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Messaggi - sgiombo

#2866
CitazioneIn generale anch' io, seguendo la vetusta logica aristotelica, ritengo valido il principio del terzo escluso (anche perché per lo meno in sede teorica pura -forse non in sede giuridica- "vero" =/= "dimostrato essere vero" o "certamente vero": un' affermazione è oggettivamente vera oppure falsa anche se non si ha dimostrazione dell' uno oppure dell' altro caso reciprocamente escludentisi e non si sa a quale di essi accordare il nostro soggettivo assenso).
 
E in particolare quanto al governo proporrei come assai probabile il "principio del terzo incluso": non solo uno dei due, o Lotti oppure Marroni, mente, ma non è affatto improbabile che entrambi siano disonesti, sia l' uno che l' altro!
#2867
Tematiche Filosofiche / Re:Relativismo/Assolutismo
15 Marzo 2017, 14:41:05 PM
Citazione di: donquixote il 14 Marzo 2017, 19:29:04 PM
CONTINUAZIONE

Citazione di: sgiombo il 13 Marzo 2017, 14:19:50 PME partendo da questo concetto (del "tutto") si possono poi fare, utilizzando correttamente la logica e rispettando il significato delle parole, tutte le deduzioni che uno crede, che sono giudizi analitici a priori, senza dire nulla (di determinato) su come le realtà è e/o non è, su ciò che é/accade realmente e ciò che non é/non accade realmente (nella stessa identica maniera dei teoremi della matematica pura).

La matematica è un linguaggio, e si può fare metafisica anche utilizzando i numeri in maniera simbolica (vedi Pitagora) e mi risulta che il calcolo infinitesimale sia stato usato anche in metafisica, ma come dicevo sopra siccome la metafisica si occupa di verità incontrovertibili e universali non ti potrà mai dire cosa sarà "esattamente" un oggetto materiale (dato che questo nessuno può dirlo) ma potrà al massimo, attraverso le sue deduzioni e l'osservazione, darne una qualche descrizione e inserirlo in un determinato contesto. Certo la metafisica non potrà mai dire e non dirà mai che se il carciofo è adatto all'alimentazione umana questo esiste apposta per alimentare l'uomo. La metafisica usa il principio di ragione (nihil est sine ratione) e non certo il "principio di ragione sufficiente" ove la sufficienza o meno della ragione dell'esistenza di qualcosa (o di qualcuno) la decide l'uomo, e si limita ad affermare che se qualcosa (qualunque cosa) esiste una ragione c'è, perché se non ci fosse alcuna ragione semplicemente non esisterebbe. Diverso è conoscere tale (o tali) ragione poiché qui si entra sempre nel campo delle ipotesi umane e non si fa certo metafisica (qualcuno potrebbe dire che il carciofo, dato che è robusto e punge, è un'arma e anziché mangiarlo lo usa per proteggersi o aggredire gli altri).

CitazioneAnche la matematica pura si occupa di verità incontrovertibili e universali; ma si tratta di verità analitiche a priori che non dicono nulla di come è o non è la realtà (come anche quelle di una pretesa metafisica -ma in realtà si tratterebbe di un sistema assiomatico, logico- che pretendesse di fare discorsi dedotti da premesse arbitrariamente stabilite a priori).

Se la sufficienza o meno della ragione dell'esistenza di qualcosa (o di qualcuno) la decidesse arbitrariamente l'uomo (anche facendo della scienza e/o della metafisica), allora porrebbero benissimo esistere realmente gli ippogrifi, nonché innumerevoli donne bellissime disposte a compiacermi in ogni mio desiderio; ma purtroppo (o forse per fortuna, a ben vedere) così non è!

Non vedo come si possa sostenere che "se qualcosa (qualunque cosa) esiste una ragione c'è, perché se non ci fosse alcuna ragione semplicemente non esisterebbe": non è per niente autocontraddittorio pensare (ergo: è ben possibile che realmente sa) che qualcosa esista senza una ragione.
A parte il fatto che pretendendo una ragione per qualsiasi cosa esista (o accada) si cadrebbe inevitabilmente in un illogicissimo regresso all' infinito: e la ragione della ragione? E la ragione della ragione della ragione"? E così via all' infinito!





Citazione di: sgiombo il 13 Marzo 2017, 14:19:50 PMDissento completamente dalla tesi che tutto ciò che ho elencato (pensiero, ragionamento, sentimenti, autocoscienza) non è al di là del fisico ma è "fisico" a tutti gli effetti, che il "mentale" e lo "psicologico" sono fenomeni fisici, non metafisici. Io di fisico conosco il cervello con tutte le sue funzioni (nell' ambito delle esperienze fenomeniche coscienti di chi li esperisce, in cui accadono in quanto immediatamente esperiti o indirettamente dedotti) e non pensiero, ragionamento, sentimenti, autocoscienza (che accadono nell' ambito di -i quali costituiscono- parte di un' esperienza fenomenica cosciente che credo -indimostrabilmente né constatabilmente in modo empirico- necessariamente coesistente con gli eventi neurofisiologici di un cero determinato cervello ma ne sono "altra cosa"). E questo anche se "all' orientale" chiamiamo enti ed eventi (fenomenici) mentali "materia fine" per distinguerla da enti ed eventi (parimenti fenomenici) "materiali grossolani" (questa differenza permane anche impiegando termini linguistici -vocaboli- diversi per significare ciò che non è fisico ovvero materiale).Per lo meno Hume (che conosco meglio) affermando che "nihil est in intellectu quod prius non fuerit in sensu") parlava sia delle sensazioni fisiche o materiali che di quelle mentali (che non chiamava "metafisiche", ma non identificava con alcuna di quelle materiali o fisiche) indifferentemente.


È metafisico ciò che è universale; ciò che non si può applicare all'intero universo non può essere metafisico. Quindi metafisico è lo "spirituale", e non lo "psichico". La psiche è un attributo personale (dell'uomo ma anche, a mio avviso, degli animali e magari anche delle piante), ogni uomo ha la sua, unica e particolare, e tutto ciò che è più o meno riconducibile a sentimenti, carattere, personalità e cose di questo genere che sono caratteristiche particolari diverse da individuo ad individuo essendo parte di esso non possono che costituire parte della sua "materialità" particolare. La metafisica (o spiritualità), essendo "sovrumana" e universale, trascende ogni caratteristica particolare ed è invece identica per tutti gli uomini di ogni luogo e tempo, e di diverso da uomo a uomo c'è solo la sua interazione con lo "psichico" che determina la maggiore o minore comprensione di qualcuno rispetto ad altri o il diverso modo di esprimerne i principi e i concetti. Se la "psicologia" o la "psicanalisi", essendo scienze umane, si servono delle statistiche dei "casi" per affermare le proprie "verità", espresse sulla base appunto di una media "statistica", la metafisica, essendo una scienza sovrumana, non ha alcun bisogno di "statistiche" perché le proprie verità sono identiche per chiunque. Ogni testo, ogni frammento e ogni insegnamento metafisico, di qualsiasi epoca e di qualunque parte del mondo (dal Tao alle Upanisad, dal Sufismo alla Kabbalah, dalla Mistica di Meister Echkart all'esicaismo, dall'Ermetismo alle Enneadi, dall'Avesta ai racconti degli indiani d'America, dal Pitagorismo al Buddhismo zen) è sempre il medesimo, e quel che cambia è solo il modo di esprimerlo.
CitazioneMa non vedo come lo "spirituale" (-?- andrebbe definito!) possa essere applicabile al' intero universo e dunque (per la tua definizione) pure il "metafisico": una patata, che a quanto pare fa parte dell' intero universo, cos' ha mai di "spirituale"?
A meno che per "universo inteso nella sua interezza" intenda (lo consideri sinonimo di) "spirituale", nel qual caso proclameresti una mera tautologia!

Concordo che gli animali non umani, almeno i più anatomicamente ed etologicamente complessi, abbiano una psiche (un' esperienza fenomenica cosciente corrispondente al rispettivo sistema nervoso centrale); non credo proprio i vegetali (fatto che, per la mera cronaca, metterebbe in crisi i vegani).
Men che meno vedo come "tutto ciò che è più o meno riconducibile a sentimenti, carattere, personalità e cose di questo genere che sono caratteristiche particolari diverse da individuo ad individuo essendo parte di esso" non possano che costituire parte della sua "materialità" (particolare): "cose di questo genere" non rientrano affatto nella "res extensa", nell' ambito della sempre valida, a mio parere, distinzione cartesiana fra materia e pensiero.

Da "La metafisica (o spiritualità), essendo "sovrumana" e universale, trascende ogni caratteristica particolare" in poi non comprendo (metafisichese assai stretto!):
Ma non mi convince l' affermazione "Ogni testo, ogni frammento e ogni insegnamento metafisico, di qualsiasi epoca e di qualunque parte del mondo (dal Tao alle Upanisad, dal Sufismo alla Kabbalah, dalla Mistica di Meister Echkart all'esicaismo, dall'Ermetismo alle Enneadi, dall'Avesta ai racconti degli indiani d'America, dal Pitagorismo al Buddhismo zen)" possano essere "sempre il medesimo, e quel che cambia è solo il modo di esprimerlo": pur non conoscendo queste dottrine, dubito che siano identiche e anche solo compatibili fra loro (qualche esperto nel forum potrebbe dirimere il mio dubbio).
#2868
Tematiche Filosofiche / Re:Relativismo/Assolutismo
15 Marzo 2017, 14:39:18 PM
Citazione di: donquixote il 14 Marzo 2017, 19:29:04 PM
Citazione di: sgiombo il 13 Marzo 2017, 14:19:50 PMIn che senso in metafisica i presupposti arbitrariamente assunti dai quali si deduce sono (oltre che assolutamente autoevidenti e innegabili) tali da "rappresentare una realtà"?.

Sempre prendendo ad esempio il concetto di "tutto" ogni realtà che uno può vedere (o immaginare, o pensare) è inclusa in questo "tutto" e ne è una parte. Il "tutto" include dunque tutte le realtà possibili, quindi non può che rappresentare esso stesso una realtà, anzi l'unica realtà possibile dato che tutte le "parti" sono dipendenti da questo "tutto" e senza di esso non potrebbero manifestare  la propria "realtà"

CitazioneMa in questo modo non si fa che dire che "tutto ciò che è reale è reale,qualsiasi cosa sia, dunque non si dice (non si conosce) alcunché (di determinato circa la realtà); infatti si tratta di giudizi analitici apriori.
Inoltre non distinguendo fra i ben diversi modi di essere reale di ciò che uno può vedere da una parte e di ciò che uno può immaginare o pensare dall' altra (o i ben diversi sensi in cui se ne intende l' essere reale) si cade nella "notte hegeliana in cui tutte le vacche sembrano (ma invece non sono!) nere".





Citazione di: sgiombo il 13 Marzo 2017, 14:19:50 PMCredo che si possa pensare circa una realtà o in termini generalissimi, assolutamente indeterminati, facendo delle tautologie (ciò che è è, ciò che non è non è, la parte è minore del tutto, ecc.), cioè non dicendo nulla di determinato, o in termini ipotetici (che consentono di dire tutto e -anzi: o- il contrario di tutto purché si evitino contraddizioni, oppure riferendosi a dati empiricamente rilevati; a priori nulla di non tautologico in ultima analisi (anche le deduzioni non fanno che esplicitare nozioni di già presenti, sia pure implicitamente nelle premesse arbitrariamente assunte) o di ipotetico (come la realtà potrebbe essere -oppure no- se...) circa come è e/o come non é la realtà può dirsi (contro il preteso "argomento ontologico", da cui vari metafisici, fra cui Cartesio, hanno tratto secondo me indebitamente, erroneamente varie deduzioni circa la realtà).

Negli esempi che hai fatto manca la "realtà". Dire "ciò che è è" non è affermare qualcosa e da quella affermazione non si possono trarre deduzioni mentre invece dire che "il tutto comprende qualsiasi realtà" è certamente un'ovvietà ma niente affatto una tautologia dato che non è così comprensibile da chiunque (anzi la maggior parte delle persone non comprende affatto questa ovvietà e cerca di trovare sempre un modo di contestarla) e da quella si possono trarre indefinite deduzioni (ad esempio quella che anche se togli dal tutto una parte questo non cambia, ovvero non diminuisce, e l'affermazione "la parte è minore del tutto" non è una affermazione metafisica perché metafisicamente  la parte non ha con il tutto  alcuna misura comune; in parole povere il tutto non è un "insieme" ma una "cosa" in sé e per sé, un "intero" privo di parti).
CitazioneAppunto: se si pretende di dedurre ciò che è reale da (per usare le tue parole) "dati arbitrariamente assunti" a priori non si ottiene mai alcuna conoscenza circa la realtà; non si fa della metafisica ma della logica ("il tutto comprende qualsiasi realtà") o della matematica pura.

Il fatto che si possano proporre giudizi analitici a priori errati e che di fatto molti ne esprimono di falsi non toglie che i giudizi analitici a priori corretti e veri non siano in ultima analisi che tautologie che non dicono nulla circa la realtà limitandosi ad esplicitare nozioni di già comprese nelle premesse, per quanto implicitamente.

Non vedo come dall' affermazione "il tutto comprende qualsiasi realtà" si possano trarre (correttamente) infinite deduzioni (vere); e infatti quella che proponi come esempio ("anche se togli dal tutto una parte questo non cambia, ovvero non diminuisce") è palesemente errata e falsa.
Non conosco il metafisichese, ma in italiano la "parte" è minore del "tutto" e il tutto può essere considerato come un "intero" nel qual si possono benissimo distinguere e considerate "parti" separatamente le une dalle altre e dal tutto stesso.






Citazione di: sgiombo il 13 Marzo 2017, 14:19:50 PM("Tutto" non è necessariamente sinonimo di "infinito"; è pensabile non autocontraddittoriamente anche un tutto finito)

Solo se il "tutto" lo usi come aggettivo o pronome  (tutto il vino, tutto il mondo, ho visto tutto il film etc.). Se lo si usa come sostantivo ("il Tutto") può essere solo sinonimo di infinito, sempre metafisicamente parlando.

CitazioneAnche usandolo come sostantivo (aggettivo sostantivato per la precisione), il "tutto" (= tutto ciò che é/accade realmente) non è affatto sinonimo di "infinito".
Infatti per esempio per i monisti materialisti (quale io non sono) le teorie cosmologiche correnti (cui io non credo; ma non stiamo parlando di cose reali bensì di significati di termini verbali, di vocaboli) in italiano (non conoscendo io il metafisichese, ammesso e non concesso che tutti i metafisici "parlino la stessa lingua") affermano che "il tutto (sostantivo)" è spazialmente e temporalmente finito.





Citazione di: sgiombo il 13 Marzo 2017, 14:19:50 PMSe si nega la realtà del tutto non si può più dire che "qualcosa esiste" (dato che quel "qualcosa" è parte del tutto se non c'è questo non può esistere neppure quello), ma nemmeno si può dire che cosa di determinato esiste e che cosa di determinato non esiste: è come dire che esiste ciò che esiste e non esiste ciò che non esiste (qualsiasi cosa sia).

Non vi è nulla che non esiste: se tu puoi parlare di qualcosa (qualsiasi cosa, anche la più strana che riesci ad immaginare) significa che quel qualcosa esiste, che si manifesta (sia pure solo alla tua mente), altrimenti non potresti attribuire un predicato qual è quello dell'esistenza (o della non esistenza) a qualcosa che non "è" e di cui quindi non puoi sapere nulla. Si tende spesso a semplificare il concetto di "esistenza" attribuendolo solo a cose che si possono "vedere e toccare", ma a parte il fatto che le cose che si possono vedere e toccare sono mosse da ciò che non si vede e non si tocca se questo fosse vero non esisterebbe l'amore, la forza di gravità, la libertà e tutte le cose che non si vedono e non si toccano. Bisognerebbe, più correttamente, dividere la realtà in "piani di esistenza": quello concreto, quello immaginario, quello concettuale, quello progettuale eccetera, tenendo presente che tutte queste "divisioni", queste "determinazioni",  sono arbitrarie convenzioni umane e non sono in sé sussistenti dato che la realtà è una e una sola. Ciò che di determinato esiste non è una "verità" ma solo una convenzione umana che l'uomo utilizza ai suoi fini. Non si potrà mai sapere cos'è veramente un carciofo (dato che in sé non esiste, e per "in sé" intendo indipendentemente da tutte le condizioni che gli consentono di esistere senza le quali non potrebbe mai farlo), anche se noi lo categorizziamo in un certo modo e ce ne serviamo per la nostra alimentazione, e dato che la metafisica si occupa dell'universale non ti verrà certo a dire cos'è un carciofo (che per lei "non esiste").

Citazione"Non vi è nulla che non esiste" è vero nel senso che nulla di esistente non esiste (tautologia!); ma vi sono molte cose pensabili e di fatto pensate (per esempio i solti ippogrifi cui nell' immaginazione faccio continuamente fischiare le orecchie immaginarie) che non esistono realmente; e si può benissimo attribuire (erroneamente, falsamente) il predicato dell' esistenza a qualcosa che non esiste realmente ma solo è realmente pensato, immaginato, oltre che correttamente, veracemente il ben diverso predicato di "intendersi", di "essere pensato" o "immaginato".


Infatti anche l'amore, la forza di gravità, la libertà e tutte le cose che non si vedono e non si toccano ma realmente esistono o accadono sono tutt' altro ("sono" in tutt' atro senso) che l'amore, la forza di gravità, la libertà e tutte le cose che non si vedono e non si toccano ma non esistono o accadono realmente ma solo sono pensate, immaginate (magari realmente).


Confondendo i due ben diversi significati in cui può essere usato il verbo essere (esistere realmente ed essere oggetto di considerazione teorica, di pensiero; magari anche realmente) si fa della logica errata e falsa (e pretesa essere metafisica): non si distingue correttamente la realtà fra diversi "piani di esistenza", quello concreto, quello immaginario, quello concettuale, quello progettuale eccetera, tenendo presente che tutte queste "divisioni", queste "determinazioni", sono arbitrarie convenzioni umane e non sono sé sussistenti dato che la realtà è una e una sola; certo, ma non qualcosa di indistinguibile, di ontologicamente univoco (la notte hegeliana!").


La "verità" è un concetto umano convenzionalmente stabilito per definizione, e anche la "realtà" lo é, ma non sono affatto o stesso identico concetto umano convenzionalmente stabilito per definizione (non sono sinonimi; se non -erroneamente, falsamente- nella "notte hegeliana"), bensì due fra loro ben diversi concetti umani, ciascuno dei quali convenzionalmente stabilito per definizione.


Non pretendo certo che "la" metafisica (ma non esiste un' unica metafisica! Qualsiasi metafisica) mi venga a dire cos' è un carciofo: per questo mi basta la botanica (e per molti scopi pratici, come l' utilizzarlo per la nostra alimentazione basta "e avanza" il semplice senso comune; a meno che non si tratti di un carciofo radioattivo o geneticamente modificato, nel qual caso sarebbe decisamente preferibile ricorrere alla scienza).




CONTINUA
#2869
Attualità / Re:Eutanasia e D.A.T.
14 Marzo 2017, 18:33:00 PM
Citazione di: Sariputra il 14 Marzo 2017, 10:04:10 AM


Accidenti, si direbbe che, a malanni, sei messo quasi peggio del sottoscritto... ;D ( spero che sia tutto a posto adesso...)
L'unico che sembra godere di una salute di ferro è l'amico Sgiombo che si spara centinaia di km al giorno in bicicletta ( con pedalata 'stile Merckx') nonostante la sua età 'avanzata' ( da lui stesso così definita, non mi permetterei mai... ;D). Che sia un vero epicureo?... :o


CitazioneTi ringrazio per la grande simpatia che sempre ti distingue, anche in una situazione familiare decisamente molto difficile (ma "in ultima analisi comunque bellissima", come di evince dalle tua parole: non so se considerarla con più  "solidale pietà" -per quel poco o nulla che può valere- o con una certa benevola invidia per quello che ancora, malgrado tutto, il bellissimo rapporto con tua madre ti offre.

Però ti prego, non lusingare troppo le mie malcelate tendenze narcisistiche:  da qualche anno non supero i 50 - 60 Km al giorno (in media un giorno sì e tre- quattro no, salvo in piena estate) e naturalmente il mio pedalare sta a quello del "cannibale" come uno scarabocchio infantile sta agli affreschi michelangioleschi della Cappella Sistina).

Un vero epicureo, beh, mi sforzo di esserlo effettivamente.
#2870
Attualità / Re:Eutanasia e D.A.T.
14 Marzo 2017, 18:21:26 PM
Citazione di: Duc in altum! il 14 Marzo 2017, 09:33:27 AM
**  scritto da sgiombo:
CitazioneMa il libero arbitrio é anche libertà di peccare, dunque pure diritto di darsi l' eutanasia e il suicidio (ammesso che sia peccato; ma da non credente non entro nell' argomento).
E allora negare il diritto di darsi la morte é contravvenire al volere di Dio (peccare), dal momento che Dio ci avrebbe donato il libero arbitrio (se il libero arbitrio umano é oggetto della sua volontà, allora impedirlo va contro la sua volontà).
Caro @sgiombo è la "politica" che ti nega il diritto e non la Chiesa. Il compito della Chiesa è annunciare, proclamare, il Mistero della Fede; e nella Dottrina di questo annuncio (kerygma) Essa "avvisa" che il suicidio è un peccato. Punto.
Poi chi decide è la "fede" della maggioranza (vedi vitalizi) nel parlamento. Infatti in Italia si può abortire o unirsi omosessualmente già h24, ma non per questo la Chiesa non ammonisce più queste pratiche.

Come ho già detto (non ricordo dove), penso che tra poco l'eutanasia sarà legge anche in Italia, ma non è che questa decisione mi tolga il sogno o faccia che il suicidio termini di essere peccato o che conduca al Cristo in croce a chiedere un'overdose di morfina.
Per me uno si vuole suicidare, amen e così sia, più d'indicargli una meditazione, più di esortarlo ad avere fede, se dovessi incrociarmi in lui, non saprei che fare.
Ma non si può non confutare chi sostiene che il suicidio non sia peccato auto-definendosi cristiano. Questa è la mia critica.
CitazioneAborto e matrimonio omosessuale (con conseguente adottabilità di bimbi; al quale ultimo personalmente sono contrario) coinvolgono "terzi" oltre al "potenziale peccatore" (mi -ri- metto nei panni del credente; che furono anche convintamente miei durante l' infanzia e la prima adolescenza), e dunque hanno implicazioni più complesse riguardanti non solo la libertà individuale (del "potenziale peccatore"), ragion per cui il discorso si farebbe lungo e difficile (preferisco non affrontarlo qui).

Ma l' eutanasia di uno ridotto in condizione di non poter agire per il bene di se stesso e degli altri (e dunque di fatto "esente da doveri ottemperabili") é un fatto privato del solo "potenziale peccatore"; e dunque impedirgli di esercitare il libero arbitrio che Dio (per chi ci crede) ci ha dato affinché lo esercitiamo mi sembra evidentemente un contravvenire alla volontà di Dio (= peccare).
Scrivo questo perché a quanto sembra ci sono parlamentari cattolici contrari alla "libertà di eutanasia" (e non solo all' eutanasia).

Potresti forse obiettare che qualche congiunto (coniuge, figli) potrebbe forse desiderare la continuazione della vita del "potenziale peccatore" (anche se non riesco a giustificare e invero nemmeno a immaginare un simile desiderio di veder continuare a soffrire un congiunto contro la sua volontà: se gli si vuol bene é contraddittorio imporgli contro la sua volontà la continuazione del supplizio); ma anche ammessa una tale per me inimmaginabile evenienza (per esempio le drammatiche esperienze personali di cui parlano Sariputra ed Eutidemo sono di tutt' altra natura, non comprendendo la volontà dell' amato congiunto di finire di soffrire attraverso l' eutanasia!), credo che sarebbe una prepotenza inammissibile (e peccaminosa per un credente) quella del familiare che imponesse la volontà propria a quella dell' aspirante suicida circa la sorte di quest' ultimo.

#2871
Citazione di: Eutidemo il 13 Marzo 2017, 07:12:38 AM
Vedo che il tema non attrae...peccato :(
CitazioneIn realtà penso che susciti interesse nel forum ma si é già iniziato a trattarlo nella discussione "il gesto estremo del suicidio" nel capitolo "Spiritualità" (per parte mia credo di avervi sostenuto tesi sostanzialmente simili alle tue: su molti argomenti, per fortuna, non siamo "condannati al dissenso insanabile" e all' incomprensione; solo su qualcuno...).
#2872
Tematiche Filosofiche / Re:Relativismo/Assolutismo
14 Marzo 2017, 08:30:49 AM
Citazione di: acquario69 il 14 Marzo 2017, 04:59:33 AM
Citazione@Sgiombo
Vi sono doversi stili, c' é modo e modo di andare in bicicletta (l' insuperabile Eddy Merckx resta un mito indelebile nella memoria della ma gioventù!).

Ma non per questo ci si può andare in qualsiasi modo (per esempio pedalando con le orecchie o soffiando sui pedali).



quello che stavo semplicemente dicendo e' che per imparare ad andare in bicicletta,ognuno troverà modi e condizioni diverse per arrivarci,ma una volta  "arrivati" , ossia che si e' imparati,sarà per tutti e indistintamente la stessa cosa e per ognuno l'andare in bicicletta verra' naturale.

Questa vuole anche essere una metafora, un significato che gli sta "dietro" ....io mi esprimo in questo modo, che so già non puo essere perfetto.
CitazionePur essendo un amante del linguaggio letterale e più rigoroso possibile e poco propenso alle metafore  (quando si parla di filosofia e di scienza), credo che ci siamo intesi (per parte mia intendevo dire che nella conoscenza della realtà ci sono aspetti, caratteristiche, limiti soggettivi, ma anche elementi di oggettività o per lo meno di intersoggettività.
#2873
Attualità / Re:Eutanasia e D.A.T.
14 Marzo 2017, 08:12:03 AM
Citazione di: Duc in altum! il 14 Marzo 2017, 07:19:18 AM
**  scritto da Eutidemo:
CitazioneEd invero, nessuno impone a te o ad Athos di rifiutare il suicidio, in qualunque condizione vi troviate; non vi arrogate, però, il diritto di scegliere anche per gli altri.
Questo è inaccettabile!

Da ciò si deduce la tua confusione.
Una cosa è sostenere la libertà di scelta (ripeto il libero arbitrio è un dono divino e non un merito umano, ma è anche il fondamento dell'"inferno"), un'altra è definire il suicidio non peccato per giustificare la propria volontà andata contro quella di Dio.
CitazioneMa il libero arbitrio é anche libertà di peccare, dunque pure diritto di darsi l' eutanasia e il suicidio (ammesso che sia peccato; ma da non credente non entro nell' argomento).
E allora negare il diritto di darsi la morte é contravvenire al volere di Dio (peccare), dal momento che Dio ci avrebbe donato il libero arbitrio (se il libero arbitrio umano é oggetto della sua volontà, allora impedirlo va contro la sua volontà).
#2874
Tematiche Filosofiche / Re:Relativismo/Assolutismo
13 Marzo 2017, 16:14:12 PM
Citazione di: acquario69 il 13 Marzo 2017, 14:47:03 PM
Citazione di: maral il 13 Marzo 2017, 14:02:10 PM
Dopotutto credo che la verità è solo questione di postura, non di volontà a credere in un determinato contenuto o significato anziché a un altro, è come quando si impara ad andare in bicicletta (o anche a camminare in equilibrio su un filo), non si tratta di quale bicicletta o della regola giusta per tutti per sapere come si fa, si tratta solo di farlo e rifarlo, ognuno tentando a modo suo insieme agli altri, errando sempre, ma nella speranza che ogni errore, ogni inevitabile sbilanciamento, corregga quello precedente, così che alla fine non si cade. Così ognuno impara dalla propria esperienza e dalla propria esistenza errante, vedendola reciprocamente riflessa negli altri che provano con noi, ognuno che nella sua differenza sa.
Non c'è una verità assoluta, proprio come non c'è un modo assoluto di andare in bicicletta, non c'è ricetta universale, non c'è progetto, ma può accadere ci si trovi disposti a lasciarla accadere mentre esistiamo relativamente l'uno all'altro.
La verità non si impara leggendo cosa è (per questo non siamo più fortunati di Pilato), ma la si sperimenta errando nel più modesto fare quotidiano, ossia esistendo, ove l'esistere comprende anche l'esperienza di leggere e capire cosa leggono gli altri chiedendosi perché.

In effetti ognuno impara ad andare in bicicletta seguendo le istruzioni o le proprie inclinazioni in maniera diversa..pero mi viene pure da pensare che una volta imparato ci si dimentica di stare a pedalare...diventa una medesima cosa
CitazioneVi sono doversi stili, c' é modo e modo di andare in bicicletta (l' insuperabile Eddy Merckx resta un mito indelebile nella memoria della ma gioventù!).
Ma non per questo ci si può andare in qualsiasi modo (per esempio pedalando con le orecchie o soffiando sui pedali).
#2875
Tematiche Filosofiche / Re:Al di là dell'aldilà
13 Marzo 2017, 15:56:04 PM
Citazione di: Jean il 12 Marzo 2017, 21:53:42 PM
Concordo sull'incredibile complessità che caratterizza il cervello umano... work in progress, mai dire mai, infatti:

Scoperti in un cervello di topo tre neuroni di eccezionale lunghezza, uno dei quali ne percorre tutta la circonferenza, collegando aree cerebrali diverse. Secondo gli autori, un gruppo di neuroscienziati statunitensi che ha usato una tecnica che consente di seguire in dettaglio il percorso di singoli neuroni, il sottile strato di cellule da cui si dipartono, chiamato claustrum, potrebbe essere la sede della coscienza.



I contenuti di coscienza, come li chiami, son strettamente correlati/interconnessi  ai fenomeni accaduti e in corso...  ho iniziato a scrivere (fenomeno materiale) a causa del ricordo di te e del tuo post, presente e attivo nel flusso di eventi coscienti (tua definizione non molto diversa dalla mia: un flusso continuo di informazioni tra tutte le componenti coinvolte) e mentre lo faccio mi sovviene la visione del vegetariano a salsicce e cotechini, che mi induce uno stato d'animo leggero e umoristico...

... che metto da parte per dir come mi appare le questione (dell'uomo, addirittura):



Qui e ora se chiudo gli occhi scompare non solo lo schermo del computer ma tutta la stanza e quel che contiene.

Ma è poi vero?
Differenti informazioni che non quelle visive continuano a giungermi, attraverso il senso del tatto e poi l'odore del luogo, il tepore... ecc.
La stanza e per estensione il mondo che mi circonda non ha soluzione di continuità, dove un senso si deve fermare un altro può subentrare.

Certo le informazioni visive son preponderanti ma anche un'informazione proveniente da un altro senso permette una sorta di "localizzazione" che mantiene presente in noi la conoscenza del "dove siamo": in questa stanza, in questa città...in questo tempo.

Se anche venissero meno tutti i sensi non cesserebbe il flusso del pensiero, fin che è in atto sostiene la consapevolezza di trovarsi in una stanza... all'interno del nostro universo.

Il pensiero ci giunge attraverso un passaggio, la "porta dell'io", (io) che si è formato e radicato in modo definitivo ad un certo punto del nostro sviluppo, intorno ai 5-6 anni.

Al di qua di quella porta, nel regno dell'io, siamo soggetti alla relatività, all'inferno secondo un modo di vedere le cose, mentre al di là di quella (sempre secondo un modo di vedere le cose) si trova l'assoluto... il paradiso (per altri il nirvana) di uno stato libero da quell'io, causa primaria del dolore (sempre secondo...).

La porta dell'io è l'interfaccia (poco diversa qualitativamente per ognuno e che ritengo abbia un corrispettivo organico) che permette il passaggio delle informazioni codificate nel flusso del pensiero.

Il flusso di pensiero non appartiene a nessuno in particolare, è un "unicum", un mare di informazioni, una sequenza in continuo "movimento" ed evoluzione.

Normalmente passano dalla porta dell'io (quella che Huxley chiama "valvola di riduzione") i pensieri (informazioni) che raggiungono un certo valore di soglia, ma particolari condizioni ambientali ed organiche possono restringerla o aprirla sin quasi al suo limite... oltre è altamente rischioso per il nostro organo recettore, il cervello.

Al pensiero che non raggiunge la soglia per varcare la porta dell'io non accade nulla, rimane nel flusso ed è l' inconscio.  

Questo, secondo la mia visione, è il fulcro di tutta la faccenda. Chiedersi "dove siamo" equivale a domandarsi da dove provenga il flusso del pensiero e che caratteristiche abbia. Nonché perché ci sia.

L'indagine che possiamo condurre al riguardo sarà del tutto al di qua di quella porta dell'io che in ultima è il carattere distintivo di ciò che siamo.

Ed inevitabilmente i contenuti della memoria - la traccia  delle informazioni giunteci, unite a quelle che abbiamo prodotto con le nostre azioni e con l'interazione col flusso del pensiero – conferiranno alla nostra indagine ogni tipo di "colore", di interpretazione...  

Come in una sorta di gioco vi son trappole... incubi da cui ci si vorrebbe liberare, paure d'ogni genere... insieme a rassicuranti luoghi di soggiorno e piaceri sino al massimo grado, tra cui quello della conoscenza.
Nel gioco vi è tutto il percorso dell'uomo dagli albori dei tempi che si amalgama ai contributi in divenire.

Quante persone possono ritrovare in se stesse un atteggiamento, un intento che li salvaguardi dall'aderire completamente ad una spiegazione e che gli permetta di affrontarne le sirene ben legati all'albero della loro nave, in balia dei flutti?

Tutto il percorso dell'uomo è egualmente valido ma anche egualmente relativo, perché scegliere interrompe il gioco... magari ritrovandosi contenti della propria rendita di posizione in Parco della Vittoria e Viale dei Giardini...

Ma considerare il relativo quale solo senso del gioco, saltabeccando qua e là dal pensiero debole alle variegate reazioni umane (ben forti, talora), ritrovandosi ad ignorare (a volte perché non si riesce a padroneggiarlo) il richiamo dell'assoluto e/o del trascendente che incontriamo in mille aspetti nella nostra vita (ad esempio ho chiesto una spiegazione degli ex voto...) può precluderci dall'esser toccati da un alito di vento scaturito dal nulla... per fortuna rimane l'arte e in ultima... l'amore.

Tuttavia siam tutti dentro un unico viaggio... apparteniamo al flusso del pensiero...


Un cordiale saluto
Jean
CitazioneI contenuti di coscienza, come li chiamo, sono puramente e semplicemente fenomeni in corso strettamente correlati/interconnessi ad altri fenomeni accaduti in precedenza (e verosimilmente ad altri che accadranno in futuro; purtroppo non per sempre).


Naturalmente si può essere dualisti e non essere monisti materialisti anche senza essere vegani né vegetariani autentici ma solo "a salsicce e cotechini" (che non vuol dire "ontologicamente materialisti"! Ti ringrazio per la simpatia con cui hai accolto questa mia battuta!).


Se oltre a chiudere gli occhi chiudo anche le orecchie o, meglio ancora se il mio corpo e in particolare il mio cervello (materiale fenomenico) è altrove (nell' ambito delle esperienze fenomeniche che lo vedono-sentono o pensano-immaginano), allora il computer e tutta la stanza non ci sono più in quanto tali (insiemi-successioni di sensazioni o di qualia); e se dormo, meglio se senza sognare, non c' è più nemmeno il resto del mondo fenomenico (=fatto di -costituito da- sensazioni).
E se in tali circostanze qualcosa ancora c' è, a spiegare che se mi sveglio ricominciano ad esistere fenomeni mentali e materiali (a seconda dei casi il computer e tutta la stanza o altro, o il resto del mondo), allora non posso dire, senza palesemente contraddirmi, che si tratta di (insiemi-successioni di sensazioni o di qualia; che in tali circostanze non ci sono): si tratta di qualcosa di non sensibile o apparente (non fenomeni) ma di meramente congetturabile (noumeno).


E se anche venissero meno tutti i sensi ma non cessasse il flusso del pensiero, questo fin che fosse in atto non potrebbe sostenere la consapevolezza di trovarsi in una stanza... all'interno del nostro universo se non per deduzione dalle precedenti sensazioni materiali e rispettivi ricordi; senza i quali il flusso del pensiero non avrebbe dove collocare il mio corpo e in particolare cervello (collocabili comunque nell' ambito di un universo fenomenico cosciente: il cervello è nella coscienza, non la coscienza nel cervello, che contiene solo neuroni, assoni, ecc. in quanto "contenuti di coscienza immediatamente esperiti -almeno in teoria o potenzialmente- oppure -di fatto solitamente- immaginati, dedotti, calcolati da altri contenuti di coscienza immediatamente esperiti).


Circa le considerazioni sulla porta dell' io, il relativo/inferno e l' assoluto/paradiso sono costretto a dire che non ti comprendo.
Il flusso del pensiero semplicemente lo esperisco (o almeno mi sembra di esperirlo).
All' "inconscio" non so dare altro significato che quell' insieme (probabilmente prevalente) di eventi neurofisiologici cerebrali (fenomenici nell' ambito delle esperienze fenomeniche di "osservatori"; direttamente percepiti o indirettamente dedotti-calcolati da eventi fenomenici direttamente percepiti) che non corrispondono a eventi fenomenici di coscienza (consapevoli), ma ai quali si alternano fisicamente, in una concatenazione deterministica, altri eventi neurofisiologici che necessariamente corrispondono a determinati "contenuti" fenomenici (mentali o anche materiali) nell' ambito di determinate esperienze fenomeniche coscienti (una certa, determinata per ciascun cervello vivo e funzionante; cioè non in coma irreversibile).


Secondo me ognuno di noi vive una certa determinata esperienza fenomenica cosciente (con componenti materiali e componenti mentali); tutto ciò che esperiamo è "contenuto", compreso in essa, ne fa parte (compresi i cervelli, compreso il "nostro proprio" corpo e il "nostro proprio" cervello: e non è invece la coscienza, pensiero compreso, ad essere nel cervello! Nel cervello ci sono solo neuroni, assoni, ecc.).
Possiamo chiederci non "dove siamo" (chi?) ma dove è il nostro corpo e in particolare il nostro cervello nell' ambito della nostra esperienza fenomenica cosciente (o ciò che vi corrisponde biunivocamente -intersoggettivamente- nell' ambito di altre esperienze coscienti); nostro cervello a determinati eventi neurofisiologici nell' ambito del quale corrisponde biunivocamente -ma non vi si identifica affatto!- la nostra esperienza cosciente e viceversa.


Personalmente credo, senza falsa modestia, di non aver paura di nessuna verità: educato in una famiglia credente – praticante, quando ho cominciato a "ragionare con la mia testa" (spero di aver evidenziato adeguatamente le virgolette) sono diventato ateo non credente in alcuna provvidenza, "leopardiano" per qualche tempo, e poi credo di aver superato qualsiasi rammarico per il mio esistere "insensato": non credo di aver bisogno di alcuna "sirena consolatoria per i flutti dei quali sono in balia" perché le mie credenze non monistiche materialistiche non sono minimamente "soprannaturalistiche" (casomai letteralmente -e in parte- "preternaturalistiche", alla latina, o "metafisiche", alla greca).


I "contenti della propria rendita di posizione in Parco della Vittoria e Viale dei Giardini..." francamente sono metafore che non riesco proprio a tradurre in linguaggio letterale e dunque a comprendere: la mia visione non è monistica materialistica, ma non per questo non è del tutto naturalistica e "disincantata".
Lo stesso dicasi per le ultime parole:
Ma considerare il relativo quale solo senso del gioco, saltabeccando qua e là dal pensiero debole alle variegate reazioni umane (ben forti, talora), ritrovandosi ad ignorare (a volte perché non si riesce a padroneggiarlo) il richiamo dell'assoluto e/o del trascendente che incontriamo in mille aspetti nella nostra vita (ad esempio ho chiesto una spiegazione degli ex voto...) può precluderci dall'esser toccati da un alito di vento scaturito dal nulla... per fortuna rimane l'arte e in ultima... l'amore.

Tuttavia siam tutti dentro un unico viaggio... apparteniamo al flusso del pensiero...


Ricambio di tutto cuore il saluto.
#2876
Tematiche Filosofiche / Re:Relativismo/Assolutismo
13 Marzo 2017, 14:23:42 PM
Citazione di: Eutidemo il 13 Marzo 2017, 12:44:33 PM
Secondo me, tra fisica e metafisica, non c'è contrasto alcuno, perchè la prima si occupa del "fenomeno", mentre la seconda del "noumeno".
Ammetto, però, che esiste una zona di confine, a livello dell'acqua del mare, in cui distinguere i "pesci" dagli "uccelli" non è sempre facile; dipende solo da come uno li guarda.
Come nell'immagine che cerco di riprodurre qui sotto. ;)

CitazioneNon saprei in quale senso intenda "contrasto".

Certo c' é distinzione (se, come me, non si ritiene il mentale riducibile al né emergente dal fisico (ma coesistente e co-diveniente separatamente "trascendentalmente").
#2877
Tematiche Filosofiche / Re:Relativismo/Assolutismo
13 Marzo 2017, 14:19:50 PM
Citazione di: donquixote il 13 Marzo 2017, 10:58:02 AM
Citazione di: sgiombo il 13 Marzo 2017, 08:35:21 AMPerò la metafisica di cui parli mi sembra in realtà quello che comunemente (oltre che personalmente, da parte mia) si intende per logica e matematica pura: giudizi analitici a priori dedotti da definizioni e assiomi arbitrariamente assunti. Per parte mia intendo la "metafisica" o, etimologicamente, come (ricerca di conoscenza circa) ciò che eccede il mondo materiale - naturale (fisico): pensiero, ragionamento, sentimenti, autocoscienza, ecc.); oppure come sinonimo di "ontologia": [/size](ricerca di conoscenza circa) la realtà (ciò che é e/o accade nell' accezione più astratta, generale, universale possibile. In entrambi i casi ovviamente, in barba ai pregiudizi di certi "relativisti" reali o autopretesi tali, si tratte di ricerca della verità che può benissimo, anzi per essere corretta deve nei limiti del possibile (fatta salva l' ineliminabile fallibilità umana), essere condotta criticamente e razionalmente (e non necessariamente cadere nel dogmatismo).


La logica è un metodo umano di ragionare, di elaborare un pensiero e di esprimerlo in modo da farsi capire da altri umani, che si applica a qualunque linguaggio (com'è ad esempio quello matematico) e dal quale non si può prescindere se si vuole "strutturare" un pensiero ed esprimerlo in modo che sia comprensibile da altri. La logica ha delle regole e di per sè non dice il vero e nemmeno il falso (si sa che si può fare un ragionamento perfettamente logico ma anche perfettamente falso) e dunque per distinguere ciò che è vero da ciò che non lo è bisogna andare ai presupposti da cui si parte per elaborare un ragionamento "logico". In metafisica tali presupposti (certo arbitrariamente assunti, come del resto tutti i significati delle parole elencate sul vocabolario sono "arbitrariamente assunti") devono essere assolutamente autoevidenti, innegabili, e rappresentare una realtà. Quando facevo l'esempio del "tutto" questa è una parola il cui significato deve includere qualunque realtà, visibile o invisibile che sia, perchè ovviamente se qualcosa fosse escluso dal tutto questo non sarebbe più tale e dovrebbe cambiare nome. Dunque il "tutto" (che si può chiamare anche diversamente come "essere", "infinito", "illimitato", "non essere", "nulla", "vuoto" etc., basta intendersi) è un concetto incontrovertibile, incontestabile, ed è anche assolutamente reale perchè se si nega  la realtà del tutto non si può più dire che "qualcosa esiste" (dato che quel "qualcosa" è parte del tutto se non c'è questo non può esistere neppure quello), e partendo da questo concetto si possono poi fare, utilizzando correttamente la logica e rispettando il significato delle parole, tutte le deduzioni che uno crede. La matematica, a differenza della metafisica, si serve di simboli che vengono definiti in funzione del linguaggio matematico, che però non sono affatto reali e non hanno alcuna corrispondenza nella realtà, ma sono solo arbitrarie semplificazioni della medesima. Le figure geometriche ad esempio hanno ognuna una loro definizione, ma quale figura geometrica è effettivamente "reale" anche se vuole rappresentare la realtà? Come si fa a trovare nella realtà un triangolo o un quadrato così come definito dalla geometria?
E nella tua accezione di metafisica c'è un errore, perchè quest'ultima è vero che tratta di ciò che è al di là del "fisico", ma tutto ciò che hai elencato (pensiero, ragionamento, sentimenti, autocoscienza) non è al di là del fisico ma è "fisico" a tutti gli effetti: il "mentale" e il "psicologico" sono fenomeni fisici, non metafisici. In oriente vi è la distinzione fra materia grossolana (che è quella che vediamo e tocchiamo), materia sottile (che è tutto ciò che rientra nello "psichico") e non materiale (che è propriamente lo "spirituale" e che è l'oggetto della metafisica). Anche qui da noi si faceva la differenza fra corpo, anima (psiche) e spirito, che poi è andata un po' persa. Parlare di metafisica citando i talenti artistici, i sentimenti, le aspirazioni personali, i sogni in qualunque maniera considerati e altre cose di questo genere compresi i concetti umani fondamentali di spazio e tempo non è parlare di metafisica ma di fisica. I giudizi a priori di Kant (che rifacendosi a Hume affermava che "nihil est in intellectu quod prius non fuerit in sensu") sono giudizi fisici e non metafisici. Ogni affermazione metafisica deve avere una validità che oltrepassa lo spazio e il tempo e deve essere vera in qualunque contesto, in qualunque situazione e per sempre; deve essere "eterna" nel senso appunto che è al di là dello spazio e del tempo e non è da questi condizionata. Un'affermazione che è vera solo "a determinate condizioni" (per quanto generiche queste possano essere) non può essere una verità metafisica. Come dicevo il "panta rei" eracliteo che sottolinea il "divenire" è una verità fisica, non metafisica.
CitazioneIn che senso in metafisica i presupposti arbitrariamente assunti dai quali si deduce sono (oltre che assolutamente autoevidenti e innegabili) tali da "rappresentare una realtà"?.
Credo che si possa pensare circa una realtà o in termini generalissimi, assolutamente indeterminati, facendo delle tautologie (ciò che è è, ciò che non è non è, la parte è minore del tutto, ecc.), cioè non dicendo nulla di determinato, o in termini ipotetici (che consentono di dire tutto e -anzi: o- il contrario di tutto purché si evitino contraddizioni, oppure riferendosi a dati empiricamente rilevati; a priori nulla di non tautologico in ultima analisi (anche le deduzioni non fanno che esplicitare nozioni di già presenti, sia pure implicitamente nelle premesse arbitrariamente assunte) o di ipotetico (come la realtà potrebbe essere -oppure no- se...) circa come è e/o come non é la realtà può dirsi (contro il preteso "argomento ontologico", da cui vari metafisici, fra cui Cartesio, hanno tratto secondo me indebitamente, erroneamente varie deduzioni circa la realtà).
 
("Tutto" non è necessariamente sinonimo di "infinito"; è pensabile non autocontraddittoriamente anche un tutto finito)
 
Se si nega la realtà del tutto non si può più dire che "qualcosa esiste" (dato che quel "qualcosa" è parte del tutto se non c'è questo non può esistere neppure quello), ma nemmeno si può dire che cosa di determinato esiste e che cosa di determinato non esiste: è come dire che esiste ciò che esiste e non esiste ciò che non esiste (qualsiasi cosa sia).
E partendo da questo concetto (del "tutto") si possono poi fare, utilizzando correttamente la logica e rispettando il significato delle parole, tutte le deduzioni che uno crede, che sono giudizi analitici a priori, senza dire nulla (di determinato) su come le realtà è e/o non è, su ciò che é/accade realmente e ciò che non é/non accade realmente (nella stessa identica maniera dei teoremi della matematica pura).
 
Dissento completamente dalla tesi che tutto ciò che ho elencato (pensiero, ragionamento, sentimenti, autocoscienza) non è al di là del fisico ma è "fisico" a tutti gli effetti, che il "mentale" e lo "psicologico" sono fenomeni fisici, non metafisici".
Io di fisico conosco il cervello con tutte le sue funzioni (nell' ambito delle esperienze fenomeniche coscienti di chi li esperisce, in cui accadono in quanto immediatamente esperiti o indirettamente dedotti) e non pensiero, ragionamento, sentimenti, autocoscienza (che accadono nell' ambito di -i quali costituiscono- parte di un' esperienza fenomenica cosciente che credo -indimostrabilmente né constatabilmente in modo empirico- necessariamente coesistente con gli eventi neurofisiologici di un cero determinato cervello ma ne sono "altra cosa"). E questo anche se "all' orientale" chiamiamo enti ed eventi (fenomenici) mentali "materia fine" per distinguerla da enti ed eventi (parimenti fenomenici) "materiali grossolani" (questa differenza permane anche impiegando termini linguistici -vocaboli- diversi per significare ciò che non è fisico ovvero materiale).
 
Per lo meno Hume (che conosco meglio) affermando che "nihil est in intellectu quod prius non fuerit in sensu") parlava sia delle sensazioni fisiche o materiali che di quelle mentali (che non chiamava "metafisiche", ma non identificava con alcuna di quelle materiali o fisiche) indifferentemente.
#2878
Tematiche Filosofiche / Re:Relativismo/Assolutismo
13 Marzo 2017, 08:40:18 AM
Citazione di: Phil il 12 Marzo 2017, 21:52:07 PM

Citazione di: Sariputra il 12 Marzo 2017, 19:50:41 PM
Poi, parliamoci chiaro, pensi veramente che esistano persone 'ragionevoli' che non dubitino prima di compiere un'azione?...
Penso, magari sbagliando, che molte persone non abbiano tanti dubbi prima di compiere molte azioni perché hanno punti di riferimento, assiomi, comandamenti, certezze, etc. ben chiari da cui dedurre spontaneamente il da farsi. Non sempre, ovviamente; tuttavia, chi non ha quegli "appoggi fissi", ha più probabilità di trovarsi spesso a dover ponderare dubbi e scelte prima dell'azione (credo che essere relativisti non sia affatto "comodo"  ;D ).


CitazionePuò darsi.
Ma può anche darsi che chi non ha quegli "appoggi fissi" (che possono benissimo essere stati criticamente e non dogmaticamente assunti), abbia più probabilità di trovarsi spesso ad agire acriticamente senza ponderare le proprie decisoni.
#2879
Tematiche Filosofiche / Re:Relativismo/Assolutismo
13 Marzo 2017, 08:35:21 AM
Citazione di: donquixote il 12 Marzo 2017, 21:51:18 PM
Citazione di: Sariputra il 12 Marzo 2017, 19:50:41 PMCome mi sembra falso che la metafisica non sia una realtà 'in divenire'. Ogni metafisico è pronto a modificare la sua teoria e formularne un'altra , se al suo lavoro logico appare meno contraddittoria.  

Non è esattamente così. La metafisica è "nata vecchia" dicevano gli antichi, perchè è così com'è da sempre e lo sarà per sempre, dato che è la disciplina che si occupa di verità indiscutibili, che non sono affatto dogmi ma semplicemente non si possono contestare sul piano logico senza contraddirsi. Ma, qui sopra, tutti quelli che si definiscono "relativisti" hanno fatto molti esempi di "verità metafisiche" che invece non lo sono affatto mostrando di non conoscere ciò di cui parlano. La metafisica si occupa di "ovvietà", di cose che non si possono contestare in alcun modo. Il "tutto" è un concetto metafisico, come l'essere parmenideo, l'Uno di Plotino o l'infinito o il Brahman induista. Vogliono dire tutti la medesima cosa ma in un modo diverso. Se io dico "tutto" senza specificazioni vuol dire che ho detto proprio tutto, ma coloro che non sono in grado di comprendere che dal tutto non può essere escluso niente di niente perchè usano questa parola solo in senso relativo o come aggettivo allora tentano di contestarla, cadendo chiaramente in contraddizione (anche se non lo ammettono mai); Poi dai concetti metafisici si possono fare, a cascata, delle deduzioni, e queste saranno più o meno corrette a seconda della capacità intellettuale di chi le fa (sul frammento dell'essere e non essere di Parmenide si sono scritti miliardi di parole, la maggior parte sbagliate) ed è su queste deduzioni che potranno sorgere dubbi, che andranno risolti con l'impegno intellettuale e il ragionamento, fatti salvi i concetti basilari incontestabili. Coloro che non sono in grado di comprendere i concetti metafisici fondamentali solitamente sono quelli che confondono ad esempio il "tutto" con il "nulla", perchè se non possono immaginarsi qualcosa di specifico, di chiaramente definibile (dunque limitabile), allora lo considerano semplicemente "nulla"; in pratica pensano alla rovescia. Vi sono poi dei principi metafisici altrettanto incontestabili (pena l'insanabile contraddizione) come il famoso frammento di Parmenide e quello che afferma "ex nihilo nihil fit" e anche qui non vedo come si possa affermare il contrario se non negando il significato delle parole. Se lo si facesse sarebbe come quello che cerca di capire com'è fatta una mela e poi va a cercarla e torna con una banana o un carciofo: significa che ha qualche problemino. Il "panta rei" eracliteo per quanto corretto non è comunque un principio (o una "verità") metafisico, perchè solo nel mondo fisico "tutto scorre" dato che è il mondo del divenire, mentre nel mondo metafisico non c'è nulla che "diviene" e niente che scorre.
Poi qualcuno può utilizzare la parola "verità metafisica" impropriamente ed affibbiarla a frasi del tipo "l'uomo è superiore a tutti gli altri animali" mentre questa oltre a non essere una verità pura e semplice è men che meno una affermazione "metafisica". Altro errore che si fa spesso è quello di confondere le definizioni convenzionali che noi diamo alle parole che servono per indicare qualcosa con una "verità metafisica": Affermare che una mela è un frutto rotondo che cresce sugli alberi in autunno non è una verità metafisica, ma solo una maniera convenzionale e condivisa di indicare "quella cosa lì". E se anzichè la mela si prendono ad esempio concetti astratti come il pensiero, l'amore, la libertà, la vita, la morte, il bene, la giustizia eccetera si può vedere come la confusione possa essere molto maggiore.
In ogni caso la metafisica non c'entra proprio nulla con l'assolutismo perchè quest'ultimo è invece, come avevo già scritto, il relativo elevato arbitrariamente ad assoluto; c'entra invece con l'assoluto puro e semplice (nel senso di "slegato", indipendente) in quanto ciò che è metafisico non dipende da altro che da se stesso mentre tutto ciò che non lo è (ovvero il, "relativo") mantiene un rapporto di dipendenza dall'assoluto (qualcuno è in grado di dire se esiste qualcosa, nell'universo fisico, che sia completamente "indipendente"?). Le "verità metafisiche" si mostrano da sé, non c'è bisogno di alcuna "dimostrazione" di alcun genere; bisogna solo comprenderle, non avere fede in esse, perchè non hanno bisogno, per essere accettate, di alcun atto di fede, ma solo di capacità di comprensione. Chi non è in grado di farlo se ne faccia una ragione e passi oltre, tornando a trastullarsi (meglio se da solo) con i "ma chi l'ha detto che..." o con i "ma non potrebbe essere anche..." che lo divertono tanto.
CitazioneConcordo con l' affermazione che "In ogni caso la metafisica non c'entra proprio nulla con l'assolutismo perchè quest'ultimo è invece, come avevo già scritto, il relativo elevato arbitrariamente ad assoluto".

Però la metafisica di cui parli mi sembra in realtà quello che comunemente (oltre che personalmente, da parte mia) si intende per logica e matematica pura: giudizi analitici a priori dedotti da definizioni e assiomi arbitrariamente assunti.

Per parte mia intendo la "metafisica" o, etimologicamente, come (ricerca di conoscenza circa) ciò che eccede il mondo materiale - naturale (fisico): pensiero, ragionamento, sentimenti, autocoscienza, ecc.); oppure come sinonimo di "ontologia":
(ricerca di conoscenza circa) la realtà (ciò che é e/o accade nell' accezione più astratta, generale, universale possibile. 
In entrambi i casi ovviamente, in barba ai pregiudizi di certi "relativisti" reali o autopretesi tali, si tratte di ricerca della verità che può benissimo, anzi per essere corretta deve nei limiti del possibile (fatta salva l' ineliminabile fallibilità umana), essere condotta criticamente e razionalmente (e non necessariamente cadere nel dogmatismo).
#2880
Tematiche Filosofiche / Re:Relativismo/Assolutismo
12 Marzo 2017, 15:07:48 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 12 Marzo 2017, 15:00:10 PM
Ho già fatto notare in precedenza che i metafisici sembrano avere una particolare simpatia per l'idea di mandare gente al manicomio.
CitazioneIo invece ho già fatto notare che certi "relativisti" sembrano avere una particolare simpatia per l'idea di attribuire a chi dissente da loro fantasiose e infondate intenzioni infamanti (e di reiterarle dopo che sono state ampiamente e inequivocabilmente destituite di ogni fondamento)