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Messaggi - bobmax

#2866
E' la volontà di potenza, che Nietzsche ha sofferto sino allo spasimo, a non fargli accettare l'importanza della compassione. Gli sembrava un cedimento di fronte all'orrore del mondo. Ma non è affatto una resa. È invece proprio il contrario.
 
La compassione è il più profondo sentimento si possa provare. Supera anche l'amore, almeno nel nostro esserci.
 
Penso che Nietzsche abbia sperimentato momenti di illuminazione, che lo hanno scosso e fatto diventare il grande filosofo che è. Tuttavia, forse a causa della sua grande sensibilità, queste esperienze hanno acuito la disperazione nichilista senza poterla in qualche modo superare.
Il "divenire" per Nietzsche era necessariamente  verità assoluta.
#2867
Per Sgiombo
Occorre secondo me distinguere tra "fede" e "superstizione".
La superstizione consiste nel credere che qualcosa ci sia senza che questo suo esserci possa essere provato.
Viceversa la fede non riguarda affatto un qualcosa, non è una credenza in qualcosa che dovrebbe esserci. La fede riguarda solo ed esclusivamente l'Assoluto. E poiché l'Assoluto non c'è (non appare nell'esserci mondano) possiamo ben dire che l'autentica fede è fede nel Nulla.
 
Tuttavia questo è il Nulla fonte d'infinite possibilità, opposto al nulla nichilistico che è il nulla assoluto.
Le religioni (tutte), così come qualsiasi ideologia che pretenda di conoscere la Verità, sono fondate dal nichilismo. Traggono da esso la loro ragion d'essere.
 
Infatti le "verità" che esse propugnano non sono che dei rimedi all'angoscia esistenziale nichilistica. Queste "verità", con la loro pretesa di affermare il Vero senza poterlo fondare, non sono che superstizioni.
 
Certo che vi è chi sacrifica la vita!, così come chi uccide chiunque non la pensi come lui, ma la motivazione non è la fede. La spinta originaria è sempre il nulla nichilistico, alla cui angoscia l'ego cerca di imporre una sua "verità", nell'illusione che imponendola, anche attraverso il sacrificio, questa "verità" possa davvero diventare assoluta.
 
Ben difficilmente il nichilismo si mostra con la propria essenza. Sono davvero pochi quelli che hanno provato ad affrontarlo ossia pensatori come Leopardi o Nietzsche. Di solito si mostra attraverso le reazioni che suscita, come le varie credenze (superstizioni) e la volontà di potenza.
#2868
&Iano
Chi ha una sua idea della Verità non la sta cercando. Per cercarla occorre distaccarsi da tutto, dubitare di ogni sapere.

Il relativismo autentico è correlato all'Assoluto al punto da coincidervi, nel nostro esserci mondano.

È però difficile rimanere autentici relativisti, molto ma molto più facile è diventare nichilisti, seppur inconsapevoli.

E allora il relativismo è utilizzato solo per confermare a se stessi l'assenza di ogni valore, l'illusione dell'Assoluto.
#2869
&Socrate78
Concordo con te.
Il relativismo è lo stato necessario per chi cerca la Verità. È il punto di partenza imprescindibile di chi non vuole ingannarsi, e perciò rifiuta di credere come assoluta ogni verità oggettiva. Di modo che il relativismo si fonda sulla fede nell'Assoluto, nella Verità.

Il nichilismo deriva invece dalla mancanza di fede nella Verità. Che può scatenare la volontà di potenza così come far abbracciare un credo come rimedio all'angoscia esistenziale. Ma anche più semplicemente far condurre una vita dove ogni lasciata è persa.

Il nichilismo non coincide affatto perciò con il relativismo, ma ne è la sconfitta.
#2870
Riguardo alla Verità non posso darti alcun appiglio, alcun bandolo della matassa. Se ci provassi sarebbe un inganno. Non vi è appiglio possibile per giungere all'Assoluto, ossia alla Verità. Se vi fosse non sarebbe Assoluto.
È proprio per questo che occorre aver fede. Ed è questa l'unica autentica fede, ogni altra è solo superstizione.
Se vi fosse un appiglio il tuo credere sarebbe condizionato da esso, non sarebbe fede, ma la pretesa, attraverso un appiglio, di conoscere la Verità! Sarebbe perciò superstizione.

Il tuo relativismo si regge solo perché in te è presente, seppur inconsapevolmente, l'Assoluto. Se non vi fosse questa tua fede nella Verità, il tuo relativismo virerebbe inevitabilmente in nichilismo.
È infatti proprio la fede nella Verità il baluardo ai fondamentalismi, i quali sono sempre alimentati dal pensiero nichilista.

Perciò il relativismo è alimentato dalla fede nella Verità. Se questa fede non regge alla prova, allora trionfa il nichilismo. Con le sue più varie manifestazioni. Tra le quali i fondamentalimi, che altro non sono che la disperata ricerca di un rimedio, ossia una verità oggettiva, da contrapporre all'angoscia nichilista.
#2871
Tematiche Filosofiche / Re:T'amo non t'amo
25 Aprile 2018, 19:17:56 PM
Hai ragione Angelo, ho usato il noi. D'altronde non si tratta proprio di comprendere ma semmai di vivere. Entrando in sintonia. Magari leggendo Leopardi con empatia però, cercandolo.
Impresa possibile solo per chi ha fede nella Verità.
E ogni scienziato degno di questo nome deve necessariamente avere fede nella Verità. Una considerazione che a molti sfugge ma è invece essenziale.
#2872
Tematiche Filosofiche / Re:T'amo non t'amo
25 Aprile 2018, 18:51:55 PM
Angelo, questa connessione esiste già, nei grandi che ci hanno preceduto. Basta andare a ritrovarli. 
Ogni grande poeta è innanzitutto un grandissimo logico. Ma noi, ormai succubi dell'oggettività in sé, non riusciamo più a comprenderli.
#2873
Per Donalduck

Occorre decidere, secondo me, se la psicologia sia da considerarsi scienza oppure no.
Se lo è, essa si basa necessariamente sull'oggettività. Se invece si pensa ne possa prescindere allora non è più scienza ma metafisica. In questo secondo caso penso sarebbe più corretto chiamarla appunto metafisica.
In quanto scienza la psicologia si sviluppa in varie branche, come qualsiasi altra scienza.
In quanto metafisica ha ancora senso parlare di psicologia?
 
E se con psiche vogliamo intendere ancora "anima", bene, ma allora parliamo di metafisica e non di psicologia.
 
Buber Martin, con il suo: "Colpa e sensi di colpa" chiarisce a mio avviso molto bene l'insufficienza dell'approccio psicologico nell'affrontare situazioni-limite. In sostanza la psicologia altro non fa che curare i sintomi, depotenziandoli, facendo perdere così l'occasione data dalla situazione-limite.
Karl Jaspers, grande psichiatra oltre che filosofo, fonda buona parte della sua filosofia proprio sulle situazioni-limite. E infatti la sua è metafisica.
 
Ogni situazione, che appare come limite, potrebbe un domani essere superata e rivelarsi perciò non più "limite" perché in qualche modo spiegata dal pensiero razionale. Ma dal punto esistenziale ciò ha poca importanza. Ciò che conta è ciò che è avvenuto in noi quando l'abbiamo vissuta appunto come limite.
 
Non esiste solo l'alternativa tra razionale e irrazionale, si può pure andare oltre questa dicotomia.
 
Comunque la questione chiave, a mio avviso, riguarda la fede nella Verità. Che non può avere alcuna ragione per esserci. Siamo solo noi, in perfetta solitudine, a dover decidere.
 
Quando la si rifiuta, compaiono "verità relative" incluse comunque in un orizzonte di senso che, seppur implicitamente, pretende si stabilire cosa sia la Verità.
Un orizzonte che può essere l'indefinito allargamento della coscienza, così come il vuoto nichilista.
Nel primo caso l'"informazione" in quanto tale assurge a fondamento, e quindi in buona sostanza a verità assoluta.  Nel secondo, neppure l'informazione ha effettivo valore, vero è soltanto che nulla ha valore.
 
Di modo che, senza la fede nella Verità, vi è sempre, in un modo o nell'altro, una pretesa verità implicitamente considerata assoluta.
#2874
Tematiche Filosofiche / Re:T'amo non t'amo
24 Aprile 2018, 10:24:36 AM
L'amore scaturisce dalla povertà, come insegna Platone. 

Nella vita capitano delle occasioni dove questa carenza può essere forse un po' colmata. Attrazioni sessuali, esperienze genitoriali, filiali. Così come slanci ideali, spirituali. 

Motivi per sperimentare amore, però mai perfetto. 
Se lo fosse non saremmo nel relativo ma nell'assoluto.

Tante occasioni per mettersi in viaggio alla ricerca dell'Uno.
#2875
Tematiche Filosofiche / Re:T'AMO NON T'AMO
24 Aprile 2018, 09:40:13 AM
Poesia che esplora il limite. 
Così come non posso volere di volere, allo stesso modo non posso voler amare. Amo o non amo, non dipende da me.

Tuttavia cosa amo?
Eppoi quanto è autentico questo mio amore?
Perché se l'amore non è assoluto può essere davvero amore?

Devo allora fare un atto di fede: l'Amore è, la Verità è.

Occorre perciò una teologia:
Dio = Bene
Fine della teologia.

Allora, forse, il mio amore imperfetto può aspirare all'assoluto.
Dio ama se stesso
#2876
Sì, d'altronde in qualsiasi direzione ci mettiamo a scavare con determinazione, alla fine ci ritroviamo davanti la metafisica.
Dobbiamo rispettare la logica, ed è già un bel impegno, ma non basta. La logica di per sè è puro nulla, il suo valore è tutto in ció la regge: l'Etica.
#2877
Eppure il "ragionamento contorto" mostra a mio avviso una caratteristica fondamentale del nostro esserci. Cioè che la verità è indispensabile per la stessa falsità. Il bugiardo è tale solo in quanto "vero" bugiardo.

Ma la medesima verità può affermarsi solo attraverso la negazione della falsità.Se non la nega non è neppure verità.
La falsità, nell'esserci, è necessaria per la verità.

Tuttavia la Verità assoluta prescinde da ogni falsità: la include in sè. Ma questa è una questione di fede.
#2878
Celeste é un bugiardo, Bianco è sincero, Rosso è indefinibile.
#2879
Per Donalduck
 
La psicologia offre senz'altro un utile aiuto per superare molte difficoltà della nostra vita. Tuttavia, essa può essere davvero fuorviante se le questioni che ci troviamo davanti sono di natura esistenziale.
Infatti la psicologia riduce l'anima a psiche, ossia all'insieme delle nostre funzioni mentali. Mentre le questioni esistenziali, e quindi tipiche dell'anima, trascendono queste funzioni.
Un modo per cogliere l'esistenza, nella sua incommensurabilità rispetto al psicologico, è quello di affrontare una situazione-limite.
Vorrei provare a illustrare in cosa consista questa particolare situazione di vita:
 
Noi sempre siamo in una situazione, il nostro esserci al mondo consiste in un'ininterrotta sequenza di situazioni. Dove siamo perlopiù avvolti da un orizzonte rassicurante, concreto, che dona consistenza al nostro stesso esserci.
Tuttavia, può capitare di ritrovarci in una Situazione-Limite, ossia in una situazione dove la concretezza dell'esserci sembra dissolversi. Ciò che prima era certo, adesso si fa ambiguo e ci ritroviamo soli, senza alcuna bussola che ci indichi la via.
Sebbene sia presente in tante situazioni di vita, di solito non ci accorgiamo del limite, perché condizionati dal nostro stesso pensiero razionale. Per il quale esiste solo ciò che è oggettivo, concreto.
E quando invece ci capita d'avvertirlo, il limite, proviamo un'impressione straniante, un disagio indeterminato, anche angoscioso, e di norma ci affrettiamo a cancellarlo, tornando nel nostro rassicurante mondo razionale.

D'altronde la situazione-limite, che pur abbiamo percepito, non ci può fornire alcuna informazione, alcuna "verità". Può essere stata benissimo il frutto di una nostra allucinazione...
Se vissuta però esistenzialmente (cioè con la più vigorosa fede nella Verità), la situazione-limite può scuoterci nel profondo e risvegliare in noi una consapevolezza inusitata.
La morte può essere una situazione-limite, quando squarcia il velo delle quotidiane sicurezze per farci intravedere, dietro il nostro esserci mondano, il Nulla.

Questo Nulla ci interroga: "E adesso?" Rigettandoci a noi stessi, perché a nessun appiglio possiamo aggrapparci se non a noi stessi.
Di fronte alla morte di una persona cara, posso o lasciarmi sopraffare dalla disperazione chiudendomi nel mio sordo dolore, o ragionarci sopra razionalmente inquadrando l'evento come ciò che purtroppo capita nella vita e bisogna farsene una ragione, oppure... viverla come una situazione-limite! Ossia sforzandomi di stare di fronte a quell'evento terribile, senza piombare nella disperazione che mi annichilisce e neppure cercare di razionalizzare ad ogni costo la cosa, depotenziandone così il pathos. Questa è la realtà! Inaccettabile, ma vera...

E affrontare così lo sguardo della Medusa, che m'interroga mostrandomi l'orrore del mondo, senza nulla sperare, perché quello è!
E lì, forse, tornare a me stesso.
#2880
Per Donalduck
Vorrei provare a cambiare approccio, evitando di affrontare la cosa tramite concetti, almeno inizialmente. Nel prossimo mio post cercherò perciò di trattare situazioni esistenziali di vita, visto che l'inferno ha suscitato in te un qual interesse (anche se lo consideri fuori tema...). Perché le situazioni limite sono l'occasione migliore, secondo me, per la manifestazione dell'esistenza.

Provo qui soltanto a ribadire i "concetti" che considero fondamentali. Concetti da intendere il più possibile alla lettera. Solo così, senza sovrapposizioni, spesso involontarie ma comunque fatali, si può forse avvertirne l'autentico messaggio.

Citazione di: Donalduck il 15 Aprile 2018, 12:42:01 PM
Ma se non sai che cosa sia, perché pensi che ci sia? Siamo sempre lì: io ti chiedo che bisogna hai di postulare questa Verità, e ti chiedo cosa sia mai questa verità nell'esperienza della coscienza, in modo che io possa in qualche modo farmene una rappresentazione, un'idea, e tu me ne parli come se fosse qualcosa di condiviso o condivisibile, quasi scontato, e allo stesso tempo qualcosa che non si sa cosa sia. Non è né scontato né condiviso o condivisiabile: non conosco nessuna Verità, non sento il bisogno o la mancanza di nessuna Verità, in sostanza, lo dico sinceramente, non so di cosa tu stia parlando. Lo stesso se mi parli Dio.
E la condivisione è condizione necessaria per qualunque scambio di idee, altrimenti diventa un'alternanza di soliloqui.

La Verità non c'è!
Di modo che non penso affatto che ci sia.
La Verità è!

Citazione
Citazione
Non vi è nessuna certezza che la realtà sia intersoggettiva. Il soggetto potrebbe essere uno solo.
Sia perché il solipsimo non può essere escluso del tutto, è sia perché i pur molteplici soggetti potrebbero in realtà essere la manifestazione di un unico soggetto.
Inoltre neppure l'interpretazione materialista, dove il soggetto è solo un epifenomeno dell'oggettivitá in sé, può essere esclusa.
Questi, secondo me, sono i labirinti senza uscita in cui ci si infila se si perde il contatto con l'esperienza della coscienza. Proprio per questo sono partito dalla definizione di esistenza e di realtà. Se non definisco cosa sia esistere e cosa non esistere, cosa sia reale e cosa no, nell'esperienza della coscienza, se non stabilisco dei criteri concretamente applicabili per distinguereli, se non cerco di dare un effettivo, verificabile significato a questi termini, posso affermare tutto e il contrario di tutto senza che sia possibile argomentare pro o contro, ma quello che dico sarà solo un gioco di parole, un "effetto speciale" verbale, analogo a quelli dei film.

I termini "esistenza", "realtà", possono avere un significato solo se sei già nel labirinto.
Dare un significato, infatti, consiste proprio nel dare per scontato l'orizzonte nel quale vale questo significato.
De-finire vuol dire isolare ciò che si vuole appunto distinguere da tutto il resto.
Se non vi è alcun resto, non è possibile definire.

Citazione
CitazioneIl referente si trova certamente in noi stessi, dove se no? Ma non può assolutamente essere individuato. Non perché è una sensazione, ma perché è il fondamento!
Per cui non si tratta di intuizioni extra razionali, ma di ciò che noi siamo.
Anche qui, non ho mezzi per capire di cosa parli. Cos'è questo "noi stessi"? E se il referente non può essere individuato, perché continui a postularne l'esistenza (che ancora attende di essere definita, tra l'altro)? Che bisogno abbiamo di stabilire un "fondamento" dell'esperienza della coscienza? Se si tratta di un bisogno di una "causa", resta il problema insolubile dell'eterna ricorsione: il fondamento ha bisogno di un fondamento, e così via. Non è un problema da liquidare con un colpo di spugna e neppure da aggirare con un atto di fede. O meglio , la fede può anche funzionare, soggettivamente, ma non è discutibile.

L'autentica fede può riguardare ciò che non c'è.
Di più, non solo non c'è, non potrà mai neppure esserci!

Ciò che c'è, c'è soltanto perché mostra il proprio fondamento. E questo a sua volta potrà esserci solo in quanto sorretto dal proprio fondamento. In un rimando continuo, fino a giungere al "Fondamento", che non si fonda su nient'altro. E proprio per questo non c'é.
Questo Fondamento è la Verità.

Credere in qualcosa che si vorrebbe ci fosse, ma che non mostra il proprio fondamento, è solo superstizione.
Viceversa, l'unica autentica fede consiste nel credere nella Verità, che non c'è, proprio in quanto è il Fondamento.