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Messaggi - Socrate78

#286
Apro questo topic per discutere del rapporto tra scienza e verità. La mia domanda è: gli scienziati, nella loro ricerca, sono mossi dalla ricerca spassionata della verità oggettiva oppure sono soggetti a pregiudizi, al principio di autorità (è vero ciò che dice qualcuno considerato autorevole....), alle convinzioni morali e all'ideologia? Io credo che la scienza non sia affatto obiettiva, ma che risenta fortemente del contesto sociale, del principio di autorità, della morale e delle convenzioni sociali. Quindi quando si elabora una teoria scientifica e ci sono dati che la falsificano, può capitare che gli scienziati volutamente non vogliano vedere la verità e l'evidenza, poiché essa magari è contraria a ciò che scienziati autorevoli affermano ed hanno affermato, oppure è una verità scomoda. Ad esempio se si dovesse scoprire, in maniera incontrovertibile, che un gruppo etnico è geneticamente meno intelligente di un altro (ad esempio i neri meno intelligenti dei bianchi o viceversa....), questa verità sarebbe affermata o nascosta? Sarebbe nascosta poiché la società in linea almeno generale condanna il razzismo e quindi uno scienziato che l'affermerebbe sarebbe isolato dalla comunità scientifica, ad esempio James Watson (co-scopritore del DNA) una volta (nel 2007) affermò che geneticamente i neri sono meno intelligenti dei bianchi, ma proprio per aver detto questo perse moltissima della credibilità che aveva prima e fu accusato di essere razzista, mentre magari c'è qualcosa di vero in quell'affermazione scomoda. James Watson, però, fu licenziato dall'università di Cambridge per aver affermato questa cosa.
Oppure immaginiamo che ai tempi della Germania del Terzo Reich uno scienziato tedesco se ne fosse uscito con l'affermazione che gli ebrei sono in realtà biologicamente e intellettivamente superiori a tutti gli altri popoli, sicuramente un tale scienziato sarebbe stato internato in qualche lager o nel migliore dei casi immediatamente espulso dal Reich.

Quindi non esiste, a mio avviso, la scienza pura e libera, ma la scienza è soggetta al condizionamento della morale, delle ideologie dominanti, della politica e del principio di autorità, per cui è necessario essere scettici di fronte a qualsiasi studio scientifico, poiché gli interessi per affermare falsità e falsificare dati veri possono essere molteplici. In una società in cui domina la fede religiosa, sarebbero isolati e ritenuti blasfemi gli scienziati atei come in passato è successo, mentre in un'altra in cui l'ateismo è decisamente affermato uno scienziato che affermerebbe l'idea creazionista di un universo nato da un principio divino sarebbe assolutamente isolato, i suoi libri e le sue pubblicazioni perderebbero credibilità.
La scienza pura ed obiettiva è quindi utopia?
#287
Il topic è più antropologico che religioso, tuttavia lo inserirei anch'esso nella sezione spiritualità poiché si parla di genesi delle religioni. Prima dell'invenzione della scrittura è lecito supporre che gli uomini avessero credenze religiose, tuttavia esse non sono state messe per iscritto poiché non esisteva il mezzo. Successivamente abbiamo la messa per iscritto di tradizioni orali, che evidentemente sono assai più antiche della loro messa per iscritto.  I miti religiosi più antichi sono quelli mesopotamici e babilonesi, che risalgono nella loro messa per iscritto (su tavolette d'argilla) in un'epoca che si colloca attorno al 2500 A. C.  I miti dei sumeri mi affascinano molto, proprio perché essendo i più antichi sono a mio avviso i più idonei a contenere informazioni sulla possibile vita degli uomini preistorici, poiché nel mito si nasconde spesso una certa dose di verità anche se deformata dalla fantasia.
Normalmente si pensa che i miti su cui si basa la religione siano basati su pura fantasia (quindi falsi), ma se c'era prima una tradizione orale essa deve riferirsi per forza a molto tempo prima al tempo di chi ha scritto, quindi è difficile pensare che l'autore abbia scritto menzogne, dal momento che nell'antichità i miti erano presi molto sul serio ed erano spesso trasmessi dagli anziani della comunità solo ad un gruppo di persone di cui ci si fidava affinché potesse trasmetterli in maniera il più possibile integrale alle generazioni successive, il patrimonio culturale quindi non doveva perdersi e non doveva essere falsificato, visto che si parlava di cose ritenute importantissime e sacre.
Ma la cosa interessante è che i miti dei Sumeri non descrivono gli dei come esseri eterni e non soggetti a fatica, ma essi vengono descritti proprio come umani, si dice che essi lavorassero e svolgessero lavori pesanti, gli dei per i Sumeri non erano affatto divini, infatti si legge: "Quando gli dei erano UOMINI, essi sottostavano alle corvees, lavorano duramente, i grandi dei sovrintendevano il lavoro mentre i piccoli dei portavano il canestro del lavoro". Tutto il contrario della vita beata a cui un Dio sarebbe naturalmente destinato. Viene come descritta una società umana in cui alcuni soggetti con maggiore autorità, sovrintendevano il lavoro degli altri. Poi si legge ad un certo punto che gli dei non vogliono più lavorare e decidono di creare l'uomo primigenio, affinché l'uomo potesse svolgere il duro lavoro degli dei. In poche parole i Sumeri avevano l'idea che gli dei avessero creato l'uomo non certo per amore, ma anzi per schiavizzare l'umanità e farla svolgere quel lavoro che prima spettava agli dei. Ma come nasce l'uomo? E' nato, secondo i miti sumeri, mescolando con l'argilla DIO E UOMO attraverso il sangue e la carne di altri dei sacrificati. Poi si descrive, in altri testi, che quando alcuni dei non erano ancora nati (quindi non dei, ma UOMINI) l'umanità primordiale beveva l'acqua nei fossi, mangiava l'erba nei prati come le pecore, camminava a quattro zampe.
Com'è nata quest'idea così particolare della divinità? E' lecito a mio avviso ipotizzare che siano esistite e convissute per millenni nella Mesopotamia due civiltà, una tecnologicamente avanzata, intelligente, evoluta ed un'altra fatta di esseri primitivi, che vivevano fermi all'età della pietra, esseri con caratteristiche scimmiesche e dalla posizione a stento eretta: gli "dei" che lavorano duramente sarebbero quindi gli esseri evoluti, che erano visti dal resto della popolazione come superiori e quindi come divinità. Ad un certo punto questi uomini evoluti decidono però di avere degli schiavi più forti ed intelligenti ed allora si accoppiano con le femmine dell'altra civiltà dando origine ad una razza particolare di schiavi, più intelligenti e forti ed in grado di svolgere molti lavori e di sgravare gli uomini da molta fatica.
Gli incroci sarebbero continuati sino al punto che le due razze si sono fuse del tutto, ma gli eventi hanno condizionato il concetto di divinità che avevano i Sumeri, poiché il concetto di divinità è stato associato a quegli antichi esseri intelligenti che facevano lavorare la popolazione e che esigevano rispetto, devozione, obbedienza, ossequio. Da allora è nata una tradizione orale in cui, nonostante le deformazioni, è rimasto il ricordo atavico di ciò che è avvenuto in epoche antichissime, e dalla combinazione tra credenze religiose e ricordo di fatti reali è nata la religione sumerica.
Ma non è tutto. Quando i miti sumerici descrivono la nascita degli uomini, si dice che i tentativi degli dei non riescono affatto, e che nascono dall'argilla esseri deformi, paralitici, ciechi, insomma con deformità, da questo che cosa possiamo dedurre? Secondo me significa che l'incrocio genetico tra le due razze diverse di uomini (quelli evoluti e quelli primitivi) ha dato origine in alcuni casi nella prole a mutazioni genetiche patologiche, proprio per la combinazione disordinata di geni, ecco perché i miti parlano di dei che generano soggetti con deformità.
Secondo voi è corretta la mia ricostruzione della genesi dei miti mesopotamici sugli dei?
#288
La volontà divina corrisponde alla legge naturale della coscienza morale che ci dice che dobbiamo compiere il bene, e dobbiamo invece dominare l'altra volontà, quella umana, che corrisponde al male e al peccato. Io ritengo molto emblematiche e profonde le parole che Dio nella Genesi rivolge a Caino quando ha il volto abbattuto perché Dio non gradiva le sue offerte. Dio dice: "Caino, perché sei irritato e il tuo volto è abbattuto? Se fai bene, non dovrai forse tenerlo alto? Ma se non agisci bene, il peccato sta spiandoti alla tua porta, verso di te è il suo istinto, ma tu lo devi dominare!". E' interessante notare come la traduzione letterale dall'ebraico sarebbe: "Non è forse verso che, se agisci bene, sarà elevazione ( in ebraico seeth). Nella figura di Caino è racchiusa la natura umana contraddittoria, l'autore sacro vuole dirci che nell'uomo (che discende appunto da Caino) esiste una componente positiva che ci fa agire bene e per cui possiamo tenere alto il nostro volto (vuol dire che "possiamo elevare la nostra natura"), mentre esiste invece un'inclinazione al male rappresentata dal peccato che abita in noi e che noi dobbiamo dominare se vogliamo elevarci spiritualmente. La volontà solo umana, quindi, è una volontà che spesso è guidata da istinti meschini ed egoistici, riassunti nei sette vizi capitali, che rappresentano il peccato da tenere a bada, mentre la volontà divina si realizza ogni volta che l'uomo è spinto ad agire per il bene del prossimo in modo disinteressato, è spinto ad amare e sacrificarsi, in quel caso è Dio stesso che si esprime attraverso quella che sembra una volontà solo umana, ma è la legge di Dio nei nostri cuori a parlare.
Ripeto il concetto di legge morale naturale, essa a mio avviso, pur condizionata dalla cultura di appartenenza, porta l'essere umano a condannare determinate azioni ed è alla base di tutte le leggi che l'uomo si è dato sin dall'antichità. Se questa legge non esistesse, allora nemmeno sarebbero mai esistite le leggi che sin dall'antichità  proibiscono di uccidere, di rubare, di diffamare, di commettere adulterio, di dare falsa testimonianza,  poiché senza la legge morale naturale l'uomo non sarebbe stato in grado di catalogare quelle azioni come sbagliate e a nessuno sarebbe venuto in mente di punirle. L'idea di punizione, di legge e di giustizia, presuppone l'esistenza di una legge morale naturale che va oltre e prescinde le singole culture che possono essere diverse. Quindi da dove viene quest'imperativo della coscienza etica? Ecco, da credente rispondo che essa viene da Dio, dal momento che non è limitata ad alcune civiltà umane, ma l'idea di giusto e sbagliato è universale e accomuna tutti i popoli.
#289
Apro questo thread per discutere sul concetto etico secondo cui la verità (l'essere sinceri) sia una scelta morale positiva, mentre l'essere menzogneri sia negativo. In linea di massima ritengo che sia un'idea corretta, poiché mentire significa comunque ingannare il prossimo, quindi in sé la menzogna non è cosa buona.
Ma esiste un'ulteriore riflessione da fare, e cioé quali siano le intenzioni che stanno dietro alla verità e alla menzogna. Io posso benissimo essere sincero e nello stesso tempo con la mia stessa sincerità tradire un amico, ad esempio rivelando ad un'altra persona alcune azioni o aspetti negativi relativi a quella persona con lo scopo preciso di diffamarla, e quindi la mia sincerità viene macchiata da uno scopo cattivo (la diffamazione). Oppure io posso mentire ma per uno scopo nobile o buono, ad esempio per evitare che una persona abbia conseguenze negative da un punto di vista emotivo nel venire a sapere determinate cose: il medico che mente ad un paziente che ha un cancro all'ultimo stadio lo fa appunto per proteggere la stabilità emotiva del malato, che subirebbe un crollo all'idea di dover morire. L'inganno in questo caso serve per preservare la persona da un male che sarebbe peggiore. Un altro medico invece può essere brutale, dire la verità tutta intera, senza preoccuparsi delle conseguenze emotive, e allora il paziente soffrirà il doppio e si sentirà disperato.
Di conseguenza è corretto affermare che non è la verità o la menzogna di ciò che si afferma a rendere buona l'azione, ma l'intenzione che c'è dietro all'atto del dire la verità o mentire?

#290
Tematiche Spirituali / C’ERANO UN VOLTA I GIGANTI
20 Giugno 2021, 09:38:51 AM
Ecco un'altra possibile interpretazione del termine "giganti", che sovvertirebbe tutto il significato del passo biblico che dice: "C'erano anche i giganti (termine ebraico "nephilim") a quei tempi, e ce ne furono anche di poi, quando i figli di Dio si accostarono alle figlie degli uomini e generarono dei figli: sono questi gli "eroi" dell'antichità, uomini famosi". Ora, secondo alcuni studiosi ebraici e rabbini, il termine riferito ai giganti, cioè nephilim, non significherebbe giganti, ma aborti, poiché la radice del sostantivo deriverebbe dal verbo abortire. Quindi il passo biblico significherebbe: "C'erano anche gli aborti a quei tempi (esseri deformi o morti prima di nascere) e ce ne furono anche dopo...", ad indicare una frequenza notevole di malformazioni e di aborti che sarebbe derivata proprio dall'accoppiamento dei figli di Dio con le figlie degli uomini. Niente giganti quindi, ma al contrario esseri malati, deformi, aborti. Personalmente ritengo che sia più vera l'interpretazione che parla di aborti piuttosto che di giganti e ciò è confermato anche dalla mitologia babilonese e sumerica (molto precedente alla Bibbia) che afferma come quando gli dei vollero creare gli uomini MESCOLANDO la creta dell'Abisso, il risultato furono uomini con handicap, ciechi, paralitici, con le gambe orribilmente gonfie, malati! E' interessante osservare che la mitologia babilonese dice che questi uomini, creati da dei che sembra siano tutto fuorché perfetti nelle loro opere, crei mescolando elementi diversi, e addirittura in un passo si dice che la dea Nintu mescolò l'argilla, in modo che Dio e uomo fossero mescolati insieme. Ecco, Dio e uomo mescolati insieme, come i figli di Dio che si uniscono con le figlie degli uomini.
Ora, che cosa dedurre da questo? Nei miti a mio avviso vi è sempre qualche verità nascosta a cui ci si riferisce con un linguaggio fiabesco, quindi il riferimento della Bibbia e dei miti babilonesi al mescolamento di "Dei" ed uomini starebbe ad indicare che vi furono, in tempi antichissimi, due specie diverse che si accoppiarono, una umana e fisicamente molto prestante (I figli di Dio), l'altra animalesca e con tratti bestiali (i figli degli uomini): l'ibridazione, a causa dei problemi genetici che ne derivano, generò molti esseri deformi e un'alta frequenza di aborti, mentre vi fu anche il caso di figli ibridi che nacquero invece con una notevole forza e vigore, e questi sarebbero appunti gli "eroi dell'antichità", uomini famosi per la loro forza e le loro opere. E questo è spiegabile anche con le leggi della genetica che affermano come nell'ibridazione, nonostante possano verificarsi con maggiore frequenza aborti e malformazioni, si possa avere anche un effetto opposto chiamato "vigore dell'ibrido", cioè una prole con caratteristiche di maggior vigore e forza.
#291
So che buona parte del forum è costituito da non credenti o quantomeno agnostici, tuttavia (rivolgendosi soprattutto a credenti) se il Battesimo nel rito cristiano consiste, com'è specificato anche dal Catechismo della Chiesa Cattolica, nell'infusione dello Spirito Santo nell'anima che purifica dal peccato originale (qualsiasi cosa sia tale peccato...), tale grazia ricevuta nel Battesimo può perdersi nel corso della vita a causa dei peccati e delle malefatte compiute dal battezzato? Oppure rimarrebbe sempre un minimo segno, una scintilla divina anche nel peggiore dei battezzati? La conseguenza del peccato mortale potrebbe proprio a pensarci bene essere questa, il peccato è MORTALE quando determina la perdita dello Spirito infuso nel Battesimo, quindi l'anima diviene spiritualmente morta. Non è forse questa l'interpretazione più calzante del concetto di peccato (o colpa) "mortale"?
#292
Secondo il vostro parere, conta più la configurazione genetica oppure gli stimoli dell'ambiente nel determinare il comportamento umano? Ad esempio attualmente la genetica sembra non parlare di determinismo genetico, ma di interazione tra geni ed ambiente: ad esempio una persona che ha una variante genetica che la predispone all'aggressività tenderà a comportarsi in maniera violenta di fronte ad un determinato stimolo ambientale (una provocazione, stress psicologico, ecc.), mentre un'altra che non possiede quella variante risulterà molto meno vulnerabile agli stimoli ambientali.
Così pure si potrebbe dire per l'empatia, l'egoismo/altruismo, ecc. Tuttavia il mio sospetto è che i geni contino di più di quello che comunemente si pensi, poiché il gene non fa altro che codificare la produzione di determinati neurotrasmettitori cerebrali, ha quindi un'influenza chimica nell'assetto mentale e psichico del soggetto: quindi se il gene configura la mente, esso avrà anche un certo determinismo nell'influenzare il comportamento di fronte all'ambiente.
Così pure vediamo due fratelli che, cresciuti in uno stesso ambiente, sviluppano caratteri diversi: in quel caso l'ambiente è simile, ma il risultato è diverso, quindi potrebbe essere che le differenze siano in parte derivate da diverse configurazioni genetiche dei soggetti.
Altri studi hanno anche dimostrato come nei soggetti particolarmente egoisti esista una mutazione di un gene che li predispone a tenersi tutto per sé senza condividere con gli altri, mentre chi ha la variante "comune" è più disposto ad atteggiamenti di cooperazione. La questione riveste importanza perché è legata al concetto di libero arbitrio, poiché se un giorno dovesse essere dimostrato che i geni determinano il comportamento, l'uomo non sarebbe più dotato di libertà ma sarebbe una macchina programmata dai cromosomi. L'importanza è anche legata all'ambito giuridico, poiché ad esempio se si scoprisse l'esistenza di un gene della criminalità, il delinquente risulterebbe molto meno imputabile di com'è ora, poiché i crimini sarebbero pesantemente influenzati dalla configurazione genetica.
Voi tendete a dare più importanza all'ambiente oppure al patrimonio genetico per definire ciò che una data persona è?
#293
L'essere è CAUSA. Infatti ogni effetto, per prodursi, presuppone per forza l'essere di qualcos'altro che c'era prima e lo sottintende, ad esempio se un soggetto viene concepito è perché prima l'essere dei genitori ha prodotto tale effetto, quindi l'effetto (il concepimento) presuppone l'essere (esistenza) dei genitori che lo producono.
Così come il riscaldarsi di un oggetto posto al sole presuppone l'essere del Sole che lo riscalda, di conseguenza non si avrà mai un essere che sia solo effetto, dietro l'effetto c'è sempre un ESSERE che costituisce la causa. Nella mia ipotesi teista L'ESSERE SOMMO (cioè Dio o anche se si preferisce la Coscienza assoluta) è la causa primordiale da cui derivano tutti gli esseri finiti, che a loro volta causano in una catena continua determinati effetti.
In un'ipotesi atea esistono comunque un essere eterno, che è la MATERIA, che evolvendosi si determina nei singoli esseri, ma anche in questo caso l'essere (la materia) è causa e non è effetto dei singoli enti.
#294
Tematiche Spirituali / L'uomo Gesù di Nazaret
11 Giugno 2021, 18:16:00 PM
L'albero di fico che viene maledetto rappresenta il popolo d'Israele, il fico per antonomasia è Israele che, non avendo riconosciuto in Gesù il Messia inviato da Dio (anzi da Jahwè per usare la terminologia ebrea), è destinato a seccare, nel senso che non può più considerarsi un popolo benedetto da Dio, in quanto ha commesso un peccato gravissimo, che è quello di misconoscere e poi di conseguenza denunciare ed uccidere quell'uomo che in realtà era Dio stesso. La "vigna" di Israele è passata ad altri, nel senso che i destinatari della redenzione non sono più gli ebrei, ma i Gentili.
Infatti 40 anni dopo la Crocifissione di Cristo arrivarono i Romani che distrussero definitivamente il Tempio e nell'assedio della città di Gerusalemme costrinsero alla fame gli abitanti, che si diedero ad atti di cannibalismo, si ripeterono identiche le maledizioni bibliche descritte nell'AT per un Israele che pecca contro Jahwè, quando si dice che: "Dio manderà contro di te, Israele, una nazione di cui non comprenderai la lingua, che piomberà a volo d'aquila su di te e non avrà compassione né del vecchio e né del fanciullo. E nell'assedio e nell'angoscia a cui il tuo nemico ti avrà ridotto, mangerai i tuoi figli, il frutto del tuo seno!". Israele venne punito allo stesso modo anche quando fu distrutto il primo tempio con la cattività babilonese (560-530 A. C.), il peccato in quel caso fu la sostituzione dell'adorazione del vero Dio con le divinità dei Cananei, in particolare con il culto del dio Sole. Il peccato di deicidio fu ovviamente molto più grave, infatti il Tempio non è stato più ricostruito (forse un giorno lo sarà di nuovo....), tuttavia gli ebrei sono ritornati nella loro Terra, perché si è adempiuta un'altra parabola, quella del FICO che germoglia, Gesù infatti disse: "Quando vedrete il fico che inizia a germogliare, sappiate che la fine dei tempi è vicina".  Ma il popolo ebraico comunque non vive in pace in quella terra di cui ha ripreso possesso, segno che non è avvenuta la vera e piena riconciliazione con Dio, perché è l'amicizia con Dio a dare la pace (Shalom) al popolo ebraico.

#295
Mi chiedo se sia possibile (e se sia anche auspicabile) l'amore cosiddetto incondizionato. Per definizione l'amore incondizionato è un tipo di affetto che dà senza voler ricevere nulla in cambio, nemmeno gratificazioni, ricambi, sorrisi, gentilezze, ecc. Tuttavia questo è possibile ed auspicabile? A mio avviso la risposta è negativa. Infatti per poter scattare il meccanismo dell'amore/affetto (e dell'innamoramento) è necessario che la persona oggetto d'amore ti dia per forza qualcosa, anche a livello emotivo, ti dia sensazioni positive, felicità, voglia di starci insieme e di condividere con lei determinati momenti della tua vita, ma se la persona non ti dà più questo e inizia a darti sensazioni negative, allora anche l'amore stesso finisce per svanire. Quindi l'amore è sempre condizionato, condizionato dal fatto che la fonte d'affetto deve darti delle sensazioni positive e far scaturire in te la gioia, altrimenti non può nascere niente. Almeno mi sembra di vederla così. Inoltre poniamo l'esempio di una donna che continua a stare con un marito violento, che la maltratta, le fa del male, lei dice di amarlo appunto incondizionatamente e giustifica l'uomo in tutto quello che fa, ad esempio dice che la picchia solo perché è stressato, perché il lavoro gli va male, ecc,, ma questo tipo di amore diventa lesivo dell'incolumità della persona, quindi è un amore malato, di conseguenza l'amore incondizionato presenta molti lati problematici che fanno sì che non sia la modalità migliore in un rapporto di coppia, poiché è a senso unico.  Se l'amore è a senso unico, ne consegue che la dignità della persona viene compromessa, poiché questa riceve in cambio dai gesti d'amore soltanto disistima e disprezzo. Condividete le mie osservazioni?
#296
Tematiche Spirituali / Riflessioni sul suicidio.
18 Maggio 2021, 20:49:43 PM
Come mai nelle religioni e in particolare in quella cattolica, ma anche molto in quella islamica, vi è l'idea secondo cui il suicidio condanni l'anima della persona che lo commette alla dannazione eterna o comunque ad un destino di sofferenza dopo la morte? In realtà se lo scopo del suicidio è quello di smettere di soffrire, Dio che è infinità bontà non può condannare chi lo compie, proprio perché Dio vuole che l'uomo sia felice, non che soffra, altrimenti sarebbe sadico! Quindi semmai si dovrebbe persino dire che il suicidio è ammissibile e non condannato da una divinità buona, anzi, Dio potrebbe persino ritenerlo in alcuni casi un atto di coraggio. Una persona piena zeppa di problemi gravissimi, disperata, che non fa nulla per risolverle la sua situazione potrebbe infatti anche pensare spesso al suicidio, ma non avere il coraggio di attuarlo, quindi in questo caso è sostanzialmente un vile che non sa prendere in mano le redini della sua vita.
Vi sono tantissimi casi di suicidio, ad esempio il suicidio di Socrate fu un suicidio quasi eroico, egli affrontò la morte come un'estrema sottomissione alle leggi della polis, quindi egli decise così di dimostrare la sua fedeltà alla patria, mentre avrebbe potuto benissimo fuggire. Io quindi non mi immagino affatto Socrate tra le fiamme infernali per aver commesso suicidio, anzi ritengo che un'ipotetica divinità abbia addirittura approvato quell'atto. Inoltre, cosa più importante, l'atto del suicidio era comunque previsto da Dio essendo Egli onnisciente, di conseguenza se Dio non l'ha impedito significa che in qualche modo esso faceva parte di un progetto, di un piano verso quella persona.
Voi personalmente come ritenete l'atto del suicidio, come vi ponete nella sua valutazione etica? Lo ritenete sempre o quasi condannabile, come un atto vigliacco e cattivo, oppure ritenete che vi siano casi di suicidio non condannabili?
#297
Il 25 settembre del 2015 i membri di 193 nazioni dell'ONU (tra cui l'Italia) hanno stilato 17 obiettivi per il 2030, in pratica sfide basate sul concetto di sviluppo sostenibile: tra queste sfide e ai primi posti vi è l'obiettivo dell'azzeramento della povertà e della fame nel mondo, la sconfitta della disoccupazione, l'abbattimento delle disuguaglianze e la mitigazione della competitività tra le imprese in nome di una collaborazione per il benessere comune. Altri obiettivi sono la lotta al riscaldamento globale, la tutela delle foreste, la fine di ogni forma di sfruttamento minorile e l'istruzione per tutti, l'accesso di tutti i popoli in maniera equa alle risorse idriche e la lotta a siccità e desertificazione.
Ora, mi chiedo, è realistico pensare che tali obiettivi visto il mondo com'è ora siano raggiungibili tra otto anni, alle soglie del 2030? Io dico che l'agenda 2030 disegna un mondo migliore utopistico che non è realistico pensare di raggiungere nel giro di otto anni, perché, se consideriamo solo l'Italia, continuano ad esserci pesanti sacche di povertà, vi è disoccupazione specie giovanile, e non si vedono miglioramenti significativi nella gestione del territorio, nel rispetto maggiore dell'ambiente. Inoltre, in un sistema capitalistico globale come quello attuale, la competizione tra multinazionali è più che mai feroce, e ciò determina lo sfruttamento del lavoro minorile nel mondo per la manodopera a basso costo, l'inquinamento del pianeta continua ad essere molto alto con paesi come la Cina e gli Stati Uniti che inquinano immettendo grandi quantità di gas serra nell'atmosfera, insomma, proprio nulla lascia presagire che si vada anche solo verso 1/3 di quello che in quell'agenda viene scritto. Lo sviluppo non sembra essere affatto sostenibile, ma selvaggio, e soprattutto si verifica l'emergere di sempre più forte diseguaglianze tra una fascia ristretta di ricchissimi e un numero sempre maggiore di poveri nel mondo. La desertificazione continua ad avanzare e paesi come il Brasile, complice anche un governo per nulla rispettoso dell'ambiente, continuano a disboscare senza pietà la foresta amazzonica. Deduco quindi che l'agenda 2030 sia destinata a fallire nella realtà e a rimanere nell'ambito, spesso disatteso, delle buone intenzioni, poiché per realizzare quegli obiettivi è necessaria una forte revisione del modello capitalistico di sviluppo percorso sino ad adesso, basato sulla feroce competitività tra le multinazionali.
Ora, a vostro avviso, vi sono elementi che invece sembrano andare verso l'agenda del 2030 oppure la mia analisi (forse pessimistica, ma mi sembra reale.....) è corretta?
#298
Nel capitolo 9 della Genesi, quando si descrive l'umanità dopo il Diluvio, si legge che "Noè, coltivatore della Terra, piantò una VIGNA....". Successivamente si dice che egli si inebriò del vino prodotto dalla vigna e giacque nudo nella sua tenda e "Cam vide la nudità di suo padre ed andò a raccontarlo ai suoi fratelli, che camminando con il capo all'indietro coprirono la nudità di Noè". Questo per quanto riguarda la lettera del testo. Ma al di là della lettera del testo, tutto ciò che cosa significa?
La Genesi è un libro ermetico pieno di metafore (come anche in genere la Bibbia) e la parola VIGNA in realtà non va presa alla lettera, poiché ad esempio Gesù nella parabola dei vignaioli omicidi si riferiva alla parola VIGNA come ad una metafora per il popolo d' Israele, quindi io ritengo che anche qui VIGNA significhi "popolo", e il fatto che Noè abbia piantato la "vigna" vuol dire che egli coltivò ed educò un popolo! Infatti quando si descrive il bestiame che doveva entrare nell'arca di Noè (capitolo 7 Genesi) si dice che il bestiame impuro doveva essere diviso in due paia, ma i termini "maschio" e femmina" per designare questo bestiame "impuro" in ebraico corrispondono alle parole "UOMO e DONNA", quindi si usano termini umani per descrivere quello che sembrerebbe essere solo bestiame. E' come se si dicesse che venisse portata nell'arca di Noè anche una razza di uomini impuri, una sorta di razza inferiore ibrida a metà strada tra quella perfetta di Noè e gli animali selvatici.
Di conseguenza c'è da dedurre che Noè abbia voluto educare e allevare questo popolo di ominidi, per cercare di educarlo e di farlo evolvere e migliorare ("piantare una vigna"). Poi però si dice che egli si inebriò, e l'ebbrezza sembra alludere ad un riferimento sessuale, come se Noè fosse dedito a piaceri con una femmina ominide e per questo fosse nudo nella sua "tenda" (Tenda come metafora per femmina). Poi si dice che Cam vide la nudità di suo padre, che cosa significa? Nel Levitico vi è un'espressione illuminante per indicare la proibizione di rapporti sessuali, è questa: "Non scoprire la nudità della tua matrigna, è la nudità di tuo padre". Quindi si deduce che Cam scoprì la nudità della compagna di Noè, cioè ebbe rapporti generativi con lei, dal momento che la Bibbia sottolinea per ben due volte che Cam fu padre di CANAAN, e questo Canaan sembra proprio essere un frutto cattivo, poiché viene maledetto da Noè ("Sia maledetto Canaan. Egli sia schiavo tra tutti i suoi fratelli!").
Ma per quale motivo Canaan fu un frutto cattivo? Secondo me fu un frutto cattivo poiché ibrido, perché derivante da un incrocio tra una specie pura (quella dei figli di Noè) e una femmina animalesca, ominide, con cui anche Noè forse intratteneva rapporti, ma non tali da sfociare in un rapporto generativo vero e proprio. Il peccato di Cam fu quindi una sorta di incesto bestiale, un incrocio genetico proibito.
Che cosa ne pensate di queste mie deduzioni andando oltre la lettera del testo?
#299
Tematiche Spirituali / Scienza e religione.
10 Maggio 2021, 17:30:01 PM
In realtà l'evoluzionismo, ripeto, non è affatto così elementare, logico e lampante come molti scienziati (la maggior parte) affermano. La documentazione fossile anzi va semmai contro l'evoluzionismo. Infatti nei fossili sono stati rinvenuti insetti come libellule e formiche risalenti a circa 100 milioni di anni fa, e sono uguali a quelle di oggi, gli squali di 400 milioni di anni fa hanno la stessa struttura di quelli di oggi e i pipistrelli di 50 milioni di anni fa sono uguali senza apprezzabili differenze a quelli di oggi.
Non ci sono testimonianze di esseri intermedi tra una specie e l'altra, vale a dire che non esistono nei fossili testimonianze di esseri con branchie che stanno mutando in polmoni, di rettili che sviluppano ali, di pinne che diventano pian piano arti, non ci sono insomma esseri a metà tra una specie e l'altra. Inoltre, cosa più importante, i fossili testimoniano che nel periodo Cambriano (500 milioni circa di anni fa) vi è stata un'esplosione di forme di vita testimoniate dalla documentazione fossile, ma queste forme di vita complesse (500 specie diverse) sono apparse all'improvviso e non sono stati trovati gli antenati precedenti che avrebbero potuto testimoniare un passaggio, una trasformazione verso queste forme di vita. Quindi l'idea evoluzionistica secondo cui "Natura non facit saltus" (la natura evolve gradatamente, senza salti), è smentita dalla documentazione fossile che attesta l'apparire improvviso della vita complessa nel Cambriano ed è smentita dall'assenza di fossili intermedi di transizione. La natura nel Cambriano il salto lo ha fatto, eccome. Non mi sembrano obiezioni da poco. L'evoluzionismo quindi è fatto solo di ipotesi e di supposizioni a cui in un'ultima analisi si può dare un'adesione che è di fede, non di scienza, e io, ripeto, mi tengo ben stretto il mio forte scetticismo sull'idea evoluzionistica della vita e sul concetto che mutazioni genetiche casuali, in un lento arco di tempo, abbiano portato alla formazione di forme di vita in cambiamento e transizione.
Inoltre per quanto riguarda il fatto che Zichichi non ha una buona reputazione in ambito scientifico, può esser vero, ma purtroppo la reputazione di uno scienziato è condizionata dal fatto che egli aderisca o meno alle teorie dominanti, e siccome Zichichi non aderisce all'idea evoluzionista e a teorie che in definitiva sono atee del mondo (molti scienziati infatti sono atei/agnostici), ecco che non viene considerato molto dalla comunità scientifica, poiché è  fuori dal coro.
#300
Tematiche Spirituali / Scienza e religione.
10 Maggio 2021, 15:33:31 PM
Antonio Zichichi, che è uno scienziato, ha affermato più volte che l'evoluzionismo NON è scienza, perché non ha nessun requisito di verificabilità e di ripetibilità in laboratorio delle sue acquisizioni. Zichichi ha detto chiaramente che Darwin ha elaborato una teoria non supportata dai fatti, ha detto "Secondo me è così...", ma non ha affatto provato in laboratorio le sue supposizioni, quindi Zichichi afferma chiaramente che l'evoluzionismo è proposto come scienza, ma non lo è
Infatti Zichichi afferma che da 100.000 anni circa, cioé da quando è apparso l'uomo Sapiens, non si è riscontrato nessun cambiamento nella struttura dell'uomo, l'uomo è sempre lo stesso insomma, al netto delle variazioni individuali che però non costituiscono un benché minimo mutamento di specie. Gli organi sono sempre gli stessi, non ci sono organi nuovi in fase di passaggio che compaiono, ecc. Nelle profondità della Terra, inoltre, vi sono fossili che appartengono a specie diverse esistite nei milioni di anni, ma non ci sono fossili di transizione, cioè fossili che testimoniano un passaggio graduale da una specie all'altra e che quindi testimonierebbero l'esistenza di soggetti a metà strada. Nessuno ha mai spiegato COME si è verificata la perdita di due cromosomi (da 48 delle scimmie ai 46 cromosomi dell'uomo) che ha portato il passaggio dalla scimmia all'uomo, e se l'evoluzionismo fosse una legge di natura ancora adesso si dovrebbe constatare l'esistenza di uomini con 45 cromosomi che procreano e danno alla luce una prole con caratteristiche in via di evoluzione, ma non accade questo, basta che manchi un cromosoma al corredo genetico della specie umana perché il feto venga ABORTITO, quindi la natura non vuole che si muti.
Di conseguenza io NON CREDO nell'evoluzionismo e ritengo che sia molto più una fede che vera scienza riproducibile e verificabile.