In questi tempi apocalittici, una piccola digressione sull'apocalisse e sulle possibilità del suo pensiero:
Il mondo ha avuto a disposizione infinito tempo, in passato, per giungere ad uno stato definitivo, ad uno stato di stasi, e non vi è mai giunto, tanto che tutt'ora in questo attimo diviene, e diviene dopo già infinito divenire.. perciò, perché dovrebbe giungervi in futuro, ad uno stato finale o di stasi?
In un mondo eterno, ingenerato e imperituro come lo immaginavano i Greci, la somiglianza della natura con sé stessa, il limite intrinseco a quanto le cose possano differire tra di loro, ci fa pensare che se non c'è mai stato eskaton, fine della storia e redenzione della natura nell'infinito passato, tanto che noi stessi siamo qui, "emergenti dall'infinito", in uno stato ancora provvisorio e diveniente, non ci sarà niente di simile neanche nell'infinito futuro.
Il divenire, che è ininterrotto dall'infinito, sarà eterno anche nel futuro: la fine del tempo, che ha già avuto infinite possibilità di accadere, infinito tempo per accadere, non è accaduta, nessuna configurazione possibile del mondo la fa accadere, nessuna configurazione del mondo è l'ultima, tutte le configurazioni possibili hanno già dimostrato in passato di averne una successiva, altrimenti noi non saremmo qui. Quindi l'unico eskaton che la ragione può accettare se il mondo non ha inizio, è il non eskaton: se il mondo non ha inizio, non ha neanche fine.
Perciò si può comprendere come il pensiero di una apocalisse, sia legato a doppio filo a quello di una creazione, di un inizio del tempo: solo un tempo che inizia, può finire.