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Messaggi - Jacopus

#286
Tematiche Filosofiche / Psicoanalisi
19 Ottobre 2024, 11:05:36 AM
Nella discussione su Cartesio si è iniziato a parlare di psicoanalisi. Gli interventi però sono stati finora rivolti ad una visione molto tradizionale e "freudiana" della psicoanalisi. La psicoanalisi in realtà ha più di un secolo di vita. Freud è morto nel 1939 ed anche nella sua bibliografia emergono spunti importanti che non limitano la psicoanalisi all'impatto della sessualità nella vita psichica. A maggior ragione oggi, periodo in cui la repressione sessuale, la sessuofobia vittoriana è stata sostituita da una sessuofilia altrettanto preoccupante. In sostanza Freud non ha scritto le Leggi psichiche su tavole mosaiche. La psicoanalisi è andata avanti. È un interessante metodo di osservazione del comportamento umano ed è stata usata nei più disparati campi disciplinari. Fortunatamente è stata anche in grado di recepire altre ricerche ed altri sentieri di studi, pur in una sua legittima definizione di una scuola ortodossa, che impedisca la diluizione e frammentazione della scuola psicoanalitica stessa.
Ma il trattamento psicoanalitico non è solo l'apprendimento dei meccanismi sublimatori edipici che ci permettono di convivere con i nostri sintomi. È un dialogo, eminentemente filosofico. È una ricerca di senso che attraversa tutti gli stati affettivi arcaici dell'uomo, utilizzando al posto dell'azione il simbolo (linguaggio), la memoria (biografia) e l'accesso attraverso linguaggio e memoria all'inconscio.
#287
L'uomo non è in grado di fermare l'evoluzione. Finora è riuscito a replicarsi in un modo spettacolare come non era mai riuscito ad altri animali della nostra stazza, ma per fermare l'evoluzione bisognerebbe fermare anche l'ambiente. Infatti l'evoluzionismo nasce come esigenza di riprodurre la vita anche in ambienti molto diversi o che cambiano nel corso del tempo. Dal punto di vista storico inoltre siamo una specie molto giovane.
Appena 200.000 anni contro i 400 milioni di vita filogenetica di alcune specie di squali (e questo significa che non siamo ancora "rodati" per dire che siamo un esempio vincente dell'evoluzionismo: potremmo essere come l'effimero impero di Gengis Khan contro la libellula, paragonabile ad un regno millenario nepalese).
 Resta il fatto che il 99 per cento, ovvero 5 miliardi di specie, si sono estinte e noi siamo destinati, prima o poi, a fare la stessa fine, con buona pace di Mosè. Inoltre essere sottomessi o essere usati in uno zoo risponde alle stesse regole dell'evoluzionismo. Saremmo così in grado di trovare una nostra nicchia ambientale, anche se diversa da quella precedente all'apice della catena alimentare.
#288
Sono molto d'accordo con l'ultimo intervento di Daniele, il dolore psichico e il dolore fisico sono collegati in molti modi. Sugli altri interventi dirò la mia quando avrò un po' di tempo.
#289
A mio parere, Dio, in Cartesio, è una cortina fumogena, tanto il suo pensiero è distruttivo rispetto alla tradizione del pensiero scolastico precedente. Affermazione provata dalla paura che Cartesio aveva di finire nelle grinfie della Congregazione del Sant'Uffizio. Il Cogito ergo Sum, è una leva fondamentale verso il metodo scientifico, oltre che verso la concezione "individualista" della nascente borghesia, con tutti i buoni e cattivi frutti di questa evoluzione del pensiero umano.
#290
Mi sono casualmente imbattuto in questa frase di un letterato americano del XIX secolo, famoso soprattutto per aver tradotto per primo molte opere italiane in inglese, Henry Longfellow. La frase è questa:
"Se potessimo leggere la storia segreta dei nostri nemici, nella vita di ciascuno troveremmo dolori e sofferenze tali da neutralizzare ogni forma di ostilità".

Trovo questa affermazione molto vera e mi conferma come non esista di fatto malvagità umana originaria, ma una malvagità che si articola attraverso il trauma o la strutturazione della società. Questo principio potrebbe essere usato sia nei rapporti fra singoli che fra collettività. In casi rari, come in Sudafrica (commissione per la verità e la riconciliazione), questa affermazione è stata applicata, con risultati straordinari. Epurata dai suoi aspetti fideistici, è la stessa logica del messaggio evangelico, di molte culture orientali e di molte correnti filosofiche.
Eppure la maggioranza dei comportamenti umani tende a polarizzare la frattura amico/nemico e la relativa violenza.
Qual'è la ragione di questa distanza fra un modello apparentemente facile da raggiungere e che ci permetterebbe di vivere in pace e la desolante realtà che ci rende ognuno nemico ognuno dell'altro, qui in questo forum, nella vita quotidiana, nei rapporti fra Stati e culture? 
#291
Appoggio la posizione di Freedom. Forse non servirebbe neppure la mediazione degli USA in un mondo ideale. Credo che come nel caso di Ucraina/Russia, la ragione non stia tutta da una parte, anche se non è equamente divisa in due. Nel caso di Israele, si è trattato della creazione di uno stato occidentale come avamposto in medio oriente, al di lá del sionismo e della migrazione degli ebrei che durava da diversi decenni. Si poteva benissimo e sarebbe stato più giusto creare uno stato ebraico in una porzione della Germania. Questo è stato il peccato (geopolitico) originale (ormai rimosso ma con cui dovremmo fare i conti in quanto occidentali). Le guerre successive si sono succedute come conseguenza di quella imposizione esterna e neocoloniale.
Purtroppo la situazione è così complessa da non poter prefigurare una nuova commissione per la riconciliazione e la pace come quella che Tutu e Mandela si inventarono per chiudere la partita dell'apphartheid in Sudafrica. Ma l'unica strada giusta è quella, perché altrimenti la violenza chiamerà sempre nuove ondate di violenza. Aggravate, da ognuna delle parti, dal pensare di essere legittimati  a combattere nel nome del loro Amico Immaginario.
#292
CitazioneSono proprio queste semplificazioni che non mettono a tema il problema.
Il transfert è l'apertura al senso erotico del soggetto nevrotico (ossia castrato).
Che Freud lo usi nella sua terapia (ove l'analista fa da partner amicale), non toglie che la sua valenza sia molto più ampia, come lo stesso Freud continuava ad ammonire (insascoltato).
Il contro-transfet nella terapia è l'analista che accondiscende alla richiesta erotica-amicale dell'analizzando, che però potrebbe essere una manipolazione dello stesso analizzando. Questa "manipolazione" serve a creare la suggestione di essere guariti secondo Freud. Ma in realtà la nevrosi torna, e dunque la terapia non è terminata.
Nella psicanalisi contemporanea invece la suggestione è la cura.
(nella società consumista e schiavista è necessario che il soggetto sia nevrotico per poterne dirigere il desiderio di consumo, attraverso la suggestione delle pubblicità dei costumi e dell'industria culturale).
Per questo il contro-transfert può essere si visto positivamente (guarigione effettiva) ma anche NEGATIVA.
In questo senso, nel vero senso freudiano, il controtransfert è una pulsione mortifera.
Non so da dove prendi questi spunti, Green. La psicoanalisi, nella sua versione detta "teoria dell'attaccamento", quindi successiva a Freud, per prima cosa ha ridotto il peso dell'erotismo nella relazione terapeuta-paziente. C'è l'aspetto erotico ma vi è, altrettanto potente, l'aspetto di cura parentale che la psicoanalisi fa riaffiorare. Cura parentale che non si può ridurre a semplice eros. Poi tracimi verso Deleuze e Guattari e le macchine desideranti, se ho ben capito, mantenendo una sorta di culto di Freud, anche laddove lo stesso Freud riteneva che le sue teorie, nel nome della scienza, avrebbero dovuto e/o potuto essere modificate. La cura psicoanalitica non avviene tramite suggestione che, benevolmente, il terapeuta concede al paziente. Si tratterebbe, appunto come scrivi, di una manipolazione e da una manipolazione, da una finzione non viene, di solito, nulla di buono, tranne che nell'arte. L'atto terapeutico è quello che Freud chiama semplicemente "Nebenmensch" (in parodistico contrasto con l'Ubermensch), ovvero la capacità di ascoltare, di essere vicini, di riepilogare i passaggi della vita del paziente, di scoprire gli atti mancati, le vergogne, le debolezze, le azioni vili. La psicoanalisi è un viaggio che arricchisce entrambi i viaggiatori e dove rischiano per vie diverse, sia il terapeuta che il paziente. La nevrosi torna, perchè la cura è impossibile, come riconosce lo stesso Freud, ma non tutte le nevrosi sono uguali e non tutti i disturbi classificati sono identici. La psicoanalisi è allora un percorso che sostanzialmente serve a fare la pace con la nostra imperfezione nevrotica. Sul controtransfert come pulsione mortifera, sono invece rimasto a bocca aperta, in primo luogo perchè non esiste mai guarigione totale, proprio per la nostra natura e per il trauma irreparabile causato dal nascere, in secondo luogo perchè se è una pulsione mortifera allora bisognerebbe evitarla, facendo tornare in auge, la figura del terapeuta "interprete cognitivo" della nevrosi. Ma nessuno è mai guarito o semplicemente "cambiato" perchè qualcuno gli ha interpretato la sua nevrosi. La guarigione come accettazione del proprio stato di malattia avviene solo connettendo gli aspetti cognitivi con quelli affettivi in un setting simbolico dato dal dialogo.
Mi piacerebbe che spiegassi meglio la tua posizione, affinchè possa capire e magari anche modificare o arricchire la mia posizione sull'argomento.
#293
A me pare che la differenza sta nelle cause. Si uccidono animali per cibarsene. L'equivalenza può valere per le popolazioni che praticano il cannibalismo (che però quasi sempre ha funzioni simboliche e non semplicemente alimentari) oppure per le uccisioni sadiche di animali, che hanno il solo scopo di rafforzare la natura predatoria dell'uccisore.
#294
Complimenti anche a Koba II per i suoi interventi. Ora vorrei stimolarvi non più nel versante "critico" ma in quello "apologetico". Il nesso che forse qualcuno avrà già notato è quello fra Cartesio e Nietzsche. Il cogito infatti separando ogni sè, evidenzia la forza eroica di ognuno di noi, in grado di emanciparsi attraverso il pensiero da ogni tradizione. È evidente come Cartesio non sia altro, qui, che il portavoce (pregiato) dell' ascendente borghesia seicentesca. Tradizione che forgia i comportamenti, che si oppone ai cambiamenti e che comprime il bisogno creativo e innovativo dell'uomo. In questo, credo, vi sia un quid in più rispetto alla ricerca di un metodo, che è il tipico approccio a Cartesio.Ed è questo quid in più che si ricollega a Nietzsche, al concetto di "eterno ritorno", così come interpretato da Severino. In questo senso Nietzsche e Cartesio presentano una assonanza, pur nella notevole diversità, ovvero la capacità di cancellare temporaneamente la storia/tradizione per poter muovere la storia senza che la storia/tradizione ne blocchi l'evoluzione. In questa visione nessun "corso e ricorso" è più inevitabile. L'uomo diventa adulto, dopo l'infanzia medioevale. Cartesio apre la porta alla modernità, al tempo-freccia che sostituisce il tempo-cerchio. Nietzsche userà ferocemente il suo martello contro la tradizione, ma già Cartesio, con un metodo travisato, gesuitico, l'aveva fatto due secoli prima.
#295
Bel post, Scepsis. Una scrittura chiara e comprensibile per spiegare Cartesio non è da tutti. L'analogia con i "punti di singolarità" è davvero ottima e se è farina del tuo sacco, dovresti prendere in considerazione l'idea di diventare un "filosofo professionista".
#296
Argomento interessante Eutidemo . Per iniziare la discussione provo a sottolineare due aspetti.

Intanto sono d'accordo rispetto alla presenza di una mente che supera la mente individuale, e che chiamerei collettiva o culturale. Ad esempio ora le nostre menti e quelle degli ipotetici lettori sono collegate a più livelli. Ad un primo livello siamo collegati perchè immaginiamo gli altri che leggono e che sono davanti ad un PC o a uno smart-phone. Ad un secondo livello siamo collegati perchè possiamo scambiarci dei significati a partire dall'accettazione convenzionale del significato dei lemmi della lingua italiana. Ma siamo mentalmente collegati anche dalla profonda accettazione del fatto che apparteniamo tutti alla stessa specie e pertanto siamo tutti figli di Lucy. Il nostro livello di collegamento è dato poi dagli stati affettivi di base che presuppongono (quasi) sempre la interazione con i nostri simili (sesso, gioco, paura, cura parentale, rabbia, ricerca, sofferenza psicologica). C'è quindi sempre una mente collettiva a cui possiamo risalire attraverso molte strade.

Nello stesso tempo però, proprio l'evoluzione tecnica dell'uomo e la sua neuroplasticità, può creare le condizioni per farci credere in una mente individuale corazzata dentro il proprio sè. Studi recenti analizzano proprio come la storia sociale possa (inevitabilmente) incidere sulla percezione del proprio sè in un senso più individuale o più collettivo. E' per questo che le campagne di persuasione, i media, i leader, i meme, hanno una importanza così grande nel mondo culturale. Perchè possono modificare persino stati legati alla nostra biologia in quanto animali sociali. Non solo,  la nostra stessa formidabile capacità di sfruttare il mondo dall'inizio dell'era moderna, è intimamente collegata ad una nuova percezione di sè come soggetti individuali "separati" non solo dagli altri ma perfino dal proprio corpo. E' in qualche modo Cartesio a dettare l'avvento dell'uomo moderno, della rivoluzione francese, della rivoluzione industriale, del colonialismo e del capitalismo (ovviamente non solo Cartesio, ma Cartesio è molto importante in questo processo). Attraverso la soggettivazione estrema, è possibile anche l'oggettivazione estrema, ovvero porre all'esterno di sè il mondo, che può quindi essere sfruttato e usato come oggetto. Al termine di questo percorso ci sono i campi di sterminio o (per par condicio) l'affermazione che l'uccisione di un uomo è un assassinio, mentre quella di milioni di uomini, statistica.

Il secondo aspetto riguarda invece il metodo scientifico fondato sulla misurazione e sulla ripetizione sperimentale (oltre che sul consenso della peer comunity). Se questi parametri sono rispettati è inevitabile considerare che esiste una realtà "fisica" oggettiva (ad esempio la musica che fuoriesce dal grammofono può essere misurata in decibel). Ben diversa valutazione riguarda invece, come accennato prima, la realtà "culturale", che è un ibrido fra istanze biologiche e neurologiche e istanze culturali, reciprocamente interagenti e impossibile da rendere "oggettive" in termini scientifici. L'unica oggettività in questo campo può essere forse la regola zulu dell'Ubuntu.
#297
Tematiche Spirituali / Re: Teologia LGBTQ+
05 Ottobre 2024, 14:28:47 PM
Il problema fondamentale della religione cristiana ( ma anche mussulmana ed ebraica, in questo sono equamente alla pari, con qualche punto a favore del cristianesimo, grazie al messaggio evangelico) è quella di voler credere che l'uomo sia necessariamente un peccatore, intimamente malvagio e che necessita quindi di una guida sovraterrena per superare tale malvagitá "genetica". Il richiamo alla supposta terza guerra mondiale rientra in questa modalità di pensiero. Fatto salvo che sono dentro questa terza guerra mondiale supposta proprio quei paesi che invocano il loro Dio degli eserciti, mentre altri paesi che non hanno questa logica, se ne tengono lontani. Il Dio cristiano è un Dio paranoide, che divide i buoni e i cattivi. Il Figlio ha tentato di rimediare a questa visione paranoidea ( che anticipa sempre la violenza), ( chi è senza peccato...) che però è ancora ben presente. Ed è proprio
Il Dio degli eserciti a legittimare la violenza, anche quando quel Dio è apparentemente scomparso. La visione buono/cattivo, paradiso/inferno è una visione paranoica, aggravata dal fatto che, come hai precisato, tutte le colpe sono gravi allo stesso modo. Con questo coup de theatre si ottengono due risultati: attingere ad un senso di colpa universale e onnipresente e concedere il superamento della colpa semplicemente con la fede. La conclusione è: hai la fede ma sei un genocida? Ti accolgo nella casa del Signore. Non hai la fede ma sei sempre stato onesto e buono? Vai nella Geenna, dove è pianto e stridor di denti.
#298
Tematiche Spirituali / Re: Teologia LGBTQ+
05 Ottobre 2024, 12:46:03 PM
Caro Duc, io rispondevo a questa tua osservazione:

CitazioneInoltre, senza Dio (a-teo) è tutto lecito, altro che aberrazioni superate... basta guardarsi intorno!

Quindi non capisco il nesso con la tua citazione evangelica. Senza Dio non è tutto lecito e ti ho fatto degli esempi piuttosto concreti. Capisco che la fede è appunto diversa dalla realtà ed è proprio per questo che mi risulta piuttosto sospetta anche se ammetto che risponde ad un bisogno profondo dell'uomo e della sua storia.
#299
Tematiche Spirituali / Re: Teologia LGBTQ+
04 Ottobre 2024, 19:41:50 PM
CitazioneInoltre, senza Dio (a-teo) è tutto lecito, altro che aberrazioni superate... basta guardarsi intorno!
L'uomo. "Dal legno storto di cui è fatto l'uomo non si può costruire nulla di perfettamente dritto" E meno male, caro Kant. Mi piacerebbe sapere da te e dal tuo esimio predecessore, Fedor Michailcovic Dostoevskij, come giustificate il fatto che vi sono nazioni estesissime, popolosissime che fanno a meno di Dio e se la cavano benissimo, mentre altre dove un qualche Dio domina sulle folle e si amazzano che è un piacere. Altra postilla. Nell'attuale Europa A-tea, il livello degli omicidi è di 1-2 ogni 100.000 persone, nel pio Medioevo era di 50-100 ogni 100.000 persone (fonte: S. Pinker, il declino della violenza, Mondadori).
#300
Bell'intervento Koba. Io purtroppo, tranne che per la scuola di Francoforte, Hobbes, Freud e qualche classico greco/romano non conosco direttamente i pensatori, ma spesso attraverso la lente (distorta) della psicologia, delle neuroscienze e della psichiatria. Questione di tempo ma anche di capacità di interpretare correttamente pensatori che pensavano secoli fa. Tradurli e comprenderne il senso o attualizzarli non è semplice. Mi affido ad altri. Cartesio lo conosco per le letture liceali, ma essendo uno snodo fondamentale della filosofia me lo ritrovo spesso, affrontato da angolazioni molto diverse, che ne offrono interpretazioni molto diverse. È un po' il contraltare filosofico di Phineas Gage, che mi ritrovo spesso nei testi di neuroscienze come esempio del collegamento fra neocorteccia e autocontrollo. E come tutti i grandi filosofi se ne possono dare interpretazioni addirittura opposte. Cartesio era addirittura ossessionato dalla possibilità di essere inquisito per le sue idee da scappare in Svezia, conosciuta già allora per la tolleranza e dove invece morì di polmonite, anche se altri storici ritengono che sia stato avvelenato da un frate proprio per le sue idee contrarie alla tradizione. Il sum cogitans infatti è anche un grande assist al protestantesimo germogliante in quell'epoca, perché autoriferiva alle qualità dell'uomo le sue capacità. Non "penso per concessione divina" ma "penso dunque sono". L'individuo centrato sulla misurazione scientifica, sulla separazione, sulla soggettivazione esasperata, sulla supremazia dell'alto (cervello) sul basso (corpo) nasce da Cartesio.
Quest'ultima tematica ovviamente può essere connessa anche con la controriforma, che tendeva a vedere nel rilassamento "artistico" del rinascimento la causa dell' affermarsi del Protestantesimo e in Cartesio la riproposta medioevale e molto desiderabile, del corpo come un fardello a cui contrapporre la purezza dell'anima. La storia del pensiero infatti non è mai lineare e raccoglie pezzi della storia precedente e li riassembla. Il puzzle di Cartesio fu particolarmente potente, visto che continua ad emanare la sua influenza a distanza di secoli (come del resto tutti i grandi filosofi).