Davintro ha scritto:
Sul fatto poi che il soggetto contribuisca alla creazione della realtà (a parte quello dato dalla sua stessa esistenza e dalle sue azioni), si possono fare tante ipotesi e fantasie, ma non mi pare che esistano elementi su cui basarle. Mi limito a constatare che la realtà implica soggettività e oggettività, ma non ho dati che mi consentano di andare oltre, quindi resto aperto a ogni possibilità, purché abbia un qualche fondamento su dati osservabili e non sia un semplice vagare dell'immaginazione.
Anche per le creazioni artistiche, non penso affatto che "capire un'opera d'arte implica intepretare le intenzioni soggettivie dell'artista che l'ha creata". Penso invece che l'opera d'arte, una volta concretizzata oggettivamente, l'interpretazione che ne dà l'artista (ammesso che la dia) sia sullo stesso piano dell'interpretazione che ne dà chiunque altro. Se è vero che l'artista potrebbe aver inserito dei riferimanti impliciti (quindi delle informazioni) che sfuggono a chi non conosca ciò che l'artista stesso conosce (pensiamo a un dipinto in cui compare un simbolo dotato di un determinato significato, ad esempio un crocifisso o una svastica), questo ha caso mai a che fare con la conoscenza o meno di codici o significati sempre intersoggettivi (oggettivamente esistenti o esistiti), e non delle intenzioni del creatore.
Per quanto riguarda i filosofi, la conoscenza del contesto può aiutare a chiarire il significato che attribuisce a certi termini, che può essere diverso da quello attuale, per un processo di slittamento semantico, ma una volta chiarito (e tradotto in termini attuali) questo significato, il pensiero (o meglio la sua manifestazione) ha la sua attualità, la sua esistenza qui e ora, alla pari di qualunque pensiero appena concepito.
Ovviamente le intenzioni di un artista e quelle di un filosofo possono interessare storici e biografi, ma secondo me non sono pertinenti (se non per gli aspetti prima descritti) alla fruizione attuale dell'opera d'arte o di pensiero.
CitazioneLa questione tra realismo e idealismo non riguarda lo stabilire se sono più reali le idee, gli oggetti intelligibili (idealismo) oppure il mondo sensibile (realismo). Questa si potrebbe definire la contrapposizione tra spiritualismo e materialismo, che non coincide affatto con la diatribia idealismo-realismo.In generale cerco sempre di evitare di etichettare i pensieri e le correnti di pensiero, perché le etichette portano più confusione che altro e alimentano sterili discussioni terminologiche. In realtà ogni termine ha diverse interpretazioni e spesso termini diversi vengono usati per lo stesso concetto, quindi lascerei proprio perdere le etichette e mi limiterei ai concetti.
CitazionePer il realista, che ritiene la realtà esistente indipedentemente dalla soggettività la conoscenza non può che essere "scoperta" della verità, ciò che si "scopre" è sempre qualcosa che c'era prima che qualcuno andasse prima a scoprirlaBisogna chiarire cosa si intende per "realtà esistente indipendente dalla soggettività". Se si parla di soggettività individuale, è abbastanza facile essere d'accordo che l'esistenza o meno di un singolo soggetto cosciente tra tanti non incide sull'esistenza della realtà, ma se invece si intende una realtà indipendente da qualsiasi soggettività è tutta un'altra storia. In quest'ultimo caso ritengo che sia perfino logicamente contradditorio ipotizzarla. Infatti una realtà indipendente da qualunque soggetto implica una oggettività senza soggettività. Non è solo una questione linguistica. I due concetti sono complementari e inscindibili, nel senso che si definiscono a vicenda, e senza l'uno, l'altro perde significato. Tutto ciò che l'uomo conosce, sente, percepiasce è costituito da informazioni che l'uomo in quanto soggetto riceve da una sorgente oggettiva di queste informazioni. In base a che cosa dovremmo formulare l'ipotesi che un "mondo oggettivo" possa esistere senza un soggetto, ossia che esistano informazioni che hanno una sorgente ma non una destinazione? E' come "l'applauso di una mano sola".
Sul fatto poi che il soggetto contribuisca alla creazione della realtà (a parte quello dato dalla sua stessa esistenza e dalle sue azioni), si possono fare tante ipotesi e fantasie, ma non mi pare che esistano elementi su cui basarle. Mi limito a constatare che la realtà implica soggettività e oggettività, ma non ho dati che mi consentano di andare oltre, quindi resto aperto a ogni possibilità, purché abbia un qualche fondamento su dati osservabili e non sia un semplice vagare dell'immaginazione.
CitazioneSe la filosofia è scoperta allora le sue verità possono essere scoperte a partire dall'esperienza e dalle riflessioni personali, le verità fanno parte di un mondo oggettivo perennemente a disposizione di chi ha voglia e interesse di andare a conoscerlo, indipendetemente dal fatto di sapere che altri prima di noi abbiamo fatto le stesse scoperte, mentre se è creazione allora comprendere un concetto coincide necessariamente col comprendere il contesto storico in cui la mente di qualcuno ha prodotto quel concetto, allo stesso modo di come capire un'opera d'arte implica intepretare le intenzioni soggettivie dell'artista che l'ha creata, mentre nel caso del realismo i concetti sono paragonabili a leggi fisiche della natura che esistono a prescindere dal pensiero di chi le ha pensate e dunque ognuno di noi può osservarle individualmente senza per forza sapere che qualcuno prima di noi l'ha già fattoPosto che non vedo in base a che cosa si potrebbe essere indotti a questa posizione estrema, se anche la realtà fosse interamente "creazione intersoggettiva" non vedo che c'entri il contesto storico dei concetti. Questi hanno una loro esistenza qui e ora e per noi è l'unica forma di esistenza. Pensare che anche le "intenzioni soggettive" di chi crea determini il carattere della creazione, anche dopo che la creazione è avvenuta, mi sembra incompatibile con qualunque forma di esistenza di una realtà oggettiva (ossia condivisa) e quindi con i dati dell'esperienza.
Anche per le creazioni artistiche, non penso affatto che "capire un'opera d'arte implica intepretare le intenzioni soggettivie dell'artista che l'ha creata". Penso invece che l'opera d'arte, una volta concretizzata oggettivamente, l'interpretazione che ne dà l'artista (ammesso che la dia) sia sullo stesso piano dell'interpretazione che ne dà chiunque altro. Se è vero che l'artista potrebbe aver inserito dei riferimanti impliciti (quindi delle informazioni) che sfuggono a chi non conosca ciò che l'artista stesso conosce (pensiamo a un dipinto in cui compare un simbolo dotato di un determinato significato, ad esempio un crocifisso o una svastica), questo ha caso mai a che fare con la conoscenza o meno di codici o significati sempre intersoggettivi (oggettivamente esistenti o esistiti), e non delle intenzioni del creatore.
Per quanto riguarda i filosofi, la conoscenza del contesto può aiutare a chiarire il significato che attribuisce a certi termini, che può essere diverso da quello attuale, per un processo di slittamento semantico, ma una volta chiarito (e tradotto in termini attuali) questo significato, il pensiero (o meglio la sua manifestazione) ha la sua attualità, la sua esistenza qui e ora, alla pari di qualunque pensiero appena concepito.
Ovviamente le intenzioni di un artista e quelle di un filosofo possono interessare storici e biografi, ma secondo me non sono pertinenti (se non per gli aspetti prima descritti) alla fruizione attuale dell'opera d'arte o di pensiero.