente a quell'abbassemento le infrastutture produttive.

Citazione di: paul11 il 17 Aprile 2017, 10:16:04 AM
In un sistema classico con dinamica normale, la moneta italiana, se ne avesse, avrebbe già subito una svalutazione automaticamente.
Quello che forse è difficile capire  è che non ci sono più quelle oscillazioni e fluttuazioni delle monete prima dell'euro.Il sistema eurozona è "ingessato" internamente e non permette un reale confronto fra economie con diversi pesi e misure.Unificando i pesi e misure hanno costruito  una falsa eguaglianza economica.
La cosa potrebbe  funzionare se l'Europa fosse già politicamente unita in una federazione di Stati.

Che poi sarebbe La proposta di Tremonti, all'epoca silurato da Draghi e Prodi.Non mi interessa tanto la sua posizione politica, che comunque non mi appartiene, quanto il discorso economico che prospetta, e che mi pare congruo con quanto vedo e leggo da altre fonti.

Ma Tremonti spiega anche che la BCE non è nemmeno una banca europea! ma è prorpio una banca privata! questo non lo sapevo! e rende le cose ancora più chiare e di difficile soluzione contemporaneamente.

Questa Europa che non è capace nemmeno di avere un esercito comune (che dovrebbe essere la prima cosa per fare uno stato, vedi l'esercito garibaldino, un esempio su tutti), non ha dunque nemmeno un banca comune! Come si fa a prospettare una confederazione???
Tra l'altro visto che arrivo da un tour de force sulla geopolitica capisco anche quanto sia difficile per l'Italia sopratutto essere un tassello dell'Europa, visto che gli altri a ragione ci vedono come un cavallo di troia delle volonta imperiali americane.
E poi adesso c'è anche la Turchia a complicare le cose.
Insomma se l'idea era quella di fare uno stato forte contro le grandi superpotenze americane e asiatiche, qualcuno si è dimenticato di fare i conti con la storia di ciascun paese.
Insomma una narrazione che fa acqua da tutte le parti la si guardi, eppure funziona! Miracoli della società dello spettacolo!
(l'homo videns del recente Sartori scomparso, libretto un pò dozzinale, ma con il suo perchè (forte) nell'entroterra filosofico continentale (Francia e Germania, da Adorno a Focault).

Citazione di: paul11 il 17 Aprile 2017, 10:16:04 AM
Il livello di tassazione da parte di uno Stato dovrebbe essere il punto di equilibrio fra fabbisogno dello Stato stesso e il sottrarre capacità di investimenti al privato-Quindi un buo fisco dovrebbe tener conto di mantenimento e investimenti statali senza soffocare l'economia privata.

Assolutamente sì, ma appunto la mia domanda era per quelli che nel 3d fanno dei discorsi un pò liberisti, un pò liberali, figli di una narrazione che io proprio non intendo.
Dicono una cosa, poi prospettano soluzioni a caso, ma non fanno mai i conti con l'oste, appunto i rapporti di forza fra stati.
E ogni stato ha le sue tasse e le sue banche (e il suo esercito).Altrimenti non sarebbe Stato!

Lo spauracchio dell'uscita dall'euro e sulla perdita di investitori sono poi la più grande sciocchezza mai sentita.
la Cina che svaluta a manetta è comunque una delle prime nazioni non solo nell'export ma anche nell'import.
Svalutare la moneta è l'unica soluzione possibile, quale moneta svalutare è solo una delle migliaia di opzioni per l'uscita.
Potrebbe benissimo essere anche un altra moneta, non per forza la lira.
Ce la inventiamo di sana pianta e allora?

Un altro esempio, Trump vuole reinvistire nell'america, ma chi gli farà credito? La cina che avendo comprato i suoi buoni del tesoro (equivalenti dico dei nostri vecchi) dell'america intendo, ha deciso che investirà usando quelli e non più la moneta che è stata tassata da Trump, come ha già detto Paul.
Le manovre economiche sono infinite quanto l'intelligenza di chi le idea.E in questo senso i cinesi si sono rivelati dopo un lavorio oscuro che è durato dagli anni 80 dei veri e propri geni della finanza reale. Non dei derivati, che è una idea degli americani, altrettanto geniale, ma che ha innestato la più grande crisi mai vista per estension (quella degli anni 10 era durata 20 anni, ancora 2 anni e ci appaiamo a quella grande crisi, e scommetto che la superiamo. quindi per estensione e presto per durata).
Lo dico con una certo gusto, beffardo e paradossale rispetto anche alla mia condizione.

E sempre in attesa dei liberali di questo forum, mi facciano capire per favore!
#2840
Tematiche Filosofiche / Re:Che è l'uomo?
18 Aprile 2017, 09:06:51 AM
per Paul  :-\


cit Paul
"Noi siamo oltre quel cervello analogico che sa leggere i fenomeni, siamo oltre la strategia di caccia, siamo orami più cultura che natura, Se Green per politica, intende come senso molto esteso la cultura , allora ha ragione, ma erra nella sua argomentazione.
Noi umani abbiamo la capacità di astrazione che è propria del dominio metafisico, perchè è da lì che arriva logica e matematica,C' è qualcosa in noi che è prima ancora di esistenza e non riusciamo ancora a capire il perchè , il come:sono quegli apriori."

La politica non è esattamente la cultura! contiene in sè la mia critica a quella cultura, a quel suo voler essere metafisica, verità.
Ovviamente essendo critica si avvale strumenti della stessa cultura in cui è immersa, quindi possiamo ben intenderci, con questi distinguo.
La logica e la matematica nonostante esistano sempre scuole che vogliano dire il contrario e farla diventare metafisica, vedasi la scuola francese del progetto bourbaski, da Godel in poi è costretta a dirsi eminentemente formale.
Ossia ipotesi, modello, non necessariamente veritativo (e perciò stesso non è metafisica, la metafisica dice la Verità).
Gli apriori ti voglio ricordare sono quelli inventati da Kant, e altro non sono che il tempo e lo spazio.
Da allora ne hanno aggiunti altri radunantesi intorno al concetto di propriocezione.

cit http://www.asia.it/adon.pl?act=doc&doc=1077
"Un contemporaneo di James, Charles S. Peirce, che con lui si può considerare il fondatore del Pragmatismo americano, ha prodotto una sorta di fenomenologia indipendente da quella europea (da lui battezzata Faneroscopia - osservazione di ciò che si mostra) che individua tre modalità fondamentali dell'esperienza: la prima di queste ha molto a che fare con il sentire pre-riflessivo.
Peirce la chiama "Primarietà", ed ha la caratteristica di unità, istantaneità e assenza di relazione con altro; non è il sentire di (qualcosa), né il sentire per (me). Il sentire primario aderisce a  se stesso in una perfetta coincidenza che, come afferma Michel Bitbol,  è "certezza o almeno convinzione" 2. Ne è un esempio il sobbalzo inconfutabile, che non sa nulla di sé e non si riconosce ancora come 'paura' o  'io'."


cit Paul
"Il concetto è il punto di equilibrio nel dominio logico matematico e quindi nel razionale fra fenomeno e capacità astrattiva e forma la conoscenza, ma il vero attore è la coscienza che chiama in causa la conoscenza ,laddove quest'ultima forma la coscienza. Perchè è la coscienza che motiva e muove la conoscenza a esplorare,comprendere."

Ma coscienza non è un apriori amico mio! la stessa radice della parola, che pure tu chiami, e secondo me assai bene in causa, dice che è qualcosa che si unisce ad uno scire, ad una conoscenza dunque.
Nella tua argomentazione invece la conoscenza su "invito della coscienza" si scopre come tale.
Ma se fosse così amico mio, e se cioè noi veramente conoscessimo la nostra coscienza, come potrebbe rimanere un apriori?
Quando diciamo di conoscere il tempo e lo spazio, intendiamo dire che NON CONOSCIAMO il TEMPO e lo misuriamo tramite lo spazio (kant).
Ma nel caso della coscienza da te ideato (diciamo pure dal cristianesimo inventata) non è proprio così, e lo sappiamo benissimo tutti e 2. La tua coscienza non è mai una coscienza apriori, è bensì una costruzione all'interno di una cultura.
Nel caso poi non fosse un apriori, e cioè fosse principio come appunto nel cristianesimo, allora la coscienza non dimostrerebbe mai la conoscenza, perchè farebbe il solito errore che da leibniz in poi chiamiamo come "errore della dimostrazione alla maggiore", ossia crediamo di dimostrare l'esistenza di qualcosa tramite la presunzione che quella stessa cosa esista e tramite essa si AUTO-AFFERMA.
Ma quella da Schopenauer a Nietzche in poi non è coscienza o peggio autocoscienza (agostino) bensì volontà di potenza.
Dunque la coscienza non sarebbe mai una conoscenza, non sarebbe mai una acquisizione.
Ti invito dunque a riflettere maggiormente sul mio problema della variabile sconosciuta. Ma d'altronde dopo Husserl e Heidegger, meglio, sappiamo trattarsi del problema della ERLEBNIS, della vita vissuta, e non della vita presunta.
(crisi delle scienze europee etc..) Il mio problema diciamo semplificato sarebbe quello della verità e delle insidie della presunzione.La conoscenza è solo la maniera in cui si manifesta la relazione, o correlazione che dir si voglia, non è nè la causa, nè la premessa.

cit Paul
"A sua volta la coscienza correlando più fenomeni in modo razionale astraendoli e concettualizzandoli costruisce una mappa conoscitiva poichè a sua volta correla i concetti. Quindi c'i sono più sistemi a crescere per arrivare ad una verità che non può essere che la sintesi della mappa conoscitiva concettuale, che costruisce la nostra rappresentazione del fenomeno nella coscienza.
La coscienza tende per sua natura, quell'apriori, alla sintesi muovendosi dall'analisi."

Correggendo ovviamente, per un proficuo scambio di idee, la parola coscienza con conoscenza, dobbiamo però ricordare che la mappa non è mai il territorio.
Questa profonda lezione della psicologia topologica, oggi applicatissima nei disturbi delle angosce contemporanee dalla psicologia generica (dinamica e psichiatrica) starebbe anch'essa a dire il valore della vita, rispetto alle mappe cognitive, e d'altronde la psicologia dinamica contemporanea è ovviamente un psicologia cognitiva (comportamentale).
Se le mappe cognitive però debbano poi essere anche comportamentali, dovrebbe fare ghiacciare le vene a qualsiasi filosofo, che sa che  verrebbe (e viene) spacciato come giusto e morale qualcosa che invece è una costruzione e meglio una costrizione sociale.
Il comportamento socialmente accettabile è il comportamento collaborativo di tipo lavorativo, ossia è il lavoro.
In nome del lavoro si decide della vita. Quando Lacan ammoniva che la frase più importante del prossimo secolo (il nostro) sarà quello che capeggiava fuori dai campi di sterminio "il lavoro rende liberi" si riferiva ovviamente a tutto questo lato rimosso che sarebbe oggetto anche di questo 3d, cosa è appunto l'uomo, perchè possiamo rinnegare quanto vogliamo il nazismo, ma non che fossero stati degli uomini a fare quello che hanno fatto. E quale sarebbe dunque il valore aprioristico di questa coscienza? se non appunto di una conoscenza (la psichiatria ha fatto salti qualitativi impensabili a livello di studi cavia sull'essere umano) completamente accecata e avvitata su se stessa (sulla paranoia in particolare).
La mia argomentazione non solo è maggiormente valida a livello logico, ma contempla nel suo discorso lato, anche la comprensione di queste deviazioni supponenti e ignoranti del problema fondamentale.(il discorso sull'ALTRO, sul nostro prossimo in chiave cristiana se vuoi).

cit Paul
"L'uomo oggi è culturalmente sbandato, vive praticamente in un tutto culturale costruito da lui, comprese le astrazioni, ma si comporta ancora come se la Cultura che lo ha costruito e persino condizionato in quanto formato educativamente, non ci fosse, o meglio prende le parte che gli convengono, costruisce i convenevoli ele sue credenze e socialmente le convenzioni. Qui dò ragione a Green, se intende per  politica la forma culturale delle organizzazioni umane. 
questa contraddizione nasce per quanto detto prima,,,, quando l'uomo non riesce a relazionare il sensibile con l'astratto concettualizzando ,creando quindi una conoscenza. ma se la conoscenza non torna alla coscienza noi non ci crediamo, non ci fidiamo : questo è il problema fra il razionale  e l'irrazionale. L'umanità fa parecchi atti animali e poco culturali, quando le motivazioni irrazionali sono più forti della ragione.
Il contrasto è fra una pulsione naturale irrazionale e la coscienza razionale che genera cultura: questa è la vera lotta."

Mi sembra che ovviamente sbagliando l'argomentazione a livello logico ti stai avvitando su te stesso.
Siamo d'accordo, d'accordissimo sulla questione culturale.
Ma totalmente in disaccordo sulla questione di dove dovrebbe risiedere la lotta, la guerra.
Qua non c'è tempo di affrontare il tema della guerra, anche perchè non vedo nemmeno un utente che lo possa anche lontanamente intendere. (il buon Garbino m'ha tradito in questo ;)  ).

Andiamo dunque a tentare di avvicinarci alla questione, cercando di smontare quell'impianto cristiano che lo supporta.

Lo sappiamo tutti che dietro la chiesa c'è Ratzinger, c'è la presunzione che tutto ciò che è razionale si accompagni e anzi debba farlo con la fede.

Ora se la coscienza è un atto di fede, in quanto apriori, nel tuo ragionamento, allora dovrà rispondere ad un atto razionale equivalente. Quindi capisco benissimo quello che intendi.

A me però sembra che c'è una stortura nella tua argomentazione.
Infatti prima dicevi che è la coscienza spinge la conoscenza a esplorarla.
E allora come mai questo non avviene in quelli che tu spregiativamente chiami atti animali? (tra l'altro non si capisce a cosa alludi) :(
Argomenti dicendo che noi non crediamo negli atti di ragione della fisica, dell'astrazione: ma non dovrebbero essere proprio quelli che la coscienza dovrebbe spingere a rivelare? che coscienza è quella che non sa indirizzare alla giusta conoscenza?  :(

Mi sembra che sei nel medesimo loop argomentativo di prima, se la coscienza deve essere un atto astrattivo, allora la coscienza sarà esattamente quell'atto astrattivo che riguarda una mappa mentale di una cultura di un gruppo di persone di un individuo. E oltre che non spiegare per nulla come mai non conduca a questa fantomatica coscienza ci sarebbe la questione in sospeso, mica tanto banale di Chi dovrebbe decidere quale debba essere l'atto originario di coscienza e quale conoscenza dovrebbe applicarsi alla coscienza???
Alias quale cultura, quale gruppo sociale, quel individuo deciderà della verità di questo apriori chiamato coscienza?

Sono tutte domande che non trovano riposta nelle tue righe, e che decidono che vi debba essere una guerra di ragione, ma quale ragione però, di chi è la ragione, contro una supposta animalità. E chi decide cosa è contro e cosa no? (anche se temo per te vi sia qualcosa come il naturale che lo garantirebbe, un naturale che a me pare molto artificiale, ma sarebbe un altro 3d).

Per tornare anche solo ad accennare invece la guerra è proprio tra individuo e individuo. Nella loro capacità di darsi valore o meno, nel loro riconoscersi o meno.

Certamente tutto ciò non centra con la domanda sul fondamento, e sull'umano, che è invece una domanda sull'originario.

E l'originario non è certo una astrofisica (nè una fisica), aggiungo ancora, onde evitare ulteriori considerazioni.
#2841
Tematiche Filosofiche / Re:Che è l'uomo?
18 Aprile 2017, 07:04:11 AM
x davintro :(


Siamo d'accordo per la questione del soggetto che non può essere immanente al suo oggetto.
Anche perchè l'immanenza è l'essere immersi in un tempo e non in un oggetto.
Il punto è che però se il tempo è lo spazio allora l'oggetto è la spazializzazione razionale di quel soggetto.
Per lo più il concetto di libertà mi pare sopravalutato.
Lo ritengo per lo più uno di quei concetti che fanno da contenitore ad una miriade di opinioni.
E' quindi sospetto a dire poco.
Se la libertà è l'innegabile decisione di fare qualcosa del nostro tempo, ossia di spazializzarlo in un qui ed ora (kant), questo non decide niente del valore a cui noi ci riferiamo (kant per favore smettila!).
Nel tuo caso parli di un sè interiore, che guardacaso è il frutto della propaganda cristiana, originata da S.Agostino in poi.
Anche ammettendo che esista questo sè interiore, bisogna però connotarlo dei suoi caratteri di razionalità e quindi si ipotizza di conoscenza acquisibile in potenza.
Peccatto che essendo cristiano, l'acquisizione rimanda quasi sempre ad una dimensione extratemporale, e che quindi con la libertà non c'entra niente.
A meno che questa libertà sia veramente qualcosa che non appartiene al sè interiore (e d'altronde tu non avendolo specificato, dai adito a me a qualsiasi supposizione)!
E infatti la traslazione dal sè interiore (non immanente se non a se stesso, uno di quei meravigliosi A=A che tanto odio, una autocoscienza immagino!) all'improvviso si contraddice e vuole diventare spazio, spazio pubblico ovviamente, e ovviamente almeno per te visto che non argomenti praticamente NIENTE, uno spazio LIBERAL DEMOCRATICO, una cosa che in questi tempi non so bene cosa voglia dire, la LIBERAL DEMOCRAZIA mi sembra lievemente in crisi GLOBALE.
Le libertà mi sembrano palesemente in picchiata, dovute per esempio alla cessione delle conquiste sociali, insomma il liberismo e la sua casa della libertà ha dimostrato una totale incongruenza con quanto vorrebbe tanto essere associata: con la parola libertà.
Mi sembra insomma che non abbiamo ancora risolto niente di quelle premesse che tu hai dato, pensando che fossero auto-sufficienti.
Autoposte e autorispondentesi.
Cosa è il sè interiore, cosa è la liberal democrazia, e quale sarebbe questo bene che è intrinseco all'uomo (ma non avevi detto che siamo irriducibili a qualsiasi definizione? :-\ )
#2842
Tematiche Filosofiche / Re:Che è l'uomo?
18 Aprile 2017, 06:33:11 AM
x Garbino

Ripartire da zero o dal salvabile non cambia niente rispetto alle domande che nei secoli si sono fatti, parlo ovviamente di quelle inevase o comunque attualissime, se intendi dire che bisogna pensare con la propria testa comunque hai ragione, è che lo do talmente per scontato che non mi accorgo proprio mai che invece è il problema principale da cui partire, ri-partire.

cit Garbino
"Non so se qualcuno abbia già fatto questa riflessione sia prima che dopo di me, e non è per vanto che la riporto, il motivo è legato strettamente agli universali del sillogismo la cui veridicità dovrebbe, a mio avviso, ritenersi inversamente proporzionale alla tendenza all' infinito dei soggetti presi in esame.
Ma questo esempio dimostra anche quanto errore possa risiedere nel nostro sistema conoscitivo e quanto sia indispensabile, se si vuole fondare una scienza ed una filosofia, ripartire da zero."


Beh però la concettualizzazione di infinito per esempio in matematica ha raggiunto una tale complessità, che dubito alcun filosofo capirà mai.
Certo come diceva all'univerità Franchella i greci aveva terrore di tutto quello che è illimitato, avevano come orizzonte la POLIS, e dunque hai ragione comunque a far notare che quell'errore è figlio di un'orizzonte totalmente interno al tempo greco appunto.
Il punto è come penso di sottrarti a questo tempo in cui tu stesso sei immerso per poter ripartire da zero?


PS
A Sini gli viene un colpo comunque se gli dici una cosa del genere.
Nel suo libro "un nuovo inizio", si parla più di una pratica nuova della filosofia, ossia di una filosofia che faccia i conti con le pratiche che l'hanno circondata, e che l'hanno uccisa.
Nella prefazione si parla chiaramente di un inizio che più che altro è una fine.
Ossia la fine, è esattamente il nostro dover stare DENTRO le pratiche.

Nel suo concetto di SOGLIA, si cela il cuore pulsante di tutto il suo pensiero, proteso tra la maschera e la vita, tra la maschera che vuole essere vita, ossia tra la proiezione critica e il suo confrontarsi continuo col tempo presente, del qui ed ora.
Il punto è se quella maschera (che io chiamo fantasma, doppio) sia mimesi, ossia se aderisca a sua insaputa all'interno delle pratiche ACRITICHE, per fare un esempio se aderisca ad una troika.
Penso sopratutto nel tuo caso alle nostre divergenze, anche se mai veramente affrontate in  maniera precisa, e quindi pur sempre nebulose, riguardo a temi come il lavoro e la natura.
Come pensi che la tua idea di lavoro e natura sia originale per esempio? Come pensi di sottrarti al fatto che veniamo da una cultura che ci ha insegnato cosa sia il lavoro e cosa sia la natura?
Non sono cose semplici, anche guardando al caso dei grandi filosofi, che cedono alle lusinghe del potere, da Platone ad Heideger.
Contraddicendo ogni singolo pensiero che avevano espresso.
E' difficile scrollarsi di dosso il peso della storia e il peso del suo insegnamento occulto.
#2843
Tematiche Filosofiche / Re:Che è l'uomo?
18 Aprile 2017, 06:01:46 AM
x Sgiombo  :)



cit sgiombo
"Se intendi dire (per lo meno "fra l' altro", oltre a considerazioni diverse; come mi par di capire) che la certezza assoluta (della verità) di qualsiasi conoscenza é impossibile (ovvero che lo scetticismo non é razionalmente superabile) sono perfettamente d' accordo."

No! sto dicendo che qualcosa accompagna qualcos'altro.

Se vogliamo matematizzare: che abbiamo un sistema a 2 variabili (una nota, e l'altra no).

Di cui una variabile coincide (indimostrabilmente essendo all'interno di un altra rappresentazione presupposta) con la coincidenza tra rappresentazione (dell'io penso) e fenomeno (da ciò che è indagato da quell'io penso).
Ma l'altra è impossibile da pensare. Appunto la variabile originaria, da cui inevitabilmente, pena la cancellazione della categoria (universale) di esistente, sappiamo che vi è un qualcosa.
Quello che intendo è che appunto non è rappresentabile.

Ma non ammetto in alcuna maniera alcun scetticismo, poichè una variabile è conosciuta appunto, è" vista"!

(Lo scetticismo, dovresti saperlo, non l'ho mai preso in considerazione, questa cosa la lascio ai filosofi analitici, alla scuola americana, e ora anche ai corsi ridicoli delle università milanesi).

cit sgiombo
"Non comprendo assolutamente la distinzione che poni fra piano "rappresentativo" e piano "fenomenico"; per me si tratta di meri sinonimi: le sensazioni (tutto ciò che ci é immediatamente e indubitabilmente -per lo meno nell' istante presente in cui accadono- esperibile e conoscibile; tutto il resto essendo degno di dubbio) costituiscono "rappresentazioni coscienti" ovvero "fenomeni" (apparenze coscienti).
Casomai si può ipotizzare (e, volendo, credere realmente esistente senza poterlo dimostrare) un ulteriore "piano ontologico" in sé, non apparente ovvero "rappresentativo", non empiricamente constatabile, ma solo "congetturabile" (noumeno)."


Esatto! la rappresentazione co-sciente presuppone un ipotetico "in sè".
Il mio problema è relato al fatto che questo inevitabile, pena la contraddizione di ogni categoria di esistente, in-sè non è rappresentabile.(e infatti anche dire "in sè", mi crea forti problemi).
Il pegno da pagare è che questa "medianità seconda", e più originaria, non è una vera e propria origine, ma una fondamentale "rappresentazione della rappresentazione", "rappresentazione fantasma", "rappresentazione mimesi", mera supposizione, immagino nel tuo caso (possiamo sbizzarrici nel dargli i nomi che vogliamo.)
MA politicamente, e cioè filosoficamente, questo prevede che l'individuo Sgiombo porrà scarsa attenzione, se non addirittura ignoranza del problema della fondazione, nel caso appunto questa medianità dell' "altra medianità" (che è lo scontro, più che l'incontro, fra rappresentazione-intenzionale e fenomeno-resistenza) sia considerata un'altra supposizione, come se questa supposizione sia della stessa "materia" degli unicorni.
Senza polemica, rispetto la tua opinione, ma non la condivido.
E invece valorialmente è il cuore stesso della filosofia (e di irrazionale non ha nulla, in quanto fa riferimento a categorie logiche) porsi il problema di questa medianità e da Aristotele a Heidegger, è stato comunque sempre così.
Ma ovviamente questa è la mia opinione.

cit sgiombo
"Non capisco che cosa possa intendersi per "fantasia - delirio della fisica".
La fisica (e anche le altre scienze naturali) si basa su alcuni presupposti indimostrabili, come ci ha insegnato soprattutto David Hume, ma compie osservazioni empiriche, sperimentali, induzioni e ipotesi da sottoporre a verifica-falsificazione empirica.
Mi sembra si tratti di tutt' altro che "fantasie - deliri", quali sono invece casomai quelli proposti da religioni, superstizioni e irrazionalismi vari."


Certo, siamo d'accordo! intedevo per fantasia, il genio visionario di un Einstein o di un Tesla, e delirio, qualsiasi altra visione non testimoniata da falsificazione. (per quanto il modello falsificazionosta di cui parli Sgiombo è solo uno dei modelli possibili).
Ribadisco che tentavo di mettere in evidenza il carattere valoriale della visione come mera rappresentazione.
Non voleva essere un attacco alla scienza (per questa volta).

Al massimo possiamo discutere se questa posizione (opinione etc) sia razionale o meno. Ma non trovo elementi nel tuo intervento che mi indichino questa necessità di risposta. Non mi sembra che l'hai posta esplicitamente perlomeno.

cit sgiombo
"Inoltre non comprendo in che senso l' etica sia "sottoposta all' episteme" e (a mio avviso contraddittoriamente: sia l' etica sia la politica sono ricerca ed eventualmente conoscenza sul come -si possa e/o si debba- agire) "tutto sia politica" (dunque l' azione comprenderebbe, e mi pare dunque in qualche modo inevitabilmente determinerebbe o almeno condizionerebbe, "sottoporrebbe a sé", la conoscenza)."

A mia volta non ho inteso bene cosa intendi dire qui.
Contradditoriamente si riferisce a me? (in quel caso però dovresti indicarmi in cosa consista la contradizione).

La conoscenza sul come -si possa e/o si debba- agire, come anche esplicitato dalla tua discussione con Eutidemo, però a sua volta si basa sul principio di "chi(più che di che cosa) si decide di avvalersi".
La decidibilità del valore razionale "corretto", è in fin dei conti una sciocchezza, infatti in quella correzione sta per esempio quella "esportazione della democrazia" sui cui supinamente (ognuno atterrito in cuor suo, tanto atterrito da uniformarsi agli ordini dei nostri aguzzini, fino a DIVENTARE i nostri aguzzini) la morale occidentale e tutto questo forum si basa, tranne qualche sporadica eccezione.
Correzione è più costrizione che altro d'altronde.
Dunque il sapere dell'agire si risolve non tanto nell'agire, ma nel essere comandati da quel sapere.
Per cui qualsiasi agire è il risultato di una ideologia, di un prendere parte, e questa partizione è sempre una questione di guerra.
Ma tu da comunista inveterato dovresti saperlo meglio di me, se non fosse che da uomo di scienza e della scienza ritieni che possa esistere una innocenza primaria, una meccanica a cui tutto possa rispondere.
Non esiste quella meccanica, in sè, appunto, è solo il frutto di una macchinazione, di una tecnica per piegare qualcosa a qualcosa, la quantistica per esempio alla meccanica, e fin lì siamo a dei modelli, ma se quel qualcosa sono esseri umani, bè quella macchinazione deve fare i conti con le emozioni (le angosce, le paure, i dolori), e facendone di conto, pensa bene di usarli, come mezzo di propaganda.(strumentalizza le emozioni per la propaganda)
In fin dei conti la propaganda è l'episteme, questo sto paventando.(ovviamente esagerando, ma con un discorsco più complesso non so nemmeno se sono molto lontano dal vero).
E ognuno si fida di ciò che è scienza e verità (quando non lo è affatto).


In questo senso ogni azione politica, ogni prendere parte a questo o a quello dispositivo, induttivamente RIVELA l'episteme che si cela dietro a quelle azioni.


Ma in questo post non volevo tanto riferirmi al problema critico delle azioni politiche, quanto al problema che COMUNQUE SIA ESISTE UNA RAPPRESENTAZIONE che si accompagna a qualcosa che non sappiamo cosa sia.
E noi SAPPIAMO che vi sia proprio perchè abbiamo una rappresentazione CO-RELATA.



MA se manca, e DIO solo sa quanto manca, la riflessione sulla medianità, appunto su cosa è l'uomo, allora non può esistere nemmeno una critica a quella presunta episteme!
E come vedi i nostri ruoli si invertono, quello che per te è il cuore della filosofia (l'episteme) è per me mera presunzione, e quello che per me è il cuore della filosofia (il fondamento) è per te mera presunzione.

Ti ho messo delle parole in bocca provocatoriamente, mi aspetto una risposta tosta!
#2844
Non capisco perchè creditate che l'economia reale (e leggi classiche annesse domanda offerta) centri qualcosa con l'economia finanziaria.

Storicamente da giolitti a craxi l'italia è sempre uscita dalla crisi svalutando la moneta.

Prendiamo il caso della Cina, se il problema fosse quello (la svalutazione) allora sarbbe in bancarotta da tempo.
E invece la forte svalutazione dello yen è esattamente il motivo per cui la CINA è il paese leader mondiale.

Voglio dire non sono considerazioni elementari?


Le teorie classiche del pensiero politico sindacale, sono in crisi tra l'altro per via della svolta sociologica che è avvenuta a seguito della forbice tra ricchi e poveri. Mi pare ovvio che il capitalismo centri eccome.(sparizione della piccolo borghesia e del proletariato).
Buona parte delle argomentazioni lette mi paiono perciò obsolete.

Il tentativo di mantenere lo stato forte, per essere appetibile a degli investitori, mi sa di bugia.
(draghi e il suo mantra sul tenere a bada l'inflazione)

Lo start-Up chiede anzitutto le leggi in materia tributaria.

Cosa c'entra con lo stato forte??

Lo stato forte tassa, non è esattamente il contrario dunque?

Spiegatemi grazie.

#2845
Tematiche Filosofiche / Re:Che è l'uomo?
17 Aprile 2017, 05:27:25 AM
Tema bello complesso caro Maral.
Di quelli che piacciono a me.
E temo che finiremo per farci domande a vicenda. ;)

cit maral
"L'uomo è un pezzo di universo."

Sono d'accordo tendelziamente, ma cercando di fare luce su questo concetto, pongo dei distinguo. In primis l'Universo non è da intendere come la NATURA.
L'universo è per contro quella categoria del pensiero, che vede nella classificazione di tutto quello che non è "l'IO" (possiamo anche dire l'io penso di cartesiana memoria, anche se io lo intendo come processo psichico per l'esattezza). Ossia l'universo è l'altro categorizzato come univerale a livello formale.
Il concetto di uomo è perciò fuori dall'io penso, e questo già definisce meglio cosa si intenda per "concetto" di uomo.

E non credo di sbagliare che sia un "concetto", infatti concordiamo in maniera significativa riguardo al valore da dare alle parole coscienza e rappresentazione.

Ma è proprio sulla parola coscienza che direi che inevitabilmente la domanda poi si porrà in tutta la sua pregnanza filosofica.

Ma intanto la coscienza, è una coscienza di una rappresentazione.
Trovo questo tuo passaggio fondamentale.

Bisognerebbe se non vogliamo cadere nelle trappole del naturalismo ingenuo, distinguere bene però.

cit maral
"Ora la domanda è: cosa implica questo viverla e come possiamo tenerne conto per una corretta conoscenza?"

La coscienza è la conoscenza, la conoscenza che esiste altro certo, dai greci ai giorni nostri ha preso nome di SCIENZA.

Noi siamo coscienti, ovverso siamo accompagnati (co- dal latino CUM, andare insieme) dal nostro "scire", capire, comprendere.
Che è certamente un "cum" "prendo" un prendere con sè, un assicurarsi il valore delle COSE.

Anche il comprendere dunque cela in sè il concetto che "qualcosa si accompagna a qualcosa".

Il problema è capire cosa sia quel "qualcosa".

La domanda è eminetemente filosofica. Perchè se da un lato siamo scietemente certi che qualcosa esista là fuori.
Non sappiamo chi o cosa, accompagni quel esistente esterno a "noi".

Sono anni che questa domanda fondamentale mi ronza in testa. Cosa accompagna cosa?

Il fatto non è facilmente solvibile, sebbene con Cartesio l'uomo ha provato ad intendersi come cosa mentale, mal si sposa con il concetto più vasto di coscienza.

L'uomo ha sempre bisogno della mediazione, che sia quelle metafisica, che da Aristotele porta ad Heidegger, o che sia quella della TECNICA, ossia come cavalletto reggente la rappresentazione, non si ha mai chiaro quale sia la rappresentazione che dovrebbe descrivere l'atto riflessivo.

Probabilmente che il Forum si chiami riflessioni è solo un caso, ma in effetti a me sembra sempre più chiaro che la riflessione, è la problematizzazione di qualsiasi fondamento.

Credere come fa sgiombo che vi sia una (del tutto indimostrabile) coincidenza fra piano rappresentativo e piano fenomenico, sembra la risposta più sensata, e comunemente accettata (sebbene non elaborata, non tutti sono filosofi).

Il problema grave però è prenderla per buona senza analizzarne le conseguenze.

Non essendo dimostrabile è in gioco lo stesso piano epistemico.

cit maral
"Quale posizione estetica, etica ed epistemica è necessario assumere a fronte dell'assoluta discontinuità che la "natura" va rappresentando in ogni singola e diversa esistenza umana per come si svolge? Come possiamo trovare posto e quale scienza e filosofia si rendono necessarie?"

Anzitutto la posizione epistemica caro Maral.

La parola riflessione è ambigua, e rimanda quasi ad un domandare infinito.

Infatti presuppone che qualcosa sia re-flesso.  posto un qualcosa (a) e un qualcosa (b) sarebbe quel a che fa tornare indietro un b che fletteva sul a.

lo scontro tra un a e un b, sembrerebbe pendere a favore di a, ma quello che "vediamo" (rappresentiamo) è solo b.

Questo significa che noi ipotizziamo (essendo quel a) che esistiamo in nome di una resitenza, ossia un ritorno esistente.

E' indubitabile che l'oggetto b è sempre stato identificato come la conoscenza, pur essendo quella solo un risultato, ciò che rimane di uno scontro.
E' per questo che Parliamo di un dualismo, il punto caro maral, è che è un dualismo asimmetrico.
Questa asimmetria decide dell'individuazione di qeullo che chiamiamo Io. una esperienza temporale che situa uno spazio del tutto anarchico, che ci ostiniamo a considerare NOSTRO. Ma di nostro non c'è niente, in quanto è solo una rappresentazione di quel punto anarchico di convergenze del reflusso epistemico. Ossia a è ritenuto il totale dei b respinti.
Ma su quale base epistemica farlo? Certo potremmo usare un metodo riduzionista, e decidere che un certo numero (il più basso possibile) di risposte b, sia di fatto il carattere fondamentale di a (e nel nostro triste mondo malato, crediamo di essere solo DNA). Ma come ignorare che l'uomo può decidere di prendere un numero infinito di ripsote b, e di fatto amettere che l'infinità di risposte che avrà sarà proprio quel a.
Se il riduzionismo è allora l'episteme di oggi, allora è uno degli epistemi più deboli di sempre.
Se inveve il pluralismo fosse valido allora non avremmo più alcuna episteme.
Io credo sia questa la vera debolezza strutturale dell'uomo, a cui si risponde con la crezione del potere.
Il potere è quel a che respinge non più un b ma un altro a. Nei casi più radicali è un a che sopprime un altro a.
In ballo chiaramente sta nel decidere chi debba avere il diritto sul valore degli infiniti b.

E' dunque da sempre una lotta di epistemi. e con questo abbiamo anche deciso che l'etica è subordinata alla episteme dunque.

Rimarrebbe la dimensione estetica, che secondo molti decide in fin dei conti anche di cosa sia l'uomo (vedi un Kant).

Abbiamo detto che il soggetto a, chiamandosi IO, decide di fatto di appropriarsi della sua esperienza temporale.
Ma se un io, crede di essere un IO, allora la sua universalizzazione, altro non sarà che l'insieme degli io, che chiamerà per comodità uomo.
Dunqe anche l'estetica sarà decisa da una posizione epistemica. riduzionista o pluralista che sia.

Ma dicevo del mio ronzio in testa caro Maral.

E concludo con la domanda, ma di quel a originario, veramente abbiamo la certezza di qualcosa???

Non sto qui a perdere tempo con i riduzionisti (le nuove generazioni di filosofi), ma dico che anche i pluralisti, come fanno a essere certi quale possa MAI essere la rappresentazione originanria, quella secondo cui per sgiombo piano rappresentazionale e fenomenico dovrebbero unirsi?
Facciamo un esempio, se fosse DIO quel a, a cui come risposta ci sarebbe la medianità dell'io, e quindi decidermmo bene o male i confini di quel b particolare ossia un (b) che anticipa un altro b.
Amettiamo che noi siamo quel riflesso, che siamo quella conoscenza, quel "omnis determinatio est a negatio", ma chi ci garantirà mai che non sia invece proprio un b, ossia la rappresentazione stessa il frutto di un rimbalzo anarchico, e incontrollabile.
Infatti per ogni b mediano, nessuno può decidere che vi sia un a originario.
Potrebbe per esempio essere il punto di forza di una collisione di più rimbalzi. O qualsiasi altra fantasia-delirio della fisica.
O certo potrebbe non c'entrare alcunchè con la fisica.
Ossia ripeto nel tentativo di farmi capire, che quel a "deciso" non sia nè più nè meno che una rappresentazione del tutto errata.

Io temo che quel a non sarà mai nemmeno intuibile se non a condizione di una forzatura, di una presa di posizione.
Di una lotta di potere caro MARAL. (e dunque di quella disimmetria, bisognerebbe proprio intendere il suo enigmatico seguito, ossia la creazione di innumerevoli a, che si potranno dare solo come politica dell'ALTRO, e quindi Nietzche è l'unico filosofo ad aver osato insistere su questo punto, guerra-amicizia)

E come al solito come in un dejavù in loop, siamo sempre al mio punto: tutto è politica.

NB. spero per questo che si capisca perchè all'inizio del psot parlavo di concetti, e non di verità.
L'uomo è un mero concetto.
e la filosofia è il lugo di una lotta perenne di concetti.
#2846
Concordo su tutto quello che dice Paul.

Inoltre aggiungo visto che parlate della moneta come un DIO, che di soluzioni per uscire dall'euro ve ne sono a centinaia, come le teorie economiche che ad esse si ispirano.

Quella che il movimento proporrà in caso di vittoria, è l'aggiunta di una moneta "Locale", soluzione già in atto in una delle regioni della Germania del sud.

Di modo che gli investitori internazionali continueranno a lucrare sulla speculazione del cambio moneta, e l'Italia invece si darà una possibilità di ripartenza.

Ovviamente però solo in regime di sovranità, quindi si può uscire dall'europa e non dall'euro.

Ripeto una delle centomila soluzioni possibili.

Ricordo per esempio che il massimo esponente del monetatismo americano, ci consigliò una uscita a scaglioni.

La cosa importante è ovviamente la presa di posizione forte sul da farsi.

Visto però il caso grecia, e l'incredibile voltafaccia di tsipras, a me viene in dubbio, che vi siano altre impedenze.
(e non di ordine economico).

Esistono ricatti, da sempre. Ogni persona intelligente lo sa.

Però qui semplicemente ci chiediamo la possibilità. E direi che ce ne sono eccome.

Riguardo l'Argentina, è lo stesso stato che dichiarò il default. Salvo guerre nessuno ci obbliga a farlo.
Inoltre quella argentina era una situazione degenerativa di una delle classi politiche più corrotte di sempre.
E comunque sia, come abbiamo visto, la gente si è ri-organizzata, e l'argentina è tornata a essere stato.

Non esageriamo perciò.
#2847
parte 2


Ma veniamo a Nietzche che nella sua mostruosità (leggi eccezionalità) aveva già liquidato tutto questo 20 enne.......
(gli altri ci hanno impiegato 2 secoli, prima che Heideger capisse qualcosina, e comunque lo stesso heideger rimane da capire per molti)

cerco su internet un attimo di pazienza.


cit Nietzche Hecce Homo (passi che riguardano la seconda inattuale.)
"La seconda considerazione inattuale (1874) mette in luce ciò che vi é di pericoloso, ciò che corrode e avvelena la vita nel nostro modo di coltivare la scienza: la vita, malata a causa di questo congegno, di questo meccanismo privo di personalità, a causa dell'impersonalità del lavoratore e della falsa economia nella divisione del lavoro. Il fine: la cultura, va perduto; il mezzo: il movimento scientifico moderno, ne é barbarizzato. [...]"



E' abbastanza facile ravvisare come per Nietzhe la storia, che coincide con la vita, è sempre qualcosa che riguarda un soggetto.
Dunque non esiste una Storia caro Garbino.


" E Nietzsche distingue tra 3 forme di storia: la storia archeologica si ferma al mediocre, si attarda ad ammirare il passato, anche nei suoi aspetti mediocri e meschini, per giustificare la presente mediocrità; la storia monumentale cerca nel passato esempi e modelli positivi, che mancano nel presente, onde poter guardare al futuro con sicurezza che ciò che è stato possibile in passato lo sarà ancora; solo la storia critica è davvero positiva, in quanto non si limita ad favorire l'imitazione del passato, anche eroico, ma lo vuole superare: essa trascina il passato davanti al tribunale, lo giudica e lo condanna. Il tema storico, nelle Considerazioni inattuali, é davvero forte e sentito, e Nietzsche arriva a dire, come in parte già accennato all'inizio: " l'uomo invidia l'animale, che subito dimentica [..] l'animale vive in modo non storico, poiché si risolve nel presente [..] l'uomo invece resiste sotto il grande e sempre più grande carico del passato: questo lo schiaccia a terra e lo piega da parte. Per ogni agire ci vuole oblìo: come per la vita di ogni essere organico ci vuole non solo luce, ma anche oscurità. La serenità, la buona coscienza, la lieta azione la fiducia nel futuro dipendono [..] "

http://www.filosofico.net/nie27.htm

tralascio gli altri passaggi perchè fusaro non ci ha capito niente. anch'egli vittima del'uomo come bios, come vita naturale. Il che anche solo leggendo sopra è del tutto infondato.
L'uomo invidia l'animale. L'uomo non è bios (tantomeno zoe, che sarebbe il termine giusto greco)
L'uomo è stutturalmente storico, ma se non vuole rinunciare al suo essere politico (che gli appartiene) deve stare attento alle forme di irrigidimento della storia, ossia deve fare a meno della storiografia come momumento.
(vedasi anche il dialogo tra Carmelo Bene e Zeri in uno dei 2 contro tutti del maurizio costanzo show.)

Appunto non esiste una Storia!! CVD. (alias sarebbe sempre e solo una storiografia).

Ma vado a prendere degli estratti direttamente dall'inattule, fra quelli che girano in rete.

SULL'UTILITÀ E IL DANNO DELLA STORIA PER LA VITA

"Del resto per me è odioso tutto ciò che si limita ad istruirmi senza aumentare o stimolare imme-
diatamente la mia capacità d'azione".  goethe  
SULL'UTILITÀ E IL DANNO DELLA STORIA PER LA VITA, p1 tr.Monica Rimoldi



che abbiamo già visto come predecessore dello storicismo romantico.

""L'uomo domandò una volta all'animale: "perché
non parli con me della tua felicità e ti limiti a guardarmi?" Anche l'animale voleva rispondere e di-
re: "è che dimentico costantemente ciò che volevo dire", ma dato che dimenticò anche questa ri-
sposta e tacque, l'uomo se ne meravigliò.""
SULL'UTILITÀ E IL DANNO DELLA STORIA PER LA VITA, p3 tr.Monica Rimoldi


"L'uomo, al contrario, si oppone al pesante e
sempre più pesante carico del passato: questo lo schiaccia giù o lo spinge da parte, grava sul suo
passo come un carico invisibile e oscuro, che l'uomo può far finta di rinnegare una volta e che an-
che in compagnia dei suoi simili rinnega volentieri, per risvegliare la loro invidia"
SULL'UTILITÀ E IL DANNO DELLA STORIA PER LA VITA, p3 tr.Monica Rimoldi


"Allora  impara  a  comprendere il motto "c'era", la soluzione con cui lotta, sofferenza e noia vanno incontro all'uomo per
ricordargli che cosa è in fondo la sua esistenza – un imperfetto che non si completa mai. Se infine
la morte porta la dimenticanza così desiderata, si appropria contemporaneamente del presente e
dell'esistenza e pone il sigillo su quella conoscenza, cioè che l'esistenza è un ininterrotto essere stato, una cosa che vive del respingere e del distruggere se stessa, del contraddire se stessa. "
SULL'UTILITÀ E IL DANNO DELLA STORIA PER LA VITA, p3 tr.Monica Rimoldi


"Dato che noi ora siamo i risultati di generazioni antecedenti, siamo anche i risultati dei lor
o smarrimenti, passioni e errori, di più: dei loro crimini; e non è possibile sciogliersi da questa cate-
na. Se condanniamo quegli smarrimenti e pensiamo di esserne dispensati, non viene rimosso il fat-
to che noi proveniamo da essi. Giungiamo, nel migliore dei casi, ad un contrasto fra la natura ere-
ditaria e originaria e la nostra conoscenza, addirittura alla battaglia fra una nuova e dura discipli-
na contro ciò che è da tempo assorbito e congenito, noi impiantiamo una nuova abitudine, un nuo-
vo istinto, una seconda natura, tanto che la prima natura inaridisce. È un tentativo di darci ugual-
mente un passato a posteriori, dal quale si vorrebbe provenire, in opposizione a quello dal quale
si proviene – un tentativo sempre pericoloso, perché è difficile trovare un limite nella negazione del
passato e perché le seconde nature sono in genere più graciline delle prime. Troppo di frequente
ci si limita alla conoscenza del bene senza farlo, perché si conosce anche il meglio senza avere
la possibilità di farlo. Ma qui e là riesce la vittoria e c'è persino per i combattenti, per quelli che si
servono della storia critica per vivere, una consolazione degna di nota: di sapere, cioè, anche quel-
la prima natura in qualche momento è stata una seconda e che quella seconda natura vincente di-
venterà la prima."
SULL'UTILITÀ E IL DANNO DELLA STORIA PER LA VITA, p11 tr.Monica Rimoldi

"Pensare in questo modo la storia in modo oggettivo è il compito silen-
zioso del drammaturgo, cioè pensare ogni cosa in modo congiunto con ogni altra, inserire una par-
te isolata nel tessuto del tutto, sempre con il presupposto che debba essere posta nelle cose una
unità del piano, quando lei non ci sia già dentro. Così l'uomo riveste il passato e lo sottomette, co-
sì manifesta il suo impulso artistico - ma non il suo impulso per la verità e la giustizia. Oggettività
e giustizia non hanno niente a che fare l'una con l'altra."

Direi che Garbino mi sembra questa la visione che hai tu della Storia.

SULL'UTILITÀ E IL DANNO DELLA STORIA PER LA VITA, p19 tr.Monica Rimoldi


MA

"Occorrerebbe pensare una storiografia che non abbia in sé alcuna goccia della comune verità empirica e, tuttavia, potesse in sommo grado far valere il DIRITTO sul predicato dell'oggettività. Sì, Grillparzer osa spiegare: "Che cos'è la storia se
non il modo in cui lo spirito dell'uomo accoglie gli eventi per lui impenetrabili? In cui stabilisce legami fra ciò che (Dio solo sa se) è affine? In cui sostituisce l'incomprensibile con qualcosa di comprensibile? In cui attribuisce i suoi concetti di adeguatezza verso l'esterno ad un tutto che ne conosce solo una verso l'interno? In cui suppone nuovamente la casualità, dove agivano migliaia di
piccole cause? Ogni uomo ha contemporaneamente la sua esigenza di separatezza tanto che milioni di direzioni corrono parallelamente l'una accanto all'altra in linee curve e rette, si incrociano,avanzano, rallentano, si spingono in avanti o indietro, supponendo l'una  per l'altra il carattere della casualità e rendendo così impossibile (a parte gli effetti degli eventi naturali) dimostrare una necessità  dell'accadimento  che  sia  radicale  e  che  abbracci  ogni  cosa". 

SULL'UTILITÀ E IL DANNO DELLA STORIA PER LA VITA, p19 tr.Monica Rimoldi

Ossia la giustizia è sempre una questione politica. Di chi sceglie cosa raccontarsi.


"Di  certo  Schiller  si  rende  completamente  conto della forma in realtà soggettiva di questa supposizione quando dice dello storico: "Un fenomeno dopo l'altro comincia a sottrarsi al fato cieco, alla libertà senza leggi, e ad inserirsi come elemen-
to adatto ad un tutto conforme che è certamente presente solo nella sua rappresentazione".

Nella SUA RAPPRESENTAZIONE, sempre più chiaro, spero, Garbino.


"Se il valore di un dramma si trovasse solo nel finale e nell'idea principale, allora il dramma stesso sarebbe la via più lontana, impervia e faticosa possibile per giungere alla meta; e così spero che la storia non riconosca il suo significato nei pensieri co-
me una specie di fiore e frutto, ma piuttosto che il suo valore sia quello di riscrivere in modo ingegnoso un tema noto, forse consueto, una melodia quotidiana, di elevarla, di innalzarla a simbolo che abbraccia ogni cosa e così di far intuire nel tema originale un intero mondo di senso profondo, potenza e bellezza."
SULL'UTILITÀ E IL DANNO DELLA STORIA PER LA VITA, p20 tr.Monica Rimoldi

Ecco qui uno dei proverbiali momenti enigmatici di Nietzche, che evidentemente anche nei suoi vent'anni germinava gli abissi e le vette delle opere successive. E di cui io per il momento sono solo all'inizio del percorso (il tema della de-soggettivazione alias).

Sto cercando velocemente il pezzo in cui parla di guerra, ci deve essere! ho fatto un bel control+F


"Ed ora di nuovo alla nostra prima affermazione: l'uomo moderno soffre di una personalità inde-
bolita. Come il romano durante l'età imperiale divenne non-romano rispetto alle terre circostanti a
lui sottomesse, come perse se stesso mentre faceva irruzione ciò che era straniero e degenerò nel
carnevale cosmopolita di divinità, costumi e arti, così deve succedere all'uomo moderno, che si fa
preparare continuamente dai suoi artisti della storia la festa di un'esposizione universale; è diventato uno spettatore che se la gode e che se ne va di qua e di là, e si è venuto a trovare in una situazione nella quale le stesse grandi guerre e grandi rivoluzioni riescono a stento per un attimo a cambiare qualcosa. La guerra non è ancora finita e già è trasformata in carta stampata in centinaia di migliaia di copie, già viene prospettata come l'ultimissimo mezzo per eccitare palati affaticati desiderosi di storia."
SULL'UTILITÀ E IL DANNO DELLA STORIA PER LA VITA, p15 tr.Monica Rimoldi

Immaginavo che in Nietzche vi fossero già tutti i temi del 900. Qui addirittura un accecante flash-forward sulla futura società dello spettacolo, la nostra.


"Si  accecano  certi  uccelli  perché  cantino meglio; io non credo che gli uomini attuali cantino meglio dei loro nonni, ma questo so: che li si acceca per tempo. Ma il mezzo, il mezzo pazzesco che si usa per accecarli, è la luce troppo chiara, troppo  improvvisa,  troppo  mutevole. Il  giovane  uomo  viene  spedito  con  la  frusta  attraverso  tutti  i millenni: giovani che non capiscono nulla di una guerra, di un'azione diplomatica, di una politica commerciale vengono ritenuti degni di essere introdotti alla storia politica. "
SULL'UTILITÀ E IL DANNO DELLA STORIA PER LA VITA, p23 tr.Monica Rimoldi


Okkei garbino faccio ammenda che il tema della guerra ancora non c'è nella inattuale, almeno esplicito, ovviamnente germinalmente è già esposto qua sopra, ma capisco la difficoltà se non ne vedi l'intero orizzonte di senso.


Porca miseria garbino ho sforato di una ora e mezza sulla mia agenda.... ma ti devo altre risposte, attendi qualche giorno grazie.

saluti e ricorda le parole di Sini "Ma in fondo in filosofia lo scambio non può avvenire in modo fecondo senza una qualche reciproca ostinazione e sordità. " ;-)
#2848
Il pensiero della storia appunti per garbino (e non solo.) (ne approfitto anche per un ripasso personale, veloce rassegna)

parte 1

cit garbino
"Ti consiglio di leggere non una ma almeno una decina di volte Ecce Homo, una ventina tutte le Inattuali, specialmente quella su Strauss e quella sulla Storia, e poi ne riparliamo. Come ti ho già confermato altrove, UTU non è che una delle opere di Nietzsche, mentre sono tutte importanti. E ciascuna ha una sua dimensione nel suo rapporto temporale rispetto alle altre. Tu invece ti sei avvinghiato ad UTU e non riesci più a liberarti. Ma soprattutto cerca di evitare di leggere altrui interpretazioni e usa soltanto il tuo bagaglio acquisito che non è poco. In altre parole, fidati di te stesso, della tua intelligenza e capacità critica e speculativa."

Le considerazioni sono frutto del mio lavoro, dubito fortemente di trovarle scritte altrove.
Quindi come te, uso la mia testa.
Non sono avvinghiato a UTU, semplicemente non voglio andare avanti senza averlo capito a fondo.
E non mi ritengo ancora soddisfatto, sia in termini di effettivo impegno mio, che è del tutto sporadico e con lunghe pause, sia complessivo, perchè ne intendo la sottotrama principale, ma non riesco ancora a figurarla nel suo terribile orizzonte.
Leggermi le opere precedenti non se ne parla. Sia perchè sono quelle che (guarda caso) maggiormente vengono discusse, sia perchè è evidente lo iato di ispirazione, tra un buon filosofo-filologo, prima di UTU ed un "mostro" dopo, a partire da UTU.

Se hai letto l'inattuale spiegami tu dunque come può la storia esimersi dal "chi la racconta"?

infatti scrivi
cit garbino
"Il fatto nel contesto storico non modifica lo svolgersi dinamico della Storia"

Il punto è che mi sembra tu usi la storia in una specie di ecezione universale, come se esistesse una Storia a parte.
Ma la storia è a mio avviso semplicemente quello che mi racconto che sia.
Dal manifesto del partito comunista che introduce una nuova filosofia della storia, appunto detta materialismo storico, mi sembra che invece si differenzi rispetto a "chi scrive" quella storia. Per inciso non è una questione meramente politica, è anche una visione antropologica più vasta, e più ragionevole, in quanto tiene conto non solo dei vincitori, ma anche dei vinti.

Come faremmo a capire se no la filosofia susseguente se non passiamo dalla revisione critica dello storicismo romantico?


http://www.treccani.it/enciclopedia/storicismo/


http://www.treccani.it/enciclopedia/storicismo_%28Dizionario-di-filosofia%29/

Partendo ovviamente da Dilthey

"L'esperienza interna, in quanto capacità di rivivere un oggetto dall'interno, di «comprendere» (Verstehen) un'esperienza (Erlebnis), è dunque una modalità di conoscenza radicalmente diversa da quella delle scienze naturali, che si basano sull'esperienza esterna e, con le leggi universali e necessarie a cui mettono capo, non fanno altro che «spiegare» (Erklären), cioè istituire connessioni estrinseche fra dati obiettivi, che restano completamente altri, separati dal soggetto. In questo modo, la storia, così come tutti i prodotti della cultura provenienti dall'interiorità, veniva nettamente distinta come il campo delle scienze dello spirito, nelle quali vige un principio di comprensione che implica la capacità psicologica di «rivivere» la singolarità dell'esperienza storica che si esamina. "

seguiamo alcune possibili scelte politiche

http://www.treccani.it/enciclopedia/storicismo_%28Dizionario-di-filosofia%29/

come in Spengler

"Anche nella sua concezione sono presenti i temi diltheyani della «comprensione» dell'Erlebnis come carattere fondamentale delle scienze dello spirito, ma il centro di essa è dato dalla ripresa delle due categorie (a cui aveva dato largo corso nella cultura tedesca Tönnies) di Kultur («cultura») e Zivilisation («civiltà»): la prima è una condizione in cui un popolo costituisce una comunità organica, legata da valori che la rendono coerente e diretta da un centro vitale ispiratore; la seconda è invece la società democratica decadente, legata dallo scambio meramente economico fra parti separate, essenzialmente meccanica e governata non da valori profondamente condivisi, ma da opinioni e mode esteriori. La scelta originale di Spengler è di applicare la concezione morfologica di Goethe al processo storico, visto come una successione di fasi organiche (o di culture) e di fasi meccaniche (civiltà)."

come in Focault

"Foucault formulerà in una sua notissima opera (Les mots et les choses, une archéologie des sciences humaines, 1966; trad. it. Le parole e le cose). Nella concezione per cui ogni cultura deve inevitabilmente decadere in civiltà e la fase di disgregazione di quest'ultima non può che comportare una rigenerante ricaduta nella barbarie, si avverte in qualche modo l'eco della visione ciclica di Vico, eco che peraltro, nel testo di Spengler, si trova distorta e annegata in una congerie di concezioni biologistiche e razzistiche che presentano non poche affinità con le ideologie conservatrici e con lo stesso nazismo che, non molti anni dopo la pubblicazione dell'opera, avrebbe conquistato il potere in Germania"

Entrambe le speculazioni partono indubitabilmente da una visione dinamica, come potresti intendere tu Garbino, ma entrambe definiscono chiaramente una guerra politica, con punti di vista chiaramente segnati e segnalati (focault).


e d'altronde


http://www.treccani.it/enciclopedia/storicismo_%28Dizionario-di-filosofia%29/

Weber

" La costruzione di Dilthey lasciava aperto il problema del carattere propriamente scientifico della conoscenza storica: se essa si legava a un «comprendere» di eventi interiori e irripetibili, comprendere che era operato da un soggetto storico singolare e storicamente situato, non rischiava così di disperdersi in un'infinità di interpretazioni individuali? Weber, specialmente nei saggi di riflessione metodologica e filosofica con cui accompagnò la sua attività di storico e di sociologo (Gesammelte Aufsätze zur Wissenschaftslehre, 1922; trad. it. parziale Il metodo delle scienze storico-sociali), cercò di fondare in modo diverso la scientificità della disciplina storica, rifiutando lo psicologismo diltheyano e reintroducendo la spiegazione mediante cause e principi generali in campo storico. In partic., è assai rilevante la dottrina del «tipo ideale»: certamente, anche per Weber nel campo della storia e della sociologia non sono applicabili categorie generali come quelle di spazio e di tempo, e la stessa causalità deve assumere una veste non meccanica, ma ciò non significa che si debba rinunciare al momento astratto della conoscenza, alla costruzione di modelli.

Lasciando da parte pensatori imbarazzanti come Croce e Popper, e concentrandoci su una ipotetica scienza storica, si finisce inevitabilmente per finire alla solita parolina magica "Modelli".

Ma è proprio a partire da quella parolina, che nasce poi la guerra dei modelli. E di nuovo la storia scientifica sarà una guerra dei modelli e cioè il modello sarà del vincitore.

Per fare un esempio pratico, ancora oggi si parla con un vocabolario storicista scientifico, devotamente anti-fascista.
(ma ovviamente è solo una narrazione, come raccontava già pasolini, il capitalismo è riuscito a fare quello che tutti i fascismi europei non sono mai riusciti a fare prima. E cioè vincere.)

per darne ragione mi riferisco anche al filosfo nodale del 900: Heideger


http://www.treccani.it/enciclopedia/storicismo_%28Enciclopedia-del-Novecento%29/

Quanto a Heidegger, esplicito è il suo richiamo a Dilthey nella nota affermazione che ‟l'analisi della storicità del Dasein tende a mostrare che questo esistente non è ‛temporale' perché ‛sta nella storia', ma che esso viceversa esiste e può esistere storicamente soltanto perché è temporale nel fondamento del suo essere". Di tutta la sua indagine sul ‟luogo ontologico della storicità", è proprio Heidegger a dire esplicitamente che si propone soltanto ‟di far progredire e allargare leprospettive di Dilthey e di favorirne l'assimilazione da parte dell'attuale generazione che non le ha ancor fatte proprie" (v. Heidegger, 1927; tr. it., pp. 541-543, Essere e Tempo).

Per intendere quello scritto da Heideger appunto bisogna aver presente quello che la trecani spregiativamente (ma appunto è la trecani, che ci si poteva aspettare) chiama psicologismo.

E che invece in maniera ben più seria ha radici nella stutturazione dell'io come visto da Hegel in poi.

La storia è un punto di vista. E la Storia è quello del vincente. (Marx)


Mi dispiace del lungo preambolo, ma serve per dare un humus culturale, su cose che si sono già pensate.

D'altronde va benissimo pensare con la propria testa, ma poi perchè non confrontarsi con eventuali possibili storture del proprio discorso?
#2849
ulteriori considerazioni a partire da sgiombo
cit sgiombo
"Secondo me la questione delle differenze fra "come", "perché" e "cosa" è diversa.
In natura (intesa in senso "stretto", non esteso al comportamento umano; e almeno di alcune altre specie animali) non esistono scopi o finalità, né significati: tutto vi accade "come" e può essere conosciuto nel modo in cui (per il "come") accade.
Invece nel comportamento (e nell' esperienza cosciente) dell' uomo (e in qualche limitata misura di altri animali) accadono anche scopi o finalità: alcuni eventi possono anche accadere "perché" ed essere conosciuti nei termini degli scopi (o dei "perché") del loro accadere.
E nel solo uomo, grazie al linguaggio, certi simboli connotano ed eventualmente denotano certi enti e/o eventi (materiali e/o mentali; e inoltre -ed indipendentemente dalla loro natura materiale o mentale- reali e/o solo pensati); cioè certi enti o eventi "sono" (intesi come; ovvero significati da) concetti che li connotano ed eventualmente denotano."

Concordo (finalmente) pienamente con te Sgiombo.

Se vogliamo intendere natura come qualcosa di immanente, ed escludendo il suo valore teologale (sennò mi contraddirei rispetto alle mie posizioni di sempre), ovviamente ci sta che non esistano causa ed effetto, ma solo descrizioni.
Mi dà da pensare invece quello che riguarda il comportamento, leggevo ieri sulla wiki che riduzionismo può anche essere inteso come quella branchia delle neuroscienze che cerca di portare via il potere (di decisione) sulla descrizione dello stesso da parte della psichiatria.
A parte il fatto che ai mie occhi usano lo stesso modus operandi, ossia appunto decidere che certe azioni corrispondano a certe evoluzioni cerebrali, una su tutte i livelli di serotonina (ma ovviamente non solo) prodotti.
E' indubitabile che nel mondo psichiatrico siano assai in ansia, e sono già pronti a lasciare ampie fette di potere (decisonale - legistlativo) a queste nuove scienze (??) pur di trovare alleanze e compromessi.
Dunque esistono già le prove forensi, per cui un azione è giudicata criminale o meno, in base alle analisi neuronali (unite a dire il vero a quelle fisiologiche generali) questo almeno negli USA, l'Europa seguirà a breve come al solito.
(non siamo ancora in un mondo distopico, in quanto si decide solo se è "prova" una determinata azione-comportamento).
La bizzaria è proprio questa, che tutto quanto sopra descritto sono azioni politiche, che però sono trattate proprio come se fossero cose scentifiche, come se veramente la scienza abbia già il potere descrittivo per decidere se la realtà sia monista, dualista, o dualista-monista.
Quello che intendo dire è come fa un significato connotativo, che si sviluppa in una storia, essere legato a quello che nella storia è immerso, ossia il cervello stesso.
Le funzioni cerebrali, che abbiamo già capito che sono delle risposte automatiche agli stimoli esterni, contengono per definizione un campo di azione che è nella storia.
Bisognerebbe veramente fare attenzione al grado denotativo, perchè fare diventare la denotazione la connotazione, ossia la descrizione di un evento, l'evento stesso è un errore da matita rossa.
Pensare che tutto questo movimento partì da Peirce, e che ancora vivo Peirce, fece subito quell'errore, dà però idea di come sia facile sbagliarsi, di come è facile decidere che un certo dato sensibile sia biunivocamente unito ad uno comportamentale, senza nemmemo il dubbio dell'inventario.(appunto senza capire la storia di quel comportamento, la psicologia)
Come dire che esiste già una prassi di decidere le cose riduzionista-monista, che ha il pregio di essere decisionale e pratica, ma contiene in sè altrettanti modi di usare quella sbrigatività, in maniera politica.
La narrazione montante dei monismi è ai miei occhi l'ennesimo tentativo di un modello scientifico (??) di prevaricare un altro.
La cosa che più mi preoccupa è che il non addetto ai lavori, non può fare altro che ascoltare e poi decidere se quella narrazione sia valida o meno. Cosa che diventa sempre più difficile in un mondo in cui l'interesse del singolo, e della singola disciplina, appare sempre più legato ad una sorta di volontà di predominio e non di collaborazione.
La questione è che poi finisce a colpi di articoli, fra monisti e dualisti (tralasciando le altre correnti).
#2850
x aperion

Complimenti Apeiron, siamo totalmente d'accordo su questo.

Il problema mentale dissociato dal mondo esterno, rimane uno dei più grandi abbagli di questo secolo.

E questo è per me il riduzionismo o monismo che si voglia chiamare.

Tra l'altro vedo la parola riduzionismo ormai usata in diversi modi e in diversi contesti, quindi mi riesce sempre più difficile dargli dei contorni ben definiti.

Nell'accezione da te usata, che contempla anche l'emergentismo (ma non sarebbe una teoria che va in direzione opposta?), il problema viene affrontato nella direzione del significato, piuttosto che della "semantica".

Ma d'altronde fin dal suo sorgere come modello analitico nella figura storica di Peirce, questa differenza fondamentale non è mai stata capita: la denotazione NON è MAI la connotazione.

Dietro queste parole oscure con cui Peirce prendeva congedo dal pragmatismo, si nasconde il problema fondamentale di tutte i discorsi scientifici, non  cioè la scienza, ma i modi con i cui essa vuol farsi conoscere, riconoscere e infine prendere potere.

Nel corso degli anni ho sempre parlato di scientismo, essendo però il problema infinitamente più complesso. E l'incontro con Peirce è bloccato da tempo, anche nel mio caso.

Ma è proprio sul punto che tu hai ricordato, ovvero sulla distinzione tra descrizione (denotazione, semantica) e significazione (connotazione) che la battaglia intellettuale è in corso.

La battaglia in realtà manco esiste, in quanto la scienza in quanto scienza dura, semplicemente si disinteressa del modello usato, completamente tesa al suo fine, qualunque esso sia.

Se il modello sia dualista, monista o emergentista, aiuta, essa lo userà senza indugi completamente a suo agio nella manipolazione dei dati e degli eventuali successi.

Per dirla tutta e in brevi considerazioni direi quasi che il significato della scienza sia totalmente nel suo successo, nemmeno nella sua descrizione.