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Messaggi - green demetr

#2851
cit maral
"Non credo che comunque N. intenda l'attimo come una convenzione temporale o "una astrazione (un prodotto del mentale)" come dicevi più avanti."

e perchè no? Nietzche ragiona a lungo sull'impatto del giudizio soggettivo e dei suoi errori metafisici.
comunque mentale è un termine che rimanda a strane ipotesi che vanno per la maggior oggi, felice di sbagliarmi nel caso.

cit maral
"Intendevo dire che la zoè (nel senso greco) non conosce la morte, la esclude. E' vita infinita di tutti gli esseri viventi (zoa), senza caratterizzazioni, contrapposta alla vita finita e caratterizzata del bios che incontra la morte. Scrive Kerenyi nel suo magistrale saggio su Dioniso: "zoè è il livello minimo della vita, con il quale soltanto la biologia ha inizio... è non morte". Alla zoè corrisponde il tempo della festa dionisiaca più che quello dell'evoluzione darwiniana. Credo rappresenti certamente il divenire nella forma più pura. in cui la morte è un momento diveniente della vita stessa."

Scrive Agamben che la zoe è la nuda vita.
Scriveva Focault la battaglie contemporanee sono atte al dominio del bios inteso coem riducibile a mera zoe.
Dico solo questo. Mi sono stufato di litigar per oggi.

cit maral

"Direi proprio di no, il divenire per Severino è una contraddizione assoluta che va esclusa, quanto all'essere parmenideo è niente. Severino parla dell'Apparire e del Destino, che sono concetti ben diversi dal Divenire e dall'Essere (e sicuramente l'Apparire non può essere assimilato al Divenire, proprio in quanto apparire del Destino) "

No abbi pazienza, il divenire è la contradizione assoluta dell'essere, e necessita di tale contradizione per essere vera.
Non possiamo farne a meno. Non ci sarebbe "destino" senza contraddizione.

cit maral
"E' chiaro mi pare che Nietzsche capovolge i termini di valore, ma questo capovolgimento di un modo di pensare che giunge al suo compimento (finito significa essere perfettamente compiuto) era presente fin dall'inizio nel modo di pensare dell'Occidente: l'Occidente ha in sé fin dall'inizio la necessità del suo tramonto: ogni cosa infatti deve cominciare dal niente per finire nel niente. "

In una sola parola Severino non ha capito niente di Nietzche. Sebbene la sua teoria del ritorno fa i conti con i precedenti paragrafi, e quindi giustamente è correlata alla volontà di potenza, e quindi mi sembra più logica di TUTTE le altre: rimane il fatto che lo scritto dice esattamente il contrario, non che il tempo viene battuto dal divenire, ma che il divenire si ripete come una clessidra. E quindi il divenire è all'interno del tempo. Passaggio oscuro e che non si vede come possa centrare con il fatto che la volontà vuole sorpassare il tempo. Ma evidentemente non ci riesce. Dunque Severino non ha capito nulla.
E non avete capito nulla nemmeno voi naturalisti che credete accecati che la volontà di potenza sia un fatto biologico.
(e invece è il bio-potere che vi fa dire così)

cit maral

"Il divenire non può per Nietzsche essere l'uomo. L'uomo è destinato a finire, anche se è destinato a tornare in eterno."

cosa è uno zombie??? finisce ma torna???? Maral non possiamo assumerlo come certo. Non ci sono elementi (scritti) di valutazione sufficienti.

cit maral

"Su questo, per come l'ho capito, sono d'accordo. Ma nulla può sottrarre valore all'immanente, se non ha valore, è il porre al di sopra dell'immanente un trascendente che diventa unità di misura di ogni valore che dà valore negativo all'immanente."

Ma perchè scusa? siamo d'accordo che ci deve essere un trascendente, ma quel trascendente è legato a doppia mandata all'immanente.
L'immanente in sè non vuol dire niente.
Leggi anche la stessa brillante argomentazione di Davintro.( prima di impazzire sulla logica modale americana, quella dei quantificatori etc..;) scherzo)

cit maral
"A dire la verità l'Essere non lo considero proprio per niente."

COMEEEEEE????? Sarà l'effetto Sgiombo!  ;)

cit maral
"Questo la sento molto come una tua interpretazione, non c'è nulla di più discusso di chi sia per Nietzsche l'Oltreuomo/Superuomo, sono contento di vedere che tu te ne sei fatto un'idea chiara, sulla quale però al momento non mi sento per nulla di concordare. Parlare di un uomo dopo la fine della metafisica mi sembra già molto azzardato.""

Che gli interpreti non ci capiscano nulla è appurato, ma lui Nietzche lo scrive a chiare lettere in Umano Troppo Umano.
D'altronde questo 3d era nato molto bene, il diritto al futuro, è il diritto del pensiero oltre la metafisica classica.
Che poi ci siamo fermati nel pantano Heidegeriano: quella è una triste storia.
Se c'è un Nietzche "mio" stai tranquillo che lo dico, non sono come quei tristi ometti che ne parlano come se stessero dicendo il vero pensiero nicciano, salvo questi tristi ometti, andare a dire, al minimo accenno di critica, che era solo una loro opinione.
D'altronde a questi uomini buj interessa solo vendere il loro libretti ridicoli.
Nietzche è un respiro profondo, non è l'ansimare tossico della cultura isterica contemporanea.

cit maral
" ma mi pare derivi da un lato da Schopenhauer (il mondo come volontà e rapprentazione), dall'altro con l'affermarsi di una visione dionisiaca tragica che lo porta a incarnarla nella figura dell'Ubermensch."

tu stai scherzando vero? schopenauer viene presto abbandonato con le sue teorie ridicole induiste, e idem le cavolate del dionisiaco e dell'apolinneo (si fa per dire). Il nuovo pensiero Nicciano, quello che nessuno sembra comprendere, pur essendo (tranne lo zaratustra) scritto in maniera di cristallina limpidezza, inizi solo con Umano troppo Umanno.
Un tema come la guerra per esempio non c'era ancora nei pezzi giovanili, come ho avuto modo di constatare rispondendo a Garbino.

Cosa c'entra la guerra con la volontà di potenza darwinista e con l'eterno ritorno (ripeto 2 righe su migliaia di pagine eretto a pietra angolare di chi sia Nietzche, c'è della pazzia in tutto ciò,  e non capisco come tu non faccia ad accorgertene!) proprio non lo so.  ::)

cit maral
"Perché tra una cantonata e l'altra magari di riesce ad arrivare da qualche parte, mentre credendo di trovarsi sulla retta via si va a prendere sempre la stessa cantonata senza andare da nessuna parte (che è poi quello che dicevo in premessa).
Non prendertela Green, i tuoi interventi restano sempre comunque tra i più stimolanti "

mica me la prendo maral.  ;)
se sono qua è sopratutto per i tuoi interventi sempre scritti bene, sempre molto apprezzabili a livello filosofico. Sei prezioso. Ma penso tu lo sappia già!
Avremmo potuto andare assai d'accordo quando ero 20enne, anche io avevo una idea di nice preconcetta. Poi il maestro è riemerso.
Rimane lì a mò di Iceberg in attesa di essere scrutato a fondo. Fa un freddo terribile a leggere le sue pagine.
perchè bisogna alzare la testa dalla coltre tossica in cui siamo invischiati. Si respira, ci si snebbia, e poi tornare nella coltre diventa sempre più difficile.
La scorsa estate fallii a leggerlo. Vediamo se questa estate si ripete la debacle.
  :-[
#2852
Tematiche Filosofiche / Re:essere e divenire
05 Maggio 2017, 19:36:04 PM
x davintro


Volevo capire alcune ragioni del tuo intervento che incrocia qua e là la mia idea del contingente.
Che la contingenza sia necessità è dovuta meramente al suo carattere di esistenza.
Ma sono molto propenso ad accettare la riflessione tra i momenti di questa esistenza.
Sono pienamente d'accordo sul tua intelligentissima analisi dell'impossibilità dell'auto darsi del contingente.
Il contingente è sempre legato alla convinvenza (direi io il contrasto), del divenire dell'ente.  :D

pamplhet contra

Quando sento la parola gerarchia, però sobbalzo, in psicanalisi e in tutte le grandi teorie politiche contemporanee (Schmitt e Agamben) la gerarchia è sempre quella celeste. Ed è sempre "in nome di" (come mimetizzazione) del potere reale.

Sostanzialmente proporresti la dismissione della dialettica idealista tedesca, per quella analitica americana.
Ma ogni analitica americana è per me fonte di tortura intellettuale. Oggi non me la sento di (ri)aprire questo lunghissimo 3d.
Mi limito a ricordarlo sempre. Ogni cosa che esce dall'america è ideologico e ipocrita.

Questa convivenza si costituisce come la presenza di un mutamento che in ogni ente sviluppa la natura, l'essenza propria dell'ente.
Dopo Paul Maral Garbino ora ti ci metti anche tu.
Ma chi mai ragazzuoli deciderebbe di cosa sia natura e cosa no? quale sarebbe questo quantitativo che decide a priori della destinalità di un ente?  :o
Ma non vi rendete conto (evidentemente no) in quale fauci mostruose è stato affidando il vostro pensiero?
Un pensiero che possa decidere in anticipo della destinalità di qualsiasi ente, è un ente che gerarchicamente crederà di essere Dio,e si proporrà esattamente così. Nascondendo la sua cannibalica volontà di potenza.

Non a caso parli in maniera pericolosissima di gerarchia.

cit davintro
"L'uomo possiede un carattere di permanenza maggiore della pietra e della pianta, in virtù della sua essenza di razionalità e libero arbitrio, che permette all'uomo di resistere con maggior forza ai tentativi dell'esterno di manipolarlo, non solo con il suo corpo, ma anche con la ragione, che lo porta a criticare e rifiutare di dare l'assenso a opinioni ritenute false, perché l'essenza permanente che costituisce l'uomo come "uomo" è l'anima razionale. "

Come in puzle da incubo, ti fai portatore delle istanze della ideologia, che fa affermare l'esatto contrario di ciò che è, e gli impedisce di controllarlo, proprio per il fatto che si decide (in maniera folle) che "ciò che è" è frutto della libertà e della ragione.
E perciò nella realtà di tutti i giorni, la vita viene consegnata in mano ad una Natura presupposta.
E così se noi siamo schiavi e sragionevoli, viene negato per il semplice fatto che esistendo noi siamo Natura che è libertà e razionalità.

Ma essere schiavi e sragionevoli a me sembra l'esatto opposto della libertà e della razionalità.  :-\

cit davintro

" La pietra o la pianta possono reagire al tentativo "

Anche qua sei vittima della ideologia, stavolta quella riguardante lo specismo, la pietra e la pianta non sono mai soggetto.  :(
Purtroppo anche qui apriresti un 3d, che tra le altre cose ha pochi difensori. Mi viene in mente solo Calciolari.

Siamo in tempi BUJ.

cit davintro
"Questo discorso presuppone qualcosa che sembra controintuitivo, più che altro alla luce del nostro linguaggio nel quale è insensato dire che qualcosa è "più essere" di un'altra, l'essere è solo una copula, non una categoria che una cosa possiede più o meno."

Direi proprio di no, questa è una tua schematizzazione, l'essere non è l'ESSERE PIENO, è bensì l'interrogato dell'esistente.
ALias l'uomo.
Alias il soggetto.

cit davintro
"Il mancato rilevamento del carattere quantitativo dell'essere è stato forse l'errore di fondo dell'eleatismo."

Che provocazione dozzinale!

E' incredibile come l'ideologia capitalista, che non ha trovato ostacoli in america stia cominciando ad attecchire pure qua.
Adesso l'essere COME UNA MERCE deve avere caratteristiche di QUANTITA' ?????

Non posso che aborrire con forza tutto ciò. Sopratutto da persone intelligenti come te DAVINTRO. E' inacettabile!

Per precisazione l'ESSERE è, e nient'altro, non ha caratteristiche dell'ente.
Se fosse un ente sarebbe anch'egli preso dal vortice del mutamento.
E quindi ad un certo punto non dovrebbe essere più, il che è una contraddizione in termini.

cit davintro
"Parmenide confonde "essere" e "realtà", (e cade nel monismo) e non tiene conto del carattere ideale dell'essere, carattere che fa si che l'essere sia presente in ogni ente, che però non può pretendere di esaurire in sé stesso la pienezza dell'essere. Uomo, pietra, pianta, partecipano dell'essere, ma nell'uomo la maggior somiglianza all'Essere totalmente Attuale e immutabile, costituita dalla sua spiritualità, cioè la razionalità, fa sì che l'uomo sia "essere" in misura maggiore della pianta e della pietra, e la pianta lo sia nei confronti della pietra, tutti possiedono l'essere, ma nessuno è "l'essere""

Appunto perchè tutti non sono l'essere, che non c'è alcun bisogno di introdurre il concetto di quantità.
Ognuno possiede l'essere non vuol dire, forse comincio a capire il vostro errore, che ogni ente è parte di un ente più grande.
L'essere è sostanzialmente il  mistero che come avevi brillantemente esordito, non pone mai il contingente come DATO bensì come evento. L'evento è quella temporalità che chiamiao presente che decide (in maniera del tutto casuale) del nostro essere enti, ossia della co-presenza degli enti, in una data maniera in un dato sentimento.
Poichè il soggetto non è mai soggetto di verità ma di intenzione.
L'intenzione, il desiderio non è la questione della quantità (cosa che vorrebbe tanto il capitalsimo), quanto quello della mancanza, di quel che MANCA, che si costituisce poi come mistero, come narrazioen religiosa fenomenologica politica etc....
Non si tratta di dire cosa MANCA, se fossimo in grado di farlo allora potremmmo facilmente avere un idea di cosa sia quello che tu chiami ESSERE PIENO. (e di solito si risolve in aride cosmogonie.)
Ma questa non ha alcune senso pratico. E' nella prassi che si decide il farsi storico umano.

Ma la prassi è all'interno del potere invisibile come lo chiama SINI.
Ossia è all'interno di complesse dinamiche, che nessuno è in grado di vagliare da solo.
E' una mera illusione che matematizzare la realtà poi decida di quella realtà.
Posso anche far esplodere una bomba atomica, e poi esserne tormentato per l'eternità.

E' di questa destinalità che deriva la domanda su cosa sia L'essere, non sul suo potere, direi puttosto sul suo senso.
#2853
Tematiche Filosofiche / Re:Il bene e il male
02 Maggio 2017, 15:33:38 PM
Non ho capito che vuoi dire.
Che il bene e il male si decidono in base ad una barzelletta?
  ???


Un bambino che non riceve affetto muore, è un dato di fatto.
Non esistono queste costruzioni distopiche.


E' il risultato invece della storia degli individui e dei loro sentimenti, ciò che viene chiamato bene e male.


Scriveva Aristotele nell'etica nicomachea: l'individuo che tramite l'esempio porta avanti un sentimento positivo, incita per l'effetto specchio (va bene anche quello delle scienze neuro) che anche il suo prossimo si convinca a provarlo. Ma l'esito consisterà nell'esperienza che uno ne farà.
E dunque sarà bene, se mentre si adotta un comportamento, esso produrrà un sentimento positivo.
E sarà male se mentre si adotta produrrà un sentimento negativo.


L'omicidio nel corso dei secoli si è visto che era portatore di sentimenti negativi.
Nel corso dei secoli il sentimento si è visto come Ottimo all'interno della relazione fra persone.
La polis greca e il suo BIOS, la vita politica, indica chiaramente che l'orizzonte del bene esiste come quella conoscenza della reciprocità.

Il bene è la relazione fra gli uomini e il male è il suo dissiparsi.

Purtroppo la virtù a partire da dopo i greci si è corrotta per l'ideologia, e così la filosofia dell'altro, che era la filosofia del vicino di casa, è diventata la filosofia di Altro, ossia di Dio.
Ossia è la Paura che decide cosa è bene e cosa è male, rispetto alle punizioni e ai compensi dati.

In questo senso allora bene e male diventano delle costruzioni formali ( e possiamo metterci dentro tutte le distopie che vogliamo) che non avendo nulla di reale, fanno dire che bisogna andare oltre il bene  e il male.

Ma si intende il bene  e il male, decisi a tavolino, e non di quello che invece esiste, ed è dato dalla relazione con gli altri.

Capisco benissimo che in questi tempi buj vi sia una grande confusione.
#2854
Tematiche Filosofiche / Re:essere e divenire
02 Maggio 2017, 15:15:53 PM
Citazione di: Garbino il 02 Maggio 2017, 11:11:39 AM
Quand' è che l' uomo potrà superare i limiti stabiliti dal contesto ideologico, dalle morali, dal linguaggio, se non si incomincia a valutare che bisogna rimettere mano a tutto?
The answer my friend is blowing in the wind, the answer is blowing in the wind.
Garbino Vento di Tempesta.

Basterebbe prendere parte contro qualcosa Garbino.
Una canzonetta non risolve proprio niente.
#2855
Tematiche Filosofiche / Re:essere e divenire
02 Maggio 2017, 15:13:59 PM
x sari

Essendo la goccia fatta d'acqua contiene in sè il concetto di mare.
E' una metafora, non è una questione scientifica, che non pensa.
Da un orientalista mi aspettavo meglio.
#2856
x PAUL

cit paul
"Porre la soggettività significa che l'uomo si presenta come agente conoscitivo(gnoseologia o epistemologia) che media fra opinione e verità, fra divenire ed eternità . Quindi la domanda di Sini è giusta: in quale prospettiva si pone l'agente conoscitivo che dichiara e definisce i domini se non a partire da se stesso? L'ontologia iniziale di parmenide  quindi ha un nuovo sviluppo nella epistemologia, vale a dire la conoscenza dell'essere viene indagata e si porrà nella costruzione della prima dialettica dell'elnchos, quando Aristotele porrà la logica e le categorie.
Il fatto che Platone sia anche l'iniziatore della " Tecnica" che viene interpretata da molti come ll'oblio dell'essere contraddittorio e dell'Occidente sarebbe tutto da analizzare con appunto l'analitica dell''essere ch ea mio parere nessuno ha mai risolto, compreso Heidegger. Una cosa è certa, il neo platonism o,lo stesso Plotino utilizzeranno Platone nella indagine teologica dentro il cristianesimo."

Come scritto a Maral, stiamo parlando di Heidegger e non più di Nietzche. A mio parere siamo OT.

Siamo d'accordo a dire che Platone è metafisico, che è stato il primo a mettere l'attenzione sul soggetto.
Siamo d'accordo a dire che la gnoseologia dell'oggetto che si da al soggetto sfoci nella storia della tecnica.
Non siamo d'accordo a dire che la colpa è di Platone, perchè è come se noi si  tralasciasse la teoria del bene, che invece è assolutamente fondante in Platone.

Siamo d'accordo a dire che Heidegger non ha risolto l'analitica dell'Essere, semplicemente perchè per Heidegger non esiste l'analitica dell'Essere! ;D
Esiste invece l'analitica dell'essente, ossia dell'uomo (che è quella che gli interessa ad H.).
In realtà l'analitica è la storia della medianità di ciascun ente (e del suo rapporto con l'ESSERE). Quindi si potrebbe anche fare di un oggetto etc...Cosa ben diversa da quella proposta da te.

cit paul

"E' interessante come rapporto fra filosofie e come storia della cultura.perchè è al tempo di Heidegger e prima di Nietzsche che vivono le ideologie in rapporto alla tecnica come antitesi storica che esploderanno nel comunismo, fascismo, nazismo,, ma da sempre il cristianesimo,contro il concetto positivistico( del progresso tecnico che ha ulteriormente espropriato l'essere, inteso come uomo entificandolo, facendolo diventare "una cosa", un fenomeno)"

Non è per niente chiaro, caro amico mio!!

Il progresso storico tecnico non ha esproriato l'uomo della sua destinalità (che appunto è tecnica), bensì della possibilitò di pensare il rapporto originario con L'essere.
Infatti l'alienazione è l'oblio della propria valorialità.(della possibilità di pensarsi come rapporto con l'originario).
In parole povere l'uomo dimentica di essere una struttura e diviene vittima della propria produzione, pensandosi come struttura della propria produttività, e non della sua storia.
Nietzche c'entra poco con tutto questo discorso ripeto. :'(
#2857
Risposta breve generale.

Mi sembra che con l'introduzione del Nietzche Heidegeriano il topic abbia preso una piega che difficilmente è attribuibile al pensiero di Nietzche.
Anche la questione dell'eterno ritorno vista nella modalità insegnata da Derrida (l'attimo come ripresentarsi infinito della decisione, dell'evento) allontanta irrimediabilmente dal pensiro del mio Baffo preferito.

Quello che rimprovero a entrambi i filosofi, almeno per le questioni della differenza ontologica, e della ripetizione, è il fatto che applichino categorie metafisiche ad un pensatore che della metafisica in sè non sa cosa farsene.

Rispondere a questo punto diventa oneroso, perchè anzitutto mancandomi la lettura effettiva dei 2 autori mi costringe ad andare a senso, secondo quello che ho ascoltato da terzi (e a mò di riassunto).
La persona intelligente dovrebbe tacere, ma io sono stupido e avvinghiato al Baffo, e cerco di proteggerlo dalle menzogne che la seconda parte del 3d gli sta imputando.

Anzitutto partiamo pure dalla ripetizione, che la ripetizione sia quella dell'evento, ossia della decisione dell'istante, non spiega affatto perchè nietzche dica che rivivremo nello stesso ordine temporale quello che abbiamo vissuto.
Un attimo è già passato, come possiamo rivivere la stessa esperienza come se la clessidra tornasse indietro?
Quello che sta dicendo Nietzche è un chiaro controsenso, sta parlando della temporalità che si riavvolge su stessa.
Ora potrebbe essere benissimo un delirio di onnipotenza, uno dei tanti.
Finora non l'ho detto, perchè sennò sembrerebbe un andare contro il Baffo, il che per me sarebbe immorale. ;)
Ripeto non so perchè sia arrivato a questo tipo di cosmogonia, ma non lo ritengo importante.
Idem per quanto riguarda la differenza ontologica.
Ciò che diviene è l'uomo, non Dio, Nietzche non si sofferma su questo particolare ozioso, proiettato come è a indicare la strada per costruire la nuova società degli uomini, una società valoriale, e non più etica.
Ora dire che il divenire sia una proposta cosmologica, mi pare altrettanto improbabile che a Nietzche interessasse più del necessario. (d'altronde sono solo una manciata di righe su migliaia di pagine...è bizzarro che abbiamo deciso di soffermarci su questo).
Inoltre se tutto diviene come fa a ripetersi? mi pare più il contrario: ossia che il divenire sia una parvenza dell'essere generale. E comunque sia, siccome non vi è argomentazione alcuna, possiamo anche sbizzarrirci all'infinito, il punto è "ma a che serve"????

Risposta lunga per MARAL

Un pò di Polemos (filosofia avanzata) per l'ottimo maral. (per gli altri rimando al 3d aperto opportunatamente, suo malgrado visto che del Baffo lui non sa che farsene, da Sgiombo )

Caro amico, questa volta temo proprio di non aver capito.

cit maral
"Il divenire è tutto e solo nell'attimo, l'attimo lo giustifica e gli rende piena giustizia e nell'attimo che si presenta, ci sono passato e futuro, senza attraversamenti. "

Certo sarebbe la filosofia dell'evento. (se poi vuoi chiamarla dell'eterno ritorno sia pure, per me è comunque una inapropiatezza).

cit maral
"Per questo, si dice, "è necessario negare una coscienza totale del Divenire", che sarebbe possibile solo essendo fuori dall'attimo. Se questa coscienza totale del Divenire va negata, è impossibile dire se il Divenire diviene o no, da quale luogo potremo mai dirlo, ci siamo dentro, ci si vuole aderire, è necessario perché questa volontà che è la stessa volontà della vita si realizzi in noi, nelle nostre vite particolari e ritratte nelle loro nicchie."

Non capisco cosa sia la coscienza totale del divenire, temo che siamo alle solite, una autocoscienza del divenire?
Siamo d'accordo comunque sull'impossibilità che vi sia.
Invece credo che si possa riconoscere nel diveniente una forma della trascedenza, infatti l'evento ha in sè i germi che porteranno al cambiamento del soggetto, l'evento infatti non è il soggetto esperente, ma è ciò che esperisce all'interno della convenzione temporale dell'attimo. Perciò stessa essendo convenzionale, essendo più propriamente immanenza, il soggetto è in grado di valutarla.
In questo senso essendo cioè una astrazione (un prodotto del mentale) essa è passibile di costruirsi come filosofia.

cit maral
" Questa volontà nega l'Essere come la zoè nega la morte, l'ha dentro di sé come suo momento, non la vede come morte, non c'è morte nella vita primordiale. L'Essere è il Divenire stesso come la morte è la zoè stessa che sempre si rinnova."

Non ho ben capito il sillogismo, intendi dire che l'essere è la morte?
vita primordiale non è l'essere = animalità non è la morte
essere è divenire = morte è vita primordiale (l'animalità che si riproduce)
Se però sostituiamo i termini
allora 
la vita primordiale non è la vita primordiale = animalità non è la vita primordiale.
Il che è contraddittorio.....

cit maral
"Essere e Divenire sono a questo punto la stessa cosa"

Il che è contraddittorio infatti.

cit maral
"E certo che a volerli separare per mettere l'Essere fuori dal Divenire, considerare la cosa come è in sé, si ottiene solo la denigrazione del mondo."

Il divenire caro maral è all'interno dell'essere....andiamo è Severino!

In che senso la denigrazione del mondo???

cit maral
"E questo pensiero è di una portata deflagrante enorme, perché mette in crisi tutto il pensiero dell'Occidente, dalla religione, alla filosofia, alla scienza, ma è un pensiero che non viene da fuori, ma dalla stessa religione, filosofia e scienza dell'Occidente, le porta al culmine, torna all'origine e da si ricomincia daccapo. "

Credo di aver perso completamente le fila del tuo ragionamento qui.
Provo a interpretare. Ok non ci riesco. Sorry.

cit maral
"Si noti il paradossale 
"non è possibile ammettere in generale nessun essere, - poiché in tal modo il divenire perde il proprio valore e appare persino superfluo"
e alla terza conclusione:
"Il divenire ha in ogni momento lo stesso valore: la somma del suo valore rimane uguale a sé: in altri termini: esso non ha nessun valore, perché non c' è qualcosa con cui misurarlo, e in rapporto a cui la parola valore avrebbe senso.""

Non capisco cosa ci sia di paradossale, a me pare logico.

Ho cercato su google, allora anzittutto si tratta dell'aforisma contenuto in La volontà di Potenza 72 paragrafo.(almeno mettici il virgolettato!) ;)

citiamolo però tutto allora, ricordandoci che la volontà di potenza è un'opera spuria in cui è difficile conoscere ciò che è stato scritto dalla sorella e amici, e quello che era nelle intenzioni del Nietzche.

"Se il movimento del mondo avesse uno stato finale, questo dovrebbe già essere raggiunto. In realtà l'unico fatto fondamentale è che il mondo non ha nessuno stato-fine; e ogni filosofia o ipotesi scientifica (per esempio il meccanicismo), nella quale un tale stato diventa necessario, è confutata attraverso quest'unico dato di fatto...
Io cerco una concezione del mondo in cui si renda giustizia a questo dato di fatto: il divenire deve essere interpretato, senza ricorrere a tali scopi finali: il divenire deve apparire giustificato in ogni attimo (o non valutabile: il che è lo stesso); non è assolutamente possibile che il presente sia giustificato attraverso un futuro o che il passato sia giustificato attraverso un presente.
La «necessità» non ha la forma di una potenza totale che si propaga e domina, o di un primo motore; ancor meno necessaria per causare qualcosa di pregevole. Per questo è necessario negare una coscienza totale del divenire, un «Dio», per non porre l'accadere sotto il punto di vista di un essere che partecipa al sentire, al sapere, e che non vuole nulla: «Dio» è inutile, se non vuole nulla, e d'altra parte per esso viene posta una somma di dispiacere e di illogicità, che abbasserebbe il valore totale del «divenire»: per fortuna una tale potenza totalizzante non c'è ( un Dio sofferente e sovrastante, un «sensorio totale» e «assoluto spirito» sarebbe la più grande obiezione contro l'essere).
......
Pertanto si riconosce che questa ipotesi dell'essere è l'origine di ogni denigrazione del mondo; «il miglior mondo, il mondo vero, il mondo "dell'aldilà", la cosa in sé».
.....
Il valore totale del mondo non è valutabile, di conseguenza il pessimismo filosofico è una cosa comica."

Il primo capoverso indica l'impossibilità di un riduzionismo fisico. (ossia non esiste alcuna cosmogonia fondata)
In quanto la sua fondatezza sarebbe la causa principale della sua infondatezza, ossia non c'è fine.
Direi parafrasando siamo sempre immersi in una storia, in una narrazione.
Ogni narrazione non può darsi come fondazione del futuro ma nemmeno del passato continua nel secondo capoverso.
In generale non ci può essere valutazione (sulla fondatezza) alcuna parafraso io.
Nel terzo paragrafo asserisce l'inutilità di meta-narrazione che riguardi qualsiasi fatto (ma lui intende evento ndr)
Ogni evento contiene in sè la sua narrazione molto semplicemente, parafraso io.
Nel quinto capoverso sostiene che è la meta-narrazione a fornire la narrazione avversa (all'evento): ossia la presunzione che vi sia un evento migliore, un evento vero, un evento che si riferisce ad un al di là dell'evento stesso.
Nel finale parafreserei correttamente così:
Essendo la considerazione (avversa) valoriale una meta-narrazione, ne consegue che ogni metafisica che è la somma delle varie meta-narrazioni dell'evento stesso, risulti essere la stessa meta-narrazione, completamente avulsa da ogni singolo evento, che per l'appunto non sfocia in alcunchè di evenenziale.

Bisogna cioè ricondurre ogni parola relativa ad essere e divenire come la "Tradizione cattolica" e la "Storia".
Non vi è alcuna analitica, semmai una prassi che si concentra sul valore liguistico dell'esposizione della stessa.
(una descrizione, una narrazione).
Per inciso anche la filosofia di Nietzche è una filosofia dell'evento, e quindi una meta-narrazione dello stesso.
(il cui valore è avverso alle metanarrazioni metafisiche religiose e morali (teleologico-naturali) )

Insomma niente di più distante da quanto il 3d possa intendere.

cit maral
"Come fa l'Essere a sottrarre valore al divenire se il Divenire non ha valore non presentando alcuna unità di misura? "

A mio parere C'è un errore di comprensione generale del testo.
Ripeto non è un'analitica. (a costo di ripetermi all'infinito)

Comunque sia se ti ricordi Davintro a livello fenomenologico aveva introdotto come trait-d'union fenomenologico, l'ontologia come modalità dell'Essere.

Se vogliamo proprio fare una analitica di Essere e Divenire allora potremmo sensatamente usare quella precisazione.
Poichè l'Essere è, allora non può divenire, dunque il Divenire è la caratteristica della mediazione della parte con il suo Intero.(l'uomo appunto)
Questa mediazione però non è di ordine "terzo", ossia direbbe un Nietzche non riguarda la fisica, la giustizia o la Natura, ma riguarda l'ontologia. Ossia l'essente nell'immanenza. L'essente che si apre al mondo come interpretazione di quella Immanenza altro.
Il divenire è dunque l'uomo e non la sua terzialità la fisica, la giustizia o la natura.

Non è che l'Evento. Ossia l'evento è la relazione col Mondo.(insieme di trascendenza e fenomenologia)
Dunque non è che il Divenire manca di un valore, ossia non è l'esistente, ossia in chiave analitica è l'ontologico che verrebbe a essere sottratto del giusto valore, che non è mai verso qualsiasi "terzo", bensì sempre e solo verso l'apertura al mondo COME immanenza. 
Dunque bisogna distinguere tra immanenza e valorialità dell'esistente.
Se l'immanente avesse i caratteri valoriali di qualsiasi altra terzialità, foss'anco, attenzione, a quelli giusti dell'esistente, sarebbe una contraddizione in termini: appunto se l'immanente fosse giusto per un giudizio dell'esistente, ossia dell'uomo, non sarebbe più immanente.Il giusto di cui parla, ossia il valoriale si dà solo come descrizione ontologica rispetto e non a riguardo dell'immanente.
Ma l'Essere in tutto questo non è MAI tirato in causa. (altrimenti avrebbe ragione Heidegger a considerate Nietzche l'ultimo dei metafisici. Cosa che non sarà mai.)
Invece mi sembra che tu consideri la stessa cosa Essere ed Ente.

cit maral
"Divenire a sé stanti, nel concettualizzarli secondo contrapposizione, per cui da una parte si accumula il valore, dall'altra il disvalore e l'Essere con il suo valore diventa unità di misura in base alla quale vale ciò che nel divenire resta, è il resto che vale e più resta nel tempo più vale, mentre ciò che passa (quindi muore, si annulla) non vale:"

Infatti a mio avviso questo passaggio non fa altro che confermare il completo "misunderstanding" con il Baffo.
Se fosse così come hai scritto allora saremmo all'interno dell'ennesima metafisica. (magari una metafisica severiniana che tanto amiamo, ma pur sempre una metafisica).
Questo cosa Sini l'ha capita molto bene, ne parla estesamente nel canale di Sini, un suo allievo il prof. Di Martino.
Quando parla della cesura definitiva avvenuta negli anni 80 tra il primo Sini Heideggeriano, e il secondo Sini (il filosofo delle prassi che tanto amiamo).

cit maral
"Ma Nietzsche qui sta pensando, non è ancora nella catatonia dell'ultimo suo decennio di vita, e in modo del tutto metafisico, pur portando in crisi la metafisica. Non c'è l'Ubermensch, lui usa solo parole per chiamarlo alla presenza (e non è certo una chiamata priva di conseguenze), senza pur tuttavia renderlo presente. Poiché l'apparire dell'Ubermensch coincide con la fine dell'uomo e quindi anche necessariamente di ogni memoria, discoro e pensiero dell'uomo. Con l'Oltreuomo, l'uomo è una favola già dimenticata. Qui ci sono solo gli ultimi uomini con i loro ultimi vani discorsi, anche se carichi di tanta scienza e conoscenza."

Assolutamente no, non capisco nemmeno perchè arrivi a tali conclusioni.  ???
(o meglio lo capisco perchè credi in questa mitica, e del tutto inventata, brodaglia primordiale, siamo sempre nell'ambito di Natura sive Dio).

Con oltre uomo, Nietzche non intende un nuovo tipo di essere umano, bensì degli stessi uomini oltre la storia della metafisica.
Che cosa sia questo uomo è il frutto di migliaia di pagine ognuna delle quali contenenti anche più di un aforisma.
Ora ridurre la questione alla volontà di potenza (ipotesi biologista, neo-darwiniana) e all'eterno ritorno (ipotesi riduzionista cosmogonica), devo dire che comincia a darmi noja.
Perchè non concentrarsi invece sul lascito vastissimo e incommensurabile ai riduzionismi faciloni e snervanti.
(magari ci si renderebbe conto delle incredibili cantonate che sto leggendo)   :'(
#2858
Tematiche Filosofiche / Re:essere e divenire
02 Maggio 2017, 10:28:59 AM
Brevi risposte a Sgiombo, Sariputra, Garbino, Don Quixote, Acquario


x sgiombo

come sai dovremmo per onor del vero fare i solito distinguo.

Da una parte il tuo punto di vista (scientifico) del fenomeno mentale che corrisponde biunivocamente al fenomeno sensibile.
Dall'altra parte il mio che invece ritiene il fenomeno mentale contenente/riflettente il fenomeno sensibile.

Ma il caotico, se fosse tale, sarebbe comunque originario.
Sia perchè riguarda l'entropia dell'universo a un livello scientifico, sia perchè riguarda l'impossibilità della "cosa in sè" stessa.
Che poi sarebbero i nostri 2 punti di vista.

La seconda ipotesi sarebbe leggibile secondo un liguaggio formale matematico, dove si ipotizza (e quindi si dà) un tutto universale, e al cui interno vi sono tutte le funzioni variabili ipotizzabili tra le sue parti.
All'interno del linguaggio formale ovviamente si situa quella che è la "teoria del caos"(scientifica), ovvero quella serie di equazioni che ritrovano statisticamente una ordinazione nelle varie forme entropiche.

L'unica etica che vi ravviso è però solo quella riduzionista, dove appunto il ricercato deve essere per forza un dato sensibile, ovvero passibile di ulteriori trattamenti. Nella mia visione rientra nel problema della "Tecnica". Non faccio un distinguo tra Tecnica e Tecnologia, come la maggior parte dei filosofi fa: ritengo infatti come Heidegger che il problema sia connaturato nell'uomo.(ovvero strutturato nella relazione fra immanenza e storia, come apertura del mondo, come memoria del fare e dell'agire, 

che automaticamente diventa costume e quindi Etica (ripetizione in greco).

Il problema è sempre lo stesso, che si dimentica chi parla, ovvero l'interrogante come direbbe Heidegger, ovvero la riflessione di ogni medietà, e anche la tecnica rientra nel dominio del soggetto, con tutte i vari problemi politici connessi.

x sariputra

la tua ipotesi è corretta però solo dal punto di vista umano, non certo divino, come potrebbe ciò che è (Da sempre) divenire, qualcosa che non sia ancora se stesso? Appunto una contraddizione in termini.
Per quanto riguarda l'uomo: chi d'altronde garantisce che l'uomo sia il divenire all'interno di un essere?
Chi garantisce che siamo veramente gocce di mare?
La tua controtesi non ha senso, infatti una goccia di mare non è mai il mare, e nemmeno l'insieme delle gocce potrà mai essere il mare. Infatti l'addizione della precarietà delle gocce avrà come somma una precarietà, ma il mare non ha precarietà in quanto da sempre è l'originario.
La controtesi che riguarda l'uomo ha invece senso, ma ritenevo che l'avessi già espressa nella tesi che effettivamente risultava ambigua.(l'essere e l'uomo non sono la stessa cosa).
Ovviamente avendo senso ritengo fondata la tua ipotesi che l'antropocentrismo derivi anche da una (errata però a mio avviso) visione dell'essere.

Ps
Per inciso "anche" perchè non è solo una questione di irrigidimento dell' "io", ma ci sarebbe da considerare anche la questione dell'agire, e dell'etos stesso. (che non è mai per sempre, ma mutevole come i costumi).
Ovviamente nella distinzione tra essere e uomo vi è tutto il discorso di Heidegger.
E anche la tua posizione Sari rientra in quel grande errore della metafisica occidentale: credere di essere Dio.

x garbino
"Quello che io temo è che si riaprirebbe la strada ad un qualcosa di metafisico anche nel campo fisico, se non addirittura nel campo metafisico. E cioè qualcosa di immutabile che non sia disposto a mutare."
 
Da quando è nata la scienza caro Garbino, non si è mai posta il problema del mutamento. Anche dopo il lavoro di Kuhn sui modelli, la scienza ha sempre fatto spallucce dimostrado sempre di essere spavalda e ipocrita (visto che di fatto il modello è sempre cambiato).


Sono d'accordo che la scienza si metta uno scopo, ma credo che sia quello semplice della accumulazione dei dati sensibili.
Il problema è che per ottenere quell'accumulo si disinteressa di interrogarsi sul suo costituirsi, e apre quindi ai risultati del capitalismo più sfrenato. (si tratterebbe del problema tecnica-tecnologia, o se vuoi il pasoliniano progresso-sviluppo).
Ma ovviamente sono d'accordo con te, anche se la considerazione è spoglia delle mie considerazioni, di fatto è un ritorno alla metafisica classica monolitica.

Ma se tu e Sariputra doveste aver ragione, allora saremmo di fronte sì alla frantumazione.
Invece vi sono questioni che travalicano le gocce di mare, non dico il mare stesso, perchè evidentemente pensereste a qualcosa di monolitico, intendo la questione delle trascendenze, ossia dei sentimenti, la complessità dell'amore, dell'amicizia, dell'odio finanche, sono un irrisolvibile puzle se considerassimo le gocce di mare a sè stanti.
E invece possiamo benissimo indagare il rapporto fra le parti, e notare che qualcosa le trascende.
(per tornare a nietzche un momento, la prima cosa che le trascende è l'utile e la soppravivenza, ma nietzche ne fa subito una questione valoriale, e nello smascherare le etiche, e la loro ipocrisia, nel contempo addita un futuro trascendente, di nuovi valori).
D'altronde anche il termine re-lato, indica che "qualcosa" torna indietro.


Sono d'accordo don quixote.

rimane questo dilemma
"ragione per cui logica vuole che vi sia qualcosa in questo ente che lo fa essere quello che è e non altro."

bisogna fare attenzione, perchè questo ente è quello che è, non per un proprio divenire in sè, ma per una incidenza casuale di relazioni con altri enti.
Se un ente incontra un altro ente, diviene un altro ente, lui stesso.
Questo puzle ovviamente andrebbe contro a qualsiasi filosofia naturalista.(dell'in-sè, degli infiniti auton-, delle autocoscienze).


x acquario
"Ma ci si potrebbe pero chiedere:
E allora perché mai a noi le cose ci appaiono in successione?

Risposta:
Perche tra la causa e l'effetto non vi e' in realtà nessuna "separazione" o in altri termini vi e' simultaneità e se a noi "compare" tale successione e' perché questa e' dovuta alla sua manifestazione."

Ma allora avrebbe ragione sgiombo a dire che la causa sarebbe passibile di modifica, lo sarebbe in caso di una manifestazione modificata.
#2859
Tematiche Culturali e Sociali / Re:Polarizzazioni
29 Aprile 2017, 07:51:17 AM
La logica amico-nemico è anche quella che muove la politica, da Schmitt a Nietzche.
Poi certo la differenza di comprensione fra 2 grandi filosofi e la greggia è quella che è.
Sono d'accorod con Inverno, la greggia ci pensa da sola a rendersi infantile.
La tv semplicemente si adatta alla richiesta intellettuale (si può chiamare ancora così?) dell'utenza.

Anche se poi la scelta di aderire alla greggia caro Jacopus : beh quello è un altro paio di maniche e quindi avresti ragione tu.
Una volta la tv educava, oltre a intrattenere. Oggi intrattiene (come una partita di calcio)

(certo ci sono delle ragioni, ma non è questo il luogo per farle).
#2860
Tematiche Filosofiche / Re:Che è l'uomo?
29 Aprile 2017, 07:38:57 AM
a paul e davintro

davintro non ho tempo per considerazioni più ampie (per questo fine settimana) le rimando in settimana.

Ma volevo chiedere a entrambi: ovviamente anch'io penso che l'uomo è il frutto delle sue parti (siano esse fenomenologiche, o cosmologiche rispettivamente).
Ma non c'è traccia in voi della trascendenza, ossia di quel rapporto che la storia della filosofia ha chiamato essere-ente.
Non Intendo quindi le vostre soluzioni, di coincidenza analogica (paul) e di coincidenza ontologica (davintro).
(posto che comunque ne stiamo parlando da tempo, e che apprezzo molto)
Intendo proprio del rapporto metafisico, se vogliamo semplificare molto del rapporto DIO-Uomo.
Ma voi cosa ne pensate? (nel senso vi è spazio per un simile approccio, o ragionamento?)
#2861
Citazione di: maral il 28 Aprile 2017, 19:42:48 PM
https://www.youtube.com/watch?


Vado di fretta, solo un appunto (l'intervista a Volpi l'avrò vista un centinaio di volte, tanto è geniale): il titolo del video di Fusaro è che "l'essere dell'ente non è un ente."

E invece tu scrivevi il contrario (era questo che non mi tornava)

cit maral
"Heidegger pensa inoltre che anche l'essere dell'ente è un ente."

Suppongo sia stato un refuso.



x LOU

Concordo nello stabilire due Nietzche, il primo più vicino a schopenauer, e il secondo...la dinamite. ;)
Vedi se si intende con personalità borderline, una personalità costantemente sopra le righe, non c'è da vergognarsi a dire le cose come stanno. 
Tu novella Lou Salome, pronta a scoprire le debolezze del nostro? (il nick suona sinistro al nostro maestro,  ;D  ;)
).
Povero Nietzche. :)
#2862
cit angelo cannata
"Ritengo più sano un rapporto con Dio freddo, perché mi viene a risultare che, come esperienza umana, è anzitutto lui ad essere freddo: con Dio non esiste un vedere la sua faccia, sentire la sua voce, toccare il suo corpo; è possibile solo un rapporto indiretto, di interpretazione dell'esistenza come linguaggio da parte sua; e allora, se Dio non usa con me affettività, ma solo linguaggi indiretti, perché dovrei essere io a coltivarla per lui? In questo senso trovo patologico che addirittura si possa provare amore per un Dio così distaccato, indiretto, invisibile."

Ovviamente posso solo parlare per me stesso: la sua freddezza sarebbe sostanzialmente il suo silenzio.
Ma è proprio dal silenzio, che il domandare, che intuisce la sua presenza-assenza, ritorna ( a se stesso) colorandosi di senso.
Il confine con la patologia (che per me ripeto è uno dei 4 discorsi di morte studiati della psicanalisi lacaniana) è certamente sottile, hai ragione.
Anch'io con gli anni (intendiamoci, a partire dal liceo) ho preferito raffreddare un certo aspetto devozionale che ha percorso l'intera mia infanzia e prima adolescenza. Penso di poterlo capire.
Ma quell'ineffabile certezza della Sua Esistenza non mi ha proprio mai abbandonato, e anzi mi ha reso più facile capire molti passaggi impervi del pensiero filosofico occidentale.
Nell'assenza la presenza, nell'icona la Persona (Cristo), è il fulcro della guerra rappresentazionista del "divino.
(ho ascoltato Cacciari e letto Agamben).
Anche se riguarda più che altro il cristianesimo orientale, e l'ebraismo.
(ma non ne ho mai fatto una questione settaria).

Sulla secondarietà della comunità rispetto al messaggio portante dell'omelia e del sacramento: ho notato che è così anche per il mio amico.
Faccia però fatica a capire questa vostra esigenza. Non mi rimane che rispettarla.
Diciamo che per me si fa interessante capire come coniugate quel desiderio primario, con la secondarietà che è la comunità.
Ma in fin dei conti Cristo si preoccupava parecchio del prossimo, nonostante il suo fosse un messaggio chiaramente ultratterreno.
Mi è sempre interessato la imitatio-christi, perchè descrive una etica che per forza di cose DEVE aprire all'altro.
Non so se questo dialogo però ti interessi, e quindi attendo.
#2863
Citazione di: maral il 28 Aprile 2017, 12:24:56 PM
Prenditela con Heidegger, Green, è lui che afferma che è proprio la metafisica da Platone in poi che assimila l'Essere all'Ente compromettendo la differenza ontologica che il filosofo tedesco vuole recuperare (anche se Platone distingue tra gli enti, ma sempre enti restano, anche quelli speciali o privilegiati, come direbbe Severino, come le Idee, Idea del Bene compresa). Heidegger pensa inoltre che anche l'essere dell'ente è un ente.

Mi giunge nuova, hai dei riferimenti generici o precisi (meglio)?

Al massimo potrebbe essere l'esistente dell'ente visto come un ente, non l'essere.

L'idea del Bene in Platone è l'idea del Bene che viene prima del bene, come scritto nel mito della caverna.
(cif il sole che viene prima del sole)

Noi intendiamo e suppongo anche Severino (strano però se fosse) al Bene come secondario.
Un Bene cattolico-cristiano ovviamente. (in quel caso non faccio fatica a considerarlo un ente.)
#2864
[quote author=InVerno date=1493372833
- Uscita dall'Euro dell'Italia (o della Francia, o della Germania) significa fine dell'Unione Europea, se non ti rendi conto del perchè e del per come magari pensando a quegli stati "in Europa senza Euro" (con moneta ancorata e pil irrilevante) è perchè non ti rendi conto delle conseguenze politiche, in particolare riguardo alla credibilità dell'intera baracca (moneta inclusa) che una mossa del genere causerebbe.
[/quote]

Fatto un piano (quello di Draghi) se uscissimo dall'eurozona, si tratterebbe "semplicemente" di farne un altro.
Non capisco perchè tutto questo pessimismo, veramente crediamo che per esempio al brexit abbia seriamente messo in discussione i trattati economici britannici: nessuno riceverà un embargo per questo.
A me sembra che è la paura a far dire molte cose.
E ripeto nessun ha poi la sfera di cristallo, per poter dire che certe cose accadano necessariamente.

#2865
Si mi accodo anch'io alle varie prese di posizione, che poi sono un semplice prendere atto di....
(e quindi mi congratulo  :) )

La lunga strada che ha portato la Le Pen alla possibilità di un ballottaggio, vanta tra l'altro gli elogi di Costanzo Preve, e di filosofi come Benoist.

Siamo certamente al punto di svolta destinale per l'europa.(la lotta ai poteri imperialisti).

e allora mi sono riletto quel celebre pezzo del Preve che non posso non ri-citare, canto del cigno di uno dei più lucidi intellettuali che io abbia mai sentito. (e su cui concordo in tutto e per tutto)

Devo dire che a distanza di 5 anni, non ha perso niente del suo valore politico, anche a testimonianza che la Le Pen è tutt'altro che una populista impreparata.

cit
http://www.ilprimatonazionale.it/cultura/quando-il-marxista-preve-invitava-a-votare-front-national-

"5. Essendo un uomo di libri (e non vergognandomene affatto) cito nell'ordine quattro libri francesi, che mi hanno portato liberamente a questa folle decisione politicamente scorrettissima (ndr votare Le Pen Alle presidenziali 2012), anche se virtuale perché non ho il passaporto francese. Il primo è un recente saggio di de Benoist (cfr. Au bord du gouffre, Krisis, Paris 2011). Il secondo è un saggio di Jean-Claude Michéa (cfr. Le complexe d'Orphée, Climats, Paris 2011). Il terzo è un saggio di Régis Debray (cfr. Èloge des frontières, Gallimard, Paris, 2011). Il quarto e ultimo è direttamente di Marine Le Pen (cfr. Pour que vive la France, Grancher, Paris, 2012). D'ora in poi li citerò con il nome del solo autore, ma lo farò analiticamente, perché mi pare che due esistano anche in traduzione italiana, ma due ancora no. Cercherò di fare un ragionamento piano e non settario."

"6. Intitolato in italiano "Sulla soglia dell'abisso", il più recente libro di de Benoist sarebbe forse il più bel libro di "sinistra" pubblicato nell'ultimo anno, se la sinistra esistesse ancora e non fosse stata completamente fagocitata dalla "polizia del pensiero", dal futurismo progressistico automatizzato, dalla retorica dei diritti umani a bombardamenti incorporati, dall'antifascismo nostalgico-paranoico in totale assenza di fascismo, e via dicendo. So che quello che dico pare surrealistico e kafkiano, ma leggere per credere. Oggi chi è di sinistra dovrebbe essere contro la globalizzazione finanziaria, forma post-moderna di imperialismo post-borghese e post-proletario, ed in effetti libri contro il finanz-capitalismo (Gallino) si sprecano. Ma de Benoist è veramente contro la globalizzazione, non per finta o in modo teatrale (indignatos, Occupy Wall Street, eccetera), ma lo è con il coraggio di tirare anche alcune conclusioni sgradevoli e politicamente scorrette per i palati di sinistra: connotazione esatta del nemico principale indicato con nome e cognome e senza perifrasi, contingentamento dell'immigrazione incontrollata (senza la minima ombra di razzismo), ritorno alla sovranità monetaria nazionale anche se in forma federalista, protezionismo moderato ma visibile, opposizione al multiculturalismo americanizzante, eccetera. Tutte cose che la sinistra politicamente corretta non osa non solo dire, ma neppure pensare.  A proposito della globalizzazione, la "sinistra" è divisa in due grandi tronconi, che definirei dei globalizzatori anarchico-utopisti e degli altermondialisti politicamente corretti. I globalizzatori anarchico-utopisti (Negri, Hardt, ma anche Badiou e Zizek) sono soprattutto nemici del vecchio Stato nazionale autoritario, e vedono nella globalizzazione nuove possibilità di liberazione ed il potenziale avvento di una nuova "moltitudine" (che sostituisca la vecchia e noiosa classe salariata, operaia e proletaria, che nel frattempo ha "deluso"), cioè di una soggettività capace di legare "la singolarità al comune". Formalmente, si tratta di marxismo ortodosso legato analogicamente al Marx del Manifesto del 1848: così come la società borghese è un progresso rispetto a quella feudale, così l'impero mondializzato è un passo avanti rispetto alla realtà degli Stati nazionali edificati dalla borghesia (cfr. G. Giaccio, Diorama Letterario, n. 306, 2011). Si tratta di una ipocrita follia popolare nei due estremi della società, le cafeterias dei campus americani ed i centri sociali, dove vegeta una generazione di disoccupati.  Gli altermondialisti politicamente corretti (ad esempio "Le Monde diplomatique", i trotzkisti francesi delle due varianti, i tre porcellini italiani Vendola, Diliberto e Ferrero, la Linke tedesca, eccetera) respingono invece le idiozie precedenti, ma ritengono in buona fede che le "lotte" (proletari più ecologisti, femministe e pacifisti) possano "imporre" alle oligarchie un secondo compromesso keynesiano-fordista, riproducendo i trenta anni gloriosi (Hobsbawm). Essi condannano virtuosamente la globalizzazione e la dittatura dello spread e della speculazione, ma pensano di poterne venire fuori non solo con Bersani, Hollande e la SPD rinnovata, ma anche senza pagare prezzi sgradevoli come il contingentamento dell'immigrazione, misure protezionistiche e ristabilimento delle monete sovrane nazionali (magari tenendo l'euro come sola unità di conto di riserva). Insomma, vogliono la botte piena e la moglie ubriaca, e vogliono fare la frittata senza rompere le uova.  Il libro di de Benoist rompe finalmente l'ipocrisia politicamente corretta, ed ora si capisce meglio perché la "polizia del pensiero" adori Negri, Badiou e Zizek e lo condanni alla damnatio memoriae in vita."

"7. Il libro di Michéa affronta in modo impareggiabile un tema che un secolo prima di lui solo Georges Sorel aveva saputo affrontare così bene, anche se Sorel non aveva ancora conosciuto la natura controrivoluzionaria del cosiddetto Sessantotto (in proposito vedi D. Fusaro, Minima Mercatalia, Bompiani, Milano 2012, pp. 372-394). Michéa spiega come la "sinistra" abbia potuto alienarsi la "gente comune" sulla base dell'adozione dogmatica della "religione del progresso". Il paradosso che Michéa spiega in modo magistrale sta nel fatto che da un lato la sinistra critica il liberismo economico ed il liberalismo politico, visti correttamente come l'involucro del dominio delle oligarchie finanziarie, e poi accetta supinamente il suo necessario complemento culturalistico, la liberalizzazione dei costumi, la religione del progresso, il mito per cui l'Avanti è sempre per definizione meglio dell'Indietro, ed il fatto che la morale per definizione è considerato un fatto strettamente privato. Michéa non coltiva nessuno nostalgismo reazionario, semplicemente spiega con ricchi riferimenti storici, antropologici e filosofici in che modo la schizofrenia progressista si è impadronita del recinto sacro della sinistra, recinto ben sorvegliato dalla nota "polizia del pensiero" e dai "crociati dell'interventismo umanitario".  Leggere per credere."



"8. Régis Debray ha alle spalle una lunghissima storia rivoluzionaria che l'ha portato dal Che Guevara a Mitterrand alla difesa sacrosanta della Jugoslavia nel 1999. Debray vede nella "frontiera" un limite alla mondializzazione, perché è ad un tempo la precondizione della sovranità monetaria nazionale e la precondizione dell'opposizione al "mondialismo planetario", che si copre di buone intenzioni multiculturali, assistenzialistiche e pacifistiche, e poi inevitabilmente copre l'interventismo a cento ottanta gradi (Schmitt, Zolo). Quello di Debray è un vero discorso contro il politicamente corretto sans frontiéres e sans papier, fatto da una persona che ha girato il mondo, ha le credenziali "internazionalistiche" a posto ed è multilingue. Appunto per questo non ha bisogno di coprirsi con il ridicolo mantello del multiculturalismo politicamente corretto, può tranquillamente restaurare il significato positivo e non negativo della frontiera: un limite magari facilmente oltrepassabile con una semplice carta d'identità, ma anche un limite fisiologico della sovranità comunitaria praticabile."

"11. E passiamo ora al libro della Le Pen. Mi si dirà che è un libro propagandistico, fatto per ingannare i creduloni "di sinistra" come me. Ma io non faccio parte della polizia del pensiero, ed ho già largamente pagato i miei prezzi al gossip malevolo. Io leggo libri, mi devo fidare di quello che leggo, e raramente ho avuto modo di trovarmi tanto d'accordo con un testo politico-teorico. Marine Le Pen (p. 135) afferma apertamente il deperimento attuale della dicotomia Destra/Sinistra. Se lo fa, questo significa che cerca voti a destra, al centro e a sinistra. Bene, è esattamente quello che da 15 anni aspetto da un politico. Perché ora che arriva dovrei sospettare l'inganno?                              Essa critica la guerra dell'Iraq (p.37). Sostiene che la bolla speculativa immobiliare è stata una strategia voluta (p. 36). Sostiene con Polanyi che il mercato è più utopico del piano (p.26). Sostiene con Maurice Allais che il liberalismo ha un codice "stalinista" e che il mondialismo è un'alleanza fra consumismo e materialismo (p. 49). Sostiene con Todd che c'è incompatibilità fra libero scambio e democrazia (p.50). Sostiene che se c'è qualcosa di "fascista", questo qualcosa è l'euro (pp. 54-61), affermazione certamente un po' hard, ma meglio esagerare che sottovalutare. Le è perfettamente chiara la natura abbietta dell'interventismo umanitario di Kouchner (p. 127). Si rifà positivamente a Lipovetsky, a Michéa ed a Bourdieu, e cita positivamente sia De Gaulle che lo stesso comunista Marchais.                                                                                                                                 Ma soprattutto ci sono due punti importanti. In primo luogo, a differenza dei soliti politicanti ignoranti, la Le Pen traccia una vera genealogia teorica del capitalismo liberista, dai fisiocratici a Smith. In secondo luogo, non lascia dubbi sul fatto che la mondializzazione è cattiva in sé, è un orizzonte di rinuncia (p. 19), il modello americano è al cuore del progetto mondialista (p. 34), il debito pubblico è un buon affare mondialista (p. 72), l'organizzazione europea di Bruxelles è l'avanguardia europea del mondialismo (p. 74), e che infine l'immigrazione incontrollata è parte di un'offensiva economica e culturale del mondialismo (p. 80). Questa ultima affermazione è particolarmente sgradevole per le anime pie politicamente corrette di sinistra, perché identificata con il razzismo ed il populismo. Bisogna però sapere se essa è fondata o infondata, ed io la considero parzialmente fondata. La Le Pen afferma anche che il sarkozysmo è lo stadio supremo del mondialismo (p. 151), che la nazione non deve essere demonizzata (p. 103), che la scuola e la cultura classica devono essere difese (p. 111 e p. 235), che il popolo è diventato "indesiderabile" e viene sempre accusato di "populismo", termine vuoto e per questo sorvegliato dalla polizia del pensiero (p. 128). E potrei continuare.  Sottolineo per chiarezza che la mia dichiarazione "scandalosa" deve essere giudicata solo ed esclusivamente sulla base del libro e dei punti citati; essa non comporta in alcun modo  la condivisione del razzismo e della xenofobia anti-immigrati, con le quali la Le Pen si deve e si dovrà inevitabilmente confrontare sul piano elettorale. A questo punto mi si dica, se lo si vuole, che sono un vecchio ingenuo gabbione e che mi lascio infinocchiare da una scaltra "populista". Ammetto di avere un fraterno amico, che qui non cito, che fa parte del circolo politico della Le Pen. Egli afferma, ed io gli credo, che il libro corrisponde a verità e che la Le Pen crede veramente a quello che scrive. Preferisco sbagliare per ingenuità che essere sospettoso per paranoia."