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Messaggi - maral

#286
Tematiche Filosofiche / Re:Che è l'uomo?
18 Aprile 2017, 21:50:42 PM
Citazione di: sgiombo il 18 Aprile 2017, 11:19:33 AM
Se, come comunemente accade, per oggettivo si intende "reale (anche) indipendentemente dal (-l' eventuale) soggetto di sensazione o di conoscenza", allora (ammesso che esista un soggetto delle sensazioni fenomeniche immediatamente avvertite; -o meglio: accadenti) ciò che è immediatamente avvertito e constatato e dunque conoscibile con certezza sono per l' appunto unicamente le sensazioni fenomeniche il cui accadere è dipendente dall' esistere/divenire del soggetto stesso, e dunque non oggettivo; e se oggetti delle sensazioni stesse sono/divengono realmente (anche) indipendentemente da esse, allora non si identificano con esse (pena la caduta in una patente contraddizione!), alle quali dunque non può attribuirsi propriamente alcuna "oggettività", ma casomai (almeno a parte di esse) un' "intersoggettività" nel senso di "corrispondenza puntuale ed univoca fra più esperienze coscienti di più soggetti", i quali tutti ne possono conseguentemente parlare allo stesso modo (nei medesimi termini, mediante gli stessi simboli verbali).
Ovviamente stento ad essere d'accordo. In primo luogo per quale motivo il soggettivo non dovrebbe essere reale? E' perfettamente reale, noi viviamo di sensazioni soggettive. E peché le sensazioni immediatamente avvertite dovrebbero avere la garanzia di realtà oggettiva? In genere è l'esatto contrario. Io ho la netta sensazione immediata di una terra piatta che se ne sta ben ferma, con sole e pianeti che le girano intorno, mentre mi si dice che è oggettivo il contrario di cui non ho certo immediata sensazione. Nulla mi può dire che ci sia una realtà oggettiva dato che sono sempre io a percepirla con la mia emotività, i miei preconcetti, le mie capacità di intendere, le mie aspettative, la mia cultura. Come faccio a dire che quello che ho imparato io a conoscere vale oggettivamente per tutti in ogni epoca e in ogni luogo? Certo, c' un'intersoggettività, ma l'intersoggettività resta comunque soggettiva, è il risultato di una condivisione culturale di prassi comuni che oggi la maggioranza esercita, alla luce della quale le cose appaiono vere nel contesto che le pregiudica vere. E il risultato di questa intersoggettività sono delle mappe condivise con le quali è utile muoversi nel nostro mondo, ma non è detto che funzionino in altri mondi e tempi, anzi sicuramente non funzionerebbero.
Perché mai l'esperienza cosciente non dovrebbe essere inclusa nell'universo? Da dove viene allora? C'è un mondo puramente spirituale che fa a meno della materia? Ma poi cos'è materia e cosa è spirito? Dove si incontrano e si separono?
Noi possiamo anche pensare che quello che ci accade accadrebbe anche se non ci fossimo, e qualcosa certamente accade per tutti, ma cosa? Come possiamo dire cosa se noi non ci siamo, se non ci siamo noi che solo in virtù del nostro sentire soggettivo lo percepiamo immediatamente o mediatamente che sia?
Perfettamente d'accordo invece con la tua osservazione sul razionalismo, ma proprio poiché:
CitazioneRazionalità e "spontaneità irrazionale o sentimentale" nell' uomo non sono reciprocamente escludentisi, bensì complementari.
la soggettività sentimentale ed emotiva non può essere messa da parte in nessun giudizio, è sempre presente, anche se si fa finta di essere oggettivi per ottenere più credito ai propri immancabili pregiudizi.
#287
Tematiche Filosofiche / Re:Che è l'uomo?
18 Aprile 2017, 17:34:21 PM
Citazione di: Sariputra il 18 Aprile 2017, 15:48:07 PM
Il gatto sicuramente fa il gatto, ma l'uomo...fa l'uomo? ( O recita la parte dell'uomo?... :-\ )
E che altro può fare l'uomo se non recitarne la parte. Anche se a volte preferisce recitare altre parti interpretandole decisamente male.
#288
Tematiche Filosofiche / Re:Che è l'uomo?
18 Aprile 2017, 17:28:54 PM
Citazione di: myfriend il 18 Aprile 2017, 13:06:09 PM
Guardiamo, per esempio, allo sviluppo embrionale.
L'homo nasce come organismo unicellulare.
Poi si sviluppa come embrione nell'acqua.
L'embrione assume le forme del pesce, poi del rettile, infine del mammifero.
Poi acquisisce la struttura ossea.
Cosa significa questo?
Significa che l'embrione sintetizza in 9 mesi tutte le fasi della evoluzione sulla Terra.
A partire dalle pietre (scheletro) e dall'acqua (Liquido amniotico).
Non solo.
Il sistema linfatico dell'homo ricalca il sistema linfatico delle piante.
Quindi in noi c'è anche il mondo vegetale.

Le pietre, l'acqua, le piante, gli animali...sono tutti stadi evolutivim cioè stadi in cui la "Coscienza cosmica" si manifesta e manifesta nella materia quelle che sono le sue caratteristiche.
Nell'homo, oltre a tutte le caratteristiche degli step evolutivi precedenti, si è manifestata una nuova caratteristiche della "Coscienza cosmica": l'autocosicenza e la compassione.
La coscienza cosmica che è comunque cosmica giacché l'uomo esiste ed è parte del cosmo, non ci appare però né nella pianta né nell'acqua o nella pietra, né nel pesce, né nell'anfibio ecc. e nemmeno nell'embrione. Comincia ad apparire nel bambino che impara a parlare di sé e del mondo e si sviluppa nell'adulto e sa che quello che dice può indicare qualcosa che manca, che non c'è. La pietra, l'acqua, la pianta e l'animale sanno perfettamente esistere e per questo c'è un sapere in tutti gli esseri esistenti, ma solo l'uomo può sapere di sapere o non sapere.

#289
Tematiche Filosofiche / Re:Che è l'uomo?
18 Aprile 2017, 17:18:29 PM
Citazione di: Lou il 18 Aprile 2017, 15:33:49 PM
Non capisco perchè l'universo non può conosce sè stesso anche attraverso gli occhi di un gatto, di una scimmia, di un serpente? A me piacerebbe ad esempio, sapere come appare l'animale uomo agli altri  animali, chissà se magari agli occhi dei gatti sono i gatti a sentirsi misura di tutte le cose.[/size][/font][/color]
Domanda difficile.
Come dicevo l'uomo appare a se stesso come l'unico essere in cui l'aspetto del conoscere nel significato è soverchiante alla sua stessa esistenza, tanto da comprenderla fino a metterla in dubbio. Non posso sapere come a un gatto, a un serpente o a una scimmia appaia se stesso e il mondo, non posso sapere nemmeno se in qualche modo appare un qualsiasi significato. Essi come noi respirano e hanno occhi per vedere, ma i significati non si vedono con gli occhi, ma con quella forma di linguaggio che è capace di articolarli, di farne segno significante, di intendere anche il proprio corpo come mezzo per fare segno. Nessun animale imbelletta il proprio corpo per renderlo un simbolo per gli altri, perché è il proprio corpo, non ce l'ha.
#290
Tematiche Filosofiche / Re:Che è l'uomo?
18 Aprile 2017, 15:14:15 PM
Citazione di: acquario69 il 18 Aprile 2017, 04:50:55 AM

maral...un paio di "mie" considerazione che vorrei appunto esprimere senza pretese,in merito a quanto scritto sopra..e cioè',

Che la parte può avere "coscienza" di essere anche il tutto, perche e' pur sempre parte del tutto...
In altre parole la parte non può non avere la sua stessa essenza, o in altre ancora e' solo il tutto che può realizzare la parte e non il contrario.
Se e' vero che sono comunque la medesima cosa sembrerebbe altrettanto vero che ce una relazione,(Relazione = Manifestazione) ma anche una gerarchia.

suona chiaro come mi e' venuta di dire? :)
Sì, mi sembra chiaro, stai dicendo che tra parte e tutto il tutto viene prima (e direi anche ultimo, dato che la parte è comunque nel tutto e dal tutto muove verso il tutto tornandoci sempre). Però direi anche che il Tutto solo facendosi via via parte può riconoscersi, come incarnandosi, prendendo forma. La parte che emerge dal tutto e ha il tutto come sfondo è la singolarità che fa la differenza, è l'eccezione trasgressiva che appare nella sua pretesa/ volontà aurorale, è, nel suo manifestarsi ora, la totalità stessa che emerge come forma dall'informe indifferenziato in cui ogni parte è equivalente rispetto al tutto, mentre ora in essa c'è il tutto.
Questa credo sia fondamentalmente quello che accade nella performance artistica.
#291
Tematiche Filosofiche / Re:Che è l'uomo?
18 Aprile 2017, 14:47:30 PM
Citazione di: davintro il 18 Aprile 2017, 01:33:57 AM
se garantire il bene dell'uomo vuol dire rispettare la sua libertà non è per un irragionevole permissivismo relativista, ma perché l'uomo è razionale, cioè ha in se stesso i criteri per giudicare le proprie azioni rivolte a garantire il suo bene
Temo però che se è vero che il giudizio razionale è in grado di rendere la libertà all'uomo (e a partire da Parmenide ed Eraclito la filosofia non ha fatto che questo: sollecitare il giudizio razionale), può, nel momento in cui si ritiene definitivo, cioè in grado di eliminare completamente l'aspetto irrazionale che è il vivente stesso, rischia di tramutarsi in gabbia dalle sbarre di acciaio che soffoca la vita stessa. E una gabbia razionale in cui ogni effetto si crede perfettamente calcolabile, non è certo meno letale per l'essere umano. Credo piuttosto che il problema sia come poter danzare su un filo sempre oscillante in bilico sull'abisso, senza sfracellarsi tra le mitologie e i teoremi che dovrebbero salvaguardarci da ogni caduta.
#292
Tematiche Filosofiche / Re:Che è l'uomo?
18 Aprile 2017, 14:31:35 PM
Citazione di: Garbino il 17 Aprile 2017, 08:59:05 AM
Che è l' uomo?

Fondare una scienza ed una filosofia non significa rifondarle. Non significa cioè salvare il salvabile e ripartire da quel punto, ma ripartire da zero. Salvare il salvabile infatti identificherebbe che ciascuno tenderebbe a salvare ciò che ritiene non opinabile ed ogni sforzo di fondare qualcosa cadrebbe nel vuoto.  Ma inoltre e sempre a mio avviso è necessario astrarsi dal tempo in cui si vive e che è già il risultato di tutti gli errori che la nostra conoscenza cela dietro ogni virgola.

Ciò che intendo dire è che è necessario che ciascuno si rimetta in gioco totalmente, e che purtroppo questa è la cosa più difficile. Infatti possiamo constatare che già sulla premessa iniziale, alquanto generica e per niente vincolante, la condivisione è ardua.
Certo, è necessario rimettersi totalmente in gioco nelle nostre convinzioni, vederne il continuo inevitabile franare, ma senza scordarci che noi siamo il risultato di quelle e che ciò che in esse frana è l'immagine che ci diamo di noi stessi e del mondo. Ma queste immagini non svaniscono nel nulla, nemmeno un atto di volontà potrebbe farle svanire nel nulla, ma lasciano dei segni indelebili e questi segni sono tracce in cui possiamo conoscerci, sono tracce su un percorso. Noi siamo un percorso che muove da lontano e del quale restano solo tracce. Non si può ricominciare da zero, poiché l'universo non nasce oggi, anche se solo adesso si presenta ripetendo.

#293
Tematiche Filosofiche / Re:Che è l'uomo?
18 Aprile 2017, 12:45:25 PM
Green, è interessante la distinzione che hai posto tra universo e natura. Se l'universo è la categoria dell'altro tuttavia si può istituire un collegamento, laddove l'io appare come altro del mio altro. E questo potrebbe consentire di con-prendere universo e natura, pur mantenendone la distinzione fondamentale.  La scienza, che vede l'oggetto per formalizzarlo, può dunque vedere nell'universo il soggetto e considerarlo come suo oggetto formale, per il quale si rende possibile una lettura formalizzante oggettiva che  rimanda al soggetto. E analogamente, ma in senso opposto, l'universo oggetto si riflette nell'immagine di un soggetto che gli corrisponde . Questa reciproca corrispondenza, direbbe Sini, è mediata dallo strumento, ossia di quel qualcosa che mi è dato tra me e il mondo e ne permette la conoscenza a distanza mantenendo il collegamento nella prassi di uso dello strumento . Lo strumento è ciò che riempie il vuoto di quella distanza e primo strumento e prima tecnica è il linguaggio che si esprime in gesti e segni vocali e somatici.
La dimensione linguistica corrisponde alla dimensione cognitiva che si muove attorno all'esistenza  (il saper vivere) mostrandola. Il nostro stesso vivere è quel "qualcosa" di cui umanamente tentiamo di sapere. Questo è il motivo per cui solo l'essere umano può con-prendere, ossia comprendere la distanza tra il vivere e il conoscere, ove conoscere e vivere continuamente si intersecano e si implicano, pur rimanendo nella reciproca distanza che continuamente oscillando si ripete. La nostra esistenza è alternativamente compresa dalla nostra conoscenza e la comprende in sé, per venirne di nuovo ricompresa.  Appare quindi un ritmo che, con il suo andare e venire della pulsazione che ritorna, si colloca a fondamento originario ed estatico di ogni epistemologia.

P.S.
Citazione di: Green DemetrIl mio problema è relato al fatto che questo inevitabile, pena la contraddizione di ogni categoria di esistente, in-sè non è rappresentabile.
Scusa il PS, ma credo sia importante. L'in-sé è in realtà continuamente rappresentato e si dà proprio nello scorrere continuo delle sue immagini parziali. In tal senso non è un problema: la totalità non è che le parzialità che si succedono in cammino, ognuna delle quali viene rappresentandola proprio per come è, senza mai poter essere la totalità/verità compiuta, ma la totalità/verità che si compie. Dunque non c'è un inganno mimetico, semmai un errore che sempre si ripete in forma diversa, ma questo ripetersi dell'errore è il presentarsi della verità stessa.
#294
Tematiche Filosofiche / Re:Che è l'uomo?
17 Aprile 2017, 23:30:08 PM
Data la tarda ora e la mia attuale stanchezza, rifletterò domani sulle impegnative considerazioni di Green Demetr e Garbino, che invito senz'altro a postare le sue opinioni sulla volontà di potenza come conoscenza anche qui, sperando che ci illuminino sul quesito. :)
#295
Tematiche Filosofiche / Re:Che è l'uomo?
17 Aprile 2017, 23:02:08 PM
Citazione di: paul11 il 16 Aprile 2017, 14:54:00 PM
La corretta conoscenza viene mantenuta nel rapporto  fra il Tutto e le parti; non è il solo Tutto o le sole  singole parti la verità, ma è dal loro rapporto che scaturisce la verità.
Si tratta di ragionare anche nella scienza attuale e nella filosofia, a loro volta di saperle relazionare e quindi avere una rappresentazione logica che relazioni.
Se ne deduce che una sola è la Legge alle quali devono esser ricondotte tutti i domini con le loro specifiche leggi.
Quindi, ad esempio, l'etica o la morale, non possono essere specificità temporali o spaziali(oggi va bene e domani, no, in quel luogo è giusta, in altro è sbagliato). Il contraddittorio che implica il razionalizzare è il nostro grado di conoscenza e in fondo di libertà, in quanto ci rende  coscienti quali sono e come si manifestano le condizioni fisico/materiali o morali contraddittorie che non rispettano il rapporto fra il principio universale e le singolarità.
L'essere coscienti delle proprie restrizioni è già in qualche modo essendo comprese, una forma di liberazione.
Non soffro esistenzialmente di ciò che so, perchè ne faccio una ragione e capisco i miei limiti, le mie necessità, le mie possibilità.
MI pare tu dica qualcosa di fondamentale, ossia che la corretta conoscenza è nella giusta relazione tra le parti e il tutto. Ma, se noi siamo una parte, come possiamo definire la correttezza di questo rapporto? Il tutto a cui ci riferiremo sarà sempre un tutto parziale, visto dalla nostra parzialità. Come possiamo comprendere il tutto come tutto? Ossia prenderlo tutto con noi (come dice bene Green)? Manteniamoci nei nostri limiti, tu dici, e sono d'accordo, ma se ci manteniamo nei nostri limiti come possiamo fondare un'etica o una morale che non siano specificità temporali o spaziali? Non sono forse proprio il tempo e lo spazio in cui viviamo proprio il nostro limite in cui dovremmo mantenerci?
#296
Tematiche Filosofiche / Re:Che è l'uomo?
17 Aprile 2017, 22:50:34 PM
Sgiombo, d'accordo, l'unicità dell'uomo in quanto autocosciente è soggettivamente vera, ma cos'è mai oggettivamente vero? Non è che mi affaccio alla finestra e vedo un mondo oggettivo davanti a me, come se non fossi lì anch'io, nel mondo che vedo, come se fossi un'altra cosa non partecipante.
Può essere che "qualcosina" di questa coscienza e forse pure di questa autocoscienza appartenga anche ad alcuni altri animali, ma essa resta del tutto inclusa nel loro saper vivere, mentre nell'uomo no, nell'uomo travalica ampiamente questo saper vivere e vuole includerlo infatti dici "è l'universo materiale – naturale a esserne incluso"), finendo poi per esserne a sua volta inclusa. Di sicuro per l'uomo non c'è conoscenza senza rappresentazione.
Mi sa che Chalmers dica qualcosa di piuttosto assurdo se consideriamo che le leggi fisiche che non cambierebbero in alcun modo senza esperienza cosciente, sono il prodotto dell'esperienza cosciente.
#297
Tematiche Filosofiche / Re:Che è l'uomo?
15 Aprile 2017, 21:45:04 PM
Auguro a tutti una buona Pasqua e passo alle vostre riflessioni.
CVC, è vero che l'uomo giudica e nel poter giudicare si sente libero (resta comunque da stabilire quanto lo sia effettivamente e in che termini vada inteso questo sentirsi libero), ma la capacità di giudizio è comunque data dalla capacità di darsi rappresentazioni del mondo, rappresentazioni che non sono semplicemente quelle che si vive, sono dei possibili che appaiono in alternativa e questa è la peculiarità umana che implica sempre un margine di incertezza e richiede un giudizio e quindi una scelta. Nell'uomo il mondo appare come possibilità.
Anthonyl, forse quello che noi viviamo potrebbe essere spiegato sulla base di leggi fisiche, ma le leggi fisiche sono il risultato del nostro modo del tutto umano di stare nel mondo essendone coscienti, dunque sono il nostro modo di parlarne che è la nostra singolare anomalia che vorremmo spiegare. Ma come si può spiegare qualcosa partendo proprio da ciò che dovrebbe essere spiegato, è un paradosso.
Garbino, sono perfettamente d'accordo che non possediamo già una scienza e una filosofia che possano gestire quella che si potrebbe chiamare una conoscenza sapiente, anche se spesso ci si illude. Penso anche che sia un problema la cui soluzione sta oltre la nostra attuale conoscenza scientifica e filosofica. Forse si dovrebbe cominciare dal sapere di non sapere socratico che andrebbe combinato con un non sapere di sapere che comunque guida le nostre esistenze e qui vengo alla azzeccatissima canzoncina che presenta Acquario.
E' vero, il pesce, sa tutto, ma non sa di sapere e forse proprio per questo sa tutto, ossia vive. Qualsiasi essere vivente, poiché vive, sa tutto, ma l'uomo solo può sapere di sapere e di non sapere. Allora in qualche modo una conoscenza sapiente dovrebbe fare riferimento alla propria vita che esprime la sapienza originaria, dovremmo cercare il modo di incontrare noi stessi, di mantenerci fedeli a noi stessi, come diceva Nietzsche. Un me stesso però che è sempre il me stesso vivente insieme agli altri e solo grazie agli altri, poiché vivere fin dall'inizio è sempre uno stare insieme nelle differenze che ognuno vive per la differenza che è. E' qui la difficoltà: come si vive la propria singolarità differente nel mondo in cui solo esistiamo, come possiamo essere quello che siamo nel mondo che è sempre necessariamente altro da noi? Su cosa possiamo fare affidamento?
Certo, il pesce non ha questi problemi, lui sa già farlo e non parla, beato lui. :)
#298
Tematiche Filosofiche / Che è l'uomo?
15 Aprile 2017, 10:49:56 AM
L'uomo è un pezzo di universo, ma vi appare anche come una singolarità unica nella sua specificità cosciente e questo pianeta, per quanto finora ne sappiamo, è l'unico punto di tutto l'immenso universo in cui l'universo va conoscendo se stesso e questo non è affatto indifferente.
Dunque esiste un punto nell'universo in cui si esprime una disomogeneità radicale e centrale e di questo la fisica e la cosmologia (che restano in ogni caso prodotti del pensiero del soggetto umano) non possono in alcun modo darne conto, probabilmente nessuna forma di conoscenza può darne conto, solo si può dare rappresentazione a noi stessi della nostra fondamentale anomalia, viverla tenendone conto.
Ora la domanda è: cosa implica questo viverla e come possiamo tenerne conto per una corretta conoscenza? Quale posizione estetica, etica ed epistemica è necessario assumere a fronte dell'assoluta discontinuità che la "natura" va rappresentando in ogni singola e diversa esistenza umana per come si svolge? Come possiamo trovare posto e quale scienza e filosofia si rendono necessarie?
#299
Garbino, non so perché Heidegger non tenga conto degli accenni in GDM sul valore estetico della conoscenza e sulla sospensione che citi rispetto a Kant.
Sappiamo che la "critica del giudizio" è il terzo pilastro della conoscenza che Kant costruisce: oltre la ragion pura categorizzante dei giudizi analitici e sintetici, oltre la ragion pratica in cui il dovere si fa principio a priori che determina necessariamente il suo oggetto, appare, nella dimensione estetica, il puro sentirsi al mondo come frutto di una sospensione sia della dimensione intellettiva che morale. E questo sentirsi al mondo non può che riferirsi alla singolarità di ogni soggetto, fare appello alla sua intrinseca libertà di sentimento che scaturisce da una sospensione logica e morale. In questo senso credo che il bello rivelandosi sia davvero felicità, non solo promessa, o, se appare come promessa, in questa promessa si è felici, la promessa anticipa nel suo presente accadere ciò che promette, attua quanto prelude.
Ma se per Kant, la conoscenza estetica che ha tutte le caratteristiche della fenomenologia, è retta solo da un giudizio riflettente (che riflette il mondo), sia per Nietzsche che per Heidegger tende a porsi alle origini della conoscenza stessa aderendo per il primo alla Volontà, alla vita stessa intesa come composizione di apollineo e dionisiaco, mentre, per il secondo, rendendo, nel linguaggio poetico, il manifestarsi dell'Essere nell'Ente: la musica e la poesia, Wagner (finché durò) e Holderling come i rispettivi rivelatori.
In fondo credo che in questo senso "La nascita della tragedia" resti ancora il testo di riferimento di base per Nietzsche e sarebbe interessante ricercarne il tema per come si andò  dionisicamente modulando nelle sue opere successive.
In entrambi però mi pare che proprio il tema estetico preannunci la fine della filosofia, di quella filosofia che ha segnato l'inizio della cultura occidentale e il cui compimento si attua per il primo con l'eterno ritorno, per il secondo con la visione tecnico scientifica del mondo.       
     
#300
Tematiche Filosofiche / Re:Sapere e conoscenza
09 Aprile 2017, 19:47:40 PM
Citazione di: Ingordigia il 09 Aprile 2017, 16:43:30 PM
Si racconta che quando Baruch Spinoza lavorava come tornitore di lenti ,nella sua umile abitazione di Voorburg avesse un centinaio di libri.
Ma come li conosceneva bene !

La dicotomia tra sapere e conoscenza affligge molti aspiranti intettettuali. Il passare dalla prima capacità alla seconda rende l'esercizio del logos efficace e virtuoso.

Secondo voi, cosa distingue sapere e conoscenza ? E quali sono gli strumenti per imparare davvero a conoscere ?
Seguendo la lettura di Sini, il sapere è l'esistenza stessa che sa. Il sapere è quindi di ogni esistente, uomo, animale, pianta, roccia, la cui esistenza stessa è un sicuro saper esistere. La conoscenza invece tenta di sapere di questo sapere, tenta quindi di rappresentarlo per vederlo e riconoscerlo e la conoscenza è solo dell'essere umano che a volte, saltuariamente, capita che sia colto dalla domanda: di cosa è che so? Questa domanda pone il saper vivere in una posizione quanto mai precaria, come in bilico, ma, una volta che si presenta, non può essere rimossa.
La conoscenza è sempre inscritta nel saper vivere, ma allo stesso tempo tenta continuamente di circoscriverlo facendosene rappresentazione, restando a una certa distanza entro la quale operano i suoi strumenti.
Il problema che angustia il filosofo e, in genere l'uomo che conosce, è come costruire una conoscenza sapiente, ossia una conoscenza effettiva, che aderisca a quella vita che sa che ne è matrice, senza ritrovarsi annullata in essa. Il problema, se vogliamo, è come restare uomo pur vivendo come ogni altro essere, senza prestarsi al gioco degli idoli e dei fantasmi di una conoscenza che scambia le sue figurazioni per cose oggettive, in sé esistenti, come da fuori del mondo in cui si vive. Come vivere in bilico sulle nostre mappe, la cui utilità, per quanto grande possa apparirci, non ci consente tuttavia di identificarle mai con il territorio, poiché il territorio trabocca sempre oltre ogni schema cognitivo rimettendolo sempre in discussione.
Lo strumento con cui tentare una conoscenza sapiente è quindi un continuo esercizio sulla propria postura mentale, affinché, attraverso il contatto con la vita e gli altri, la conoscenza non si rinchiuda mai nel dominio autoreferenziale dei propri fantasmi, ma tenga conto delle prassi antichissime e ancestrali su cui è venuta concretamente costruendosi per agire nel mondo.